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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (A.C. 2114) (ore 9,44).
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2114)
PRESIDENTE. Passiamo dunque all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 2114 sezione 2), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 2114 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 2114 sezione 4).
Ricordo che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Invito il deputato segretario a dare lettura delle proposte emendative dichiarate inammissibili.
RINO PISCITELLO, Segretario, legge:
La Presidenza, a norma degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del regolamento, e secondo la prassi costantemente seguita su analoghi provvedimenti, non ritiene ammissibili, in quanto volti ad introdurre nel decreto-legge materie nuove, non strettamente attinenti alle materie trattate dal decreto-legge stesso e non contenute in emendamenti previamente presentati in Commissione di merito, le seguenti proposte emendative riguardanti proroghe di termini: 1.504 del Governo, volto a differire al 31 dicembre 2007 l'esclusione, ai fini del calcolo del limite del 90 per cento per le spese del personale universitario, delle spese derivanti dagli incrementi stipendiali discendenti dai contratti; De Simone 1.302, Li Causi 1.317, nonché 1.503 del Governo, volti a prorogare il termine dei comandi del personale dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato; Pellegrino 1.306, volto a riaprire il termine per l'opzione, per i pubblici dipendenti che hanno ottenuto l'iscrizione all'albo degli avvocati, per il mantenimento del rapporto di pubblico impiego; Lion 2.303, volto a prorogare il termine per lo smaltimento dei fertilizzanti; Misuraca 2.308, volto a differire al 30 ottobre 2007 il termine per la presentazione di una relazione al Presidente del Consiglio dei ministri relativa ai debiti, nei confronti dell'INPS, dei lavoratori autonomi agricoli (fino a tale data sono sospese le procedure di riscossione e recupero dei suddetti carichi contributivi); Misuraca 2.307, volto a differire il termine per l'applicazione della disciplina del documento unico di regolarità contributiva e previdenziale alle imprese agricole; Lion 2.311, che differisce il termine per l'entrata in vigore della disciplina del risarcimento diretto per i sinistri che riguardano Pag. 5le macchine agricole; Delfino 2.314, volto a prorogare l'incarico all'AGEA affinché provveda alla fornitura ai Paesi in via di sviluppo della quota di partecipazione italiana relativa al programma di aiuto alimentare dell'Unione europea; 3.501 del Governo, volto a prorogare il termine per la fase sperimentale dell'applicazione delle norme tecniche e per la verifica sismica ed idraulica, e disciplina connessa; Antonio Pepe 3.300 e 3.301, volti a prorogare il termine per l'adeguamento, da parte dei costruttori di nuovi edifici, degli adempimenti in materia di certificazione energetica; Margiotta 3-bis.010, volto a prorogare taluni termini per il recupero dell'IVA pagata a titolo di rivalsa in relazione all'acquisto e all'importazione di beni utilizzati e di servizi, anche professionali, ricevuti per la riparazione o la ricostruzione degli edifici o delle opere pubbliche distrutti o danneggiati in occasione degli eventi sismici del 1997 e 1998; gli identici emendamenti Lusetti 4.300 e 4.600 della Commissione, volti a prorogare la data per l'emanazione del regolamento relativo alle specifiche tecniche per la presentazione elettronica del bilancio delle imprese e, inoltre, la data entro la quale le imprese devono adottare tali modalità di presentazione; Zeller 4.301, volto a prorogare il termine entro il quale le società partecipate dagli enti locali devono adeguare i propri statuti alle prescrizioni della finanziaria per il 2007 relative al numero massimo di componenti degli organi collegiali; gli identici emendamenti Boato 5.305 e 5.600 della Commissione, nonché Camillo Piazza 5.301, volti a prorogare il termine entro il quale il consorzio nazionale imballaggi si adegua alle disposizioni del codice ambientale; Camillo Piazza 5.302, volto a prorogare il termine entro il quale i consorzi nazionali di raccolta degli oli adeguano i loro statuti allo schema predisposto dal Ministro dell'ambiente; Camillo Piazza 5.303, volto a prorogare il termine entro il quale i consorzi nazionali delle batterie esauste si adeguano alle disposizioni del codice ambientale; Osvaldo Napoli 6.317, volto a prorogare taluni termini contenuti del testo unico per gli enti locali, in materia di cessazione delle concessioni rilasciate con procedure diverse dell'evidenza pubblica; gli identici emendamenti Giovanelli 6.335 e 6.500 del Governo, volti ad escludere dal complesso delle spese degli enti locali, ai fini del rispetto dei limiti del patto di stabilità interno, i trasferimenti di risorse alle aziende speciali e alle istituzioni, nonché ad estendere, a partire dall'anno 2009, l'applicazione del patto di stabilità interno alle province della Sardegna; Giovanelli 6.319 e 6.320, volti a prorogare il termine di applicazione del comma 561 della finanziaria 2007 che prevede il divieto di assunzione per gli enti che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno nelle assunzioni di personale; Sereni 6.332, volto ad escludere dal calcolo relativo al rispetto del patto di stabilità interno le spese di ricostruzione sostenute dai comuni colpiti da calamità naturali; Burtone 6.300, volto a riaprire i termini per la definizione della posizione contributiva in favore dei soggetti terremotati destinatari di agevolazioni fiscali e residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa; Raiti 6.303, volto - di fatto - ad estendere l'ambito di applicazione del comma 1011 dell'articolo 1 della finanziaria per il 2007, con riferimento all'applicazione di benefici fiscali; Angela Napoli 6.301, volto a prorogare il mandato dei giudici onorari aggregati; Lulli 6.318, volto a prorogare il termine previsto dal codice della strada per l'installazione di dispositivi atti a ridurre la nebulizzazione dell'acqua; Motta 6.334, volto a prorogare per le imprese che svolgono attività di facchinaggio il termine del 1o gennaio 2007 relativo all'applicazione della disciplina per la determinazione della retribuzione imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali. Parimenti, per le seguenti proposte emendative recanti disciplina di carattere sostanziale: Iannuzzi 1.300, volto ad escludere la pignorabilità e il sequestro dei fondi degli enti del servizio sanitario nazionale destinati all'erogazione delle prestazioni funzionali a garantire i livelli essenziali di assistenza; gli identici Martella 1.309 e Boato 1.319, volti a consentire ai direttori di strutture del servizio sanitario nazionale la possibilità di rimanere in servizio fino al settantesimo anno di età; Tolotti 1.305, volto ad abilitare i Pag. 6revisori contabili all'assistenza tecnica nel processo tributario; Angelo Piazza 1.313 e 1.314, relativi alla disciplina applicabile al personale già dipendente dell'ente CONI, transitato al CONI-Servizi Spa; Margiotta 1.010 e Cota 1.011, che modificano i requisiti professionali delle guardie giurate particolari; gli identici Benedetti Valentini 2.300, Lion 2.302 e Ronconi 2.309, volti ad estendere all'anno 2007 previsioni specifiche per le promozioni e nomine nei corpi della Guardia di finanza e forestale dello Stato, in deroga al requisito dell'anzianità effettiva; Garavaglia 2.312 e 2.313, in materia di applicazione delle modalità di versamento rateizzato del prelievo supplementare latte; gli identici Lombardi 2.011 e Margiotta 2.012, relativi all'inquadramento del personale dei consorzi agrari in mobilità; Margiotta 2.010, relativo all'affidamento dei servizi o attività nel settore agricolo da parte delle regioni; Stradella 3.303, volto ad estendere l'ambito di applicazione delle agevolazioni tributarie per le ristrutturazioni edilizie, previste dalla legge finanziaria per il 2007; gli identici Mazzocchi 3.010 e Tolotti 3.011, recanti disposizioni in materia di restauro dei beni culturali; 4.501 del Governo, volto a consentire, in attesa dell'applicazione della nuova disciplina, il mantenimento in carica, fino al 31 maggio 2007, dei direttori dell'Accademia nazionale d'arte drammatica e dell'Accademia di danza, nonché definizione della disciplina applicabile ai direttori non confermati; 4.502 del Governo, volto a prorogare la durata in carica del Consiglio nazionale degli studenti universitari fino al 30 aprile 2008, nella fase di transizione ai nuovi ordinamenti; Zeller 4.302, volto a subordinare all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'applicazione del comma 734 della finanziaria per il 2007, relativo al divieto di essere nominato amministratore di ente per i soggetti che hanno chiuso in perdita tre esercizi consecutivi; Velo 4.303, volto a consentire ai comuni, agli uffici del PRA e ad altri soggetti, l'autenticazione degli atti di alienazione di beni mobili registrati; Osvaldo Napoli 5.304, che novella il decreto legislativo n. 151 del 2005 in materia di riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche; Bressa 6.326, relativo alla disciplina della Commissione nazionale per il diritto di asilo e delle Commissioni territoriali; 6.601 della Commissione, relativo alla disciplina applicabile alle province autonome di Trento e Bolzano alle concessioni idroelettriche; Bonelli 6.309, volto a modificare la disciplina del contributo unificato nel procedimento amministrativo; 6.503 del Governo, volto a consentire il mantenimento in bilancio delle risorse non impegnate per l'attività dei commissari per l'istituzione delle nuove province, di cui all'articolo 6, comma 8-septies (espunto dal testo); Raiti 6.302, volto a stanziare due milioni di euro per la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti dall'articolo 2 della legge 376 del 2003; Marinello 6.43, volto a fissare al 1o gennaio 2008 il termine per l'applicazione dell'invio telematico all'INAIL delle comunicazioni obbligatorie da parte dei datori di lavoro; Forlani 6.323 e 6.324, recanti disposizioni relative al Corpo dei vigili del fuoco; Zanetta 6.325, volto ad estendere gli anni 2007, 2008 e 2009 gli interventi statali a sostegno dell'economia turistica degli sport della neve di cui all'articolo 7 della legge n. 363 del 2003.
Avverto altresì che la Presidenza, a norma degli articoli 86, comma 1 e 96-bis, comma 7, del regolamento, secondo la prassi costantemente seguita su analoghi provvedimenti, non ritiene ammissibili - nonostante siano stati preventivamente presentati in Commissione - in quanto volte ad introdurre nel decreto-legge materie nuove, non consistenti in proroghe di termini, non strettamente attinenti alle materie trattate dal decreto-legge stesso, le seguenti proposte emendative: Satta 1.11 e Sgobio 1.12, volti ad estendere al personale docente presso gli istituti di formazione della Marina militare alcune disposizioni che ne consentono la stabilizzazione; Tolotti 2.9, volto ad incrementare il fondo per l'erogazione di contributi per l'acquisto di personal computer da parte di coordinatori coordinati e continuativi; Marinello Pag. 72.17, volto a fissare un termine per l'applicazione di norme relative al settore agricolo in merito all'applicazione degli obblighi di comunicazione all'INAIL ed all'IPSEMA; gli identici Zucchi 2.16 e 2.501 del Governo, nonché Zeller 2.18, in materia di consorzi agrari; Tolotti 5.7 e Bonelli 5.300, che modificano la disciplina degli incentivi alla rottamazione prevista dall'ultima legge finanziaria; Duilio 6.322, limitatamente al comma 7-ter, che modifica le condizioni per l'accesso al Fondo di solidarietà per gli immobili da costruire; Giovanelli 6.38, volto ad ampliare da 10 a 15 anni il periodo di rateizzazione relativo ai debiti dovuti allo Stato dagli enti locali; Baldelli 6.28, che modifica la disciplina per il conferimento del TFR; Osvaldo Napoli 6.37, volto ad abrogare il comma 561 dell'articolo 1 della finanziaria per il 2007, in materia consente anche gli enti che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno assunzioni di personale; gli identici Margiotta 6.40 e di Gioia 6.306, volti ad estendere ai lavoratori di enti non commerciali delle regioni degli obiettivi 1 e 2 i benefici di cui al decreto-legge n. 108 del 2002 (riqualificazione, ricollocazione presso PPAA, cassa integrazione, eccetera) nonché quelli in materia pensionistica di cui alla legge n. 724 del 1994; Osvaldo Napoli 6.02 e 6.04, in materia di modalità di trasmissione dei dati relativi alle entrate tributarie degli enti locali.
La Presidenza, inoltre, non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative, già approvate in Commissione e successivamente espunte in quella sede per estraneità di materia, in quanto volte ad introdurre disposizioni non riconducibili all'oggetto del decreto-legge: gli identici Lulli 6.4 e D'Agrò 6.315, relativi alla possibilità di accesso agli incentivi e ai finanziamenti relativi agli impianti di cogenerazione ad alto rendimento; Giovanelli 6.36, in materia di individuazione delle spese degli enti locali che non debbano essere computate ai fini del rispetto dei limiti del patto di stabilità interno.
Avverto inoltre che la Presidenza non ritiene ammissibile la seguente proposta emendativa che modifica in modo frammentario e parziale atti di rango normativo non primario: Marinello 6.16, limitatamente al capoverso 1-sexies.2, in quanto volta a modificare un decreto del ministro delle finanze del 12 maggio 1992.
La Presidenza non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative, in quanto volte ad incidere, nell'ambito di un procedimento di conversione di un decreto-legge su una norma di delega legislativa: gli identici Mazzocchi 3.304 e Tolotti 3.306, limitatamente alla parte conseguenziale, in quanto volti a conferire una delega legislativa al Governo.
La Presidenza non ritiene, inoltre, ovviamente ammissibili in quanto non più riferibili al testo le seguenti proposte emendative riferite a parti del testo espunto dalla Presidenza medesima: gli identici Cota 6.304 e Boscetto 6.312 e 6.311; Zucchi 6.308; Giudice 6.342; Morrone 6.47.
La Presidenza si riserva di comunicare ulteriori inammissibilità nel corso dell'esame.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, la ringrazio. Abbiamo ascoltato con attenzione la sua dichiarazione e la ringraziamo per l'attenzione che ha riservato al problema da noi posto. Mi riferisco al problema politico, perché l'applicazione del regolamento che lei ha fatto è assolutamente ineccepibile, Presidente. Vorrei tuttavia segnalare due problemi e richiamare anche l'attenzione dei colleghi su due questioni rilevanti.
La prima è questa: io temo, Presidente, come è già accaduto per la legge finanziaria, che alcuni degli emendamenti che la Presidenza ha correttamente dichiarato inammissibili torneranno nel testo che il Senato esaminerà e modificherà. Quindi, ci troveremo, ancora una volta, di fronte ad una diversa valutazione del ruolo dei parlamentari in questo Parlamento, nel Pag. 8senso che, per la situazione nella quale ci troviamo, stiamo ormai costruendo un bicameralismo imperfetto e asimmetrico. Infatti, i colleghi che operano nell'altro ramo del Parlamento, per le prassi che lì vigono, hanno maggiore capacità e possibilità di rappresentare interessi e valori del territorio rispetto ai membri di questa Camera. Quindi, si verifica che le applicazioni che i due rami del Parlamento fanno del regolamento e della prassi vanno contro il principio costituzionale della parità di poteri e di funzioni dei due rami del Parlamento. Questo è il problema politico-costituzionale che ci siamo permessi di rappresentare, segnalando anche un ulteriore aspetto: il problema si pone non soltanto per l'emendabilità ai decreti-legge, ma anche per la legge finanziaria. E si pone anche per l'ammissibilità di interrogazioni e interpellanze.
So bene che questa prassi di maggior rigore vigente in questa Camera risale negli anni, e che più volte sono stati fatti tentativi da parte dei Presidenti delle Camere di giungere - uso l'espressione che lei, Presidente, correttamente ha utilizzato - ad un punto di armonizzazione tra i due rami del Parlamento. Si pone, in ogni modo, un problema politico non secondario che mi chiedo come possa essere affrontato. È, infatti, difficilmente comprensibile dai titolari degli interessi presenti nel paese che quello che non può fare un deputato può farlo un senatore, e viceversa (Applausi).
