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Discussione congiunta dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005 (A.C. 1253); Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006 (A.C. 1254) (ore 11,33).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1253 e 1254)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia e dell'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Piro, ha facoltà di svolgere la relazione.
FRANCESCO PIRO, Relatore. Il disegno di legge di rendiconto per l'anno 2005 e di assestamento per l'anno 2006 approdano in aula con un leggero ritardo rispetto ai tempi canonici. Ciò è dovuto essenzialmente all'opzione portata avanti dalla Commissione bilancio e dal Governo per laPag. 2quale potesse essere presentato un emendamento al testo con cui il Governo procedesse all'adeguamento dell'articolazione del bilancio dello Stato conseguente alle rilevanti modifiche all'assetto dei Ministeri apportate dal decreto-legge n. 181.
La complessità del ridisegno ha tuttavia consigliato di spostare un po' più avanti l'appuntamento con l'adeguamento del bilancio. Non è stato tuttavia un tempo inutile, perché il leggero ritardo ha consentito che nell'assestamento venisse ricompreso il gettito dell'autotassazione e, con esso, una manovra più calibrata sulle entrate effettivamente registratesi.
L'esame dei disegni di legge di rendiconto e di assestamento, inoltre, prende l'avvio in Assemblea praticamente in concomitanza con la presentazione della manovra di finanza pubblica per il 2007, che sconta pesantemente - va subito ricordato - i pessimi risultati di finanza pubblica del 2005.
In Italia, nel 2005, la crescita del PIL in termini reali è risultata pressoché nulla rispetto all'1,1 per cento registrato nel 2004. La stagnazione dell'economia ha avuto una sensibile incidenza sui saldi di finanza pubblica. In particolare, l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è stato pari al 4,1 per cento del PIL, molto distante dal 2,7 per cento programmato.
Il valore dell'indebitamento netto è il risultato di un avanzo primario precipitato allo 0,4 per cento del PIL e di una spesa per interessi pari al 4,6 per cento del PIL. In confronto con il 2004, la riduzione dell'avanzo primario è stata pari a 0,9 punti percentuali rispetto al PIL.
Per quanto concerne i saldi relativi ai conti di cassa, il fabbisogno del settore statale al termine dell'esercizio 2005 è risultato pari, al netto delle regolazioni debitorie, a 59.633 milioni di euro. Il dato risulta superiore di circa 10 mila milioni di euro rispetto a quello 2004.
Il fabbisogno del settore pubblico nel 2005 è risultato pari a circa 72 mila milioni di euro, con un aumento di 15.500 milioni di euro rispetto all'esercizio precedente.
L'ammontare complessivo del debito pubblico nel 2005 è risultato pari al 106,4 per cento del PIL, in fortissima crescita, dunque, rispetto al 2004, in cui il rapporto debito pubblico-PIL era risultato pari al 103,9 per cento.
Sul deteriorarsi degli indicatori di finanza pubblica ha sicuramente pesato altresì l'assenza di una efficace politica governativa di sostegno all'economia e l'incapacità - come verificheremo fra poco - a varare adeguate e strutturali misure tese al contenimento della spesa corrente e ad una più robusta e qualificata spesa per investimenti.
L'esame del rendiconto in genere non suscita molta attenzione. È un'occasione perduta, perché il rendiconto fornisce una fotografia della situazione reale del bilancio dello Stato sicuramente più attendibile di quella del bilancio di previsione e perché in questo modo tenderebbe ad affermarsi quella buona prassi della verifica ex post che ancora stenta ad affermarsi nel nostro paese anche presso gli organi parlamentari.
Il vero problema, tuttavia, risiede nel fatto che la rilevanza del bilancio dello Stato va progressivamente attenuandosi, in quanto gli obiettivi di finanza pubblica, sulla base dei parametri europei, sono riferiti al conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, in cui peraltro sempre maggior peso assumono gli enti territoriali, in virtù dell'ampia autonomia loro riconosciuta.
