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Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,46).
(Finanziamento delle opere di messa in sicurezza dell'aeroporto d'Abruzzo - n. 2-00277)
PRESIDENTE. Il deputato Buontempo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00277 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, vorrei sperare che si ripeta un fatto usuale, ossia che alcuni ministri compiano delle scelte di cui l'intero Governo non è conoscenza. La mia interpellanza è volta principalmente a richiamare il Governo su un provvedimento assunto dal ministro dei trasporti Bianchi che ha dell'incredibile. Infatti, nella precedente legislatura il ministro Lunardi ha stanziato 5 milioni di euro per la messa in sicurezza dell'aeroporto di Pescara, unico aeroporto abruzzese.
Inoltre, era stato proprio il ministro a promettere quei soldi all'ENAC, l'ente nazionalePag. 15di aviazione civile, quando aveva chiuso il proprio bilancio con un avanzo di 23 milioni di euro.
Ventotto milioni di euro sarebbero andati all'aeroporto di Fiumicino per la costruzione del terminal C, gli altri invece sarebbero serviti all'aeroporto di Pescara per risollevarne le sorti. Roma oltretutto ha già iniziato i lavori e quindi ora si trova senza copertura finanziaria per poterli terminare. Per quanto riguarda invece Pescara, vi è un problema molto serio di messa in sicurezza per aprire nuovi parcheggi, per potenziare tutti i servizi legati a questo aeroporto che va morendo giorno dopo giorno. Pescara ha un effettivo problema di viabilità: ha una ferrovia che obbliga, per un viaggio da Roma a Pescara (pari a 200 chilometri circa), a tre ore e mezza con il treno rapido.
Quale sviluppo può essere assicurato ad una regione che si trova ad una distanza di 200 chilometri dalla capitale che oggi, nel terzo millennio, può essere coperta con un tempo di percorrenza pari a quello del secolo scorso? Per Firenze, i 280 chilometri di distanza da Roma si percorrono in un'ora e mezza. L'Abruzzo ha inoltre un'autostrada, la Roma-Avezzano-L'Aquila-Pescara che, in prossimità di Roma, non presenta un sistema viario tale da consentire alle automobili di inserirsi dal raccordo anulare nelle varie consolari con un minimo di facilità. Quando si arriva dall'autostrada occorrono circa un'ora e mezzo o due per entrare a Roma. Si tratta di una regione che è anche una grande risorsa turistica di mare e di montagna e che presenta una grande ricchezza di piccoli e medi imprenditori in ogni settore e che si vede penalizzata anche con un aeroporto quasi impraticabile.
L'allarme in proposito è stato dato anche dall'ENAC. Nel momento in cui si è trovato uno stanziamento, il ministro, senza avvertire nessuno e senza convocare lo stesso ENAC per valutare le eventuali priorità, prende questi fondi e li trasferisce ad altri due aeroporti, quali - mi pare - Torino e Bologna. È un modo grave ed incredibile di procedere in quanto comunque i territori e le popolazioni non possono essere oggetto di interessi di parte di questo o di quel ministro, secondo proprie clientele, amicizie o preferenze. Vi è stato uno scontro di emergenze e necessità, ma questo aeroporto rischia di chiudere senza quegli interventi e senza l'attuazione di un piano, di un progetto o di un programma.
Vede, caro sottosegretario, anche in questa legge finanziaria nello scontro tra nord e sud l'Abruzzo è stato penalizzato. La protesta ormai è mossa anche da amministratori del centrosinistra. Io ho una lettera del presidente della provincia di Pescara, l'architetto De Dominicis, il quale evidenzia che tra le priorità fissate dal ministro delle infrastrutture è sparito ogni riferimento al completamento della variante della statale 16 Adriatica, opera della quale l'amministrazione provinciale di Pescara - a maggioranza di centrosinistra - è sempre stata sostenitrice e che la stessa giunta regionale ha ritenuto di interesse strategico, tanto da inserirla nel memorandum delle priorità regionali. Tale documento è stato consegnato al ministro Di Pietro in occasione della sua visita a L'Aquila. Tali fondi sono spariti (non se ne trova traccia); in particolare, vorrei anche ricordare che gran parte di questi fondi stanziati erano frutto di un'intensa attività del nostro deputato abruzzese Nino Sospiri, sottosegretario di Stato per i trasporti, che è deceduto, alla memoria del quale siamo legati. Tutte le parti politiche hanno espresso cordoglio alla famiglia ed ammirazione per il lavoro che egli ha svolto per l'Abruzzo, senza differenza di colore per i beneficiari dei fondi necessari per modernizzare le strutture della regione.
Pertanto, anche per quanto riguarda il porto, l'Abruzzo ha visto svanire queste risorse e, anche in tal caso, non si vuole riconoscere la necessità di un'autorità portuale a Pescara che le avrebbe assicurato dei finanziamenti.
Ho presentato tale interpellanza partendo dallo scippo perpetrato dal ministro per poi allargare il discorso alle condizioni in cui si trova quella regione.
Ho fatto appello ai colleghi di tutti i partiti perché si reagisca, indipendentementePag. 16dal colore politico, a questo disprezzo che il Governo di centrosinistra pare avere nei confronti dell'Abruzzo. È un disprezzo inaccettabile perché, prima di uno scippo del genere, quanto meno si potevano convocare il presidente della regione Abruzzo, anch'egli di centrosinistra, i presidenti delle province e alcuni sindaci dei comuni capoluogo per spiegarne le ragioni, offrire garanzie ed assicurazioni circa leggi finanziarie o progetti che potrebbero contemplare la modernizzazione dell'aeroporto di Pescara, la sua messa in sicurezza, la possibilità che quell'aeroporto diventi, proprio per le condizioni della ferrovia e delle strade, un trasporto alternativo sia in termini di passeggeri e merci sia per il potenziamento del turismo.
