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Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte Costituzionale dal Giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Torino (ore 11,14).
PRESIDENTE. Comunico che, in data 31 ottobre 2006, è stata notificata alla Camera dei deputati un'ordinanza di ammissibilità adottata dalla Corte costituzionale in relazione ad un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'autorità giudiziaria. Si tratta del conflitto elevato dal giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Torino relativo alla delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati in data 22 dicembre 2005 in riferimento a fatti per i quali è in corso un procedimento penale a carico di Sandro Delmastro Delle Vedove, deputato all'epoca dei fatti.
La Giunta per le autorizzazioni, riunitasi in data 8 novembre 2006, ha unanimemente ritenuto che la Camera dei deputati non debba costituirsi in giudizio.
Nella riunione del 15 novembre 2006 l'Ufficio di Presidenza ha deliberato di proporre all'Assemblea che la Camera dei deputati non si costituisca in giudizio.
ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Innanzitutto, su questa proposta dell'Ufficio di Presidenza, noi di Alleanza Nazionale chiediamo un voto. Vorremmo anche capire per quali ragioni la Giunta si sia espressa in senso negativo, cioè per la non costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale.
Ovviamente, si tratta dell'insindacabilità che riguarda un ex collega. Ci sembrerebbe molto più corretto che la Camera, che evidentemente dovrebbe tutelare i propri membri, si costituisse in quella sede ed esprimesse compiutamente le ragioni a sostegno dell'insindacabilità contestata dal giudice di Torino innanzi alla Corte costituzionale. Inoltre, sarebbe sicuramente utile conoscere le ragioni per le quali, secondo colui che ha adottato questa decisione, ciò non dovrebbe accadere.
In ogni caso, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, chiedo che questa specifica proposta sia sottoposta al voto dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevole Lo Presti, lei chiede quindi che si voti su questo punto?
ANTONINO LO PRESTI. Assolutamente, sì.
Pag. 3PRESIDENTE. La proposta è stata letta ma le relazioni non ci sono. A questo punto, prendo atto della richiesta da lei formulata e darò la parola ad un oratore a favore e ad uno contro.
CARLO GIOVANARDI, Presidente della Giunta per le autorizzazioni. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sta bene. Prima di procedere come stabilito, do la parola all'onorevole Giovanardi, in qualità di presidente della Giunta per le autorizzazioni. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI, Presidente della Giunta per le autorizzazioni. Intervengo su una decisione specifica, che tuttavia si riallaccia ad una questione fondamentale per chiunque di noi voglia esercitare correttamente e con lealtà le sue funzioni parlamentari.
Mi riferisco alla possibilità, fondamentale per chi svolge la nostra attività, di esercitare liberamente le proprie espressioni di voto e di esprimere liberamente la propria opinione. Questo è un principio costituzionalmente garantito che, tuttavia, ha subito oscillazioni giurisprudenziali molto accentuate da parte della Corte costituzionale.
Per decenni la Corte costituzionale non ha mai sindacato le decisioni del Parlamento laddove esso dichiarava insindacabile l'opinione espressa da un collega (che ciò fosse avvenuto in aula, al di fuori di questa, in atti di sindacato ispettivo, in un comizio, in una trasmissione televisiva o in un congresso di partito).
Recentemente, anche alla luce di vicende di fatto - ricordo quante volte quest'Assemblea si è interessata alle opinioni espresse dall'onorevole Sgarbi -, vi è stato un sensibile cambiamento nella giurisprudenza della Corte costituzionale la quale, qualche anno fa, è addirittura arrivata a stabilire che l'opinione espressa da un parlamentare non è sindacabile solo se pronunciata in aula, nell'ambito del sindacato ispettivo o se, al di fuori dell'aula medesima, tale espressione abbia un nesso funzionale molto stretto con quanto già affermato in Assemblea.
