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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Pubblicazione di notizie concernenti la provenienza delle bombe usate da Israele verso il Libano - n. 2-00082)
PRESIDENTE. La deputata Deiana ha facoltà di illustrare l'interpellanza Migliore n. 2-00082 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmataria.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, solleviamo tale questione con grande forza, in parte perché ha riflessi sul programma dell'Unione, che abbiamo sottoscritto, in parte perché riveste una grandissima importanza nell'attualità politica, soprattutto in relazione alle drammatiche vicende che si stanno sviluppando in Medio Oriente.
Pensiamo che la Conferenza internazionale di Roma, proposta dal Governo italiano e conclusasi ieri, abbia rappresentato un passo positivo nella ricerca di una soluzione, se non di pace, almeno di cessazione delle ostilità più violente, confermando alcuni elementi importanti di discontinuità presenti nella politica estera di questo paese in relazione a quella del Governo precedente.
A questa ispirazione di fondo occorre siano conformi tutte le scelte del Governo, per quanto riguarda sia il proseguimento dell'azione sul piano internazionale sia il controllo e l'uso del territorio nazionale in relazione alla pesante presenza di servitù militari straniere NATO e americane, che possono distorcere la volontà di pace del Governo e del nostro paese, offrendo la possibilità dell'uso del territorio a fini che nulla hanno a che vedere con la forza che la politica di pace deve avere in questa fase. Mi riferisco, in particolare, alla base di Camp Darby in Toscana, che in passato ha svolto tradizionalmente una funzione di sostegno logistico molto significativo a tutte le guerre che si sono svolte negli anni Novanta e alle guerre del nuovo secolo, per quanto riguarda l'approvvigionamento di strumenti, di ordigni, di armi delle forze americane impegnate sui vari teatri di guerra.
La base di Camp Darby è nata nel 1951, durante il periodo della guerra fredda, in seguito ad un atto di bilateralizzazione del trattato NATO; come tutte le altre basi americane e NATO, è contrassegnata, in questo momento, da elementi che ritengo di grave illegittimità per quanto riguarda il loro uso.
Dico ciò perché, se il Trattato NATO del 1949 fu ratificato dal Parlamento italiano (in qualche modo, la ratifica legittimava i memorandum di bilateralizzazione in esso contemplati), i successivi mutamenti strategici della NATO e, in particolare, la ridefinizione dei suoi compiti e la ridefinizione del nuovo concetto strategico della NATO, a seguito del vertice del 1999, non sono mai stati sottoposti al vaglio, alla discussione ed alla decisione dei Parlamenti, in particolare del nostro. È chiaro, allora, che tutto quanto attiene alla funzionalità ed alla strategia delle basi è in qualche modo collocato fuori - non soltanto a causa del segreto militare, ma anche in ragione del fatto che non è mai intervenuto, al riguardo, un atto di trasparenza parlamentare - dall'ambito di una reale legittimità. Noi consideriamo la materia di grandissima importanza e, quindi, urgente. Di conseguenza, porremo la questione in sede di conferenza nazionale sulle servitù militari, che fa parte del programma dell'Unione.
Ciò detto, desidero chiarire meglio la portata del problema che abbiamo voluto segnalare (e che continueremo a sollevarePag. 97costantemente). L'uso del nostro territorio per le indicate finalità pone una grave questione di sovranità nazionale. Inoltre, la specifica problematica è connessa all'emersione di una grande sensibilità popolare, che riguarda sia l'impatto negativo che molte di queste basi hanno sul territorio (in particolare, è molto forte la preoccupazione relativa alla base di Camp Darby) sia la funzione che esse svolgono sotto il profilo della concezione delle nuove guerre (o di una nuova difesa), che sfugge totalmente al controllo ed alla sovranità nazionali.