Al riguardo, sarebbe opportuno prevedere un'innovazione che consentisse di considerare il quadro complessivo del conto della pubblica amministrazione all'interno dei documenti fondamentali di programmazione e bilancio. Tale situazione, tuttavia, non esime, anzi, dovrebbe costituire uno stimolo ad una riflessione sulla ricerca di una forma di esame dei documenti di bilancio che valorizzi l'apporto parlamentare. Più in generale, occorrerebbe disporre di strumenti che consentano un controllo sui flussi di spesa e di entrata, derivanti dai provvedimenti legislativi, almeno di quelli più rilevanti, quali un documento presentato dal GovernoPag. 3sull'andamento della spesa, analizzata sia in termini finanziari che sotto il profilo dell'impatto rilevato da indicatori materiali; un documento che effettui una verifica sull'attuazione dei programmi in questa sede o in sede di esame del Documento di programmazione economico-finanziaria.
Per quanto concerne il bilancio, devono essere considerati altresì altri fenomeni, quali lo spostamento di parte della spesa su canali paralleli, ad esempio sulla Cassa depositi e prestiti, nonché la presenza delle regolazioni debitorie e contabili e delle cosiddette eccedenze di spesa, in termini di scostamenti dalle previsioni di bilancio delle leggi di spesa, che indicano come non ci sia un adeguato sistema di quantificazione della spesa.
La gestione di competenza dell'esercizio finanziario del 2005 espone un disavanzo di 8 miliardi di euro. Essa non ha determinato un incremento del disavanzo primario del tesoro, per effetto soltanto della gestione dei residui, che registrano un aumento dei residui attivi e un decremento dei residui passivi. Per ciò che attiene ai saldi esposti al disegno di legge di rendiconto, nel 2005, anno in cui, come già detto, la crescita del PIL è risultata pressoché nulla, essi mostrano un peggioramento rilevante rispetto all'anno precedente. In particolare, il saldo netto da finanziare risulta pari, in termini di competenza, a circa 35 miliardi di euro ed evidenzia un peggioramento rispetto al 2004. Un peggioramento analogo, pari a circa 14 miliardi di euro, è registrato a saldo corrente, mentre più contenuto, ma senz'altro negativo, appare il risultato del saldo primario, con una cifra negativa di 4.348 milioni di euro.
L'indebitamento netto peggiora rispetto al 2004. Il risparmio pubblico risulta quasi azzerato in termini di competenza ed espone ad un deficit in termini di cassa di 16 miliardi di euro. Questi risultati negativi derivano essenzialmente da un massiccio aumento delle spese correnti, pari a 19,9 miliardi di euro, a fronte del quale vi sono stati peraltro una riduzione delle spese in conto capitale di 570 milioni di euro ed un aumento delle entrate finali di 5,3 miliardi di euro. Si evidenzia qui, oltre alla evidente smentita della asserita volontà di contenere la spesa corrente, la pericolosa tendenza a compensare gli scarsi risultati ottenuti con le attività di controllo, nonostante i ripetuti provvedimenti assunti anche in corso di esercizio, con la restrizione degli investimenti. Ciò determina effetti depressivi sulla congiuntura economica, ma anche ritardi nell'esecuzione delle opere pubbliche, oltre ad uno scivolamento di oneri sugli esercizi futuri, nel caso di rinvio di pagamenti.
Clamoroso è stato, ad esempio, il caso registrato quest'anno con i cantieri ANAS e delle Ferrovie che hanno rischiato di bloccarsi, situazione a cui l'attuale Governo ha dovuto porre rimedio.
Per quanto riguarda le spese correnti, i trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche hanno evidenziato aumenti significativi rispetto al 2004, con una cifra pari a 175,3 miliardi di euro. Un incremento di una certa rilevanza si rileva per le spese per redditi da lavoro dipendente e un aumento rispetto al 2004 è stato registrato anche per le spese per interessi passivi.
Il dato delle regolazioni contabili e debitorie risulta pari complessivamente, in termini di competenza, a circa 5 miliardi di euro. Le regolazioni incidono negativamente sulla conoscibilità degli andamenti di pertinenza dell'esercizio. Dovrebbero al riguardo essere accolte le sollecitazioni della Corte dei conti, che a più riprese ha richiesto di corredare l'esposizione delle regolazioni contabili e debitorie di dati che consentano un collegamento diretto con i relativi capitoli di entrata e di spesa, in modo tale da consentire l'individuazione delle cause di formazione delle regolazioni medesime.
I saldi del rendiconto che riportano un peggioramento rispetto al 2004 risultavano tuttavia migliori rispetto sia alle previsioni iniziali che a quelle definitive. In particolare, il saldo netto da finanziare registra un miglioramento rispetto alle previsioni iniziali e alle previsioni definitive; allo stesso modo, il saldo corrente registra unPag. 4valore positivo di 1,5 miliardi di euro, a fronte di una previsione iniziale negativa di 22,1 miliardi di euro, rivista in negativo al valore di 27 miliardi di euro nelle previsioni definitive.
