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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria (A.C. 1750).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.
Ricordo che nella seduta del 20 ottobre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 1750)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1750 sezione 2), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 1750 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 1750 sezione 4).
Avverto, altresì, che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto, inoltre, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere
(Vedi l'allegato A - A.C. 1750 sezione 1).
Ricordo che, a norma dell'articolo 123-bis, comma 3-bis, ultimo periodo, del regolamento, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi dichiarati inammissibili dalle Commissioni riunite non possono essere ripresentati in Assemblea e, ove ripresentati, non sono pubblicati.
Inoltre, non sono pubblicati, in quanto non ricevibili: gli emendamenti già presentati presso le Commissioni riunite, ma in quella sede ritirati; i nuovi emendamenti, non previamente presentati presso le Commissioni riunite, riferiti a parti del testo non modificate dalle Commissioni stesse.
Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, a norma dell'articoloPag. 2123-bis del regolamento, in quanto recano nuovi o maggiori oneri finanziari privi di idonea quantificazione e copertura, le seguenti proposte emendative riferite a parti del testo modificate dalle Commissioni riunite: gli emendamenti Bertolini 6.18 e Fugatti 6.20, che sopprimono l'articolo 6, in materia di imposte di successione e donazione, senza prevedere alcuna forma di compensazione; l'emendamento Servodio 6.13, che amplia fino alla parentela di terzo grado l'esenzione dall'imposta di successione per i cespiti costituenti azienda agricola; l'emendamento Mantini 47.1, che modifica parzialmente la copertura prevista dall'articolo 47-bis in materia di superalcolici introducendo una copertura in materia di prelievo sul gioco del lotto a cui non sono ascrivibili corrispondenti effetti finanziari.
La Presidenza si riserva di comunicare ulteriori inammissibilità nel prosieguo della seduta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, i primi cento giorni di discussione di questa manovra hanno dimostrato un vero e proprio dilettantismo, da parte della maggioranza. Questa maggioranza, con questo decreto, partendo dal documento programmatico, ha creato una sorta di schizofrenia legislativa, una vera Babele normativa. È stato disorientato il mercato, sono stati disorientati i cittadini e, probabilmente, è stata disorientata la stessa maggioranza. È recente la notizia secondo cui un autorevole esponente di questa maggioranza, l'onorevole Castagnetti, ha detto che, probabilmente, la manovra poteva essere di 25 miliardi e non di 40. Noi ci siamo trovati di fronte a numeri che hanno oscillato da 33,9 miliardi a 34,7 miliardi, fino agli attuali 40 miliardi, considerati gli effetti della sentenza sulla non detraibilità dell'IVA. Noi, fin dall'inizio, avevamo detto che erano sufficienti 15 miliardi per riportare il rapporto deficit/PIL negli standard comunitari. Oggi, ci sentiamo dire da questa stessa maggioranza che forse si era sbagliata e che era sufficiente, forse, una manovra di 25 miliardi. Se questa non è schizofrenia, se questo non è dilettantismo, non riesco a trovare altri termini.
Lo stesso Presidente della Repubblica è stato costretto a convocare il Presidente del Consiglio e il ministro dell'economia per chiedergli se la manovra attualmente in discussione somigli, anche solo vagamente, a quella che è stata da lui sottoscritta.
Quindi, parlare oggi sul complesso degli emendamenti è quanto mai difficile, perché sappiamo tutti che questo decreto è ancora in corso di riscrittura e che è stato cambiato, in modo brutale, sin dall'inizio.
Infatti, nel decreto-legge in esame sono stati introdotti alcuni elementi, poi eliminati senza neppure essere discussi; il testo è stato ulteriormente modificato, a seguito delle proteste della Casa delle libertà, e probabilmente ci troveremo a doverlo rivedere ancora in una versione definitiva differente rispetto a quella discussa nelle Commissioni.
Facciamo alcuni esempi: avevate introdotto nel decreto-legge il divieto di vendita di alcolici e superalcolici ai minorenni, divieto che è stato poi eliminato; avevate previsto un sistema di imposte di registro sugli immobili che, grazie all'intervento nelle Commissioni (che ha smascherato il fatto che si trattasse di una formula per introdurre l'imposta di successione), è stato ancora modificato. A tale proposito, l'articolo 6 è stato modificato, anche se in un senso che non ci soddisfa, perché temiamo che, indipendentemente dagli esoneri, la tassa di successione torni ad essere reintrodotta con tale decreto-legge, disattendendo oltretutto anche le promesse elettorali. Ricordiamo il ministro Rutelli quando affermava che mai e poi mai sarebbe stata reintrodotta tale tassa, che per noi è assolutamente anacronistica e iniqua, che va a tassare redditi già tassati e che soprattutto, indipendentemente dal fatto che colpisce gli immobili, colpisce anche il cardine della nostra economia, cioè l'impresa familiare. Riteniamo che sia una beffa parlare prima di sostegno aiPag. 3giovani, alle imprese, ai giovani imprenditori per poi costringere il giovane imprenditore a pagare una tassa su un'impresa che lui stesso ha contribuito a costruire durante la vita del padre.
Tale modifica legislativa, passata al vaglio e modificata almeno quattro o cinque volte, e che ancora non ci trova soddisfatti, è soltanto un esempio di quello che abbiamo vissuto in queste ultime giornate, cioè una assoluta incertezza, che non è stata percepita soltanto da noi, colleghi, o dai cittadini, ma anche dai mercati; tale incertezza è quello che porta agenzie come Standard & Poor's a dirci che la manovra nel suo complesso rende l'Italia un paese non credibile, sicuramente in futuro meno solvibile, e a cui verranno richiesti maggiori interessi quando si tratterà di emettere bond, perché si dice che si stanno tradendo le promesse fatte nel Documento di programmazione economico-finanziaria, di fatto reintroducendo un indebitamento mascherato mediante il congelamento del trattamento di fine rapporto. Tutte queste sono cose che andremo a «pagare» nei prossimi giorni, quando verificheremo che, a causa di tale comportamento schizofrenico, l'investimento di capitali esteri nel nostro paese sarà sicuramente diminuito.
