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Comunicazioni del Governo sulla vertenza in atto tra editori e giornalisti.
(Intervento del rappresentante del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro del lavoro e della previdenza sociale.
CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, per quanto riguarda la vertenza dei giornalisti, voglio ricordare che il contratto nazionale di lavoro del settore, stipulato tra la Federazione italiana degli editori e la Federazione nazionale della stampa, è scaduto il 28 febbraio 2005. Esso ha recepito il modello di contrattazione previsto dal protocollo governativo del luglio 1993 e, quindi, ha previsto che la parte normativa dell'accordo avesse una durata quadriennale e la parte economico-retributiva una durata biennale. Il contratto prevedeva, altresì, una parte obbligatoria che, per alcuni aspetti, regolava la condotta delle parti contraenti. Quindi, si può dire che il contratto dei giornalisti è scaduto da 689 giorni. I giornalisti professionisti contrattualizzati sono circa 12 mila, i lavoratori e le lavoratrici che si occupano di informazione e non hanno un contratto di lavoro standard sono circa 20 mila. Dai dati del bilancio consuntivo 2005 dell'INPGI, l'ente di previdenza del settore, emerge che 21.171 sono gli iscritti alla gestione separata, dei quali 15 mila sono iscritti solo alla gestione separata, e tra questi più di 8 mila non raggiungono i 5 mila euro di reddito annuo, mentre diverse centinaia superano di gran lunga i centomila euro. Possiamo, dunque, rilevare che il panorama dell'occupazione del settore giornalistico è piuttosto variegato. Accanto alle collaborazioni illustri, vi è un gran numero di lavoratori precari, i quali non possono godere né di un credito da collaborazione elevato, né di un contratto di lavoro stabile, subordinato, a tempo indeterminato o determinato.
Qual è la posizione delle parti a proposito di questa, ormai lunga, vertenza? I giornalisti sono disponibili ad aprire un confronto per il rinnovo del contratto senza alcuna pregiudiziale. La Federazione dei giornalisti non ha individuato alcun punto della propria piattaforma rivendicativa che non sia trattabile. La Federazione è disposta a rivedere il meccanismo delle percentuali degli scatti di anzianità biennali, a fronte di un'opera di chiarificazione sulla posizione organizzativa e professionale di quei lavoratori che oggi si collocano nella «zona grigia» tra rapporto autonomo genuino e lavoro subordinato. Essa teme che l'eccessivo impiego di giornalisti cui non si applica il contratto standard metterebbe a rischio l'autonomia e l'indipendenza dell'informazione. I giornalisti affermano, inoltre, che l'editoria italiana è sicuramente in grado Pag. 74di sostenere l'impegno economico che deriverebbe dalla stipula del contratto nazionale da loro proposto, perché la stessa editoria opera in un mercato protetto e gode di finanziamenti statali: 700 milioni di euro l'anno, secondo la Federazione dei giornalisti, 460 milioni di euro, secondo la Federazione degli editori.
Per quanto riguarda gli editori, essi si sono dichiarati, sin qui, non disponibili ad aprire una trattativa: la federazione considera troppo distanti le posizioni e quindi, a suo dire, da un eventuale confronto formale con la controparte non sortirebbe alcun utile effetto.
Secondo gli editori, il modello di contratto proposto dai giornalisti, se dovesse entrare in vigore, aggraverebbe le difficoltà gestionali delle aziende, le quali finirebbero per non essere più in grado di mantenere l'equilibrio economico. Il numero di copie vendute copre soltanto una piccola parte dei costi e le nuove forme di comunicazione (ad esempio, freepress, Internet, e così via) stanno erodendo la quota di mercato pubblicitario della carta stampata.
Sempre secondo la federazione degli editori, lo schema di contratto proposto dai giornalisti ingessa l'organizzazioni dei giornali e stravolge la funzione assolta da lavoro autonomo. Per mantenere in vita le aziende, gli editori chiedono la flessibilità del lavoro (ad esempio, introducendo la mobilità dei giornalisti all'interno del gruppo editoriale e raffreddando gli automatismi retributivi, o considerevoli scatti biennali che derivano dal contratto).
Quanto alla posizione del Ministero, il ministro del lavoro, consapevole che il rinnovo di un contratto collettivo di lavoro attiene alla sfera del diritto comune e rientra nelle precipue prerogative dell'autonomia privata collettiva, considerata la situazione di stallo assunta dalla trattativa, e considerati i rischi di ordine sociale sui lavoratori e sull'informazione che si andavano profilando con l'accendersi del conflitto, ha ritenuto opportuno offrire alle parti, fin dall'inizio del suo incarico, la propria opera di mediazione istituzionale. L'11 luglio del 2006, il ministro del lavoro ha incontrato separatamente le delegazioni dei giornalisti e degli editori. In quella sede, l'organizzazione degli editori ha espresso il proprio avviso circa l'impossibilità, in quella circostanza, di aprire un tavolo di confronto con la controparte. Sono seguiti diversi inviti e convocazioni, rivolti dal ministro alle parti stipulanti al fine di far precisare le rivendicazioni e di proporre possibili soluzioni di avvicinamento. Da parte degli editori, però, detti inviti sono stati sistematicamente declinati.
