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INTERVENTO DEL DEPUTATO RICCARDO PEDRIZZI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 1746-BIS E N. 1747.
RICCARDO PEDRIZZI. Trentacinque nel DPEF, trentadue, trenta in finanziaria, poi trentaquattro, trentatré dopo l'incontro con gli enti locali. Ora quaranta dopo i rilievi del Servizio studi. Il dibattito alla Camera che c'è stato e c'è all'interno del Governo (con un occhio al percorso parlamentare) sulla finanziaria 2007 ricorda la contrattazione in un suk arabo.
Lo spettacolo deprimente e squallido potrebbe avere un esito felice solo se gli «sconti» richiesti da alcune componenti della coalizione di centrosinistra sull'entità complessiva dovesse servire a far digerire alle forze politiche variopinte che compongono la maggioranza quelle riforme strutturali di cui il paese ha bisogno.
Eppure, l'atteggiamento di chiusura di alcune delle componenti che sostengono Prodi rimane ostile al cambiamento e favorevole alla spalmatura ed al differimento delle decisioni importanti.
Chi punta alla diluizione ed alla diminuzione della manovra non ha compreso né la natura né la gravità dei problemi economici e sociali italiani.
Sono stati lanciati messaggi confusi ai cittadini. Si è passati da affermazioni di drammaticità ed emergenza («la situazione è peggiore che nel 1992») e non era vero, preparando il paese ad accettare mutamenti radicali e sacrifici, e poco tempo dopo si è fatto retromarcia.
In questo modo si è generata incertezza. D'altronde, mentre da noi Mastella, il più attivo degli «spalmatori», dice che non bisogna fare gli orchi di fronte agli italiani, in Europa Prodi e Padoa Schioppa dichiarano apertamente che la cura del rigore dovrà durare trent'anni, vagheggiando, da un canto, atteggiamenti più accondiscendenti da parte della Commissione europea, ma dimenticando che l'entità della manovra è stata scritta nel DpefPag. 110quattro mesi fa e presentata a Bruxelles come prova della nostra volontà di rispettare gli impegni.
Si è detto da parte di molti leader del centrosinistra e dello stesso Prodi che per il suo Governo i vertici europei hanno avuto un atteggiamento più duro che con Berlusconi, ma davvero c'è un'Europa iniqua e maligna che si mette di traverso sulla strada di Prodi e della sua finanziaria?
La verità è che l'apparente corsa a ridurre la finanziaria rispetto alla cifra di 35 miliardi, presentata e approvata dall'Ecofin in luglio, preoccupa l'Europa.
Ostili al Governo Prodi? Non scherziamo. Proprio per aiutarlo, subito dopo l'insediamento, in luglio abbiamo chiuso un occhio sulla mini-manovra, dovrei dire quasi inesistente, prevista per quest'anno« commentò uno dei partecipanti alla riunione di Helsinki del 9 settembre. L'Italia oggi non solo vede la crescita in ripresa ma, diversamente dalla Germania che non lo ha fatto, è il primo paese in deficit eccessivo a decidere unilateralmente di usarne i dividendi, cioè l'aumento delle entrate fiscali, per ridurre la manovra.
Ma vediamo: qual è l'anima di questa finanziaria? Certamente il populismo di sinistra e della sinistra radicale in particolare. Innanzitutto la politica economica disegnata dalla finanziaria sembra tutta orientata dalla voglia di correggere ciò che è stato lasciato in ereditò dal precedente Governo. Poi - basta leggere le cifre - è il Governo stesso che non mantiene le promesse del Dpef di ridurre la spesa di minor qualità, cioè quella che poco o niente contribuisce alla crescita e all'equità.
La finanziaria sembra sia stata scritta non da Padoa Schioppa ma dal segretario delle CGIL.
Del resto Epifani sulla finanziaria ha detto: «Va bene così. Hanno accolto le mie richieste».
E poi la finanziaria è stata presentata pubblicamente dal premier Prodi e dal ministro Padoa Schioppa, proprio al centenario della CGIL a Milano il primo ottobre scorso. E non in Parlamento. Segno questo tra l'altro di scarso senso istituzionale.
