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Seguito della discussione delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00026, Pedrizzi ed altri n. 1-00027, Paoletti Tangheroni ed altri n. 1-00033, Volontè ed altri n. 1-00052, D'Elia ed altri n. 1-00053, Bonelli ed altri n. 1-00054, Venier ed altri n. 1-00057, Maroni ed altri n. 1-00059 e Sereni ed altri n. 1-00063 sulle iniziative volte a sostenere il rispetto dei diritti umani in Cina.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Al riguardo, vorrei ricordare a tutti colleghi che dovranno tenere conto dei tempi residui, perché la discussione ha già assorbito gran parte del tempo a disposizione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani, che dispone di sette minuti di tempo. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, credo che la Repubblica popolare cinese costituisca una delle grandi contraddizioni del nostro tempo proprio perché, contrariamente a quanto avvenuto negli altri paesi comunisti dell'Europa centro-orientale, caratterizzati da un rigido rispetto dell'ideologia comunista e collettivista, non ha fatto seguire, alla fine della guerra fredda, una diversa impostazione degli ordinamenti per tornare a sistemi di libertà e di democrazia. Ha seguito, invece, un processo molto diverso. Infatti, già prima della caduta dei regimi comunisti europei, la Repubblica popolare cinese ha avviato un vasto processo di liberalizzazione economica e di promozione dell'iniziativa privata, una forte inversione di rotta, quindi, rispetto all'immediato dopoguerra e alla fase della rivoluzione culturale degli anni Sessanta e Settanta. Tale processo di liberalizzazione e di riscoperta dei valori del capitalismo ha consentito una fortissima crescita ed un incremento molto significativo della competitività, sul piano economico, di questo grande Stato, di questo gigante demografico.
Tuttavia, ad esso non ha fatto seguito alcuna liberalizzazione di tipo politico. Anzi, paradossalmente, si è inasprita la difesa ostinata e la rigida conservazione dei sistemi oppressivi e repressivi e la resistenza a qualsiasi forma di innovazione politica, nel senso del pluralismo. Conosciamo i fenomeni, che sono stati ampiamente illustrati nelle premesse di tutte le mozioni presentate: la diffusa intolleranza religiosa, la repressione delle istanze sociali provenienti dalle comunità locali e dai territori di provincia, l'ostilità verso le minoranze etniche manifestatasi, tra l'altro, con il genocidio culturale compiuto nel Tibet, la resistenza ad ogni forma di riconoscimento di diversità etnica e culturale dei gruppi minoritari, l'inspiegabile repressione del Falun Gong che, al tempo stesso, è uno sport e una filosofia, la conservazione di atteggiamenti Pag. 60minacciosi nei confronti della Repubblica nazionale cinese di Taiwan e la conservazione della pena di morte, anche per reati non di sangue, applicata in modo molto diffuso, dato che la gran parte delle pene capitali eseguite nel mondo avvengono in Cina.
Aggiungo, inoltre, il generale atteggiamento di resistenza e di contrasto ad ogni forma di deroga, un'omologazione culturale che si vuole ancora conservare, nonostante il cambiamento di regime economico, nonché la repressione di ogni forma di dissenso, che ha avuto il momento emblematico, che maggiormente ha commosso l'opinione pubblica internazionale, nelle vicende della piazza Tienanmen del 1989.
Da allora, la situazione politica non ci appare particolarmente cambiata; alla luce delle dimensioni di influenza internazionale raggiunte oggi da questo gigante politico (e mi riferisco anche agli aspetti di carattere demografico e militare e al fatto che si tratta di un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonché dell'Organizzazione mondiale del commercio), leader ormai sul piano commerciale per tanti paesi africani dove ha rilevanti attività economiche ed infrastrutturali, largamente condizionante i mercati mondiali, un paese di siffatte dimensioni e di siffatta influenza non può restare insensibile al tema dei diritti umani e della libertà politica e religiosa.
Per questo motivo, la comunità internazionale deve intensificare la sua pressione in tal senso e queste mozioni possono concorrere in questa direzione.
Ritengo si debba rimanere fermi di fronte all'embargo internazionale sul commercio di armi (mi dichiaro contrario a certe mozioni possibiliste), perché questa misura costituisce uno dei più efficaci strumenti di pressione nei confronti di un cambiamento. Non basta accettarlo, condizionandolo a successive eventuali verifiche di innovazioni e passi in avanti sul fronte dei diritti umani e della libertà religiosa.
Permanendo questa situazione, deve essere mantenuto fermo l'embargo e per tale motivo dichiaro il mio voto favorevole sulla mozione Volontè ed altri n. 1-00052, impostata in questi termini, nonché sulle altre mozioni che seguono questo tipo di orientamento. Sono contrario a quelle più possibiliste, che sembrano ipotizzare l'accettazione dell'embargo immediato, così come sembra orientato nelle sue prese di posizione pubbliche il nostro Governo, per poi procedere ad eventuali verifiche dei progressi in questo senso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole del gruppo della Rosa nel Pugno sulla mozione n. 1-00053 di cui sono primo firmatario, nonché sulla mozione Sereni ed altri n. 1-00063
(Ulteriore nuova formulazione).
Sono già intervenuto nella discussione sulle linee generali delle mozioni e pertanto non citerò il lungo elenco delle gravi violazioni dei diritti umani che sono sotto gli occhi di tutti ed oggetto oramai non più solo delle denunce delle organizzazioni non governative, ma anche di prese di posizione e risoluzioni delle organizzazioni internazionali, dalle Nazione Unite all'Unione europea.
Richiamo solo due casi: il primo è il caso del Falun Gong, movimento spirituale e assolutamente pacifico messo fuori legge e perseguitato dalle autorità cinesi in modo spietato. Secondo un rapporto del luglio 2006, risultato di un'indagine indipendente condotta dall'avvocato canadese David Matas e dall'ex parlamentare canadese David Kilgour, da alcuni anni è stata attuata una raccolta su larga scala di organi a praticanti del Falun Gong e questa pratica criminale continua tutt'oggi.
Non vi sono dubbi sugli espianti di organi a condannati a morte che avvengono nelle carceri cinesi. Questa notizia è stata confermata più volte, di recente anche dallo stesso viceministro cinese della sanità, intervenendo in un convegno internazionale di medici.
Il caso del Tibet è molto più noto, ma anche molto più grave. Si tratta di un vero Pag. 61e proprio genocidio culturale in atto da quasi mezzo secolo, con la campagna forzosa condotta dalle autorità cinesi di sinizzazione della regione del Tibet che ha provocato la distruzione del patrimonio culturale, religioso e artistico di una delle più antiche civiltà dell'Asia.
In passato, colleghe e colleghi, si è scelto di lasciar perdere e di essere compiacenti con la dittatura cinese, nella speranza di concludere subito buoni affari, anziché decidere di investire, nel medio periodo, in una maggiore libertà per i cinesi, nonché in una maggiore credibilità del nostro paese e dell'Unione europea sul piano delle relazioni internazionali.
Occorre cambiare registro, e vorrei osservare che la recente visita di Stato in Cina del Presidente del Consiglio Prodi e del ministro Bonino ha segnato una svolta sicuramente piccola, ma comunque significativa rispetto alle precedenti visite ufficiali, caratterizzate da un silenzio assoluto e «tombale» sulla questione dei diritti umani.
Ricordo che nella recente visita del Governo italiano, infatti, sono state sollevate le questioni della pena di morte (essendo stata chiesta una moratoria delle esecuzioni capitali), della libertà religiosa, della libertà nel sistema dell'informazione (in particolare, in Internet) e dei diritti sindacali dei lavoratori cinesi.
Desidero intervenire in maniera particolare su un aspetto, relativo anche al dispositivo della mozione da me presentata: mi riferisco alla questione dell'embargo. Mi rivolgo anche ai colleghi dell'opposizione che hanno presentato documenti di indirizzo nei cui dispositivi è affrontato tale punto.
Sulla questione dell'embargo sul commercio delle armi con la Cina, la posizione del Presidente del Consiglio Prodi non rompe con il passato, ma si colloca in piena continuità con quella assunta dal Governo Berlusconi, il quale, durante il semestre del 2003 in cui ha guidato l'Unione europea, si è adoperato molto per rimuovere tale embargo nei confronti della Repubblica popolare cinese, che considerava - cito testualmente - «anacronistico».
L'orientamento assunto dal Presidente Prodi risulta, altresì, essere in piena continuità con la posizione favorevole alla revoca dell'embargo sostenuta, durante la sua visita di Stato in Cina nel dicembre 2004, dal presidente Fini.
So che, rispetto a tali posizioni, esistono opinioni diverse anche all'interno degli stessi gruppi di opposizione. Ricordo, ad esempio, gli orientamenti manifestati da alcuni colleghi di Alleanza Nazionale...
PRESIDENTE. La invito a concludere...!
SERGIO D'ELIA. ...e, soprattutto, da Azione giovani (l'organizzazione giovanile di AN), i quali hanno contestato la presa di posizione del presidente del loro partito.
Mi rendo conto che un «no» assoluto e di principio alla revoca dell'embargo possa farci sentire a posto con la nostra coscienza; tuttavia temo che ciò non ci consentirebbe nemmeno di compiere un tentativo per ottenere quei cambiamenti, quei piccoli progressi e quelle piccole riforme...