Camp Darby è una sorta di santabarbara: i tantissimi bunker sotterranei custodiscono in perfetta efficienza moltissime tonnellate di munizioni per artiglieria, missili, razzi, bombe d'aereo, e circa 8 mila tonnellate di esplosivo ad alto potenziale. Come ho già detto - i fatti sono noti -, la base ha svolto una funzione strategica in tutta una serie di avvenimenti bellici, dalla prima guerra del Golfo del 1991 all'ultima guerra in Iraq. È altresì noto che molte mobilitazioni pacifiste hanno tentato di bloccarne l'operatività.
Venendo all'oggi, si legge sul quotidiano il manifesto di domenica 23 luglio, sotto il titolo «La superbomba passa per l'Italia», che lo Stato di Israele, in data 15 luglio 2006, ha fatto richiesta agli Stati Uniti di un grosso quantitativo di benzina per la propria aeronautica militare. Successivamente, sempre secondo le informazioni de il manifesto, vi è stata un'ulteriore richiesta per un carico di munizioni speciali. Tra queste, la GBU-28, una bomba a guida laser da 2,3 tonnellate. Si tratta di un'arma speciale che ha un'altissima capacità di penetrazione in centri di comando situati in bunker profondi e rinforzati.
Il primo quesito che poniamo con l'interpellanza in esame è se vi sia stato il transito o il deposito delle predette armi a Camp Derby (peraltro, da un punto di vista logistico, la base si presta moltissimo ad arrivi incontrollabili da parte della popolazione ed anche di chi ha interesse ad esercitare un controllo democratico sulle operazioni).
Inoltre, nell'interpellanza ricordiamo che, nella precedente legislatura, il Parlamento ha approvato la legge n. 94 del 3 maggio 2005, che istituzionalizza la cooperazione nel settore militare della difesa tra Italia e Israele. Si tratta di un accordo quadro molto preciso, che regola la cooperazione tra le parti e nel cui ambito potranno essere conclusi accordi tecnici specifici. Tra l'altro, c'è un accordo che riguarda un nuovo sistema di guerra elettronica altamente segreto. Infatti, il memorandum stabilisce che le attività derivanti da questo accordo saranno soggette alla massima segretezza.
Allora, chiedo, in primo luogo, che cosa il Governo abbia da dire relativamente a queste notizie di transito attraverso Camp Darby delle bombe speciali GBU-28 (guided bomb unit-28), cioè delle bombe a guida laser ad alta capacità di perforazione del terreno. Inoltre, chiedo se il Governo non ritenga necessario, vista la drammaticità del conflitto che si è sviluppato in Medio Oriente (in seguito alla contemporaneità e alla micidiale sinergia tra la nefasta azione di Hezbollah conto le forze militari di Tel Aviv sul confine sud e i violentissimi bombardamenti di risposta che Israele ha scatenato sul Libano), e di fronte a questa escalation e a questa drammatizzazione, anche in ragione dell'azione di pace che il Governo italiano ha intrapreso, valutare la sospensione dell'accordo seguito alla legge n. 94 del 3 maggio 2005 tra la Repubblica italiana e il Governo dello Stato di Israele.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi, ha facoltà di rispondere.
MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, l'interpellanza presentata dagli onorevoli Migliore, Deiana ed altri riguarda soprattutto alcune notizie riportate dal quotidiano il manifesto, come illustrato dall'onorevole Deiana, che ipotizzano in generale un ruolo della base logistica dei servizi di Camp Darby, nell'ambito delle operazioni delle forze aeree e terrestri,Pag. 98nell'area mediterranea nordamericana e mediorientale.
In particolare, secondo quanto riportato dagli onorevoli interpellanti, le predette notizie presumono un coinvolgimento di tale base anche nei recenti attacchi di Israele verso il Libano, riferendo che le bombe usate dallo stesso Israele sarebbero transitate proprio da Camp Darby. Allo stesso tempo, l'atto prende spunto dalla recente situazione di conflitto tra Israele e Libano, per porre in discussione l'accordo stipulato tra l'Italia e lo Stato di Israele, in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa, chiedendo nel contempo di valutarne la possibilità di una sospensione.