Per quanto concerne le entrate finali, gli accertamenti risultano superiori alle previsioni iniziali per 22,4 miliardi di euro e alle previsioni definitive per 4,8 miliardi di euro. Riguardo alle spese finali, gli impegni risultano superiori rispetto alle previsioni iniziali, ma significativamente inferiori rispetto alle previsioni definitive.
L'entità del divario tra le previsioni e i risultati è notevole e dovrebbe indurre a riflettere sui criteri utilizzati per la costruzione del bilancio di previsione. Sarebbe auspicabile che, anziché ricorrere a misure generalizzate di riduzione di stanziamenti di bilancio, si potesse prestare la dovuta attenzione alla formulazione delle previsioni di bilancio, individuando in maniera selettiva, sulla base di una valutazione di congruità fra risorse stanziate ed obiettivi, le voci che possano essere oggetto di riduzione, conseguendo così un risultato positivo, non solo in termini di finanza pubblica, ma anche sul piano dell'efficienza dell'amministrazione.
Allo stesso tempo, dovrebbe essere valorizzato il controllo di gestione affidato alla Corte dei conti ed implementato il controllo di gestione interno; entrambi possono fornire dati e spunti di sicura rilevanza per il miglioramento dell'attività delle amministrazioni.
Il rendiconto offre inoltre elementi significativi in merito alla valutazione dell'attività amministrativa attraverso i dati relativi all'evoluzione dei residui. Il fenomeno dei residui si attesta ancora nel 2005 a livelli piuttosto elevati; in particolare, i residui attivi sono aumentati di 34,4 miliardi di euro; i residui passivi hanno registrato invece una lieve diminuzione, pari a 2,2 miliardi di euro.
Per i residui attivi, vanno evidenziati una descrizione non analitica del grado di esigibilità e uno scarto eccessivo tra il volume stesso dei residui e l'incasso dei crediti, che chiama in causa anche l'attività di riscossione e il nuovo regime, che si connota peraltro per essere con controlli affievoliti.
Il fenomeno dei residui passivi rimane tuttora di dimensioni eccessive. Tali residui, consistenti in 119,138 miliardi di euro, sono per il 44,7 per cento di nuova formazione e per il 75 per cento ascrivibili agli ultimi tre esercizi; con riguardo alla parte corrente, sono per il 70,3 per cento di nuova formazione e per il 98,8 per cento ascrivibili agli ultimi esercizi; per la parte in conto capitale sono per il 27,7 per cento di nuova formazione e per il 60,3 per cento degli ultimi tre anni; per il 74,4 per cento residui di stanziamento e per il 21,8 per cento residui in senso proprio.
Va segnalata al riguardo la mole dei residui di stanziamento, effetto di una modalità di produzione di provvedimenti di spesa a volte privi persino di destinazione certa. Mi chiedo se piuttosto che determinare trascinamenti onerosi su esercizi futuri non sarebbe preferibile agire mediante la rimodulazione degli stanziamenti negli anni.
Relativamente alla formulazione delle previsioni di bilancio, bisognerebbe evitare una logica di tipo inerziale o da bilancio incrementale. Senza ricorrere alla teoria del bilancio a base zero, rilevo che la precisione e la quantità degli stanziamenti dovrebbero essere in funzione anche del controllo di gestione, per incidere non solo sulla quantità, ma anche sulla qualità e sull'efficienza della spesa e, quindi, sulla congruità degli stanziamenti.
Per quanto concerne il conto del patrimonio, esso evidenzia un peggioramento di 15 miliardi di euro nel 2005 sul 2004. L'eccedenza complessiva è di 1.354 miliardi di euro, frutto di un aumento di attività per 67,5 miliardi e di passività per 82,7 miliardi di euro.
