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Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 1)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho l'impressione che il dibattito sul DPEF non sia inutile. Per parte nostra, sono intervenuti i colleghi Galletti e D'Agrò in sede di discussione sulle linee generali anche se, per come si prospetta la conclusione (sono state presentate alcune risoluzioni al riguardo che rappresentano l'attuale suddivisione tra maggioranza e opposizione), forse, non si va in profondità rispetto ai punti di convergenza che pure vi sono.
Il ministro ha fatto un accenno al tema delle cifre e dei saldi. Non vi è dubbio che il problema delle cifre e dei saldi è l'obiettivo del DPEF. Possono essere migliori, possono essere spostati più avanti; i saldi possono migliorare se sulla finanza pubblica si riesce a fare complessivamente una «operazione verità».
Il paese non cresce ed il nostro export dal 1995 continua a perdere quote di mercato. Lo dice lei, signor ministro, a pagina 52 del Documento, laddove viene indicato che, a partire dal 1995, l'Italia perde progressivamente quote di mercato sull'export. Si parte dal 1995, periodo che ricomprende diverse fasi politiche e diversi Governi che si sono succeduti nel tempo; il che fa intendere che le ragioni della nostra perdita di competitività sono molto più profonde e non sono riconducibili ad un ciclo politico in quanto tale.
Noi siamo passati dal 4,4 per cento del 1995 al 3 per cento del 2005 e, in questi dieci anni, il commercio mondiale è cresciuto, non si è ridotto. Quindi, la nostra contraddizione è ancora più forte e penetrante.
Il paese continua a perdere competitività ed il nostro ingresso nella moneta europea non ci consente più margini di furbizia, perché, nel passato, talvolta, con la «liretta», si tosavano le pecore e si tentava di recuperare competitività attraverso quella via e di ripartire in questo modo il disagio sociale.
Ora non è più possibile, ma ciò ci obbliga ad una serie di comportamenti coerenti.
La mia impressione è che la linea dei doveri e delle responsabilità si sia via via divaricata, diventando soccombente rispetto a quella dei diritti che, in realtà, sconfina nel campo delle pretese.
Il ministro Padoa Schioppa - mi dispiace che non sia presente in aula - ha svolto all'ABI un discorso onesto e determinato, ma era rivolto ai banchieri. Parlava al suo mondo (quelle cose dovevano essere dette, forse, anche prima)! Solo che ora si richiede a lei, signor ministro, di parlare al paese con il linguaggio della responsabilità, rifuggendo dalla tentazione di immaginare una politica «furbetta», rivolta ad alcuni e non ad altri!
Lo dico a chi vorrebbe rispondere alle attese del suo presunto blocco elettorale. Questo è un tema assai delicato. Io credo che se il Parlamento, nella sua generalità, non troverà dei punti di unione in ordine all'analisi della condizione del paese, la tentazione sarà quella di scaricarla in termini di riferimenti elettorali.
Sono tre le grandi questioni, alle quali accennerò molto brevemente.
La prima riguarda la promozione della concorrenza, condizione preliminare per la promozione dello sviluppo. Si tratta di un tema centrale che, forse, avrebbe dovutoPag. 25vedere più coerenza nel corso dell'ultimo decennio, in cui noi abbiamo privatizzato senza liberalizzare. E quando dico «noi», mi riferisco alla generalità del Parlamento, perché anche questo tema abbraccia più di una legislatura. Emerge con tutta evidenza che non si tratta soltanto dei tassisti e dei farmacisti (anzi, sembra che questi siano, tutto sommato, aspetti marginali, sui quali comunque conviene insistere). Certamente, non si possono chiudere gli occhi di fronte al fatto che il passaggio dallo Stato imprenditore allo Stato privatizzatore ha messo in campo nuovi monopolisti: le banche, le assicurazioni, l'energia elettrica e il gas, le autostrade, le telecomunicazioni e, certo, anche le professioni, senza dimenticare i servizi pubblici locali, settore nel quale, in periferia, c'è la tendenza a pubblicizzare nuovamente quel che, al centro, si è tentato di privatizzare, andando in direzione opposta a quella che era stata tracciata; diversamente, che senso avrebbe la scelta compiuta dalla provincia di Milano di ricomprare il pacchetto di controllo della Milano-Serravalle? È chiaro che l'operazione non va a vantaggio dell'utente che deve utilizzare l'autostrada, ma di chi, avendo comprato il controllo, ritiene di poter continuare a «sedere» su quella rendita.
Quindi, la sfida che va rivolta al Governo è la seguente: io invito il Governo a presentare un disegno di legge organico, a non fermarsi, con lo strumento della decretazione d'urgenza, a tassisti e farmacisti, a presentare un disegno di legge che incida sulle rendite; e noi, su questo punto, non avremo difficoltà a convenire, se si fa un discorso serio, che tocca le tasche dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. Qui sta la ragione della perdita di competitività! Se un servizio bancario o una polizza assicurativa (che non è sufficientemente trasparente) costa più di quanto costa ai nostri competitori europei, è lì che sta il problema della competitività, è lì che va impostato un discorso molto chiaro sulle regole!
Ci sono le autorità indipendenti, ma queste non possono pensare un giorno di fare la faccia feroce e l'altro di farsi catturare, diciamo così, dai loro riferimenti. Il tema vero è quello di organizzare un rapporto equilibrato non tra Governo ed autorità indipendenti, ma tra Parlamento ed autorità indipendenti: dentro questo schema anche istituzionale sta la chiave di volta di una battaglia seria in termini di concorrenza.
La seconda questione riguarda una politica di contenimento della spesa attraverso una sua forte qualificazione. Se è vero che non si spende troppo, come talvolta si va rimarcando, quando si afferma che in Italia la spesa sociale non è più alta rispetto a quella di altri paesi europei, è vero che si spende sicuramente male. E, quando si parla di sanità, di scuola o di giustizia, si ha la sensazione che questa parte della spesa pubblica sia in funzione non del cittadino sofferente perché ammalato o del cittadino studente che deve imparare o del cittadino che ha l'esigenza di vedere una conclusione rapida ed efficace dei processi, ma di chi in tali settori opera. Questo è un tema centrale: è da lì che passa la questione della qualità della spesa.