Mi auguro che la risposta del Governo non sia banale, non sia soltanto quella che burocraticamente gli uffici hanno redatto per fornire una risposta tecnica: prego il sottosegretario di fornire, oltre ad una risposta tecnica, anche una risposta politica.
È vero o no che per l'Abruzzo non c'è un collegamento ferroviario degno di questo nome in una società moderna? È vero o no che, arrivando dall'autostrada, occorre più di un'ora per accedere alle strade consolari di Roma? È vero o no che il porto di Pescara non ha ricevuto i finanziamenti? È vero o no che la cifra di 5 miliardi è stata destinata per altri lavori ad altre città italiane?
Se tutto questo è vero, forse lo è, credo che la risposta non possa essere burocratica, ma anche di impegno e di scelta politica!
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Andrea Annunziata, ha facoltà di rispondere.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, l'articolo 1, comma 582, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ha autorizzato l'Ente nazionale dell'aviazione civile ad utilizzare le risorse di parte corrente derivanti da trasferimenti statali, relativi agli anni 2004-2005 e disponibili nel proprio bilancio, per far fronte a spese di investimento per le infrastrutture aeroportuali individuate con decreto dell'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
A tale proposito, il Ministero dei trasporti ha proposto all'ENAC di finanziare opere infrastrutturali sui seguenti scali aeroportuali: Bologna, per lavori di prolungamento e riqualificazione della pista di volo (22.154.965,69 euro); Torino, per lavori di realizzazione del sistema automatico di smistamento dei bagagli e degli impianti di sicurezza per il controllo del 100 per cento dei bagagli da stiva (20.621.987 euro); Pescara, per lavori di messa in sicurezza dell'aeroporto, per i quali il ministro pro tempore, il professor Lunardi, aveva messo a disposizione la somma di 5 milioni di euro; Roma Fiumicino, per la realizzazione del molo C (36.151.983 euro) (per tali lavori si fa presente che Aeroporti di Roma Spa ha già provveduto all'espletamento della gara d'appalto ed alla successiva aggiudicazione).
Con l'ENAC vi è stato un confronto, diversamente da quanto affermato dall'onorevole Buontempo. L'ENAC ha condiviso tale proposta ma ha quantificato in complessivi 35 milioni di euro le risorse disponibili. In conseguenza di ciò, e tenuto conto della circostanza che gli interventi relativi agli scali aeroportuali di Bologna e Torino sono già stati realizzati e che in ordine agli stessi si è già formato un significativo contenzioso, il ministero ha dovuto considerare, unitamente all'intenzione già espressa da ENAC, prioritari taluni finanziamenti. In particolare: 22.154.965,69 euro per il rimborso totale alla SAB Spa per i lavori già effettuati di prolungamento e riqualificazione della pista di volo ed opere connesse dell'aeroporto di Bologna (per la restituzione di tale somma la stessa società di gestione ha presentato ricorso al TAR dell'Emilia-Romagna); 12.845.034,31 euro quale parziale rimborso (il 62 per cento) alla SAGAT Spa in relazione ai lavori di realizzazione del sistema automatico di smistamento deiPag. 17bagagli e degli impianti di sicurezza per il controllo del 100 per cento dei bagagli da stiva nell'aeroporto di Torino (per la restituzione della somma complessiva dell'opera la stessa società di gestione ha presentato apposito atto di diffida).
Proprio al fine di consentire il completo rimborso a favore della SAGAT Spa, nonché la realizzazione dei lavori sull'aeroporto di Pescara - che non potranno iniziare prima della fine del 2007, considerato che solo in data 12 ottobre 2006, quindi due mesi fa, onorevole Buontempo, si è conclusa la conferenza di servizi che ha approvato il piano di sviluppo dell'aeroporto: quindi, se ritardi vi sono stati credo siano attribuibili a lungaggini burocratiche che riguardano sicuramente altri e non questo Governo - e la realizzazione del molo C di Fiumicino, è stato proposto apposito emendamento alla legge finanziaria in corso di approvazione che autorizzi l'ENAC, in analogia con quanto previsto dalla legge finanziaria 2006, ad utilizzare le risorse di parte corrente derivanti dai trasferimenti statali relativi all'anno 2006 disponibili nel proprio bilancio per far fronte a spese di investimento per le infrastrutture aeroportuali.
L'onorevole Buontempo, poi, ha denunciato i problemi che vivono Pescara e l'Abruzzo, per cui si va oltre la questione aeroportuale investendo la problematica delle altre infrastrutture: porti e trasporti su ferro e su gomma. Non vi è assolutamente disprezzo da parte del Governo in carica da appena sei mesi per regioni come l'Abruzzo, anzi, vi è attenzione massima. Non so quanto, onorevole Buontempo, abbia fatto invece il precedente Governo per queste stesse regioni.
PRESIDENTE. Il deputato Buontempo ha facoltà di replicare.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, con il massimo rispetto per la persona del sottosegretario, ci vuole una bella faccia tosta a dire quelle cose! Il precedente Governo stanzia fondi per l'aeroporto di Pescara; il Governo di centrosinistra distrae questi soldi e li manda in altre città e poi, anziché rispondere all'interpellanza, fa polemica politica e si chiede cosa abbia fatto il precedente Governo. Ho letto la lettera di un presidente di provincia di centrosinistra il quale è infuriato perché l'Abruzzo ha subito un altro scippo per quanto riguarda un sistema viario già finanziato dal precedente Governo: ecco cosa ha fatto il precedente Governo!
