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Discussione del documento: Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione - Doc. LVII, n. 1)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Ventura.
MICHELE VENTURA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, noi arriviamo alla discussione in aula del documento di programmazione economico-finanziaria dopo un dibattito, che io ho trovato molto interessante, in Commissione bilancio e dopo un lavoro, assai puntuale, svolto dalle Commissioni di merito.
Il dibattito in Commissione bilancio è stato molto interessante perché è partito da una constatazione, cioè quella legata alla necessità di rimettere sotto controllo la spesa pubblica e i conti dello Stato; le posizioni, infatti, si sono articolate sulle scelte da compiere per rendere più forte e stabile la ripresa con un dibattito basato - non come è accaduto negli scorsi anni, quasi una sorta di confronto tra ottimisti e pessimisti - sulla robustezza e la consistenza della ripresa.
Alcuni esponenti dell'opposizione hanno, ad esempio, considerato eccessivamente prudenti le cifre relative all'incremento del PIL nel quinquennio; c'è stata, quindi, una diversificazione sulle politiche da seguire, ma in un clima che io considero molto positivo. Si è discusso sul breve periodo e l'attenzione si è ovviamente concentrata sul 2007, ma con una forte attenzione anche sulle ipotesi di media e di lunga scadenza.
La mia opinione è che il Documento di programmazione economico-finanziaria non può essere piegato esclusivamente sulle contingenze; esso, infatti, va considerato per il periodo che intende coprire.
Il DPEF quest'anno, infatti, prende a riferimento un arco temporale ampio, che arriva sino al 2011; si tratta di un DPEF quinquennale, un vero e proprio manifesto economico di legislatura che, insieme al decreto-legge n. 223 in materia di rilancio economico, in discussione al Senato, delinea la politica economica del Governo Prodi.
Il Governo ha trasmesso un documento chiaro ed argomentato; si può eccepire Pag. 47sulle proposte, ma contiene elementi estremamente realistici. Le politiche delineate sono quelle necessarie per il rilancio del nostro sistema paese. Sono fissati gli obiettivi di medio periodo non solo economici, ma anche di qualità sociale ed ambientale. Il DPEF individua le strategie per tornare a crescere, per riposizionare il nostro paese nel mutato quadro europeo e globale. La portata riformista del DPEF - abusiamo ancora di questa parola - che copre gli anni 2007-2011 è ambiziosa.
Il Governo intende operare lungo tre direttrici, come ha avuto modo di dire nella sua audizione il ministro dell'economia: crescita, risanamento dei conti, equità sociale e territoriale, che sono tra loro sinergiche.
La politica dei due tempi (prima i sacrifici e poi le riforme), è del tutto superata, risanamento ed equità devono camminare insieme, non solo per creare il necessario consenso, ma anche per la stessa efficacia del programma economico del Governo.
Tutte le misure descritte sono di natura strutturale: le soluzioni ai problemi non si possono più rinviare. Esse si ispirano all'impianto della strategia di Lisbona.
L'Italia, come ha già dimostrato negli anni che hanno preceduto l'adesione alla moneta unica europea, possiede le energie e le risorse umane per poter affrontare e vincere questa sfida, ripristinando la coesione nazionale sulla base della giustizia sociale e valorizzando, in particolare, le potenzialità dei giovani e delle donne, a cui sono dedicati molti dei provvedimenti in programma.
Altro elemento decisivo della strategia del DPEF è il metodo proposto per conseguire gli obiettivi. Si ritorna alla concertazione con le parti sociali ed i territori. I sacrifici dovranno avere precise contropartite nelle riforme settoriali ed essere preceduti da misure di equità fiscale. Non ci saranno solo tagli, ma si opererà con la razionalizzazione e la riforma della spesa e delle strutture delle pubbliche amministrazioni, riqualificando la funzione della sfera pubblica.
Il rapporto con le autonomie locali sarà rafforzato da un costante confronto sugli obiettivi e da una concreta collaborazione sugli strumenti, in particolare nelle politiche per l'equità, che nel DPEF all'esame del Parlamento sono condizioni indispensabili al processo di risanamento finanziario e al rilancio della crescita.
Questi sono i principi generali ispiratori. Vi è poi una parte, che salto per motivi di brevità, che si riferisce all'importanza del Documento di programmazione economico-finanziaria, tema lungamente dibattuto - si è parlato addirittura dell'utilità o meno di questo strumento - e che potremo sempre affrontare. Si è giunti alla conclusione della necessità, pur rivedendone alcune parti procedurali, di mantenere lo strumento.
Per quanto riguarda lo scenario macroeconomico, il contesto internazionale in cui si inquadra la strategia di risanamento e di crescita dell'economia italiana presenta importanti elementi di criticità e vincoli di carattere sia economico che geopolitico a livello globale.