Il rilievo investe anche il sistema degli enti locali, i quali non possono chiamarsi fuori.
Vedete, quando nel nostro paese siamo passati attraverso quella riforma che si è rivelata molto problematica nei suoi effetti - mi riferisco alla riforma della spesa degli enti locali sulla prospettiva del riconoscimento della spesa storica -, è come se si fosse levato il controllo sulla responsabilità accelerando, invece, quello sulla necessità di dare ai cittadini tutto ciò di cui hanno bisogno, senza porsi il problema della responsabilità dell'entrata. Quando abbiamo riformato l'assetto della finanza pubblica dividendo la responsabilità dell'entrata dai centri di spesa, che sono andati proliferando, abbiamo posto il problema delle nostre difficoltà. Oggi, viene avanti il tema della spesa sanitaria, che è chiaramente sforata, e si pone il problema di passaggi successivi a copertura: questa è la dimostrazione pratica che quel tipo di impostazione politica, che prevede un soloPag. 26centro di entrata e più centri di spesa, non ci rende in grado di corrispondere a quel patto di stabilità che non è una camicia di Nesso, ma la condizione normale. Infatti, avendo scelto di camminare dentro una moneta forte, vi dobbiamo corrispondere proprio perché non possiamo dar vita a quei passaggi speculativi a cui facevo cenno prima.
Vi è anche il tema della previdenza, che non può - lo dico soprattutto ai colleghi della sinistra antagonista - essere visto come un tema sul quale alzare le spalle, far finta di nulla.
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci...
BRUNO TABACCI. Se si vive di più, non si può immaginare che l'andamento dell'attività lavorativa non abbia qualche riferimento alle tabelle demografiche.
Ci sarebbe da fare - e concludo - un ultimo accenno in materia di carico fiscale. Affronteremo successivamente il tema del decreto Visco. Ecco, penso che più che un «grande fratello» ci sia bisogno di introdurre il contrasto di interessi attraverso una modulazione delle detrazioni: questo è il modo vero per affrontare il tema del sommerso, per incidere laddove la montagna di evasione e di erosione tende a crescere. Non c'è bisogno di un occhio da grande fratello per capire i vizi, le virtù dei cittadini italiani...
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, la prego...
BRUNO TABACCI...quanto di metterli in condizione di capire, attraverso il principio del contrasto di interessi e della logica delle detrazioni, che ognuno di noi deve trovare un rapporto diverso con il fisco.
Mi spiace di non poter andare oltre, ma credo che attraverso questa dichiarazione di voto si evinca il consenso alla risoluzione Alberto Giorgetti n. 6-00003, anche se penso che su questi temi dovremo tornare con molta forza nei prossimi mesi (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Ricci. Ne ha facoltà.
ANDREA RICCI. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, intervengo per annunciare il voto favorevole sulla risoluzione presentata dalla maggioranza in merito al DPEF.
Quando il DPEF fu varato, in sede di Consiglio dei ministri, il nostro rappresentante al Governo, il ministro Ferrero, non partecipò al voto. Non si trattava, allora, di un giudizio di radicale contrarietà rispetto al Documento, quanto piuttosto della sospensione di un giudizio in attesa che il dibattito parlamentare e la risoluzione chiarissero ed esplicitassero alcune questioni che in quel Documento erano soltanto accennate o erano passibili di interpretazioni differenti e contrastanti. Riteniamo che il testo della risoluzione presentato dalla maggioranza chiarisca ed espliciti tali questioni rimaste aperte e ci consenta, quindi, di esprimere un giudizio ed un voto favorevole, in primo luogo rispetto all'entità della manovra per il 2007. Nel DPEF essa è stimata in 35 miliardi; nella risoluzione parlamentare, pur confermando gli obiettivi programmatici che tendono a rispettare gli impegni sottoscritti con l'Unione europea, si afferma che l'entità e la composizione della manovra dovranno essere sottoposte ad ulteriore verifica in sede di eventuale nota di aggiornamento del DPEF.
Confidiamo che l'azione positiva svolta dal nuovo Governo finora sul fronte delle entrate e del controllo della spesa, insieme ad un consolidamento della ripresa, possano determinare, già a settembre, un miglioramento del quadro dei conti pubblici tale da ridurre in maniera sensibile l'entità della manovra necessaria a conseguire quegli obiettivi: se ciò accadrà, potremo minimizzare gli effetti recessivi della manovra.
Nella risoluzione, infatti, si afferma che per fare uscire l'Italia dalla profonda crisiPag. 27in cui si dibatte occorrono politiche di sostegno nei confronti non solo dell'offerta ma anche della domanda interna. Un andamento favorevole e una forte determinazione politica sul fronte del risanamento potranno consentire, inoltre, di ridiscutere con l'Unione europea il percorso temporale di conseguimento di quegli obiettivi.
In secondo luogo, nella risoluzione si puntualizza un aspetto fondamentale, cioè che il risanamento non avverrà prevalentemente sul fronte del controllo e dei tagli di spesa, ma dovrà avvenire anche attraverso una decisa azione sul fronte delle entrate. Questa é una questione decisiva per coniugare, effettivamente e non soltanto a parole, il risanamento con l'equità sociale e lo sviluppo. Infatti, la redistribuzione del carico fiscale a vantaggio del lavoro e della produzione, e a danno della rendita, è una delle ricette fondamentali per la rinascita economica e sociale del l'Italia. In particolare, nel DPEF si puntualizza che occorre contrastare con maggiore efficacia i fenomeni di evasione e di elusione fiscale, perché non tutto è stato fatto con il decreto-legge n. 223 del 2006, che trova il nostro pieno apprezzamento: ancora molto ci sarà da fare. Inoltre, si afferma la necessità di uniformare la tassazione delle rendite finanziarie con la media dell'Unione europea. Infine, si afferma la necessità di introdurre una maggiore progressività dell'imposizione diretta attraverso la revisione di quel vergognoso secondo modulo della riforma IRE effettuata dal precedente Governo, il quale ridusse le tasse ai più ricchi privilegiati.
