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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 136, recante proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali (A.C. 14) (ore 10,30).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 14)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.Pag. 6
Avverto che la Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Cordoni, ha facoltà di svolgere la relazione.
ELENA EMMA CORDONI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo ad affrontare l'esame di un decreto-legge recante disposizioni che prorogano alcuni termini in materia di ammortizzatori sociali.
Si tratta di un provvedimento che, in primo luogo, proroga la scadenza di ammortizzatori sociali che possono essere concessi sulla base di accordi nazionali, sottoscritti presso il Ministero del lavoro. Tali accordi sono previsti da una normativa vigente nel nostro ordinamento già a partire dal 2001.
Mi preme sottolineare come ciò dimostri l'esigenza di procedere alla riforma degli stessi ammortizzatori sociali, in quanto già da quel periodo siamo costretti ad adottare forme particolari di intervento, dal momento che la normativa vigente non è sufficientemente in grado di prevedere tutti gli interventi di tutela sociale che, nel tempo, si sono rivelati necessari. Mi riferisco ad accordi nazionali che riguardano, normalmente, anche settori non ricompresi nell'ambito della legge n. 223 del 1991, proprio in materia di ammortizzatori sociali.
La normativa in esame, dunque, non modifica la copertura finanziaria esistente, ma stabilisce che il costo della proroga resta comunque nell'ambito della spesa programmata con la legge finanziaria per il 2006, la quale aveva già previsto la possibilità di riconoscere gli ammortizzatori sociali in deroga entro il 31 dicembre 2006.
La seconda proroga disposta dal provvedimento in oggetto, invece, concerne la possibilità di stipulare, sempre presso il Ministero del lavoro, gli accordi in oggetto entro il 31 maggio del corrente anno, anziché entro il 31 marzo. Il piano di riparto del relativo fondo può essere approvato entro il 15 giugno, e ciò riguarda specialmente le imprese interessate al reimpiego dei lavoratori ultracinquantenni.
Come già affermato, pertanto, ci troviamo di fronte alla proroga di alcune scadenze, che tuttavia non intervengono nel merito della normativa previgente.
Con l'articolo 2 del provvedimento in esame, invece, si provvede a rifinanziare la legge n. 80 del 2005. Ciò si rende necessario perché, con la legge finanziaria per il 2006, il Governo allora in carica non previde alcuna dotazione finanziaria per il fondo da essa contemplato.
Nel decreto in parola, approvato il 3 aprile, si è deciso di disporre, solo per il 2006, uno stanziamento di 15 milioni di euro, relativo ad un fondo finalizzato a salvare e ristrutturare alcune imprese in crisi, nell'ambito delle direttive e degli aiuti di Stato che l'Unione europea ha reso possibili per questo tipo di aziende. Stiamo parlando della questione maggiormente discussa in Commissione; si tratta infatti di un terreno su cui, chiaramente, si registrano opinioni diverse non tanto perché non si ritengono utili strumenti di intervento di questo tipo o perché si tratta di aiuti alle imprese, ma perché queste funzioni sono state prevalentemente assegnate dalla normativa del 2005 alla competenza di Sviluppo Italia. Su questo, come tutti sappiamo, vi è una volontà di modifica prevista dal programma del centrosinistra.
Detto ciò, riteniamo che questo provvedimento in scadenza debba essere celermente convertito in legge, poiché stiamo intervenendo su normative che possono aver creato delle attese, delle aspettative - mi riferisco specialmente all'articolo 2 - in capo ad imprese che in questi mesi di vigenza del decreto hanno ritenuto di aver trovato in esso un'ancora di salvataggio.
Quindi, si tratta di un provvedimento che prevede - come ricordato in precedenza - interventi in materia di ammortizzatori sociali; tra l'altro, poiché scadrà il 3 o il 4 giugno - non ricordo bene -, abbiamo pochissimo tempo a nostra disposizione per poterlo convertire in legge.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica dopo aver ascoltato il dibattito.
PRESIDENTE. Sta bene.
Constato l'assenza del deputato Campa, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, questo provvedimento richiede, a mio giudizio, una discussione separata dei due articoli di cui si compone l'originario decreto-legge il quale, lo ricordo, prevede all'articolo 1 una serie di proroghe di termini: dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2007, dal 31 marzo 2006 al 31 maggio 2006, infine dal 15 aprile al 15 giugno 2006. Vi è poi un secondo articolo in cui non è previsto un vero e proprio incremento - come nella lettera stessa dell'articolo 2 -, poiché di fatto si tratta di un rifinanziamento.