Così si sono privilegiati i sindacati rispetto ad altri soggetti tra cui le associazioni imprenditoriali, gli ordini professionali e le varie categorie, disattendendo ogni principio di sussidiarietà: quello verticale con i soggetti istituzionali (che sono stati chiamati solamente dopo, a finanziaria già scritta, comuni, province e regioni) e quello orizzontale: ordini professionali, associazioni, volontariato, che non sono stati per niente consultati.
Le cifre continuano a cambiare: l'ultimo aggiornamento la porta ad oltre 40 miliardi. Per portare il rapporto deficit su Pil del 2007 al 2,8 per cento, bastava una correzione di 15 miliardi circa, all'1 per cento del Pil perché la finanza pubblica nel 2006 sta andando assai meglio del previsto, con risultati per entrate e crescita che, se si vuole essere obiettivi, vanno ascritti ad alcune scelte dell'ex ministro Giulio Tremonti.
Infine non si vede niente sulla razionalizzazione della pubblica amministrazione e sulla dismissione del patrimonio pubblico improduttivo.
La finanziaria 2007 è concentrata sulle riduzioni delle spese, pari a 20,4 miliardi, il 61 per cento della manovra. Ma è realmente così? Lo stesso Romano Prodi durante la conferenza stampa di presentazione ha confessato che: «Per raggiungere questi obiettivi è stato deciso un risparmio di spesa dell'ordine di 10 miliardi di euro».
Quindi già così ammette il Presidente del Consiglio che i risparmi vengono dimezzati.
Vediamo come stanno veramente le cose: misure tributarie. Sono iscritte, finora, per 3,9 miliardi e tanto valgono (salvo che incentivino a evadere).
Contrasto a evasione ed elusione. Ci sono 4,8 miliardi dalla lotta a evasione ed elusione che, come esperienza insegna, sono ardui da portare a casa.
Studi di settore cifrati in ben 3,3 miliardi. Ma come si è sperimentato inPag. 111passato, occorre tempo prima che la revisione degli studi di settore sia efficace.
Perciò non è possibile che possano dare così tanto e così in fretta.
Altri incassi, sono iscritti per un altro miliardo, ma potrebbero essere molto meno, e poi sostanzialmente produrranno una maggiore pressione fiscale.
Previdenza: vale 5,3 miliardi ed è considerata minore spesa perché si riducono di pari ammontare i trasferimenti dell'Inps. In realtà viene definita come taglio mentre si tratta di contributi che vengono accresciuti.
Trattamento di fine rapporto: altri 5 miliardi per i quali vale quanto appena detto sulla previdenza e verranno quasi certamente bocciati da Eurostat.
Sanità: risparmi per tre miliardi, di cui 0,6 per i ticket (che sono entrate) e il resto in base a ciò che faranno le regioni, che hanno licenza di alzare le imposte per finanziarsi i buchi.
Enti locali: per un ammontare di 4,3 miliardi è presumibile che ci saranno da regioni e comuni 3,4 miliardi di maggiore imposizione. Secondo le ultime intese con gli enti locali i tagli dovrebbero ridursi di 1 miliardo.
Razionalizzazione e riorganizzazione. Un pacchetto di risparmi da 2,8 miliardi. Potrebbero essere molto meno.
Totale entrate: 27,3 miliardi (di cui 18,8 veri, certi e cash). Tagli alle uscite: 6,1 (per stima soli 5 sono buoni). La vera manovra è questa. Ciò è talmente vero che la Corte dei conti ha rilevato che due terzi della manovra 2007 sono affidati a maggiori entrate: 20-22 miliardi su oltre 34. I risparmi di spesa svolgono un ruolo secondario. E se gli enti territoriali dovessero ricorrere a loro volta alla leva fiscale (ipotesi ritenuta più che probabile), il rapporto delle misure di aggravio fiscale sul totale della manovra lorda salirebbe - ha ammonito il presidente della Corte dei conti Francesco Staderini - all'80 per cento. La pressione fiscale aumenterebbe ancora di oltre un punto.