E mi vengono anche dei dubbi. Di fronte a quelle critiche, mosse dal mercato e dagli operatori, non vorrei che ci vedessimo costretti - come leggo che i nostri ministri hanno detto in questi giorni: attenzione, perché noi intendevamo fare soltanto una legge di bilancio e poi adotteremo provvedimenti ordinamentali e in seguito le liberalizzazioni - a fare una manovra correttiva in primavera! Considerato che avevamo sentito parlare il ministro dell'economia di una nuova dottrina delle liberalizzazioni, visto che di liberalizzazioni nel testo in esame non ne abbiamo viste e che oggi ci viene detto che delle liberalizzazioni se ne parlerà successivamente poiché se ne dovrà parlare in modo serio (come se la discussione della legge finanziaria non fosse una sede seria), non vorrei che ci trovassimo di fronte ad una manovra diversa, magari - lo ripeto - verso la prossima primavera.
Riguardo al complesso degli emendamenti da noi presentati, vorrei dire che essi sono stati fortemente critici, orientati alla soppressione (un esempio è riferibile all'articolo 6): qualcosa si è riusciti ad ottenere, anche se non è tutto quello che avremmo voluto. Abbiamo insistito anche a proposito della eliminazione di norme assurde ed inique, come ad esempio quelle che vanno a colpire gli italiani che operano all'estero, imponendo loro pagamenti di tasse che li renderanno meno concorrenziali rispetto ai loro concorrenti stranieri. Abbiamo insistito su una diminuzione generale della pressione fiscale che, comunque, proviene da molte norme inserite in questo decreto. Abbiamo insistito e insisteremo per la soppressione di misure ridicole, quale l'aumento del 10 per cento delle sanzioni pecuniarie per le dichiarazioni infedeli. Non si capisce perché si debba sanzionare il cittadino laddove non è in grado di orientarsi in questa burocrazia assolutamente incomprensibile in riferimento alla dichiarazione dei redditi e non si persegua, invece, lo Stato quando sbaglia nei confronti del cittadino. Abbiamo, quindi, in generale, mosso delle osservazioni di natura soppressiva.
Abbiamo anche contestato la manovra nel complesso. Se, infatti, la giustificazione di questa pressione fiscale aumentata di due punti percentuali - è ciò che è accaduto - sta nella volontà di una redistribuzione fiscale, così come ci è stato spiegato dalla maggioranza, dimostratelo!
Al riguardo, vi sono state discussioni in Commissione, ma ciò che poi si evince, in realtà, è che, a seguito dell'applicazione del decreto e della finanziaria nel suo complesso, si avrà un gettito di 900 milioni di IRPEF in più: non capiamo dove stia la redistribuzione fiscale! Troviamo, anzi, che ciò sia la chiara dimostrazione del fatto che siamo di fronte ad un mero inasprimento delle tasse. Abbiamo fatto delle simulazioni sugli effetti di questo decreto sulle società, indipendentementePag. 4dalla tassazione del trasferimento societario, e abbiamo verificato che nelle società di capitali con un reddito medio annuale di 100 mila euro, con sei dipendenti (quindi, con un pagamento di stipendi pari a circa 220 mila euro), tra tutte le tasse introdotte in questo decreto e tutti gli inasprimenti previsti nella finanziaria, di fatto, un socio al cento per cento non potrà avere un utile superiore a ventimila euro. Attenzione: parliamo di persone che se poi vogliono garantirsi un trattamento sanitario adeguato, se vogliono garantire ai figli delle integrazioni di natura culturale o scolastica, devono pagare tutto da sole. Quindi, parliamo, in sostanza, di privare il cittadino della liquidità utile e assolutamente necessaria per condurre una vita dignitosa.
D'altro canto, in questo decreto abbiamo visto norme di natura prettamente fiscale e non economica: manca totalmente la visione economica. Non si parla di liberalizzazioni.
In questo decreto, ci sono due articoli relativi alle Poste e alle Ferrovie dove, effettivamente, vi è un timido accenno alla dismissione di immobili, senza poi, peraltro, spiegare come questa verrà realizzata né come il frutto o i proventi di tali dismissioni verranno utilizzati. A nostro avviso, sarebbe servito un atto di coraggio da questo punto di vista.
Inoltre, non c'è una norma specifica dedicata soltanto allo sviluppo. Questo è un decreto omnibus, che non riusciamo a collegare alla manovra finanziaria, semplicemente di natura puramente fiscale e di inasprimento di tasse, che dovrebbe essere collegato ad un progetto di sviluppo che non vediamo: questo è un decreto che appare più semplicemente come un insieme di norme volte a sparare nel mucchio, a tassare dove si può, a fare cassa sulle disponibilità dei cittadini.
La mancanza di liberalizzazioni, di indicazioni per la liberazione di risorse per lo sviluppo economico ci porta ritenere quanto già detto. Riteniamo, insomma, che sarebbe servita una manovra economica in grado prima di liberare le risorse per poi, eventualmente, intervenire su queste ultime con una tassazione. Non si può intervenire aprioristicamente tassando quando le risorse non sono liberate. Ciò determinerà sicuramente una paralisi del mercato.
Ci è stato detto che, di fatto, questo decreto, associato alla manovra finanziaria, non soltanto sosterrà lo sviluppo ma, in qualche modo, creerà una più equa allocazione di risorse anche sul territorio. In realtà, è facilmente dimostrabile che questo decreto, da una parte, tassa il cittadino e, dall'altra, sottrae risorse al territorio, salvo poi porre quelle condizioni per un successivo inasprimento delle tasse nei confronti del cittadino.
Mi riferisco all'addizionale IRPEF, all'ICI e alle misure che, a nostro avviso, i comuni e le regioni saranno costretti a porre in essere. Anche per questo, abbiamo presentato, e presenteremo, alcuni emendamenti. Sia in questo decreto-legge, sia nella vera e propria manovra finanziaria, mancano fondi per la modernizzazione del paese e per le infrastrutture, e sono state tagliate completamente le spese per la ricerca. Ed anche da parte del vostro ministro abbiamo ascoltato le critiche in tal senso, perché centocinquanta milioni sono stati sottratti alla ricerca. Già abbiamo detto delle sanzioni per l'infedeltà nella dichiarazione dei redditi da parte del cittadino. Inoltre, sono state introdotte misure che tendono a inasprire i contributi che dovranno essere versati da parte degli apprendisti. Ci auguriamo che queste norme, anche grazie alla nostra opposizione, siano modificate. Insomma, mi trovo in difficoltà a parlare sul complesso degli emendamenti ad un testo i cui subemendamenti stiamo ancora discutendo, che ancora non sappiamo come sarà definito e del quale ancora non disponiamo in modo completo.