Presso la Giunta per le autorizzazioni stiamo approfondendo questo argomento perché se l'Assemblea si pronuncia nel senso dell'insindacabilità di un'opinione espressa da un collega ma, poi, viene sollevato un conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale e quest'ultima, come ormai avviene sempre più di frequente, annulla la delibera dell'Assemblea, mandando un nostro collega sotto processo - civile o penale che sia -, la nostra attività viene svuotata e la credibilità delle nostre decisioni messa in discussione. Non solo, ma laddove il collega, di destra, di sinistra o di centro, eserciti soltanto il proprio diritto di esprimere un'opinione - questo aspetto mi sta particolarmente a cuore - rischia di essere paralizzato anche da cause temerarie, magari da parte di qualche potere forte che, chiamandolo in giudizio o chiedendogli risarcimenti miliardari, lo paralizzi nella sua funzione parlamentare.
Alcuni rimedi sono stati prospettati: per esempio quello di avere l'accortezza di presentare decine e decine di interrogazioni o di interpellanze in cui un collega parlamentare affronta tutto lo scibile umano, così quando ne parla fuori è comunque formalmente coperto da un atto parlamentare. Capite che si tratta di un escamotage piuttosto meschino, che non ci porta da nessuna parte.
Tutto questo premesso, la Giunta non si limiterà ad approfondire la questione relativa al diritto di opinione di un parlamentare. Abbiamo infatti intenzione, in un rapporto di leale collaborazione fra organi dello Stato, di aprire un confronto costruttivo con la Corte costituzionale relativamente ad una giurisprudenza che si è modificata nel tempo in maniera radicale: è un po' contraddittorio che per trent'anni la Corte non sia mai entrata nel merito delle decisioni prese dal Parlamento e poi abbia assunto posizioni così restrittive. Ma, onorevoli colleghi, ritengo che, per essere credibili nei confronti dell'opinione pubblica e della Corte costituzionale, Pag. 4dobbiamo anche esercitare la prerogativa di dichiarare insindacabili le opinioni del collega qualora si tratti di opinioni, anche - naturalmente, questa è una mia idea personale - delle più pesanti, delle più cariche di vis polemica. Del resto, un rappresentante del popolo è qui proprio per dire, anche in maniera severa, ciò che il cittadino comune non è in grado di dire. Come ho detto in sede di Giunta, tale è stata la storia parlamentare del nostro paese.
PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi...
CARLO GIOVANARDI, Presidente della Giunta per le autorizzazioni. Arrivo alla conclusione, Presidente. Anche negli anni quaranta, cinquanta, sessanta - anni in cui l'opposizione era di sinistra -, il Parlamento ha sempre difeso la prerogativa dei parlamentari di esprimere opinioni anche pesantissime contro le istituzioni e contro il Governo di allora, sempre con una copertura parlamentare che non contestava il diritto all'esercizio di parola.
Concludo, Presidente. Allora, per essere credibili, bisogna difendere le opinioni. Questo è il mio punto di vista, che ho espresso in Giunta e che la Giunta ha accolto all'unanimità. In questo caso specifico, un collega ha introdotto in carcere una persona, presentandola all'autorità carceraria come una sua collaboratrice. Si è verificato, invece, che questa persona fosse una giornalista che il giorno dopo ha pubblicato un'intervista fatta al detenuto che, insieme al parlamentare, era andata a trovare. Il fatto che un nostro collega, parlando con il direttore del carcere, abbia detto che la persona che lo accompagnava era una sua collaboratrice e non una giornalista non qualifica a mio parere un'opinione. Non è un'opinione. È un dato di un fatto. Quindi, se noi qualifichiamo - come, in maniera molto controversa, è avvenuto in Assemblea nella scorsa legislatura - questa affermazione come un'opinione, sicuramente la Corte costituzionale casserà tale decisione e sicuramente la costituzione in giudizio della Camera dei deputati, a parte il costo economico, sarà assolutamente inefficace, perché la causa è scarsamente difendibile. Soprattutto, compiamo un'azione autolesionista nei confronti di una battaglia, che tutti ritengo dobbiamo fare nel comune interesse, in difesa del nostro diritto di esprimere opinioni non soltanto - come avveniva nel 1800 - nell'aula del Parlamento ma anche sui mezzi di comunicazione di massa, in modo che sia tutelato il parlamentare che, nei talk show televisivi, nei comizi, nei congressi di partito, in piazza, esprime la propria opinione politica. Naturalmente l'opinione deve riguardare questioni politiche e non questioni personali.