Questo Governo ha eliminato quelle coperture finanziarie e potrei continuare, elencando, onorevole Presidente, ciò che ha fatto il precedente con i finanziamenti di opere per l'Abruzzo, tutti interventi che attualmente sono di incerta realizzazione. Poichè il sottosegretario è disinformato vorrei ricordargli che il precedente Governo aveva previsto il finanziamento per il compartimento lungo la statale 81 Picena Aprutina, nonchè ulteriori finanziamenti con la legge obiettivo, la n. 443 del 21 dicembre del 2003. Potremmo poi continuare, con gli interventi strategici di interesse nazionale, con le infrastrutture nella regione Abruzzo per la realizzazione della dorsale collinare. Mi dispiace fare questo lungo elenco che diventa una risposta politica, probabilmente improduttiva in questa circostanza, ma potremmo continuare con il finanziamento alla statale 84 Frentana. È un elenco lunghissimo; mi dispiace dirlo, ma non si risponde così ad una interrogazione. C'è poi un finanziamento del precedente Governo per l'ammodernamento del tratto della Val d'Agri - non sappiamo che fine farà - oltre alla variante all'abitato di Cermigliano e di Penna Sant'Andrea.
Il Governo non ha dato alcuna risposta. È ovvio che all'aeroporto di Pescara i lavori non sono iniziati nell'incertezza dei finanziamenti. Chi paga questi lavori se non c'è la disponibilità finanziaria? Hanno fatto maturare i tempi per vedere se quei fondi stanziati sarebbero diventati fondi reali.
Adesso apprendono che quei soldi non ci sono più. Rivolgerò a questo punto altre interrogazioni. Vorrei sapere quali intenzioni ha questo Governo affinché l'aeroporto di Pescara non sia costretto a chiudere.Pag. 18A questo deve rispondere il Governo, e non venire a dire cosa ha fatto il precedente Governo, il quale ha stanziato i fondi che poi voi avete rubato all'Abruzzo, per interessi clientelari da parte di un ministro.
(Ipotesi di riordino della Commissione pari opportunità e del Comitato nazionale di parità e di pari opportunità - n. 2-00279)
PRESIDENTE. L'onorevole Rossi Gasparini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00279 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, in Italia esistono strutture storiche, come la commissione nazionale di parità, la commissione n. 125 presso il Ministero del lavoro e la n. 215, che hanno il compito di riequilibrare i diritti delle donne e che hanno lavorato molto bene, fino al momento in cui tutto si è fermato. Risulta infatti che la commissione per le pari opportunità, presieduta dal ministro Pollastrini, abbia svolto l'ultima riunione il giorno 30 marzo 2006 e da allora non sia stato convocato nemmeno l'ufficio di presidenza. Analoga situazione vale per il comitato n. 125, che ha bloccato ogni attività, non esaminando le centinaia di progetti e di azioni positive, presentate secondo regolare bando, né rispondendo alle richieste di rimodulazione avanzate nel corso del 2006. È vero che è intervenuto l'articolo 29 del decreto-legge n. 223 del 2006, cosiddetto decreto Bersani, che tende a ridurre il costo della spesa pubblica. Su questo tema tutto il paese è d'accordo, ma l'articolo 29 ha bloccato in modo irrazionale commissione e comitati. Reputiamo che esistano delle iniziative, che non sono purtroppo state avviate, per il contenimento del 30 per cento delle spese, per esempio, convocando i membri delle commissioni nazionali e dei comitati per individuare insieme a loro molto democraticamente eventuali modalità di riduzione dei costi.
Ciò che è assurdo, dato che si tratta di strumenti di democrazia e di rappresentatività, è che non si sia più interloquito con i membri delle commissioni e che non si sia data azione corrente al compito di tali commissioni e comitati.
Domandiamo al Governo, anche in vista del fatto che il 2007 è stato proclamato dalla Commissione dell'Unione europea l'anno delle pari opportunità, quali iniziative intenda adottare affinché tali organismi di parità - gli unici -, nella loro piena funzionalità, possano e debbano dare il loro contributo per il miglioramento delle condizioni delle donne italiane, come previsto dalla direttiva europea 2006/54/CE del 5 luglio 2006.
Chiediamo al Governo anche quali iniziative intenda assumere per immediatamente affrontare e sbloccare la situazione e, soprattutto, se sia vero - noi saremmo contrari e parlo anche a nome di tutte le associazioni che hanno firmato il documento indirizzato al Presidente Prodi - che si intende ridurre il numero delle associazioni presenti nelle commissioni e nei comitati per favorire solo alcune strutture sindacali. Sarebbe un atto non apprezzato, non gradito e fortemente contestato.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ricardo Franco Levi, ha facoltà di rispondere.
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, rispondo con piacere all'onorevole Rossi Gasparrini. La vicenda della Commissione pari opportunità, originariamente paralizzata per un contenzioso giudiziario, è stata oggettivamente resa più complessa dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (cosiddetto decreto Bersani-Visco), poi convertito in legge, che ha previsto il riordino di tutti gli organismi collegiali e monocratici, comunque denominati, operanti presso le pubbliche amministrazioni, entro centoventi giorni, poi prorogati a centottanta, dalla sua entrata in vigore, anche mediantePag. 19soppressione o accorpamento delle strutture.