Quanto ai comparti di spesa, nella risoluzione si precisa che si interverrà con la riqualificazione e non con la riduzione delle prestazioni sociali. In particolare, riteniamo importante quanto in essa affermato in merito alle questioni delle pensioni e della sanità.
Riguardo alle pensioni, si afferma nella risoluzione che nessun intervento strutturale sui livelli previdenziali sarà possibile se non dopo la separazione tra assistenza e previdenza. Noi siamo fiduciosi perché, se ciò avverrà, ci accorgeremo che non esiste alcuno squilibrio di lungo periodo nei conti previdenziali. Per quanto riguarda la sanità, si definisce l'obiettivo della stabilizzazione e non della riduzione della spesa rispetto al PIL, garantendo a tutti i cittadini del territorio nazionale i livelli essenziali di assistenza.
Con la risoluzione, inoltre, si impegna il Governo a predisporre, nel prossimo disegno di legge finanziaria, anche misure direttamente redistributive. In particolare, noi sottolineiamo la positività dell'impegno assunto - dopo moltissimi anni in cui è stato disatteso dai precedenti Governi - per la restituzione del fiscal drag, in modo particolare, ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, eliminando un meccanismo perverso che fittiziamente riduce le retribuzioni e le pensioni nette.
Anche riguardo al cuneo fiscale si afferma che si tratta di uno strumento finalizzato non solo al rilancio della competitività delle imprese, ma anche all'aumento delle retribuzioni nette e alla lotta alla precarietà attraverso la selettività della sua applicazione; il cuneo fiscale, dunque, come strumento di sostegno dei consumi delle famiglie meno abbienti e dei lavoratori dipendenti.
Inoltre, riteniamo importante ribadire che il Governo si dovrà impegnare, sin da subito, a presentare una riforma organica del mercato del lavoro, per ridurre il precariato, insieme ad una riforma degli ammortizzatori sociali, per coprire tutte le forme di lavoro esistenti.
Significativo è anche l'impegno a potenziare alcuni settori del welfare che oggi appaiono insufficienti, con la previsione dell'istituzione di un fondo per i non autosufficienti, con il potenziamento del sistema dei servizi per l'infanzia, in modo particolare degli asili nido, con il rafforzamento del fondo per le politiche sociali e con l'impegno ad affrontare seriamente la questione ormai drammatica dell'accesso alla casa, per i giovani in modo particolare.
Infine, anche sullo sviluppo, la risoluzione parlamentare definisce meglio, rispetto al DPEF, qual è la direzione dell'intervento del Governo nella futura leggePag. 28finanziaria. In primo luogo, definendo come metodo generale per le politiche di sviluppo quello della programmazione, attraverso la predisposizione di un piano di investimenti pubblici, in particolare nel Mezzogiorno, ed anche attraverso la predisposizione di strumenti di fiscalità di vantaggio e di credito di imposta per le aree svantaggiate. Un rilancio economico del sistema produttivo del nostro paese non è, infatti, possibile se non si affronta con decisione la questione meridionale, l'esigenza di un nuovo modello di sviluppo nelle terre del nostro sud. Inoltre, la riconversione ambientale, a partire dal rispetto integrale del protocollo di Kyoto, diventa finalmente un impegno cogente per il Governo italiano.
Quindi, con la risoluzione finale, il DPEF torna ad incorporare quello spirito fortemente riformatore che era presente nel programma dell'Unione. In tale programma, più ancora che su strumenti ed obiettivi di tipo quantitativo, la politica economica e sociale è orientata verso obiettivi di qualità, verso un nuovo modello di sviluppo fondato sulla giustizia sociale e sulla riconversione ambientale del nostro sistema produttivo. Ora ci aspetta la sfida più difficile, tradurre tali intenti, così ambiziosi, in fatti ed atti concreti già con la prossima legge finanziaria, che dovrà ispirarsi non solo al Documento di programmazione economico-finanziaria, ma anche alle integrazioni ed ai chiarimenti che sono contenuti nella risoluzione parlamentare che oggi approveremo.
Affrontiamo questa sfida difficile ed ambiziosa sin da subito con il metodo del dialogo e della partecipazione democratica, coinvolgendo preventivamente in una discussione aperta anzitutto le forze di maggioranza e, poi, confrontandoci direttamente ed efficacemente con i soggetti sociali. Infatti, la rinascita economica, sociale e morale...
PRESIDENTE. Concluda, deputato Andrea Ricci.
ANDREA RICCI. Concludo, signor Presidente.
Stavo dicendo che la rinascita economica, sociale e morale del paese sarà possibile solo con una grande apertura del Governo e del Parlamento verso i movimenti, i soggetti sociali e la società civile (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.
DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina avevo apprezzato molto la presenza del ministro Padoa Schioppa in aula, perché mi sembrava importante quale segnale di attenzione nei confronti del Parlamento. Purtroppo, devo riconsiderare l'inizio del mio discorso, perché vedo che il ministro Padoa Schioppa tale attenzione non ce l'ha. È giunto stamattina ma, dopo il suo intervento, ha preferito sicuramente altri impegni, e ciò devo dirlo e mi dispiace, perché non fa parte di quell'educazione istituzionale che tutti i ministri e tutti i membri del Parlamento dovrebbero avere.
Detto questo, nella precedente legislatura ho svolto la funzione di relatore sulla legge finanziaria e la complessità e la difficoltà di gestire l'esame parlamentare di un provvedimento tanto articolato quale la legge finanziaria, voglio precisarlo, non ci deve far trascurare l'importanza del DPEF, che della legge finanziaria fissa le premesse.