La mia non vuole essere una polemica, ma soltanto il tentativo di far cogliere all'Assemblea un aspetto che il Presidente ha colto perfettamente. Si tratta, quindi, di affrontare la questione in modo definitivo. Dico ciò perché, ogni qualvolta il Governo presenterà un decreto-legge, il problema inevitabilmente si riproporrà. A tale proposito, ricordo ai colleghi che su 141 proposte emendative presentate al provvedimento in esame, 79, se non ho fatto male i conti, sono state dichiarate correttamente inammissibili. Ciò vuol dire, sostanzialmente, che la metà delle proposte emendative presentate è stata dichiarata inammissibile. Benissimo, ma qual è, dunque, il problema? Per quale motivo i colleghi hanno ritenuto di integrare questo provvedimento presentando 141 proposte emendative? Perché vi sono tutta una serie di spinte derivanti da esigenze presenti nel paese quali, ad esempio, quelle poste in evidenza poc'anzi da alcuni colleghi riguardo alla mancanza di acqua in alcuni luoghi alpini, e cosi via. Ciò detto, si pone una seconda questione: in che termini possiamo costruire percorsi legislativi certi e rapidi per risolvere problemi del paese aventi una certa urgenza? Se ciò non sarà fatto, ci troveremo di fronte ad una situazione in cui la sequenza dei decreti-legge presentati dal Governo finirà per intasare il Parlamento; quest'ultimo, a sua volta, non li potrà correggere e, conseguentemente, dovrà rinunciare alla possibilità di produrre progetti di legge che risolvano i problemi sollevati dai colleghi, di maggioranza e di opposizione. Tutto ciò, alla fine, determinerà una sostanziale incapacità e una parziale impossibilità di rappresentare interessi, bisogni e domande provenienti dal paese.
In conclusione, si pongono due questioni. La prima riguarda il rapporto Camera-Senato. La seconda riguarda l'opportunità di costruire percorsi e modifiche regolamentari adeguate, che gli uffici e il Presidente studieranno, per garantire anche al Parlamento percorsi e date certe di approvazione dei provvedimenti. A me pare che quelli appena elencati sono i due problemi che si pongono e che sottopongo all'attenzione della Presidenza, che ringrazio per aver voluto cogliere il tema che la Commissione ha sollevato, cioè quello del rapporto che passa tra la riammissione in termini e la restituzione in termini. Ho colto che lei, Presidente, si è riservato di valutare in futuro tale aspetto. Si potrebbe, comunque, aprire uno spiraglio che ci consentirebbe di rispondere, in modo un po' meno rigido, alle domande provenienti dal paese. Presidente, qui tutti noi rappresentiamo interessi e valori del paese e intendiamo tutti rappresentarli al meglio. La questione che pongo alla sua attenzione, a nome della Commissione, è quella di vedere in che termini possiamo Pag. 9saldare un rapporto omogeneo tra Camera e Senato, tra deputati e senatori, e in che modo possiamo introdurre in questo ramo del Parlamento percorsi privilegiati per quelle proposte di legge che rispondono a certe caratteristiche ed abbiano una data certa di voto. Ciò consentirebbe, che provvedimenti come, ad esempio, la finanziaria, o come il cosiddetto mille proroghe, non finiscano per essere «intasati» da proposte legislative riguardanti altre questioni che riguardano anch'esse interessi del paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che lei stesso si aspettasse, dopo la lunga comunicazione e deliberazione annunciata all'inizio della seduta e dopo le interminabili serie di dichiarazioni di inammissibilità, una qualche riflessione a più voci. Io aggiungo la mia a quella del presidente della I Commissione, onorevole Violante, che poc'anzi ha svolto delle considerazioni che sia io sia molti colleghi, in Assemblea e in Commissione, condividiamo.
Sebbene si tratti di una clausola di rito, forse sarebbe stato possibile risparmiare la lettura, dopo lo sterminato elenco di dichiarazioni di inammissibilità, di quella frase secondo la quale la Presidenza si riserva di comunicare ulteriori inammissibilità nel corso dell'esame del provvedimento.
In termini non tecnico-giuridici ciò è sembrato una forma di sadomasochismo che, forse, sotto il profilo dei poteri presidenziali avremmo potuto evitarci. Tuttavia, visto che così è stato, le segnalo, signor Presidente, un fatto, cioè se in base ai criteri così rigorosi applicati - ovviamente da noi rispettati, così come ricordato poco fa anche dal presidente Violante il quale, del resto, essendo stato anch'egli Presidente della Camera, conosce bene questa situazione istituzionale - anche l'emendamento del Governo 3.500, riportato a pagina 15, non avrebbe dovuto essere sanzionato sotto il profilo dell'ammissibilità.
Infatti, si tratta di un emendamento che nel merito personalmente condivido, tuttavia, se è vero che si collega ad un comma - a cui aggiunge un periodo - è altresì vero che l'intero contenuto di quell'emendamento riguarda l'abrogazione di uno e più decreto del Presidente della Repubblica, il mantenimento in vita di alcuni articoli le cui sanzioni vengono raddoppiate e via dicendo.
Allora, mi domando la ragione per la quale secondo questi criteri, per esempio, un emendamento del Governo, che pure condivido (il 3.500) non sia stato dichiarato inammissibile secondo la stessa logica, per cui lo sono stati decine di altri emendamenti. Penso che quell'ultima frase «la Presidenza si riserva...» sia un'istigazione a delinquere. Propongo, dunque, alla Presidenza di valutare anche questo aspetto.
Signor Presidente e colleghi, lei si renderà conto che siamo di fronte ad una situazione di particolare difficoltà e delicatezza (non essendo io presidente della Commissione posso forse permettermi al riguardo una qualche maggiore libertà di valutazione, pur sempre nel massimo rispetto per le determinazioni del Presidente della Camera che ci sono state poco fa annunciate). Signor Presidente, nella sua comunicazione iniziale - in gergo, lo speech - lei ha affermato che «...da tale differenza di regole non può derivare una scelta interpretativa che vanifichi le norme e le prassi che la Camera si è data».
La situazione è proprio questa: noi ci troviamo in un sistema costituzionale di bicameralismo (utilizzo una terminologia tecnico-giuridica) perfetto, nell'ambito del quale cioè esiste una parità di poteri tra Camera e Senato. Si tratta di una situazione costituzionale che nel dibattito politico parlamentare (ma anche in dottrina) si vorrebbe superata (io convengo sull'opportunità che venga superata, non tanto sotto questo profilo quanto sotto quello della differenziazione di funzioni, nel quadro di un sistema tendenzialmente federale). Siamo, cioè, in una situazione di bicameralismo perfetto a Costituzione vigente, ma anche in una situazione da una Pag. 10parte regolamentare, dall'altra ancor e assai più di prassi interpretative, che determina radicalmente un bicameralismo imperfetto e sbilanciato a favore di una maggiore possibilità di intervento - giusta o sbagliata che sia nel merito, posto che non condivido molti emendamenti nel merito mentre qui mi riferisco al diritto dei parlamentari di presentarli - a favore di chi compone l'altro ramo del Parlamento e a scapito di chi fa parte di questo.
Qui il problema riguarda le vicende degli emendamenti sui decreti-legge - su questo si è soffermato prima lei, quindi il presidente Violante poco fa - della legge finanziaria, di cui abbiamo parlato pochi mesi e settimane fa, nonché la questione dell'ammissibilità delle interrogazioni e delle interpellanze, cioè, di strumenti del sindacato ispettivo (posto che interrogazioni e interpellanze dichiarate non ammissibili in questo ramo del Parlamento vengono poi presentate da altri colleghi, magari degli stessi gruppi, nell'altro).
Concludo, signor Presidente, ribadendo quanto segue. Ritengo che lei abbia chiaro il fatto che siamo di fronte ad una questione di importanza istituzionale enorme. Le chiedo, affinché tutto questo non resti un flatus vocis...
PRESIDENTE. La prego di concludere, deputato Boato; è già trascorso oltre un minuto rispetto al tempo a sua disposizione.
MARCO BOATO. Va bene, concludo Presidente. Perché tutto questo non resti un flatus vocis, vale a dire che ci diciamo queste cose qui oggi e poi le ripeteremo la prossima volta quando si verificherà la stessa situazione, le chiedo se non sia il caso che lei, insieme al Presidente del Senato, convochi la Giunta per il regolamento - io ne faccio anche parte...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere: è un minuto e mezzo in più...
MARCO BOATO. Sì, sto concludendo la frase. Le chiedo se non sia il caso che lei, insieme al Presidente del Senato, convochi le due Giunte per il regolamento, per esaminare quell'armonizzazione che lei ha auspicato nell'ultima fase delle sue comunicazioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Intervengo sull'ordine dei lavori, anche se mi rendo conto che dopo l'intervento del presidente Violante il mio apparirà banale. Ho avuto una difficoltà enorme a seguire la lettura delle inammissibilità. Rivolgo pertanto solo un suggerimento pratico. Se invece di enunciare il numero di pagina dopo aver citato i relativi emendamenti, questo avvenisse prima, diventerebbe leggermente più facile seguire. È quindi un suggerimento per il futuro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Innanzitutto, condivido le osservazioni del presidente Violante, che peraltro già da qualche tempo vengono rappresentate alla Presidenza. Lei infatti, Presidente, ricorderà bene che in sede di esame della legge finanziaria sia il presidente Violante, sia alcuni colleghi della nostra coalizione le sottoposero il problema, che oggi le è stato nuovamente sottoposto in quest'aula, a seguito della caterva di inammissibilità che lei ha letto poc'anzi.
Debbo dire però che quello che è accaduto con riferimento a questo provvedimento è il frutto di una combine, che è legata alla sua interpretazione, ma anche al comportamento della Commissione e del presidente Violante nell'ambito della stessa, perché nel momento in cui avviene l'esame degli emendamenti in quella Commissione e, vuoi per la fretta, vuoi per tutta una serie di altre circostanze che non sto adesso a puntualizzare, si invitano i colleghi a ritirare un emendamento e a riproporlo in Assemblea, cioè nel momento in cui si bypassa l'esame del merito di quell'emendamento nella Commissione di merito, è chiaro che poi il tutto viene Pag. 11sottoposto alla Presidenza; ma poi accade che lei ritiene di applicare un'interpretazione restrittiva, anzi più che restrittiva, perché lei certo non dimentica, essendo parlamentare di lungo corso, che questo tipo di provvedimento è sempre stato appellato con il nome di «mille proroghe». Questo è uno di quei provvedimenti che, come la legge finanziaria, rappresenta una sorta di contenitore per recepire quelle istanze a cui alludeva il presidente Violante. Evidentemente era uno dei treni che potevano essere presi, per portare a termine le istanze dei singoli parlamentari, quelle delle singole categorie e quelle prodotte dai cittadini ai parlamentari.
Se questo è vero e se dopo quattro o cinque mesi dall'inizio dell'esame della legge finanziaria siamo a riproporre lo stesso problema, allora evidentemente questo è proprio serio, così come si diceva prima. Non è un'accusa che rivolgo al presidente Violante, però è stato anche il comportamento di quest'ultimo nella Commissione a produrre questa «disparità di trattamento» nella Camera, rispetto al Senato, che porterà definitivamente a questa imperfezione del bicameralismo. È un problema che già esiste, ma con il buonsenso da parte della Commissione prima e da parte sua, Presidente, dopo, sarebbe stato certamente possibile evitare che si ponesse in maniera così drastica.
Caro Presidente, le chiedo quindi innanzitutto una sospensione della seduta, perché questo suo speech ha stravolto il corpo del provvedimento, non solo perché non si può modificare il testo ma anche perché sono state dichiarate inammissibili tutta una serie di proposte emendative, tendenti a modificare il testo nel senso auspicato sia dalla maggioranza sia dall'opposizione (non ne sto quindi facendo un problema di parte). Inoltre adesso la Commissione bilancio è ferma sull'espressione del parere (sia per il testo, sia per le proposte emendative), che ancora non riesce a produrre. Non so dunque di cosa parleremo stamani, quali lavori potremo portare avanti.
Lei stravolge, legittimamente dal suo punto di vista, tutto l'iter di questo provvedimento, nel momento in cui le viene sottoposto un problema così forte e la Commissione Bilancio non ha ancora emesso un parere sia sul testo che sugli emendamenti.
Per queste ragioni, le chiedo di prendere a cuore in maniera molto, molto accurata il problema anche attraverso la Giunta per il regolamento, ma nell'immediato le chiedo la sospensione della seduta per valutare francamente che cosa dobbiamo fare. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha chiesto di parlare il deputato Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, ho molto apprezzato l'intervento del presidente Violante e mi pare che questa sia una giornata storica, nel senso che l'applicazione rigorosa delle norme regolamentari è un punto fermo che ci permetterà anche di rapportarci con il Senato.
Credo che sia necessario ricordare il fatto che ci troviamo di fronte a un decreto-legge e che questo abbia una serie di caratteristiche già espresse nella Costituzione, per cui l'articolo 96 del nostro regolamento è la conseguenza della logica costituzionale.
Mi risulta anche, provenendo dal Senato, che in tale ramo del Parlamento non ci siano norme diverse, in quanto non esiste una norma simile all'articolo 96: esiste però una prassi che permette qualche cosa di più in termini di ammissibilità. Tuttavia, se da quest'aula oggi, Presidente, partirà una missiva per il Senato in cui si evidenzino innanzitutto la lettera e le considerazioni del presidente Violante nonché tutte le declaratorie di inammissibilità per le diverse ragioni (complimenti anche per i distinguo giuridici che si sono visti in queste sue declaratorie di inammissibilità), il Presidente del Senato non potrà non farsi carico di questa situazione.
Quando questo accadrà, noi avremo il dovere di fare quello che anch'io ho suggerito in discussione generale, cioè non avere il timore delle leggi ordinarie.Pag. 12
Approviamo un numero maggiore di leggi ordinarie, diamo velocità all'iter di approvazione delle stesse: se si deve affrontare una materia, se ne parli in sede propria, nell'ambito di una proposta di legge ordinaria, che va nella commissione competente, viene esaminata da commissari esperti e questo fa sì che quel provvedimento arrivi in assemblea munito di tutta la serie di competenze e di requisiti, che sono necessari per varare una legge seria.
Quando questi provvedimenti omnibus, di cento o mille proroghe si arricchiscono degli emendamenti più strani, si finisce per creare in pochi minuti norme stravaganti, che non hanno alle spalle una meditazione, che quindi possono provocare dei danni enormi, perché non c'è stato confronto neppure con coloro i quali sono interessati per primi alle norme stesse, cioè i cittadini.
Fra quelle considerate inammissibili ci sono norme che avrebbero dovuto influire su intere categorie, senza peraltro che noi avessimo neppure capito cosa pensassero queste ultime. Quando noi mandiamo avanti un provvedimento ordinario facciamo delle audizioni e comprendiamo se c'è un interesse di un certo tipo, di un certo genere, che noi tendiamo a valorizzare in modo serio.
Quindi, da questa mattina, Presidente, occorre cercare - lo ripeto - di favorire l'iniziativa legislativa ordinaria, sia del Governo, sia dei parlamentari, senza avere il timore che i provvedimenti di iniziativa parlamentare o governativa, non per decreto-legge, rallentino il lavoro del Parlamento.
Non è vero, essi possono procedere velocemente e giungere a conclusioni serie in sede propria. Concordo ovviamente con il mio capogruppo vicario sulla necessità di un termine congruo e credo che si possa addirittura rinviare al pomeriggio, per renderci conto meglio della situazione ed anche per attendere il parere della Commissione bilancio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, il mio rispetto per il deputato Boscetto, da me manifestato in sede di discussione generale, non era mal riposto. Infatti, il suo intervento mi ha tolto le parole di bocca, nel senso che anch'io ritengo che lo speech da lei pronunciato questa mattina segni una data storica per le vicende istituzionali. Probabilmente per la prima volta su 141 emendamenti (personalmente ne ho contati ottanta) inammissibili...
ANTONIO LEONE. Ottantanove.
FRANCO RUSSO. Dunque, ottantanove; evidentemente io stesso ho tenuto male il conto. A maggior ragione, la Presidenza della Camera è intervenuta con puntualità e precisione, distinguendo, come ha detto l'onorevole Boscetto, specificamente i casi di inammissibilità per i diversi emendamenti.
Abbiamo già discusso sul fatto che i cosiddetti decreti «mille proroghe» sono i grandi veicoli legislativi attraverso cui non solo il Governo ma anche i parlamentari rispondono (ed è questo il problema sollevato dall'onorevole Violante) alle istanze del Paese. Insomma, tali decreti sono uno strumento attraverso cui i parlamentari, il Governo e le istituzioni si rapportano specificamente con diverse categorie della società per soddisfare anche giuste istanze.
Tuttavia, questo non può avvenire con interventi legislativi che stravolgono l'ordinamento delle fonti ed intervengono con norme primarie su norme secondarie. Insomma, non si può far prevalere il fine sul mezzo. Invece, abbiamo imparato che corrette procedure servono anche per perseguire giusti fini.
Onorevole Boato, non dobbiamo essere amareggiati per l'intervento fatto dalla Presidenza della Camera, ma al contrario dobbiamo sentirci stimolati affinché la qualità della legislazione e degli emendamenti si misuri non solo con le giuste istanze che vogliamo rappresentare, ma anche con le corrette modalità in base alle quali vogliamo intervenire. E mi fa piacere concordare ancora una volta con l'onorevole Boscetto quando egli invita a procedere Pag. 13attraverso i canali ordinari, ovvero la legislazione ordinaria, perché sono proprio quelli gli strumenti principali.