La ratio della norma è quella di invitare le amministrazioni ad operare al loro interno un monitoraggio di tutti gli organismi esistenti. All'esito di tale monitoraggio, le amministrazioni avranno tre opzioni tra le quali scegliere la propria condotta: esse potranno procedere alla soppressione del comitato o della commissione non più utile (è evidente che non è questo il caso della Commissione per le pari opportunità); procedere all'accorpamento del comitato o della commissione con altri organismi che svolgano funzioni omogenee, con una razionalizzazione delle competenze e una riduzione delle spese pari almeno al 30 per cento (ma anche questo caso, quello dell'accorpamento con altre commissioni o comitati, mal si presta rispetto alla Commissione per le pari opportunità); riorganizzare il comitato o la commissione, limitando il numero delle strutture di supporto, oppure diminuendo il numero dei componenti e, comunque, assicurando una compressione della spesa nella misura di un terzo.
Se l'amministrazione non procede ad alcuna di queste attività, il comma 4 dell'articolo 29 decreta la soppressione automatica dei comitati e delle commissioni per i quali non sono stati adottati i criteri di riordino.
La riduzione delle spese nella misura del 30 per cento, comunque richiesta in relazione all'attività di queste commissioni, consegue al riordino che le amministrazioni provvederanno a svolgere e può essere realizzata in vario modo, ad esempio con la soppressione di parte della struttura di supporto della commissione, con la riduzione dei compensi ai componenti o del numero dei componenti stessi, oppure attraverso la riduzione dello stanziamento per l'attività della commissione.
Tale riduzione non è procrastinabile, anzi, il decreto Bersani prevede addirittura un'anticipazione degli effetti, nel senso che le amministrazioni dovranno farsi carico della riduzione delle spese già per il corrente anno 2006, in misura proporzionale al numero dei mesi mancanti dall'entrata in vigore del decreto sino alla fine dell'anno. L'entrata in vigore del nuovo decreto, poi, coincide con la trasformazione dell'organismo, contenuta nel regolamento medesimo. Non era, pertanto, ipotizzabile una rinnovazione della procedura di nomina dei componenti mancanti della commissione, in assenza del decreto di riordino, perché la ricostituzione della commissione presuppone che l'amministrazione tenga presente i vincoli imposti dal decreto-legge n. 223 del 2006.
Detto in altri termini e per essere ancora più esplicito, qualora si fosse proceduto alla ricostituzione della commissione, ai sensi della previgente disciplina, si sarebbe poi dovuto procedere, di lì a poco, ad una rinnovazione della procedura in seguito all'entrata in vigore del regolamento di riordino e ciò al fine di adeguarsi ai criteri organizzativi ordinamentali e finanziari ivi imposti, con grave detrimento per la funzionalità del servizio.
Peraltro - questo è un altro profilo che tengo a sottolineare - la ricostituzione della commissione non avrebbe comunque potuto aver luogo con altro atto del ministro Pollastrini, poiché, con provvedimento depositato lo scorso 10 luglio, il tribunale amministrativo regionale di Catania ha disposto la sospensione del decreto del 13 marzo 2006 del ministro per le pari opportunità allora in carica, onorevole Stefania Prestigiacomo, decreto di nomina degli undici componenti rappresentativi di associazioni e movimenti di donne della Commissione nazionale per le pari opportunità tra uomo e donna, relativo al biennio 2006-2008.
La sospensione del decreto di nomina decretata dal TAR di Catania è stata determinata dalla mancata predeterminazione, da parte del Ministero per le pari opportunità, dei criteri di valutazione delle associazioni e dei movimenti di donne maggiormente rappresentativi. Le stesse motivazioni avevano indotto il Consiglio di Stato, il 14 marzo 2006, ad annullare pure il decreto ministeriale di nomina della commissione per il biennio precedente 2004-2006.Pag. 20
Per due volte, pertanto, il giudice amministrativo si è pronunciato nel senso dell'illegittimità della costituzione della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna a causa della mancata rideterminazione dei criteri di scelta nei relativi componenti. È per questo, dunque, che la sospensione del decreto di nomina di undici componenti su venticinque non consentiva alla commissione di operare. Le ragioni della sospensione operata dal giudice amministrativo imponevano, pertanto, una previa identificazione dei criteri di scelta delle associazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
L'ufficio legislativo del ministero sta, proprio per questo, predisponendo un nuovo regolamento della commissione, che conterrà i criteri di valutazione in base ai quali verrà operata la scelta delle componenti della Commissione pari opportunità, così come richiesto dai giudici amministrativi. La proposta, a quel punto, dovrà passare, naturalmente sulla base delle procedure di legge, al pre-Consiglio dei ministri, quindi al Consiglio medesimo, poi andare al Consiglio di Stato, tornare al Consiglio dei ministri, per essere, infine, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e giungere, in poche settimane, all'effettiva operatività.
La questione relativa alla commissione incardinata presso il Ministero del lavoro pone, invece, problemi molto più delicati che, almeno in tal caso, dovrebbero sconsigliare un'applicazione burocratica ed affrettata dell'articolo 29 del decreto Visco-Bersani. Appare pertanto opportuna una proroga di alcune settimane, che stiamo sottoponendo alla valutazione collegiale del Governo.
Per quanto riguarda, infine, il 2007, «Anno europeo delle pari opportunità» per tutte, richiamato nell'interpellanza, il giorno 15 dicembre (tra pochi giorni, dunque), così come previsto dall'Unione europea, sarà presentato il Piano nazionale d'azione, che sarà redatto con la partecipazione dei ministeri, delle regioni, delle città, delle associazioni, delle organizzazioni non governative e delle organizzazioni.
Peraltro, il ministro per i diritti e le pari opportunità, Barbara Pollastrini, per il coordinamento dell'anno europeo, prosegue il confronto con tutti gli attori sociali interessati a contribuire, con il loro apporto di idee e progetti, al superamento di ogni discriminazione, per accogliere le diversità e, in tal modo, promuovere le parità.