Due le «implicazioni molto negative»: un effetto depressivo sulla crescita e una dinamica della spesa pubblica che «difficilmente» registrerà, l'anno prossimo, un calo rispetto al Pil. La Corte avanza dubbi sulla realizzabilità dei risparmi e sostenibilità delle misure.
Ma anche il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha manifestato dal canto suo tante perplessità sulla composizione della manovra correttiva. Una manovra che, in termini netti, «è affidata interamente ad aumenti delle entrate».
«Occorre evitare che l'ampio ricorso a misure di prelievo influisca negativamente sugli incentivi e sulle aspettative degli operatori economici».
Draghi non ha nascosto le sue preoccupazioni sul trasferimento all'Inps del flusso del TFR che «non deve essere di ostacolo allo sviluppo della previdenza complementare» perché sicuramente determinerà «problemi di liquidità».
Quanto alle aliquote Irpef, secondo i calcoli di Bankitalia lo sgravio concesso riguarda solo i quasi-poveri.
La realizzazione della manovra per il secondo anno comporterà un aumento del peso delle entrate sul Pil: più lo 0,8 per cento nel 2006, un altro mezzo punto l'anno prossimo. In tal modo «la pressione fiscale si porterebbe in prossimità dei livelli più elevati registrati in passato dal nostro paese». Inoltre «frequenti cambiamenti della struttura del sistema tributario accrescono l'incertezza, con effetti negativi sull'attività economica».
Nel complesso, spiega Draghi, «la prevista riduzione di 14,3 miliardi del disavanzo è realizzata mediante aumenti netti delle entrate per 16,7 miliardi, a fronte di aumenti netti delle spese per 2,4 miliardi». La manovra 2007 «lascia sostanzialmente invariate nel 2007 le spese correnti rispetto agli andamenti tendenziali».
Ancora nelle ultime ore Prodi si è ostinato a presentare come riduzioni di spesa miliardi di curo che sono incontrovertibilmente aumenti di entrate (e registrati come tali nel bilancio).
Vincenzo Visco dal canto suo dice che i punti di forza della finanziaria sono altri: cioè che è finalmente equa.
Ma si tratta di un'equità alla Peppone e don Camillo perché la sua azione redistributivaPag. 112è affidata a misure grezze e inadatte all'obiettivo. La vera equità viene mancata perché il Governo si è allineato pedissequamente a una linea sindacale obsoleta, che di fatto finisce per proteggere la platea dei suoi iscritti e dei suoi simpatizzanti anziché i poveri.
Ed usare la tassazione, in particolare sui redditi dal lavoro, per combattere la povertà è notoriamente uno strumento alquanto primitivo, perché non ha effetti su chi è talmente povero da non dover nemmeno pagare le tasse.
Gli incapienti non ci sono ancora e restano un problema irrisolto pur coinvolgendo centinaia di migliaia di soggetti.
Come mai i paladini della solidarietà stanziano 50 milioni al «fondo per i non autosufficienti» contro i 60 milioni destinati al cinema, per finanziare poche decine di registi e attori per lo più figli di papà impegnati a produrre film in gran parte inguardabili (e ininguardati) ma rigorosamente politically correct?
Rozzo è il taglio generalizzato del 50 per cento agli scatti di anzianità di molti dipendenti pubblici, che secondo alcuni calcoli comporta una riduzione fino al 30 per cento del reddito totale durante la vita lavorativa.
Un taglio così enorme avrà l'unico effetto di mettere intere categorie in un atteggiamento di contenzioso permanente.
Rozzo è l'intervento sulla sanità, che prevede una fortissima riduzione dei prezzi dei farmaci e una del 50 per cento sui prezzi praticati dai laboratori di analisi. Interventi del genere denotano semplicemente una totale incomprensione di un'economia moderna: nessun mercato può funzionare se per legge gli vengono imposti tagli ai prezzi così drastici dall'oggi al domani.