Questi sono i motivi per cui la Giunta per le autorizzazioni all'unanimità ha deciso di dire al Presidente della Camera che non ritiene che la Camera si costituisca in questo giudizio.
PRESIDENTE. Dopo l'esposizione dell'orientamento espresso all'unaminità dalla Giunta per le autorizzazioni, darò ora la parola al deputato Buontempo, che ha chiesto di parlare contro la proposta dell'Ufficio di Presidenza.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare preliminarmente per un chiarimento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'Ufficio di Presidenza non si è pronunciato. Ha rinviato la decisione all'Assemblea.
PRESIDENTE. No, l'Ufficio di Presidenza ha definito, a maggioranza, una proposta, che viene sottoposta all'Assemblea.
TEODORO BUONTEMPO. Mi scusi, Presidente...
PRESIDENTE. In Assemblea siamo venuti con una proposta!
Pag. 5TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi permetta: l'Ufficio di Presidenza ha rinviato all'Assemblea la decisione...
PRESIDENTE. No, onorevole Buontempo. Nella riunione del 15 novembre 2006 l'Ufficio di Presidenza ha deliberato di proporre all'Assemblea che la Camera dei deputati non si costituisca in giudizio. Quindi, votiamo su una proposta dell'Ufficio di Presidenza.
Lei ha chiesto di parlare contro tale proposta. Ne ha dunque facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, noi ci pronunciamo sulla proposta della Giunta presieduta dall'onorevole Giovanardi...
PRESIDENTE. No, sulla proposta dell'Ufficio di Presidenza!
TEODORO BUONTEMPO. L'Ufficio di Presidenza non ha fatto una sua proposta nel merito...
PRESIDENTE. Sì, e lei lo sa molto bene, perché era presente ed ero presente anch'io: nella fattispecie, ero anche relatore, come lei sa. L'Ufficio di Presidenza doveva decidere con quale posizione presentarsi in Assemblea e, ascoltate le ragioni - richiamate anche in questa sede - emerse nel dibattito svoltosi nella Giunta per le autorizzazioni, ha ritenuto di condividerle e ha deciso di avanzare la sua proposta all'Assemblea conformemente a quella della Giunta per le autorizzazioni. Quindi, adesso stiamo discutendo - e lei ha chiesto di parlare contro - una proposta formalizzata dall'Ufficio di Presidenza.
TEODORO BUONTEMPO. Non so se i colleghi abbiano potuto recepire dall'intervento del collega Giovanardi il fatto che su questa vicenda la Camera ha già votato: l'Assemblea, in una seduta pubblica, dichiarò insindacabile il comportamento dell'onorevole Delmastro Delle Vedove. La Giunta per le autorizzazioni, presieduta allora dall'onorevole Siniscalchi, propose all'Assemblea l'insindacabilità. L'Assemblea, nella seduta del 22 dicembre 2005, votò l'insindacabilità riconoscendo che le dichiarazioni in oggetto rientravano nelle prerogative previste dall'articolo 68 della Costituzione.
Noi non dobbiamo giudicare i fatti, ma giudicare se quel comportamento rientri o meno nelle prerogative dell'articolo 68. Il collega Delmastro Delle Vedove aveva già presentato un'interrogazione parlamentare, scritta con la consulenza di una persona che lui dichiarava essere una sua collaboratrice. Come è noto a tutti i colleghi, tra il deputato e la collaboratrice non c'è un rapporto di dipendenza di lavoro, c'è una collaborazione. Nel momento in cui ha già compiuto atti parlamentari con l'aiuto di una persona, si reca in carcere, nel rispetto di quanto previsto per le prerogative del deputato, a visitare una persona lì ristretta. Quella persona è la stessa coinvolta nell'interrogazione parlamentare. Il giorno dopo esce un articolo su quella visita: prima di imputarlo al collega Delmastro Delle Vedove va imputato, semmai, alla persona che lo ha accompagnato. Si tratta di una collaboratrice di un deputato in cui lui ha riposto una fiducia tale da farsi accompagnare da lei nelle carceri: eppure, il giorno dopo viene scritto un articolo.