Quando leggiamo il rapporto sulla legislazione ci lamentiamo del fatto che il Governo interviene con tanti decreti-legge o richiede numerose deleghe. Tuttavia, come parlamentari interveniamo nei decreti cosiddetti «mille proroghe» per conferire ulteriori deleghe al Governo o per modificare norme regolamentari con norme primarie oppure introducendo norme sostanziali laddove basterebbe limitarsi alle proroghe stesse.
In conclusione, vorrei avanzare due suggerimenti. Il primo è stato in qualche modo ricordato dall'onorevole Violante che giustamente ha sollevato il problema del bicameralismo paritario. L'esistenza di regolamenti e prassi difformi tra Camera e Senato, ferma restando l'autonomia dei due rami del Parlamento, deve far giungere nel migliore dei modi possibile a forme di scambio di esperienze per arrivare a prassi regolamentari uniformi. Questo è un compito che attiene al Presidente della Camera, il quale potrà investire in proposito gli appositi organi come la Giunta per il regolamento.
D'altra parte, onorevole Violante, a mio avviso vanno apprezzati gli interventi da lei svolti in sede di Commissione quando ha segnalato il problema ed ha espunto direttamente alcuni emendamenti per inammissibilità. Mi riferisco al momento in cui lei ha giustamente fatto presente che dobbiamo far sì che la legislazione intervenga in campi omogenei e con gli strumenti e i tempi adeguati, non solo per un fatto di procedura e di bella forma.
Come ultimo suggerimento, Presidente Bertinotti, mi permetto, anche se non è prassi usuale, di richiamare l'attenzione su un punto sul quale il Comitato per la legislazione ha molto lavorato. A mio avviso, il lavoro della Presidenza, senza nulla togliere ai suoi poteri, sarebbe facilitato qualora lei potesse intervenire, ovviamente insieme alla Giunta per il regolamento e riflettendoci attentamente, rispetto alla possibilità di interpellare nuovamente il Comitato per la legislazione - non sembri un fatto corporativo - prima che il testo giunga in aula.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
FRANCO RUSSO. Le cito, Presidente, a tale proposito, l'esempio dell'emendamento 3.500 del Governo, laddove si interviene sopprimendo norme secondarie con altre primarie: è prassi del Comitato per la legislazione rilevare tali aspetti e porre come condizione la modifica di norme di questo tipo. Quanto lavoro della Presidenza sarebbe risparmiato se il Comitato per la legislazione potesse intervenire su questo...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere!
FRANCO RUSSO. La pregherei, per questo motivo, Presidente, di pensare attentamente se il Comitato per la legislazione non debba intervenire anche - ho concluso, Presidente - durante le procedure di valutazione degli emendamenti, in maniera da supportare il lavoro delle Commissioni e del Presidente. Mi scuso se ho utilizzato qualche secondo in più.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Presidente, concordo pienamente con le osservazioni fatte dai colleghi - ne abbiamo parlato anche durante la discussione della legge finanziaria - rispetto a procedure parlamentari defatiganti che passano attraverso la Commissione e l'Aula con tempi certi e garantisti e a strumenti che poi soltanto la Provvidenza sa come possano essere utilizzati per mettere il Parlamento di fronte al fatto compiuto di riforme ordinamentali, a volte più penetranti di quanto non sia una legge ordinaria.
Vorrei richiamare l'attenzione del Presidente sul rovescio della medaglia, perché la patologia di utilizzare questi strumenti nasce dal fatto che molte volte il Parlamento non riesce a dare risposte a istanze Pag. 14dell'opinione pubblica o a diritti di cittadini che devono essere soddisfatti. A tale proposito, vorrei fare l'esempio proprio di uno degli emendamenti che è stato «cassato».
Tre anni fa decidemmo, giusto o ingiusto che fosse, di istituire tre nuove province, Monza, Barletta e Fermo. Io ero ministro dei rapporti con il Parlamento e richiamai l'Assemblea, che sembrava propensa ad un ulteriore rinvio, sul fatto che da cinque, sei o sette anni (non ricordo bene quanto tempo fosse) gli enti locali e le istituzioni economiche, religiose e civili, dopo aver svolto tutto l'iter previsto, attraverso una defatigante procedura erano arrivate fino all'aula del Parlamento. Dissi allora che mi sembrava giusto che il Parlamento si esprimesse attraverso un sì o un no, e che, invece, l'unica cosa che non poteva fare era quella di prendere in giro l'opinione pubblica di quelle tre costituende province.
In effetti, il Parlamento con il 90 o 95 per cento dei voti disse «sì» alla istituzione delle province, e nel frattempo sono passati due anni! A novembre è arrivata ai commissari delle tre province una circolare governativa che diceva: «Fermi tutti, non fate nulla, perché nella legge finanziaria vi saranno norme che riguarderanno le istituende province». In realtà, erano presenti e poi sono state tolte. I commissari sono stati indotti a bloccare tutto, senza che vi fosse un atto normativo che imponesse loro di farlo e adesso sono in possesso di quella «lettera» che contrasta con il loro dovere di portare avanti le procedure volute dal Parlamento. Da una parte - come giustamente è stato sottolineato oggi - all'improvviso compaiono norme, dall'altra, quelle che sono state deliberate con legge dal Parlamento non trovano attuazione perché non si riesce ad inserire una norma che chiarisca che i soldi già stanziati per le procedure che attuano una decisione del Parlamento possono essere spesi.
Dunque, nel rapporto Governo-Parlamento-opinione pubblica noi non possiamo - e sono d'accordo - fare blitz improvvisi, che umiliano il Parlamento, che scavalcano categorie economiche, che hanno poi padri e madri incerte.
Qualche volta si ricerca la mano di chi ha predisposto tali norme e non la si trova, o si finge di non trovarla. D'altra parte, davanti a decisioni di questo Parlamento che non trovano attuazione, non si può continuare a prendere in giro l'opinione pubblica. Monza conta centinaia di migliaia di abitanti, è una delle province più ricche d'Italia ed è ai primi posti per quanto riguarda le esportazioni: è la Brianza. Non si può continuare questo «gioco a rimpiattino» fra le istanze locali ed il Parlamento, che finge di deliberare e, poi, svuota di contenuto le sue decisioni.
Signor Presidente, occorre rivedere il rapporto con il Governo, a meno che il Parlamento non affermi di essere tornato sulle sue decisioni e di voler abrogare queste tre province. Ma sarebbe una decisione politica, sulla quale si aprirà una discussione. Io non sono d'accordo, perché ormai è cosa fatta. È chiaro che ci sono delle aspettative, ma non si possono lasciare involucri vuoti. Quindi, propongo, anche con l'ausilio degli uffici, di studiare il modo di uscire da questa impasse che è umiliante e offensiva per le popolazioni e le associazioni locali, ed anche per il Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, intanto approfitto dell'occasione per rivolgerle gli auguri di ottima guarigione, poiché la vediamo in piena forma.
Concordo con quanto dichiarato dal presidente Violante e dagli altri colleghi. Credo che, davvero, sia in discussione il ruolo stesso del parlamentare. Non contesto la decisione della Presidenza di dichiarare inammissibili tanti emendamenti riferiti a questo decreto-legge. Ma, se continueremo ad andare avanti così, davvero diventerà difficile pensare al ruolo del deputato, che deve portare avanti le istanze riguardanti la società italiana.
Signor Presidente, credo che, al riguardo, si debba riflettere. Condivido la Pag. 15richiesta avanzata dall'onorevole vice capogruppo della Camera in ordine ad una sospensione dei nostri lavori, per una rivisitazione di questa decisione. Siamo, infatti, di fronte a questioni importanti. Sono stati dichiarati inammissibili gli identici emendamenti Satta 1.11 e Sgobio 1.12, presentati dal nostro gruppo Popolari-Udeur e dai Comunisti italiani, concernenti la stabilizzazione di 54 docenti dipendenti dal Ministero della difesa. Con la legge finanziaria abbiamo sistemato 150 mila insegnanti e non capisco perché questi docenti continuano ad essere figli di nessuno. Credo che vi debba essere, da parte del Parlamento, un'attenzione particolare attorno ad un problema sociale di giustizia e che si debba superare il gap esistente tra l'interpretazione della norma e quella dell'emendamento rispetto al decreto-legge. Oppure, sarà necessario che lei, come Presidente, si faccia carico di stabilire tempi certi in ordine all'iter delle proposte di legge dei parlamentari. Diversamente, siamo qui soltanto per fare numero, un numero che non ha alcuna incidenza, rispettando norme che sono valide per certi aspetti, ma che umiliano il ruolo stesso del parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per sottoporle due questioni. La prima attiene al ruolo del Parlamento e, con riferimento ad esso, anche al ruolo della Camera rispetto al Senato. Questo aspetto è stato giustamente sollevato anche dal presidente Violante.
Durante i lavori della Commissione ci siamo trovati in forte imbarazzo perché sapevamo di dover esaminare degli emendamenti che sarebbero stati sottoposti al suo vaglio di legittimità. Ma sapevamo anche che, sostanzialmente, questo Parlamento rischia di avere una sovranità limitata, perché alcune cose non si possono fare alla Camera, ma sono realizzabili al Senato. Qui si apre un problema sia in ordine al fatto che, attualmente, siamo nell'ambito di un sistema bicamerale perfetto sia in ordine al fatto che la Camera dei deputati dovrebbe essere la Camera politica e il Senato, al limite, dovrebbe essere la Camera di riflessione.
Invece qui succede il contrario: il Senato diventa la Camera politica, perché lì si possono presentare taluni emendamenti e i provvedimenti possono essere modificati, mentre la Camera rischia di essere un organo di riflessione e di ratifica. Questo è un problema di carattere politico e di carattere istituzionale.
Vorrei sollevare un altro aspetto. Lei, Presidente, ha applicato rigidamente il regolamento, comprimendo le facoltà dei parlamentari, perché, obiettivamente, questo provvedimento poteva essere l'occasione - come è stato in passato - per introdurre e discutere alcune questioni. Lei ha dato una interpretazione rigorosa, ma, se noi diamo una interpretazione rigorosa in questi casi, che cosa dobbiamo dire di certi decreti-legge che non hanno i requisiti di necessità e di urgenza e che il Governo presenta in Parlamento sistematicamente? Che cosa dobbiamo dire degli emendamenti che vengono presentati alla legge finanziaria, degli articoli unici, su cui si intende porre la questione di fiducia, con 500 commi, che sono palesemente in contrasto con le disposizioni che dovrebbero presiedere alla tecnica legislativa? Se bisogna utilizzare il pugno di ferro per regolamentare la discussione parlamentare, questo pugno di ferro prima di tutto bisogna usarlo in queste situazioni. Lei capisce che un conto sono le posizioni del Governo, un altro sono le posizioni del Parlamento. Quando il Governo presenta un emendamento, sul quale chiede la fiducia, con 600 commi, questo tipo di modalità comprime il dibattito democratico; quando invece in Parlamento vengono presentati degli emendamenti su materie che magari possono essere «border line» dal punto di vista dell'ammissibilità, non abbiamo una compressione, ma, al limite, una estensione del dibattito parlamentare a materie diverse rispetto a quelle strettamente necessarie. Il primo aspetto è quello più grave per la Pag. 16vita del Parlamento e per il dibattito democratico. Su questo non abbiamo visto assolutamente il suo pugno di ferro. È stata posta sistematicamente la fiducia con una tecnica legislativa in palese contrasto con quanto previsto dal nostro ordinamento.
Non mi sembra, Presidente, che sia stato risolto, con questa sua determinazione il problema relativo alla eterogeneità di materie contenute in questo decreto mille proroghe, che comprende di tutto e di più; semmai si è compressa soltanto la libertà dei parlamentari con una decisione che è unica nel suo genere.
Nel concludere, mi associo alle richieste dei colleghi, sollecitando una sospensione onde valutare gli emendamenti dichiarati inammissibili e costruire un minimo di «strategia» per il dibattito.
PRESIDENTE. È presente in tribuna una delegazione dell'Università della Terza età della città di Olbia, guidata dal suo presidente, che salutiamo (Applausi).
Ha chiesto di parlare il deputato Zanetta. Ne ha facoltà.
VALTER ZANETTA. Signor Presidente, intervengo anche io per esprimere il mio apprezzamento in ordine alle valutazioni espresse dal presidente Violante, che colgono lo spirito dell'emendamento che unitamente ai colleghi Costa, Di Centa, Rosso, Quartini, abbiamo presentato per sottolineare una urgenza che credo sia a conoscenza di tutti i parlamentari: l'eccessiva siccità che ha colpito le zone di montagna, mettendo in crisi l'economia turistica.
Allora, pensavamo che prevedere all'interno di questo decreto-legge una proroga con riferimento alla legge 24 dicembre 2003, n. 363 approvata nella precedente legislatura potesse essere un modo per stanziare fondi atti a risolvere tali situazioni.
Per quanto riguarda le sue valutazioni, Presidente, le chiederemo un riesame. Peraltro, lei è stato gentile ad accordarci un colloquio e ad indicarci altri percorsi, che, tuttavia, rientrano tra le modalità con le quali un parlamentare può sollecitare iniziative urgenti.
Valuteremo se esista un percorso legislativo possibile che veda l'accordo dell'intero Parlamento, per risolvere un problema che è stato rappresentato anche dai presidenti delle regioni e che ha colpito i territori della montagna a causa della siccità e della mancanza di neve. Credo che, al riguardo, il Parlamento debba porre in essere un'iniziativa.
Abbiamo tentato di avanzare proposte all'interno di questo provvedimento. Comprendiamo le ragioni poste, ma vorremmo che lei, Presidente - ne ha già dato atto nella sua riflessione - potesse cogliere la difficoltà che i parlamentari incontrano, quando sono sollecitati su questioni giuste, a trovare il luogo dove poterle affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Di Centa. Ne ha facoltà
MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, vorrei riprendere le argomentazioni dell'onorevole Zanetta con riferimento al suo emendamento 6.325 e porre l'attenzione sulla sensibilità che lei, Presidente, ha dimostrato nei confronti di questa proposta emendativa, pur dichiarandola inammissibile.
L'emendamento in oggetto prevede aiuti nei confronti non solo le aree montane, ma anche di quella che è la vera forza trainante dell'economia dei mesi invernali, ossia la neve.
Come tutti sanno, la mancanza di neve determina una grande difficoltà per tutti i settori turistici italiani delle aree montane; ciò significa una difficoltà dell'economia italiana in generale. Stiamo parlando, dunque, della difficoltà dell'economia italiana che deriva dalla situazione in cui versano le aree di montagna.
Da qui nasce l'urgenza, anche perché i mesi invernali sono in corso e certamente non si possono prorogare. Dunque, il nostro modo veloce ed istintivo di proporre quest'emendamento, che chiaramente è venuto dalla base, voleva sottolineare l'urgenza di una situazione che si è determinata nelle aree montane.Pag. 17
Credo che percorreremo la strada suggerita per ottenere, in via legislativa, una soluzione. In ogni caso, la ringraziamo per la sua sensibilità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Quartiani. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, i colleghi hanno avuto modo di esprimersi in merito ad una situazione specifica che lei stesso, signor Presidente, ha dovuto affrontare, comunicandoci le sue deliberazioni; si tratta di una questione che anche il presidente Violante ha posto in evidenza, attraverso talune osservazioni di cui ella stessa ha preso buona nota e di cui ha rimandato eco in questa nostra discussione.
Evidentemente, quella per la quale due terzi degli emendamenti che sono stati presentati sono stati dichiarati inammissibili è una circostanza che esplicita l'emergenza e l'urgenza di una situazione sostanzialmente insostenibile dal punto di vista della disparità che interviene sulle modalità con le quali i singoli parlamentari, deputati e senatori, si rapportano all'elettorato, ai cittadini nell'esercizio di un ruolo di rappresentanza.
Faccio presente che questa disparità nei due rami del Parlamento riguarda anche la difformità con la quale in essi si può esercitare il potere di interdizione o di proposta in rapporto alla disponibilità del potere legislativo, dell'esecutivo e del Governo.
Stiamo affrontando questa discussione preliminare, di tipo regolamentare, che ritengo opportuna, avendo discusso poco tempo fa la questione delle difformità con le quali i due rami del Parlamento hanno svolto la sessione di bilancio nonché della relativa emendabilità del disegno di legge finanziaria.
Signor Presidente, credo sia inutile intervenire con polemiche capziose nei confronti della Presidenza, polemiche che in qualche modo, certo non in maniera velata, sono state messe in evidenza da esponenti dell'opposizione, alternandole agli apprezzamenti relativi alla deliberazione della Presidenza stessa.