Vorrei ricordare che il tasso di crescita dell'economia mondiale è stato, nel 2005, ancora del 4,7 per cento e che questo aumento è soprattutto trascinato dai paesi emergenti, in primo luogo asiatici, e da una consistente e persistente durata di incremento del prodotto interno lordo negli Stati Uniti d'America. L'aumento del prezzo - e qui veniamo agli aspetti di criticità - del greggio - una delle incognite, uno dei punti più preoccupanti - dipende sia da fattori strutturali, quali la forte domanda da parte dei paesi emergenti - ieri, per esempio, è stato pubblicato un articolo piuttosto approfondito su Il Sole 24 Ore, con una descrizione sulle materie prime, che dimostrava come questa richiesta crescente di materie prime da parte di un paese come la Cina, sempre citato, crea anche a questo proposito una serie di questioni non secondarie -, sia da tensioni geopolitiche nei principali paesi produttori.
È del tutto evidente che la destabilizzazione di aree intere del mondo, che riguardano soprattutto i paesi produttori, Pag. 48ha un'incidenza anch'essa non trascurabile. La crescita mondiale continua ad avere questi aspetti di dinamismo. L'economia italiana dovrebbe beneficiare dei confortanti segnali di ripresa dei paesi dell'Unione europea, in particolare dell'area euro, grazie al recupero del settore industriale e alla positiva dinamica del commercio mondiale. Alcuni di questi risultati li intravediamo già osservando il tendenziale dell'anno in corso che, rispetto al 2005, segna un recupero positivo della nostra economia. A tale riguardo, la mia impressione è che molto si deve alla ripresa di mercati quali, ad esempio, quello tedesco ed altri. Comunque, siamo in presenza di segnali di crescita.
Al fine di svolgere un ragionamento che non sia soltanto declamatorio e falsamente ottimistico, nel DPEF si fa la scelta di individuare gli aspetti di criticità del nostro sistema: le difficoltà del sistema-paese. Tali difficoltà sono individuate essenzialmente in tre aspetti: il calo della produttività e della competitività; le difficoltà dei conti pubblici; l'aumento delle disparità sociali.
L'Italia continua a perdere competitività, la quota delle nostre esportazioni sul commercio mondiale si è ridotta ed è adesso di circa un punto più bassa rispetto ad un decennio fa. Anche la crescita dell'occupazione sembra entrare in una fase di decelerazione. Il Mezzogiorno è tornato dopo sette anni a crescere meno del resto del paese. A determinare tale rallentamento anche la forte riduzione del tasso di crescita dei consumi interni dovuta al decremento dei redditi delle classi popolari, delle classi cioè meno abbienti. Negli ultimi cinque anni la produttività in Germania è aumentata del 10 per cento, in Francia del 12 per cento, in Italia è diminuita di quasi un punto e mezzo. Quello appena citato è uno degli aspetti strutturali che spiegano le difficoltà crescenti ad essere competitivi sui mercati mondiali.
La nostra opinione, contenuta nel DPEF, è che l'euro non è dunque la ragione del nostro declino. L'adozione dell'euro ha eliminato alcuni fattori distorti di crescita. Questi elementi, che noi ci troviamo ad avere, sono le conseguenze di un ritardo con il quale si sono analizzati i cambiamenti che sono intervenuti sia nelle dinamiche interne della società nazionale sia nel contesto internazionale. Tutto ciò ha determinato l'emergere di fattori strutturali che oggi fortemente ci penalizzano.
È sulla base dei dati relativi al 2005 che sono stati assunti gli impegni europei nel quadro della procedura di deficit eccessivo che si è aperta l'estate scorsa. Per effetto di quella procedura, l'Italia ha negoziato con l'Unione europea un piano di rientro i cui elementi essenziali sono: un indebitamento netto al di sotto del 4 per cento nel 2006 e del 3 per cento nel 2007; una correzione dei conti strutturale di almeno 1,6 punti percentuali di PIL nel biennio 2006-2007; un rapporto debito-PIL in diminuzione in modo sufficiente e in avvicinamento al livello di riferimento - 60 per cento del PIL - ad una velocità soddisfacente.
Qui c'è un aspetto sul quale desidero soffermarmi brevemente. Si tratta del modo con cui spalmare la manovra di rientro. L'Unione europea, in realtà, aveva accordato il biennio 2006-2007. Nel 2006 si apporta una correzione dello 0,1 per cento; pertanto, è del tutto evidente che si scarica sul 2007 il grosso della manovra.
Anche su questo punto si tratterà - di fronte ad una percorso virtuoso e a prove di rientro effettivo, dopo anni di discussioni fatte con l'Unione europea in modo, non dico non serio, ma di grande aleatorietà - di riprendere con l'Unione europea stessa un dialogo serio e responsabile. È del tutto evidente che si tratta di una questione non più rinviabile.
Tutto questo discorso sui conti non è un fatto ragionieristico e neanche imposto dall'Unione europea - è chiaro che all'Unione europea dobbiamo dare delle certezze - ma di serietà, che dobbiamo consolidare nel rapporto con i cittadini italiani, con il mondo dei lavoratori, degli imprenditori, con le categorie imprenditoriali e le forze sociali. A tale proposito, una stabilizzazione dei conti potrebbe favorire Pag. 49un processo più virtuoso, anche dal punto di vista dello sviluppo industriale ed una ripresa dell'economia nel suo complesso.