Sulla base di questo testo, sono state effettuate facili mistificazioni. Ho sentito dire, in questi giorni, che finalmente sarà riportata l'equità nella società e che i gioiellieri sono tutti ricchi. Questo mi fa sorridere: non si tratta soltanto di dilettantismo ma mi sembra che in questaPag. 5affermazione ci sia anche una certa estraneità rispetto al mercato. È chiaro, infatti, che il gioielliere è un commerciante come gli altri e non è ricco solo perché il valore del prodotto che commercializza è importante. Il problema è il ricarico e non il valore del bene in sé considerato. È come se si affermasse che i benzinai sono miliardari perché commercializzano petrolio.
A me sembra che questa manovra sia priva di visione e che penalizzi in modo netto alcune classi la cui unica colpa, di fatto, è quella di essere state vicine al nostro schieramento politico. Tra l'altro, non reca beneficio alle classi meno abbienti perché - torno a ripetere - la pressione fiscale aumenta per tutti del 2 per cento e perché l'eventuale aumento dell'ICI da parte degli enti locali vi sarà per tutti, dato che l'80 per cento degli italiani è proprietario di una casa. Anche la tassa di successione sull'impresa familiare riguarderà quasi tutti, poiché il 90,7 per cento delle imprese, in Italia, è di questa natura.
Concludo, insistendo sulla necessità di sopprimere norme che sono non soltanto inique, ma anche irrazionali. Non capiamo, infatti, quale beneficio possano apportare al paese dato che non ridistribuiscono risorse, non ristabiliscono equità fiscale, non creano sviluppo, non liberano risorse e, probabilmente, le tolgono al mercato per ridarle alla politica. Noi crediamo che questo sia anacronistico poiché il trend mondiale è esattamente in senso contrario, cioè nel senso di togliere denaro alla politica per ridarlo al mercato, di tassare il meno possibile i cittadini per consentire la circolazione di liquidità e di ripristinare rapporti di fedeltà con i contribuenti, tassando meno, ampliando lo spettro della detrazione e, senza dubbio, non aumentando le tasse (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berruti. Ne ha facoltà.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Signor Presidente, già nel decreto-legge noto come Visco-Bersani furono introdotte misure di non poco conto che, in qualche maniera, sono rinforzate da questo nuovo provvedimento. Come è a tutti noto, è stato reintrodotto l'obbligo di presentazione degli elenchi dei clienti e dei fornitori. Tale obbligo, è bene ricordarlo, era stato precedentemente soppresso, con tanto di consenso dell'amministrazione finanziaria, perché fu ritenuto, allora, di dubbia utilità. È stata attuata l'anagrafe dei conti bancari, sono stati inaspriti gli obblighi contabili a carico dei professionisti, sono stati introdotti nuovi adempimenti in occasione della compravendita degli immobili - come tutti sanno - e sono stati assegnati nuovi poteri alle agenzie delle entrate ed agli agenti della riscossione. Inoltre, sono state richieste specifiche segnalazioni a carico delle società di assicurazione e dei calciatori professionisti.
Sono state anticipate la date per la presentazione della dichiarazione dei redditi e condizionate ad accertamenti le attribuzioni dei numeri di partita IVA. Infine, sono stati telematizzati obbligatoriamente i pagamenti delle imposte.
Come se ciò non bastasse, arriva un nuovo decreto in nome della lotta all'evasione. Tale lotta non può che trovare consensi anche da questa parte politica, a condizione, però, che si sappia come si intende condurla e che il fine non giustifichi altri e non sempre chiari intendimenti, cosa che - se permettete - purtroppo ci viene in mente nel vedere il metodo punitivo e quasi vendicativo di questo provvedimento. Il problema, comunque, astenendoci da ogni possibilità di retropensiero, va affrontato in termini di efficienza, di efficacia e di economicità tenendo presente, da una parte, il principio costituzionale del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione pubblica e, dall'altra, gli oneri scaricati sui contribuenti.
Tra gli emendamenti presentati al decreto-legge in esame vi sono nuove procedure per la trasmissione telematica di dati relativi a prodotti soggetti ad accise; ulteriore acquisizione di contratti di prestazioniPag. 6professionali degli atleti professionisti e dei pagamenti effettuati dalle assicurazioni a titolo di risarcimento di danni; accollo integrale a carico dei contribuenti degli oneri di riscossione; estensione dei poteri tipici della polizia tributaria agli agenti della riscossione; obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni e delle società a prevalente partecipazione pubblica di non effettuare pagamenti nei confronti di soggetti che abbiano carichi tributari. Altri oneri si trovano, poi, nel disegno di legge finanziaria che ci apprestiamo a valutare. A titolo di esempio, vorrei citare alcune acquisizioni di dati e documenti e l'attribuzione di funzioni di sostituto d'imposta ai condomini, tanto per rendere loro la vita più facile visto che dovranno occuparsi di una contabilità ben più importante di quella che fino ad oggi avevano dovuto mantenere.
Veniamo agli emendamenti presentati dal Governo e dal relatore, su richiesta del Governo, al provvedimento in esame. All'articolo 1, il Governo propone l'abrogazione del comma 7. Si tratta dell'abrogazione dell'acquisizione di tutti i contratti di una categoria di contribuenti. Credo non si possa assolutamente ammettere che una legge metta una categoria alla gogna e che vengano violate le libertà fondamentali alla base dell'attività economica, a prescindere dall'esistenza di gravi elementi di sospetto che possono sicuramente essere giustificati, ma solo per singoli contribuenti e non certo per masse di contribuenti. Con un altro emendamento del Governo si propone l'abrogazione del comma 8 dell'articolo 1, con riferimento all'applicazione delle sanzioni accessorie che impediscono l'attività nei confronti dei soggetti che hanno l'obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale. Tali sanzioni verrebbero ora applicate anche in presenza di una singola violazione, mentre con la precedente normativa ne occorrevano almeno tre. È bene ricordare che sanzioni contro la prosecuzione dell'attività economica incidono anche sull'occupazione, e gli inasprimenti, quindi, appaiono sicuramente inopportuni. Con un altro emendamento del Governo, riferito all'articolo 1, si propone l'abrogazione dei commi 14, 15, 16, 17, 18 e 19. I commi di cui si propone l'abrogazione riguardano il presunto rafforzamento dei poteri di accertamento ma, soprattutto, il reperimento di risorse finanziarie per il pagamento dei premi di consulenze anche in funzione della riforma dell'amministrazione finanziaria.
