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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, recante disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio (A.C. 2112) (ore 12,39).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, recante disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2112)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la VI Commissione (Finanze) s'intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, deputata Leddi Maiola, ha facoltà di svolgere la relazione.
MARIA LEDDI MAIOLA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la materia trattata nel presente provvedimento si caratterizza per una notevole tecnicità che rende estremamente difficile elaborare un'operazione di sintesi degli argomenti. Svolgerò, pertanto, un intervento che delineerà l'essenza del provvedimento e lascerò agli atti la relazione, che più dettagliatamente entra nello specifico della materia.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, iniziamo oggi l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 297, emanato dal Governo alla fine del dicembre 2006, che reca disposizioni urgenti al fine di recepire le direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia di accesso alle attività svolte dagli enti creditizi e disposizioni di adeguatezza patrimoniale per le imprese di investimento. Nel provvedimento sono, altresì, previsti interventi in materia di assistenza a terra negli aeroporti, di istituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani e sul prelievo venatorio.
Come si evidenzia dallo stesso titolo del decreto-legge, il provvedimento ha carattere eterogeneo ma non disomogeneo. Infatti, si tratta di un provvedimento complesso, teso a recepire in parte direttive comunitarie o, per altro verso, a rispondere a disposizioni comunitarie, e, quindi, volto a riallineare complessivamente la normativa del nostro paese a disposizioni comunitarie. Quindi, il disegno di legge persegue l'obiettivo di rispettare, comunque, obblighi comunitari, in adempimento di sentenze o ordinanze, o in recepimento di direttive.Pag. 3
In particolare, gli articoli 1 e 2 sono volti al recepimento delle direttive comunitarie che ho citato e, quindi, ad apportare modifiche anche significative al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ed al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
L'articolo 1 del decreto-legge apporta modifiche al testo unico bancario del 1993, per dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE, con particolare riguardo all'esercizio delle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli istituti di moneta elettronica e sui gruppi bancari, nonché all'attuazione delle misure derivanti dall'Accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria (il cosiddetto Accordo di Basilea II). Tale Accordo stabilisce nuove modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito, basate anche sul metodo dei rating interni. L'applicazione di questa disciplina presuppone un elevato grado di convergenza dei criteri operativi e di cooperazione tra le autorità, posto che le regole sui requisiti minimi di capitale e sul processo di controllo prudenziale dovranno essere applicate sia su base consolidata, sia alle filiazioni presenti in ciascun paese; sarà inoltre necessario un più stretto coordinamento riguardo all'informazione al pubblico da richiedere alle banche.
Per quanto concerne, in particolare, i requisiti minimi di capitale, l'Accordo interviene sul metodo standardizzato per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito, sul metodo dei rating interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito, sul trattamento prudenziale delle tecniche per la riduzione del rischio di credito e delle cartolarizzazioni e sul calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio operativo.
La direttiva 2006/48/CE riproduce in gran parte la disciplina preesistente, ma contiene altresì delle innovazioni estremamente importanti che analizzerò nel prosieguo della relazione. Ricordo inoltre che il termine per il recepimento della direttiva è fissato al 31 dicembre 2006, anche se è previsto che alcune disposizioni particolari di attuazione slittino poi al 1o gennaio 2008. Ricordo, ai fini dei nostri lavori, che la delega legislativa per il recepimento della predetta direttiva nell'ordinamento del nostro paese è contenuta nella legge comunitaria del 2006.
Passando al contenuto specifico dell'articolo 1 del decreto-legge, con lo stesso si modifica in modo anche sostanziale il testo unico bancario, laddove si disciplina lo scambio di informazioni tra la Banca d'Italia e le altre autorità e i soggetti esteri indicati dalle direttive comunitarie. Rispetto alla precedente formulazione - che prevedeva questo scambio come facoltà -, il nuovo testo prescrive tale scambio di informazioni (quindi, da facoltà diventa obbligo), fermo restando il rispetto delle condizioni stabilite dalle pertinenti norme comunitarie.
Si modifica, inoltre, la disciplina dei poteri di vigilanza regolamentare della Banca d'Italia. In particolare, all'autorità di vigilanza è conferito il potere di disciplinare, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, l'informativa che le banche debbono rendere al pubblico sugli altri aspetti rilevanti per la vigilanza di stabilità (adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, partecipazioni detenute, organizzazione amministrativa e contabile, controlli interni).