Non avendo il ministro intenzione di interferire nell'autonomia negoziale delle parti attraverso l'attivazione di strumenti cogenti, l'azione di moral suasion dovrà necessariamente essere fatta rientrare nel più vasto ambito degli interventi e delle azioni che interessano, in primo luogo, il mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali del giornalisti, in secondo luogo, il loro sistema previdenziale e, infine, il sistema dell'editoria.
Lo scorso 9 gennaio, alla presenza del ministro, di Serventi Longhi e di Biancheri, in rappresentanza, rispettivamente, dei giornalisti e degli editori, si è insediato, presso il Ministero del lavoro, un tavolo tecnico di approfondimento sui temi del mercato del lavoro, del lavoro autonomo e degli ammortizzatori sociali del settore giornalistico. Gli incontri trilaterali proseguiranno a livello tecnico e provvederanno a condurre un'analisi sull'evoluzione dell'occupazione del settore giornalistico, sull'impiego delle diverse figure professionali - subordinazione, collaborazione, lavoro autonomo - e sul diverso patrimonio di tutele ad esso ricollegabile. Lo stesso tavolo provvederà, altresì, a proporre le opportune soluzioni alle criticità riscontrate.
Per quanto riguarda la previdenza dei giornalisti, presso il Ministero del lavoro si sta lavorando allo sblocco di due delibere dell'INPGI (la n. 6 del 2005, concernente la riforma dei requisiti pensionistici per mantenere l'equilibrio di gestione nel lungo periodo, e la n. 62 del 2006, concernente gli incentivi alle assunzioni dei giornalisti). La Federazione degli editori non toglie il proprio veto dai due provvedimenti. Pag. 75Infatti, in base al decreto legislativo n. 509 del 1994, le parti sociali devono ratificare le decisioni dell'ente previdenziale. Il predetto veto non viene tolto se, in cambio, non si ottiene, da parte degli editori, un riequilibrio della propria rappresentatività nella gestione dello stesso istituto.
Con la mediazione del ministro, è stato raggiunto un accordo tra le federazioni degli editori e dei giornalisti per il decollo della previdenza complementare: allo stato dei fatti, quest'ultimo rappresenta l'unico accordo concreto fin qui conseguito.
Infine, per quanto riguarda la riforma del sistema editoriale, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Franco Levi, è impegnato, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, in un'opera di riordino del sistema dell'editoria, affinché quest'ultimo possa assicurare il pluralismo dell'informazione.
La finanziaria ha previsto a favore dell'editoria circa 410 milioni di euro. La gestione di queste risorse e il processo di ammodernamento del sistema editoriale costituiscono ottime occasioni di contatto tra le parti e, quindi, di riflesso, non possono non giovare alla vertenza sul rinnovo del contratto.
Nel corso della vertenza, infine, come normalmente avviene per regolare i rapporti di forza e misurare la capacità di resistenza della controparte, la Federazione dei giornalisti ha fatto ricorso, diverse volte, all'esercizio del diritto di sciopero. Il sindacato dei giornalisti ha affermato sedici volte questo strumento di autotutela degli interessi collettivi. Il primo sciopero si è verificato il 17 giugno 2005, l'ultimo, di tre giorni, 21-22-23 dicembre ultimo scorso, senza soluzione di continuità con le festività natalizie. Sono state inoltre poste in essere azioni fortemente simboliche, quali quelle, per esempio, di non firmare gli articoli e di protestare di fronte alle aule parlamentari.
Per favorire la ripresa delle trattative ed addivenire ad una soluzione della vertenza in parola sono intervenute le più alte cariche dello Stato, come il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha affermato che il rinnovo del contratto dei giornalisti è un diritto primario. Il Capo dello Stato si è augurato che si possa arrivare presto ad una soluzione soddisfacente anche nell'interesse del regolare svolgimento dell'attività di informazione. Il Presidente del Consiglio Prodi ha dichiarato di essere esterrefatto per l'intransigente posizione assunta dalla Federazione degli editori. Sono altresì intervenuti il Presidente del Senato e quello della Camera. I rappresentanti delle due federazioni sono già stati auditi informalmente dalla Commissione cultura della Camera dei deputati, il cui presidente è l'onorevole Folena.
Tuttavia, il Governo, che ha già avviato un accordo sulla previdenza complementare e un tavolo tecnico per quanto riguarda il mercato del lavoro, nonché un tavolo di confronto sulla previdenza dei giornalisti, conferma la disponibilità a favorire una ripresa del confronto ai fini della definizione del contratto e, in tal senso, rivolge un rinnovato appello alle parti interessate.
PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori due classi: una della Scuola media statale Ugo Foscolo di Perugia, l'altra dell'istituto tecnico Atestino di Este in provincia di Padova, cui la Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto (Applausi).