Poiché le disposizioni per incidere sull'accertamento e sulla nuova organizzazione sono disseminate nei vari provvedimenti (il cosiddetto decreto Visco-Bersani, il disegno di legge finanziaria e il decreto-legge in esame), è necessario che tutte le norme abrogate siano riproposte in un apposito disegno di legge delega, allorché sarà chiarito il disegno generale del Governo, che oggi è del tutto confuso.
Con un altro emendamento del Governo, riferito all'articolo 2, si chiede l'abrogazione del comma 3. Con questa norma si propone di abrogare a carico dei contribuenti gli oneri di riscossione. L'attività di riscossione coattiva, attraverso i complessi meccanismi del ruolo e delle procedure relative, risponde ad un'esigenza della pubblica amministrazione, che non può essere ribaltata a carico del contribuente, per giunta sulla base di tariffe che sono state autonomamente determinate.
Ancora, con un altro emendamento del Governo si propone l'abrogazione del comma 7 dell'articolo 2. Con questa norma si tende ad estendere agli agenti della riscossione gli stessi poteri dati alla polizia tributaria, in base alla considerazione che, ormai, tutta la riscossione è in mano pubblica, dato che Riscossione Spa è al 100 per cento di proprietà dello Stato. Ora, la giustificazione è assolutamente inammissibile, non solo perché i poteri di indagine non possono essere trasferiti a tutte le fasi dell'azione amministrativa, per il principio della salvaguardia delle libertà individuali, ma anche perché una società per azioni non è pubblica amministrazione e, quindi, i suoi dipendenti non possono offrire le garanzie che, solitamente, provengono dai più rigorosi criteri di selezione.Pag. 7
Inoltre, sempre con un emendamento del relatore riferito all'articolo 2, si chiede l'abrogazione del comma 8. Con la norma di cui si chiede l'abrogazione si intende legittimare l'inadempimento della pubblica amministrazione e delle società a prevalente capitale pubblico nei confronti dei contribuenti che non sono in regola con i pagamenti delle imposte. Anche questa - come si capisce benissimo - è una norma che influisce sulla vita delle imprese ed appare fortemente irrazionale, perché in molti casi il mancato pagamento delle imposte dipende proprio dai ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni.
Ancora, con riguardo all'articolo 2, si propone l'abrogazione dei commi 15 e 16, sempre da parte del Governo. La norma di cui si propone l'abrogazione tende a portare nell'ambito della riscossione dei tributi anche i contributi sindacali. All'articolo 5, comma 7, sono inserite le seguenti: è pari al maggior gettito derivante agli stessi comuni dalle addizionali comunali per effetto delle nuove aliquote applicabili a decorrere dall'anno 2007.
Si tratta di modificare una norma che incentiverebbe i comuni ad inasprire a livelli inauditi la loro (permettetemi di dire) voracità. In sostanza, con le nuove disposizioni sull'accatastamento dei porti, degli aeroporti e delle stazioni ferroviarie, i comuni, che prima non potevano accedere con l'ICI a tali aree (lo leggiamo per la prima volta nel testo di una legge finanziaria), potranno farlo, godendo di fortissimi aumenti.
Poiché nella legge finanziaria non sono previsti sostanziali aumenti delle addizionali comunali, per evitare che i contribuenti dei comuni interessati dalla riforma del catasto siano colpiti in maniera troppo grave, riteniamo che sarebbe opportuno, almeno, introdurre una modifica che disincentivi il comune ad esercitare pressioni eccessive. Non avete voluto mettere un tetto all'imposizione che può essere disposta dai sindaci. Sono quegli stessi sindaci dell'Unione che sono scesi in piazza per lamentarsi, dolendosi di quanto fosse stato loro tolto, non hanno però detto che, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, potranno accedere, applicando l'ICI, ad aree aeroportuali, a porti ed a stazioni ferroviarie, traendone un grandissimo beneficio.
Infine, si chiede, sempre da parte del Governo, l'abrogazione dell'articolo 6. Bene, si chiede l'abrogazione di un articolo e si tende quindi a mantenere in vita l'attuale regime delle donazioni e successioni? Si chiede l'abrogazione dell'attuale regime delle donazioni e successioni e, quindi, tra l'altro, la circolazione delle aziende all'interno delle famiglie senza oneri fiscali. L'abrogazione, quindi, risponde ad esigenze di carattere sociale, per non indebolire l'apparato produttivo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, colleghi, ci troviamo ad esaminare il complesso degli emendamenti, una fase indispensabile per migliorare il testo. Per dare maggior valore alle richieste di modifica presentate dagli esponenti dell'opposizione, sia nelle Commissioni sia, qui, in Assemblea, è utile ed opportuno fare un riassunto di quanto avvenuto nelle Commissioni di merito.
Il provvedimento è stato assegnato alle Commissioni riunite V e VI, a conferma del fatto che conteneva, e contiene tuttora, troppe questioni che devono essere ancora risolte. È sufficiente pensare al controsenso presente nel provvedimento. Da una parte, si affrontano le questioni, specialmente per quanto riguarda il settore delle entrate, e dall'altra si rinvia a provvedimenti successivi. La prima richiesta di modifica che ritengo debba essere accolto dal Governo è togliere dal provvedimento quelle norme che non hanno un effetto immediato. Il decreto-legge nasce con urgenza e questa è la base su cui si è costruita la manovra finanziaria.
Un altro elemento utile per dare maggior valore alle richieste di modifica è il fatto che i novanta parlamentari dellePag. 8Commissioni riunite (non è stata utilizzata solo una Commissione per esaminare il provvedimento) hanno avuto a disposizione soltanto otto giorni per valutare le questioni poste. Se consideriamo anche i pareri forniti dalle Commissioni in sede consultiva, è evidente che sia opinione diffusa la necessità di accogliere alcune modifiche. Ad esempio, le Commissioni I, X, XI e XIII hanno fornito un parere con osservazioni e le Commissioni VII, VIII, IX e XIV hanno dato un parere con condizioni. Non parlo, poi, delle audizioni effettuate in questi giorni.
Se le Commissioni riunite hanno svolto un lavoro intenso (su ciò dobbiamo essere d'accordo tutti), la fase attuale è l'occasione buona per recuperare alcune questioni, senza essere troppo generici (ho ascoltato diversi interventi e, sulla stampa, ho letto articoli con riflessioni troppo generiche), né è utile scendere troppo nel dettaglio.
Quando valuteremo emendamento per emendamento, sarà più interessante approfondire le questioni. Quindi, in questa fase, cioè sul complesso degli emendamenti, tentiamo di esprimere le nostre preoccupazioni.