Per quanto attiene specificatamente la disciplina regolamentare in materia di adeguatezza patrimoniale, viene definito che le disposizioni emanate dalla Banca d'Italia debbano prevedere che, per la valutazione dei rischi, agli effetti del calcolo dei requisiti patrimoniali prescritti per l'esercizio dell'attività bancaria, le banche possano utilizzare sia le valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni - essendo ovviamente in possesso dei requisiti stabiliti dalla stessa Banca d'Italia, che disciplina anche le modalità di accertamento di questi requisiti - sia sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazionePag. 4dei requisiti patrimoniali. Si tratta di sistemi che devono essere preventivamente autorizzati dalla Banca d'Italia e, per le banche sottoposte alla vigilanza consolidata di un'autorità di un altro Stato comunitario, l'autorizzazione è rilasciata da quest'ultima autorità, congiuntamente alla Banca d'Italia, entro sei mesi dalla presentazione della domanda; decorso questo termine, la nuova disciplina prevede che vi provveda la sola autorità estera competente.
È anche modificata la disposizione del testo unico bancario relativamente alle misure che la Banca d'Italia può adottare nell'esercizio delle funzioni di vigilanza regolamentare ed è integrata, a questo fine, la formulazione attuale riguardante i provvedimenti specifici, che possono essere adottati nei confronti di singole banche, per assicurare l'osservanza degli obblighi di adeguatezza patrimoniale, di contenimento del rischio, di detenzione di partecipazione, di organizzazione interna.
Sono poi apportate modifiche anche alle definizioni che rilevano per la disciplina della vigilanza su base consolidata. Con la disposizione innovata, infatti, l'adozione viene estesa a comprendervi le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, il servizio di gestione collettiva del risparmio, attraverso la promozione, l'istituzione, l'organizzazione di fondi comuni di investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti, ovvero la gestione del patrimonio di organismi di investimento collettivo del risparmio, siano fondi comuni che società di investimento a capitale variabile, di propria od altrui istituzione, mediante l'investimento in strumenti finanziari, crediti o altri beni, mobili o immobili.
Viene anche integrata, con il recepimento di questa direttiva comunitaria, la definizione di «società strumentali». Si precisa che la gestione di immobili può riferirsi all'esercizio della proprietà e dell'amministrazione degli stessi e viene altresì stabilito che le disposizioni relative alle banche, che oggi sono contenute nel capo secondo, titolo III del testo unico bancario concernente la vigilanza su base consolidata, si applichino anche agli istituti di moneta elettronica; quindi, come è chiaro, sono apportate sostanziali modifiche.
Un'ulteriore modifica al testo unico bancario è apportata laddove si stabilisce - ed è estremamente importante - la composizione del gruppo bancario. La nuova disposizione, infatti, precisa, relativamente ai gruppi aventi come capogruppo una società finanziaria, che, agli effetti della vigilanza esercitabile dall'autorità nazionale, rileva il gruppo bancario composto dalla società finanziaria capogruppo italiana e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali che questa controlla. Inoltre, il gruppo si qualifica come bancario quando, nell'insieme delle società controllate dalla suddetta società finanziaria, vi sia almeno una banca e le società bancarie e finanziarie abbiano in essa una rilevanza dominante, secondo quanto stabilito dalla Banca d'Italia, in conformità alle delibere del Comitato per il credito e per il risparmio. Una ulteriore modifica è riferita all'articolo 65 del testo unico bancario, comma 1, il quale determina i soggetti inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata.
Vi è una serie di variazioni rispetto alla disciplina precedente: vengono esclusi dal novero dei soggetti a questo titolo vigilato le società finanziarie che hanno sede legale in un altro Stato comunitario e che controllano una capogruppo o una singola banca italiana, le società bancarie, finanziarie e strumentali controllate da queste, nonché le società bancarie finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20 per cento, anche congiuntamente, dalle predette società finanziarie, ovvero anche congiuntamente dalle società bancarie, finanziarie e strumentali controllate, le altre società finanziarie diverse dalla capogruppo e dalle società finanziarie che ho appena indicato, che controllano almeno una banca; sono dichiarate per conseguenza soggette a vigilanza consolidata tutte le società che controllano almeno una banca.
La nuova formulazione consente invece alla Banca d'Italia di disporre, nei confrontiPag. 5di determinati soggetti, l'applicazione delle norme sulla revisione contabile, previste oggi per le società con azioni quotate, come previsto dal testo unico sulla finanza.