Continuerò il mio discorso rivolgendomi al ministro, come se fosse in aula. Volevo dirle, signor ministro, che spesso, nelle audizioni in Commissione bilancio, ci ha già ricordato più volte di non essere un politico, ma un tecnico. Bene, signor ministro, credo che nel suo intervento di questa mattina ciò si evinceva benissimo. Lei, infatti, dovrebbe sapere che non è compito dell'opposizione fissare i numeri dei saldi da raggiungere nell'attuale legislatura, ma è invece uno stretto compito del Governo. Peraltro, il cardine della nostra risoluzione è la bassa crescita e non, come nel Documento di programmazionePag. 29economico-finanziaria, la compressione della spesa.
Questa mattina siamo in presenza di un appuntamento di carattere strategico, un appuntamento al quale non si può mancare, vista la grande necessità di ritrovare la strada di una crescita più consistente per la nostra nazione. Proprio la consapevolezza e l'importanza dell'occasione offerta dall'esame del DPEF mi induce a dichiarare con assoluta chiarezza, signor ministro, la totale insoddisfazione delle mio gruppo nei confronti del suo Documento. Infatti, siamo di fronte ad un'occasione che abbiamo assolutamente perso!
Questo difetto del Documento da lei predisposto, signor ministro, è tanto più grave perché si tratta del primo DPEF del nuovo Governo e della nuova maggioranza, che avrebbe dovuto predisporre un DPEF di legislatura.
Siamo tutti convinti del fatto che il primo obiettivo che dovrebbe ispirare l'azione del Governo è il sostegno dello sviluppo. Tale convinzione appartiene a tutti, tranne al Governo che, invece, ha focalizzato quasi tutta la sua attenzione sulla parte relativa al risanamento dei conti pubblici. Quella del risanamento credo sia una specie di ossessione per il Governo e soprattutto per lei, ministro Padoa Schioppa. Appena insediato, lei ha denunciato con forza una presunta drammaticità della situazione finanziaria del paese, che sarebbe stata addirittura più grave rispetto ai conti del 1992. Si è poi affidato alle cure di autorevoli studiosi estranei, a quelli che dovrebbero essere gli organismi che istituzionalmente dovrebbero affrontare la materia per quantificare il maggiore deficit.
Dopo aver suscitato, quindi, un grande allarme generale e provocato i mercati finanziari nonché le autorità comunitarie, il ministro ci ha spiegato che, grazie ai suoi buoni rapporti con le autorità europee, è riuscito ad evitare gravi danni, senza neanche porre in essere una vera manovra correttiva per l'anno 2006. A questo punto, ci si chiede se le autorità comunitarie fondino le loro decisioni sui rapporti di amicizia e di consuetudine personale oppure - come ovviamente dobbiamo ritenere - sui dati oggettivi. È evidente che l'allarme e la drammatizzazione sui conti pubblici che hanno contrassegnato l'avvio dell'attività di questo Governo non erano fondate su validi argomenti. Se non conoscessi il rigore morale del ministro Padoa Schioppa, dovrei pensare che mentiva sapendo di mentire!
Più in generale, il DPEF delinea una strategia che potrebbe creare una situazione di assoluta incertezza e di precarietà, nella quale si priverebbero gli italiani della speranza di un futuro di maggiore benessere e di una maggiore ricchezza. Si preannuncia, invece, al paese un lungo percorso di sacrifici, di tagli drastici delle spese, di ridimensionamento della spesa sociale, di aumento delle tasse e dei contributi, a partire anche dal ticket per le spese sanitarie. Ciò senza alcuna contropartita, senza avvertire nemmeno l'esigenza - che lei, signor ministro, invece sente molto fortemente - di apparire a livello internazionale come il «signor no», per incassare il riconoscimento per una politica volta esclusivamente al rigore. Questo, signor ministro, certamente potrà giovare alla sua immagine, ma rischia di produrre gravi danni al paese che, a causa di una politica recessiva, potrebbe subire l'intercettazione di quella crescita che sta avvenendo in tutti i paesi dell'euro.
La visione della politica finanziaria come politica di mero contenimento, che non apprezza e non valuta le priorità, non è in grado di perseguire alcuna iniziativa, se non quella della riduzione del deficit. Tale politica può ricondursi al fatto che lei, signor ministro, è il ministro del controllo della spesa e non il ministro della politica economica e finanziaria di questo Governo.
Il suo DPEF - mi dispiace dirlo - è una cornice, ma senza colori e senza nemmeno una tela. È davvero convinto, signor ministro, che la sua credibilità sia sufficiente ad evitare il rischio di alimentare un diffuso conflitto sociale per una politica che rischia di scontentare tutte le categorie produttive, imprenditori, professionisti, ma anche lavoratori dipendenti?Pag. 30Ne è convinto? Crede davvero di poter mettere in campo una riforma del sistema pensionistico, una riforma delle professioni, una riduzione della spesa sanitaria, una diminuzione di trasferimenti agli enti territoriali e della spesa per i pubblici dipendenti, in nome, e solo esclusivamente, del massimo rigore finanziario? Ne è davvero convinto? O piuttosto non rischiamo, così facendo, di deprimere i consumi, di bloccare quelli che dovrebbero essere i nuovi investimenti e scoraggiare il recupero, da parte delle nostre imprese, della capacità di competere veramente sui mercati internazionali?
Vorrei che lei riflettesse su questo: l'esperienza degli anni passati, e non soltanto dell'Italia, ma dei grandi paesi europei, dimostra che senza tassi di crescita consistenti è più difficile, se non impossibile, il risanamento della finanza pubblica e, soprattutto, la realizzazione delle riforme strutturali. D'altra parte - è sotto gli occhi di tutti -, anche gli Stati Uniti d'America dimostrano che non ci possono essere tassi di sviluppo consistenti senza una forte domanda pubblica che privilegi le spese produttive, in grado di generare gli effetti moltiplicativi sull'economia.