Le passività finanziarie ammontano a 1.953,5 miliardi di euro e sono molto vicine, ormai, alla storica e vertiginosa cifra di 2 mila miliardi di euro. Spiccano l'aumento dei debiti di Tesoreria, per 56 miliardi di euro, e la crescita dei buoni del tesoro pluriennali per 28 miliardi.Pag. 5
Passiamo adesso all'esame del disegno di legge per l'assestamento del bilancio dello Stato. Per quanto riguarda le entrate, i dati contenuti nel bilancio di assestamento, nel testo inizialmente presentato dal Governo, disponevano un aumento delle entrate tributarie in conseguenza delle revisioni delle stime di gettito, effettuate con la due diligence, pari a 2 miliardi di euro. Tali dati non tenevano conto, tuttavia, dei risultati dell'autotassazione.
Richiamo, al riguardo, la necessità di svolgere una seria riflessione sulla opportunità di prevedere un differimento dei tempi di presentazione del bilancio di assestamento, in modo da poter tener conto dell'effettivo andamento del gettito tributario, nell'ambito, peraltro, di un complessivo riesame delle procedure di decisione in materia di finanza pubblica.
Il documento di programmazione economico-finanziaria presentato nel luglio scorso teneva conto dei dati dell'autotassazione di giugno e rilevava l'esistenza di un consistente aumento del gettito. Il Governo ha inteso adeguarsi alle nuove previsioni del DPEF attraverso la presentazione di un emendamento, approvato nel corso dell'esame referente in sede di Commissione. Tale proposta emendativa ha preso atto, dunque, di un aumento delle entrate tributarie pari a circa 7,9 miliardi di euro al netto delle regolazioni contabili (pari a circa 2 miliardi), mentre le entrate extratributarie risultano diminuite di 3 miliardi di euro.
L'andamento così favorevole del gettito tributario rappresenta sicuramente un fatto molto positivo per i nostri conti pubblici. L'enorme differenza rispetto alle previsioni inizialmente effettuate dal precedente Governo è, peraltro, un dato che dovrebbe certamente far riflettere sulle metodologie adottate per la formulazione delle previsioni.
PRESIDENTE. La invito a concludere...
FRANCESCO PIRO, Relatore. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
Esso, tuttavia, fa giustizia anche delle improvvide attribuzioni di meriti che abbiamo ascoltato nelle scorse settimane. Infatti, un Governo che sa di avere azionato misure energiche, atte a stimolare l'incremento del gettito tributario, normalmente le rivendica e ne ottiene l'inserimento nelle previsioni, e normalmente non sbaglia tali previsioni in modo tanto vistoso!
Sul versante delle spese, il testo originario del disegno di legge in esame introduceva un aumento delle spese correnti primarie, per un importo pari a quasi 3,3 miliardi di euro. L'emendamento governativo approvato in sede di Commissione ha comportato, altresì, un aumento delle spese in conto capitale pari a 841 milioni di euro, nonché un incremento delle spese per interessi di 276 milioni, a fronte di una diminuzione di 179 milioni di euro delle spese correnti.
Concludo rilevando che lo scostamento, registrato in sede di rendiconto dell'esercizio finanziario 2005, tra le previsioni definitive ed i risultati di gestione induce, comunque, a considerare ancora con qualche prudenza i dati forniti dal bilancio di assestamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare il deputato Misiani. Ne ha facoltà.
ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'analisi del rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005, nonché delle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006, deve essere necessariamente inquadrata in un contesto più ampio, che tenga conto, da una parte, della valutazione della congiuntura economicaPag. 6dell'ultimo biennio e, dall'altra, dei risultati complessivi in materia di finanza pubblica.
Vorrei segnalare che sotto il profilo economico, come è noto, il 2005 ha fatto registrare una crescita del prodotto interno lordo italiano pari a zero; tutto ciò è avvenuto nell'ambito di un contesto caratterizzato, al contrario, da una crescita del 4,9 per cento a livello mondiale e dell'1,3 per cento nella cosiddetta zona euro.
Vorrei altresì ricordare che, nel 2006, l'economia mondiale ha mantenuto un ritmo di crescita sostenuto, pari al 5,1 per cento secondo i dati del Fondo monetario internazionale, mentre la zona euro ha migliorato la sua performance, crescendo, secondo le previsioni, del 2,4 per cento.
La crescita economica risulta accelerata anche in Italia, fino a toccare l'1,5 per cento secondo le stime del Fondo monetario internazionale, nonché quelle contenute nell'ultimo documento di programmazione economico-finanziaria (e forse la Nota di aggiornamento al DPEF che ci verrà presentata a breve prevede una crescita maggiore), rimanendo, tuttavia, molto distante dalla media della cosiddetta zona euro, per non parlare della crescita mondiale.