Pertanto, a questi soggetti, ancorché non quotati, può essere prescritta la revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell'albo speciale tenuto dalla CONSOB con l'espressione di un apposito giudizio sui bilanci.
Vengono, poi, introdotti rispettivamente gli obblighi di informativa nei riguardi del pubblico, la possibilità di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o da enti esterni, ovvero sistemi di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, approvati sempre dalla Banca d'Italia, in termini corrispondenti a quelli di cui parlavo prima, previsti con riferimento alla vigilanza sulle banche.
Un ulteriore intervento è previsto sull'articolo 68 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in relazione al potere di vigilanza ispettiva della Banca d'Italia nei riguardi dei gruppi bancari. È introdotta una nuova previsione per cui la Banca d'Italia può consentire che autorità competenti di altri Stati comunitari partecipino, ovviamente per i profili di loro interesse, alle ispezioni presso le capogruppo, nel caso in cui queste abbiano società controllate sottoposte alla vigilanza delle medesime autorità.
È poi modificata la norma vigente per quanto concerne la collaborazione della Banca d'Italia con le autorità di vigilanza degli altri Stati comunitari, agli effetti della vigilanza consolidata su gruppi transnazionali. Oggi, la Banca d'Italia ha facoltà di concordare con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari forme di collaborazione, nonché la ripartizione dei compiti specifici di ciascuna autorità per l'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più paesi. Con la nuova formulazione, contenuta nel disegno di legge di conversione, si prescrive alla Banca d'Italia di definire, anche sulla base di accordi con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari, forme di collaborazione e di coordinamento, nonché la ripartizione dei compiti specifici di ciascuna autorità in ordine all'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi che operano in più paesi. Inoltre, si consente alla Banca d'Italia, sulla base di questi accordi, di ampliare l'esercizio della vigilanza consolidata.
Si innova, altresì, limitatamente all'esercizio della finanza consolidata, riguardo alle informazioni da rendersi, qualora venga riscontrata una situazione suscettibile di ledere la stabilità del sistema finanziario. Si tratta di un tema molto delicato. Con la disciplina innovata, si stabilisce che, qualora la Banca d'Italia, nell'esercizio della vigilanza consolidata, verifichi l'esistenza di una situazione di emergenza potenzialmente lesiva della stabilità del sistema finanziario italiano o di un altro Stato comunitario in cui opera il gruppo bancario, è tenuta ad informare tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché, ove si tratti di gruppi operanti anche in altri Stati comunitari, com'è ovvio, le competenti autorità monetarie. Questa è una disposizione particolarmente delicata e si configura come una deroga all'attuale articolo 7, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che prevede che le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia, in ragione della sua attività di vigilanza, siano coperti dal segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, fatta eccezione del ministro - non del Ministero - dell'economia e delle finanze, in quanto presidente del comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Questa nuova disposizione invece prescrive una comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze, non già al ministro, nella sua predetta qualità di presidente del CICR.
Inoltre, viene modificato l'articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, per quanto concerne gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale tenuto presso Banca d'Italia. Tra gli aspetti disciplinati in via regolamentare dalla Banca d'Italia, vengonoPag. 6introdotti gli obblighi di informativa nei riguardi del pubblico, la possibilità di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciato da società o enti esterni, ovvero sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali approvati dalla Banca d'Italia, in termini simili a quanto ho detto in precedenza riferendomi alla vigilanza consolidata sui gruppi bancari.
È poi conferita alla Banca d'Italia la facoltà di disporre che le banche e gli intermediari finanziari, che essa autorizza ad utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei debiti patrimoniali, illustrino alle imprese, che domandano finanziamenti, i principali fattori posti a base dei rating interni che le riguardano. La comunicazione è resa su richiesta dell'impresa interessata e gli oneri, così è previsto nella formulazione attuale, a carico dell'impresa sono commisurati all'entità del finanziamento richiesto.
L'articolo 1, come si è visto, è teso a recepire in questi termini la direttiva 2006/48/CE, mentre il successivo articolo 2 - che apporta modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, e non già al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - recepisce in particolare le disposizioni di cui alla successiva direttiva 2006/49/CE. Anche in questo caso, il termine per il recepimento delle nuove disposizioni da parte degli Stati membri era fissato al 31 dicembre 2006 e le relative disposizioni di delega legislativa, come già per l'articolo 1 recante le dette modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, sono contenute nella legge comunitaria per il 2006.