L'«Anno europeo delle pari opportunità» sarà dedicato, infatti, ad un vero e proprio processo di partecipazione: processo partecipativo e deliberativo di una molteplicità di attori, pubblici e privati, per realizzare diritti, rappresentatività, riconoscimento e rispetto della persona. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di replicare.
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, ringrazio il Governo per la risposta articolata.
Concordo sulla necessità di riorganizzare in modo democratico la Commissione sulle pari opportunità, essendo stata testimone diretta della non correttezza politica del precedente Governo.
Per quanto riguarda il fatto che il 15 sarà presentato il Piano nazionale d'azione, auspico davvero che vi sia il coinvolgimento delle parti sociali: in quanto più libere, più ancorate al tessuto sociale, più direttamente vicine alle persone, esse possono far salire la voce e le richieste di queste ultime e possono rilevare le mancate occasioni di pari opportunità, che riguardano tanta parte dei cittadini italiani e non soltanto piccole categorie o piccoli gruppi.
Da ultimo, per quanto riguarda il Comitato nazionale nato a seguito della legge n. 125 del 1991, ringrazio per l'attenzione e per la volontà del Governo di considerarlo in modo diverso: effettivamente, esso ha competenze particolari, riguardanti la valutazione di progetti già approvati che sono giunti alla fase dei bandi. La situazione di stallo del Comitato potrebbe dare adito, ove non si trovi rapidamente unaPag. 21soluzione, anche a momenti di contestazione forte.
Quindi, ringrazio e sono soddisfatta, in particolare perché non si presume di procedere alla soppressione delle commissioni di parità, né di procedere ad accorpamenti, in quanto si tratta di strutture diverse, bensì di migliorare. Pongo una condizione: che tutte le associazioni femminili presenti siano convocate ed ascoltate.
(Questioni relative ai pregressi rapporti tra la Siemens A. G. e le società italiane IRI, STET Spa e Italtel Spa - n. 2-00281)
PRESIDENTE. L'onorevole Biancofiore ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00281 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, premetto che, recentemente, il Presidente del Consiglio in carica, nel corso della seduta della Camera del 28 settembre scorso, chiamato a riferire, suo malgrado, sulla gravissima intromissione (peraltro mai chiarita, e che, in altri paesi, si sarebbe pagata con le immediate dimissioni del Governo) di una Presidenza del Consiglio che, dapprima, rivelò al mercato gli affari riservati di una società quale Telecom Italia, quotata in borsa e da lui stesso avviata verso la privatizzazione e, in seguito, spintasi ad entrare direttamente, con un piano artigianale redatto, pare, dal consigliere economico - si sospetta con consulenti di una nota banca d'affari per la quale lavorava lo stesso Prodi - nel piatto degli affari privati e quotati di detta società, ha avuto l'ardire di vantarsi di essere stato (cito un virgolettato) «l'artefice, da presidente dell'IRI, negli anni Novanta, dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa». Tra questi, oltre a Cirio e Telecom, i cui esiti sono noti a tutti, si trova - ed auspico che il Presidente del Consiglio in persona ce lo voglia confermare o meno - anche il fiore all'occhiello del settore manifatturiero della telefonia dell'epoca - e ci risiamo! -, ovvero Italtel, oggetto della mia interpellanza.
Società, quest'ultima, che sarebbe stata in grado di competere e sbaragliare colossi come l'americana T&T o la svedese Ericsson nell'innovazione tecnologica per la telefonia e le telecomunicazioni e che solo dalla STET, riconducibile appunto al gruppo IRI, oggi guarda caso Telecom Italia, riceveva commesse pari a circa mille miliardi di lire l'anno. Un'azienda che dava lavoro a 15 mila lavoratori superspecializzati, sparsi nel mondo a realizzare installazioni di reti portanti, sistemi di commutazione e centraline digitali universali per la gestione e la messa in opera di servizi avanzati di telecomunicazione e che oggi è, viceversa, storia di ordinario declino italiano con un insediamento fantasma a Carini, in provincia di Palermo, e a Castelletto (Settimo Milanese) e con una forza dipendenti pari ormai a scarse, scarsissime duemila anime.
Da questa ennesima privatizzazione fallita, riteniamo si evinca peraltro la conferma che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia una dipendenza da gioco con telefoni, telefonini e cavi telefonici. Non stupisce nemmeno che anche in questo caso, che consistette nella svendita, che poi argomenteremo, del 50 per cento di Italtel alla tedesca Siemens AG, la banca d'affari incaricata della vicenda fu la stessa che ritroviamo nel caso Tronchetti Provera versus Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero la stessa della quale l'attuale Presidente è stato consulente per anni. Quel che differisce, però, è che nella vicenda Italtel venne totalmente meno quella invocazione alla salvaguardia della italianità auspicata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel caso Telecom e criticata, viceversa, in passato, all'epoca delle tentate scalate bancarie.
Il caso Siemens-Italtel-STET, e di conseguenza IRI, a nostro parere, necessita però molto di più di un dettagliato chiarimento che spero il Governo voglia fornire a questa Assemblea ai fini della salvaguardia stessa della democrazia, in quanto direttamente collegato ad un'inchiestaPag. 22internazionale per corruzione per la quale ai primi di dicembre vi sono stati in Germania otto arresti eccellenti di persone indagate dei reati di associazione per delinquere ed appropriazione indebita in relazione alla costituzione, da parte della detta società, di fondi neri extracontabili finalizzati alla commissione, appunto, dei reati di corruzione sulla base della scoperta, da parte della procura della Repubblica di Bolzano, di un conto presso la Raiffeisen-Landesbank di Innsbruck, rifornito da Keil von Jagemann, alto funzionario della Siemens, sul quale tra il 1995 e il 1999 sarebbero transitati 340 e 150 milioni di marchi, pari a circa 80 milioni di euro (parliamo di cifre che superano la maxitangente Enimont).