In primo luogo, si tratta di un provvedimento che dimostra una politica fiscale inefficace perché si basa sull'aumento degli adempimenti per i contribuenti. In effetti, alcuni imprenditori, quelli che pagano le tasse, i professionisti, si vedono addossare una serie di adempimenti per loro inutili e, quindi, si cerca di combattere l'evasione fiscale utilizzando uno strumento che è addirittura controproducente. La preoccupazione è che bisogna semplificare gli adempimenti ed utilizzare la politica degli accertamenti come attività autonoma e, in questo senso, ci sono diversi adempimenti.
Nel calcolo dell'entrata c'è poi la tecnica - che sicuramente si rivelerà inefficace - della moltiplicazione matematica irreale. Per esempio, per le autovetture acquistate all'estero, con lo spirito dell'evasione dell'IVA, viene calcolata l'imposta dell'IVA se vengono acquistate in Italia. Inoltre, sussiste la questione centrale del provvedimento - che noi contestiamo ma che, poi, è anche strategica -, quella delle successioni. Dichiariamo la non disponibilità a riproporre questo metodo di accertamento di valutazione delle ricchezze, e in questa fase chiediamo al Governo di approvare gli emendamenti che tendono a far diventare l'imposta di successione almeno efficace, anche se siamo contrari. Infatti, l'imposta tende a tassare patrimoni identici in situazioni differenti, proprio perché bisogna complicare il sistema. Tale scelta sicuramente aumenterà le tendenze all'evasione perché, ad esempio, un soggetto che riesce a realizzare una certa ricchezza personale, la vede tassata diversamente a seconda che il bene lo metta nella sua azienda o se lo tenga personalmente. Quindi, ritorniamo ad una tecnica di imposizione che non solo è inefficace, ma che non porta un vantaggio per lo Stato. Viste le richieste che abbiamo esaminato in Commissione, per non rendere vano il lavoro che abbiamo svolto - ripeto, abbiamo lavorato intensamente in Commissione anche insieme al Governo -, bisognerebbe riproporre le questioni che più volte abbiamo enunciato e che sono riportate nello statuto del contribuente.
Per quanto riguarda lo statuto del contribuente, che sembrerebbe una dichiarazione astratta, sono due i principi che dobbiamo riprendere da questo strumento indispensabile per l'azione di prevenzione e repressione nei confronti del contribuente. Uno è la retroattività: bisogna, una volta per tutte, fare in modo che le norme fiscali non siano retroattive. Sicuramente, si è fatto uno sforzo, ma bisogna immaginare che, per esempio, le aliquote IRPEF devono essere applicate su esercizi successivi a quello della loro individuazione e, quindi, la cosa fondamentale è rendere i provvedimenti non retroattivi.
Signor Presidente, oltre a questo, il tema più importante è rendere efficaci le norme dopo la loro approvazione. L'Italia si sta lamentando non solo per le questioni di merito, non solo per l'effetto che queste norme stanno producendo sui loro comportamenti,Pag. 9ma perché ciò accade subito, addirittura durante l'esame del provvedimento. Questo è un fatto gravissimo, che è stato contestato diverse volte. In campagna elettorale - l'ho detto più volte ai colleghi di maggioranza - tale questione è stata più volte sollecitata e criticata, e loro con i primi provvedimenti emanati hanno riproposto la questione. In altre parole, il decreto-legge viene emanato, pubblicato ed ha effetto; poi alla Camera viene modificato e tali modifiche hanno effetto: quindi, abbiamo contribuenti che in questi giorni si trovano a che fare con norme che non sono applicabili. Allora, ritengo che, aldilà delle questioni di merito - poi valuteremo emendamento per emendamento -, questioni che riteniamo sbagliate per l'obiettivo che si prefiggono, sussiste il problema base dell'effetto, dell'efficacia di un provvedimento. Quindi, il Governo potrebbe fare questo sforzo, riprendendo gli emendamenti che tendono a fare in modo che le norme siano vigenti almeno a partire dal 2007, anche perché quello è l'effetto che si vuole raggiungere.
In effetti, questo decreto deve reperire nel 2007 le risorse che servono a mantenere la legge finanziaria. Quindi, non ha senso fare in modo che alcune norme siano rese immediatamente vigenti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Verro. Ne ha facoltà.
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, il provvedimento oggetto del nostro dibattito è fortemente connotato da un'impostazione ideologica; infatti, reca norme eterogenee, ma, soprattutto, è molto spesso in contraddizione rispetto agli obiettivi di equità e di sviluppo che con tanta enfasi sono stati annunciati al momento dell'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria. Ingannando, anzi continuando ad ingannare così il paese, state perseguendo la politica dei due tempi: chiedete sacrifici - e che sacrifici! - oggi, e promettete crescita e riforme domani.
È la stessa tattica che avete usato in campagna elettorale, quando promettevate: non aumenteremo le tasse e realizzeremo il nostro - corposo: ricordo che si trattava di 281 pagine - programma elettorale.
Gli italiani hanno visto come avete mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale.
Ed è ancora la stessa tattica usata con il Documento di programmazione economico-finanziaria con il quale vi impegnate ad avviare subito riforme, liberalizzazioni ed interventi volti al contenimento della spesa pubblica; ricordo ancora i quattro capitoli indicati dal ministro Padoa Schioppa: sanità, previdenza, enti locali, pubblico impiego. In realtà, la sola liberalizzazione che vi è riuscita è quella delle tasse: chiunque può mettere tributi, di scopo, di soggiorni, addizionali, sulla casa, di successione.
Con il provvedimento oggi al nostro esame, e con la finanziaria che esamineremo nei prossimi giorni, la situazione è radicalmente cambiata; la realtà ha tradito quanto promesso in campagna elettorale. Non potete più negare che questa è una manovra basata per due terzi sulle entrate; in verità, avete provato a negarlo contestando le nostre ripetute denunce in tal senso in sede di Commissione. Poi, di fronte agli stessi rilievi avanzati dal Governatore della Banca d'Italia ed alla Corte dei conti, non potendo più negare l'evidenza, siete stati costretti ad ammettere che questa manovra aumenta - e aggiungo: sensibilmente - il carico fiscale. Dichiara The Economist (stampa estera a voi notoriamente amica): questa finanziaria aumenta le tasse sui redditi, non taglia le spese e comprime una crescita già bassa.