Per quanto concerne l'articolo 1, non mi pare vi sia molto da discutere perché, certamente, vi sono tutte le condizioni e i requisiti affinché si dia luogo a questa proroga di termini. Ricordo che il rappresentante del Governo in Commissione ci ha proposto un prospetto riassuntivo degli accordi firmati al 22 maggio, quindi mancava ancora una settimana alla scadenza del nuovo termine, fissato per il 31 maggio. Già fino a quel momento erano stati stipulati accordi che riguardavano circa il 50 per cento dei lavoratori coinvolti - 3.000 lavoratori -, mentre mancava ancora del tempo per gli ulteriori accordi da firmare riguardanti la restante parte di lavoratori.
Non vi è alcun dubbio sull'esigenza di queste proroghe. In particolare, il comma 2 dell'articolo 1 concerne il reimpiego di lavoratori ultracinquantenni, che beneficiano del programma sperimentale per il sostegno al reddito, nonché il termine per il relativo piano di riparto.
Conosciamo bene le problematiche che insorgono nel paese quando un lavoratore che ha superato i 50 anni si trova in una condizione di disoccupazione. Spesso si tratta anche di lavoratori che potrebbero avere maggiori difficoltà di altri ad adeguarsi, in particolare, ai sistemi informatici con i quali oggi si lavora. Senza tener conto che la legge Biagi, per la parte che agevola in modo evidente l'assunzione in forme diverse, in particolare con contratti a tempo determinato, finisce certamente per creare ulteriori difficoltà in ordine all'assunzione di questo tipo di lavoratori. Pertanto, per quanto concerne questa parte dell'articolo 1, non vi è discussione.
Una diversa riflessione va svolta, invece, con riferimento all'articolo 2. Tale norma non si limita ad integrare o incrementare uno stanziamento, ma rifinanzia un capitolo di spesa che non era stato previsto. Al riguardo, anche nel dossier preparato dagli uffici vi è qualche riserva sul piano della legittimità. Ad oggi, salvo che il rappresentante del Governo, in sede di replica, non modifichi le informazioni che ci ha riferito, non risulta che l'articolo 2 abbia prodotto alcun effetto reale.
Vorrei ricordare che il precedente fondo stanziato per il 2005, di 35 milioni di euro, come ha affermato il rappresentante del Governo, in base all'istruttoria svolta da Sviluppo Italia, si era completamente esaurito con una serie di interventi (Cit, Ixfin, Ottana, New Interline), rinunciando anche al finanziamento di un'impresa delle Marche per due milioni di euro. Quindi, in realtà non si trattava di un vero e proprio esaurimento: Sviluppo Italia, terminate le risorse, aveva respinto le ulteriori domande.
Tuttavia, non sembra si sia prodotto alcun effetto in ordine a questi 15 milioni di rifinanziamento. Vorrei ricordare che la riserva avanzata dagli stessi uffici riguarda un dubbio relativo all'omogeneità delle disposizioni. In altri termini, mancherebbe il rigoroso rispetto dei criteri di specificità ed omogeneità, poiché si tratta di una Pag. 8disposizione che non ha alcun diretto riferimento all'articolo 1 del provvedimento in discussione.
Vorrei anche ricordare che l'articolo 77 della Costituzione, ai commi secondo e terzo, stabilisce che, quando in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta provvedimenti provvisori con forza di legge, le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. In questo caso, addirittura si verte nell'ipotesi in cui non si è prodotto alcun effetto!
Mi chiedo, allora, se, sotto questo profilo, tale provvedimento abbia un significato. Se ci fosse stata l'urgenza, quanto meno una procedura di qualche tipo per invitare le imprese in crisi a presentare domanda a valere su questo fondo si sarebbe dovuta avviare.
Poiché risulta che nessuna procedura sia stata avviata, ritengo che non sia logico rifinanziare in questo momento un fondo, preferendo che il Governo esprima valutazioni nella propria autonomia, anche alla luce di criteri di trasparenza che possono essere utilizzati nella presentazione delle domande. Ho perciò proposto un emendamento soppressivo relativo a questa parte del provvedimento.