Questo è quanto dovevo dire in merito al suo Documento di programmazione economico-finanziaria. Vorrei inoltre sottolineare che ci ha molto sorpreso la terza risoluzione che è stata presentata dall'Italia dei Valori, dal ministro Di Pietro, che fa esplodere - non soltanto stamattina, ma come sempre - le grandi contraddizioni che ci sono nel centrosinistra. Quando c'è un Governo che non è d'accordo sulla politica estera e sulla politica economica, questo è inevitabilmente fonte di preoccupazione per il paese.
Avrei molto apprezzato - e concludo - un discorso diverso, da parte del ministro, di riqualificazione della spesa pubblica, piuttosto che di una sua generale compressione. Temo che il Governo in questo modo si privi della possibilità di incidere sugli andamenti dell'economia, se non addirittura - paradossalmente - che possa determinarne l'ulteriore indebolimento.
Questi sono i motivi per cui annuncio il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale sul Documento di programmazione economico-finanziaria e la piena adesione, invece, alla proposta di risoluzione a prima firma dell'onorevole Alberto Giorgetti (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.
LUIGI CASERO. Nell'esprimere il voto favorevole del gruppo di Forza Italia sulla risoluzione Alberto Giorgetti n. 6-00003 e contrario sulla risoluzione di maggioranza Ventura n. 6-00004, permettetemi di svolgere alcune considerazioni in merito a questo Documento di programmazione economico-finanziaria.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 12,15).
LUIGI CASERO. Innanzitutto, il Governo ha finalmente abbandonato le polemiche strumentali su un presunto «buco» di bilancio - che poi non si è mai riscontrato - e ha pensato di presentare un Documento di programmazione economico-finanziaria basato su obiettivi molto ambiziosi. Il ministro - purtroppo adesso è uscito dall'aula - è venuto in Commissione e ci ha detto che il Documento punta al risanamento, alla crescita e all'equità. Qualsiasi economista sa benissimo quanto sia difficile unire un'azione di risanamento ad una di crescita, in quanto solitamente il risanamento è legato ad un'azione recessiva, mentre una crescita allo sviluppo della spesa.
Unire questi due obiettivi a quello dell'equità ci sembra una cosa impossibile, tant'è vero che il DPEF si dedica solamente al risanamento. E, checché ne dica il ministro, in tale Documento sono posti degli obiettivi di crescita al di sotto di quelli europei; tutto ciò dimostra quanto quello della crescita non sia uno degli obiettivi di questo Governo.Pag. 31
Anche sul risanamento siamo molto preoccupati, perché quella attuale è una maggioranza molto disomogenea, che dipende molto dalle forze politiche estreme e che sulla politica economica non è sicuramente in grado di svolgere un'azione di risanamento seria. Una tale azione, infatti, prevederebbe di agire sulla spesa strutturale, sul taglio di alcuni gangli fondamentali della spesa pubblica - l'ha detto lo stesso ministro - come, ad esempio, il pubblico impiego, la sanità, la spesa degli enti locali, gli sprechi della spesa ministeriale - voi per primi avete aumentato il numero dei ministeri - e le pensioni.
Noi ci chiediamo come questo Governo potrà intervenire su questi settori, quando già parti importanti della propria maggioranza hanno detto che tali settori non si toccano. Alla fine, tutta la vostra azione di risanamento sarà svolta solo sul lato delle entrate: voi aumenterete le entrate e lo farete nel modo più semplice possibile, aumentando cioè le tasse, imponendo nuove tasse ai cittadini, adottando, quindi, una politica fiscale che condurrà ad un aumento della pressione fiscale. Purtroppo, bloccherete quel processo, iniziato dal Governo Berlusconi, di riduzione fiscale che ha portato il nostro paese ad avvicinarsi, in termini di pressione fiscale, agli altri paesi europei. Purtroppo, voi non interverrete sull'IRAP e sulla riduzione della pressione fiscale che grava sui singoli cittadini.
Voi non avete previsto nessuna azione per favorire la crescita del paese. Questo DPEF allontanerà, in termini di crescita, l'Italia dagli altri paesi europei. Purtroppo, con questi due obiettivi, uno reale e uno mancato, porrete in essere un'azione di equità che non è simile a quella che vorremmo noi. Noi riteniamo che l'obiettivo dell'equità debba essere raggiunto facendo crescere i redditi più bassi, facendo diventare i poveri un po' più ricchi, facendoli avvicinare al ceto medio. Voi prevedete - e lo avete dichiarato sui vostri quotidiani - di intraprendere un'azione opposta, cioè cercherete di fare impoverire il ceto medio per farlo avvicinare ai più poveri.
Riteniamo che ci siano delle azioni precise di politica economica che potrebbero portare il nostro paese alla crescita. Innanzitutto occorre, come abbiamo detto, privilegiare l'obiettivo della crescita, cercando di agganciare il ciclo italiano a quello europeo. Ciò potrebbe avvenire cercando di intervenire in modo più morbido nel rapporto deficit-PIL. A questo proposito, in sede europea, proprio perché avevate dichiarato di essere molto considerati in quella sede, potevate contrattare un livello di rientro di quel rapporto un po' più lento, in modo da investire un po' di più sullo sviluppo.
Riteniamo che voi avreste dovuto cercare di valorizzare i punti di forza del nostro paese - l'ingegno, la creatività, la tipicità, la qualità, il design, l'innovazione -, cose queste che hanno sempre reso forte l'Italia ma che voi non avete inserito in questo Documento di programmazione economico-finanziaria.