Passando al contenuto specifico dell'articolo 2 del decreto-legge, si prevede una sostanziale modifica dell'articolo 6 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria in ordine alla vigilanza regolamentare sui soggetti abilitati (imprese d'investimento, società di gestione del risparmio, società di gestione armonizzate, società d'investimento a capitale variabile, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale tenuto dalla Banca d'Italia e banche autorizzate all'esercizio dei servizi d'investimento).
Fra le materie soggette alla disciplina regolamentare emanata dalla Banca d'Italia, d'intesa con la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), viene aggiunta l'informativa da rendere al pubblico sull'adeguatezza patrimoniale dell'intermediario, sul contenimento del rischio, sulle partecipazioni da esso detenute e sulla sua organizzazione interna, quindi, una serie di indicazioni che rafforzano la tutela dell'utenza.
Viene altresì inserita una nuova disposizione, in forza della quale con le stesse disposizioni regolamentari dovrà essere prevista, per i soggetti abilitati, la possibilità di adottare sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, subordinati alla previa autorizzazione della Banca d'Italia, nonché di utilizzare valutazioni del rischio rilasciate da soggetti esterni.
Si modifica, inoltre, il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria nella parte in cui disciplina i poteri d'intervento delle autorità di vigilanza sui soggetti abilitati. Viene aggiunta a questo riguardo la previsione secondo cui la Banca d'Italia può adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti i servizi, le attività, le operazioni e la struttura territoriale, nonché vietare la distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio.
Sostanzialmente, le modifiche apportate sono coerenti e corrispondono a quelle recate alle disposizioni del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in materia di vigilanza sulle banche, sui gruppi bancari e sugli intermediari iscritti nell'elenco speciale.
Un'altra modifica alla norma vigente si ha rendendo obbligatorio l'esercizio della potestà regolamentare per l'individuazione dei soggetti da sottoporre a vigilanza (ora definita «vigilanza su base consolidata», invece che «vigilanza sul gruppo»). Quindi, il novero dei soggetti che possono essere a tal fine considerati si estende anche a quelli esercenti attività bancaria;Pag. 7si esclude la possibilità di comprendere nell'ambito dei soggetti da sottoporre a vigilanza quelli sottoposti a comune controllo o partecipati per almeno il 20 per cento, ma resta comunque, nei riguardi di questi ultimi soggetti, per Banca d'Italia, il potere di richiedere e di trasmettere, anche periodicamente, dati ed informazioni, nonché di compiere delle ispezioni.
PRESIDENTE. Deve concludere...
MARIA LEDDI MAIOLA, Relatore. Come avevo anticipato, signor Presidente, la tecnicalità è tale che ho dovuto cercare di riassumere le principali modifiche innovative e la finalità sottesa al recepimento delle direttive comunitaria. Al riguardo, rammento che la ratio della direttiva comunitaria risiede anche nell'assumere maggiori garanzie nei confronti dell'intero sistema, oltre che uniformare le regole su tutto il territorio di interesse della Comunità.
Ricordo, altresì, che il decreto-legge che stiamo esaminando contiene un ulteriore articolo 3 sul quale conviene porre attenzione.
L'articolo 3, così com'è, sostituisce l'articolo 14 del decreto legislativo n. 18 del 1999...
PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di segnalarle che deve concludere; il tempo a sua disposizione è infatti scaduto.
MARIA LEDDI MAIOLA, Relatore. Ricordo soltanto che su questo punto si è svolto un ampio lavoro in sede di Commissione. Quindi, procederemo poi, nell'esame dei singoli articoli, a trattare le questioni che in Commissione hanno cominciato ad essere affrontate, anche se il lavoro in quella sede si è concluso con il conferimento del mandato al relatore e non, ovviamente, con l'esame dettagliato dei singoli articoli.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Sta bene: la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PIER PAOLO CENTO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire, eventualmente, in una fase successiva della discussione, essendo stato l'intervento del relatore esaustivo anche nella spiegazione di alcuni argomenti di natura tecnica contenuti nel decreto-legge al nostro esame.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo apprezzato la esaustività dell'intervento della relatrice su questo decreto-legge molto tecnico, molto particolare e molto specifico nelle parti che riguardano i testi unici cosiddetti TUB e TUF. Certamente, però, non ci possiamo soffermare soltanto sugli aspetti tecnici di questo provvedimento e sulla relativa discussione prevista per oggi in Assemblea, ma dobbiamo richiamare le ultime parole della relatrice, la quale ha fatto presente che di questo disegno di legge è stato approvato solo qualche emendamento, in sede di Commissione, ed è stato dato mandato al relatore per l'Assemblea. Ciò è dovuto - penso che lo sappiamo tutti - ad una vera e propria imboscata del Governo.