Ciò che inquieta, in particolare, è che da questi fondi neri di Innsbruck, come riportato dagli organi di stampa - cito Panorama del 2 novembre del 2006 - vennero versati 10 milioni di marchi alla Goldman Sachs, cioè alla stessa banca alla quale la Siemens e l'IRI affidarono il lavoro ufficiale per la cessione di Italtel. Non si capisce, dunque, perché, se non per intuizione, senza un normale pagamento dietro fattura. C'è da chiedersi, appunto, come mai. Si tratta di un'ulteriore domanda che rivolgo al Governo in carica e che ritengo debba trovare una spiegazione negli allora vertici delle aziende pubbliche coinvolte.
La stampa in questa mia interpellanza ha un ruolo fondamentale, sebbene quella italiana, a differenza di quella estera, curiosamente abbia dato fino ad oggi parziale rilievo ad un'inchiesta che sta occupando le prime pagine dei più importanti quotidiani tedeschi, ad esempio, la Sueddeutsche Zeitung, e che vede impiegate un numero impressionante di procure e di pubblici ministeri. Sempre dalla stampa, e cito Muro contro muro, che è un quotidiano on line di Lorenzo Sani per il Giorno, La Nazione e Il Resto del Carlino, si apprende che, come risulta dalla documentazione dell'istituto bancario austriaco acquisito dalla procura di Bolzano, da quel conto austriaco tra il 1995 e il 1999 parte dei circa 80 milioni di euro fu trasferita a Londra, per poi finire in Nigeria nelle tasche di alcuni ministri e generali di allora. Non è però del tutto chiaro se questi personaggi fossero dei veri destinatari dei fondi oppure se fungessero soltanto da prestanome per poi far tornare i soldi in Italia.
La procura della Repubblica di Bolzano sospetta, inoltre, che i fondi neri individuati presso l'istituto di credito di Innsbruck siano stati utilizzati dalla Siemens, tra l'altro anche per corrompere funzionari italiani delle società a capitale pubblico (IRI-STET-Italtel) che tra il 1994 ed il 1999 hanno realizzato, con più operazioni societarie, un gruppo europeo di telecomunicazioni con la Siemens AG di Monaco di Baviera, e che un alto funzionario del Ministero delle telecomunicazioni abbia svolto in tale contesto un'attività di mediazione di natura corruttiva tra la Siemens AG e le dette società italiane a capitale pubblico.
Tale ipotesi della procura della Repubblica di Bolzano ha già trovato un riscontro significativo, in quanto è stato accertato che tale ex funzionario ha in effetti conseguito, nella primavera del 1995, dalla Siemens per la sua attività di «mediazione» - ed è il caso di metterlo tra virgolette! -, attraverso i detti fondi neri di Innsbruck, un importo di denaro pari a ben 10 milioni di marchi (equivalente, cioè, a circa 10 miliardi di vecchie lire).
Peraltro, il soggetto che si è «interposto» tra la Siemens e lo stesso ex alto funzionario nel passaggio del detto importo di denaro è un personaggio descritto nelle cronache, che risulta aver definito la propria posizione patteggiando, per il reato di riciclaggio, una pena di anni uno e mesi dieci di reclusione, come da sentenza, già definitiva, del GUP presso il tribunale di Bolzano dell'ottobre del 2004, per avere, come si legge testualmente in sentenza, «in particolare, in relazione ad una somma di denaro di 10 milioni di marchi tedeschi conseguita dal coindagato ex funzionario della Telefonia di Stato quale prezzo per lo svolgimento di una attività di mediazione di natura corruttiva svolta per conto della società tedesca Siemens AGPag. 23nei confronti degli organi gestionali della società italiana a capitale pubblico STET Spa, riconducibile al gruppo IRI per la realizzazione di un gruppo europeo di telecomunicazioni, compiuto operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa della somma di denaro».
Ne converrete che appare ragionevole, pertanto, ritenere che, se colui che ha svolto il ruolo di «mediatore» in una vicenda corruttiva, ha conseguito l'importo di denaro di 10 miliardi di vecchie lire, coloro che avevano poteri gestionali all'interno delle ricordate società a capitale pubblico, e che hanno deciso le operazioni societarie con la Siemens, abbiano potuto conseguire profitti per importi decisamente superiori.
Vi è da aggiungere, con premessa di ovvietà, che un'operazione societaria di tale importanza (per l'acquisto del 50 per cento di Italtel, infatti, la Siemens risulta aver pagato in contanti ben mille miliardi di lire), avvenuta nella primavera del 1994, e precisamente il 12 maggio di quell'anno, non può non avere avuto il «beneplacito» dell'ente controllante IRI.
Risulta quanto meno curioso, inoltre, che nelle dette operazioni societarie sembri aver avuto un ruolo anche la banca d'affari Goldman Sachs, che all'epoca dei fatti era certa intrattenere rapporti di consulenza con la società ASE. Lascerò al Governo, ovviamente, il compito di indicare quali siano gli amministratori delegati di tale società.
Alla luce delle premesse, immagino che lo stesso Governo sia interessato ad aprire uno squarcio di luce su questa vicenda, la quale ancora una volta vede, tragicamente, non solo la svendita di parte del patrimonio italiano - che, per stessa ammissione della Siemens, sarebbe stato pagato decisamente di più dagli altri concorrenti -, ma anche una privatizzazione fallita, una perdita di credibilità internazionale ed un'ombra di discredito su altissimi manager italiani dell'epoca che riteniamo importante, se possibile, fugare.