Noi riteniamo che si debbano confermare le norme adottate nel corso della precedente legislatura in tema di flessibilità del mercato del lavoro. Crediamo, inoltre, che si debbano realizzare delle vere liberalizzazioni. In questi giorni, con la vostra politica, invece, avete colpito categorie poco protette, che sicuramente non intervengono sul futuro sviluppo del paese: 3 mila tassisti in più a Milano e a Roma non cambiano lo scenario del paese! Dovevate intervenire nei settori del trasporto ferroviario, dei servizi pubblici locali, dell'energia, dei servizi ambientali, della previdenza integrativa, nei rapporti fra lavoratori e organizzazioni sindacali, ed aumentare la concorrenza del mondo bancario e finanziario. Queste sono le vere liberalizzazioni che noi vi chiediamo! Queste sono le liberalizzazioni che noi proponiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Voi non siete stati in grado neanche di liberalizzare il mercato dei tassisti.
Dovevate proseguire sulla strada della riduzione della pressione fiscale complessiva, e dovevate proseguire anche con le opere infrastrutturali già avviate nella precedente legislatura. Non possiamo far sìPag. 32che il nostro paese perda il contatto con l'Europa e rimanga escluso dai grandi corridoi europei.
Dobbiamo prevedere - non l'avete fatto in questo Documento di programmazione economico-finanziaria - una politica di dismissioni dell'attivo patrimoniale per ridurre il debito pubblico, una politica di privatizzazioni che favorisca la costruzione di grandi gruppi industriali italiani e non di monopoli italiani pronti a svendere tale posizione di monopolio ad altri paesi stranieri (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Dobbiamo considerare il Mezzogiorno una risorsa del paese, voi ne avete parlato pochissimo in questo Documento di programmazione economico-finanziaria. Riteniamo che lo sviluppo del Mezzogiorno sia una delle forze che ci permette di andare in Europa e di tenerci legati all'Europa stessa.
Sono queste le azioni che servono al paese, che deve crescere in tutte le sue componenti, un paese formato sì da grandi imprese e grandi gruppi finanziari, a cui voi avete prestato molta attenzione, ma anche da piccoli e medi imprenditori che tutti i giorni lavorano nelle proprie aziende e che girano il mondo per vendere i propri prodotti; da artigiani che ogni giorno cercano di attivarsi con nuove inventive per soddisfare i propri clienti; da professionisti che hanno un rapporto molto diretto con i propri clienti e che li aiutano anche nei momenti di bisogno; da lavoratori dipendenti che lavorano giorno dopo giorno nelle proprie imprese e sperano nel loro successo per garantirsi un futuro migliore; da commercianti che cercano di piazzare i propri prodotti nel modo migliore garantendosi un rapporto con i clienti; dal popolo del volontariato e da quello delle libere iniziative: tutti costoro devono partecipare al progetto di crescita di questo paese, non essere penalizzati, come voi state facendo con i primi provvedimenti assunti.
È un paese che vuole libertà - una parola che forse vi è sconosciuta - che in questo campo è libertà economica, sociale, di iniziativa; vuole meno vessazioni e controlli. Voi volete un paese vessato e controllato! Questa è una parte del paese che voi state sottovalutando, ma senza la sua spinta, quella del popolo delle libertà, difficilmente questo paese tornerà a crescere (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Siamo convinti di dover fare con questi cittadini un grande patto per il futuro. Con tutta questa Italia unita possiamo ridare forza alla nostra nazione e assicurare quella crescita che voi non siete in grado di offrire (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sereni. Ne ha facoltà.
MARINA SERENI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi e colleghe deputati, l'orizzonte quinquennale del Documento di programmazione economico-finanziaria che ci accingiamo a votare ha fornito e fornisce l'occasione per un confronto politico di ampio respiro sulle direttrici principali che il Governo intende seguire per raggiungere e tenere insieme tre obiettivi molti ambiziosi: crescita, risanamento, equità.
L'altezza della sfida è resa esplicita nella lettera con cui il presidente Prodi e il ministro Padoa Schioppa hanno accompagnato il provvedimento, laddove ricordano che manovra correttiva e DPEF puntano a «sbloccare un vero e proprio intreccio perverso nel quale si è venuta a trovare l'economia italiana dopo avere accumulato, a partire dalla metà degli anni Novanta, un ritardo di crescita che ha accentuato sia l'instabilità macroeconomica sia il disagio sociale». Il Governo dunque non si presenta al Parlamento e agli italiani semplicemente denunciando il fallimento delle scelte del precedente esecutivo. Certamente, vorrei dire ai colleghi del centrodestra, quel fallimento c'è e non va taciuto!
Ai ritardi strutturali del sistema economico e produttivo italiano, alle debolezze infrastrutturali del paese, alle sfide nuove rappresentate dalla globalizzazionePag. 33dei mercati, il centrodestra ha creduto di poter rispondere in maniera ideologica, indicando la strada di una mera riduzione delle politiche pubbliche, invocando dazi e chiusure protezionistiche - altro che libertà, onorevole Casero! -, agitando la bandiera della riduzione generalizzata delle tasse. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: crescita vicina allo zero, diminuzione della produttività e della competitività economica, aumento della precarietà e delle disparità sociali, mentre la pressione fiscale complessiva non è diminuita e la spesa pubblica ha ricominciato a crescere a ritmi pericolosamente sostenuti.
Il quadro delle grandezze finanziarie macroeconomiche che il Documento di programmazione economico-finanziaria ci presenta è fortemente critico; l'eredità che il centrosinistra raccoglie è senza dubbio pesante. È un bene che il paese sappia la verità, che le classi dirigenti, a tutti i livelli, nella politica, nel mondo dell'impresa e dei lavori, nei territori, si misurino con la dimensione reale della sfida che abbiamo dinanzi.
Quanto il Governo sta proponendo con il Documento di programmazione economico-finanziaria è un traguardo molto ambizioso, che può essere raggiunto se matura, nel paese, la consapevolezza diffusa di un'impresa che, tutti insieme, possiamo condurre al successo. Il punto centrale di questa impresa è la necessità di far ripartire la crescita.