Nel complesso, insomma, è trascorso un biennio in cui il nostro paese ha registrato una crescita economica estremamente debole e ben al di sotto rispetto a quella dei nostri partner, con un ristagno della produttività totale dei fattori, una perdita rilevante di competitività ed una riduzione della nostra quota nel commercio mondiale.
Anche dal punto di vista della finanza pubblica, i numeri del biennio 2005-2006 sono indubbiamente molto negativi.
Nel 2005, la spesa corrente primaria ha toccato il 39,9 per cento del PIL. Il saldo primario si è azzerato allo 0,4 per cento (l'obiettivo iniziale era il 2,4 per cento). L'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è arrivato al 4,1 per cento e il rapporto debito-PIL, dopo parecchi anni, è tornato a crescere di 2,5 punti di prodotto interno lordo, a fronte di un obiettivo iniziale di riduzione dell'1,9 per cento.
Nel 2006 (faccio riferimento ai dati del DPEF, ma quelli della Nota di aggiornamento probabilmente sono peggiori), la spesa corrente primaria è ulteriormente salita in rapporto al prodotto interno lordo. L'avanzo primario è rimasto allo 0,5 per cento. L'indebitamento netto è al 4 per cento secondo il DPEF, ma le ultime notizie sono sicuramente peggiorative rispetto a questo livello e il rapporto debito-prodotto interno lordo ha registrato un ulteriore aumento.
Il ministro dell'economia ha evidenziato a più riprese - e a ragione - che i dati del biennio 2005-2006 sono peggiori di quelli del 1992, con l'eccezione rilevantissima - ma un'eccezione esogena - del livello degli interessi passivi sul prodotto interno lordo, che è sceso di molto, ma per fattori indipendenti dalle scelte di spesa delle amministrazioni pubbliche.
Nel quinquennio 2001-2006, il livello complessivo delle entrate è rimasto sostanzialmente stabile, anzi è lievemente aumentato. Il peso degli interessi passivi si è ridotto. Ciò che ha generato questa crisi dei saldi pubblici è indubbiamente la spesa corrente primaria, che è lievitata di circa tre punti di prodotto interno lordo, azzerando il saldo primario e peggiorando l'indebitamento netto.
Questi dati - sono dati del complesso delle amministrazioni pubbliche, che sono quelli rilevanti per i parametri europei - si commentano da soli. Mi dispiace che non sia presente alcun rappresentante del centrodestra, perché questa è innanzitutto l'eredità del loro Governo, di cinque anni di Governo del centrodestra. Capisco che siano risultati estremamente negativi, che faccia male sentirli ribadire, ma questi sono numeri inequivocabili sui quali, come ricordano tutti gli osservatori, ha inciso, peraltro, assai poco la debole congiuntura economica. Se depuriamo questi dati dal ciclo economico, i saldi strutturali sono, in ogni caso, negativi e, comunque, al di là di ogni parametro di corretta gestione dellaPag. 7finanza pubblica. Questo è il contesto di congiuntura e di finanza delle amministrazioni pubbliche.
In questo quadro, la discussione del rendiconto e dell'assestamento indubbiamente soffre una qualche perdita di significatività per una molteplicità di fattori.
Come ricordavo, i parametri europei sono legati al conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche e non ai saldi del bilancio dello Stato. Il peso degli enti territoriali cresce e crescerà ulteriormente, man mano che si attuerà un trasferimento di poteri e risorse agli enti territoriali (ci sono gli spostamenti di spesa sulla Cassa depositi e prestiti, le eccedenze di spesa e quant'altro), ma nonostante ciò ritengo - anche se evidentemente il centrodestra non è di questo parere - che la discussione di questi documenti sia di un certo significato politico, innanzitutto perché nel caso del rendiconto non parliamo di previsioni, ma di dati reali che si sono registrati e che ci permettono di fare un bilancio ragionato in rapporto agli obiettivi iniziali della finanziaria per il 2005. Anche i dati dell'assestamento sono di indubbio interesse, perché ci consentono di valutare l'andamento reale delle entrate della spesa pubblica nell'anno in corso.