Ancora una volta, dunque, ricorrete alla politica dei due tempi; infatti, mentre riconoscete che oggi aumentate la pressione fiscale, dichiarate, però, che domani farete tutte le riforme fondamentali per lo sviluppo economico di questo paese. Ed è proprio sulla mancanza di tali riforme strutturali, oltre che sull'inconsistente interventoPag. 10sul versante del cosiddetto «taglia-spese», che si è basato il declassamento del rating.
Voi non potete procedere sulla strada delle liberalizzazioni e delle riforme strutturali; il segretario di Rifondazione Comunista, quando si comincia a parlare di tali argomenti, dichiara: non ci faremo mettere all'angolo; questi continui richiami al riformismo rischiano di entrare in una pericolosa sintonia con quegli industriali che provano a condizionare la nostra politica economica e sociale.
Come se ciò non bastasse, il ministro Ferrero, che già votò contro il DPEF giudicato troppo riformista, indulgente con chi occupa abusivamente le case e prodigo sui permessi ai clandestini, dichiara: se toccate le pensioni, è sciopero; a piangere siano i ricchi; la manovra va spalmata in due anni, anzi meglio in un secolo.
Io ritengo che in nessun paese civile è presente, nella maggioranza, un partito che mette manifesti perché sente il bisogno di far piangere i ricchi.
Insomma, Fassino chiede modifiche, Rutelli vuole frenare la sinistra massimalista e rilanciare l'asse riformista, Di Pietro è concentrato esclusivamente nell'opera di demolizione delle concessioni autostradali; questa manovra è, dunque, figlia solo di Prodi, che è sempre più debole e solo nel definirla giusta e seria.
Come dicevo all'inizio, il provvedimento reca numerose disposizioni di inasprimento fiscale che sono state, e saranno ancora di più, dibattute ed analizzate; io però vorrei un attimo soffermarmi su quella parte di tassazione aggiuntiva, recata dal provvedimento, che deriva dall'intensificazione del regime dei controlli e degli accertamenti fiscali. Si tratta di un'intensificazione di attività da cui non deriva solo una quota delle maggiori entrate ascritte al decreto-legge, bensì la quasi totalità delle stesse. Si tratta, infatti, di ben quattro miliardi 360 milioni solo per il 2007, cioè poco meno del 70 per cento della complessiva, per così dire, dote finanziaria che il decreto-legge porta a copertura della manovra finanziaria. Analoga strategia è presente nella finanziaria dove, dal potenziamento degli studi di settore, si attende un maggiore gettito di 3 miliardi 300 milioni di euro (anche in tal caso, solo per il 2007). Insomma, in modo silenzioso, e a mio modo di vedere anche poco trasparente, ci si attende un gettito di circa 7 miliardi 600 milioni di euro ovvero mezzo punto di PIL. Cosa dobbiamo aspettarci: un'intensificazione dell'ordinaria attività fiscale o una vera e propria vessazione? Io credo che, conoscendo Visco, gli italiani non abbiano di che stare tranquilli.
La lotta all'evasione fiscale ed il rispetto delle libertà personali sono entrambi valori fondamentali in una democrazia. È in ogni caso indispensabile un equilibrio nel quale nessuno dei due valori può prevaricare l'altro. Con questo decreto e, più in generale, con il complesso della manovra finanziaria tale equilibrio si sta rompendo per scivolare lentamente verso una deriva autoritaria. Se volete qualche esempio, nei nuovi studi di settori stanno per essere introdotti gli indicatori di normalità economica e di coerenza. Si tratta di strumenti presuntivi di ricavi, messi a disposizione delle agenzie delle entrate. Inoltre, per i lavoratori autonomi e per i professionisti scompare la moneta. Si complica così la vita a tutti senza alcun beneficio per il consumatore. Avete introdotto l'obbligo di trasmettere alle agenzie delle entrate l'elenco dei clienti e dei fornitori, nonché delle relative operazioni finanziarie. Ma non è solo questo, perché gli uffici possono chiedere a ciascun contribuente notizie su soggetti terzi. Diventeremo tutti delatori. Se una pubblica amministrazione deve pagare una fornitura o un servizio ricevuto, del valore di oltre 10 mila euro, deve accertare che il suo fornitore non abbia un debito con lo Stato. Se lo avesse, non dovrebbe pagare, ma intanto la pubblica amministrazione si è presa la fornitura o il servizio.
Queste modalità di lotta all'evasione sono pericolose per la libertà di ciascuno di noi. I poteri degli uffici saranno sempre più vessatori e crescerà la tentazione di un controllo politico sulle persone. VedremoPag. 11quali risultati riuscirete ad ottenere; io ho la sensazione che i risultati attesi dall'attività accertatrice degli uffici siano poco credibili e che, in assenza di un maggior gettito atteso, dovrete finanziarie in deficit gli eventuali interventi per lo sviluppo. Intanto, le novità di Visco, contenute nel decreto Bersani, hanno già prodotto 145 pagine di circolari applicative, ovviamente tutte invasive.
Gli obiettivi di questa manovra non sono il maggior gettito e la crescita, bensì la diretta ed immediata redistribuzione sociale, togliendo, tramite il fisco, a chi ha di più. Insomma, alla base di questa manovra vi è un sentimento politico, un'idea della società che antepone il tema della redistribuzione a quello dello sviluppo. È pura politica, non economia. È politica di chi, orfano del comunismo, ricorre alle alte aliquote per celebrare la centralizzazione dello Stato e la sottomissione ad esso. Così intanto i capitali stanno fuggendo via e sono sempre di più i nostri imprenditori che delocalizzano le loro imprese.
Avete ripristinato una visione classista e conflittuale, vessando preventivamente il ceto medio produttivo e definendolo così come classe sociale nemica. Questo vuol dire demonizzare chi crea ricchezza e lavoro e determinare una politica scellerata che contrappone classi e Stato. Non si tratta più di una questione di destra o di sinistra, ma di evitare un conflitto ed accompagnare il sistema produttivo a far crescere il nostro paese. In questa direzione ed a questa linea politica si ispirano i nostri emendamenti, ed un Governo che nei fatti tiene a cuore il futuro del nostro paese dovrebbe senza pregiudizi preferire l'unica strada possibile, ovvero quella di una manovra che diminuisca le inefficienze, riduca la pressione fiscale, colpisca i privilegi ed abbatta gli sprechi della spesa pubblica improduttiva per restare all'interno dei conti che da noi pretende l'Italia. Tuttavia, temo che la nostra speranza e quella di tutto il paese andrà delusa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marras. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, signor sottosegretario, non siamo di fronte ad una sola manovra bensì a tre. Dovendo entrare nel merito degli emendamenti, vorrei descrivere il percorso iniziato con il decreto Bersani-Visco, che prosegue con il decreto fiscale per poi concludersi con il disegno di legge finanziaria, ovvero provvedimenti tra di loro obbligatoriamente collegati.