Modernizzazione delle infrastrutture, materiali ed immateriali, e regole finalizzate a creare maggiore concorrenza sui mercati; riqualificazione del sistema produttivo, in termini di miglioramento degli assetti organizzativi, di diffusione delle nuove tecnologie e di accelerazione del processo di internazionalizzazione; interventi sulla fiscalità e di incentivazione automatica volti ad accrescere la produttività ed a diminuire i costi di produzione, in particolare del lavoro: le tre linee di intervento indicate dal Documento di programmazione economico-finanziaria a sostegno dello sviluppo appaiono chiare e convincenti. L'Italia ha grandi risorse, imprenditoriali, culturali, umane e territoriali; non si tratta di sostituire la mano pubblica al ruolo ed alle capacità degli attori economici: serve una scossa affinché tali risorse si mobilitino in maniera coordinata all'interno di una strategia volta innanzitutto ad aumentare l'occupazione e la produttività, cause specifiche della bassa crescita italiana.
I ritardi nelle dinamiche della crescita economica, uniti a politiche del centrodestra che hanno certamente avuto il segno dell'iniquità sociale, hanno prodotto nuove aree di disagio ed hanno aumentato le disparità. Un'accelerazione della crescita è indispensabile per generare le risorse necessarie ad aumentare il benessere generale e, soprattutto, a realizzare un'efficace azione di redistribuzione a vantaggio delle classi più deboli. Anche a tale riguardo, nel Documento di programmazione economico-finanziaria si evidenzia una novità rilevante rispetto al recente passato; l'obiettivo di una maggiore equità viene connesso strettamente alle politiche di sviluppo, in coerenza con la strategia di Lisbona. Ecco, dunque, che i principali provvedimenti previsti nell'arco della legislatura - un quadro di interventi che va dalla conciliazione tra vita lavorativa e familiare alle misure a sostegno del reddito, alla qualificazione ed estensione dei servizi per l'infanzia e per le persone non autosufficienti, al rilancio della politica per la casa e alla promozione delle pari opportunità e dei diritti - disegnano una strategia di contrasto alla povertà, di valorizzazione del capitale umano, di innovazione del sistema di protezione sociale nella direzione della flessibilità delle prestazioni e dell'equità sostanziale tra i cittadini e della sussidiarietà.
Stesso segno di innovazione e di equità hanno i primi provvedimenti che il Governo ha promosso per quanto riguarda le politiche del lavoro, dalla circolare sui call center alla riduzione del cuneo fiscale, chiaramente finalizzate ad incentivare il lavoro stabile e a contrastare precarietà e insicurezza.
In questa cornice, il risanamento dei conti pubblici, indicato con grande serietà e nettezza nel Documento di programmazionePag. 34economico-finanziaria, non è in alcun modo separabile dalle misure di sviluppo e di equità. Il controllo della dinamica della spesa pubblica, la riduzione del deficit ed il rispetto dei parametri europei, l'obiettivo di vedere nuovamente crescere l'avanzo primario non sono altro rispetto alle politiche di cui sin qui abbiamo parlato.
Liberare risorse per politiche che, da un lato, sostengano la crescita, l'innovazione, la qualificazione del sistema produttivo italiano e, dall'altro, consentano di garantire misure di protezione e di promozione sociale all'altezza delle domande articolate e crescenti degli individui e delle famiglie è un imperativo assoluto.
Spingere sul pedale dello sviluppo, certamente, è un modo per accrescere la ricchezza complessiva del paese e far affluire nuove risorse nel bilancio dello Stato. È del tutto evidente, tuttavia, che non sarà possibile fare affidamento esclusivamente su un aumento delle entrate derivante da una ripresa della crescita. È sulla base di questa illusione e avvalendosi di una certa varietà di artifizi finanziari, che il Governo precedente ha, in realtà, lasciato correre la spesa pubblica e consumato irresponsabilmente l'avanzo primario.
Per queste ragioni, con onestà e rigore, il Governo indica nel DPEF i grandi settori di spesa pubblica - sistema pensionistico, sanità, amministrazioni pubbliche, finanza degli enti decentrati - sui quali si dovrà esercitare una particolare attenzione già con la prossima legge finanziaria.
Il dibattito parlamentare ha aiutato a chiarire il tema all'ordine del giorno. Non stiamo parlando genericamente di tagli, ma di scelte in grado di tenere sotto controllo l'andamento di questi grandi comparti di spesa, di impedire che crescano più velocemente del PIL: ridurre inefficienze, squilibri interni, duplicazioni. Certamente, il tema è molto delicato, perché, se pensiamo in particolare a pensioni e sanità, riguarda settori che interessano la vita concreta di milioni di cittadini.
Il tratto dell'equità torna dunque come un vincolo delle scelte anche complesse che saremo chiamati a compiere con la legge finanziaria: garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria, anche ipotizzando forme di compartecipazione dei cittadini e delle famiglie sulla base delle capacità economiche; puntare a portare in equilibrio il sistema previdenziale, attenuando gli effetti iniqui del cosiddetto scalone ed intervenendo contemporaneamente sull'avvio della previdenza complementare; costruire le condizioni per un patto di stabilità interno tra Stato, regioni ed enti locali...
PRESIDENTE. La prego...
MARINA SERENI. ... rilanciando un rapporto di collaborazione - concludo, Presidente - con il sistema delle autonomie territoriali; puntare su un regime di tassazione più equo, attraverso una determinata e sistematica lotta all'evasione e all'elusione fiscale, recuperando progressività nell'imposta sui redditi, anche ripensando il cosiddetto secondo modulo della legge Tremonti, restituendo il fiscal drag, distinguendo sempre meglio tra attività speculative da quelle produttive, semplificando complessivamente il sistema.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
MARINA SERENI. Sto per concludere.
Più mercato, più politiche pubbliche, più innovazione: così si può sintetizzare la direzione di marcia che il Governo di centrosinistra presenta al paese con il DPEF e con la manovra correttiva che ieri sera è stata approvata dal Senato. Per garantire questa linea, sarà necessario il coraggio delle riforme. Riforme nel senso dell'apertura alla concorrenza, della qualità dello sviluppo, dell'equità sociale e territoriale, con una particolare attenzione al Mezzogiorno.