PRESIDENTE. Deve concludere...!
SERGIO D'ELIA. ...che in Cina si rendono necessari.
Al contrario, la mozione di cui sono primo firmatario ( che ricordo essere stata sottoscritta anche da esponenti di altri gruppi parlamentari, e non solo della maggioranza) lega una eventuale - ribadisco: «eventuale» - revoca dell'embargo sul commercio di armi con la Cina a progressi verificabili e tangibili (e mi avvio alla conclusione, Presidente) nel campo...
PRESIDENTE. No: deve proprio concludere, onorevole!
SERGIO D'ELIA. ...dei diritti umani, delle riforme democratiche e delle relazioni pacifiche con i propri vicini.Pag. 62
Proponiamo tale approccio per favorire l'avvio di un processo positivo ed un'evoluzione nella giusta direzione, per non limitarci a contemplare il disastro cinese ed un po' anche per non autocontemplare la propria posizione di principio...
PRESIDENTE. Grazie...!
SERGIO D'ELIA. ...«dura e pura», ma che rischia, questa sì...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Elia!
SERGIO D'ELIA. ...di essere per davvero anacronistica (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli, al quale ricordo che ha cinque minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, lasciatemi dire sinceramente che, da quando è iniziata la discussione delle mozioni in oggetto, ci aspettavamo, prima di giungere alle dichiarazioni di voto, un atteggiamento completamente diverso da parte della maggioranza.
Stiamo discutendo, infatti, non di «lana caprina», ma proprio della riproposizione, sotto forma di mozioni, di una precisa ed esplicita volontà, sancita dal Parlamento europeo con una votazione quasi «bulgara», perché si era registrato un piccolo numero di parlamentari astenuti ed un numero ridottissimo di voti contrari.
Ricordo che la risoluzione approvata dal Parlamento di Strasburgo, rispetto al mantenimento dell'embargo sul commercio delle armi con la Cina, era prescrittiva e perentoria.
Vorrei segnalare che si tratta non di un embargo sic et simpliciter (poiché non parliamo di un embargo commerciale), ma proprio di un embargo sulla vendita e sul transito di armi verso la Cina. Si tratta di un paese comunista e, soprattutto, di uno Stato che ha un regime dittatoriale. In Cina, infatti, vi è un vero e proprio totalitarismo, che nega le libertà fondamentali e che, come abbiamo ascoltato affermare da numerosi colleghi nel corso del dibattito che si è svolto, applica la pena capitale in misura davvero preoccupante!
Ogni paragone, quindi, con gli Stati Uniti d'America è valido dal punto di vista dei principi. Infatti - a nostro giudizio - è condannabile anche la pena capitale che viene applicata negli Stati Uniti d'America anche se, comunque, la situazione americana non è minimamente paragonabile alla mole di omicidi, talvolta con autentici processi sommari, che si consumano in Cina; un paese dove - come sappiamo bene - esiste la tortura e non ci sono diritti civili e politici tanto che potremmo tranquillamente paragonarlo alle dittature militari della peggiore specie che andavano tanto di moda fino a qualche decennio fa in America latina.
Se oggi in Parlamento si fosse discusso sul mantenimento dell'embargo sul commercio e il transito di armi verso una dittatura militare, probabilmente avremmo dato davvero in escandescenze; il Parlamento si sarebbe indignato se qualcuno avesse voluto difendere la posizione di chi vorrebbe proseguire nel vendere armi a terribili, ciniche e inaccettabili dittature militari. Oggi, invece, va per la maggiore la pratica dei distinguo e le versioni, compresa la riformulazione della mozione da parte della maggioranza di centrosinistra, sono così edulcorate che, a mio giudizio, sono inaccettabili. Anche questa è la ragione per la quale, signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo di dover respingere al mittente la riformulazione del dispositivo della mozione di cui sono primo firmatario e di riproporlo nella sua versione originale. Il mio gruppo, quindi, voterà a favore delle mozioni del centrodestra respingendo le riformulazioni proposte da parte del centrosinistra per le ragioni espresse.
Signor Presidente, mi permetta un'ultima battuta indirizzata verso coloro che hanno polemizzato con il centrodestra in virtù del viaggio che fu fatto dal Governo precedente - due anni fa per l'esattezza -, Pag. 63in quanto in quella circostanza la posizione assunta fu assolutamente in sintonia con quella attuale del Parlamento europeo; quindi bisogna prescrivere l'atteggiamento e dire che l'embargo viene mantenuto, a meno che la Cina non sia concreta nel dimostrare di voler imboccare, una volta per tutte, la strada della democrazia, del riconoscimento dei diritti civili e della moratoria sulle pene capitali e, quindi, la strada della democrazia planetaria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Affronti. Ne ha facoltà.
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Cina sta mutando i meccanismi dell'economia mondiale ed i rapporti di forza internazionali, imponendosi per effetto di uno sviluppo economico e di un cambiamento sociale sempre più dirompente. È un paese in comunicazione con tutto il mondo, ha relazioni intense, non solo commerciali, con l'intero pianeta anche attraverso i vari mezzi di informazione e di comunicazione, nonostante la censura sia ancora ben presente in questa nazione.
Questa apertura sta creando forti cambiamenti al suo interno in quanto sta facendo crescere la consapevolezza dei diritti della persona sia come singolo sia come membro della comunità di appartenenza; restano, però, ancora aperte questioni particolarmente preoccupanti, riguardanti il rispetto dei diritti umani, il frequente ricorso alla pena di morte, alla tortura e alle drammatiche restrizioni alla libertà di religione, di associazione e di espressione.
Ci sono stati, però, dei progressi molto importanti in questi ultimi anni. Un segnale positivo è rappresentato dal fatto che alcuni provvedimenti di rilievo sono all'esame delle autorità cinesi. Vorrei ricordare a questo proposito la ratifica del patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché la decisione di riattribuire alla sole Corte suprema del popolo il potere di ratifica delle condanne capitali.
Un altro tema sul quale la comunità internazionale deve chiedere un concreto impegno è quello di una accelerazione nella approvazione della legislazione in materia di salvaguardia dell'ambiente e di rispetto dei diritti dei lavoratori. Mi sembra che in questo senso, specie per quanto riguarda l'ambiente, qualcosa si stia muovendo in maniera concreta.
In questa fase di crescita economica, infatti, chi si lancia in una operazione imprenditoriale non ha obblighi precisi per rispettare l'ambiente, i diritti umani, le libertà sindacali, i minimi salariali e le norme di sicurezza, e ciò procura sempre più frequenti incidenti in fabbriche e miniere. Anche la situazione della salute è lontana dagli standard internazionali: il cinese medio ha scarsi diritti all'assistenza sanitaria. Sembra un paradosso: si è passati da uno Stato iper-presente, che garantiva i servizi sociali, ad un sistema privatizzato che impedisce ai cinesi poveri di andare in ospedale a curarsi.
Un'altra questione scottante è quella delle libertà di espressione dei media; è un problema da affrontare anche nella prospettiva delle prossime olimpiadi del 2008, che si terranno in Cina, per tutelare i giornalisti che saranno chiamati a seguire questi avvenimenti, anche se è vero che la Cina ha già dato assicurazioni in tal senso.
Un'altra grave limitazione della libertà riguarda Internet. Non solo c'è mancanza di libertà di espressione e di informazione, ma anche non riservatezza dell'identità dei navigatori, che quindi non possono liberamente esprimere le proprie idee. Su questo aspetto, però, anche le aziende ed i motori di ricerca occidentali, che adattano i loro prodotti a disposizioni restrittive della libertà, fanno la loro parte.
Non possiamo inoltre dimenticare un altro gravissimo problema sollevato anche quest'anno da Amnesty International, cioè la condizione della donna in Cina, che è assolutamente impari, discriminata, anche per effetto della pianificazione delle nascite, nel tentativo di applicare una rigida politica di pianificazione familiare. È quindi necessario che anche la questione dei diritti violati delle donne rientri nella richiesta di un sostanziale miglioramento dei diritti umani in Cina.Pag. 64
Questi che sono stati sollevati sono alcuni dei problemi più significativi che la Cina dovrebbe affrontare con lo stesso dinamismo che si riscontra nel tumultuoso evolversi dell'economia cinese.
Proprio per questo, un rapido avanzamento del rispetto dei diritti umani è stato richiesto dall'Unione europea nel summit di Helsinki, ponendo ciò come condizione per superare l'embargo. Lascia in ogni caso ben sperare il ruolo che la Cina sta esercitando contro la proliferazione delle armi nucleari (emblematica la vicenda della Corea del nord).
Riteniamo che si debba lavorare affinché il dialogo di Pechino sui diritti umani con l'Europa e con l'Italia continui e si intensifichi, non solo attraverso i rapporti economici e commerciali, ma anche attraverso più frequenti rapporti culturali e politici.
Vorrei concludere dicendo che voteremo a favore della mozione Sereni n 1-00063, così come ulteriormente riformulata, per tutte le ragioni che abbiamo elencato.
Il Governo italiano deve essere impegnato a produrre tutti gli sforzi possibili con le autorità cinesi affinché il rispetto dei diritti umani, della democrazia e delle libertà si adegui agli standard internazionali nella maniera più rapida possibile.
Questo è il nostro auspicio (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti del liceo classico Signorelli di Cortona e della scuola media Mozzillo Iaccarino di Manfredonia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pedrizzi. Ne ha facoltà.
RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, per la verità, nel corso della discussione sulle linee generali delle mozioni, avevamo anche apprezzato l'auspicio del sottosegretario Crucianelli, il quale intendeva ricercare una posizione condivisa dalla maggioranza e dall'opposizione. Dobbiamo rilevare, tuttavia, che il Governo non ha compiuto alcuno sforzo per tentare di raggiungere la predetta condivisione di intenti.
Comprendiamo l'atteggiamento di questo Governo, che si è attestato su un dispositivo delle mozioni di basso profilo e veramente poco impegnativo. Del resto, in politica estera, il Governo di Romano Prodi segue una deriva mercantilista e neutralista. Non lo dico io, ma Matteo Mecacci della Rosa nel Pugno, partito che sostiene il Governo, il quale ha rilevato come appaia in modo ancora più chiaro - e più inquietante, aggiungiamo noi -, a seguito della visita in Cina, quali siano i tratti essenziali che caratterizzano e sembrano destinati a caratterizzare sempre più, anche in futuro, la politica estera del Governo Prodi, a partire dal dato imprescindibile della marginalizzazione totale di qualsivoglia promozione della democrazia e dei diritti umani, a favore, invece, di una politica estera di stampo mercantilista e tesa alla ricerca del consenso internazionale, soprattutto attraverso compromessi continui con dittature che utilizzano il ricatto, la violenza, le minacce o le loro risorse economiche e naturali come armi per il negoziato politico e per fare affari.
L'impressione che si ha, onorevoli colleghi, è che questo Esecutivo viva sempre più il tema della promozione delle democrazie e della difesa dei diritti umani, primo fra tutti quello alla libertà religiosa, come un elemento di disturbo rispetto alle cosiddette vere questioni che occupano l'agenda internazionale.
Prodi sembra aver dimenticato del tutto l'importanza e la centralità che hanno assunto nella politica internazionale i diritti umani e la promozione della democrazia nel corso degli ultimi decenni! Ed anche il ministro Bonino, un tempo sostenitrice dei diritti umani, civili e religiosi, ha sostenuto la tesi dei due tempi, secondo la quale dopo lo sviluppo economico verrà anche, forse, la tutela dei diritti. Secondo noi, invece, il dovere di un grande paese qual è il nostro è quello di occuparsi dell'attuale condizione delle persone, non di come potrebbero stare tra cinquanta o cento anni. La democrazia, Pag. 65onorevoli colleghi, non si impone, non si esporta, ma si sostiene, soprattutto sostenendo coloro che la chiedono ed innanzitutto all'interno dei singoli paesi.
Alla vigilia del suo viaggio in Cina, il Premier Romano Prodi aveva ribadito senza difficoltà che quello dei diritti umani sarebbe stato uno dei temi in discussione. Eppure, mentre faceva quel viaggio, mentre lo proseguiva, tra un brindisi ed una stretta di mano, dalla Cina arrivava la notizia dell'ennesimo arresto di un vescovo cattolico per motivi religiosi. Quindi, il Governo aveva la possibilità, in quell'occasione, di far valere la sua posizione sui diritti umani.
Per tutti questi motivi, il gruppo di Alleanza Nazionale, ed il sottoscritto, voteranno a favore delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00052, Paoletti Tangheroni ed altri n. 1-00033, Rampelli ed altri n. 1-00026, Pedrizzi ed altri n. 1-00027 e voteranno contro tutte le altre, che rappresentano un compromesso nei confronti di un paese che vede ancora la dittatura, l'uccisione di vittime innocenti ed il completo annichilimento della libertà religiosa e civile del suo popolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, colleghi, i diritti umani sono qualcosa di molto delicato: non permettono strumentalizzazioni; non permettono di essere trattati come un elastico, che si tira quando fa comodo e si molla quando non si vuole vedere.
Per tali motivi, il gruppo dei Comunisti Italiani ha presentato una propria mozione, a seguito della presentazione di una pretestuosa mozione della destra, sul tema delicato dei diritti umani in Cina, che è stato strumentalizzato ed utilizzato anche paradossalmente contro se stessi. L'ha già detto il collega D'Elia sulla questione dell'embargo: per primo è stato il Presidente del Consiglio Berlusconi a chiederne la revoca ed oggi, come paradosso, tutte le mozioni della destra «urlano» la necessità di non interrompere l'embargo sulla vendita delle armi alla Cina. Signor Presidente, sussiste una questione più di fondo rispetto alle mozioni. Nelle premesse e nei dispositivi delle mozioni c'è un giudizio sull'esperienza cinese: in gran parte è un giudizio liquidatorio, semplificato, che non fa i conti con la realtà di questo pianeta e con la condizione di quel grande paese che è la Cina.
Il nostro è un giudizio interlocutorio, sul processo, che vuole aiutare quel processo a dare stabilità, diritti e futuro a 1 miliardo 300 milioni di persone che stanno uscendo dalla povertà, dalla miseria e dalla fame, anche grazie all'avvio di un percorso di riforme economiche e sociali, rispetto alle quali bisogna premere perché più veloce e rapido sia il rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche. In primo luogo, serve il rispetto del diritto di ciascun popolo di definire autonomamente il proprio modello sociale e politico, anche quando questo modifica le compatibilità determinate dalla globalizzazione economica internazionale. Ecco perché abbiamo presentato una mozione che ripercorre la storia cinese e che, per esempio, problematizza la questione della costituzione dello Stato di diritto. In Cina sinora non c'è mai stata l'affermazione dell'idea del primato della legge, eppure oggi in quel paese di questo si discute (ci sono convegni, studi e iniziative legislative) e su questo terreno dovremmo agire per rafforzare la costruzione di un vero Stato di diritto. Noi lo facciamo sulla base di un impianto che tende a non usare un doppio standard nella denuncia della violazione dei diritti umani, che certo si registra in Cina ed è drammatica per alcuni aspetti, ma che allo stesso modo non può essere negata in altri punti del mondo.
Vorremmo che i colleghi non usassero un doppio standard, ad esempio, sulla questione della pena di morte, elargita negli Stati Uniti con la stessa dimensione sostanziale con cui la si utilizza in Cina: sono due drammi, due violazioni altrettanto gravi. Per tale motivo, riteniamo che l'azione del Governo non debba avere una presunzione di superiorità nel momento in Pag. 66cui dialoga e preme per ottenere degli avanzamenti sul terreno, ad esempio, del diritto internazionale, con la ratifica delle Convenzioni contro la tortura o dei Protocolli aggiuntivi sui diritti umani, ma debba partire dal rispetto di quel percorso e di quell'autonomia. Inoltre, la Cina, con il dialogo e con l'intensificazione delle relazioni con il resto il mondo, con l'idea che quello sviluppo e quella stabilità sono in funzione dello sviluppo e della stabilità dell'intero pianeta, può arrivare ad un nuovo equilibrio. Forse tale equilibrio non sarà quello auspicato dai nostri colleghi del centrodestra - e noi su questo siamo intenzionati anche ad intensificare il dialogo con le strutture politiche cinesi -, ma quello di una combinazione positiva di sviluppo tra la crescita economica e il rispetto dei diritti umani (prima di tutto i diritti alla sussistenza, poi i diritti civili, di democrazia e di nuove sperimentazioni più avanzate, magari anche di quelle che conosciamo nelle nostre terre e nei nostri paesi).
Per tutte queste ragioni, manteniamo la mozione che abbiamo presentato, con la convinzione che occorre un'azione che parta dalla coerenza della difesa dei diritti umani, dell'iniziativa per i diritti umani ovunque essi siano violati, nello stesso modo e con la medesima intensità: rispetto a tutto ciò siamo portatori di azione politica nelle relazioni con chi ci piace e con chi ci piace di meno.
Cari colleghi della destra, quando verrete in quest'aula, presentando altrettante denunce, con altrettanta forza ed altrettanta prosopopea su esperienze e paesi a cui siete più legati, forse, avrete la possibilità di parlare. Oggi, non avete questa possibilità, perché l'applicazione del doppio standard vi viene dalla vostra integrazione con un'idea di scontro geopolitico e di civiltà, che, sullo sfondo, evoca lo scontro tra Stati Uniti e Cina che noi, invece, a tutti i costi, vogliamo evitare. Non ci arruoleremo nelle schiere di questo nuovo scontro di civiltà, che può portare tragedie all'intero secolo che si è appena aperto.
Per queste ragioni, signor Presidente, voteremo a favore della mozione presentata dal nostro gruppo e sosterremo quella presentata dall'Unione che, pur non contenendo il giudizio che abbiamo espresso, nella parte dispositiva, ha una impostazione più problematica ed è più aperta al dialogo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Non stiamo discutendo dei diritti umani in Cina, né della natura dello Stato cinese, né delle relazioni internazionali, ma stiamo parlando di una cosa ben precisa. Nella scorsa, come in questa legislatura, ministri ed anche Presidenti del Consiglio, in affermazioni e dichiarazioni pubbliche, rese sia in territorio cinese sia in territorio italiano, hanno più volte auspicato il superamento dell'embargo, in vigore dal 1989, sul commercio delle armi con la Repubblica popolare cinese da parte dell'Unione europea. Di questo stiamo parlando. Noi siamo contrari a tutti gli embarghi, tranne a quello sul commercio delle armi e riteniamo che essi abbiano particolari obiettivi e che vengano dichiarati per esercitare pressioni. Noi siamo affinchè si condizioni l'eventuale revoca dell'embargo sul commercio delle armi con la Cina a precise condizioni. Siamo per condizionare questa revoca ad effettivi, verificabili e concreti progressi, dal punto di vista dei diritti umani, politici, civili, religiosi, sindacali e, aggiungo anche, sessuali, che, nelle premesse delle mozioni presentate non sono stati abbastanza considerati.