Ho letto ieri su Il Sole 24 Ore un'editoriale del direttore Ferruccio de Bortoli, che propone un manifesto a favore delle piccole imprese. Nell'articolo de Bortoli sostiene che vi è una tradizionale cecità della classe dirigente italiana rispetto alle esigenze del mondo imprenditoriale. Egli afferma che: «La cultura d'impresa del nostro paese è il vaso di coccio tra eredità storico-culturali, spinte corporative e resistenze sindacali. Ha più nemici che amici, più sospetti che apprezzamenti. Altrove la si insegna a scuola, da noi è confinata in angoli residui del dibattito pubblico. Competizione e attitudine al rischio, nei paesi con una democrazia di mercato più evoluta, sono componenti irrinunciabili del progresso, da noi conservano inspiegabili valenze negative.» E nell'editoriale vi è un passaggio che mi ha incuriosito, laddove de Bortoli aggiunge: «La parola impresa ha sempre bisogno di un avversativo (sociale, aperta, solidale) come se non esprimesse in sé alcun valore assoluto. Sia la cultura marxista sia, in parte, quella cattolica hanno a lungo scambiato uffici e fabbriche come luoghi di contraddizioni sociali, se non di sfruttamento. Assai raramente i centri produzione, materiale e non, sono stati descritti come cellule sociali insostituibili, nelle quali non solo si crea il benessere ma si impara ad essere cittadini.»
In conclusione, la proposta del direttore de Il Sole 24 Ore è quella di mettere al centro della nostra iniziativa la piccola e media impresa: lanciare un manifesto a favore della piccola e media impresa. Nell'editoriale de Bortoli dice: le piccole e medie imprese non sono soltanto la spina dorsale dell'economia, ma anche i laboratori all'interno dei quali si sperimenta la società multietnica che verrà.
Ritengo che l'impresa, piccola e media, in una realtà come quella italiana, non può che essere al centro dell'iniziativa delle pubbliche amministrazioni, del Governo. Il fatto che la piccola impresa sia un fenomeno così importante lo sappiamo da tempo, da quando abbiamo lavorato alla costruzione dei distretti industriali, da quando le piccole imprese hanno assunto anche una dimensione sistemica attraverso i distretti industriali e i rinnovamenti continui che vi sono stati all'interno dei distretti stessi. Neppure credo che sia un fatto di cultura, perché gli artefici (dal Veneto al Piemonte, dall'Emilia alla Toscana) sono state proprio quelle amministrazioni che ne hanno accompagnato la crescita.
Il punto centrale è che non credo che, ai fini del rilancio «condiviso» della nostra economia, il valore dell'impresa perda di significato se dovesse essere accompagnato da parole come «solidarietà». Si tratta, infatti, di elementi indispensabili per la crescita della coesione nei territori dove l'azienda continua a sviluppare questo suo ruolo sicuramente fondamentale.
Ben vengano, dunque, spinte e sollecitazioni in tale direzione; è ben accettata anche la proposta di un «manifesto» a favore delle piccole e medie imprese. La mia opinione è che dobbiamo definire proprio assieme a tali imprese, di cui comprendo l'importanza ed il valore - apprezzo, tra l'altro, la proposta, contenuta nel Documento di programmazione economico-finanziaria, di lanciare il «marchio Italia» -, politiche industriali in grandi settori strategici dell'economia nazionale. Si tratta infatti, a mio avviso, di uno degli elementi indispensabili per il rilancio del nostro paese.
Detto ciò, vorrei ricordare che risanamento e rilancio dell'economia devono procedere di pari passo. Permettetemi di insistere ancora una volta, rapidamente, sul fatto che il risanamento costituisce non un optional, bensì una condizione indispensabile per adottare politiche di rilancio economico; pertanto, l'abbattimento del debito pubblico, il ritorno ad un consistente avanzo primario e la riduzione del rapporto tra deficit e PIL sono politiche di per sé inevitabili, nonché di grande valore.
Non possiamo continuare ad avere, infatti, un rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo pari al 107 o al 108 Pag. 50per cento. Tale cifra ci ricorda l'entità del debito italiano, ed allora occorre cominciare ad aggredire strutturalmente i fattori che lo determinano.
Proprio perché ritengo ciò indispensabile, dobbiamo chiaramente operare attraverso una politica di equità. Vorrei insistere sul termine di «equità», visto anche il modo con cui, in questo ultimo periodo, la ricchezza si è trasferita dai redditi da lavoro (o comunque, dai redditi prodotti dai soggetti direttamente impegnati nella produzione) verso rendite e patrimoni: si tratta, infatti, di uno squilibrio non sostenibile nel lungo periodo.
Mi scusi, signor Presidente, quanto tempo ho a disposizione? Venti minuti, vero?
PRESIDENTE. Onorevole relatore, lei ha a disposizione complessivamente trenta minuti; tuttavia, le segnalo che ne ha utilizzati quasi venti.
MICHELE VENTURA, Relatore per la maggioranza. Trenta minuti compresa la fase di replica?