Ribadisco che, trattandosi di un rifinanziamento, sarebbe bene che il Governo, valutata la situazione, procedesse autonomamente con un disegno di legge specifico riguardante la situazione di imprese in crisi, che non dubito vi siano nel paese, ma vorrei che le richieste di finanziamento avvenissero secondo una procedura trasparente e chiara, mentre non si capisce la motivazione di questo rifinanziamento a quattro giorni dalle elezioni che - ripeto - non ha prodotto, a quanto consta fino ad oggi, alcun effetto giuridico nei confronti di chicchessia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.
ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, consentitemi di iniziare il mio intervento con una battuta, che vuole essere soprattutto una constatazione.
Certamente non con la stessa autorevolezza del Presidente Bertinotti, ma forse con maggiore convinzione, anch'io, semplice parlamentare, voglio iniziare il quarto mandato conferitomi dagli elettori salutando non solo gli operai e le operaie d'Italia, destinatari esclusivi del saluto del Presidente della Camera, ma anche quei milioni di piccoli e medi imprenditori che, nel corso di questi anni, a causa di una politica imposta da lobby industriali, di concerto con il sindacato di sinistra, sono stati penalizzati a favore della grande industria che, attraverso una politica economica ed assistenzialista, ha prodotto prima la cassa integrazione e poi il licenziamento di migliaia di operai e di operaie.
Il Presidente Bertinotti saluta questi lavoratori, dimenticandosi però di ringraziare quei milioni di piccoli e medi imprenditori, quei commercianti e quegli artigiani che hanno assorbito oltre l'80 per cento di questa grave e provocata disoccupazione, la cui responsabilità politica è facilmente individuabile. Non a caso il precedente Governo si è fatto carico, attraverso decine di provvedimenti legislativi, di andare incontro alla piccola e media impresa che, ancora oggi, contribuisce ad oltre il 70 per cento del prodotto interno lordo del nostro paese; quella piccola e media impresa che continua a garantire il lavoro a milioni di giovani e meno giovani i quali, in mancanza dei vari provvedimenti adottati dal Governo Berlusconi, compreso quello in esame, avrebbero avuto una sola certezza: la disoccupazione.
Sulla legge Biagi avremo sicuramente modo di parlare nel corso della legislatura, ma il provvedimento in esame, che non ha nulla a che vedere con la flessibilità del contratto di lavoro, si inserisce proprio in quella concezione di politica del lavoro che ha ispirato tutti i provvedimenti del Governo Berlusconi, e cioè quella di garantire la ricollocazione dei lavoratori nel caso di situazioni che possano metterne in pericolo il posto di lavoro e, contestualmente, assicurare loro un sostegno al reddito Pag. 9fino a tale ricollocazione o, comunque, sino alla cessazione delle situazioni che hanno richiesto l'utilizzo degli ammortizzatori sociali.
Il decreto-legge in esame scaturisce proprio dall'attuazione di questa idea di politica del lavoro, volta a finanziare gli interventi per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese, a tutelare il tessuto produttivo nazionale e, di conseguenza, a preservare, all'interno dello stesso, l'occupazione dei lavoratori. Riconoscere il diritto al lavoro, mettendo a disposizione dei lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita nel caso di disoccupazione involontaria, vuol dire anche rispettare - e mi sembra che qualche collega lo abbia, poco fa, sottolineato - i principi dettati dalla nostra stessa Costituzione.
Questo decreto-legge prevede, all'articolo 1, comma 1, l'utilizzo fino al 31 dicembre 2007 degli ammortizzatori sociali concessi sulla base di accordi governativi stipulati per aree territoriali, proprio al fine di agevolare la gestione dei programmi di reimpiego. Debbo confessare che, dalla lettura dei verbali della Commissione riunitasi in due sedute martedì 23 maggio, si evince, da parte dell'attuale maggioranza, una contraddizione nelle valutazioni dei rappresentanti dei partiti. Si arriva persino a proporre la riorganizzazione di Sviluppo Italia, senza conoscere l'esatta funzione di supporto che questo ente ha nei confronti del Ministero delle attività produttive, ora Ministero per lo sviluppo economico.