Siamo quindi favorevoli alle mozioni che abbiamo firmato, quella dell'onorevole D'Elia e quella dell'onorevole Sereni, così come preannuncio che siamo favorevoli al dispositivo della mozione dell'onorevole Venier. Siamo invece contrari a tutti quegli altri atti di indirizzo, compresa la risoluzione dell'onorevole Mellano, che si prefiggono l'obiettivo, non già di esercitare una pressione attraverso l'embargo sul commercio delle armi, bensì di esprimere un giudizio, spesso ingiustificato, come nel Pag. 67caso dell'onorevole Mellano, sull'integrità territoriale della Cina, laddove si parla della questione di Taiwan, in termini che sono inaccettabili, dal punto di vista del diritto internazionale e di quanto stabilito dall'ONU, che riconosce una sola Repubblica popolare cinese, o le altre mozioni, nelle quali si aggiungono, a chiare e giuste denunce delle violazioni dei diritti umani, giudizi che sono più provocatori che altro. Lo dico, senza alzare il tono della voce e senza assumere un tono comiziale, anche perché, pochi mesi prima della fine della scorsa legislatura, all'esame della Commissione esteri è venuto un trattato internazionale, firmato con la Repubblica popolare cinese dal Governo Berlusconi, un piccolo trattato di collaborazione in campo cinematografico, nel quale però era prevista la clausola per cui l'Italia nulla poteva obiettare sulle censure che il Governo cinese poteva applicare a registi o sceneggiatori dei film che l'Italia avrebbe copromosso con la Repubblica popolare cinese.
Noi avremmo espresso un voto contrario su tale trattato, ma appare un po' stravagante che chi ha firmato quel trattato pretenda di dare lezioni agli altri su quali debbano essere i giusti rapporti da intrattenere con la Repubblica popolare cinese.
Dissento su un punto dal collega Venier: vedo il processo allo stesso modo, ma probabilmente vedo un processo diverso, vale a dire la dittatura di un partito unico, con una violazione sistematica delle libertà sindacali, politiche e di libera espressione, congeniale al modello di capitalismo neoliberista e selvaggio promosso all'interno di quel paese. Vedo cioè un processo verso qualcosa di catastrofico e non un processo di avvicinamento ad una effettiva democratizzazione o ad un effettivo riconoscimento dei diritti umani.
Sono d'accordo con tutte le denunce riferite ai diritti umani contenute nelle premesse. Come ho già affermato in precedenza, vi è una violentissima repressione sessuale. Forse a qualche collega della destra potrebbe piacere il fatto che lo Stato e il partito unico si infilino nella camera da letto dei cinesi per decidere che l'omosessualità è una malattia, che vi sono comportamenti che non sono accettabili e che dunque devono essere perseguiti penalmente.
È recentissima la condanna di alcune persone per aver creato siti Internet pornografici, non pedofili; condanne che, in alcuni casi, hanno riguardato la comminazione della pena dell'ergastolo. Pertanto, per cose che in Italia possiamo vedere esposte in vendita in qualsiasi edicola, in Cina, lo Stato ed il giudice possono applicare la pena dell'ergastolo.
Ritengo che tutto ciò sia intollerabile e che si debba squarciare il velo dell'ipocrisia, facendola finita con l'applicazione di due pesi e di due misure. Infatti, in molti altri paesi, tali violazioni non vi sono, sia per la quantità delle pene di morte comminate ed eseguite sia per la gravità di fattispecie di reato punite con pene gravissime come quella che ho appena citato.
Allora, coloro che si indignano per il Tibet, perché non si indignano altrettanto per il trattamento che subiscono i curdi in Turchia? È la stessa cosa! Quelli che si indignano per le libertà sindacali che in Cina vengono violate, perché poi vorrebbero che tali libertà sindacali fossero calpestate ogni volta anche nei nostri paesi occidentali? Perché non si indignano con le imprese multinazionali - mi riferisco, in particolare, a quelle italiane - che delocalizzano le proprie attività in Cina proprio perché in quel paese non vi sono libertà sindacali e i lavoratori possono essere pagati un trentesimo di quanto dovrebbero essere pagati in Italia?
Di ciò bisognerebbe discutere più apertamente, ma è difficile farlo in una sede nella quale chi prima voleva il ritiro dell'embargo e firmava trattati che prevedono la censura da parte della Repubblica popolare cinese sui cineasti poi viene a dare lezioni sull'effettiva correttezza delle relazioni con tale paese.
Conseguentemente, noi che siamo a favore dell'embargo quale strumento di pressione, siamo soddisfatti dell'accordo raggiunto attraverso l'ulteriore riformulazione della mozione Sereni ed altri n. 1-00063
Pag. 68e con la mozione D'Elia ed altri n. 1-00053, nelle quali si fa riferimento ad una eventuale revoca subordinata a condizioni ben precise.
Nella nostra mozione non si impegna il Governo a proporre la revoca dell'embargo.
Tale revoca ci sarebbe se passasse la condizione che il Governo ha posto rispetto alle mozioni dell'opposizione. Nell'eventualità che i presentatori delle mozioni accettassero tale condizione noi - lo dico apertamente - saremmo contrari, voteremmo ugualmente contro quelle mozioni.
In ogni caso, questa è stata l'occasione per affrontare, per la prima volta, un tema di così rara importanza nella nostra Assemblea in un momento non di distrazione. Forse, varrà la pena di tornarci ripetutamente sia nelle Commissioni competenti sia in quest'aula per seguire l'evolversi vero della situazione e per far cambiare, se necessario, posizione al nostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonelli, al quale ricordo che ha sei minuti a disposizione. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, le mozioni in esame pongono questioni molto importanti che non riguardano solo la Cina, e mi auguro che il Parlamento possa affrontare sistematicamente e compiutamente la grande questione del rispetto dei diritti umani nel pianeta. È sorta una polemica che si ritorce come un boomerang contro coloro i quali l'hanno avviata - mi riferisco, ovviamente, alla destra - dimenticando che l'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ed il ministro degli affari esteri, Fini, in materia di revoca di embargo delle armi, in un viaggio in Cina si prodigarono proprio in tale direzione.
Al di là di ciò, sui diritti umani non può esservi una contrapposizione, deve esservi una condivisione. Come Verdi riteniamo che sui diritti umani non possano esservi né «ma», né «se», e non possano esservi distinguo: questo vale in ogni parte del pianeta. Si tratta di una questione troppo grande che moralmente ed eticamente ci riguarda tutti.
Ebbene, quello che accade in Cina è di fronte agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, come il ruolo che alla stampa di quel luogo viene riservato. Pochi mesi fa un giornalista cinese, reo di aver scritto cose non condivise dall'attuale regime cinese che noi definiamo dittatoriale, è stato ucciso pubblicamente dalle selvagge percosse della polizia. Il modello sociale di un paese è scelto autonomamente da un popolo, ma quando quel popolo è messo nelle condizioni di poterlo fare, e cioè quando vi è una democrazia.
Quanto sta accadendo in quel paese dal punto di vista dell'espansione economica e di aumento del prodotto interno lordo (si tratta del più grande sviluppo di un paese in fase di industrializzazione: oltre 10 punti percentuali) porta con sé grandissime contraddizioni anche nel ruolo che le nostre imprese in quel paese esercitano perché la globalizzazione rende redditizi e proficui gli interventi economici in quell'area. Un anno e mezzo fa, nella provincia di Guangzhou, in una fabbrica di alcuni imprenditori italiani, ben 2 mila operai hanno scioperato, e la repressione rispetto a quello sciopero è stata dura. Scioperavano perché elementari diritti umani e sindacali non venivano assolutamente rispettati. Ebbene, abbiamo chiesto che fosse inserito nella mozione dell'Unione, e tale inserimento ha portato al ritiro della nostra mozione, che debba esservi una responsabilità sociale delle imprese nei processi di globalizzazione economica.
Ciò che accade in quel paese non può non riguardarci anche perché i prodotti cinesi giungono nei nostri territori e noi li consumiamo; si pone una questione etica relativa a ciò che noi chiamiamo codice etico e le Nazioni Unite global compact. Si tratta di fare in modo che le imprese italiane - ma non solo, ovviamente (in un contesto di globalizzazione) - possano acquisire il cosiddetto global compact come modo di operare rispettoso dei diritti Pag. 69umani, sindacali e delle regole ambientali. Sì, delle regole ambientali; mi soffermo su tale aspetto perché il processo di grande espansione economica di quel paese avviene al di fuori del rispetto di regole ambientali, a tal punto che la stessa NASA ha avuto modo di fotografare con il satellite le conseguenze. Aree di inquinamento in espansione, per il forte uso del carbone ma anche per il forte processo di industrializzazione, hanno portato quell'area, in particolare la zona di Pechino, ad essere la più inquinata del mondo, con un problema serio per la salute dei cittadini e della popolazione cinese.