PRESIDENTE. Sì.
MICHELE VENTURA, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente.
Nel Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 si insiste, ovviamente, sul fatto che il rilancio del nostro paese è possibile. Nel testo scritto della relazione al DPEF, cui rinvio, sono infatti indicate tutte le misure avanzate a tale proposito. Esse vanno dagli interventi per la ricerca a quelli dedicati alla formazione, e riguardano il modo con il quale tutto ciò può essere realizzato.
Vorrei infine sottolineare, onorevoli colleghi, come le politiche a favore della crescita si potranno tradurre in fatti concreti solo se riusciremo a mobilitare la società nel suo complesso; in altri termini, potremo raggiungere tale scopo se ogni soggetto avvertirà l'obbligo di compiere interamente il proprio dovere.
Sono state proposte molteplici linee di intervento. Vorrei ricordare che nel DPEF 2007-2011 sono ritenuti settori centrali, ad esempio, il contesto economico, attraverso infrastrutture materiali e immateriali; l'innovazione e la ricerca, attraverso non solo una maggiore complementarietà tra pubbliche amministrazioni, ma anche la partnership pubblico-privato; il sostegno alle attività di ricerca e sviluppo ed alla collaborazione tra imprese e università e centri di ricerca; la fiscalità, tramite automatismi per la riduzione dei costi di produzione, in particolare del lavoro (il cosiddetto cuneo fiscale).
Abbiamo avanzato una serie di proposte di dettaglio tese a valorizzare da subito grandi risorse come la cultura ed il turismo. Si tratta di una prima risposta che può essere offerta al nostro paese attraverso un elemento unificante: aumentare la qualità dei prodotti, diminuire i differenziali di prezzo con i concorrenti, rendere più agibile il raggiungimento delle destinazioni turistiche, contrastare il lavoro nero ed irregolare anche in quel mondo.
In un'altra parte del DPEF ci sono tutte le politiche del lavoro e le politiche sociali, come si legge nella relazione. La parte dell'equità sociale è concentrata in undici punti estremamente chiari, che non sto a ripetere per motivi di tempo, che danno il senso di come la coesione possa essere trovata anche attraverso la riqualificazione della spesa sociale. Anche l'elemento del sociale, al pari di quello del risanamento, non è da considerare un optional.
Infine, vorrei dire una parola sui quattro grandi aggregati di spesa. Per gli enti territoriali, la grande novità del DPEF è che torniamo ai saldi e superiamo i tetti di spesa per un rapporto corretto con gli enti locali, in una dimensione rispettosa del principio delle autonomie ed attraverso la responsabilizzazione delle classi dirigenti locali. Per la sanità, vedrete che nella risoluzione si parla di una conferma dell'attuale rapporto rispetto al PIL con una riqualificazione della spesa sanitaria. Per quanto riguarda il pubblico impiego, ci sono proposte che tendono ad una riqualificazione Pag. 51e ad una sostituzione di figure per far rispondere il pubblico impiego alle mutate esigenze di una società trasformata. Sulle pensioni, è evidente che la verifica verrà svolta sulla base delle riforme - mi riferisco soprattutto alla riforma Dini - e sarà vista in relazione alle questioni della compatibilità finanziaria, ma non tolta dal contesto nel quale devono essere date risposte socialmente sostenibili e, quindi, in linea con gli obiettivi che l'Unione aveva posto al centro del proprio programma elettorale.
Queste, in breve sintesi, sono le questioni che volevo rappresentare. Vi è anche la consapevolezza che, se trasmettiamo un'idea giusta della ripresa dell'economia, facendola uscire da un dibattito tra addetti ai lavori, potremo avere il sostegno convinto e consapevole delle parti più dinamiche e vitali del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, i richiami al regolamento di cui all'articolo 41 hanno la priorità rispetto alla discussione principale. Vorrei, in particolare, richiamarmi all'articolo 18 del regolamento perché la scorsa settimana, quando in quest'aula...
PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, mi scusi: i richiami al regolamento, ai sensi dell'articolo da lei citato, devono essere fatti relativamente a tematiche legate all'argomento di cui si sta parlando. L'articolo 18 che lei ha richiamato riguarda la Giunta per le autorizzazioni, mentre stiamo discutendo del Documento di programmazione economico-finanziaria.
Vorrei citarle, al riguardo, il parere della Giunta per il regolamento, votato all'unanimità in data 24 ottobre 1996, secondo il quale gli interventi incidentali, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del regolamento, sono, in linea generale, ammissibili soltanto quando i richiami al regolamento o per l'ordine dei lavori vertano in modo diretto ed univoco sullo svolgimento e sulle modalità della discussione o della deliberazione o, comunque, del passaggio procedurale nel quale, al momento in cui vengono proposti, sia impegnata l'Assemblea o la Commissione. In tutti gli altri casi, per ogni altro richiamo o intervento, l'intervento andrà collocato secondo la sua natura al termine della seduta. Quindi, la invito a svolgere cortesemente il suo intervento al termine della seduta.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, la ringrazio molto. Conoscevo il parere in questione e la ringrazio per averlo richiamato. Interverrò senz'altro al termine della seduta, ma, per la rilevanza del tema, riguardante un'iniziativa del Presidente della Camera, vorrei pregarla di ascoltarmi. Le rubo soltanto trenta secondi.