Si parla, e qualche collega lo ha sottolineato, della trasparenza dei bandi per l'erogazione delle risorse finanziarie, senza sapere che sull'individuazione delle imprese e sul relativo finanziamento non vi è alcuna discrezionalità - ripeto: alcuna discrezionalità - di decisione da parte di Sviluppo Italia. Se poi l'attuale maggioranza vuole intraprendere una polemica su Sviluppo Italia per trovare il sistema di sopprimere questo ente o per sostituire l'attuale dirigenza, lo si dica con chiarezza.
I colleghi che hanno dei pregiudizi nei confronti di Sviluppo Italia, in relazione ad una attività che è possibile considerare appena marginale rispetto alla missione istituzionale, abbiano l'onestà intellettuale di ammettere che il decreto-legge n. 35 del 2005, al comma 5 dell'articolo 11, precisa che il coordinamento e il monitoraggio per il finanziamento degli interventi consentiti sono svolti «da un apposito comitato tecnico nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che opera sulla base degli indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti», di cui, peraltro, non fa parte nessun rappresentante di Sviluppo Italia.
In poche parole, la trasparenza - parola che in quest'aula ho sentito ripetere molte volte - per la scelta di un finanziamento ad un'impresa non la si può chiedere a Sviluppo Italia che ha solo l'onere, all'atto della presentazione della domanda da parte delle imprese che intendono accedere al fondo, di effettuare una verifica preliminare dei requisiti di ammissibilità, per poi trasmetterla, entro 15 giorni dalla ricezione, al Ministero delle attività produttive e al comitato tecnico di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 35 del 2005. È quest'ultimo ad esprimere le proprie indicazioni e a comunicarle al Ministero delle attività produttive che detiene - lo ripeto - l'esclusiva competenza di effettuare l'istruttoria, avvalendosi sì di Sviluppo Italia, ma - come correttamente il sottosegretario Rinaldi, e di questo gliene rendiamo atto, nel corso dei lavori della Commissione ha chiaramente precisato - è il ministero, di fatto, che ammette le imprese ai finanziamenti.
Si facciano pure allora, consentitemi di dirlo, delle polemiche, che fanno parte della dialettica politica, ma non mettiamo in pericolo un articolo volto a creare una dotazione finanziaria, per l'anno 2006, per il Fondo relativo agli interventi per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese.
Mi auguro che i colleghi (ho sentito poco fa un collega che parlava di soppressione e che in Commissione ha avanzato delle perplessità talvolta non comprensibili) sappiano che l'articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 35 del 2005, prevede Pag. 10un finanziamento solo per il 2005; lo ripeto: solo per il 2005. Se non dovessimo approvare l'articolo 2, inviterei questi colleghi a spiegare ai lavoratori appartenenti a settori che non beneficiano ordinariamente degli ammortizzatori sociali il perché abbiamo voluto eliminare questo articolo, abolendo un modo per agevolare la ricollocazione dei lavoratori ultracinquantenni, appartenenti ad imprese che incontrano difficoltà sul piano produttivo ed occupazionale, e assicurando nel contempo un sostegno al reddito fino alla ricollocazione o al pensionamento degli stessi lavoratori.
Ritengo che - e dal dibattito questo si evince - forse ad alcuni colleghi sfugge il dramma che vivono alcune aziende agricole che hanno presentato la domanda (e mi rivolgo al collega che poco fa è intervenuto) e sono interessate dall'influenza aviaria. Come sicuramente non può sfuggire agli stessi colleghi che, con l'articolo 2 del decreto-legge in esame, si proroga un termine di un programma sperimentale previsto dal decreto-legge n. 68 del 2006 per il sostegno al reddito finalizzato all'impiego di 3 mila lavoratori ultracinquantenni - lo ripeto: 3 mila lavoratori ultracinquantenni -, sulla base di accordi sottoscritti tra il ministero e i sindacati maggiormente rappresentativi.