Abbiamo visto in queste settimane attorno al cosiddetto decreto Bersani con quante resistenze e pigrizia occorrerà misurarsi. Sarà necessario tenere la barraPag. 35ferma (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE. La prego...
MARINA SERENI. Ascoltare, negoziare, discutere e concertare; alla fine, decidere nell'interesse generale dei cittadini. Abbiamo vinto le elezioni, promettendo non i miracoli ma la serietà (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE. Ma per favore...
MARINA SERENI. Mi resta da leggere soltanto una riga, Presidente.
PRESIDENTE. Lo faccia, ma anche lei conosce il tempo!
MARINA SERENI. Abbiamo posizionato l'asticella: è alta e per superarla dobbiamo fare appello alle migliori energie del paese. Una cosa è certa vogliamo saltarla e non passarci sotto (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dell'Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Carta. Ne ha facoltà.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, signor ministro, trovo difficoltà nell'esprimere un giudizio compiuto su un provvedimento ove le linee di principio sono coerenti con i valori cui la politica del Governo si ispira negli obiettivi di risanamento e di sviluppo, ma in cui non si esplicitano con sufficiente chiarezza gli strumenti di attuazione.
Ritengo positivo il rilancio del metodo della concertazione, in discontinuità con l'operato del precedente Governo, nonché il richiamo all'etica della responsabilità nella gestione della spesa pubblica ed il perseguimento dell'obiettivo di una equa redistribuzione del reddito, tenendo conto che vi è stato un impoverimento del paese, specie a carico delle classi più deboli.
Devono essere indicate con maggiore precisione, inoltre, le modalità di intervento e le priorità...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
GIORGIO CARTA. La selettività degli interventi finalizzati a rilanciare la competitività...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, chiedo allora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, condivido pienamente l'obiettivo del risanamento della finanza pubblica fissato nel Documento di programmazione economico-finanziaria, e sarei felice di vedere raggiunti i livelli del saldo primario e dell'indebitamento indicati dal ministro dell'economia e delle finanze nel suo DPEF.
Il problema che ho già sollevato nel corso del dibattito, e che intendo riproporre nuovamente all'Assemblea, è che il Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011, così come esso è strutturato, non consentirà, nel corso dei prossimi anni, di realizzare i risultati prefissati. Non lo consentirà perché la crescita economica prevista dal Governo è insufficiente non soltanto per conseguire, ad esempio, gli obiettivi di piena occupazione e di sviluppo del Mezzogiorno, ma anche in rapporto al risanamento dei conti pubblici ed alla realizzazione di una maggiore equità sociale.
È chiaro, infatti, che in un sistema economico che non cresce le difficoltà diPag. 36procedere al risanamento dei conti pubblici ed al conseguimento dell'equità sono notevolmente maggiori. Il Governo incontrerà enormi difficoltà, non avendo calcolato bene la crescita...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
GIORGIO LA MALFA. ... nel perseguimento dei propri obiettivi.
Ricordo che oggi il professor Spaventa, autorevole economista, scrive su la Repubblica che quella del Governo è una missione impossibile. Credo che Spaventa abbia ragione...
PRESIDENTE. La prego, deputato La Malfa!
GIORGIO LA MALFA. La ringrazio, signor Presidente.
Il tempo dirà se la maggioranza o il ministro entreranno in difficoltà, ma uno dei due incontrerà certamente problemi entro breve tempo (Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Misto-Movimento per l'Autonomia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Musi. Ne ha facoltà.
ADRIANO MUSI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire a titolo personale per dichiarare la mia astensione dalla votazione sulla risoluzione Ventura ed altri n. 6-00004...
Una voce: Tempo!
PRESIDENTE. Vi prego di non richiamare al rispetto dei tempi all'inizio di un intervento; in ogni caso, come si vede, sono in grado di garantirlo.
Prego, deputato Musi, può proseguire il suo intervento.
ADRIANO MUSI. La ringrazio, signor Presidente.
La mia astensione dalla votazione sulla risoluzione presentata dalla maggioranza è motivata dal fatto che sono in discussione non i saldi del Documento di programmazione economico-finanziaria, ma la veridicità delle cifre in esso indicate e la priorità degli interventi strutturali.
È l'ordine degli addendi che, all'interno del DPEF, ci preoccupa: mi riferisco alla comprensione dei traguardi sociali che si vogliono raggiungere nel quinquennio. È la politica, attraverso i sui valori ed i suoi contenuti, a dover mettere ordine nelle priorità relative ai capitoli dello sviluppo e del risanamento finanziario.
Crediamo, insomma, che si tratti di verificare, con certezza ed in maniera approfondita, tutto ciò che è contenuto in tale Documento, al fine di garantire sicurezze in ordine al segno distintivo di quell'equità...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
ADRIANO MUSI. ... che viene evocata a più riprese, ma che, all'interno dello stesso DPEF 2007-2011, non trova misure coerenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto, affinché essa rimanga agli atti.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, veramente non ho chiesto di intervenire a titolo personale (Commenti). Ho chiesto la parola per precisare una posizione in ordine ad una risoluzione presentata.
Pag. 37PRESIDENTE. Prego, deputato D'Ulizia, ha facoltà di parlare.
LUCIANO D'ULIZIA. Tuttavia, non riuscirò a farlo in un minuto (Commenti)...
PRESIDENTE. Deve farlo, grazie!
LUCIANO D'ULIZIA. Dovrei illustrare nell'arco di un solo minuto le ragioni alla base della presentazione di una risoluzione?
PRESIDENTE. La informo che ha esaurito il tempo a sua disposizione: pertanto, o lo fa in un minuto, oppure rinuncia ad intervenire.
LUCIANO D'ULIZIA. Allora rinunzio a parlare, signor Presidente (Commenti)!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.