Dobbiamo lavorare con forza affinché le decisioni del Governo italiano - come, peraltro, il Presidente del Consiglio Prodi più volte ha dichiarato - si collochino nell'ambito di una posizione assunta in comune dall'Europa. L'embargo sulle armi, come ricordiamo, derivava e deriva dalla terribile repressione del 1989 della manifestazione di Tienanmen.
PRESIDENTE. Deve concludere...
ANGELO BONELLI. Concludo, Presidente. Noi dobbiamo essere vicini a quei cittadini cinesi che chiedono democrazia, perché è troppo semplice rendere liberi i profitti ma restringere le libertà individuali. Questa è una grande contraddizione che noi dobbiamo sciogliere, perché non vi può essere democrazia economica se non vi è anche democrazia per quanto riguarda le libertà individuali ed i diritti del popolo cinese (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, dopo la sanguinosa repressione di piazza Tienanmen nel 1989, i Paesi dell'Unione europea hanno deciso di interrompere ogni forma di cooperazione militare e di commercio di armi con la Cina sulla base di evidenti violazioni dei diritti umani da parte del Governo cinese, inaccettabili per un'Europa che riconosce come propri valori fondanti «il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani». Dal 1989 ad oggi, di fronte all'emergere di un'economia cinese espansiva ed aggressiva, l'atteggiamento di molti paesi europei ha segnato una forte apertura verso Pechino. Alla crescita economica non si è accompagnato alcun significativo passo avanti sul piano dei diritti umani. Ad oggi, per Amnesty international, «la situazione dei diritti umani in Cina non è migliore che nel 1989». Secondo i dati diffusi dall'organizzazione, nel territorio cinese si registrano 10 mila condanne a morte ogni anno, una pratica «endemica» della tortura, una durissima repressione dei dissidenti politici e delle minoranze religiose. Il Governo cinese permette la pratica religiosa nel paese solo con personale riconosciuto e in luoghi registrati presso l'ufficio per gli affari religiosi e sotto il controllo dell'Associazione patriottica, il cui statuto prevede la creazione di una chiesa nazionale separata dalla Santa Sede. Da ciò deriva la differenza tra una chiesa «ufficiale» o «patriottica» - quella riconosciuto dal Governo - ed i fedeli che cercano di sottrarsi a questo controllo per obbedire direttamente al Papa, formando, secondo il Governo cinese, una chiesa «non ufficiale» o «clandestina».
Il 7 settembre 2006, pochi giorni prima della missione del Governo Prodi in Cina, il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza il rapporto Belder sulle relazioni tra Cina ed Unione europea, un rapporto molto coraggioso che mette chiaramente in evidenza quali dovranno essere in futuro i punti imprescindibili dei rapporti con Pechino: i diritti della persona, la tutela delle minoranze religiose ed il diritto della Chiesa cattolica a nominare i propri vescovi. Per la prima volta con questo documento il Parlamento europeo sostiene il dialogo della Repubblica popolare cinese con la Santa Sede, esortando le autorità cinesi a liberare tutti i cristiani detenuti e perseguitati (in Cina costoro, a tutt'oggi, sono migliaia).Pag. 70
Il Parlamento europeo ha deplorato la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dall'articolo 36 della Costituzione, e le costanti ingerenze dello Stato nella vita interna delle comunità religiose, specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto, e ha osservato che attualmente in Cina i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto per il Governo cinese «illegali», ossia all'interno di case-chiesa o in gruppi cattolici «clandestini» fedeli al Vaticano, sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto cosiddetti «patriottici». L'Unione europea ha preso atto con rammarico della grave violazione della libertà religiosa provocata dalle recenti illecite ordinazioni episcopali fatte il 30 aprile 2006 e il 3 maggio 2006, che sono in parte frutto delle forti pressioni e minacce esercitate sul clero cattolico fedele al Vaticano da parte di organismi esterni alla Chiesa.
Durante la missione ufficiale del Governo italiano in Cina del settembre 2006 il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi ha esplicitamente dichiarato, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il premier cinese, che «il Governo italiano è favorevole a togliere l'embargo di armi alla Cina», aggiungendo, anzi, che «l'Italia propende affinché l'embargo alla vendita di armi sia tolto il più presto possibile (...)». Alla faccia anche di quei tanti pseudo-pacifisti che appoggiano il Governo Prodi e questa maggioranza presenti in Parlamento, Prodi vuole aprire alla vendita di armi alla Cina: lo ha dichiarato molto chiaramente! Da parte sua, la Commissione europea ha ribadito immediatamente, attraverso uno dei portavoce, la sua posizione, ossia che non è cambiata la posizione dell'Unione europea. La Commissione europea è disponibile a discutere, ma bisogna attendere progressi, che non si sono visti, sul piano dei diritti umani e per questo motivo mantiene, appunto, le sue riserve sull'azione che invece vuole portare avanti il Presidente Prodi. La Commissione mantiene la sua posizione, visto che i progressi in materia di diritti umani non si sono ancora realizzati, dunque smentendo, ancora una volta, il «povero» Presidente del Consiglio Prodi, sempre più delegittimato, evidentemente anche all'estero.
Ancora una volta contro il parere dell'Unione europea, il ministro D'Alema, incontrando il collega cinese il 13 novembre 2006, ha sostenuto invece che «la Cina non è più quella del dopo Tienanmen» smentendo anch'egli i rapporti di Amnesty International, che affermano che ogni anno in Cina, come ho già detto in precedenza, vengono uccise con la pena di morte più di 10 mila persone. E quando Prodi è andato in Cina vi è andato con la ministra Bonino, che è uno dei paladini contro la pena di morte e, dunque, di tutti i comitati che sono nati al riguardo. Dunque, è evidente sempre più che questo è un Governo che mira più agli affari. Infatti, in Cina con il Presidente Prodi vi erano anche i rappresentanti delle grandi multinazionali presenti nel nostro paese. Si tratta di un Governo che cerca di fare affari spingendo a delocalizzare le aziende del nostro paese; ciò serve sicuramente per arricchire pochi, ma crea anche molti disoccupati nel paese e fa chiudere diverse fabbriche, mettendo in crisi il nostro settore economico. Questo è il primo passo che ha fatto il Governo Prodi!
A fronte di ciò, le contraddizioni non finiscono mai: constatiamo che vi è una politica, nel nostro paese, di apertura delle frontiere indiscriminata. Chiunque, ormai, può entrare nel nostro paese, portando gente in cerca di posti di lavoro e pertanto aumentando ancora di più la disoccupazione nel paese, aumentando ancora di più chi sfrutta il lavoro nero, aumentando ancora di più il precariato e creando sempre continui disagi nel paese. Abbiamo visto anche l'altro giorno, a conferma che tali contraddizioni non si fermano mai, che l'onorevole Caruso si è autorecluso in un centro di permanenza temporanea, un'autoreclusione - aveva detto - ad oltranza. Resteremo finché i centri non verranno chiusi, aveva affermato. Chiaramente, da buon politicante del centrosinistra - è appena entrato in aula - e come Pag. 71tutti i buon politicanti del centrosinistra, alle parole non seguono mai i fatti: il giorno dopo era già uscito dal centro di permanenza temporanea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Sul territorio, lo dico molto chiaramente, senza offendere nessuno, tutti sanno cosa sono questi centri di permanenza temporanea: l'unico luogo dove si riescono ad identificare i clandestini che entrano nel nostro paese. Servono per identificare, per capire da dove arrivano, per poi procedere alle espulsioni ed a riportarli nel loro paese. Sul territorio, la gente, almeno al nord, in Padania, ci fermava per strada in questi giorni e ci chiedeva: ma cosa è andato a farci quel cretino dell'onorevole Caruso nel CPT (Commenti dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...
DONATELLA DURANTI. Ma come ti permetti? Ma come ti permetti?
PRESIDENTE. Onorevole Bricolo, la prego di non offendere i colleghi! Lei deve scusarsi. Non può appellare in questo modo i colleghi!
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, io ripeto quello che si dice sul territorio. Mi limito a riferire (Commenti dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). E queste sono, forse, le offese più gentili che sono state pronunciate.
Comunque, signor Presidente, si tratta di cose che si verificano non solo nei confronti dell'onorevole Caruso, ma anche di Prodi, che viene accolto in modo spontaneo dai cittadini di questo paese e non da gente organizzata politicamente.
Si tratta di offese continue ad un Governo che, evidentemente, deve andare a casa, e noi faremo di tutto affinché ciò si verifichi al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
DONATELLA DURANTI. E intanto sei tu a casa!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, noi ci risparmiamo di riferire in aula circa il modo con cui certi colleghi vengono nominati nei territori.
Anche quando si parla di questioni serie, come quella che oggi stiamo affrontando, in quest'aula si esprimono giudizi e si proferiscono espressioni che, in qualche modo, fanno trasalire. L'onorevole Baldelli, ad esempio, ha affermato che la pena di morte in Cina è diversa dalla pena di morte negli Stati Uniti. Comprenderete che, se questi sono i termini di paragone, si fa difficile il confronto delle idee, e allora vi è soltanto spazio per gli insulti e per le contumelie.
