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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GUIDO DUSSIN IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1955
GUIDO DUSSIN. Il Governo ha presentato alle Camere il presente disegno di legge a seguito della bocciatura del decreto-legge n. 261 del 2006, di analogo contenuto, da parte del Senato. Infatti nella seduta dell'Assemblea del Senatò del 25 ottobre scorso è stata approvata una pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'opposizione che ha fatto decadere il decreto-legge.
Il disegno di legge in titolo sospende per un periodo di otto mesi le procedure esecutive di sfratto per finita locazione, per i residenti nei comuni capoluoghi di provincia e nei comuni confinanti con più di 10.000 abitanti, nonché nei comuni dichiarati ad alta tensione abitativa, con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro, che hanno nel proprio nucleo familiare ultrasessantacinquenni o handicappati, con invalidità superiore al 66 per cento. Per gli alloggi delle grandi proprietà immobiliari (Casse professionali, assicurazioni oppure privati con più di 100 alloggi) il periodo di sospensione è di 18 mesi dalla data dell'entrata in vigore della legge.
Il presente testo recepisce un emendamento presentato dalla Lega Nord al testo del decreto-legge n. 261 del 2006, durante la discussione del provvedimento nella XIII Commissione del Senato, e introduce il criterio della disponibilità di un'altra abitazione per l'accesso ai benefici del decreto, come previsto anche dai precedenti decreti-legge sugli sfratti adottati dal governo precedente.
I decreti-legge sugli sfratti del Governo Berlusconi hanno cercato di limitare, senza creare conflitti sociali, le continue proroghe degli sfratti ereditate dal Governo del centro-sinistra, incentivando, con sostanziosi contributi economici, la stipula di nuovi contratti. Peraltro, la prima limitazione della proroga degli sfratti alle sole famiglie che hanno nel nucleo familiare ultrasessantacinquenni o handicappati gravi, e che non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa, è stata disposta dallo stesso Governo di centro-sinistra, nella finanziaria per l'anno 2001 (in particolare nell'articolo 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388), nonostante le nostre critiche che mettevano in evidenza le difficoltà che avrebbero incontrato nel futuro tali categorie disagiate per accedere al libero mercato delle locazioni.
Si ricorda che a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 155 del 28 maggio 2004, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 giugno 2004, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della proroga dei provvedimenti esecutivi di rilascio degli immobili (indirizzo questo che è stato ribadito anche dalla Corte di giustizia europea), il Governo Berlusconi ha adottato il decreto-legge del 13 settembre 2004, n. 240, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 269, che in aggiunta a quanto previsto dalla legge n. 431 del 1998, istituiva nuove tipologie di contratti di locazione, a carattere provvisorio, assegnando ai titolari dei requisiti descritti nel decreto, anche contributi diretti (una tantum dai 3.000 ai 5.000 euro per fasce di popolazione residente nei comuni interessati) per il pagamento del canone di locazione. Il decreto stanziava 106.540 migliaia di euro per l'anno 2004, 7.300 migliaia di euro per l'anno 2005, 17.725 migliaia di euro per l'anno 2006 e 10.895 migliaia di euro per l'anno 2007.
I nuovi contratti non hanno riscontrato l'adesione degli inquilini sotto procedure di sfratto e, pertanto, con il decreto-legge del 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, sono stati assegnati ulteriori contributi diretti alla stipula di nuovi contratti, nella misura massima di 6.000 euro per ogni anno di durata del contratto, per le categorie disagiate residenti nelle aree metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste, nonché nei comuni ad altaPag. 104tensione abitativa con essi confinanti, fino alla spesa massima di 104.940 migliaia di euro, disponibili alla data del 1o aprile 2005, a valere sui fondi del citato disegno di legge n. 240 del 2004. Per rendere attuative le nuove procedure il decreto prevedeva, inoltre, la proroga degli sfratti per le categorie interessate fino al 30 settembre 2005.