Nell'ordine del giorno della seduta odierna, signor Presidente, è prevista la discussione di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che riguarda le banche, gli istituti creditizi e tanti altri temi, ma non la materia dell'immigrazione. Tuttavia, noi dobbiamo essere chiari di fronte agli elettori e al paese. Qualora il Governo ripresenti - così sembra, purtroppo - gli emendamenti già presentati in Commissione, si consumerà quello che noi riteniamo un grave atto di fronte a questo Parlamento. È facile iscrivere all'ordine del giorno la conversione in legge di un decreto-legge per il recepimentoPag. 8delle direttive comunitarie in materia di banche, di istituti di credito e di strumenti finanziari e per l'adeguamento alle norme comunitarie relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'agenzia nazionale per i giovani ed al prelievo venatorio. È tutto vero, sotto un certo aspetto. Però, quanto si è consumato in sede di Commissione, nei giorni scorsi, è un fatto molto grave e chi dovesse seguire i lavori dell'Assemblea per televisione o per radio o si trovasse a passare davanti al Parlamento e a leggere l'ordine del giorno delle seduta odierna deve sapere che non siamo di fronte ad un provvedimento di questo tipo.
Se il Governo manterrà la ferma posizione che ha mantenuto in sede di Commissione, ci troveremo di fronte ad un vero e proprio inganno ai danni dei parlamentari di questa Assemblea, delle Commissioni competenti e dei cittadini tutti. Se ripercorriamo la storia di quanto è accaduto in Commissione e cerchiamo di comprendere il motivo per cui siamo arrivati al mandato al relatore ci accorgiamo che vi è stata, come ripeto, una imboscata del Governo il quale, con un emendamento, che nessuno si aspettava di dover discutere in Commissione finanze, ha proposto lo stravolgimento della legge sull'immigrazione, della legge Bossi-Fini.
Questo emendamento è stato presentato in sede di Commissione finanze, che non ha alcuna competenza in materia. In base alla circolare del Presidente della Camera del 16 ottobre 1996, n. 3, che riguarda le competenze per materia delle Commissioni permanenti, la VI Commissione si dovrebbe occupare di finanze e tributi, compresa la disciplina delle verifiche tributarie e dei controlli fiscali, si dovrebbe occupare di credito, compreso il settore delle banche pubbliche, e si dovrebbe occupare anche di borsa, di assicurazioni, di disciplina delle attività delle società commerciali e dei beni appartenenti al demanio e al patrimonio dello Stato o degli enti territoriali. Tutto questo leggo nella circolare del Presidente della Camera, e non lo sto inventando.
Invece, signor Presidente, ci siamo trovati a discutere di una legge che in nulla rientra nelle competenze di questa Commissione, che nulla ha a che vedere, cioè, con la Commissione finanze e con le competenze che dovrebbero appartenere ad ogni suo componente, nel momento in cui è chiamato a farne parte.
Sicuramente, lei mi dirà che quello che stiamo discutendo quest'oggi è un altro testo. Tuttavia, noi dobbiamo riferirci a quanto è accaduto in sede di Commissione e a quello che, purtroppo, presumiamo accadrà in quest'Assemblea, nel momento in cui il Governo presenterà gli emendamenti. In Commissione finanze ci possono essere moltissime persone brave e competenti in diverse materie, ma, se è stata istituita la Commissione finanze è perché, probabilmente, un'altra Commissione doveva essere investita della competenza in materia di politiche per l'immigrazione. Infatti, se leggiamo quali sono le competenze della I Commissione nella circolare del Presidente della Camera - non ce lo siamo inventato noi della Lega -, riguardante la sfera di competenza delle Commissioni, vediamo che è proprio la I Commissione che si occupa delle questioni relative all'immigrazione, non certo la VI.
Quindi, francamente, ci siamo trovati anche in una situazione di imbarazzo, perché ci siamo dovuti occupare di materie che non ci competono, rispetto ad un provvedimento che, facendo mie le parole della relatrice, è tecnico e riguarda la materia bancaria. Si poteva svolgere una discussione costruttiva in Commissione (e, magari, in quest'aula), e potevamo trovare dei momenti di reciproco confronto e di contributo al miglioramento del testo: questa era la nostra impostazione iniziale in Commissione, ma sappiamo com'è andata, perché abbiamo ricevuto questa vera e propria imboscata da parte del Governo.