Quello che salta maggiormente agli occhi della minoranza è il non aver voluto correggere una manovra, partita con una cifra intorno ai 40 miliardi, senza tenere conto che l'ISTAT ha dato cifre diverse, con un rapporto deficit-PIL al 4,6 per cento, diventato poi un 2,9 per cento, mantenendola di fatto assolutamente inalterata. Pur avendo istituito una commissione, presieduta da Faini, che ha lavorato per tirare fuori questi numeri, non si è tenuto conto di una più corposa diminuzione delle uscite, pari a 13 miliardi di euro, con un miglioramento della spesa corrente del 10 per cento. Ciononostante, ci si è prestati ad una brutta figura proseguendo con una finanziaria piena di tasse.
La connessione del decreto-legge n. 262 del 2006 con la manovra finanziaria anticipa numerose disposizioni; il decreto non fa altro che ripercorrere la strada del decreto-legge n. 223 del giugno 2006, una stretta fiscale generalizzata consistente nell'aumento di talune imposte, nell'incremento dei controlli e degli adempimenti, nell'irrigidimento delle procedure, nel crescente numero degli ostacoli burocratici posti ai cittadini e alle imprese.
Il prospetto di copertura allegato alla finanziaria per il 2007 indica che dal decreto-legge ci si attendono maggiori entrate pari a 6,5 miliardi di euro per il 2007, 6,74 miliardi di euro per il 2008 e 6,62 miliardi per il 2009. Per contro, in base all'articolo 47 del decreto-legge, sorgono maggiori spese pari a 27 milioni di euro nel 2006, a 390 nel 2007 ed a 402 nel 2008.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 11,10)
GIOVANNI MARRAS. Questi numeri sono stati bocciati dalle agenzie di rating che non credono a questa manovra fiscale. Avete dato le colpe al Governo precedente pur consci e consapevoli che le agenzie di rating avrebbero giudicato la vostra finanziaria irrealizzabile e che le entrate da voi previste sono ipotetiche.
Molti colleghi che mi hanno preceduto sono già entrati nel discorso su alcuni settori, ma per poter parlare realmente di tutti gli articoli di questa finanziaria ci vorrebbero forse tre giorni, perché si tratta di un numero infinito di articoli. Ci sono ben 67 tasse in più in questa vostra manovra fiscale: dovreste spiegare tutto questo agli italiani! Se non lo farete voi lo faremo noi, considerato che alla fine tutti i cittadini italiani pagheranno quelle tasse dal 1o gennaio.
Avete inserito delle norme per salvare i comuni ma con l'altra mano sottraete delle risorse impensabili proprio agli enti locali. Avete pensato bene di ridurre i tagli rendendo contenti i sindaci Dominici, Chiamparino o Veltroni, che alla fine vanno via contenti grazie ad accordi raggiunti nelle stanze segrete e mai nelle aule del Parlamento, che dovrebbero esser le uniche deputate alla risoluzione di questi problemi. Date poi loro la possibilità di aumentare del 25 per cento i tributi riscossi tramite le agenzie di riscossione, vessando i cittadini con cifre incredibili, quasi vi fosse realmente la volontà da parte del singolo di non pagare le tasse (che vorrebbe pagare senza averne la possibilità). Credo vi sia in questo una forte cecità e una conoscenza molto blanda del tessuto sociale e delle piccole e medie imprese.
I commi 12 e 14 dell'articolo 7 riducono l'aliquota d'accisa applicata ai gas di petrolio usati come carburante e al gasolio destinata al medesimo impiego, dispongono in favore degli autotrasportatori il rimborso del maggior onere conseguente all'aumento dell'aliquota dell'accisa. Sempre con riferimento al gasolio, il comma 15 rifinanzia gli interventi di promozione dell'utilizzo del metano e del gas di petrolio per autotrazione, previsti dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 324 del 25 settembre 1997 e successive modifiche, autorizzando a tal fine una spesa di 100 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.
I commi da 16 a 18 consentono alle regioni di esentare dal pagamento della tassa automobilistica i veicoli a doppia alimentazione, benzina-GPL e benzina-metano, per cinque o sei annualità a seconda che si tratti di veicoli nuovi o convertiti successivamente all'immatricolazione. Si tratta di innovazioni che possono essere corrette - e sono stati presentati emendamenti per correggerle - e che vanno assolutamente corrette, per mille motivi.
Mi permetto di osservare che ci si dimentica sempre di considerare la difficoltà delle imprese che devono operare quotidianamente in alcune regioni. A proposito dei predetti commi, sento di dover difendere la mia Sardegna: avete dimenticato e cancellato dal disegno di legge finanziaria la continuità territoriale delle merci, istituita dal Governo Berlusconi e da questo rifinanziata ogni anno per la Sardegna, per la Sicilia, per Lampedusa e per le isole minori. Voi avete cancellato la misura con grande serenità, proprio come avete fatto con il ponte sullo stretto di Messina (in un altro comma, perché, naturalmente, Fintecna non vi va bene e, in generale, non vi vanno bene le cose fatte in precedenza): è una sorta di gioco al massacro, a non realizzare grandi opere, magari per scegliere di aiutare con grande vigore le grandi imprese di questo paese. L'abbiamo visto ieri sera, quando siete usciti dall'incontro con i sindacati (CGIL CISL e UIL, che sono, a quanto pare, la parte più importante) e con Confindustria, che bada a salvare le grandi imprese, che rispondono ai nomi di FIAT, Merloni e - nuovo ingresso - Technogym. Personalmente, stimo molto quest'ultima, perché si tratta di un'azienda importante: un po' tutti hanno i suoi attrezzi in casa (ora saràPag. 13consentito addirittura, se possibile, di portarli in detrazione). C'è davvero da pensare male. C'è qualcosa che non torna in questo meccanismo.
Ci deve essere sicuramente attenzione verso lo sport, verso i giovani, per favorire una maggiore attività motoria (molti di noi sono una dimostrazione vivente dell'esattezza dell'assunto). Tuttavia, giornate come quella di ieri sono di lutto per l'Italia, non sono certamente giornate in cui ci si può mostrare sorridenti, all'uscita da un incontro, al momento della stretta di mano (come hanno fatto Prodi e Montezemolo). Tutte le aziende con meno di cinquanta dipendenti si troveranno in grande difficoltà: sono le aziende che formano il tessuto produttivo di questo paese. Da qui a breve - ricordatelo - cominceranno i licenziamenti! E voi questo lo sapete! Dicevate di voler togliere ai ricchi per dare molto di più alle classi meno abbienti; state facendo esattamente il contrario! Siete dei Robin Hood alla rovescia!