Signor Presidente, nei cinque anni precedenti non si è fatto nulla per dare maggiore compiutezza ad una evidente esigenza di riforma dei regolamenti parlamentari e della loro uniformazione ed armonizzazione.
Credo che noi tutti dobbiamo prendere atto ormai di un'emergenza che forse è la prima delle riforme istituzionali che il nostro paese deve affrontare. Se i regolamenti sono la «Costituzione» dei due rami del Parlamento, occorre capire se sia possibile definire una modalità attraverso la quale giungere rapidamente ad approvare delle norme che mettano in condizione le due Camere, deputati e senatori, di lavorare in modo da non essere trattati difformemente, in relazione sia al rapporto con il Governo che al rapporto con i cittadini e gli elettori.
Mi riferisco ai decreti-legge, ai disegni di legge finanziaria, al modo diverso con cui il Senato disciplina atti di sindacato come le interrogazioni o le interpellanze.
In attesa di una soluzione, che può anche prevedere - mi permetto di suggerire - la definizione di un organo bicamerale, composto da esperti, che lavori per uniformare ed armonizzare i regolamenti parlamentari, possiamo chiedere collaborazione alla politica. In attesa quindi di questa riforma, potremmo chiedere ai nostri colleghi del Senato di temperare e moderare le tendenze alla emendabilità di norme che, in questo ramo del Parlamento, noi modifichiamo con molto rigore - come è tradizione della Camera dei Deputati -, sulla linea che anche lei, signor Presidente, ha proposto con la sua deliberazione in modo ineccepibile, sia per ciò che riguarda l'attuazione del regolamento vigente, sia per ciò che riguarda il riferimento ai precedenti. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Crisci. Ne ha facoltà.
NICOLA CRISCI. Signor Presidente, anch'io ritengo che sia utile ed opportuno Pag. 18continuare la discussione che si è aperta sulla necessaria ridefinizione dei regolamenti che disciplinano i lavori parlamentari. Tuttavia, mi preme richiamare l'attenzione del Presidente su un tema specifico, che tocca il destino di tante aziende del Mezzogiorno e di tanti lavoratori.
Mi riferisco al comma 8-octies dell'articolo 6, che è stato espunto, in quanto considerato inammissibile.
Il comma riproduce un emendamento approvato in Commissione affari costituzionali che rimedia sostanzialmente ad un'incongruenza legislativa. In buona sostanza, le imprese del Mezzogiorno possono beneficiare dei cosiddetti crediti d'imposta per la costruzione di immobili industriali nel triennio 2004-2006. Signor Presidente, molte di queste imprese hanno ottenuto il riconoscimento al credito nell'anno 2006 e dovrebbero completare l'investimento entro l'anno, pena la perdita del finanziamento. Credo che sia del tutto evidente che si tratta di una norma inapplicabile, per cui la previsione dello spostamento dei termini al 2008 non mi sembra logica, di buon senso ed opportuna. Ora, è vero che, attraverso un'applicazione rigorosa, il termine è scaduto al 31 dicembre 2006 e, in questo senso, non si può parlare di proroga, ma mi pare che, in passato, nella prassi parlamentare consolidata ed anche forse per questo provvedimento, la riammissione sia stata accordata.
Vorrei richiamare la Presidenza, conoscendo la sua sensibilità, a riconsiderare questo problema, perché si tratta di rendere inefficaci investimenti già attivati e rendere impraticabile l'utilizzazione delle risorse già assegnate. Siamo difronte ad un emendamento e ad una disposizione di buonsenso, che rimedia ad un errore di previsione legislativa e che, a mio avviso, viene considerato inammissibile ed espunto dal testo definitivo, dopo l'esame in Commissione, per una visione eccessivamente burocratica. Credo che sia nostro dovere tener conto anche di questi aspetti, rimediando ai nostri errori non applicando, letteralmente e, qualche volta, con eccessivo rigore, il senso stretto della norma. Le chiedo, quindi, signor Presidente, che la disposizione, cui mi riferisco, possa essere riammessa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, anche noi di Alleanza Nazionale riteniamo che le questioni sollevate dal presidente Violante abbiano un'importanza non secondaria. Ci poniamo, però, una questione sotto il profilo delle possibilità di arrivare a correggere questa stortura, in riferimento alla difformità nella presentazione degli emendamenti tra Senato e Camera. Sicuramente, l'onorevole Violante ricorderà che, anche quando presiedeva questa Camera, la questione fu più volte posta e non si arrivò ad una soluzione definitiva, dal momento che, con buona probabilità, le regole vigenti al Senato, che consentono ai membri di quel ramo del Parlamento di operare con maggiore ampiezza rispetto a quanto accade ai componenti la Camera dei deputati, sono in quella sede sicuramente ben presidiate.
Essendo, quindi, abbastanza scettici di fronte alla possibilità di armonizzare i due regolamenti, le chiediamo, signor Presidente, di farsi ulteriormente carico di questa vicenda, con una proposta che, allo stato, ci sembra l'unica percorribile, ovvero quella di rivedere, sulla base del regolamento vigente, l'interpretazione delle disposizioni, facendo sì che queste maglie si allarghino limitatamente a quanto consentito con le disposizioni regolamentari attualmente vigenti. Abbiamo serie difficoltà nel ritenere che questa operazione di armonizzazione dei regolamenti possa essere avviata in tempi brevi e riteniamo, invece, che, a fronte delle prospettive che sono state evidenziate, il Presidente della Camera possa, attraverso l'ufficio relativo alla Giunta per il regolamento, proporre una nuova interpretazione che disciplini, in maniera innovativa, proprio la presentazione degli emendamenti.
Certo è, signor Presidente, che non vorremmo arrivare all'effetto opposto. È Pag. 19evidente che le norme che presidiano al decreto-legge e al disegno di legge di conversione non possono sicuramente trasformarsi in una sorta di vaso di Pandora in cui entrano tutti gli emendamenti che, pur legittimamente, sono il frutto di valutazioni di carattere politico, magari spesso condivisibili.
Del resto, non possiamo nemmeno permettere che ci siano due valutazioni differenti. Il collega Boato ha sollevato, in questa sede, la questione relativa all'emendamento 3.500 del Governo. A nostro parere, quell'emendamento è smaccatamente inammissibile per due ragioni sostanziali, una delle quali, forse, non strettamente regolamentare.
È paradossale, signor Presidente, che si possa intervenire con una modifica della disciplina sostanziale in materia di sanzioni applicabili all'esito dell'entrata in vigore del regolamento, quando questo regolamento entra in vigore, se tutto va bene, alla fine del maggio 2007.
Quindi, sotto tale profilo, formalmente, il gruppo di Alleanza Nazionale chiede che venga riconsiderata la valutazione espressa sull'emendamento 3.500 del Governo, perché, oltre a questo aspetto, crediamo che esso faccia parte di quella lunga schiera di proposte emendative rientranti nella declaratoria di inammissibilità che lei oggi ha comunicato.
Vi è un'altra questione di metodo, signor Presidente, che le voglio sottoporre. È evidente che, all'aumentare degli emendamenti che vengono presentati ad un disegno o ad una proposta di legge, sorge un problema cui oggi siamo chiamati a dare una soluzione. Un conto è se il Presidente legge in Assemblea la dichiarazione di inammissibilità di una decina di emendamenti, cosa che, tutto sommato, riusciamo a verificare in tempi ragionevolmente brevi; altro conto è se la questione relativa all'inammissibilità degli emendamenti diventa, anche attraverso le parole del presidente Violante, una questione di rilevanza non secondaria. È evidente che questa fase va in qualche modo «proceduralizzata» - mi perdoni il termine orribile -, perché, diversamente, a fronte di 80 o 90 emendamenti dichiarati inammissibili, non abbiamo nemmeno il tempo ragionevole per concordare con lei o, comunque, di sottoporre al suo giudizio l'inammissibilità relativa ad altri emendamenti o - se mi permette - di poter concorrere ad una revoca della pronuncia di inammissibilità effettuata erroneamente dagli uffici nei confronti di questa fase delicata.
Pertanto, le chiedo, principalmente, di dichiarare inammissibile l'emendamento 3.500 del Governo e di trasmettere alla Giunta per il regolamento le questioni relative all'estensione dell'interpretazione, nei limiti in cui ciò è possibile, anche nei confronti dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge, attraverso una modifica interpretativa e innovativa. Sotto l'ultimo profilo, inoltre, le chiedo di sottoporre alla Giunta per il regolamento una rivisitazione delle procedure di inammissibilità, per concederci il tempo di valutarle.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente ci sono buone ragioni per dire che le osservazioni importanti e basate sull'esperienza dell'onorevole Violante sono da condividere. Il gruppo che rappresento, però, condivide anche l'applicazione delle prerogative che il Presidente della Camera ha esercitato sull'ammissibilità degli emendamenti.
D'altronde, se ci sono delle norme, onorevoli colleghi, queste vanno applicate, perché, se ciascuno di noi entrasse nel merito degli 89 emendamenti dichiarati inammissibili, ci sarebbe un gruppo che avrebbe ragioni a favore dell'ammissibilità ed un gruppo che le avrebbe contro.
Cosa significa tutto questo? Significa che non si può lasciare alla soggettività del singolo deputato la valutazione dell'ammissibilità, ma essa deve essere sancita da un regolamento chiaro e certo, al quale tutti quanti devono attenersi.
Ritengo anche che chiedere uno slittamento del dibattito al pomeriggio non Pag. 20serva a nulla. Qui serve la responsabilità della Giunta per il regolamento nel rivedere il regolamento stesso e fare chiarezza, per poter avere tutti delle regole certe, senza lasciare alla soggettività o all'interpretazione di ciascuno di noi l'eventuale accettazione di emendamenti.
Certo, la società civile ci preme, ma noi non possiamo lavorare con la pressione del momento che proviene dal mondo del lavoro, dall'ambiente, dalle aspettative e dalle esigenze dei nostri cittadini.
Dobbiamo varare leggi utili per tutti, dunque. Mi sembra che domandare al Presidente della Camera di essere ascoltati, per chiedergli di riconsiderare la propria decisione, assomigli ad una sorta di contrattazione sindacale; noi, però, non possiamo praticarla alla Camera dei deputati!
Certo, sussiste il rischio reale che proposte emendative dichiarate inammissibili in questa sede vengano approvate dal Senato; il testo del provvedimento, quindi, potrebbe tornare alla Camera con tali modifiche e noi dovremmo votarlo nella formulazione predisposta dai colleghi dell'altro ramo del Parlamento.
Questo è ciò che dobbiamo riparare, modificando il nostro regolamento. La Giunta per il regolamento ed il Presidente della Camera devono offrire a quest'Assemblea non interpretazioni, ma norme serie e certe, che contengano regole chiare da applicare correttamente. Questo dobbiamo fare, anziché perdere tempo!
Non condivido le posizioni dei colleghi che hanno sostenuto che il Presidente della Camera ha applicato «rigorosamente» il regolamento. Il Presidente ha semplicemente applicato il regolamento, poiché si tratta di una sua prerogativa. Noi ne dobbiamo prendere atto e dobbiamo andare avanti cercando, ovviamente, di fare di necessità virtù. Occorre, in altri termini, fare tesoro di tale esperienza, al fine di concretizzare il nostro lavoro nell'ambito di norme regolamentari chiare e puntualmente applicate. In tale ambito, ciascuno di noi offrirà un contributo importante, ma esso non dovrà essere influenzato da questioni personali e soggettive oppure da condizionamenti a destra e a manca!
Vorrei ribadire, infatti, che la discussione ha ampiamente dimostrato che alcuni di noi sono a favore di un determinato emendamento ma, al contempo, molti altri sono contrari. Ciò significa che vi è il bisogno di norme chiare: in tal senso, ringrazio il presidente Violante per le condivisibili osservazioni che ha formulato, ed ovviamente approviamo anche l'interpretazione che il Presidente della Camera, nell'ambito delle sue prerogative, ha voluto esprimere.
Non crediamo assolutamente che questa sia una giornata «storica»; tuttavia ci troviamo di fronte all'applicazione di una prerogativa che il Presidente della Camera ha voluto esercitare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, ritengo sicuramente valide le norme regolamentari; tuttavia, reputo fondate le perplessità e gli orientamenti negativi manifestati, in modo trasversale, da questa Assemblea riguardo al suo comportamento. Vede, signor Presidente, credo di poter parlare a nome di quei comuni che sono molto spesso evocati ma che, altrettanto spesso, vengono dimenticati e messi in un angolo!
Signor Presidente, vorrei evidenziare che il mio emendamento 5.304, dichiarato inammissibile, non faceva nient'altro che porre le condizioni per avviare un confronto tra l'ANCI ed imprese produttrici, al fine di realizzare un sistema di raccolta.
Vorrei segnalare che, se è vero che si tratta di due questioni diverse, detto emendamento è stato presentato per essere accolto, beneficiando dell'appoggio del Governo e del ministro Pecoraro Scanio; invece, è stato dichiarato inammissibile. Non posso, dunque, che chiedere alla Camera dei deputati ed al suo Presidente di riconsiderare l'inammissibilità del mio emendamento 5.304, al fine di poterlo discutere in ambito parlamentare.Pag. 21
Ricordo che anche il contenuto del mio emendamento 6.317, signor Presidente, era rivolto ai comuni, poiché intendeva modificare norme vigenti in materia di contrattazioni che ritengo già superate. Il comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, infatti, non consente più l'affidamento diretto delle concessioni che scadono il 31 dicembre 2006. Altri commi di tale articolo, inoltre, prevedono condizioni per cui può essere concessa una proroga di una anno, con scadenza il 31 dicembre 2007. Ciò determina distorsioni rispetto alla normativa di prossima approvazione in materia di servizi pubblici locali. Si tratta, nello specifico, del disegno di legge n. 772 (delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali), attualmente all'esame della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, nonché del nuovo Codice delle autonomie locali, approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri.
Allora, l'esigenza di introdurre una proroga della scadenza del periodo transitorio di cui all'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nasce dal fatto che, negli ultimi anni, le società partecipate dai comuni non dispongono ancora di un quadro di regole certe ed omogenee (sul quale, quindi, non possono lavorare). In attesa di tale regolamentazione, per le ragioni esposte, ho proposto di differire il termine finale del periodo transitorio previsto dall'indicato articolo del testo unico degli enti locali. In tal modo, signor Presidente, si eviterebbe il sovrapporsi di scadenze settoriali non allineate con la disciplina generale, la quale fissa un periodo transitorio entro il quale effettuare le gare.
Credo che le motivazioni che ho addotto in questa sede convincano dell'ammissibilità dell'emendamento in parola. Mi stupisce, pertanto, il comportamento che è stato tenuto. Spero che vi sia la possibilità di proseguire la discussione su questa materia oggi pomeriggio; in caso contrario, i comuni si faranno un'opinione negativa di quanto è accaduto. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha chiesto di parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, mi associo alle considerazioni già svolte dai colleghi ed, in primis, dal presidente Violante in ordine alla disparità tra i deputati ed i senatori: in questo momento politico, considerato l'atteggiamento del Governo e la scelta della Presidenza di interpretare in maniera così stringente la disposizione in materia di inammissibilità degli emendamenti, i senatori hanno la possibilità di esercitare un potere emendativo maggiore di quello dei deputati. Trovo questo un elemento estremamente curioso in un sistema a bicameralismo - che dovrebbe essere - perfetto.
Per quanto riguarda il merito del mio emendamento 6.28, dichiarato inammissibile, desidero far presente alla Presidenza ed al rappresentante del Governo presente in aula che si tratta di un emendamento volto a prorogare il termine per l'adeguamento degli statuti dei fondi pensione privati. I colleghi della Commissione lavoro ricorderanno bene che c'era stata unanimità, al riguardo, in occasione dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge sulla previdenza complementare. La Commissione aveva approvato, all'unanimità, un emendamento analogo a quello in esame, ma il Governo decise di far decadere il decreto-legge e di non chiederne la calendarizzazione, optando per l'inserimento della materia nel disegno di legge finanziaria (in particolare, nel testo esaminato dal Senato in seconda lettura).
La materia è stata riproposta all'attenzione della Commissione lavoro quando il disegno di legge finanziaria è ritornato alla Camera per l'approvazione definitiva. Ebbene, la Commissione lavoro ha approvato per l'ennesima volta, senza che vi sia stato alcun voto contrario, un testo che consentiva ai fondi pensione privati di provvedere all'adeguamento degli statuti entro il 31 marzo 2007 anziché entro il 31 dicembre 2006. La Commissione bilancio non ha esaminato la disposizione perché, come Pag. 22tutti sappiamo, è stata posta di nuovo la questione di fiducia. Tuttavia, rimane il fatto che per ben due volte la proposta è stata approvata dalla Commissione all'unanimità.