Credo che sia importante, prima di entrare nel merito della questione sollevata, fornire alcuni elementi di ricognizione che riguardano specificamente la presenza di forze NATO o di forze statunitensi in Italia. Essa va inquadrata nell'ambito dell'applicazione del Trattato del Nord Atlantico del 1949.
Proprio per tale ragione, per l'utilizzazione delle basi non vige alcuna condizione di extraterritorialità, permanendo allo Stato italiano l'esercizio della piena sovranità. In particolare, le basi intese come porzione di territorio per il sostegno logistico operativo, dotate di uomini e mezzi, non appartengono alla NATO o al paese appartenente alla NATO, che se ne avvale, in questo caso agli Stati Uniti, ma esse sono concesse in uso alla forza militare della NATO statunitense, senza che la sovranità nazionale sia in alcun modo messa in discussione.
Come detto, le norme che regolano la materia trovano il proprio fondamento nell'articolo 3 del Trattato di Washington e nei successivi accordi, quali la Convenzione di Londra del 1951, il Protocollo di Parigi del 1952, la Convenzione di Ottawa del 1951, approvata nel 1954, e un decreto del Presidente della Repubblica del 1962.
In tale quadro si inseriscono gli accordi bilaterali che regolano la presenza delle forze statunitensi in Italia; si tratta di accordi sia generali, che prevedono forme di assistenza militare reciproca tra i due paesi, sia particolari, che disciplinano gli aspetti della presenza e delle attività dei contingenti militari statunitensi. Questi accordi bilaterali hanno una elevata classifica di segretezza e non possono essere declassificati unilateralmente, poiché il regime di segretezza è stato stabilito di comune accordo dai Governi italiano e statunitense. Il segreto militare relativo alle infrastrutture, ai compiti, alla distribuzione di uomini, mezzi e materiali e al tipo di presenza militare nelle diverse località, si espande fino ad abbracciare le regole che disciplinano le funzioni di comando nelle basi ove operano forze degli Stati Uniti, nonché le disposizioni sui rapporti fra le autorità militari italiane e statunitensi.
Ciò premesso, con specifico riferimento alle richiamate notizie stampa che parlano di questo presunto passaggio di munizioni o bombe dalla base di Camp Darby e - sempre secondo il manifesto - utilizzate rispettivamente per le due guerre in Iraq, in Jugoslavia, per le operazioni in Afghanistan ed infine per neutralizzare le capacità militari degli Hezbollah, non si hanno elementi di riscontro per confermare l'attendibilità delle notizie riportate.
Quanto, invece, alla presenza di armamento sempre nella base di Camp Darby, nonché alla quantità di personale che opera al suo interno, è opportuno rilevare come la diffusione indiscriminata di informazioni sugli strumenti di difesa possa, a ragione, essere considerata da tutti gli Stati una fonte di rischio. L'Italia non fa eccezione, essendo la sua difesa integrata con quella dei paesi alleati, ivi compresa la loro presenza nel nostro territorio.
Anche per quanto riguarda le notizie riportate, relative a due presunte richieste da parte di Israele agli Stati Uniti, rispettivamente «di un grosso quantitativo di benzina per la propria aeronautica militare» e «di un carico di munizioni speciali, tra cui la citata bomba gbu-28», non si dispone di alcun riscontro che confermi questa ipotesi.
Con riferimento, invece, al presunto contrasto tra il profilato transito delle bombe da Camp Darby e quanto dispostoPag. 99dalla legge n. 185 del 1990, si assicura che tutta l'attività del Governo in materia di controllo dell'esportazione e transito dei materiali di armamento è assolutamente in linea con i principi della Carta costituzionale, con gli impegni internazionali e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato.
In particolare, il Governo in tale ambito sovrintende, tra l'altro, l'attività degli organi preposti all'applicazione della legge stessa, intervenendo, altresì, nel caso in cui manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.
Su tale specifica attività, il Governo non è mai venuto meno ai principi consacrati dalla citata legge n. 185 del 1990, attuando una rigorosa opera di controllo e di monitoraggio.