In Cina vi è una singolare commistione tra socialismo reale e capitalismo selvaggio, non immune da una vasta corruttela. È oppressa la libertà di espressione, quella di associazione e di riunione, quella religiosa. L'ordinamento penale conosce e sperimenta tutti i giorni la pena di morte, senza le garanzie del giusto processo. Le minoranze, con in testa quelle tibetane, sono oggetto di persecuzione.
Tuttavia, nel motivare il nostro sostegno alla mozione di cui è prima firmataria l'onorevole Sereni, così come ulteriormente riformulata, dobbiamo anche insistere affinché il Governo si muova su un doppio binario: appoggio convinto allo sviluppo economico e alle iniziative di partenariato, ma anche pressione continua - in sintonia con gli atti adottati in sede comunitaria - sugli aspetti politici e giuridici inerenti i diritti umani, tentando di stipulare accordi, memoranda, protocolli per scambi scientifici, culturali e di ONG, affinché siano veicoli di cultura civica, rispettosa dei diritti umani.
A questo proposito, signor Presidente, voglio ancora ricordare, come ho fatto intervenendo nell'ambito della discussione sulle linee generali, le prossime olimpiadi del 2008 che si terranno a Pechino. Esse dovranno rappresentare una formidabile occasione per pretendere per le nostre delegazioni sportive e giornalistiche una proficua libertà di movimento per poter Pag. 72diffondere i valori di una società pluralistica e dei diritti umani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei toccare tre argomenti emersi quest'oggi nel dibattito attorno alla questione dell'embargo della vendita di armi alla Cina.
Il primo riguarda la posizione del Presidente del Consiglio e del Governo italiano espressa nel corso del recente viaggio in quel paese.
Il secondo riguarda il giudizio sulle diverse mozioni presentate in quest'aula e il terzo alcune affermazioni sul sistema cinese sviluppate dall'onorevole Venier nel corso del suo intervento e giustamente riprese - condivido quanto egli ha detto - dall'onorevole Bonelli poco fa.
In riferimento al Presidente Prodi, non ne faccio una questione procedurale, signor Presidente, egregi colleghi, ma le leggi parlano chiaro. In Italia esiste una legge del 1990 che in fatto di armamenti si richiama direttamente alla risoluzione emersa all'interno dell'Unione europea dopo i fatti di Tienanmen. Mi riferisco all'embargo decretato dall'UE nei confronti della Cina, a seguito della strage di piazza Tienanmen dell'agosto 1989.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,10)
MAURO DEL BUE. È evidente che o l'Italia cambia la propria legislazione in materia oppure, se vuole superare l'embargo della vendita di armi alla Cina, deve proporre tale posizione all'interno dell'Unione europea e convincere gli altri partner europei a superare le motivazioni addotte alla base della decisione presa. Mi pare che i partner europei non abbiano alcuna ragione di cambiare idea e quindi mi sembra che le parole di Prodi siano, appunto, solo parole e nulla più.
Vengo ora alle mozioni presentate. Signor Presidente ed egregi colleghi, le mozioni presentate, al di là dell'appartenenza dei singoli gruppi agli schieramenti di coalizione, contengono una diversità sull'embargo che sintetizzo come segue. Una parte di esse non accetta neppure l'idea di superare in futuro l'embargo, un'altra lega tale possibilità all'individuazione di consistenti e reali passi in avanti del sistema cinese in fatto di rispetto dei diritti e delle libertà individuali. Tale atteggiamento è trasversale nei due schieramenti, nel senso che la mozione dei Verdi è forse la più intransigente nel richiedere la conferma dell'embargo, unitamente a quelle di Forza Italia e di Alleanza Nazionale. Invece, la mozione Volontè ed altri, la mozione dell'Ulivo e quella della Rosa nel Pugno dichiarano la possibilità di superare l'embargo, richiamandosi tuttavia alla necessità di passi in avanti in fatto di diritti civili, come prima richiamato.
Personalmente voterò a favore di tutte le mozioni, ad esclusione - e giungo così al terzo punto - di quella presentata dall'onorevole Venier. Onorevole Venier, al di là del dispositivo cui si richiamava prima il collega ed amico Ramon Mantovani di Rifondazione Comunista, vi è un giudizio inaccettabile che parte da un presupposto. Ricordo che quando sono entrato a far parte per la prima volta del consiglio comunale di Reggio Emilia, ogni qualvolta proponevo di discutere del dramma dell'Ungheria o della Cecoslovacchia mi veniva risposto che si trattava di una posizione strumentale. Ogni volta che sono in discussione questioni che in qualche misura rischiano di infrangere il tabù di un'ideologia, salta fuori il discorso sulla strumentalità. Quindi, sarebbe strumentale discutere dei diritti civili in Cina.
Onorevole Venier, stia tranquillo e non si faccia carico dell'attuale sistema cinese. Capisco che molti di voi una volta giravano con l'emblema ed il distintivo di Mao Tse Tung all'occhiello. Ricordo che Mao Tse Tung è stato uno dei più grandi massacratori del secolo scorso: 60 milioni di cinesi sono morti durante la sua «epica» rivoluzione culturale.Pag. 73
Ma cosa è oggi la Cina? È un impasto tra una dittatura del partito unico ed un sistema capitalistico selvaggio, che sfrutta l'uomo e non lascia al lavoratore la possibilità di godere di alcun diritto sindacale. Non lascia la possibilità di godere di ferie durante i primi anni di lavoro. Si tratta di un sistema capitalistico selvaggio. Mi fa specie che un partito che si richiama al comunismo non si senta in dovere di condannare nel modo più deciso quel sistema, che è il peggiore possibile. Infatti, un sistema che abbina il capitalismo selvaggio al partito comunista unico è il peggiore possibile. È un sistema che commina ogni anno migliaia e migliaia di condanne a morte ai propri cittadini. Non si può paragonare agli Stati Uniti d'America; è pazzesco che in quest'aula si possano ascoltare discorsi secondo i quali la Cina è paragonabile agli Stati Uniti d'America. Gli USA sono una grande democrazia al cui interno vi sono grandi contraddizioni, fra le quali l'esistenza della pena di morte; che personalmente non accetto e condanno. Tuttavia, la Cina è un paese dittatoriale, che per ragioni politiche manda a morte ogni anno migliaia di cittadini. Questo è inaccettabile ed esecrabile.
Signor Presidente, mi accingo a concludere. Ogni popolo può darsi il sistema che vuole? Ha ragione l'onorevole Bonelli. Vale per ogni popolo che è nella condizione democratica di farlo. Se un popolo non è nella condizione di poter votare, non si può sapere quale sistema voglia darsi. In Cina esiste questa dittatura e non so se il popolo cinese voterebbe a favore del partito comunista. Nei paesi dove è finito il comunismo, non appena è stato concesso il diritto di voto gli elettori hanno optato per altri partiti e per ben altri sistemi. Ad ogni modo non sono neanche d'accordo nel dire che ogni popolo può darsi il sistema che vuole. Infatti, se andiamo ad aprire precedenti storici su questo punto, potremmo anche giustificare il fatto che nel 1933 la Germania si sia data liberamente un sistema votando a favore del partito nazionalsocialista, che prese il 33 per cento dei voti, e che questo sistema abbia decretato l'odio verso una razza come una delle sue prerogative. Dunque, ogni popolo può darsi il sistema democratico che vuole e non semplicemente il sistema che vuole. Questo è un punto fondamentale che ci deve unire in quest'aula.
Lo dico perché noi siamo a favore dei sistemi democratici ovunque nel mondo. È di questi giorni la notizia della morte di un dittatore, Pinochet, che noi, come socialisti, democratici e liberali, abbiamo combattuto. Il Cile ha conosciuto una pagina ignobile sotto la dittatura di Pinochet e noi siamo stati - ieri come oggi - dalla parte di coloro che sono stati condannati, imprigionati e uccisi in quel paese. Ma siamo contro qualsiasi dittatura nel mondo, senza nessuna eccezione e senza preservare il culto di ideologie che oggi sono state condannate dalla storia (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io credo che sarebbe stata opportuna una mozione unitaria su questo tema e ci eravamo anche impegnati perché si arrivasse a questo. Purtroppo non è stato possibile perché nella mozione principale del centrosinistra, ad argomentazioni in premessa in buona misura condivisibili segue - ed è seguito come elemento di sintesi - un dispositivo ambiguo, di mezzi «sì» e mezzi «no».
La causa è da imputare al fatto che il Presidente del Consiglio Romano Prodi - e forse questa è una colpa del Parlamento -, senza alcun «mandato» (lo dico tra virgolette) parlamentare, nella visita della delegazione che ha guidato a Pechino all'inizio di settembre ha deciso unilateralmente di prendere una posizione molto netta rispetto alle sole due questioni che stanno a cuore al regime cinese: la vicenda di Taiwan e quella dell'embargo sulle armi.
Non ripeto ciò che ho detto nell'illustrazione della mozione di cui ero cofirmatario Pag. 74su quella che è la situazione cinese. Voglio cercare di affrontare brevemente un paio di punti politici: il primo è quello della presa di posizione del Governo Prodi.
Prodi ha offerto su un piatto d'argento le uniche cose che il regime cinese gli chiedeva in quel contesto, distanziandosi nettamente da quanto ha fatto in un contesto identico la Cancelliera Merkel, che è andata a Pechino e ha avuto la forza che il Presidente del Consiglio e la delegazione italiana non hanno dimostrato, vale a dire di fare un gesto simbolico per testimoniare la vicinanza del Governo - e immagino del popolo tedesco - a chi in Cina lotta per i diritti umani. La Cancelliera Merkel è andata a trovare il vescovo Dingxian a cui il regime aveva impedito di partecipare al sinodo convocato dal Papa Benedetto XVI.