L'ultimo decreto-legge sugli sfratti del Governo della Casa delle Libertà, il decreto-legge n. 23 del 2006, ha limitato ulteriormente i soggetti beneficiari della proroga degli sfratti, prendendo in considerazione esclusivamente le tre più grandi città italiane, Roma, Napoli e Milano (con più di un milione di abitanti), che presentano i maggiori problemi di crisi abitativa.
La Lega ha visto favorevolmente tale continua limitazione dell'applicazione della proroga degli sfratti, che ovviamente non ha avuto lo scopo di «punire» gli inquilini delle città minori, ma, al contrario, ha cercato di limitare, anche con contributi finanziari, un disagio sociale che ha visto caricare sui privati proprietari immobiliari i problemi dell'edilizia sociale. Peraltro le continue proroghe degli sfratti per le sole categorie deboli hanno creato disparità di trattamento tra coloro che affittano i propri immobili stipulando contratti di locazione con soggetti rientranti nelle categorie deboli (ex comma 20 dell'articolo 80 della legge finanziaria 2001), costretti a subire continue proroghe dell'esecuzione dello sfratto, e coloro che stipulano contratti di locazione con la restante pletora di soggetti. Inoltre c'è da tener conto che, alla scadenza del mandato elettorale, il Governo Berlusconi non poteva ignorare i problemi delle realtà territoriali che maggiormente risentono della crisi abitativa, del carovita e del caro-affitti, ossia le realtà territoriali delle grandi città, come appunto Roma, Milano e Napoli.
Peraltro, i decreti-legge del Governo del centro-destra non hanno ignorato i proprietari degli appartamenti che per l'ennesima volta si sono prestati per risolvere i problemi abitativi delle categorie socialmente deboli. Infatti, la sospensione non ha operato in caso di mancato regolare pagamento del canone di locazione e dei relativi oneri accessori, nonché nei casi in cui il locatore abbia dimostrato, con autocertificazione, di trovarsi nelle stesse condizioni previste per il conduttore al quale spetterebbe di ottenere la sospensione medesima. Inoltre, il decreto-legge n. 23 del 2006 ha previsto agevolazioni fiscali in favore dei locatori, siano essi persone fisiche o imprese, esentando dal pagamento delle tasse il reddito proveniente dai canoni di locazione, per tutto il periodo dei sei mesi di sospensione legale degli sfratti. La sussistenza dei requisiti veniva accertata dal conduttore attraverso un'autocertificazione, che il locatore poteva successivamente contestare.
C'è da dire che tutte queste attenzioni nei riguardi dei proprietari sono state riproposte sia dal decreto-legge n. 261 del 2006 del Governo del centro-sinistra, sia dal presente disegno di legge, e pertanto la Lega non può che vederle con favore. Parimenti sono riproposte le norme che prevedono ulteriori agevolazioni da parte dei comuni attraverso esenzioni o riduzioni dell'ICI.
Inoltre, l'ultimo decreto-legge del Governo Berlusconi, il n. 23 del 2006, ha girato i fondi stanziati per i contratti provvisori e non utilizzati alla realizzazione di alloggi sperimentali e progetti speciali per aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale. Anche il presente disegno di legge intende incentivare la realizzazione di alloggi di carattere sociale, ma si - limita a questioni programmatorie senza prevedere lo stanziamento di finanziamenti per l'edilizia sociale e/o sgravi fiscali e/o saggio di interesse accessibile.
Entrando nel merito del disegno di legge, si osserva quanto segue: il presente disegno di legge tronca il processo della continua limitazione della sospensione degli sfratti, come programmata dal precedente Governo, rilanciando una nuova serie di sospensioni, estese su tutto il territorio nazionale nei comuni con più di 10.000 abitanti (capoluoghi di provincia e comuni limitrofi), oltre che nei comuni adPag. 105alta tensione abitativa. Peraltro il presente testo e ancora più estensivo rispetto al decreto-legge n. 261, decaduto, perché comprende sia i comuni con più di 10.000 abitanti, sia i comuni ad alta tensione abitativa. Si ritiene che tale estensione sia un passo indietro che alimenterà nuovi conflitti tra proprietari e affittuari. L'estensione contrasta inoltre con la pronuncia della Corte costituzionale n. 155 del 28 maggio 2004, sopra esposta, che ha inteso limitare la proroga degli sfratti, dichiarandone l'illegittimità costituzionale. La nuova proroga degli sfratti creerà nuovi timori sulla mancanza di garanzia per l'immediata restituzione dell'immobile al locatore alla scadenza del contratto, mancanza di garanzia che in passato ha costretto i proprietari a tenere spesso gli immobili sfitti, incidendo sulla paralisi del settore delle locazioni.