Vorrei chiedere al Presidente della Camera la cortesia di conoscere il testo della lettera con la quale ha accompagnato l'invio degli atti relativi alla discussione che abbiamo svolto in quest'aula la scorsa settimana, in occasione della votazione sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del collega Raffaele Fitto, al Consiglio superiore della magistratura.
Vorrei conoscere il testo di tale lettera, perché spero che, in nessuna maniera, vi sia stato un attentato all'indipendenza della magistratura. Le sarà grato se vorrà trasmettere questa mia richiesta al Presidente della Camera.
PRESIDENTE. Ovviamente, onorevole Evangelisti, trasmetterò la sua richiesta al Presidente della Camera.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Alberto Giorgetti.
ALBERTO GIORGETTI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, l'intera Casa delle libertà e la rappresentanza del partito repubblicano nel gruppo Misto hanno Pag. 52deciso di presentare una relazione di minoranza per indicare i cardini fondamentali sulla base dei quali, oggi, si distingue una politica economica annunciata in questo Documento e riguardante i prossimi cinque anni del Governo, che non condividiamo e che riteniamo debba essere modificata in misura sostanziale alla luce anche della aleatorietà con cui si affronta una serie di argomenti all'interno del DPEF.
Tale documento, come sosteneva il collega Ventura, contiene sicuramente obiettivi ambiziosi. Tuttavia, riteniamo che, nell'ambito di tali obiettivi, non siano state svolte considerazioni qualitativamente apprezzabili per poterli raggiungere. Più volte, l'onorevole Ventura ha richiamato i temi dello sviluppo, del risanamento e dell'equità, i tre cardini fondamentali su cui ci si confronta nell'ambito delle scelte dei prossimi cinque anni.
Crediamo che, al di là del merito con cui si intende raggiungere questi obiettivi, del tutto aleatorio ed evasivo rispetto alle reali questioni, vi sia un problema di fondo, ossia che l'impostazione degli obiettivi riguardanti lo sviluppo determinerà un'enorme difficoltà nel raggiungimento dell'equità e del risanamento. Questo è l'aspetto fondamentale.
Riteniamo che gli obiettivi di sviluppo posti all'interno del Documento di programmazione economico-finanziaria (mi riferisco, in particolar modo, alla crescita del prodotto interno lordo), che voi chiamate realistici, ma che noi consideriamo, in buona misura, rinunciatari (e dopo entreremo nel merito delle singole situazioni), determinino enormi ed importanti problemi nel portare avanti un vero percorso di risanamento dei conti pubblici e nel raggiungere risultati significativi in materia di equità, a meno che (il collega Ventura, precedentemente, ha ricordato l'intervento di de Bortoli, che volentieri riprenderemo nel corso della nostra relazione) le dichiarazioni non siano quelle cui fa riferimento, per esempio, il segretario di Rifondazione Comunista, dichiarazioni assolutamente legittime, ma che dimostrano le contraddizioni di questa maggioranza, e in cui si afferma con chiarezza che il tema dell'equità si affronterà all'interno della prossima legge finanziaria, colpendo i ceti che sono stati favoriti dal Governo di centrodestra.
Allora, dobbiamo capire se, come nelle ambizioni del collega Ventura e della maggioranza, si vogliono affrontare i temi all'attenzione del paese o se sia in corso una resa dei conti, di cui stiamo riscontrando i segnali attorno al tema del cosiddetto decreto Bersani e nella prossima legge finanziaria, che va a colpire alcuni ceti, in particolar modo il ceto medio, poiché rappresenta un blocco sociale ed economico che forse, in questi anni, non è stato particolarmente vicino all'attuale maggioranza.
Noi riteniamo che il Documento di programmazione economico-finanziaria abbia all'interno momenti di criticità e di contraddizione, che emergono anche nei pareri espressi dalle Commissioni di merito. Alcuni di questi pareri riportano integralmente la necessità di un rafforzamento delle politiche economiche del Governo, in particolar modo in materia fiscale a sostegno delle famiglie e delle piccole imprese; richiamano il Governo ad una politica attenta in materia infrastrutturale, ricordando anche gli obiettivi da perseguire in funzione della legge obiettivo già varata nella scorsa legislatura, e richiamano a temi che non sono stati trattati, come ha illustrato l'onorevole Ventura, così puntualmente all'interno del Documento di programmazione economica-finanziaria.
Noi riteniamo che dal DPEF emerga un approccio eccessivamente passivo e pessimista sulle possibilità del Governo di incidere con le politiche economiche sugli andamenti dell'economia reale. È indubbio che ci troviamo in una società globalizzata, che oggi la sovranità monetaria è in capo all'Europa, che complessivamente sussiste la difficoltà dei Governi nel sostenere politiche attive che possano consentire lo sviluppo, la crescita dell'occupazione e il risanamento dei conti pubblici. È altrettanto vero che l'atteggiamento di questo Governo è sostanzialmente Pag. 53rinunciatario e pessimista. Noi riteniamo, invece, che si debba proseguire per sostenere, attraverso una serie di interventi, il varo di strumenti di tutela e di difesa del sistema produttivo nazionale.