Mi scuso, signor Presidente, se mi ripeto, ma ritengo che il Governo ripresenterà questo emendamento. È chiaro che, qualora non lo ripresentasse, il mio discorso varrebbe fino ad un certo punto. Però, sappiamo quali siano le politiche perseguite da questo Governo e, purtroppo,Pag. 9siamo portati a credere che quell'emendamento sarà riproposto. Se ciò non fosse, ci riterremo fortunati e la cosa ci farebbe molto piacere.
Tuttavia, qualora le cose andassero come riteniamo, dobbiamo rifarci all'articolo 96-bis del regolamento della Camera, il cui comma 7 stabilisce che «Il Presidente della Camera dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge». Noi crediamo che l'emendamento presentato in Commissione non sia attinente alla materia del decreto-legge e che non abbia nulla a che vedere con ciò che prevede il titolo di questo provvedimento.
Quindi, si tratta di un caso di inammissibilità, che già quest'aula, proprio durante l'esame dell'ultimo provvedimento, il «mille proroghe», ha dato segno di saper interpretare in modo molto restrittivo. Abbiamo conosciuto la mannaia del Presidente della Camera sugli emendamenti relativi al «mille proroghe». Ci auguriamo che, qualora il Governo ripresentasse questo emendamento, molto criticato dal gruppo della Lega Nord, la stessa mannaia che è caduta sul «mille proroghe» cada anche su questo provvedimento. Altrimenti, saremmo di fronte ad un modo di comportarsi dell'Assemblea e di chi valuta l'ammissibilità degli emendamenti davvero molto diverso rispetto a quanto è accaduto con il «mille proroghe».
Inoltre, questa imboscata è stata tesa con un emendamento all'articolo 5, che era accompagnato da una piccolissima motivazione da parte del Governo. Tale motivazione, per noi, può essere vera e possiamo attenerci ad essa, però, nulla, in termini di dossier legislativo, è stato presentato alla Commissione su questo tema.
Ci possiamo fidare di questa motivazione del Governo, secondo cui sembrerebbe che il paese debba mettersi in regola con la Commissione europea, altrimenti ci sarebbe una messa in mora dell'Italia, ma le bugie che il Governo ha detto in quest'aula sono troppe. Pertanto, non ci possiamo fidare solo di questa motivazione espressa in Commissione e riteniamo necessario anche un dossier più esaustivo sulle motivazioni, tecniche e legislative, per cui il Governo aveva proposto questo emendamento.
Il nostro gruppo, quindi, esprime una forte critica su quanto è stato fatto fino a questo momento. Rivolgiamo un richiamo al Presidente su quanto è accaduto e su quanto temiamo che accadrà qualora il Governo ripresenti questo emendamento. L'opposizione del gruppo della Lega nord su questo emendamento sarà molto dura, critica e forte, sia per una motivazione politica, perché, come spiegheremo, non possiamo essere d'accordo con quanto prevede questa posizione del Governo, sia per una motivazione regolamentare, perché non deve accadere che si venga a parlare di immigrazione in un decreto-legge sugli strumenti finanziari, sulle banche e sugli enti creditizi.
Questo non esiste, soprattutto con riferimento ad una proposta emendativa che modifica radicalmente la legge in vigore!
L'emendamento in oggetto interviene sulla legge Bossi-Fini, in particolar modo sull'articolo 5 del testo unico in materia, che stabilisce l'obbligo di richiedere il permesso di soggiorno anche qualora si rimanga nel paese per un periodo inferiore ai 90 giorni.
Se l'emendamento del Governo sarà ripresentato, chi entrerà nel nostro paese e vi rimarrà per un tempo inferiore ai 90 giorni, non dovrà chiedere il permesso di soggiorno; sarà sufficiente recarsi personalmente, entro otto giorni dall'arrivo, in questura, al fine di notificare la propria presenza.
Sostanzialmente, il reato di clandestinità previsto nella legge Bossi-Fini viene a cadere non perché non vi siano più clandestini, ma perché non è più previsto il reato di clandestinità! Se sarà approvato questo emendamento (pare che il Governo voglia ripresentarlo), chi entrerà in questo paese sarà semplicemente un immigrato extracomunitario e non più un clandestino, quindi cessa di esistere il reato di clandestinità!