In sede di esame del disegno di legge finanziaria - il sottosegretario D'Andrea ed i colleghi lo ricorderanno -, ho presentato, insieme ad altri colleghi, sia della maggioranza sia dell'opposizione, un ordine del giorno che impegnava il Governo a prevedere l'adeguamento del predetto termine in conformità al testo che era stato approvato dalla Commissione lavoro. Accogliendo l'ordine del giorno, il Governo si è impegnato in tal senso.
Appare singolare che il Governo si sia pronunciato in maniera non favorevole nel corso dell'esame in sede di I Commissione su questo emendamento e che lo stesso emendamento sia stato considerato inammissibile dalla Presidenza, essendone stata contestata l'estraneità di materia. Aggiungo che, sempre sul predetto emendamento, in sede consultiva la Commissione lavoro ha espresso parere favorevole ed ha espresso, altresì, in maniera esplicita l'auspicio che questo termine sia inserito all'interno della legge di conversione del decreto-legge in esame. È evidente che la decisione della Presidenza impedisce al Governo di adempiere agli impegni assunti accettando un ordine del giorno, nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria.
PRESIDENTE. La prego, onorevole Baldelli, deve concludere.
SIMONE BALDELLI. Concludo, signor Presidente.
Inoltre, tale decisione impedisce a questa Camera di accogliere un orientamento espresso all'unanimità dalla Commissione lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo solo per lamentare che nella falcidie di proposte emendative, in ragione della loro inammissibilità, è stato colpito anche l'emendamento Duilio 6.322, almeno nella sua seconda parte. Fortunatamente, è stato salvato l'analogo emendamento 6.600 della Commissione che ne riproduce la prima parte, cioè l'articolo 6, comma 7-bis, del decreto-legge in esame, e noi esprimeremo voto favorevole su di esso.
Voglio far presente che con questa decisione si travolge la possibilità di integrare una legge di grande rilevanza, quella a tutela degli acquirenti di immobili, che nella scorsa legislatura il Parlamento ha approvato all'unanimità e sulla scorta della quale il Governo aveva predisposto una serie di decreti legislativi. In sede di attuazione, si verificò che la legge delega presentava alcune imperfezioni formali che non consentivano ai decreti di puntualizzare alcune fattispecie, salvo eccedere i limiti imposti dalla stessa legge di delega. Perciò, intendevamo intervenire, prima, con una proposta di legge sottoscritta dal collega Duilio e da me, per l'UDC, poi, con questo emendamento da noi condiviso, per precisare che al fondo di garanzia istituito per le vittime dei cosiddetti fallimenti immobiliari possono accedere anche coloro che sono coinvolti in procedure di crisi non concluse prima del 31 dicembre 1993 o aperte successivamente a tale data. Inoltre, con l'articolo 13, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 122 del 2005 si intendeva prevedere la possibilità di accedere al fondo anche per coloro che avessero versato somme ulteriori rispetto al prezzo quale corrispettivo di transazioni per rinunciare all'azione fallimentare o per cancellare ipoteche o altri vincoli.
Si trattava di precisazioni assolutamente opportune che rientravano pienamente nello spirito e, in qualche modo, anche nella lettera della legge ma che, a causa di alcune difficoltà, non erano state recepite nel decreto legislativo n. 122 del 2005 per via di alcune formulazioni contenute nella delega. Ritengo sarebbe stato assolutamente opportuno rimediare.
Pur esprimendo soddisfazione almeno per la sopravvivenza della prima parte Pag. 23dell'emendamento in esame, mi rammarico del fatto che neanche questa volta sia stato possibile trovare soluzione a questo problema. Spero che il Parlamento, nel corso della discussione al Senato o con apposito provvedimento, se ne faccia carico, trattandosi di una questione di grande rilevanza sociale, che coinvolge migliaia di persone i cui risparmi investiti in immobili sono stati travolti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Misuraca. Ne ha facoltà.
FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, stamattina alle 9,30 ero in aula e ho seguito i lavori e, francamente, sono rimasto meravigliato quando il segretario di Presidenza ha letto le inammissibilità di alcune proposte emendative.
Nel seguire i lavori, ho molto apprezzato l'intervento del presidente Violante, pronunciato a difesa del Parlamento, nonché quelli degli altri colleghi che hanno cercato di difendere le prerogative dei parlamentari.
Qualche collega della maggioranza ha parlato anche di difesa, attraverso la presentazione degli emendamenti, di sollecitazioni provenienti dal territorio. Per quanto mi riguarda, non ho ricevuto alcuna sollecitazione dal territorio ma, attraverso la presentazione di alcune proposte emendative, ho voluto difendere gli interessi di un intero settore, vale a dire quello dell'agricoltura e, in modo particolare, quello della pesca. Alcuni emendamenti non potevano che essere presentati in questo provvedimento; infatti, in un decreto di proroga dei termini non vi è estraneità di materia, in particolare per quanto riguarda la sicurezza dei pescatori.
In ogni caso, intendo incentrare il mio intervento su un argomento avente valenza nazionale. In questi giorni, tutta la stampa nazionale si sta finalmente occupando del problema del cosiddetto condono previdenziale in agricoltura. Se ne parla perché, in questo momento, tale problema investe 540 mila aziende agricole italiane, da Trapani a Trieste.
Stiamo parlando del condono previdenziale in agricoltura che questo Governo ha promesso già nel mese di ottobre e che non è riuscito a concretizzare. Già in un precedente decreto-legge del Governo Berlusconi avevamo bloccato, fino al 15 ottobre, le procedure di vendita degli immobili ipotecati da parte delle società di cartolarizzazione. Ebbene, il 15 ottobre è trascorso e le società di cartolarizzazione hanno iniziato le operazioni di notifica degli avvisi di pagamento. Ad esempio, un'imprenditrice agricola di Palermo si è vista vendere all'asta il proprio bene immobile perché questo Governo è stato inadempiente, non prorogando ulteriormente il termine del 15 ottobre.
Signor Presidente, illustri colleghi, non vi era migliore occasione di questo decreto-legge per prevedere un'ulteriore proroga fino al 30 aprile. Ciò avrebbe consentito alle imprese agricole di non essere aggredite dai tribunali e dalle società di riscossione. Vedo che qualche collega sta seguendo il mio intervento con interesse, perché sono certo che sul territorio - in Puglia, in Calabria, in Sicilia, come nel Lazio - le aziende agricole sono in grandi difficoltà.
Allora, non capisco - Presidente, mi rivolgo a Lei - perché ci si voglia accanire. Mi consenta il termine, Presidente. Gliene chiedo scusa, ma qualcuno si deve assumere la responsabilità.
PRESIDENTE. Deputato Misuraca, deve concludere.
FILIPPO MISURACA. Questa sarebbe stata l'occasione giusta per approvare l'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, un decreto-legge sulla proroga dei termini, come accade da diversi anni, da oltre un decennio - ne siamo tutti a conoscenza -, diventa spesso uno strumento indispensabile in un paese in cui un sistema bicamerale ed anche la difficoltà Pag. 24delle procedure parlamentari rendono difficile, talvolta impossibile, legiferare in maniera ordinaria.
Mi rendo conto che la questione è assolutamente seria ed anche che va sicuramente posta. Tuttavia, Presidente, c'è modo e modo di fare le cose. Ho l'impressione che lei oggi abbia preso una decisione, abbia assunto una posizione che, al di là della questione del singolo emendamento, voglia essere assolutamente da esempio, da duro esempio, quasi da monito. Non vorrei che oggi si scriva una brutta pagina per il Parlamento e anche per le legittime facoltà dei parlamentari. Certo, va posta una questione seria nei rapporti con il Senato. Va posta inoltre una questione che riguarda per intero le procedure e la maniera di legiferare in questo Parlamento.
Tuttavia, in un paese attanagliato da decenni da questioni serie, mai risolte dalla politica, mai affrontate in maniera esaustiva e completa, un provvedimento di questo genere diventa molto spesso l'ultima spiaggia, diventa molto spesso l'ancora di salvezza.
Allora, Presidente, di fronte a questioni di questo genere, a mio avviso, si può procedere ad una verifica e - perché no - anche ad un riesame delle decisioni assunte dalla Presidenza, ad una verifica e ad un riesame delle questioni poste in essere dai provvedimenti. Prima di me l'onorevole Misuraca ha posto questioni assolutamente serie, urgenti ed emergenti che riguardano due settori fondamentali nel nostro paese: il settore dell'agricoltura e quello della pesca. Non si tratta di questioni localistiche. Non si tratta di questioni del territorio. Non si tratta di questioni di collegio, con tutto il rispetto che meritano anche le questioni localistiche, le questioni di collegio e le questioni del territorio. Bisogna avere rispetto anche per quelle questioni, che talvolta sono serie e richiedono risposte. Ma qui ci sono interi comparti che oggi, in questo momento, guardano a quest'Assemblea ed alla capacità della politica in quest'Assemblea di trovare assolutamente risposte e ristoro. Tra l'altro, le questioni poste dagli emendamenti del collega Misuraca sul condono previdenziale e dai miei emendamenti per il settore della pesca - che spostano in avanti alcuni termini di legge - sicuramente rappresentano risposte a problemi seri, che noi avevamo posto in sede di lavori di Commissione, in sede di incontri con il ministro competente e con le categorie interessate, in sede di confronto e di dibattito parlamentare. Si tratta di questioni che, per una serie di motivazioni, non hanno trovato debito ascolto e debita accoglienza nelle sedi proprie, neanche in sede di finanziaria. Sappiamo tutti infatti che, con la questione di fiducia, ci si è trovati e ci si trova spesso di fronte ad obiettive strozzature. E, allora, il dovere della politica, il dovere del Parlamento è di dare assoluta soluzione.
Presidente, oggi lei si assume una grande responsabilità.
Rispetto le logiche che l'hanno indotta ad assumersi certe responsabilità, ma qui, oggi, siamo in presenza di un coro unanime, non di una sola parte politica ma di tutto il Parlamento, maggioranza ed opposizione, nonché a tutta una serie di valutazioni, fondate ed assolutamente condivisibili, svolte poc'anzi dal presidente Violante.
Si pongono, a mio avviso, due questioni. La prima è la necessità di fermarsi un attimo con l'esame del provvedimento e di rinviarlo in Commissione al fine di riesaminarlo inserendovi alcune questioni espunte in precedenza. La seconda, più ampia, riguarda l'assunzione di responsabilità del Governo in modo da dare risposte alle varie problematiche sollevate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Li Causi. Ne ha facoltà.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, continuare a discutere sui regolamenti assembleari che disciplinano i lavori parlamentari, a me pare costituisca un obbligo perché sono palesi alcune storture che, per noi parlamentari, sono da considerarsi veramente inaccettabili.
Signor Presidente, dal testo del provvedimento, già approvato dalla Commissione, Pag. 25è stato espunto il comma 8-octies dell'articolo 6 in materia di credito d'imposta. Molte aziende del Meridione d'Italia, dove lo sviluppo e l'economia stentano parecchio, si sentono perciò traditi perché l'emendamento Crisci 6.45, che introduceva tale comma, è stato dichiarato inammissibile. Quell'emendamento rimediava, infatti, ad un'incongruenza della norma la quale dava alle aziende un'opportunità, un diritto, senza, però, concedergli il tempo necessario per completare le opere strutturali che erano state autorizzate solo a metà anno 2006. Sarebbe come prevedere percorsi temporali diversi per chi s'iscrive ad un corso di laurea di durata triennale: chi si iscrivesse nell'anno in cui entra in vigore la legge avrebbe tre anni di tempo per laurearsi, chi lo facesse dopo un anno, ne avrebbe due, chi lo facesse dopo due anni, ne avrebbe solo uno e, pertanto, giungerebbe al conseguimento della laurea in pochi mesi. Tutto ciò è inammissibile. Conseguentemente, signor Presidente, la prego, associandomi a quanto già detto dal collega onorevole Crisci, di rivedere il tutto per far sì che una risorsa già assegnata non possa ora essere negata. Signor Presidente, come si fa ad avallare una situazione simile, ignorando totalmente il ruolo svolto da un parlamentare? Ci troviamo di fronte ad un caso politico inaccettabile! Presidente, lei, dall'alto della sua autorità, deve intervenire!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Duilio. Ne ha facoltà, presidente.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo, come presidente della Commissione bilancio, sul provvedimento in esame che presenta, come già evidenziato da diversi colleghi e dal presidente Violante, profili di notevole complessità.
Desidero soffermarmi sia sulla questione sollevata poc'anzi dall'onorevole Giovanardi, che faceva riferimento alle province di nuova istituzione su cui in diverse occasioni in Parlamento ci siamo già pronunciati e su cui si è registrata un'opinione concorde e trasversale, sia su questioni che attengono più strettamente alla competenza della Commissione bilancio e, in particolare, al modo di lavorare di quell'organo, che finisce per «toccare», evitando di usare parole eccessivamente roboanti, la sfera della dignità istituzionale dei rapporti tra Parlamento e Governo.
In altre parole, con riferimento alla questione specifica, ci siamo trovati in presenza di una situazione che vedeva il Governo esprimere un parere contrario su un testo - che, peraltro, proveniva dalla Commissione affari costituzionali, che poi ha visto espunta da parte del Presidente della Camera la materia su cui la Commissione bilancio si doveva pronunciare. Si tratta in questo caso di una questione antica su cui sarebbe bene intervenire, prima o poi, in termini regolamentari, per cercare di risolvere un problema che sembra irrisolvibile, per cui la Commissione bilancio si pronuncia su testi che poi sono dichiarati inammissibili da parte della Presidenza della Camera (ovvero sono addirittura espunti dal testo che è stato integrato dalla Commissione di merito).
A parte ciò, mi preme, comunque, sottolineare il fatto che il Governo ha espresso un parere contrario su questo emendamento (che prima era stato presentato in Commissione) e, nello stesso tempo, ha presentato un proprio emendamento identico nella sostanza, posto che in esso si faceva riferimento alla possibilità di trasferire sull'anno nuovo risorse attinte dai residui dell'anno precedente, negando sostanzialmente con ciò la ratio che aveva presieduto alla dichiarazione di contrarietà sull'emendamento precedente. Già questo esempio offre uno spunto su cui riflettere. Tuttavia, la questione più generale è che, con riguardo a questo complesso provvedimento, sia ieri sia oggi, in Commissione bilancio, ci siamo trovati nella difficoltà di avere un'opinione chiara - peraltro, documentata da parte del Governo - sul profilo di copertura finanziaria e quindi di accettazione degli emendamenti stessi. Questo è quanto è accaduto ieri ed oggi.Pag. 26
Addirittura, oggi, ci siamo trovati in una situazione per la quale il Governo - il Ministero dell'economia in particolare - ha espresso pareri contrari su emendamenti dello stesso Governo, presentati, evidentemente, da diversi ministeri, finché il tutto non ha poi raggiunto l'apoteosi con la dichiarazione di inammissibilità da parte del Presidente della Camera sugli stessi emendamenti sui quali vi era stata la ricordata diversità di opinioni - per usare un eufemismo dolce - del Governo nei riguardi del Governo.
Ritengo che la questione di oggi stia assumendo una dimensione che segnalo e rappresento alla Presidenza della Camera affinché si provveda a tutelare la dignità del Parlamento - in questo caso, della Commissione bilancio - che penso venga inficiata da simili comportamenti.
PRESIDENTE. Ringrazio le deputate e i deputati che sono intervenuti in questa discussione. Li ringrazio in particolare per la serenità con cui è stato trattato un argomento difficile e complesso che, capisco bene, propone problemi rilevanti.
Mantengo la determinazione che ho illustrato in apertura. Questa è il risultato di un lavoro molto approfondito in termini di dottrina e di esame di una prassi lungamente consolidata che porta, dunque, ad una determinazione per la quale non ravviso la possibilità di operare una sospensione in vista di un ripensamento.
Tale determinazione, del resto, anche nella discussione intervenuta, che pure ha visto posizioni diverse, mi sembra che non possa dare luogo ad un'interpretazione diversa da quella che qui è stata presentata.
Non ho sentito, da questo punto di vista, dei rilievi di fondo in merito all'interpretazione generale della norma o contestazioni in relazione al fatto che la determinazione poggi su una prassi consolidata. Vorrei aggiungere che questa interpretazione non si configura né come rigida, né come burocratica, bensì, semplicemente, come rispettosa della norma.