Credo, quindi, che la manovra vada modificata, approvando gli emendamenti che abbiamo presentato con grande attenzione, a seguito di una concertazione che abbiamo cercato fin dall'inizio dei lavori nelle Commissioni riunite bilancio e finanze: abbiamo cercato il dialogo costantemente! Devo dire che, talvolta, si intravedono alcune aperture, che poi, però, vengono immediatamente bloccate perché arrivano ordini superiori. Purtroppo, lo stato confusionale dell'attuale Governo porta questo o quel ministro a porre veti (ad esempio, a modifiche all'articolo 12, che riguarda l'ANAS, il cui esame nelle Commissioni ha incontrato difficoltà enormi: non c'era intesa nella maggioranza, sebbene ciò bloccasse una manovra considerata così importante).
Anche nell'articolo 4 si nota una concentrazione sulla fiscalità: si vogliono toccare non soltanto i piccoli imprenditori, ma anche il mondo avicolo, già vessato, già in grande difficoltà. Devo dire che, se si ha riguardo ad alcuni punti specifici, c'è veramente da riflettere. Ormai, si arriva a considerare imprenditore agricolo anche chi è sotto i 7 mila euro di volume di affari! Peraltro, a costui si chiede perché ha la casa in campagna: per avere la casa in campagna e per pagare l'ICI ridotta, deve essere conduttore a titolo principale e, quindi, deve svolgere il mestiere di agricoltore. Dimenticate, però, la situazione di alcuni presidenti di regione. Faccio riferimento, ancora una volta, e me ne scuso, alla mia regione, il cui presidente è Soru, un uomo che tutti conoscono. Ebbene, Prodi si ispira a Soru, perché - così ha affermato - vorrebbe che tutte le regioni d'Italia fossero come la Sardegna.
Sono veramente spaventato, perché Soru, mentre Prodi adotta questo provvedimento, ne predispone contemporaneamente un altro, in cui stabilisce che chi è conduttore agricolo in Sardegna deve obbligatoriamente realizzare la casa anche con un appezzamento minimo, ma deve essere agricoltore. Contestualmente, Soru stabilisce che se non ci sono almeno 30 ettari di terreno, non si può attribuire la qualifica di conduttore agricolo. Quindi, c'è qualcosa che non torna e diventa difficile, alla fine, varare un'unica norma nazionale, che faccia capire davvero le intenzioni, indipendentemente dal fatto che si tratti di una regione autonoma. Credo, infatti, che nella programmazione nazionale, in questo gran parlare del sud, che si fa anche in questo provvedimento, si parli sempre di sud assistito. Non si parla, infatti, di sviluppo del sud. Perché non si parla più di sviluppo del Mezzogiorno? Infatti, in questo provvedimento non c'è nulla che parli di sviluppo, e se nulla parla di sviluppo in generale, non può parlarsi nemmeno dell'impegno per il Mezzogiorno.
I commi 2 e 4 dell'articolo 4, prevedono che, a decorrere dal 2007, la richiesta dei contributi agricoli presentata all'Agea e contenente la dichiarazione relativa all'impegno del suolo nelle singole particelle catastali sostituisca la dichiarazione di variante colturale, da rendere al catasto terreni, in base all'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi. La norma ha l'effetto, secondo la relazione tecnica, di aggiornare il catasto terreni a finiPag. 14IRPEF ed ICI, con maggiori entrate per 95 milioni di euro nel 2007. Questa norma è pericolosa non soltanto per l'agricoltura, ma in generale per tutti i cittadini. Tutti gli amministratori locali, infatti, per compensare la mancanza delle entrate aggiorneranno gli estimi catastali ed aumenteranno l'ICI obbligatoriamente, affinché il «buco» di bilancio - lo dice il provvedimento in discussione - venga colmato con maggiori tasse, sempre pagate dal contribuente. Credo sia un passo veramente pericoloso. Se questa è la vostra politica, per il futuro la vera preoccupazione - personale, ma credo anche del gruppo di Forza Italia e degli altri gruppi di opposizione - è che in questo provvedimento (che non so come riuscirete ad approvare, se con la posizione della questione di fiducia o con la discussione: non si capisce ancora cosa volete fare e sono convinto che nemmeno voi lo sapete) sia contenuto un sistema che vi permetterà, per i prossimi due anni, di non tornare né alla Camera né al Senato. Voi esautorerete per due anni il Parlamento e, quindi, potrete andare avanti con le tasse, con il regime fiscale che meglio vi garba, «saltando» completamente il Parlamento. In tal modo continuerete ad operare, attraverso le deleghe contenute nel disegno di legge finanziaria. Quindi, non volete affrontare il Parlamento ed i motivi li conosciamo molto bene! Noi crediamo che i momenti in cui si discute della manovra finanziaria - e dei provvedimenti fiscali, in generale - siano quelli in cui il Parlamento è chiamato a partecipare, e riteniamo che le leggi debbano essere assolutamente elaborate, emendate e ragionate all'interno dello stesso Parlamento. A tal proposito, mi preme dirlo, mi sorge un dubbio, espresso da molti colleghi prima di me: molti ministri e sottosegretari entrano all'interno di quest'aula con troppi giornali. Vi sono due possibilità: o i giornali sono portati in aula e non vengono letti, ed allora...
PRESIDENTE. Deputato Marras...
GIOVANNI MARRAS. ...ed allora - e concludo, signor Presidente - sarebbe una cosa molto grave, oppure questi giornali vengono letti non credendo a ciò che vi è scritto. Infatti, la realtà dell'Italia, in questo momento, è quella di un paese con grandi difficoltà. Basterebbe che molti esponenti del Governo di sinistra scendessero nelle piazze e nelle strade e parlassero con i rappresentanti della piccola e media impresa, con i professionisti e con la gente comune. Non siete più maggioranza nel paese e per tale motivo vi invitiamo a «tornare a casa», ad essere sereni, a riconsiderare il disegno di legge finanziaria con noi; sarebbe sicuramente meglio per noi e per voi e in tal modo si guadagnerebbe la stima dei cittadini italiani verso il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!