Ha un bel dire il ministro Ferrero che occorre controllare la clandestinità e chePag. 10non ci devono più essere i clandestini! Tutti siamo d'accordo su questo, ma non è che non ci devono più essere clandestini perché gli cambiamo il nome! Non ci devono più essere, perché chi arriva in questo paese senza un lavoro non deve restare a bivaccare. Infatti, il nostro non è il «paese dei balocchi», dove tutti trovano un'occupazione (purtroppo; se così fosse, le cose andrebbero diversamente, ma non è così).
L'emendamento del Governo (ripeto: abbiamo motivo di ritenere che lo ripresenti), prevede che il permesso di soggiorno non serva a chi resta nel nostro paese non oltre 90 giorni. Basta una notifica alla questura! Praticamente, tutti potranno arrivare nel nostro paese! Nel momento in cui le forze di polizia domanderanno alla persona in questione cosa ci faccia nel nostro paese, la stessa risponderà che è appena arrivata (anche se, in realtà, sta in Italia da già due mesi) e che ha ancora otto giorni di tempo per presentarsi alla questura di persona e dire che è arrivato.
Saremo invasi per legge (legge docet)! Nella Bossi-Fini il permesso di soggiorno rappresenta il collegamento tra il lavoro e la persona e stabilisce che chi è presente nel nostro paese lo è perché ha qualcosa da fare e non per cercare di fare qualcosa, per essere disoccupato o per delinquere. La presenza fisica della persona è collegata alla sua attività lavorativa.
Sempre in conformità a ciò che il Governo ha presentato in Commissione (purtroppo, abbiamo motivo di pensare che lo ripresenterà anche in Assemblea), sarà abrogato l'articolo 7 del testo unico in materia di immigrazione, che prevedeva che chiunque, a qualsiasi titolo, offra alloggio o ospiti uno straniero, debba comunicarlo all'autorità di pubblica sicurezza entro 48 ore. Questa norma sarà abrogata; praticamente, sarà eliminato l'obbligo per i datori di lavoro, per gli ospitanti, di comunicare alle forze di polizia, alle autorità competenti, che, nella propria casa o nell'azienda, è presente un extracomunitario. Dunque, si perde una comunicazione che rappresentava, a nostro modo di vedere, un deterrente alla clandestinità.
Il Governo interviene, dunque, con un decreto-legge. Crediamo che esistano altri strumenti per realizzare ciò. Politicamente, saremo sempre contrari (e questo lo sappiamo). Ma, oltre alla contrarietà politica, vi è anche una contrarietà riguardante il metodo, il modo di agire di questo Governo. Come si può pretendere di modificare radicalmente una materia riguardante l'immigrazione, attraverso un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che riguarda tutt'altra materia?
Fino a qualche settimana fa, lo si poteva fare all'interno della legge comunitaria. Potevate farlo lì! Ci sarà un'altra comunitaria: se lo volete fare per una questione politica, lo potete fare lì! Fate una legge sull'immigrazione (siete capaci di farlo!), mettetevi d'accordo e fatelo lì! Avrete la nostra contrarietà politica, ma non è questo il modo di agire! Altrimenti, sorge il dubbio che questo Governo, poiché non è in grado di mettersi d'accordo su alcunché, agisce con lo strumento del decreto-legge, con emendamenti di iniziativa governativa; arrivano emendamenti della Commissione finanze, che nulla sa in merito all'immigrazione; sono buttati lì, tanto per dire: diamo un contentino alla sinistra radicale ed aboliamo parte della legge Bossi-Fini!
Fate un provvedimento complessivo sull'immigrazione! Fatelo come piace a voi, come volete, come vogliono le vostre forze politiche sociali e dell'immigrazione, ma non fatelo in questo modo, perché è un modo di agire irresponsabile, irrispettoso delle Assemblee, delle Commissioni ed anche del paese!
Infatti, riteniamo che se siete in grado di avere una politica sull'immigrazione come pare l'abbiate sui PACS - e in realtà non lo crediamo, perché litigate su tutto - allora presentate un disegno di legge complessivo, portatelo in Assemblea, e ne discuteremo. Si tratta di un modo di agire più serio e maggiormente rispettoso delle prerogative di noi parlamentari e di quello che deve essere noto al Paese sulle politichePag. 11da voi portate avanti. Al contrario, fin dall'inizio, sull'immigrazione, passo dopo passo, tassello dopo tassello, ogni momento è stato utile per scardinare una legge «a spizzichi e bocconi», un po' di qua e un po' di là, senza la presentazione di un testo davvero organico.