Collega Ventura, al di là del dibattito attorno alla concertazione - che, peraltro, non avete applicato già nel primo provvedimento fondamentale -, lei ha dichiarato che il Governo manifesta le linee di politica economica all'interno del Documento di programmazione economico-finanziaria e del primo atto fondamentale del Governo, che è stato il cosiddetto decreto Bersani. Su quel decreto-legge la concertazione e il confronto con le categorie interessate certamente non ci sono stati; in questi ultimi giorni e in queste ultime ore c'è un tentativo di recupero che, in buona parte, smonta l'impostazione stessa del decreto-legge; il che conferma i nostri dubbi sulla tenuta stessa dell'attuale maggioranza attorno alle scelte e agli obiettivi che vengono evidenziati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
È giusto, quindi, domandarsi, come faceva il collega Ventura, quali politiche attivare per il sostegno delle imprese. Credo che de Bortoli oggi intervenga su un tema fondamentale lanciando un messaggio, non a caso in questa fase e, probabilmente, alla luce dell'incertezza che sta manifestando il Governo per le politiche attive di intervento, che non sembrano essere chiare. Credo che in questa fase un'attenzione nei confronti della piccola e media impresa meriti particolare rilievo anche nel dibattito politico. Ovviamente, il fatto di sorreggere un percorso legato al sostegno delle grandi aziende nazionali - e, quindi, un sostegno di ridefinizione di politica industriale per quel riguarda i settori strategici -, è un tema sicuramente rilevante. Altrettanto importante è abbandonare da parte della maggioranza una concezione ideologica di sostanziale sfiducia o perplessità nei confronti di un mondo produttivo che in questi anni ha mantenuto l'Italia competitiva sugli scenari internazionali, le ha consentito di continuare a crescere nel prodotto interno lordo ed ha avuto nello sviluppo un percorso del tutto autonomo rispetto alle scelte di Governo.
Non vorremmo che si cominciasse un percorso in qualche modo dirigista, che veda il Governo tentare di pianificare interventi di sostegno alle piccole e medie imprese, andando a travalicare rispetto al proprio ruolo e non riconoscendo un percorso storico. I distretti industriali sono stati riconosciuti, è stata approvata una legge nazionale che è stata ampiamente superata e su cui oggi le regioni stanno predisponendo delle leggi specifiche a livello territoriale, ma dal mondo delle imprese emerge sempre un elemento forte: esse chiedono di essere lasciate organizzare, di fare in modo che possano confrontarsi sui temi di mercato e sul mercato internazionale nella concorrenza, di essere messe nelle condizioni di poter operare e fornite degli strumenti che fino ad oggi sono mancati, senza snaturare le caratteristiche stesse insite nella piccola e media impresa.
Sono giusti gli appelli e le sollecitazioni intorno ai temi della crescita dimensionale, del passaggio generazionale, delle politiche fiscali di sostegno alle piccole e medie imprese. È corretto esercitare un'attività di confronto nei riguardi di queste realtà che meritano attenzione, ma non possono essere considerate entità ostili ad un rilancio economico del nostro paese.
Queste imprese non sono destinate inesorabilmente a soccombere. Onorevole Ventura, colleghi della maggioranza, oggi le imprese che riescono a competere a livello internazionale sono per la maggior parte piccole e medie imprese, cresciute in particolar modo in questi ultimi quattro anni, raggiungendo nei settori dei servizi e dell'efficienza stessa dei prodotti livelli di capacità e di eccellenza in sede europea e mondiale che non hanno pari nella cosiddetta grande industria.
Dobbiamo interrogarci sul fatto che oggi esiste un motore rappresentato dalla piccola e media impresa che, autonomamente, riesce ad agganciare i mercati internazionali e non ha bisogno di interventi, talvolta maldestri e superficiali, nel Pag. 54tentativo di fornire un supporto che ha, evidentemente, delle riserve di natura ideologica all'interno della maggioranza, come quelle espresse dal collega Giordano sui giornali di questa mattina.
Il nostro timore è che, in questa fase di bassa crescita, anche se sottostimata rispetto alle potenzialità reali che si potrebbero raggiungere oggi agganciando la ripresa mondiale ed europea, le nostre imprese, oltre alla necessità di essere sostenute, non riescano ad intravedere un sistema fiscale più leggero. All'interno di questo DPEF, insieme a tanti altri passaggi, non è chiaro quali saranno le politiche fiscali che verranno adottate per sostenere le piccole e medie imprese. Noi vi sfidiamo anche su questi contenuti, perché quando viene prodotto un allegato, come quello presentato all'attuale DPEF, relativamente alla relazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive, noi ci aspetteremmo non semplicemente un manifesto di indirizzo, ma anche attività concrete che dimostrino come si intende realmente rilanciare le piccole e medie imprese, che tipo di fiscalità si immagina, qual è il percorso che si intende adottare per fasi - così come richiamato dalla Commissione finanze - riguardo l'alleggerimento della pressione fiscale, tutti temi che non vengono affrontati in questo Documento.
