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Discussione delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00026, Pedrizzi ed altri n. 1-00027 e Paoletti Tangheroni ed altri n. 1-00033 sulle iniziative volte a sostenere il rispetto dei diritti umani in Cina (ore 17,03).
(Intervento del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Famiano Crucianelli.
FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi consenta, a titolo di premessa generale, di illustrare le linee della politica dell'Italia e dell'Unione nei confronti della Cina sulla delicata materia dei diritti umani. Volutamente lo farò in modo ordinato, quasi burocratico, evitando di raccogliere sollecitazioni alla polemica quali quelle venute da alcuni interventi; ritengo infatti, come osservava giustamente ora l'onorevole Marcenaro, che sulla materia dei diritti umani sarebbe auspicabile una discussione il più possibile libera anche dalle proprie collocazioni e vocazioni politiche. Sarebbe auspicabile che si potesse registrare su questo terreno fondativo della nostra comune civiltà la convergenza più ampia possibile.
Questo dibattito, che pure è stato molto interessante, ricco e appassionato, in realtà, da tale punto di vista, lascia aperti molti interrogativi.
Non mi riferisco, ovviamente, all'onorevole Barbieri, che, con provocazione benevola, evocava le «biografie». Sarebbe interessante (vorrei dirlo allo stesso onorevole Barbieri) che il medesimo andasse a vedere chi, ad esempio proprio in Cina, più si oppone, oltre ai cinesi, ai diritti del mondo del lavoro, e farebbe scoperte interessanti, proprio a proposito di «biografie»; ma non essendo presente l'onorevole Barbieri, e volendo io restare fedele all'impegno di un intervento ordinato ed il Pag. 95più possibile tranquillo (ripeto: quasi burocratico), non entrerò in tali terreni di polemica.
L'Italia, lo voglio dire con grande chiarezza, con grande nettezza, persegue, anche in ambito europeo, un dialogo chiaro, franco e costruttivo con Pechino nelle materie relative alla protezione e promozione dei diritti umani. Siamo pienamente consapevoli del fatto che la dimensione europea, solo la dimensione europea, assicura quella massa critica necessaria a dare efficacia a chi vuole ingaggiare la Cina su un argomento delicato quale quello dei diritti umani. Siamo altresì consapevoli che la strada del dialogo, scelta dall'Unione europea, è da ritenersi politicamente più efficace rispetto ad azioni di confronto che potrebbero irrigidire l'interlocutore, senza conseguire risultati sul campo.
Sul piano europeo, sin dal 1997, esiste un dialogo strutturato Unione europea-Cina che, su base semestrale, si svolge alternativamente nella capitale europea che esercita la presidenza di turno dell'Unione ed a Pechino. Tali consultazioni forniscono anche occasione all'Unione europea di segnalare alle autorità cinesi casi individuali di detenuti per reati d'opinione, di vittime di trattamenti inumani e degradanti e di condanne a morte. La ventiduesima sessione del dialogo si è svolta a Pechino il 19 ottobre 2006, secondo un'agenda concordata che comprendeva le questioni del rispetto della libertà di espressione, la lotta alla discriminazione razziale, la riforma del sistema di giustizia penale e la cooperazione con i meccanismi «onlusiani» competenti per i diritti umani. In sede di valutazione dell'ultima sessione del dialogo, i partner dell'Unione europea hanno convenuto che i cinesi hanno certo compiuto alcuni progressi dall'inizio del dialogo, soprattutto in termini di procedure e di approvazioni di leggi, ma che ancora molto resta da fare. Pur con tutte le difficoltà incontrate, l'Italia ritiene che lo strumento del dialogo Unione europea-Cina rappresenti uno strumento fondamentale per assecondare un'evoluzione della politica cinese in materia di diritti umani.
Passo al tema delle violazione dei diritti umani, in particolare della libertà religiosa, al centro di tutte le mozioni presentate e, in particolare, di quelle aventi come primi firmatari rispettivamente gli onorevoli Pedrizzi, Paoletti Tangheroni e Volontè. Vorrei anzitutto precisare che, per l'importanza che riveste quale diritto fondamentale ed inalienabile, la libertà religiosa è uno tra i temi su cui si concentra maggiormente l'attenzione dell'Italia e dell'Unione europea nei confronti della Cina. In occasione dell'ultima sessione del dialogo Unione europea-Cina sui diritti umani, l'Unione europea ha nuovamente sollecitato la Cina ad uniformarsi al patto sui diritti civili e politici che la Cina stessa ha firmato ma non ha ancora ratificato e alle altre convenzioni internazionali. Per far ciò, la Cina dovrebbe ampliare la definizione di religione ufficiale ed eliminare l'obbligo di registrazione e approvazione per i gruppi e per le pratiche religiose che al momento non sono riconosciuti dalle autorità cinesi.
Su precisa iniziativa italiana - lo sottolineo, su precisa iniziativa italiana, anche in relazione a diverse polemiche che sono state fatte all'interno di quest'aula nei confronti della politica del Governo italiano - ripeto ancora, su precisa iniziativa italiana, sono stati inoltre esplicitamente menzionati gli atti di repressione verificatisi negli ultimi tempi nei confronti di gruppi religiosi protestanti e cattolici non ufficiali, sollecitando la Cina anche ad acconsentire al più presto alla visita dello special rapporteur delle Nazioni Unite sulla libertà religiosa. In occasione dei viaggi in Cina del Presidente del Consiglio, onorevole Prodi, e del ministro degli affari esteri, onorevole D'Alema, la libertà religiosa ha occupato un posto di rilievo, insieme a tutta la tematica della tutela dei diritti umani.