L'analisi del rendiconto del 2005 in rapporto al rendiconto del 2004, anche in questo caso, è implacabile dal punto di vista dei numeri che, nero su bianco, sono contenuti nel disegno di legge. I dati di gestione di competenza ci dicono che il risparmio pubblico si azzera sostanzialmente passando da 15,2 a 1,5 miliardi di euro, che il saldo netto da finanziare si impenna da 21,2 a 35,2 miliardi di euro, che l'indebitamento netto è più che raddoppiato, aumentando da 15,3 a 33,1 miliardi di euro e che l'avanzo primario del bilancio dello Stato scende da 39,8 a 35,5 miliardi di euro; tutte tendenze confermate anche sul versante della gestione di cassa del bilancio dello Stato che, ancora una volta, registra un peggioramento del risparmio pubblico, un aumento importante del saldo netto da finanziare, quasi un raddoppio dell'indebitamento netto ed una certa riduzione dell'avanzo primario.
Sono cifre ancora una volta assolutamente univoche nel descrivere risultati disastrosi nella gestione del bilancio dello Stato. Concorre a questi numeri negativi un andamento delle entrate finali positivo nella gestione di competenza e lievemente negativo nella gestione di cassa, ma insufficiente, sia sul versante della competenza sia sul versante della cassa, a controbilanciare la crescita elevata della spesa finale: 19,3 miliardi in più sulla competenza e 11,5 miliardi in più sulla cassa. Questa importante crescita della spesa pubblica ha un nome e un cognome: si chiama spesa corrente primaria (14,9 miliardi su 19,3 sulla competenza, 9 miliardi su 11,5 di aumento complessivo sul versante della cassa).
Vi è un ulteriore dato non positivo in questo quadro già poco felice, che è rappresentato dalla stagnazione, anzi dalla lieve riduzione delle spese in conto capitale, che si riducono sia sulla competenza sia sulla cassa, con buona pace dei magniloquenti programmi di investimenti nelle opere pubbliche, nelle infrastrutture strategiche, di cui il precedente Governo si è riempito la bocca anno dopo anno.
I problemi maggiori, dunque, sono sul versante dell'incapacità di chi ha governato questo paese nel controllo della dinamica della spesa. Ritengo sia molto interessante, da questo punto di vista, richiamare le osservazioni della Corte dei conti. I magistrati contabili evidenziano una conclusione piuttosto chiara nell'analisi complessiva della dinamica della spesa pubblica. Cito testualmente: «Non sembra che la reiterazione di misure di contenimento della spesa discrezionale del bilancio dello Stato, non accompagnata da interventi di correzione strutturale della normativa che sorregge le aree più critiche, possa garantire il conseguimento dell'obiettivo di un duraturo rallentamento della spesa». Noi, nel 2005 e nel 2006, abbiamo visto misure discrezionali di contenimento della spesa pubblica che sono arrivate a lasciare senza soldi l'ANAS e la RFI, con il rischio di chiusura dei cantieriPag. 8delle infrastrutture, ma non abbiamo assistito ad interventi strutturali di contenimento della spesa pubblica, esattamente quelli necessari per arrestare, nel medio-lungo periodo, questo trend incontrollato di crescita della spesa primaria corrente e, in generale, della spesa pubblica.
La Corte dei conti individua quattro settori cruciali nello sforzo, necessario, di controllare la spesa pubblica. Il primo è il pubblico impiego, l'assetto organizzativo dello Stato e delle pubbliche amministrazioni. Vi è il tema della maggior incidenza rispetto al passato della contrattazione collettiva integrativa e quello di una migliore organizzazione dell'attività delle amministrazioni pubbliche.
Il secondo grande campo in cui è necessario agire è il patto di stabilità interno: nel 2005 la Corte dei conti evidenzia una contraddizione perché abbiamo le regioni, le province e i comuni che, nella grande maggioranza dei casi, rispettano il patto di stabilità interno che, per il 2005, si sostanziava nella golden rule del 2 per cento di aumento della spesa pubblica e in una serie di altri interventi. Peccato che, come evidenzia la Corte, per le regioni il novero delle spese interessate dal patto di stabilità interno sia molto limitato (14 per cento della spesa complessiva), mentre la parte non interessata dal patto di stabilità, quella sanitaria, ha avuto la crescita che sappiamo.