Pertanto, i sottoscritti hanno ritenuto di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri ed il ministro della giustizia per sapere, in primo luogo, chi fossero, all'epoca dei fatti, il presidente dell'IRI controllante, il presidente della STET ed il presidente di Italtel.
Si chiede di conoscere, in secondo luogo, quali operazioni societarie furono decise e poste in essere, tra il 1994 ed il 1999, tra la Siemens AG di Monaco di Baviera e le società italiane a capitale pubblico IRI, STET Spa e Italtel Spa, nell'ambito del piano di realizzazione di un «gruppo europeo di telecomunicazioni».
Vorremmo sapere, in terzo luogo, quale ruolo abbia svolto nella decisione ed esecuzione delle dette operazioni societarie l'allora presidente dell'IRI e successivamente Presidente del Consiglio pro tempore.
Chiediamo, in quarto luogo, se l'allora presidente dell'IRI conosca o abbia mai avuto rapporti con il suddetto ex alto funzionario della telefonia di Stato.
Vogliamo sapere, in quinto luogo, chi fossero, all'epoca dei fatti, e precisamente in data 12 maggio 1994, il presidente della banca Goldman Sachs e il legale rappresentante della società ASE, che della prima era consulente.
Domandiamo, inoltre, quale ruolo abbia rivestito, nella decisione ed esecuzione delle dette operazioni societarie, la banca d'affari Goldman Sachs.
Chiediamo, ancora, quali consulenze abbia fatturato alla citata Goldman Sachs, nel detto arco di tempo 1994-1999, la società ASE.
Vorremmo sapere, infine, se risponda al vero quanto riportato da alcuni quotidiani (cito di nuovo Panorama, il Sole 24 Ore e Libero), vale a dire che in un rapporto riservato della Siemens, come emergerebbe dalle indagini, si manifestava soddisfazione nell'aver concluso l'affare con gli italiani (maggio 1994), sottolineando la preoccupazione in merito all'elezione alla Presidenza del Consiglio dei ministri di Silvio Berlusconi, il quale, insieme a Mediobanca, avrebbe potutoPag. 24rimuovere l'allora presidente dell'IRI. In tal caso, si leggerebbe nel rapporto, come appunto riportato dalla stampa, «gli altri concorrenti avrebbero potuto migliorare l'offerta» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ricardo Franco Levi, ha facoltà di rispondere.
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Rispondo all'interpellanza urgente degli onorevoli Biancofiore, Bondi ed Elio Vito, augurandomi in premessa che essi possano apprezzare il fatto che si risponde immediatamente all'interpellanza da essi presentata nonostante la complessità dell'atto ed il tempo estremamente breve per l'istruttoria, essendo arrivata l'interpellanza stessa nella tarda serata del 12 dicembre ed avendo questo consentito solo poche ore di lavoro per la raccolta della documentazione e la relativa rielaborazione. Ci riserviamo pertanto, nella prossima seduta dedicata alle interpellanze urgenti, di completare l'informazione che potrò dare in questa sede, integrando tutti gli altri elementi.
Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bolzano ha fornito le seguenti informazioni. In primo luogo, ha comunicato che presso il suo ufficio è stato iscritto al n. 2080/04 del registro generale delle notizie di reato un procedimento penale a carico di Parrella Giuseppe ed altre otto persone per i reati di cui agli articoli 317, 319, 648-bis e 648-ter del codice penale.
Le indagini hanno ad oggetto, in particolare, il conseguimento, nel maggio del 1995, da parte del suddetto Parrella Giuseppe, ex direttore generale dell'azienda di Stato per i servizi telefonici, residente a Bolzano, già coinvolto e condannato nel passato in processi cosiddetti di «mani pulite», di una somma di denaro pari a circa 10 milioni di marchi tedeschi (equivalenti a 10 miliardi di lire dell'epoca).
Le complesse ed articolate indagini hanno permesso di appurare che detta somma di denaro è stata corrisposta a Parrella Giuseppe dalla Siemens AG di Monaco di Baviera, utilizzando fondi extracontabili costituiti su due conti aperti presso un altro istituto di credito, la Raiffeisen-Landesbank di Innsbruck, sui quali, tra il 1994 e il 1999, sono risultati transitare fondi per circa 150 milioni di marchi.
L'importo di 10 milioni di marchi corrisposto al Parrella è stato fatto transitare da Innsbruck, attraverso Guernsay, a Londra, e successivamente in Italia, venendo impiegato - ovvero, riciclato - in diverse attività finanziarie riconducibili al Parrella per mezzo di persone di sua fiducia.
In separati procedimenti penali, trattati sempre dalla procura di Bolzano, sono state, ad oggi, condannate complessivamente cinque persone che hanno aiutato il Parrella a far transitare o a reinvestire il denaro illecito, reati di cui agli articoli 648-bis e ter del codice penale.
Nel contesto di questi procedimenti a carico delle persone di fiducia del Parrella, la procura di Bolzano ha recuperato alle casse dell'erario un importo complessivo pari a circa 3,5 milioni di euro. In particolare, tale Gaetano Filippozzi, che ha agito quale prestanome, figurando quale titolare delle società e dei conti sui quali, come detto, prima a Guernsay e poi a Londra, sono transitati 110 milioni di marchi destinati a Parrella, ha definito la propria posizione - come peraltro ricordava l'interpellanza - con sentenza di patteggiamento ad anni uno e mesi dieci di reclusione, corrispondendo all'erario la somma di 100 mila euro a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell'articolo 62, punto 6, del codice penale, ammettendo di aver riciclato denari provenienti da «un'attività di mediazione di natura corruttiva» svolta da Giuseppe Parrella tra la Siemens AG e la STET per la realizzazione di un gruppo europeo di telecomunicazioni.