Con riferimento, infine, alle invocate valutazioni del Governo sull'eventualità di una sospensione dell'accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato di Israele, in linea di principio, la sottoscrizione di atti bilaterali - tra cui questo - va intesa come azione stabilizzatrice di una particolare area e regione, di valenza politica, considerati gli interessi strategici nazionali e gli impegni assunti in ambito internazionale.
La ratio dell'accordo con lo Stato di Israele si inquadra nel contesto del rilancio delle relazioni fra i due paesi e nel quadro della promozione del dialogo nel Mediterraneo, con lo scopo precipuo di rafforzare la cooperazione nel campo della difesa e dell'intelligence su basi di reciprocità.
Infine, il Governo non condivide l'ipotesi che si possa, in qualche modo, associare la presenza di forze alleate in Italia ad un coinvolgimento, anche indiretto, del nostro paese nel conflitto in Libano, per la cui la soluzione, peraltro, il Governo è fortemente impegnato. Si rammenta che il Governo italiano e l'Unione Europea, nel condannare fermamente l'azione terroristica dei gruppi radicali islamici, hanno invitato Israele a moderare la propria risposta. In particolare il ministro degli affari esteri ha riferito di avere espresso al ministro degli esteri israeliano le preoccupazioni per un'escalation della crisi, invitando il suo Governo ad una reazione moderata. Il Governo, sin dall'inizio, si è attivato attraverso i suoi contatti bilaterali con i principali attori della crisi, proponendosi fattivamente per favorire la ricerca di una soluzione positiva della vicenda.
È di tutta evidenza come il Governo, in sintonia con i principali partner, sia fermamente impegnato nella ricerca di risposte tempestive e coraggiose a tali crisi, attraverso la via del negoziato, perché ritenuta l'unica percorribile, affinché la pace in quell'area sia duratura.
Il Governo italiano, infatti, ha concorso attivamente, attraverso il Presidente del Consiglio che ha preso parte al recente vertice del G8 di San Pietroburgo, alla formulazione della dichiarazione sul Medio Oriente, che indica una possibile via d'uscita dall'attuale crisi.
In tale ottica, un segnale concreto di questi impegni è certamente rappresentato dallo svolgimento della Conferenza internazionale per il Libano, tenutasi ieri a Roma, in cui tutti i partecipanti hanno espresso la loro determinazione nel lavorare, con la massima urgenza, per la ricerca di una soluzione alla delicata e complessa vicenda relativa al Libano.
PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei chiarire che io non ho parlato di un coinvolgimento dell'Italia nella vicenda del Libano. L'ho chiarito molto precisamente, anzi, ho avuto parole di lode per l'azione del Governo nel tentativo di creare una via di uscita nella Conferenza internazionale, per gli impegni e per le dichiarazioni che sono state rese. Non è assolutamente in discussione questo aspetto.
Io ho messo in risalto - e lo faccio ancora - alcuni aspetti, perché ci sono degli elementi di ambiguità in ciò che il sottosegretario ha affermato. Spero solo che siano ambiguità di formulazione e di uso della lingua italiana. Tali elementi diPag. 100ambiguità mi spingono a chiarire il mio pensiero nuovamente.
Io ho parlato di un uso del territorio italiano e di una sua concessione per finalità e strategie che possono alimentare quella crisi e, quindi, di conseguenza, coinvolgere indirettamente il nostro paese nello sviluppo della crisi stessa.
Innanzitutto, voglio precisare un elemento relativo alla questione della sovranità nazionale. La concessione d'uso delle basi non rappresenta una extraterritorialità dal punto di vista materiale e giuridico, nel senso che quel territorio è sicuramente italiano. Ciò che viene esercitato in quel luogo, tuttavia, è direttamente ed unicamente sotto comando statunitense. Quindi, di conseguenza, possono essere condotte operazioni che sfuggono al controllo italiano.