Peccato, altresì, che i comuni, in particolare, abbiano rispettato il patto di stabilità, ma attraverso operazioni non legate - come doveva essere - ad una riduzione strutturale della spesa pubblica. I comuni piccoli hanno ridotto seccamente gli investimenti - una notizia non positiva per i cittadini -, mentre i comuni grandi hanno operato azioni di esternalizzazione di pezzi delle attività di quelle amministrazioni che hanno, sì, ridotto la dimensione del bilancio direttamente gestito dalle amministrazioni comunali, ma non sono certo assimilabili a riduzioni strutturali della spesa pubblica.
Il terzo ambito individuato dalla Corte è la spesa sanitaria, e qui il tema è il controllo della domanda e l'analisi dell'appropriatezza o meno delle prestazioni.
Il quarto punto, assai delicato, è la finanza previdenziale. Il giudizio della Corte ci deve far riflettere, poiché si afferma che la sostenibilità macroeconomica nel medio-lungo periodo del livello della spesa previdenziale è un tema tutt'altro che risolto.
Non è un caso che proprio questi stessi settori siano quelli individuati dal Documento di programmazione economico-finanziaria come obiettivi di razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica. Sono proprio questi gli ambiti di spesa della pubblica amministrazione su cui saremo chiamati a valutare la qualità della legge finanziaria per il 2007 sotto il profilo del contenimento della dinamica della spesa pubblica.
Vengo, rapidamente, all'assestamento del 2006. Il Governo, in Commissione bilancio, ha presentato opportunamente un emendamento che registra alcune positive novità. La più importante è il buon andamento delle entrate tributarie rispetto alle previsioni iniziali: vi sono 9,9 miliardi in più rispetto alle previsioni iniziali per il 2006. Ma se allarghiamo l'analisi dei dati dell'assestamento all'insieme dei saldi e li rapportiamo al rendiconto del 2005, ancora una volta le notizie non sono confortanti. Il risparmio pubblico - che era pari a 8,4 miliardi di euro nel rendiconto del 2005 - rispetto ai dati dell'assestamento (pur migliori di quelli iniziali) diventa negativo per 3,1 miliardi di euro. Il saldo netto da finanziare, che era di 30,2 miliardi di euro nel 2005, peggiora a 34,5 miliardi di euro assestati. L'avanzo primario si riduce da 40,5 miliardi di euro a 37,4 miliardi assestati nel 2006, al netto delle regolazioni contabili e debitorie. Questa è la gestione di competenza. Ma un ragionamento analogo si può evincere anche dall'analisi dei dati di cassa.
Abbiamo ricordato il buon andamento delle entrate tributarie nel 2006 rispetto alle previsioni, indubbiamente attribuibile - come è stato già detto in Commissione - all'azione del precedente Governo. Però, una parte importante di questePag. 9maggiori entrate non ha natura strutturale e ciò non ci semplifica la vita per l'immediato futuro: tutt'altro! Inoltre, permane (questo è un dato negativo che va nuovamente sottolineato) una dinamica non favorevole della spesa pubblica. Il nodo della spesa pubblica rimane importante e significativo, anche alla luce dell'analisi dei dati dell'assestamento del 2006. Questi sono gli elementi fondamentali di cui tener conto.
Non mi soffermo sull'analisi dei residui e del conto del patrimonio: lo ha fatto, meglio di me, il relatore. A mio giudizio, questi sono alcuni elementi che devono essere posti all'attenzione del dibattito. Nell'insieme ci descrivono un'eredità fortemente negativa (saluto il collega Giudice, dell'allora maggioranza di centrodestra, sopraggiunto in aula), che pesa e peserà sulle scelte di politica economica che il Governo ha assunto e che il Parlamento si appresta a discutere nelle prossime settimane.
Al disegno di legge finanziaria per il 2007 e ai documenti collegati spetterà affrontare una sfida estremamente ambiziosa, ma decisiva per il nostro paese: coniugare un rinnovato sviluppo del paese, rimettere in moto la nostra economia, rafforzare l'equità sociale e la coesione della nostra comunità, associando questi aspetti con il necessario obiettivo del rigore nei conti pubblici.
Nel 2006 l'Italia, per il quarto anno consecutivo, sforerà i parametri stabiliti dal Trattato di Maastricht. Ma al di là dei nostri impegni europei, l'obiettivo del rigore nei conti pubblici è un tema prioritario per il nostro paese, per il futuro delle generazioni, per la necessità di rimettere in moto la nostra economia. Queste sono sfide che dobbiamo attrezzarci ad affrontare, a partire dalla discussione della legge finanziaria nelle prossime settimane (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.
La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 15,05.