La procura di Bolzano ha poi comunicato che «le indagini sino ad oggiPag. 25compiute fanno ipotizzare che Parrella Giuseppe abbia conseguito il detto importo di denaro per avere agevolato la Siemens AG nell'acquisto di una quota della società Italtel, all'epoca controllata dalla STET, e mirano pertanto ad accertare se coloro che all'epoca dei fatti avevano poteri decisionali rispetto al perfezionamento del detto accordo abbiano a loro volta conseguito illecite azioni di denaro dalla Siemens AG e se rispetto a tali denari, siano stati commessi fatti di riciclaggio».
Il suindicato ufficio requirente ha, infine, fatto presente che, allo stato, non vi è prova alcuna che i dirigenti dell'epoca delle telecomunicazioni italiane abbiano percepito, in relazione al predetto affare, somme illecite di denaro. Le indagini, tuttavia, sono ancora in corso.
In merito alle ulteriori richieste formulate dagli onorevoli Biancofiore, Bondi e Elio Vito e ribadendo l'impegno ad integrare le informazioni in occasione della prossima seduta dedicata allo svolgimento di interpellanze urgenti, faccio presente che l'operazione in oggetto è stata perfezionata nella primavera del 1994 e che, comunque, la decisione in merito rientra e rientrava nell'esclusiva sfera di valutazione e di decisione - dati i rapporti esistenti all'interno del gruppo IRI - della società interessata (Italtel) e della sua controllante STET Spa, società quotata in borsa. La capogruppo IRI Spa è stata oggetto esclusivamente di una informativa.
Mi riservo comunque di completare le informazioni nella prossima occasione.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla collega Biancofiore, vorrei precisare che è possibile integrare la risposta in una prossima seduta soltanto se i colleghi presentano una nuova interpellanza, non identica a quella in esame, vertente sullo stesso argomento.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, prima di lasciare la parola alla collega Biancofiore per la replica, vorrei evidenziare che in questo caso siamo di fronte ad una fattispecie del tutto diversa, in quanto è lo stesso Governo che chiede di avere più tempo per completare la sua risposta, preannunciando che ciò potrà avvenire già nella prossima seduta. Noi siamo assolutamente d'accordo e forniamo dunque la nostra disponibilità in merito.
PRESIDENTE. Ovviamente, il problema è soltanto formale. Siamo tutti d'accordo nel consentire al Governo di integrare la sua risposta; tuttavia non vi sono precedenti di una risposta alla stessa interpellanza fornita in una diversa seduta. Quindi, ciò sarà possibile se i colleghi presenteranno per la prossima seduta uno strumento di sindacato ispettivo sullo stesso argomento. In ogni caso, vi sarà poi il modo di chiarire questo aspetto tecnico.
La deputata Biancofiore ha facoltà di replicare.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, evidentemente non mi posso ritenere soddisfatta, anche perché - come dichiarato dal sottosegretario Levi - il Governo non ha avuto modo di approfondire la questione in oggetto, che è assai delicata. Ricordo, comunque, al sottosegretario che abbiamo seguito il regolamento della Camera ed il Governo si sarebbe conseguentemente dovuto adeguare.
Ciò che più rileva e che mi lascia totalmente insoddisfatta, a parte il casus di proporre un'altra interpellanza urgente e dare il tempo al Governo di approfondire la situazione ampiamente delicata, è il fatto che il sottosegretario Levi abbia spostato l'asse del discorso sulla decisione della procura della Repubblica di Bolzano, che io stessa ho citato. Egli ha ripercorso quanto da me espresso, senza minimamente rispondere ad alcuna delle domande da me poste, anche la più semplice tra queste, ovvero chi fossePag. 26all'epoca dei fatti, nel 1994, il presidente dell'IRI.
A differenza di quanto detto dal sottosegretario, l'IRI era, comunque, l'ente controllante, anche se oggetto di un'informativa (fatto di cui mi permetto di dubitare), e doveva dare il beneplacito ad una così ampia privatizzazione e vendita nei confronti di una società straniera, ed anche questo ritengo sia agli atti della procura della Repubblica di Bolzano. È gravissimo, signor sottosegretario, che si ribadisca, in questo rapporto, il timore che l'avvento al Governo di Silvio Berlusconi avrebbe potuto rimuovere l'allora presidente dell'IRI (che, anche se lei non l'ha citato, tutti sappiamo chi fosse) che era stato richiamato alla guida dell'IRI e che doveva assolutamente dare - lo ripeto - il beneplacito all'operazione.
Apprezzo il fatto che vi riserviate di rispondere ma sottolineo, ancora una volta, che non è stata data una sola risposta alle mie domande assolutamente precise. Agli occhi degli italiani ciò dimostra che in Italia vi è una nube che dovrebbe diradarsi prima o poi, costituita dall'eccessiva vicinanza tra un certo modo di intendere la politica e gli affari italiani, soprattutto relativamente a privatizzazioni che sono state un autentico fallimento, non ultima quella della Telecom (che, come tutti sappiamo, sta morendo sotto i debiti) ed altre già ricordate, tra cui la Cirio, che non sono positive per un'Italia democratica e che, soprattutto, deve avere credibilità agli occhi dei capitali internazionali e delle istituzioni internazionali (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
(Rinvio interpellanza urgente Colucci - n. 2-00280)
PRESIDENTE. Avverto che lo svolgimento dell'interpellanza urgente Colucci n. 2-00280 è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.