Soprattutto, la Merkel, una settimana prima di Prodi, aveva detto alle autorità cinesi che non avrebbe seguito Schroeder sulla sua via di revoca dell'embargo. Inoltre, ha ribadito che avrebbe assunto la Presidenza di turno dell'Unione europea dal gennaio al giugno 2007 e che la revoca dell'embargo non sarebbe stata in agenda. Non parlo degli Stati Uniti, ma della Germania, il più grande paese dell'Unione europea.
Sono assolutamente convinto che, se non ci fosse stata quella presa di posizione di Prodi, i colleghi dell'Ulivo, così come hanno fatto i loro omologhi che siedono al Parlamento europeo, avrebbero proposto e votato con noi dell'opposizione una mozione molto netta che riproponesse il «no» alla revoca dell'embargo come punto di partenza, così come ha fatto il Parlamento europeo. Per questo, capisco la difficoltà di dover recuperare lo scivolone di Prodi.
È stato detto che il centrodestra, nel 2004, aveva assunto un atteggiamento analogo. Posto che oggi stiamo discutendo dell'atteggiamento assunto al Governo Prodi e che, quindi, l'argomentazione mi sembra di scarsa efficacia, voglio ricordare ai colleghi che, dal 2004 ad oggi, sono accadute molte cose, emblematicamente rappresentanti dal cambiamento netto di direzione operato dalla Germania, nella quale, peraltro, vige un regime di grande coalizione e i socialdemocratici non sono stati estromessi dal Governo, dato che un loro esponente ricopre la carica di ministro degli esteri. Eppure, la Germania ha cambiato nettamente posizione. Il Parlamento europeo è intervenuto dopo il 2004. Se qualcuno, all'epoca, poteva avere dubbi - personalmente, fui critico ma non avevo alcuna responsabilità - o opinioni diverse sulla direzione di marcia assunta dal regime cinese, quei dubbi sono stati fugati. Una legge, approvata nel 2005, prevede l'uso di mezzi anche non pacifici per procedere a ciò che il regime di Pechino definisce riunificazione cinese. Tutto questo è intercorso successivamente e ha fatto scattare l'allarme in sede europea, presso la Commissione ed il Parlamento, rispetto alla necessità di non procedere alla revoca dell'embargo.
Perciò, i tempi sono molto cambiati. Non voglio ripetere quanto già ho affermato sulla questione dei diritti umani in Cina e sul fatto che le repressioni aumentano, anziché diminuire, e lo stesso vale per le persecuzioni religiose, contro la libertà di stampa e contro quelli che sono definiti reati sessuali. Sono assolutamente d'accordo con quanto affermato dall'onorevole Mantovano riguardo alla carcerazione e all'ergastolo. Tuttavia, ciò accade anche agli omosessuali a Cuba, onorevole Mantovano. Spero che lei, onorevole Mantovano...
SALVATORE CANNAVÒ. Mantovani!
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Mi scusi: Mantovani. Spero che lei, onorevole Mantovani, non voglia confondere la legge Biagi con il laogai, poiché c'è una bella differenza tra un paese in cui si discute una legge - e lei la discute, con i toni che usa - che io apprezzo incondizionatamente ed un altro, come la Cina, in cui ci sono campi di lavoro nei quali i dissidenti politici sono reclusi e costretti a lavorare, ovviamente gratis. Spero che su questo ci possiamo intendere.
Pag. 75PRESIDENTE. Onorevole Della Vedova...
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, signor Presidente, evidenziando due elementi. Innanzitutto, non è possibile esprimere voto favorevole sulla mozioni Sereni n. 1-00063, perché costituisce un passo all'indietro non solo rispetto a quanto noi pensiamo; ma anche rispetto a quanto il Parlamento europeo ha proposto. Non credo che una posizione unilaterale del Parlamento italiano in ambito europeo sia sostenibile. Invece, avrei espresso voto favorevole sulla mozione Maroni n. 1-00059, molto netta circa la necessità di non revocare l'embargo; purtroppo, invece, è stata ritirata. Esprimeremo voto favorevole sulla risoluzione Mellano n. 6-00009 e chiediamo a tutta l'opposizione di sostenerla. Con tale risoluzione, l'onorevole Mellano, deputato della maggioranza che sostiene questo Governo, ripropone, quanto meno, gli stessi termini utilizzati presso il Parlamento non più di qualche settimana fa.
Pertanto, esprimeremo voto favorevole su tutte le mozioni presentate dall'opposizione, perché colgono, tutte, il dato politico della revoca dell'embargo, e voto contrario non soltanto sulla mozione «cinese» presentata dai comunisti italiani, ma anche sulle altre mozioni presentate dalla maggioranza; infine, come detto, esprimeremo voto favorevole sulla risoluzione Mellano n. 6-00009
(Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non c'è dubbio che per una grande democrazia, e per le forze di centrosinistra che sostengono il Governo di questa democrazia, la politica estera non può non essere una politica di principi, non può prescindere da essi ed è rivolta alla loro affermazione. In questo senso, credo che abbiamo tutte le carte in regola, anche dal punto di vista della coerenza dimostrata negli anni.
Signor Presidente, è stato Pietro Nenni che, nel 1968, avviò le pratiche politiche per il riconoscimento della Cina popolare che, allora, si voleva tenere fuori dal concerto delle nazioni ed è proprio alla luce di questo atteggiamento che ci ha contraddistinto che oggi abbiamo l'autorevolezza di dire che, sul piano dei diritti umani, noi non facciamo né due pesi né due misure, ma poniamo in modo serio ed argomentato a questo grande paese il problema della coerenza: alla grande capacità di sviluppo economico e reddituale che ha dimostrato deve corrispondere la capacità di crescere dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, della democrazia e dei diritti civili!
Si noterà che nella mozione che l'Unione ha presentato - sono molto orgoglioso di parlare a nome dei partiti dell'Unione che voterà anche le altre mozioni presentate da esponenti dello stesso schieramento - si è molto avveduti e attenti. Si afferma in esse che si intende intensificare le relazioni e gli scambi culturali universitari, proprio perché puntiamo sulla gioventù di quel paese, quindi sulla possibilità di incrementare la sua capacità di crescere in una moderna visione dello Stato di diritto. Pertanto, sollecitiamo anche l'eliminazione di ostacoli burocratici ed i visti che hanno fortemente, gravemente e scioccamente limitato la capacità di studenti e docenti di intrecciare con il nostro paese un fecondo rapporto di studi e di essere presenti in dimensione adeguata nel nostro paese.
Questo documento dell'Unione fa onore alla Camera dei deputati. Si tratta di un documento nobile, perché è estremamente preciso: contiene il riferimento agli accordi internazionali cui la Repubblica popolare cinese non è addivenuta, come lo Statuto della Corte penale internazionale o il protocollo opzionale della Convenzione, alla pena di morte, alla condizione di lavoro nelle fabbriche, agli episodi dei profughi tibetani, alla libertà religiosa (ciò è molto importante, soprattutto alla luce del fatto che la Commissione affari costituzionali della Camera sta esaminando un disegno di legge importante per quanto Pag. 76riguarda l'attuazione della libertà religiosa in Italia). Abbiamo sempre ripetuto che dobbiamo essere in regola con riferimento alla libertà religiosa nel nostro paese, perché ciò ci avrebbe dato più autorevolezza nel chiedere che fosse affermata negli altri paesi. Lo stesso si può dire per l'esportazione di armi e per il problema del Sudan.
La nostra mozione, pertanto, intende essere estremamente aperta, ma, al tempo stesso, precisa e particolareggiata.
Non capisco francamente perché su un tema così nobile e così importante il Parlamento italiano non possa realizzare una vasta convergenza. La mozione è molto precisa sul tema che ci ha appassionato recentemente, vale a dire sulla questione dell'eventuale embargo da parte dell'Unione europea del commercio delle armi.
Vorrei far notare che, nella scorsa legislatura, tutte le volte che si cercava di aggirare quanto stabilito dalla legge sul controllo degli armamenti attraverso l'attribuzione indebita del regime NATO anche a paesi che non ne facevano parte, dai nostri banchi e dai banchi del centrosinistra si è svolta un'opposizione e si è assunta una chiara posizione! Nessuno, quindi, può non rilevare come, nella scorsa legislatura, vi siano stati tentativi di aggirare la legge sul controllo delle armi che noi vogliamo stigmatizzare, ribadendo la nostra coerenza.
Tuttavia, il documento dell'Unione è estremamente chiaro: non vi può essere revoca dell'embargo sul commercio delle armi se questa non risulta legata e condizionata a progressi sostanziali e verificabili in tema di rispetto dei diritti umani, di riforme democratiche e di relazioni pacifiche con le vicine regioni.
Si tratta di un documento che può effettivamente dare al Governo una piattaforma ed un indirizzo di lavoro politico. Non è un documento demagogico fatto tanto per fare!
Avremmo potuto essere oggettivamente bipartisan su tale vicenda, proprio perché, nella scorsa legislatura, è toccato ad altri andare a Pechino, sviluppare rapporti diplomatici e commerciali (penso ai viaggi di Berlusconi e Fini).