Non ho bisogno di sottolineare loro che il rispetto della norma non è un criterio astratto, bensì è un criterio che riguarda il funzionamento di un'Assemblea come questa e la sua stessa capacità di affrontare i problemi di merito e di contenuto.
È un'illusione quella di potere, per affrontare un problema di contenuto che si pone anche come grande urgenza, fare strame della norma. Del resto, insisto, non ho sentito contestazioni all'interpretazione generale. Ho sentito obiezioni sull'opportunità di escludere l'ammissibilità di alcuni emendamenti, per il valore di merito o per l'urgenza dei problemi in essi trattati: valore di merito e urgenza che sono assolutamente presenti anche alla Presidenza. Ne cito uno, perché è stato riproposto nel corso del dibattito, quello dei problemi della montagna, che ha con tutta evidenza una sua pertinenza, urgenza e consistenza. Ma, con altrettanta evidenza - qui addirittura in maniera palmare - l'inammissibilità è fondata sul fatto che il tema viene proposto in Assemblea, senza neanche che sia stato affrontato in Commissione. Dunque, vorrei invitare a non usare argomenti di merito, peraltro reali, per intervenire sull'interpretazione della norma regolamentare.
In qualche caso, l'ammissibilità è stata rivendicata in nome degli stessi criteri interpretativi usati dalla Presidenza per la norma, come nel caso dell'espunzione del comma 8-octies dall'emendamento Crisci 6.45. Vorrei far notare qui, tuttavia, che questo emendamento reca una disposizione aggiuntiva al comma 1 dell'articolo 8 della legge n. 388 del 2000, volta a consentire a coloro che hanno ottenuto il riconoscimento del diritto al credito di imposta nel corso del 2006 la possibilità di completare l'investimento entro il 2008. Rilevo allora che tale disposizione non si configura come una proroga di termini, bensì come una disciplina di carattere sostanziale, essendo volta a consentire il completamento di investimenti effettuati da parte dei soli soggetti che, pur avendone maturato il diritto, non ne avevano ultimato la realizzazione entro il termine originariamente stabilito. È solo un esempio, Pag. 27e in tutti gli altri casi contestati sono in grado di argomentare la specifica inammissibilità.
È stata sollevata, al contrario, una specifica ammissibilità, che la Presidenza ha conferito all'emendamento 3.500 del Governo, cui ha fatto riferimento per primo il collega Boato. Osservo che si tratta di una norma che accede ad una disposizione già contenuta nel testo e come tale non può essere considerata non strettamente attinente alla materia del decreto-legge, così come previsto dall'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento.
Dunque, per queste ragioni, ritengo inopportuna una sospensione. Naturalmente, nel caso in cui, prima del voto e sviluppati gli interventi, si determini una condizione, anche in presenza del parere della Commissione bilancio, che faccia richiedere al presidente della Commissione un qualche momento di riflessione per il Comitato dei nove, naturalmente vi si potrà accedere.
Vorrei concludere, sottolineando i due problemi assai rilevanti, che qui sono stati proposti. Uno riguarda davvero la consistenza della pronuncia: capisco che la consistenza è tale da sollevare, per ragioni sostanziali, delle perplessità e dei problemi. Vorrei, tuttavia, invitare a riflettere che non si tratta di alcuna forzatura e che si tratta invece di un'applicazione della norma, che non avrebbe consentito di fare altrimenti, con una violazione palese delle interpretazioni fin qui determinatesi e delle prassi. Vorrei ricordare che noi non possiamo dare vita ad un atteggiamento secondo il quale, attraverso la violazione delle norme, si possa determinare una supplenza di ciò che non si riesce a realizzare attraverso la legislazione ordinaria. Il danno sarebbe assai peggiore del beneficio.
Raccolgo qui invece le sollecitazioni, che sono venute da molti interventi, per operare, anche con la Giunta per il regolamento, un approfondimento, affinché si determini certezza dei tempi e degli itinerari nella legislazione ordinaria ed affinché i problemi che hanno effettivamente queste urgenze non vengano derubricati dal cattivo funzionamento della nostra Assemblea.
Questa sollecitazione è una sollecitazione potente, che va raccolta. Io credo che, anche per poterla accogliere, dobbiamo evitare la scorciatoia di una supplenza che renderebbe inaffrontabile il problema.
Il secondo problema, persino istituzionale, è ugualmente rilevante, e il Presidente della I Commissione, Violante, lo ha sollevato con molta forza in una lettera alla Presidenza e nell'intervento in quest'aula, che io condivido.
Noi siamo di fronte, in realtà, ad un vulnus al regime di bicameralismo perfetto, che è nella ispirazione del nostro ordinamento. Questo vulnus è espresso nell'asimmetria tra la Camera e il Senato, rispetto alla ammissibilità degli emendamenti. Questa asimmetria non riguarda, come è stato fatto osservare giustamente, soltanto una menomazione della possibilità di intervento della Camera dei deputati. È forse ugualmente grave, e persino di più, il fatto che sussista una menomazione della facoltà, diritto-dovere, del rappresentante del popolo di rappresentare gli interessi generali e specifici delle popolazioni a cui fa riferimento, condizione che verrebbe menomata rispetto al rappresentante dello stesso popolo in un'altro ramo del Parlamento. È una asimmetria, dunque, che colpisce la Camera e i singoli deputati. È per questo che credo si debba porre mano a questa asimmetria.
Le norme e la prassi consolidata dell'Assemblea (credo che su ciò dovremmo convenire) non consentono di risolvere questo problema, che di fatto dà luogo ad un bicameralismo imperfetto, con una violazione delle norme e dei regolamenti della Camera dei deputati e, per di più, abdicando all'autonomia dell'Assemblea che, infatti, per raggiungere, in questo caso, l'auspicato bicameralismo perfetto, dovrebbe abdicare alle sue prerogative per allinearsi ai comportamenti dell'altro ramo del Parlamento.
C'è un solo modo per affrontare correttamente questo problema: quello di Pag. 28sollecitare - questo è ciò che propongo di effettuare come Presidenza, e a nome dell'intera Camera dei deputati - la Presidenza del Senato (a cui fare pervenire anche la lettera del Presidente della I Commissione), per affrontare il tema della armonizzazione delle norme e dei comportamenti dei due rami del Parlamento rispetto all'ammissibilità.
Discuteremo con la Presidenza del Senato (nel caso, come speriamo e crediamo, questa nostra istanza venga accolta), su come determinare la collaborazione per operare questa armonizzazione, in primo luogo attivando le due Giunte per il regolamento e la loro possibilità di collaborazione, ed eventualmente esperendo anche altre strade. Nel frattempo, penso che la Giunta per il regolamento della Camera dei deputati possa intanto avviare anche quell'intervento puntuale su alcune norme che, difendendo l'ispirazione che abbiamo fin qui praticato, tuttavia consenta di affrontare i problemi che fin qui sono stati posti. Ad oggi, non risultano presentate proposte di modifica del regolamento, volte ad affrontare la questione della ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge, ma, ripeto, noi potremmo affrontare questa sollecitazione.
Passiamo dunque agli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, abbiamo ascoltato con interesse ed attenzione l'intervento da lei appena svolto, apprezzando la correttezza al regolamento da lei richiamata. Inoltre, apprezziamo anche il fatto che da parte sua vi sia la volontà di prendere atto di questo problema e di convocare la Giunta per il regolamento per discutere in proposito. Certamente non possiamo essere d'accordo con la sua decisione di non sospendere i lavori per decidere sul da farsi di fronte a questa situazione, anche perché più volte si è parlato in questa fase di bicameralismo imperfetto. Effettivamente non possiamo che trovarci d'accordo con questa definizione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 12,05)
MAURIZIO FUGATTI. Tuttavia, vorremmo ricordare ai colleghi della maggioranza come non sia la prima volta che in questa legislatura siamo di fronte a quella che noi definiamo una situazione di bicameralismo imperfetto, ovvero all'impossibilità della Camera di tener conto delle prerogative dei deputati di quest'Assemblea. Molte volte ci siamo trovati a prendere atto di decisioni già assunte dal Senato, che siamo stati costretti a ratificare con un voto di fiducia, in merito ad argomenti sui quali non siamo potuti minimamente intervenire in sede di modifiche emendative.
È vero che oggi siamo in una situazione di bicameralismo imperfetto, ma dobbiamo ricordare ai colleghi della maggioranza (e in questo caso la colpa non è di un regolamento da modificare) che altre volte nel corso di questa legislatura siamo stati messi di fronte a decisioni «calate dall'alto» su quest'aula, su cui non abbiamo potuto dire nulla. La responsabilità politica di ciò va ascritta alla maggioranza. Vorremmo che da parte della Presidenza ogni tanto vi fosse anche la presa d'atto di questa situazione, ovvero che il bicameralismo imperfetto esiste in questa legislatura quando siamo costretti a recepire tout court, così come sono, i provvedimenti provenienti dal Senato. Come sappiamo, non è accaduto una volta sola ed accadrà purtroppo anche in seguito. Allora anche in quella sede vorremmo che vi fosse la presa d'atto dell'esistenza del bicameralismo imperfetto in questa legislatura.
Per quanto riguarda il complesso degli emendamenti riferiti al provvedimento, abbiamo prima ascoltato lo speech con cui si dava conto degli proposte emendative inammissibili. Francamente siamo in una situazione di scarsa chiarezza, trovandoci a discutere sul complesso degli emendamenti senza avere avuto praticamente il tempo necessario per capire quali di essi siano stati dichiarati ammissibili.Pag. 29
I principali emendamenti presentati da esponenti della Lega Nord (almeno quelli da noi ritenuti più importanti, come ad esempio le proposte emendative relative alle quote latte) non sono stati dichiarati ammissibili, circostanza che ovviamente critichiamo.
Il provvedimento è molto eterogeneo, trattando molti argomenti ed essendo riferito a tutto ed al contrario di tutto. Scorrendo i vari articoli, si parla di concorsi, di infermieri, di criteri per gli enti di ricerca, di pozzi, di prodotti ortofrutticoli, dell'influenza aviaria, della BSE, dei fertilizzanti, di ISVAP, di ENAC: insomma, si parla un po' di tutto. Si tratta di un provvedimento assolutamente eterogeneo, criticato dallo stesso Comitato per la legislazione. Cito testualmente quanto tale Comitato ha riportato in merito all'eterogeneità di questo disegno di legge: «Il provvedimento reca un contenuto eterogeneo, in quanto le disposizioni in esso presenti incidono su distinti settori dell'ordinamento, risultando unificate dalla sola finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti». Quindi, non siamo solo noi del gruppo della Lega Nord Padania a dire che siamo di fronte ad un provvedimento che tratta di tutto e del suo contrario, ma anche il Comitato per la legislazione. Pertanto, ci sentiamo al di sopra di ogni sospetto di partigianeria sulla valutazione di questo disegno di legge.
Pare che non sia stato accettato l'emendamento da noi presentato sulle quote-latte. Stiamo molto attenti - da parte di chi governa non vi è molta attenzione su determinate tematiche riguardanti l'agricoltura - perché negli ultimi anni, forse anche a causa di un messaggio passato dalle precedenti generazioni, è stato detto ai giovani che devono comunque studiare, andare a fare i direttori, laurearsi, diventare professori e letterati; che chi non studia è un po' meno fortunato di altri. È a nostro modo di vedere un messaggio completamente sbagliato, che va ad incidere anche sulla permanenza dei giovani in agricoltura. Mi permetto di dire questo perché ritengo di essere giovane anch'io e so che molto spesso la permanenza dei giovani nelle imprese agricole è molto difficile per tutta una serie di motivazioni.
Stiamo parlando di un emendamento che riguarda le quote latte e in Padania sono centinaia e centinaia le imprese interessate. Vorrei che tutti ci mettessimo nei panni dei figli di quegli allevatori, che si vedono arrivare l'ufficiale giudiziario per i pignoramenti o comunque per un intervento su quegli allevamenti, e provare a comprendere quale possa essere la volontà e lo spirito con il quale mantengono il loro impegno lavorativo in un settore, quale quello agricolo che, come sappiamo, si sta lentamente e sempre più spopolando di giovani e di nuove generazioni.
L'emendamento da noi presentato aveva non soltanto l'intento di aiutare coloro i quali vengono colpiti da questi provvedimenti, ma anche quello di dare una continuità a quelle aziende (e ai giovani che in esse lavorano) nello svolgimento della loro attività, che è di tradizione e di cultura di grande importanza per il territorio padano, come è il nostro.
Parlando sempre di agricoltura, il comma 3 dell'articolo 2 proroga i termini per il versamento dei contributi da parte delle imprese colpite dalla influenza aviaria. Ne avevamo già discusso nell'ambito di provvedimenti esaminati in precedenza in quest'aula e la Lega Nord aveva aspramente contestato il fatto che venisse richiesto alle imprese l'interesse sui contributi non versati, che erano stati sospesi. Avevamo tratteggiato lo scenario che vive oggi il settore avicolo, che è stato bastonato dai media, dagli scienziati, da tutte quelle teste d'uovo che ci dicevano, non molti mesi fa, che avrebbe dovuto verificarsi una catastrofe con milioni di morti in Italia e in Europa, che vi sarebbe stata una pandemia (se andiamo a cercare sul vocabolario la parola «pandemia», magari non la troviamo neppure!). Questo scenario aveva messo in ginocchio un importantissimo settore del nord Italia, che fa vivere migliaia e migliaia di imprese e che, con i settori collegati, riguarda migliaia di lavoratori. I mass media, insieme alla responsabilità di una certa parte politica, Pag. 30avevano messo in ginocchio questo settore, delineando l'ipotesi di una pandemia con la morte di milioni di persone d'Europa, per cui la gente non mangiava più la carne bianca di polli, anatre e tacchini.
Nel comma 3 dunque quel termine è stato prorogato e questo può anche farci piacere. Ciò che contestiamo è che molto spesso, come è stato fatto nei precedenti provvedimenti approvati, si richiede anche il pagamento degli interessi, come anche che nel provvedimento in esame, discusso in Commissione - se non erro - nelle scorse settimane, si prevede di far pagare la prima rata al 29 dicembre 2006, con riferimento cioè ad una data precedente a quella di approvazione: questa è un po' una incongruenza. Conosciamo le motivazioni di carattere tecnico per le quali si è arrivati a tale decisione, però l'aver deciso in Commissione a gennaio 2007 di far pagare un acconto al 29 dicembre 2006 è quantomeno «curioso».
Il comma 4 dell'articolo 2 riguarda la BSE: noi critichiamo questa norma in quanto prevede la proroga della scadenza e l'ampliamento dei compiti del commissario straordinario del Governo per la BSE. In particolare, il ruolo del commissario è riferito non più alla sola BSE, ma al più generico superamento delle emergenze zootecniche e la sua attività è coperta, per l'intero anno 2007, da una dotazione finanziaria di 150 mila euro. Vorrei rilevare che questa disposizione era già stata inserita nella legge finanziaria e, poi, stralciata dalla V Commissione. Come se non bastasse, la stessa norma è stata riproposta in un progetto di legge che è attualmente all'esame della XIII Commissione. Ora, al fine di avere maggiori e più celeri garanzie riguardo all' approvazione, essa è stata introdotta nel decreto-legge in esame. Vista la pervicacia dimostrata, considerato che allo stato non è in corso alcuna emergenza sanitaria e che, pertanto, la presenza di un commissario straordinario appare quanto meno forzata, si ha l'impressione che le disposizioni in oggetto siano finalizzate più a confermare i relativi incarichi in essere, che non a far fronte a specifici problemi. Quindi, la nostra critica riguarda il fatto che tale norma sia finalizzata più a mantenere in vita il ruolo del commissario, che non a risolvere gli specifici problemi del settore.
Vi è poi un'altra disposizione riguardante l'autotrasporto. Provengo da una regione in cui quello dell'autotrasporto è un settore importante e, visto che il provvedimento in esame tratta di tutto e del contrario di tutto, mi permetto di sottoporre all'attenzione dell'Assemblea un problema molto serio, che sta vivendo il settore dell'autotrasporto italiano in genere. Da quando sono entrate in vigore le nuove disposizioni dell'Unione europea siamo di fronte ad un'invasione di automezzi stranieri sulle nostre strade. Basta fare un giro sulle autostrade del nord Italia e osservare i veicoli che percorrono le nostre strade: i mezzi di autotrasporto e gli autoarticolati italiani sono sempre in minor numero, perché siamo di fronte a una concorrenza portata avanti dagli autotrasportatori dei paesi dell'est (in particolare, mi riferisco alla Repubblica Ceca, alla Croazia e alla Slovacchia). Oggi per tante aziende è più conveniente far trasportare i propri prodotti da imprese dell'est che non da quelle italiane, ciò perché devono affrontare minori costi di manodopera, un minor costo del lavoro e perché il costo del gasolio è del tutto inferiore. Per queste ragioni, sono in grado di fare concorrenza alle nostre imprese di autotrasporto. Ciò assume rilevanza anche sul fronte della sicurezza. Sulle nostre autostrade non ci sono più solamente i mezzi delle nostre imprese di autotrasporto (che sono, comunque, moderni e all'avanguardia), ma mezzi obsoleti che provengono da paesi dell'est Europa, sui quali poco si conosce in merito allo stato di sicurezza (quindi, vi è un problema di sicurezza stradale).