Queste misure sono così crude e improvvisate da essere tecnicamente e politicamente inapplicabili.
L'obiettivo di un disavanzo al 2,8 per cento è quindi un'illusione contabile: senza ulteriori manovre e senza una provvidenziale accelerazione della crescita, il 3,3 per cento è molto più realistico.
Proprio per questo la protesta sale da ceti e categorie, ordini professionali e famiglie. Eppure il ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa, alla Camera dei deputati si è dichiarato incapace di «comprendere le lamentele» dei «ricchi».
Gli autonomi sono sempre «cattivi»: dal 2007 un esercizio commerciale verrà chiuso se mancherà di emettere tre scontrini fiscali (originariamente era fissato in scontrino fiscale). Su questa misura di tipo giacobino vi è stato un ripensamento. E le scuole private sono sempre «cattive»: così scompare la detraibilità delle rette degli asili nido (moltissimi frequentati da famiglie di reddito modesto).
Forse il ministro dell'economia sottovaluta il senso autentico delle riserve e delle lamentele. In anni recenti, il ceto medio produttivo italiano ha mostrato di accettare e di comprendere sacrifici.
Il ceto medio italiano, insomma, non è un impenitente evasore, è capace di partecipare a un grande sforzo collettivo, non rifugge da un equo sforzo redistributivo. E allora perché, questa volta, protesta? Semplicemente, perché questa volta non capisce le ragioni per cui tirare la cinghia.
Innanzitutto il ceto produttivo si chiede infatti se questa manovra sia efficace nel riportare strutturalmente sotto controllo la spesa pubblica. Si chiede in cosa si sostanzi l'impegno per le liberalizzazioni. Si chiede, perché lo Stato possa far meglio di lui nel gestire il TFR. Si chiede quali infrastrutture e quali tempi di realizzazione gli saranno garantiti. 5i chiede dove stia il segno di una riforma del Welfare che lo renda più efficiente, ma anche più efficace, cioè più rispondente ai bisogni di vecchi e nuovi poveri.
Proprio per questo Francesco Cossiga ha detto che questa è una manovra «di classe». La finanziaria 2007 è un banco di prova: per il Governo, per la legislatura, per la maggioranza e per l'opposizione. Perché tutti devono prospettare l'Italia che vogliono.
La verità è che proprio a causa di questa finanziaria il ceto medio si sente mortificato dal vedersi additato come reazionario, renitente al dovere fiscale e sordoPag. 113alla solidarietà sociale: trascurato nella sua capacità di innovare, di produrre, di esportare.
Per concludere: è vero che l'obiettivo di scendere sotto il 3 per cento nel rapporto deficit/Pil forse verrà centrato. Ma la spesa primaria non scende e l'intero miglioramento del deficit è da attribuire alle entrate.
La pressione fiscale aumenta e torna vicino al massimo storico di dieci anni fa, quando l'Italia pagò anche l'eurotassa.
L'equità: questa manovra ha dato l'impressione di voler combattere i ricchi; ha fatto molto poco per i poveri.
La lotta all'evasione: aumentare le aliquote stimola l'evasione. Se Visco afferma di voler restituire i soldi fra un anno, perché non abbassare le aliquote già nella finanziaria?
Il trattamento di fine rapporto: c'è problema liquidità: una impresa con oltre 50 dipendenti dovrà mendicare alla banca un finanziamento bancario per il 2-3 per cento del costo del lavoro.
Per quanto riguarda le riforme della spesa, è vero che la Commissione Giarda rappresenta il primo tentativo serio di guardare alla spesa pubblica ricominciando da zero. Qualsiasi riforma della spesa ha però bisogno di una precondizione: una vera mobilità del personale pubblico. Ma nella pratica anche le mobilità contrattate si scontrano con mille difficoltà di applicazione.
Per tutte queste ragioni e per tante altre, che non abbiamo potuto esaminare in dettaglio, Alleanza Nazionale si batterà in quest'aula e nelle piazze d'Italia contro questa manovra di finanza e di bilancio.