Il limite di reddito complessivo familiare di 27.000 euro lordo, corrispondente, secondo la relazione tecnica, a 1.200 euro netti al mese, si presenta così basso che rischia di penalizzare le famiglie con figli a carico e con due genitori lavoratori, che, anche con 1.400 o 1.500 euro al mese non sono in ogni caso in grado di pagare un affitto di libero mercato (che nelle grandi città non è mai meno di 800 euro). Presumibilmente le categorie che potranno usufruire realmente del presente decreto sono i lavoratori in nero e gli extracomunitari e solo pochi casi di famiglie veramente bisognose. Si ritiene preferibile il testo del decreto-legge n. 23 del 2006 che faceva riferimento a «redditi superiori a quelli previsti per l'accesso ai contributi del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» (comma 1).
La riforma degli enti previdenziali, assicurazioni, casse professionisti è stata tutta basata sul presupposto che tali enti, visto che non sono enti di beneficenza, non devono sostituire lo Stato nei propri obblighi sociali e, pertanto, non devono mantenere un patrimonio edilizio, a canone basso, scarsamente redditizio, che impedisce a loro di investire fruttuosamente i contributi dei loro assicurati. Il presente disegno di legge torna indietro nei tempi in quanto sospende, fino a 18 mesi dopo l'entrata in vigore della legge, l'esecuzione degli sfratti delle categorie protette (ai sensi del comma 1 dell'articolo 1), per tutte le case di enti, casse professionali, assicurazioni, banche.
Il presente testo, fortunatamente, non comprende una disposizione del decreto-legge che prevedeva un rinnovo del contratto per 9 anni per gli immobili cartolarizzati, comprati da soggetti diversi da persone fisiche.
C'è da notare che la norma non risolve le problematiche in merito alle condizioni del rinnovo e alle cifre di canone richieste dai nuovi proprietari, che, ovviamente, sono molto distanti dagli affitti equo canone cui erano abituati gli inquilini delle case degli enti.
Si prevede la decadenza dal beneficio se, entro 45 giorni dalla data dell'entrata in vigore della legge, il comune non procede a predisporre un programma di edilizia sovvenzionata o agevolata, sulla base degli elenchi dei conduttori bisognosi. Si ritiene assurda tale limitazione che non tiene conto dei diritti soggettivi degli inquilini e crea discriminazioni tra i cittadini dei comuni efficienti e quelli dei comuni inetti.