Sappiamo che vi sono diverse manifestazioni di protesta da parte delle imprese di autotrasporto, che riguardano anche questo aspetto. Mentre una volta fare il camionista in Italia era un lavoro vantaggioso, perché soprattutto chi si recava all'estero percepiva anche buoni guadagni, adesso ciò non accade più: le nostre imprese Pag. 31sono costrette a trasferirsi nei paesi dell'est e a licenziare gli autotrasportatori italiani per rimanere concorrenziali. Questo è un aspetto che, prima o poi, il Parlamento dovrà affrontare ed è sicuramente importante, visto che si è parlato di trasporto.
La Commissione ha, inoltre, approvato l'emendamento Adenti 1.10. Non so se lo ritroveremo all'interno del provvedimento, ma il fatto che la Commissione lo abbia approvato è alquanto grave. Tale emendamento, infatti, verte in materia di costi della politica e riguarda in particolare il condono previdenziale per i politici e i sindacalisti. In campagna elettorale, a pagina 21 nel programma de L'Ulivo, si parlava di ridurre i costi della politica.
In Commissione abbiamo visto che è stato approvato questo emendamento, che si occupa di tutto, tranne che della riduzione dei costi della politica.
Vedremo se ritroveremo questo emendamento durante l'esame in Assemblea, però il fatto che qualcuno abbia pensato di riproporlo per farlo votare è già qualcosa di negativo.
Dichiaro pertanto il nostro voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, siamo nella fase degli interventi sul complesso degli emendamenti, anche se, dopo che si è abbattuta la mannaia della Presidenza, dovremmo definire questa sessione dei nostri lavori parlamentari come quella degli interventi sulla «rimanenza» degli emendamenti.
Credo che in questa occasione possiamo ripercorrere alcune delle considerazioni che sono state svolte in precedenza dal presidente Violante e dai colleghi, che hanno parlato precedentemente in ordine alle scelte che la Presidenza ha inteso operare, restringendo il numero degli emendamenti in base al criterio di ammissibilità.
Signor Presidente, esponenti del Governo, colleghi, credo che esista una questione di disparità di trattamento tra Camera e Senato. I colleghi senatori hanno effettivamente una facoltà maggiore di incidere sul processo legislativo ed un maggior potere emendativo. È evidente che in Senato, essendoci esigenze di natura politica in ordine agli equilibri tra maggioranza ed opposizione ed essendo lo scarto tra maggioranza ed opposizione assai esiguo in termini numerici, esiste una convenienza politica del Governo ad accettare certe modifiche e, di conseguenza, emerge anche una posizione differente della Presidenza del Senato in ordine all'ammissibilità di emendamenti al testo, il che permette ai senatori una maggiore incisività sul processo legislativo. C'è una diversità di interpretazione sui criteri di ammissibilità da parte della Presidenza del Senato tout court, al netto della convenienza politica dell'accoglimento o meno di determinate modifiche ai testi legislativi.
Sta di fatto, signor Presidente, che se ciascuno di noi, che abbiamo presentato emendamenti che sono stati «cassati» dalla Presidenza per estraneità di materia, volesse cercare di essere incisivo, attraverso una proposta emendativa, nel corso dell'esame di questo decreto denominato «mille proroghe», che per sua natura - vi è stata anche una dichiarazione di inammissibilità da parte della Presidenza in tal senso - presenta una eterogeneità di materie, essendo un decreto omnibus, dovremmo prevedere nel regolamento della Camera la possibilità di trovare un amico o un collega al Senato in grado di portare avanti il nostro emendamento.
È evidente che questa è un'anomalia grave, che va sanata. Mi fa piacere che il Presidente Bertinotti abbia riaperto la questione, che era stata peraltro già sollevata da diversi colleghi di maggioranza e di opposizione, relativamente al rilancio dell'iniziativa all'interno della Giunta per il regolamento per verificare la possibilità di mettere in campo delle proposte regolamentari che possano disciplinare meglio questo tema delle inammissibilità, ma è altrettanto evidente che non possiamo continuare a trovarci nella stessa identica Pag. 32situazione vissuta durante l'esame della legge finanziaria, quando materie che erano state dichiarate inammissibili all'interno della Camera dei deputati, erano state poi inserite dal Senato della Repubblica e erano state infine approvate dalla Camera dei deputati in terza lettura.
È evidente che su questo versante esiste una discrasia, una disparità di rapporto tra la Camera e il Senato ed è altrettanto evidente che questo non può essere accettato in un sistema di bicameralismo perfetto!
Emerge, dunque, una questione di carattere costituzionale, ma anche - insisto, Presidente - di carattere politico, per quanto riguarda il mio emendamento (l'ho fatto già presente all'inizio della discussione).
Non posso non rilevare ancora una volta che l'emendamento 6.28 ha certamente come unico firmatario il sottoscritto, ma anche che esso ha una sua storia in quest'aula ed in Commissione lavoro. Dunque, formulo un rilievo di merito sulla scelta della Presidenza di dichiararlo inammissibile per estraneità di materia, perché non prevede esclusivamente la proroga dei termini o perché tende a modificare la legislazione vigente.
Infatti, sull'emendamento in questione - l'ho detto e lo ripeto - vi è stata una convergenza unanime della XI Commissione della Camera dei deputati. Nella sua formulazione originaria tale emendamento era nato su iniziativa del gruppo di Forza Italia, ma era stato sottoscritto da tutti i colleghi presidenti di gruppo di tutte le forze politiche in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge sulla previdenza complementare, che, come tutti voi sapete (anche questo è stato oggetto di una mia contestazione formale in aula) è stato fatto decadere dal Governo: non è stato calendarizzato dopo che per un'intera settimana la Commissione lavoro si era pronunciata, aveva lavorato e votato su quel decreto.
La materia della previdenza complementare è delicata ed il Governo ha operato una scelta politica di fondo, con conseguenze importanti sul bilancio, sul trattamento di fine rapporto, sulle prospettive previdenziali che riguardano milioni di lavoratori.
Ebbene, su questa scelta e su questo provvedimento vi era stato il pronunciamento unanime della Commissione lavoro. Il decreto - lo ripeto - era stato lasciato decadere e la normativa era stata assorbita in sede di esame del disegno di legge finanziaria; in sede di terza lettura alla Camera dei deputati della finanziaria, la Commissione lavoro ancora una volta aveva deciso di riformulare, di ripresentare e di riapprovare la proroga dei termini dell'adeguamento degli statuti dei fondi pensione complementari privati al 31 marzo, anziché al 31 dicembre 2006.
La Commissione bilancio non aveva preso in considerazione questo testo trasmesso dalla Commissione lavoro; si era arrivati in Assemblea, dove era stata posta la questione di fiducia e, ancora una volta, la Camera dei deputati era stata espropriata della propria facoltà di discutere serenamente, seriamente ed approfonditamente su questo testo.
Il Governo stesso non si era fatto carico - non avrebbe potuto farlo, pena la quarta lettura del provvedimento al Senato - di accogliere questa indicazione proveniente dalla Commissione lavoro. Dunque, si scelse l'unica via possibile, ossia quella dell'ordine del giorno presentato a firma mia e di altri colleghi di maggioranza e di opposizione, che chiedeva al Governo di impegnarsi, nella prima occasione possibile (e quale altra, se non questa, avrebbe potuto essere la prima occasione disponibile?) a modificare questa normativa. Ora però la Presidenza ha praticamente soppresso questo emendamento, adducendo un'ipotetica inammissibilità dello stesso.
Vediamo anche che il Governo, in Commissione di merito, non soltanto non ha recepito le indicazioni contenute nell'ordine del giorno accolto, ma non ha nemmeno recepito il parere che in sede consultiva è stato espresso dalla Commissione lavoro.
Ricordo in questa sede ciò che la Commissione lavoro ha espresso nel suo Pag. 33parere. Nella parte relativa ai considerata, la Commissione sostiene: «(...) ricordato altresì che l'ordine del giorno n. 9/1746-bis-B/89 - presentato al disegno di legge di bilancio e accolto dal Governo il 21 dicembre 2006 - impegnava il Governo ad adottare iniziative normative al fine di consentire ai lavoratori di scegliere, dal 1o gennaio 2007 tra tutte le diverse forme pensionistiche complementari, aumentando, così, l'offerta e la concorrenza in questo settore; esprime parere favorevole con le seguenti queste osservazioni (...)». Inoltre, tra le osservazioni la seconda recita: « (...) valuti la Commissione di merito l'opportunità di inserire nel decreto-legge disposizioni volte a permettere alle forme di previdenza complementare di ricevere nuove adesioni, anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del TFR, dal 1o gennaio 2007, fermo restando l'obbligo di procedere agli adeguamenti di cui alle lettere a) e b) del comma 3 dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 252 del 2005 entro il 31 marzo del 2007».
È evidente che di questo parere, signor Presidente, non si è voluto tenere conto e probabilmente, nella foga di dover cassare una enorme quantità di proposte emendative, non si è tenuto conto delle priorità politiche, degli impegni del Governo, persino del parere unanime della Commissione lavoro.
Dal punto di vista personale, esprimo il mio rammarico per aver presentato questo emendamento. Esprimo solidarietà al presidente della Commissione lavoro e agli altri colleghi che in tutti questi mesi hanno continuato a lavorare su un testo che è stato presentato oggi in aula, testo del quale il Governo si è infischiato, a prescindere anche dall'inammissibilità dichiarata dalla Presidenza della Camera in questa sede.
Certo, alcune domande sorgono spontanee. Crediamo che la questione della «pulizia» del testo legislativo e l'adeguamento alla materia di cui il provvedimento del Governo è oggetto siano in via di principio dei valori legislativi che vanno salvaguardati.
Riteniamo che la questione delle inammissibilità delle proposte emendative che esulano dalla materia in oggetto sia un atto dovuto da parte della Presidenza e che questa operazione sia in una certa misura alta e nobile. Crediamo che le regole debbano essere chiare, che i testi legislativi debbano essere «puliti» e che questo Parlamento debba lavorare in maniera efficace, che i parlamentari debbano attenersi al testo, che non si debba inserire in un grande calderone tutto e il contrario di tutto. Tutto ciò è giusto.
In qualche misura riteniamo apprezzabile il fatto che siano state colpite anche delle proposte emendative presentate dal Governo e dalla maggioranza. Non crediamo che ci sia stato sotto questo aspetto uno strabismo, almeno dal mio punto di vista. Penso che sia stato fatto un lavoro sostanzialmente onesto, anche se contestabile, secondo alcuni aspetti di merito.
In questo caso utilizzo il tempo a mia disposizione per contestare la scelta fatta rispetto al mio emendamento, che poteva essere lasciato indenne da questa «mannaia». Però, signor Presidente, mi permetta di svolgere una considerazione di carattere più generale. Credo che il sospetto su tale scelta - se sia stata fatta per snellire i tempi di questa discussione, anche se poi nei fatti ciò è difficile da dimostrare, o se invece si sia voluto evitare di dare grane al Governo, a fronte di una serie di emendamenti provenienti dalla maggioranza - possa essere considerato in parte legittimo.
Credo che, dopo una finanziaria di 1.400 commi, signor Presidente, forse, un'applicazione così rigorosa dell'inammissibilità finisca per stonare e che un provvedimento come questo, che viene analizzato per mezza giornata dalla Commissione di merito e per due ore e mezza, quasi tre ore, dalla Commissione bilancio, meriterebbe una discussione più approfondita. Molte sono quindi le perplessità riguardo a tale questione.
Prendo, comunque, atto della scelta della Presidenza che, in questo caso, mi Pag. 34pare assolutamente irrevocabile, anche se, signor Presidente, la speranza è l'ultima a morire.
Concludo rilevando che, malgrado sia stata operata una scelta d'ufficio, è evidente a tutti - ci tengo a farlo presente anche ai colleghi della Commissione lavoro, che hanno contribuito alla redazione di questo testo - che il Governo non è stato capace, neanche in questa sede, di offrire un segnale di accoglimento su questa specifica materia.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Brigandì, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fitto. Ne ha facoltà.
RAFFAELE FITTO. Signor Presidente, penso che questa discussione sul complesso degli emendamenti sia fortemente condizionata da quanto è accaduto questa mattina e, prima di esprimere alcune considerazioni nel merito, vorrei fare alcune considerazioni sui temi introdotti in questo dibattito, riferendomi sia, più in generale, al ruolo del Parlamento, sia alle modalità per le quali, oggi, i deputati che, arrivati puntuali questa mattina, hanno ritirato una copia degli emendamenti presentati al provvedimento al nostro esame, si sono poi ritrovati di fronte ad una situazione completamente modificata.
È sicuramente questo un dato incontestabile, rispetto al quale mi auguro che le conclusioni del Presidente Bertinotti non siano di rito e che si possa ritrovare, invece, un'opportunità e un intervento concreto volto a ripristinare un ruolo reale di questo Parlamento su questo tipo di provvedimenti. La situazione che si presenta oggi è di oggettivo imbarazzo, anche perché non vi è dubbio che, nell'ambito di questo decreto-legge, vi sono una serie di disposizioni che sono oggetto di modifiche di provvedimenti già inseriti nella legge finanziaria. Tale situazione dà la sensazione ed è la dimostrazione, non solamente della difficoltà che ogni parlamentare ha nel lavorare con queste modalità, ma anche un po' della schizofrenia politica da parte del Governo. Dobbiamo ricordare che le questioni e le modifiche collegate alla legge finanziaria non sono questioni di sei mesi fa o di due mesi fa, ma di pochi giorni, se è vero, come è vero, che la legge finanziaria è stata profondamente modificata con il maxiemendamento, sul quale è stata posta la fiducia su al Senato.
Allora, penso sia importante recuperare quello spirito che ha caratterizzato il dibattito in Commissione e in aula. Mi fa molto piacere avere ascoltato considerazioni sostanzialmente convergenti, oltre che da parte dei colleghi dell'opposizione, anche da parte di quelli della maggioranza, soprattutto riguardo alla necessità di recuperare questo ruolo, per evitare che ognuno di noi si possa sentire, anche nel rapporto con l'elettorato, un parlamentare di «serie B», pensando al fatto che alcuni emendamenti, anche molto importanti nel merito, se ripresentati, nei prossimi giorni, potrebbero trovare accoglimento al Senato.
Quello in esame non è, come è stato ricordato, un provvedimento di proroga; anzi, se andiamo a vedere quello che è accaduto, possiamo dire serenamente che molte delle questioni, quasi la maggioranza, cominciano ad assumere aspetti di merito che nulla hanno a che vedere con la proroga dei termini.
Anche il titolo di questo disegno di legge rischia di non essere corrispondente al contenuto del provvedimento, se è vero, com'è vero, che al suo interno sono inserite una serie di questioni di merito che vanno ben oltre.
Vorrei fare un'unica considerazione critica nei confronti delle parole conclusive del Presidente Bertinotti rispetto al dibattito che si è svolto questa mattina. Penso che la valutazione di ammissibilità dovrebbe seguire criteri più o meno simili, ma molti emendamenti dichiarati inammissibili, presentati da singoli parlamentari e da singoli gruppi, non sono diversi, rispetto alla metodologia e ai contenuti, da alcuni emendamenti del Governo, dichiarati invece ammissibili.
Ritengo che questo sia un elemento di ulteriore mortificazione del ruolo del Parlamento Pag. 35e dei parlamentari, che sia utile ed importante cercare, su tali questioni, di approfondire il tema, soprattutto per consentire che le discussioni possano dare prospettive concrete.
Desidero soffermarmi rapidamente su una questione che assume una rilevanza anche di carattere politico. Non vorrei che, superata l'attenzione che si presta a certi problemi durante la discussione della legge finanziaria, la soluzione degli stessi venisse rimandata all'anno successivo, alla nuova legge finanziaria. Infatti, alcune questioni che erano state sospese, rinviate e aggiornate ritornano di grande attualità, proprio per la difficoltà che il Parlamento ha oggi a discutere nel merito provvedimenti legislativi ordinari, e, inevitabilmente, devono essere inserite nell'ambito di questa discussione.