Allora, se si vuol far polemica perché questo decreto-legge è stato proposto da un ottimo ministro del lavoro come il ministro Maroni, la si faccia pure, ma stiamo attenti a non tirare troppo, cari colleghi, una corda che si spezzerebbe ai danni di migliaia di lavoratori, costringendo, tra l'altro, il Presidente Bertinotti a rivedere il suo saluto agli operai e alle operaie d'Italia, casomai riducendolo soltanto ai lavoratori al di sotto dei 50 anni. Non tutti, infatti, potrebbero beneficiare - se voi voterete contro l'articolo 2 - di quanto previsto dal decreto-legge in esame, alla cui conversione siamo favorevoli (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Signor Presidente, il provvedimento all'esame dell'Assemblea riguarda la conversione in legge del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 136, relativo alla proroga dei termini in materia di ammortizzatori sociali e allo stanziamento di risorse per il Fondo per la ristrutturazione delle imprese in crisi.
Come già ricordato da altri colleghi e dalla relatrice, l'articolo 1, comma 1, fermo restando il limite complessivo di spesa di 480 milioni di euro, di cui all'articolo 1 della legge n. 266 del 2005, prevede la possibilità di utilizzare fino al 31 dicembre 2007 gli ammortizzatori sociali in deroga, concessi sulla base di accordi governativi stipulati per aree territoriali o per settori. Il termine originariamente previsto era il 31 dicembre 2006 e il differimento di tale termine ha la finalità di agevolare la gestione di programmi di reimpiego dei lavoratori.
Il citato articolo 1, comma 410, prevede infatti che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali - ricordo al collega che mi ha preceduto che, in cinque anni, il Governo di centrodestra non ha ritenuto di attuare tale riforma -, il ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, possa concedere, anche in deroga alla normativa ordinaria, trattamenti di integrazione salariale straordinaria di mobilità e di disoccupazione speciale.
Il comma 2 dello stesso articolo 1 proroga invece dal 31 marzo 2006 al 31 maggio 2006 il termine entro il quale devono essere sottoscritti gli accordi tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le organizzazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e le imprese per il reimpiego dei lavoratori ultracinquantenni che beneficiano del programma sperimentale per il sostegno al reddito.
Lo stesso comma proroga conseguentemente dal 15 aprile 2006 al 15 giugno 2006 il termine entro il quale deve essere approvato il piano di riparto del contingente numerico previsto tra le imprese interessate al reimpiego dei lavoratori ultracinquantenni.Pag. 11
L'articolo 2 dispone invece per l'anno 2006 uno stanziamento di 15 milioni di euro, relativi al Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in crisi. Ricordo, in proposito, che le attività di coordinamento e monitoraggio degli interventi del fondo sono svolte da un apposito comitato tecnico, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che opera sulla base degli indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti. Tali amministrazioni si avvalgono di Sviluppo Italia Spa per la valutazione ed attuazione dei citati interventi; inoltre, la delibera CIPE del 29 luglio 2005, n. 101, ha individuato i criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni relative alle istituzioni del fondo e alle attività di coordinamento e monitoraggio. Questo è il quadro normativo.
Rilevo, inoltre, come gli articoli 1 e 2 che compongono il decreto-legge in esame, pur essendo entrambi finalizzati al sostegno di situazioni di crisi aziendale e occupazionale, abbiano natura differente. Il primo riguarda infatti la possibilità di utilizzare gli ammortizzatori sociali sulla base di accordi stipulati per aree territoriali o per settori, mentre il secondo prevede quello che viene definito nel testo un incremento del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato che, tuttavia, è più propriamente un rifinanziamento in quanto, fino all'emanazione delle decreto-legge in esame, il fondo medesimo non disponeva di alcuna dotazione finanziaria per il 2006, come precisato nello stesso dossier redatto dal Servizio studi della Camera.
Infatti, il richiamato articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 35 del 2005, ha predisposto uno stanziamento pari a 35 milioni di euro per il solo 2005. Per tale motivo, sarebbe stato più opportuno utilizzare nel testo del decreto il termine «rifinanziato», in luogo di «incrementato».
Con riferimento all'articolo 1, trattandosi di proroga di termini, sussistono innegabilmente i prescritti requisiti di necessità e di urgenza, mentre non altrettanto palesi essi appaiono relativamente all'articolo 2, che interviene su una materia che obiettivamente poteva essere affrontata dal nuovo Governo attraverso un provvedimento di carattere più organico.