In particolare, il Presidente del Consiglio non solo ha espresso le preoccupazioni italiane per le violazioni che si registrano in Cina del diritto alla libertà Pag. 96religiosa, ma è anche intervenuto esplicitamente in merito all'arresto, avvenuto l'11 settembre scorso, del vescovo cattolico.
Il ministro degli affari esteri Massimo D'Alema, per parte sua, nella sua recente visita in Cina del 13-15 novembre scorso, ha avuto modo di ribadire la posizione europea del Governo italiano sulla questione dei diritti umani, ricordando, negli incontri avuti con le massime autorità cinesi, la necessità che vengano compiuti da parte della Cina passi in avanti sul fronte della libertà di espressione, della libertà religiosa e della tutela dei diritti delle minoranze, citando, nello specifico, i casi del Tibet e dello Xinjiang. Il ministro D'Alema non ha mancato, inoltre, di evocare con la controparte cinese anche alcuni casi individuali di giornalisti e avvocati ingiustamente imprigionati perché sostenitori delle cause delle fasce più povere della popolazione. Da parte di entrambi è stato inoltre fatto osservare alla parte cinese il forte impegno dell'Italia nella campagna mondiale per l'abolizione della pena di morte. È stata reiterata la posizione italiana, che considera la pena di morte priva di ogni effetto di deterrenza, inumana, crudele e degradante.
Le mozioni attualmente all'esame, in particolare quelle degli onorevoli Rampelli e Paoletti Tangheroni, si soffermano poi sulla questione dell'embargo sulla vendita di armi alla Cina, deciso, come è stato ricordato in questo dibattito più volte, dalla Comunità europea il 27 giugno 1989, all'indomani del massacro di piazza Tienanmen. Il tema sarà esaminato dal Consiglio affari generali dell'11 dicembre prossimo, nel contesto più generale del dibattito sulle relazioni Unione europea-Cina. I ministri prenderanno le mosse anche dalle recenti raccomandazioni della Commissione, che suggerisce di lavorare assieme, nell'intento di migliorare l'atmosfera e le relazioni Unione europea-Cina, per affrontare la questione dell'embargo e i temi ad esso correlati.
Se questo orientamento fosse mantenuto, i ministri potrebbero confermare la disponibilità a continuare a lavorare in direzione della revoca dell'embargo, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2004. Va ricordato che, già in quella occasione, i Capi di Stato e di Governo, nel ribadire la volontà politica dell'Unione europea di operare per un miglioramento della situazione dei diritti umani in Cina, avevano fatto stato della disponibilità dei paesi membri a prendere in considerazione l'ipotesi di una revisione dell'embargo e, comunque, un'eventuale revoca avrebbe dovuto essere affiancata sia da un apprezzamento del codice di condotta dell'Unione europea per l'esportazione di armi, sia dall'adozione della cosiddetta tool box.
Un primo accordo politico su questo codice di condotta rafforzato è stato raggiunto tra i partner comunitari nel giugno 2005. Tuttavia, l'adozione formale di una posizione comune da parte del Consiglio è stata sospesa, anche a causa degli effetti concomitanti dei due fattori: in primo luogo, l'approvazione da parte cinese, il 14 maggio 2005, della cosiddetta legge antisecessione; questa, pur ribadendo che la Cina farà ogni sforzo per la riunificazione pacifica dell'isola alla madrepatria, statuisce al tempo stesso la risolutezza di Pechino a fare ricorso a tutti i mezzi necessari per stroncare ogni tentativo delle forze indipendentiste di Taiwan; in secondo luogo, i progressi, ancora distanti dagli standard auspicati, che si erano potuti registrare nel dialogo Unione europea-Cina in materia di diritti umani.
Nei colloqui avuti dal Presidente del Consiglio Prodi e dal ministro degli esteri D'Alema, è stato ribadito che la decisione sull'embargo è una decisione europea e che l'Italia è pronta a dare un contributo positivo, una volta che si realizzino le condizioni necessarie alla rimozione dell'embargo, secondo quanto stabilito dal Consiglio europeo del dicembre 2004. La posizione italiana, espressa dal Presidente del Consiglio e dal ministro degli esteri, è in linea con quella europea, essendosi peraltro ispirata al comunicato congiunto emesso al termine del IX summit Unione europea-Cina, che si è tenuto il 9 settembre scorso ad Helsinki. Nel punto n. 6 del comunicato, l'Unione europea riconosce, Pag. 97infatti, l'importanza di tale questione e conferma la sua disponibilità a lavorare nella direzione di un superamento dell'embargo, sulla base del comunicato congiunto del summit Unione europea-Cina del 2004 e delle successive conclusioni del Consiglio europeo.
Come vedete, la posizione che ho voluto ribadire in questa sede è molto chiara. La posizione dell'Italia, infatti, è strettamente legata alle decisioni che saranno assunte in sede di Unione europea e, quindi, non ha nulla di unilaterale. Si tratta di un atteggiamento che, come ho già ribadito e ripetuto più volte, si collega strettamente al rispetto delle conclusioni approvate dal Consiglio europeo.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 19,50, è ripresa alle 20.