Non credo che premi nessuno l'avere due pesi e due misure, a seconda che si assuma il ruolo di maggioranza o dell'opposizione; tanto meno non vengono premiati né le relazioni internazionali né i rapporti internazionali. Certo, i rapporti internazionali sono di competenza del Governo, ma vi è anche la diplomazia parlamentare, la miriade di contatti politici e culturali, cui sono chiamati anche gli uomini e le donne dell'opposizione.
Come faranno a dire che si sono comportati in un modo quando erano al Governo ed in un altro quando erano all'opposizione? Non giova nemmeno a loro!
Ecco, allora, il motivo per cui ritengo francamente importante che, nell'ambito delle forze della maggioranza di centrosinistra, si sia pervenuti ad una così importante convergenza su un documento di indirizzo preciso ed articolato.
Si tratta, infatti, di una mozione che, con tanto di nomi e cognomi, sottolinea il problema del vescovo cattolico imprigionato, la questione concernente l'incarcerazione del leader delle proteste contro le espropriazioni delle terre e gli sfratti ed il problema della condizione della donne. Devo riconoscere che si tratta di un documento niente affatto elusivo, estremamente costruttivo e decisamente preciso.
È proprio questo il motivo per cui raccomandiamo all'Assemblea l'approvazione della mozione sottoscritta dai gruppi appartenenti all'Unione. Ci dichiariamo altresì disponibili a votare anche a favore dei documenti presentati dagli altri esponenti della maggioranza e ci dispiace di dover essere costretti a votare contro gli atti di indirizzo degli altri gruppi parlamentari. Affermo ciò in tutta franchezza, poiché avremmo preferito un grande e solenne atto di convergenza del Parlamento italiano su tali questioni.
Vorrei infatti rilevare, signor Presidente ed onorevoli colleghi, che in gioco vi sono i diritti umani e civili di centinaia di milioni di abitanti della Cina. Sotto questo Pag. 77punto di vista, allora, osservo che tanto più saremo uniti, tanto più risulteremo autorevoli; tanto più convergeremo, tanto più potremo ottenere risultati concreti.
In questa sede, infatti, non ci stiamo battendo per strappare qualche voto in più in Italia, ma ci confrontiamo per far compiere un sostanziale progresso ai diritti umani e civili in quest'area così importante e determinante del nostro mondo. È proprio con tale considerazione che intendo concludere il mio intervento.
Ricordo che, nel 1989, registrammo un grande moto di rinnovamento e di liberazione all'interno dei regimi comunisti ed autoritari, e tale moto ha provocato cambiamenti in quei paesi. In Cina, tuttavia, questa spinta al rinnovamento fu frenata dalla repressione di piazza Tienanmen.
Ebbene, ritengo importante che la comunità internazionale possa dichiarare che tale repressione non rappresenta un fatto compiuto, che si accetta all'insegna del «cosa fatta, capo ha»; al contrario, è nostra intenzione continuare a batterci, con i metodi democratici, affinché i diritti civili, umani e politici siano pienamente rispettati.
Allora, nobilitiamo questa giornata del Parlamento italiano! Si tratta, infatti, non di una «batracomiomachia» tra le forze politiche italiane, ma di un'affermazione molto netta, precisa e «impegnata» di libertà, di democrazia e di diritti civili a favore di un popolo che, meritoriamente, ha grandi tradizioni culturali da parte di un popolo, quello italiano, che su questo piano certamente intende compiere uno sforzo del tutto particolare (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a titolo personale per spiegarvi il motivo per cui, dopo il dibattito svoltosi sulle mozioni presentate (che ho seguito con attenzione), ho deciso di presentare, assieme al collega Capezzone, una risoluzione sulla questione del rispetto dei diritti umani in Cina.
Visto che, da più parti, vengono invocati coerenza e rigore nell'atteggiamento da assumere in questo caso, ritengo indispensabile, dal punto di vista personale, aver presentato tale risoluzione. Ricordo che, esprimendo la mia contrarietà, ho protestato quando l'allora Presidente della Repubblica, Ciampi, ha «abusivamente» parlato in Cina di rimozione dell'embargo sul commercio delle armi. Rammento, altresì, che ho protestato anche quando l'allora ministro degli affari esteri, Fini, chiese la revoca di tale embargo.
Ho manifestato la stessa contrarietà quando lo hanno fatto sia Berlusconi, sia il Presidente Prodi, che sostengo come capo di questo Governo. Infine, esprimo la medesima disapprovazione quando, in questi giorni, lo ha fatto anche il ministro degli affari esteri D'Alema.
Allora, per coerenza personale, nonché per coerenza con una militanza politica che, da vent'anni, mi vede attivista del Partito radicale transnazionale, non violento e transpartito, credo che questa Camera dovrebbe fare propria la mia risoluzione n. 6-00009, la quale ripropone, in maniera puntuale e precisa, il testo della risoluzione approvata, il 7 settembre scorso, a larghissima maggioranza dai nostri esponenti al Parlamento europeo.
Ricordo, infatti, che con tale atto si chiede puntualmente il mantenimento dell'embargo sul commercio di armi, proprio sulla base delle numerose motivazioni che da sinistra, da destra e da centro sono state formulate!
Vorrei osservare che avere a disposizione «l'arma» dell'embargo sulle armi rappresenta una risorsa alla quale non dobbiamo rinunciare in questo momento. Ricordo che la questione di Taiwan è ancora totalmente aperta con gli Stati Uniti che stanno sostenendo, anche militarmente, tale paese. Noi rischiamo non di dare le Beretta ai militari di frontiera che sparano sui profughi tibetani, bensì di fornire l'alta tecnologia al Governo cinese, il quale si prepara alla riunificazione forzata della Cina!Pag. 78
Desidero sottolineare che, in questo momento, rischiamo di privarci di un potere contrattuale che...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
BRUNO MELLANO. ...anche in previsione dello svolgimento delle Olimpiadi del 2008, avremmo voluto avere per favorire nuovi diritti e nuove possibilità di agibilità politica per i cittadini cinesi.
È per questo motivo che vi chiedo di votare una risoluzione che testualmente riprende il testo della risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 7 settembre scorso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 17,35)
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, ho colto dalle parole dell'onorevole Spini, ma anche di altri colleghi, la sottolineatura di questa contraddizione. Avete detto che il centrodestra oggi sostiene certe cose, mentre nel 2004, quando era al Governo, ne sosteneva altre; però, se la memoria non mi inganna - e non mi inganna - se tornate al 2004 non troverete dichiarazioni né del Presidente del Consiglio né del ministro degli affari esteri volte a togliere l'embargo sulle armi alla Cina. Troverete, invece, una dichiarazione del Capo dello Stato, fatta in occasione della visita in Cina, che non è stata mai né avallata né «coperta» dal Governo Berlusconi; quindi, capisco che solo due anni dopo si tenda a ricordare male le cose rispetto a come sono avvenute, però il Governo Berlusconi non ha mai chiesto di togliere quell'embargo come, invece, ha fatto il Governo Prodi. Non c'è, quindi, alcuna contraddizione; infatti, basta andare a vedere la cronaca e la storia di quegli anni per accorgersi che ciò che è contenuto in queste mozioni, ma anche nella risoluzione del collega Mellano, si muove nella continuità della politica estera del Governo italiano che fino all'ultima mossa del Presidente del Consiglio Berlusconi non aveva mai chiesto di togliere l'embargo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intanto bisogna dare atto ad Alleanza Nazionale che con la prima mozione ha sollevato questo drammatico problema. Ora questi «balletti» del centrosinistra, per condizionare l'eventuale eliminazione dell'embargo sulle armi alla Cina, con varie condizioni fanno ridere, anzi sono una cosa scandalosa.
Il Governo di centrodestra con la Cina fece un accordo che la sinistra ha tentato di rivendicare, ma che rappresentava la strada giusta, cioè quello che hanno pubblicizzato in questi giorni i giornali italiani sull'università, sulla laurea italo-cinese; accordo che fu siglato quando ministro degli esteri era l'onorevole Fini e quando ministro della pubblica istruzione era l'onorevole Moratti. Quella era la strada giusta.
Dal punto di vista delle libertà, io vorrei dire una cosa semplice: sono le società italiane e del mondo occidentale ad alimentare ulteriormente lo sfruttamento dei minori e la schiavitù in quel paese. Io penso che finché i paesi europei non impediranno la commercializzazione dei prodotti per i quali non c'è la garanzia da parte delle nostre ambasciate che non siano stati realizzati con lo sfruttamento dei minori, senza le garanzie a tutela della dignità della persona, quegli affari rappresenteranno un potenziamento della schiavitù stessa di quel popolo.
Quindi, eliminiamo l'ipocrisia e facciamo in modo che il Parlamento decida sul serio che in Italia...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
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TEODORO BUONTEMPO. Ci sono nomi e cognomi di quelle grandi società italiane che comprano pullover o scarpe da tennis ad un euro e le rivendono in Italia a svariate centinaia di euro...
Molte di quelle imprese finanziano i partiti del centrosinistra; quindi, credo che il primo passo che il Parlamento italiano deve compiere sia quello di vietare la vendita in Italia di qualunque prodotto che non abbia il marchio che garantisca il rispetto dei diritti umani.