È infatti del tutto evidente che le politiche di sostegno alle aziende in crisi rientrano nelle scelte di politica economica che le forze politiche che hanno formato il nuovo Governo hanno delineato nelle proposte programmatiche presentate al paese, su cui hanno chiesto e ottenuto il consenso degli elettori. Questo per dire, in sostanza, che legittimamente Governi diversi su materie particolarmente complesse, che richiedono significative risorse pubbliche, possono perseguire obiettivi anche condivisi sul piano generale di principio, ma possono avere - ed io dico devono avere - opzioni e modalità di intervento assai differenti.
È altrettanto evidente come la materia degli ammortizzatori sociali, affrontata nell'articolo 1 del provvedimento, e quella relativa al sostegno alle aziende in crisi, di cui all'articolo 2, siano collegate, perché entrambe attinenti alla tutela del lavoro e alla salvaguardia di risorse produttive colpite da crisi gravi riconducibili non sempre a fattori imputabili ad errate politiche aziendali, bensì a fattori esterni di mercato, di concorrenza o ad eventi straordinari che colpiscono intere filiere di mercato. È altrettanto innegabile, però, che in riferimento alla materia trattata dall'articolo 2 - come confermato da esponenti della ex maggioranza di Governo, ora opposizione, anche in sede di Commissione speciale che ha esaminato il provvedimento - nel corso dell'esame della legge finanziaria 2006 non si erano trovate le risorse per il finanziamento del fondo, e quindi, per rispondere ad alcune specifiche situazioni di crisi aziendale, è stato previsto il citato articolo 2 su sollecitazione del Ministero delle attività produttive, in accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.Pag. 12
Per questo si ribadisce la sensibile differenza tra l'articolo 1 e l'articolo 2, in quanto il primo riguarda accordi già definiti, mentre il secondo progetti non ancora ben delineati. Come ha avuto modo di precisare la sottosegretaria Rinaldi in Commissione speciale, lo stanziamento previsto per l'anno 2005 ha riguardato quattro imprese, mentre un'altra impresa ha rinunciato al finanziamento. Esauriti i fondi, Sviluppo Italia ha restituito le ulteriori domande, senza procedere all'apertura delle buste residue. Così come previsto dalle norme vigenti, l'istruttoria è stata svolta ovviamente da Sviluppo Italia, mentre è il Ministero delle attività produttive, ora Ministero dello sviluppo economico, che ha ammesso le imprese ai finanziamenti. Credo che il Governo chiarirà in sede di esame del provvedimento in Assemblea se l'assegnazione degli ulteriori 15 milioni di euro di rifinanziamento andranno a quelle aziende che hanno già presentato richiesta scritta.
Va sottolineato che in più occasioni, nella precedente legislatura, l'opposizione aveva sollevato perplessità in ordine alle modalità operative di Sviluppo Italia e si intende ribadire, in occasione dell'esame di questo provvedimento, che l'attuale maggioranza intende affrontare il tema della imprescindibile e necessaria trasparenza nell'adozione di criteri e modalità per le risorse pubbliche, quando queste intervengano in ambito economico a sostegno di realtà e aziende in difficoltà o che intraprendano percorsi di ristrutturazione e risanamento. Questa maggioranza è consapevole che non possono andare deluse attese precedentemente attivate e che si deve garantire continuità amministrativa - concetto a noi ben noto, che non sempre l'attuale opposizione ha garantito in passato - e di intervento rispetto ad impegni assunti, di cui non portiamo responsabilità politica diretta, ma alla quale non intendiamo sottrarci nell'attuale responsabilità di Governo.
Intendiamo però ribadire che si rende necessario un profondo ripensamento sulle modalità operative finora messe in campo che riguardano Sviluppo Italia. C'è la necessità infatti di affrontare in modo più organico la materia disciplinata nell'articolo 2 del provvedimento in esame. C'è sicuramente la necessità per il futuro di garantire sicura trasparenza delle procedure per l'assegnazione delle risorse, basate su criteri oggettivi e riscontrabili. È del tutto evidente che la ristrettezza dei tempi per la conversione in legge del decreto e dunque per il Governo stesso per l'approfondimento delle questioni poste con riferimento all'articolo 2 del provvedimento in esame non consente in questa occasione di sciogliere in modo definitivo le riserve relative a Sviluppo Italia e ai necessari criteri di trasparenza dei bandi per l'erogazione delle risorse finanziarie. Sono certa che il Governo se ne farà carico anche per indicare come intende procedere per il futuro.