In primo luogo, vorrei far presente a tutti i colleghi che non c'è alcun precedente alla Camera dei deputati nel quale la Camera non si sia costituita di fronte alla contestazione della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha impugnato altre volte il voto espresso da questa Assemblea: da sempre in tali casi la Camera ha fatto opposizione.
Nel momento in cui vi è una deliberazione della Camera, quel voto va rispettato e si deve evitare qualsiasi ingerenza su di esso.
Onorevoli colleghi, si tratta di un fatto di grande importanza, perché riguarda le prerogative di ogni parlamentare. Un eventuale voto che stia a significare, secondo quanto viene proposto, che la Camera non farà opposizione costituirà un Pag. 6precedente, un fatto che avverrebbe per la prima volta alla Camera, che da sempre ha fatto opposizione, anche prescindendo dal merito delle questioni.
PRESIDENTE. Onorevole, la prego di concludere!
TEODORO BUONTEMPO. Concludendo, invito la Camera a respingere la proposta, perché non è mai accaduto il contrario e perché la Giunta per le autorizzazioni aveva affermato che l'atteggiamento dell'onorevole Delmastro Delle Vedove fosse insindacabile, presentando una proposta che venne sottoposta all'aula per l'approvazione o la reiezione e che l'Assemblea, a larghissima maggioranza, approvò confermando quel comportamento come insindacabile.
Mi resta, onorevoli colleghi, del tutto incomprensibile come mai l'onorevole Giovanardi, nonostante tutti i precedenti che vi sono, assuma una posizione a discapito di un ex collega. Per noi il voto dell'Assemblea va difeso e rispettato ed è questo il motivo per cui la Camera dei deputati deve fare opposizione, come è accaduto in centinaia di altri casi.
PRESIDENTE. Desidero precisare, affinché tutti i colleghi abbiano contezza del merito della decisione, che l'Assemblea come ha detto l'onorevole Buontempo, si è già pronunciata sulla vicenda avendo riconosciuto il carattere insindacabile dei fatti in questione, in quanto opinioni espresse nell'esercizio della funzione di parlamentare.
Desidero peraltro ricordare che, in sede di esame del documento in materia di insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Delmastro Delle Vedove, la Giunta per le autorizzazioni propose di dichiarare che i fatti per i quali era in corso il procedimento concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. L'Assemblea ha approvato la proposta della Giunta, deliberando nel senso dell'insindacabilità.
La delibera odierna non attiene pertanto al merito, ma si configura come una decisione di carattere collegato con la difesa della deliberazione di insindacabilità, adottata a suo tempo dall'Assemblea a maggioranza, a fronte della pendenza innanzi la Corte costituzionale di un conflitto di attribuzione sollevato dall'autorità giudiziaria nei confronti della Camera e già giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale. Come loro sanno, la maggior parte dei conflitti di attribuzione, sollevati presso la Corte costituzionale viene risolta sul piano dell'ammissibilità. Il caso in questione è stato risolto positivamente e quindi non vi è da giudicare nel merito.
Come precisato dalla Presidenza della Camera nella seduta del 4 giugno 2006, si tratta non di una valutazione di secondo grado dei fatti, su cui la Camera ha già deliberato nel senso appena detto, bensì di decidere di resistere o meno in giudizio nel conflitto di attribuzione per i motivi sviluppati nella Giunta per le autorizzazioni e qui riferiti dal presidente della Giunta medesima. Non viene, dunque, messa in discussione la deliberazione dell'insindacabilità, ma vi sono alcune ragioni che sono state apprezzate dalla Giunta per le autorizzazioni e che l'hanno indotta ad esprimere unanimemente l'opinione espressa, ragioni che sono state condivise dalla maggioranza dell'Ufficio di Presidenza nel corso della riunione di ieri.