Si opera, invece, una ricognizione accademica, utile per tutti i colleghi, in particolar modo per i neoeletti, che ridefinisce le storie delle politiche a sostegno delle imprese, ma poco viene detto in materia fiscale, uno dei punti strategici della politica di intervento. Abbiamo l'impressione che attorno a questo tipo di battaglia si stia configurando un problema all'interno della maggioranza legato al fatto che, a fronte di poche idee, si rischia di immaginare un percorso che progressivamente porti ad un aumento della pressione fiscale.
Il collega Ventura citava prima la questione del comparto degli enti locali: noi siamo convinti che il ritorno ai saldi interrompa il percorso avviato intorno al tema della selettività della spesa degli enti locali. Ricordo a me stesso ed ai colleghi i richiami della Corte dei conti in materia di crescita dei costi della spesa pubblica degli enti locali. Ritenete veramente che solo tornando ai saldi si riesca ad affrontare la partita complessiva del patto di stabilità? Ritenete che nei percorsi di autonomia legati agli enti locali vi siano meccanismi di salvaguardia nei confronti dei cittadini per evitare l'innalzamento della pressione fiscale? Ritenete, così come è stato annunciato più volte dall'ANCI, con soddisfazione e accoglimento da parte del Governo, che il varo dell'eventuale tassa di scopo rappresenti un meccanismo utile per alleggerire la pressione fiscale per i cittadini?
La pressione fiscale rappresenta un elemento fondamentale che riguarda il cittadino nel momento in cui fa impresa, nel momento in cui si rapporta con gli enti locali e quindi essa va giudicata nella sua globalità. Non possiamo immaginare percorsi che, a livello centrale, riducono la pressione fiscale mentre le autonomie operano in senso diverso.
Un altro esempio chiave di questa contraddizione è correlato al tema della sanità: se è vero che negli ultimi anni, così com'è stato affermato dal ministro ed è scritto nel Documento di programmazione economico-finanziaria, vi è stato un aumento delle risorse stanziate nei confronti delle sanità regionali, è altrettanto vero che voi prevedete un percorso di recupero della compartecipazione delle spese. Cosa significa compartecipazione? È una domanda che abbiamo posto, ma su cui non abbiamo avuto risposta. Forse la possibilità di reintrodurre il ticket in funzione delle responsabilità delle regioni? Credo sia chiara l'importanza, oggi, da parte del Governo, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, di affrontare tali temi, ma in modo più puntuale. Le enunciazioni sono sicuramente importanti, si tratta di obiettivi che sono anche, in buona parte, condivisibili. Crediamo, tuttavia, che nella realizzazione di tali obiettivi vi debba essere una valutazione puntuale circa l'approccio del Governo a tali grandi temi.Pag. 55
In precedenza, l'onorevole Ventura parlava dell'impresa. Oggi si assiste ad un passaggio importante in merito, con l'annunzio della presenza del Presidente del Consiglio dei ministri domani a Milano, per stringere un patto con le imprese. Noi siamo sicuramente favorevoli a questo incontro ed auspichiamo che in esso si approfondiscano i temi strategici da affrontare riguardo al nord, ma inseriti in un contesto più ampio, ossia lo sviluppo del paese.
Passando da un aspetto ad un altro, sulle sollecitazioni poste dall'onorevole Ventura - e rimandando i colleghi alla puntualità della relazione predisposta dalla minoranza -, uno tra gli argomenti da affrontare è il debito pubblico. Se è vero che si vuole abbattere il debito pubblico, vi sono due elementi fondamentali, che sono stati totalmente elusi da questo Documento. Un elemento fondamentale - lo ha posto il collega Armani, e lo riproporrà successivamente, nel corso del suo intervento, ne sono certo - è la questione dell'utilizzo delle dismissioni dell'attivo patrimoniale dello Stato, elemento fondamentale sulla base del quale si può abbattere in misura significativa il debito pubblico.
L'altro elemento su cui si sfugge sono le privatizzazioni. Vi sono già precedenti di Governi di centrosinistra in cui non mi sembra che la questione delle privatizzazioni sia stata affrontata nel modo migliore, sebbene essa resti uno tra gli elementi fondamentali con i quali, come detto, si può abbattere in misura significativa il debito pubblico. Altrimenti, di fronte ad un percorso di bassa crescita o di basso sviluppo, è evidente che le risorse non saranno sufficienti, se non a fronte di un irrobustimento pesante degli interventi sul carico fiscale, che potrebbero, anche essi, determinare un percorso di rientro dei conti pubblici. Noi riteniamo si debba agire, invece, sui citati due grandi versanti, ossia su temi che sono stati sostanzialmente abbandonati da questo Documento.