C'è una grande zona d'ombra per quanto riguarda l'uso delle basi e per questo motivo credo ci sia un problema di sovranità nazionale, che viene in qualche modo alienata, o, comunque, viene sottratta al controllo democratico sia delle comunità e delle autorità locali, sia del Parlamento. Credo che, da questo punto di vista, la vicenda di Abu Omar costituisca un esempio sufficiente per far capire di cosa parlo.
A proposito delle preoccupazioni del sottosegretario relative alle notizie su ciò che contiene la base di Camp Darby, o altre basi, e al fatto che ciò sarebbe fonte di rischio, tali notizie sono note soprattutto grazie ai siti del Pentagono, che illustrano abbondantemente una serie di dislocazioni della propria forza militare e dei propri armamenti in giro per il mondo. Abbiamo saputo dai siti americani che a Ghedi e ad Aviano sono presenti ordigni nucleari.
Quindi, mi sembra che eventualmente dovremmo essere preoccupati per quanto riguarda la sicurezza dei paesi e delle regioni.
Nelle espressioni che lei, signor sottosegretario, ha usato sussistono elementi di non chiarezza. Lei ha affermato che non vi sono elementi di riscontro, ma il Ministero della difesa non deve avere elementi di riscontro. Proprio in considerazione del principio che lei ha evidenziato, per il quale dovremmo esercitare il diritto di sovranità nazionale su tutte le basi date in uso agli alleati e alla NATO, il Governo è tenuto a sapere e a dichiarare al Parlamento ciò di cui è a conoscenza.
Cosa significa che l'Esecutivo non dispone di elementi di riscontro? Può darsi che il Governo non ha elementi di riscontro e che lì succeda quanto riportato dal giornale il manifesto? Voglio sottolineare con forza quanto l'espressione da lei usata sia ambigua e come confermi, anziché allontanare, le mie preoccupazioni relativamente all'uso - e non al carattere giuridico - della base di Camp Darby.
So che anche la prefettura di Pisa ha dichiarato di non sapere nulla. In particolare, mancano i riscontri di una serie di affermazioni che lasciano un ampio margine di interpretazione negativa. Voglio segnalare che anche il ministro degli affari esteri britannico, Margaret Beckett, ha sollevato una protesta, in quanto gli Stati Uniti hanno usato l'aeroporto di Prestwick, nella Scozia dell'ovest, per trasportare in Israele queste bombe.
Evidentemente - sapendo quanto aiuto forniscano gli Stati Uniti ad Israele -, si tratta di linee di percorrenza offerte dai paesi alleati; in questo caso dalla Gran Bretagna, nel caso dei dubbi sollevati da il manifesto, dall'Italia.
Signor sottosegretario, gli elementi da lei forniti nella risposta non diradano del tutto i dubbi esistenti. Mi auguro che la sussistenza degli elementi di non riscontro di cui lei ha parlato significhi che il fatto non sussiste, anche se cercherò di comprendere se effettivamente le cose stanno in questo modo o se permangono elementi sui quali occorre insistere affinché un'eventualità di questo genere possa cessare.
Per quanto riguarda - e concludo, signor Presidente - la questione del Trattato tra l'Italia e Israele sulla cooperazione nel campo della difesa, vorrei sottolineare che la legge n. 94 del 2005 istituzionalizza la cooperazione tra i Ministeri della difesa e le Forze armate di Italia e Israele,Pag. 101prevedendo anche la cooperazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione di tecnologie militari tramite lo scambio di dati tecnici, informazioni e hardware e incoraggia le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiale di interesse comune. Tutto sotto il segreto militare.
Credo che ciò non faccia bene alla necessaria politica di collaborazione, di solidarietà e di simpatia che dobbiamo sviluppare con Israele, nell'ambito di una vocazione mediterranea su cui dobbiamo fare molta forza, sapendo che il lato militare è quello che meno si presta, nelle vicende del Mediterraneo orientale, a far sì che si sviluppino politiche di pace e di convivenza, di cui il nostro paese dovrebbe essere artefice e protagonista.