In una fase economicamente difficile per il paese, che necessita da questo punto di vista di rilancio e di riequilibrio sociale, che vede anche settori produttivi dibattersi in una crisi profonda, e con un segno fortemente negativo nei conti pubblici, le risorse dello Stato devono essere oculatamente gestite e destinate in base a scelte di priorità efficaci, affinché l'aiuto pubblico funzioni davvero da volano per una ripresa economica che non sia congiunturale né un semplice palliativo.
È con questo impegno, con questa volontà, con queste finalità, comprensivi dell'attesa riforma degli ammortizzatori sociali - che, lo ribadisco, in cinque anni, la maggioranza di centrodestra non è stata in grado di affrontare -, che a nome del gruppo de L'Ulivo annuncio il voto favorevole al provvedimento, pur ribadendo che la ristrettezza dei tempi non ha consentito l'approfondimento di temi che sicuramente lo meritano, come gli emendamenti proposti denotano.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge 3 aprile 2006, n. 136, di cui discutiamo oggi, reca Pag. 13proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali, nonché lo stanziamento di risorse per il fondo per la ristrutturazione delle imprese in crisi.
Nel dettaglio, l'articolo 1, comma 1, prevede, fermo restando il limite complessivo di spesa di 480 milioni di euro, di cui all'articolo 1, comma 410, della legge n. 266 del 2005, la possibilità di utilizzare, fino al 31 dicembre 2007, gli ammortizzatori sociali in deroga, concessi sulla base di accordi governativi stipulati per aree territoriali o per settori.
Il termine originariamente previsto del 31 dicembre 2006 è stato differito per agevolare la gestione di programmi per il reimpiego dei lavoratori. Il citato articolo 1 prevede dunque che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, il ministro del lavoro, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, possa concedere, anche in deroga alla normativa ordinaria, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale.
Il comma 2 dello stesso articolo 1 proroga dal 31 marzo 2006 al 31 maggio 2006 il termine entro il quale devono essere sottoscritti gli accordi tra il ministro del lavoro e delle politiche sociali, le organizzazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e le imprese per il reimpiego dei lavoratori ultra-cinquantenni che beneficiano del programma sperimentale per il sostegno al reddito. Lo stesso comma proroga, infine, dal 15 aprile 2006 al 15 giugno 2006 il termine entro il quale deve essere approvato il piano di riparto del contingente numerico tra le imprese interessate al reimpiego dei lavoratori ultra-cinquantenni.
Per quanto riguarda l'articolo 2, a nostro avviso quello più problematico, esso dispone per l'anno 2006 uno stanziamento di 15 milioni di euro relativo al Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 35 del 2005.
Gli articoli 1 e 2 che compongono il decreto-legge sono entrambi finalizzati al sostegno in situazioni di crisi aziendale ed occupazionale, pur essendo essi di natura differente. Il primo concerne la possibilità di utilizzare gli ammortizzatori sociali sulla base di accordi stipulati per aree territoriali o per settori; il secondo, invece, prevede un incremento del Fondo per il finanziamento di interventi consentiti dagli orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato.
Ciò premesso, sul piano della redazione formale, i Popolari-Udeur concordano con quanto rilevato in merito in Commissione, ovverosia che l'articolo 2 fa riferimento in modo anomalo ad un incremento del fondo e che meglio si possa parlare di un suo rifinanziamento, visto che la norma istitutiva del fondo ha previsto uno stanziamento pari a 35 milioni di euro per il solo anno 2005, mentre per l'anno 2006 il fondo in questione non dispone di alcuna dotazione finanziaria. Sul punto ci rimettiamo al Governo per la valutazione della trasparenza della procedura seguita per l'assegnazione di risorse che, peraltro, rientra nelle competenze di Sviluppo Italia.
Concludendo, nel complesso i Popolari-Udeur accolgono con favore un provvedimento che intervenga in modo incisivo su una disciplina volta a garantire la ricollocazione dei lavoratori e il rifinanziamento di interventi per il salvataggio delle imprese, considerando detti obiettivi coerenti sia con l'articolo 38 sia con gli articoli 4 e 35 della Costituzione, che riconoscono il diritto al lavoro e prevedono la creazione delle condizioni che rendono effettivo tale diritto.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.