Vi è, poi, una serie di altri interventi da porre in essere - mi avvio rapidamente alla conclusione, riservandomi un po' di tempo in sede di replica, dopo l'intervento del Governo - sulle materie che si affrontano con politiche molto concrete. Cito, ad esempio, il tema delle donne e delle pari opportunità. Si tratta di un tema che viene «liquidato» in poche righe e su cui non si danno linee guida significative e puntuali.
Vi è, inoltre, il tema dei giovani, su cui noi, negli scorsi anni, abbiamo lavorato in misura significativa a livello di risorse e di incentivazione sull'approccio e l'utilizzo delle nuove tecnologie ed anche per gli investimenti sul capitale umano, elemento cardine che viene annunciato da questo Governo, sebbene poi si blocchi, contestualmente, la legge Moratti. Da una parte, dunque, si afferma che è necessario un investimento sul capitale umano e, dall'altra, si blocca una riforma che andava in tal senso, senza enucleare i passaggi successivi.
Per quanto riguarda il tema delle infrastrutture, è un capitolo che viene affrontato nel secondo allegato infrastrutture, in cui si denunciano il percorso compiuto e gli impegni assunti dal Governo di centrodestra. Non abbiamo capito quali saranno gli impegni che intende assumere il Governo di centrosinistra, se non richiamare in alcuni passaggi ad un percorso di partecipazione condiviso del territorio alle scelte infrastrutturali, che ha tanto il sapore - lo dico con chiarezza - dell'esistenza di problemi all'interno della maggioranza, correlati alla volontà - o alla mancanza di volontà - di portare avanti infrastrutture strategiche a livello nazionale, che dovrebbero agganciarci definitivamente ai grandi corridoi europei ed internazionali.
Non vorrei che, nel percorso della valutazione costi-benefici-territorio-Stato centrale e nella valutazione sulla condivisione, perdessimo mesi o anni legati a temi infrastrutturali della mobilità, che non sono evidentemente solo interesse delle imprese, bensì elementi di cittadinanza complessiva per il nostro sistema Italia, per le nostre famiglie e per le nostre imprese. Così come altrettanto dubbiosa è l'interpretazione, in questo percorso, del ruolo dell'ANAS, in cui non si capisce se il passaggio a società per Pag. 56azioni debba essere in qualche modo rivisto e quale debba essere il nuovo rapporto con i concessionari. Se è vero che ci deve essere un nuovo rapporto con i concessionari, non si capisce come mai si annunciano ulteriori interventi per la proroga delle concessioni a prescindere dall'assegnazione secondo percorsi di gara, non in funzione di logiche di territorio ma in funzione di cassa. Quindi, verifichiamo passi in avanti e passi indietro, che dimostrano complessivamente elementi molto forti di contraddizione.
Un ultimo riferimento è al tema del cuneo fiscale. Questo rappresenta sicuramente uno degli elementi di importanza per intervenire e per dare sostegno alle nostre imprese e alla loro competitività. Un intervento secco di cinque punti rischia di essere un elemento che va a drenare risorse pubbliche la cui copertura è tutta da dimostrare e tutta da trovare, se non a fronte di percorsi che possono determinare ulteriore pressione fiscale, e che riteniamo rappresenti solo uno dei fattori per determinare effetti positivi sulla competitività.
PRESIDENTE. Onorevole Giorgetti, la invito a concludere.
ALBERTO GIORGETTI, Relatore di minoranza. L'ultima questione che pongo, e concludo veramente Presidente è quella che riguarda il Mezzogiorno.
All'interno del DPEF si affronta il tema del Mezzogiorno in misura del tutto superficiale. Non si riprendono temi fondamentali, quali quelli della fiscalità di vantaggio ed altri strumenti di intervento che sono stati varati dal Governo precedente e che non trovano in questo momento ascolto da parte del Governo e dell'attuale maggioranza. Noi vogliamo capire sino in fondo quali sono i percorsi con cui volete rilanciare l'occupazione nel Mezzogiorno e lo sviluppo di quest'area territoriale e delle aree svantaggiate.
Complessivamente, signor Presidente - ringrazio per questi 30 secondi in più -, il nostro è un giudizio negativo sul Documento di programmazione economico-finanziaria in esame e preannunciamo la presentazione in Assemblea, nelle prossime ore, di una risoluzione alternativa (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un richiamo al regolamento l'onorevole Rossi Gasparrini. A quale articolo intende riferirsi, onorevole?
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, vorrei richiamare un passaggio estremamente importante, che riguarda il capitolo sulla strategia 2007-2011: crescita, risanamento, equità. In tutti e tre i piani di azione, il Governo illustra con due parole, anzi richiama alla conciliazione dei tempi, considerandola evidentemente un fattore determinante. Tuttavia, messa in questo modo, vago e un po' superficiale, il rischio...
PRESIDENTE. Onorevole Rossi Gasparrini, mi scusi ma lei sta svolgendo un intervento sul merito, non una questione regolamentare.
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Certamente, però era solo per dire che è poco chiaro soprattutto un punto, nel quale il Governo...
PRESIDENTE. Onorevole Rossi Gasparrini, lei potrà intervenire sul merito del Documento in sede di discussione o successivamente, per dichiarazione di voto.