La Lega ha fatto una vera battaglia in passato contro le commissioni prefettizie ed è finalmente riuscita a far tornare alla competenza della magistratura ordinaria la questione degli sfratti. Occorre chiarire che l'istituzione delle commissioni prefettizie aveva carattere temporaneo al fine di smaltire l'eccezionale aumento del numero delle cause di sfratto, generate dal blocco generale del mercato delle locazioni che aveva le sue origini nell'introduzione dell'equo canone. Tra l'altro le ultime proroghe del funzionamento di dette commissioni avevano lo scopo di consentire al Parlamento il tempo necessario per la revisione della disciplina delle locazioni degli immobili urbani, al fine di restituire la questione relativa agli sfratti alla competenza esclusiva della magistratura ordinaria.Pag. 106
Ricordo che le commissioni prefettizie nella loro prima introduzione, avvenuta con il decreto-legge n. 9 del 1982, convertito dalla legge n. 94 del 1982, dovevano, su richiesta del pretore, fornire al medesimo tutti i dati utili sulla situazione abitativa dei comuni che maggiormente risultavano colpiti dalla crisi del mercato delle locazioni, affinché «egli abbia concreti elementi di giudizio in ordine alle procedure di rilascio da lui trattate». Successivamente il decreto-legge n. 708 del 1986, convertito dalla legge n. 899 del 1986, e il decreto-legge n. 551 del 1986, convertito dalla legge n. 61 del 1989, hanno rispettivamente modificato la composizione delle commissioni e aumentato le competenze del prefetto, stabilendo il termine del 31 dicembre 1993 per la cessazione delle funzioni delle commissioni medesime e per la fine dell'impiego della forza pubblica secondo i criteri di graduazione nell'esecuzione degli sfratti stabiliti dal prefetto. Da allora, un susseguirsi di decreti-legge ha ripetutamente fatto slittare il termine per la concessione della forza pubblica, impedendo il ritorno della questione sfratti nelle mani della magistratura ordinaria, fino all'approvazione della legge 9 dicembre 1998, n. 431, che ha definitivamente abolito le commissioni prefettizie. I commi 2 e 3 dell'articolo 3, anche se non affidano direttamente al prefetto le procedure di sfratto, sembrano nostalgici del passato riportando nelle mani del perfetto e delle nuove «commissioni prefettizie» la graduazione delle azioni di rilascio degli alloggi. Occorre sopprimere i commi 2 e 3 dell' articolo 3.
L'articolo 4 interviene sulle competenze in materia di edilizia residenziale pubblica, che sono state assegnate integralmente alle regioni con la riforma Bassanini ed in particolare con il decreto legislativo n 112 del 1998. Ovviamente è sotto gli occhi di tutti la scarsità delle risorse destinate attualmente all'edilizia sovvenzionata e agevolata da parte delle regioni. Tuttavia, a seguito della soppressione del CER e la devoluzione alle regioni di tutte le competenze in materia, l'intervento dello Stato è limitato alla definizione di criteri generali e all'attuazione di soli programmi sperimentali. Non si ritiene fattibile la realizzazione di un programma pluriennale e di edilizia residenziale pubblica da parte dello Stato, facendolo passare per straordinario. Il presente testo ha modificato l'articolo 4 del decreto-legge (nel senso indicato anche dal nostro gruppo al Senato), prevedendo che il programma predisposto dal tavolo di concertazione deve definire solo le linee generali della programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, senza entrare nelle competenze regionali e comunali. In realtà è stato recepito il significato di un nostro emendamento al Senato sul decreto-legge n. 261 del 2006.
Si segnala inoltre che lo Stato potrebbe intervenire assegnando alle regioni nuovi finanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica, ma il presente disegno di legge non contiene disposizioni finanziarie in tal senso (nemmeno il decreto-legge decaduto).
La copertura finanziaria per la proroga dei benefici fiscali in favore dei proprietari previsti dall'articolo 2 è individuata a valere sull'autorizzazione di spesa disposta dall'articolo 2, comma 4 del decreto-legge n. 106 del 2005, in ordine ai premi per la concentrazione di imprese. Si ricorda che il decreto-legge n. 261 del 2006, ai fini della copertura finanziaria, aumentava la tassazione sulla casa portando dal 15 per cento al 14 per cento la percentuale di riduzione del canone annuo di locazione ai fini della determinazione del reddito da fabbricati, per tutti i contratti stipulati con libera contrattazione tra le parti. Il Governo ha dovuto modificare la copertura finanziaria. Il nostro gruppo ha evidenziato al Senato che la copertura finanziaria contenuta nel decreto-legge n. 261 del 2006 limitava la libertà delle parti nella scelta del tipo di contratto da applicare (canale libero o vincolato). Inoltre, non si prevedeva l'esclusione da tale aumento della tassazione dei fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, che oggi staPag. 107al 25 per cento, per ovvi motivi legati alle particolari condizioni della città di Venezia.