Senza ripetermi nel merito, vorrei richiamare alcuni emendamenti, che ho avuto modo di leggere e di condividere, dei colleghi Misuraca e Marinello, per esempio, che riguardano settori strategici ed importanti e che sicuramente non potevano essere dichiarati inammissibili alla luce dell'ammissione di altri emendamenti che, sostanzialmente, seppur su temi diversi, riguardavano il merito, non la proroga di termini.
La mia considerazione ha una rilevanza territoriale, non per una seria, quanto inutile, polemica di carattere politico, ma perché, anche alla luce del testo varato dal Consiglio dei ministri sulla riorganizzazione del sistema delle autonomie locali, sulle città metropolitane e sul ruolo delle province, ritengo sia utile ottenere dal Governo una parola di chiarezza su un aspetto che non è più oggetto di questa discussione a causa dell'intervento della Presidenza della Camera. Non possiamo continuare a dividerci sul territorio in modo strumentale, perché questi temi devono essere affrontati con molta serietà.
Mi riferisco, in modo particolare, alle risorse assegnate per l'istituzione delle nuove province. Su questo aspetto la Commissione aveva assunto un atteggiamento corretto - voglio darne atto alla relatrice, al presidente e ai componenti della Commissione - e aveva recepito un emendamento che, sostanzialmente, faceva «rivivere» le risorse che erano state sospese ed erano, quindi, passate nei residui, con la scorsa legge finanziaria, dando attuazione al provvedimento inserito nella legge finanziaria che istituiva alcune nuove province.
Mi rivolgo al Governo: serve un una parola di chiarezza. Dobbiamo sapere se questo Governo vuole realmente mettere a disposizione di questi territori e, in modo particolare, di Monza, Fermo e Barletta-Andria-Trani, le risorse disponibili per l'istituzione di nuove province, o se, invece, assumendosi le proprie responsabilità, mette fine a questa vicenda, spiegando che, in questa riorganizzazione, non si vuole più continuare o non si vuole più istituire una nuova provincia in quel territorio, perché cambierebbe lo scenario. In Commissione, infatti, era stato accolto l'emendamento di cui parlavo, che ripristinava l'utilizzo di quelle risorse per l'istituzione della provincia.
Nel frattempo, le contraddizioni sono clamorose, perché i commissari nominati per l'istituzione di quelle province si muovono, nel confronto con il territorio, senza avere le risorse disponibili e senza avere una certezza di ciò che dovrà accadere.
Penso che quanto accaduto a causa della dichiarazione di inammissibilità di questo emendamento da parte della Presidenza e, quindi, l'aver stralciato il comma 8-septies dal provvedimento modificato dalla Commissione, creando una condizione per la quale oggi abbiamo la certezza assoluta di non avere le risorse disponibili per l'istituzione di queste nuove province, meriti, da parte del Governo, una posizione chiara.
Il Governo non si può nascondere dietro aspetti tecnici. Peraltro - affermo ciò con tutto il rispetto per il lavoro compiuto, a livello tecnico, dalla Presidenza del Camera sull'ammissibilità delle proposte emendative -, nutro qualche perplessità rispetto ai contenuti di altre proposte.
Infatti, se il decreto-legge oggi in esame fosse stato esclusivamente un provvedimento Pag. 36di proroga di termini, ritengo che, se la Presidenza della Camera avesse voluto ritenere inammissibile la proposta emendativa, approvata in Commissione, con la quale si è introdotto il comma 8-septies dell'articolo 6 (con cui sono state rese nuovamente disponibili alcune risorse finanziarie), avrebbe adottato un atteggiamento corretto, poiché tale disposizione andava oltre la proroga di termini. Sappiamo, tuttavia, che, all'interno del presente decreto-legge, sono contenute norme che sono il risultato dell'approvazione di proposte emendative presentate dallo stesso Governo. Ebbene, vorrei rilevare che dette disposizioni non solo stabiliscono una proroga di termini, ma utilizzano risorse finanziare (spostandole da un capitolo di bilancio all'altro) e compiono scelte di merito che vanno ben oltre le questioni di carattere formale riferite ai termini indicati. Ritengo importante, allora, sottolineare oggi questo dato.
Come affermato all'inizio del mio intervento - lo dico senza eccedere nella polemica, ma spero che il rappresentante del Governo me lo consenta e ne prenda atto -, dunque, occorre evidenziare un atteggiamento «schizofrenico», da parte dell'Esecutivo, su tali questioni. Reputo utile ed importante, allora, fare chiarezza.
Penso occorra fare altrettanta chiarezza su altre questioni, come ad esempio quella sollevata dal deputato Crisci, che ho personalmente approfondito. Mi trovo d'accordo con il collega perché si tratta non di avere posizioni politiche diverse, ma di far emergere un po' di buonsenso.
Se è prevista un scadenza - il 31 dicembre 2006 - per quanto concerne l'utilizzo da parte delle imprese, in modo particolare nel Mezzogiorno, del credito di imposta, allora credo che si sarebbe potuta usare la stessa accortezza con la quale ci si era mossi in sede di Commissione: infatti, si sarebbe potuta stabilire la possibilità di prorogare i termini condizionandola, giustamente, al parere favorevole dell'Unione europea, perché si rientra nel regime degli aiuti.
Pertanto, si sarebbe potuto predisporre un intervento che, seppur condizionato da tale passaggio, avrebbe potuto risolvere un problema, fissando una proroga, che ritengo ragionevole, fino al 31 dicembre 2008.
Anche in questo caso, credo che il ruolo del Governo e, soprattutto, della Presidenza della Camera nel dichiarare inammissibili tali proposte emendative avrebbe avuto un senso, e sarebbe stato «inattaccabile», se oggi si valutassero questi interventi in modo «asettico», limitandosi al contenuto degli interventi stessi.
Purtroppo, oggi dobbiamo riconoscere che sono state adottate alcune scelte che non hanno molto di «tecnico» - anzi, forse nulla -, ma che, al contrario, hanno molto di «politico». Ritengo utile e necessario, pertanto, sottolineare queste decisioni, perché su tali questioni non basta svolgere soltanto una discussione in Assemblea.
Ritorno, quindi, al concetto iniziale, oggetto del dibattito svolto questa mattina e delle giuste considerazioni formulate non solo dal presidente Violante, ma anche da tutti i deputati intervenuti, compreso l'onorevole Boscetto, nostro capogruppo in Commissione affari costituzionali. Questa mattina, infatti, ho letto alcuni interventi svolti nel corso della discussione sulle linee generali, cui non avevo partecipato.
Penso che, in quella sede, la relatrice, il collega Boscetto, il presidente Violante, il collega Zaccaria e tutti i deputati componenti la I Commissione abbiano avuto il merito di rappresentare, in forma evidente e chiara, quale sia la grande contraddizione che è esplosa questa mattina, nel momento in cui sono stati dichiarate inammissibili, dalla Presidenza della Camera, ben settantanove proposte emendative.
Tale contraddizione, infatti, non ci mette in condizione di lavorare in modo adeguato e, soprattutto, ci induce inevitabilmente ad aprire una polemica. Ho voluto segnalare solo alcuni elementi, ma risulta evidente come oggi non possiamo non denunciare una responsabilità di carattere politico del Governo.Pag. 37
Non mi sembra si tratti di un atteggiamento strumentale o eccessivamente e volutamente polemico: è l'atteggiamento sereno di chi prende atto del fatto che, nell'ambito del provvedimento in esame, sono state compiute scelte di un certo tipo.
Quindi, le imprese agricole o del settore della pesca (ricordate dai colleghi del gruppo di Forza Italia precedentemente intervenuti), coloro che operano nel territorio delle tre province recentemente istituite (i quali oggi si trovano sicuramente di fronte al problema di non poter utilizzare delle risorse finanziarie) e gli imprenditori cui ho precedentemente fatto riferimento - vale a dire quelli interessati dalla proposta emendativa del collega Crisci approvata in Commissione, da me condivisa, concernente la possibilità di prorogare i termini per la fruizione del credito d'imposta - sono le fasce sociali del nostro Paese che oggi subiscono una mortificazione giustificata non dall'inammissibilità tecnica degli emendamenti, ma da scelte di carattere politico che noi, in questo contesto, intendiamo sottolineare e denunziare. Ciò perché ritengo che tali scelte dimostrino, in modo molto chiaro, l'esistenza di un atteggiamento che non può essere condiviso.
Allora, mi auguro - e concludo, signor Presidente - che il Governo dimostri attenzione e, soprattutto, che agli auspici con i quali il presidente Bertinotti ha chiuso il dibattito sviluppatosi in precedenza, per recuperare un ruolo, sia dato un seguito immediato e rapido, affinché non ci si ritrovi, da qui a breve, nella stessa situazione.
Nel corso di questa mia prima legislatura come deputato, ho proposto considerazioni analoghe in occasione dell'esame di alcuni decreti-legge (in particolare, del cosiddetto decreto Bersani) e le ho ribadite in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria. Nel ripeterle oggi, spero, alla luce del dibattito e delle considerazioni che sono emerse, in modo bipartisan, di non doverle riproporre in futuro. Anche se non voglio essere pessimista, temo, però, sulla base di un dato politico evidente, che i problemi segnalati si riproporranno: in considerazione della consistenza numerica della maggioranza (non in quest'aula, ma al Senato), il Governo è necessariamente costretto, diciamo così, a spostare il tiro, a presentare provvedimenti che, non consentendo un dibattito approfondito e la conseguente approvazione nei modi ordinari, evitano di affrontare di volta in volta il tipo di contesto che si è determinato.
Ad ogni modo, mi auguro che il mio auspicio possa realizzarsi. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lussana, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, il mio sarà un intervento breve: so di avere mezz'ora a disposizione, ma non penso di impiegare così tanto...
PRESIDENTE. Non dispone di mezz'ora, onorevole La Loggia, ma di quindici minuti.
ENRICO LA LOGGIA. È meglio, signor Presidente, anche perché ne utilizzerò molti di meno.
Credo che le argomentazioni che mi accingo a sviluppare siano di qualche interesse. Prendendo spunto dal dibattito svoltosi stamani, causato dalla decisione, presa molto opportunamente dal Presidente Bertinotti, di espungere dal testo in esame alcune parti e di dichiarare inammissibili numerose proposte emendative, desidero formulare un invito preciso - la prego, Presidente Castagnetti, di volerlo riferire al Presidente Bertinotti, qualora egli non stesse seguendo il dibattito dalla sua stanza -, in considerazione del fatto che questo è un momento di svolta per l'attività del Parlamento, e di questa Camera in particolare.
La diversità delle previsioni normative contenute nei regolamenti della Camera e del Senato fa parte della tradizione parlamentare Pag. 38e costituzionale di questo paese e, quindi, non c'è alcunché da eccepire: che ciascuna Camera sia autonoma e, di conseguenza, libera di disciplinare i propri lavori e le proprie competenze secondo i criteri che predilige non può e non deve essere messo in discussione.
Nel caso specifico, mentre vi è una norma espressa nel regolamento della Camera, non ve n'è una altrettanto chiara ed espressa nel regolamento del Senato in ordine alle decisioni da assumere circa l'ammissibilità o meno di proposte emendative volte ad introdurre nei decreti-legge materie estranee rispetto a quella che ne costituisce oggetto.
Tuttavia, la constatazione di questo fatto non può risolversi in una mera discussione anche dotta e appassionata, come quella che, in questa Assemblea, si sta svolgendo e si è svolta, in particolare su questo tema, nella prima parte della mattinata, senza che ne sia tratta una doverosa conseguenza. L'invito che mi sento di formulare al Presidente Bertinotti è quello di rendere chiaro ed esplicito all'esterno di questa Assemblea, sia nei confronti del Governo, sia nei confronti dell'opinione pubblica, in generale, sia nei confronti dell'altro ramo del Parlamento - al quale il messaggio non può non arrivare ben chiaro -, che, laddove fossero reintrodotte norme che qui sono state giustamente e legittimamente espunte e il decreto-legge dovesse tornare al nostro esame, la Camera dei deputati, nella sua massima espressione, quella del Presidente, che tutti rappresenta, non potrà non comportarsi assolutamente in coerenza con le decisioni assunte oggi, nella prima fase dell'esame del disegno di legge di conversione. Neppure potrà essere avanzata come giustificazione la circostanza che, magari, ci sono ragioni di tempo e che, in vista della scadenza dei termini costituzionalmente previsti per la conversione in legge, il decreto-legge giunge troppo in ritardo e non è possibile effettuare un nuovo passaggio al Senato. Se tutto questo è affermato oggi, con chiarezza, dal Presidente della Camera, dall'alto del suo ruolo istituzionale, per mettere un limite, un paletto, un confine rispetto a questo argomento, credo che si tratti di cosa doverosa, per un verso, e giusta, per un altro verso. Perciò, laddove il Senato dovesse apportare modifiche che fossero in contrasto con le nostre regole, con le norme contenute nel nostro regolamento, il Presidente Bertinotti non potrà non espungere nuovamente quelle modifiche e in tal modo il Senato si troverà costretto a esaminare il provvedimento in quarta lettura.
Tutto questo costituisce una argomentazione tecnica e giuridica, ma non solo. È ovvio, infatti, che su tutto questo è necessario svolgere una valutazione di carattere politico e procedimentale ed è altrettanto ovvio che la scelta compiuta non può essere messa in discussione in altra sede, per quanto autorevole e a questa equiparata, in maniera tale da rendere vana la nostra scelta. Ma se è così - e non può non essere così - deve essere detto con chiarezza che da parte di questo ramo del Parlamento una decisione assunta legittimamente e doverosamente dal Presidente non può essere smentita, soprattutto dallo stesso Presidente. Nel momento in cui questo dovesse accadere, infatti, noi ci dovremmo ricordare, purtroppo, del dibattito che si sta svolgendo in questo momento. Io non potrò non ricordare quanto sto chiedendo in questo momento, e credo legittimamente, al presidente Bertinotti e, perciò, sarò costretto - lo farò sicuramente a malincuore - a richiamare la Presidenza alla coerenza dei suoi comportamenti.
Questo mi sentivo di dire perché, domani, qualcuno non abbia, eventualmente, qualche dubbio in ordine alla linearità dei comportamenti della Camera dei deputati; francamente, mi sentirei di non poterlo condividere, né ora, né mai. Credo che ogni Camera sia autonoma e libera di agire secondo le proprie regole, ma ritengo che non possa e non potrà più accadere quanto, purtroppo, è accaduto in passato, in qualche circostanza, e cioè che una Camera prevalga, attraverso le proprie norme, sull'altra. Ci sono alcune regole che sovrintendono alla accettazione o alla Pag. 39reiezione di alcuni argomenti e gli emendamenti da espungere sono scelti non a caso, discrezionalmente o in maniera saltuaria e non continua, secondo un ragionamento coerente da parte del Presidente della Camera. Questo non lo posso credere.
Anzi, ho motivo di apprezzarlo quando, coerentemente, svolge questo suo lavoro, indipendentemente dal fatto che una richiesta di questo tipo venga avanzata dalla maggioranza o dall'opposizione. Preferisco il doveroso l'equilibrio rispetto ad una scelta di parte. Ma, electa una via, non datur recursus ad alteram! Cioè, non potrà accadere che si venga a riconsiderare una decisione già presa.
Ciò volevo evidenziare, signor Presidente, invitandola a rappresentare al Presidente Bertinotti queste mie argomentazioni, in quanto ritengo lo potranno sicuramente aiutare - provenendo da un'esponente dell'opposizione - nell'assumere la scelta più giusta rispetto a tale questione.
PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, rappresenterò al Presidente Bertinotti la sua richiesta, ma temo che il nostro riferimento sia la Costituzione. Il suo è un auspicio che ha valore politico; non credo abbia il conforto anche della costituzionalità, in quanto così come la Costituzione tutela la nostra autonomia, tutela anche l'autonomia dell'altro ramo del Parlamento.
In ogni caso, il Presidente Bertinotti sarà informato del suo suggerimento.
ENRICO LA LOGGIA. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, le do la parola, ma non vorrei che si aprisse un dibattito su tale argomento.
Prego, ha facoltà di parlare.
ENRICO LA LOGGIA. So bene cosa prevede la Costituzione, visto anche il mestiere che svolgo al di fuori del Parlamento, ma un atteggiamento di coerenza nel senso da me invocato non compromette affatto la corretta lettura della Costituzione.
Se si avverte che una scelta compiuta non potrà che essere ripetuta, qualcuno ne dovrà pure tenere conto, senza violare alcuna norma costituzionale.