In merito a questo provvedimento potremmo parlare di tanti argomenti: degli articoli 1 e 2, della vigilanza bancaria, del merito di credito, del controllo bancario, della sorveglianza. Ancora, potremmo parlare dell'articolo 3 - se riproposto - che verrebbe modificato nella parte che riguarda l'ENAC. Potremmo parlare della parte venatoria o delle modalità con cui è stata impostata dell'Agenzia per i giovani, su cui nutriamo alcune perplessità in merito. Lo avremmo fatto assumendo una posizione in qualche modo costruttiva, anche se non certamente di compromesso. Si sarebbe trattata di una posizione razionale, assunta da un partito che esamina un provvedimento non del tutto deprecabile e che porta il suo contributo a talune norme, come ad esempio quella sul merito di credito. In proposito, pare che vi fosse la disponibilità a ricercare un accordo ed una soluzione condivisa dalle varie parti politiche. È questa l'impostazione con cui la Lega Nord ha iniziato l'analisi di questo provvedimento. Dopodiché vi è stata l'imboscata.
Fate quello che credete, ma all'interno di questa aula sarà battaglia, e sarà battaglia dura per quanto viene a noi concesso dal regolamento. Se il Governo, allo scadere del termine previsto per la presentazione degli emendamenti, ovvero tra mezz'ora, non presenterà la proposta emendativa in questione, benissimo, perché questo ci farà piacere. In tal caso, valuteremo di conseguenza l'atteggiamento da tenere. Certo è che, se invece l'emendamento dovesse essere ripresentato, da parte della Lega Nord sarà fatta opposizione durissima (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Grazie, Presidente. Mi è sfuggita l'indicazione del termine per la presentazione in aula degli emendamenti: potrebbe ripeterla?
PRESIDENTE. Il termine è fissato alle 14 di oggi.
GIOACCHINO ALFANO. Grazie, signor Presidente. È fondamentale conoscere questa informazione, perché su di essa saranno basate le nostre riflessioni.
Colleghi, ho preso qualche appunto in merito alla relazione svolta dall'onorevole Maria Leddi Maiola e all'intervento del collega Fugatti, in quanto ci stiamo soffermando in misura prevalente sul metodo piuttosto che sul merito del provvedimento. Proprio per tale motivo, ho chiesto al Presidente di ricordare il termine per la presentazione degli emendamenti, in quanto stiamo ragionando su un testo provvisorio, non sapendo cosa esso diventerà.
Per non sprecare il tempo a disposizione, è utile avanzare qualche richiesta e formulare talune riflessioni, per poter svolgere un lavoro più efficace ed utile in merito agli argomenti trattati. In primo luogo, lo stesso titolo del provvedimento risulta piuttosto eterogeneo, caratteristica che connota anche il testo del decreto.
La prima polemica, già sollevata in sede di Commissione e che ora sta emergendo anche nel dibattito in aula, è relativa al metodo frequentemente utilizzato nel corso di questa legislatura: alcuni provvedimenti motivati da aspetti estranei alle volontà politiche nazionali vengono caricati di questioni che non rivestono carattere di urgenza. L'opposizione non può dare l'impressione di non comprendere l'urgenza che tali provvedimenti siano approvati, a maggior ragione quando essi sono imposti dall'Unione europea, addirittura a seguito di sentenze. In tali situazioni - ripeto - è imbarazzante dare l'impressione di non voler cogliere la necessità di questi provvedimenti.
Allora, nessuno impegnava il Governo e non vi era una forza politica - almeno io non l'ho intravista dalla lettura dei giornali -Pag. 12che poneva delle questioni che, coincidendo con il provvedimento, avrebbero potuto essere in esso inserite. Avrebbe potuto dunque essere effettuata una riflessione sul metodo sin dall'inizio, nella fase di predisposizione del provvedimento.
Pertanto, noi invitiamo ancora una volta il Governo a non continuare con questo atteggiamento. In questo modo, si creano difficoltà anche ai lavori ordinari nelle Commissioni. Come diceva anche il collega Fugatti, presso la Commissione finanze è stato necessario affrontare questioni che non attenevano propriamente alla competenza di tale Commissione, il che ha mortificato non tanto i deputati - i quali sono stati considerati anzi capaci di occuparsi di altre materie che non competevano loro - quanto le Commissioni di merito. Queste ultime hanno espresso pareri molto articolati alla nostra Commissione, che esaminava il provvedimento in sede referente.
Dunque, come i colleghi possono immaginare, la Commissione finanze si è trovata ad acquisire pareri di altre Commissioni, che avrebbero dovuto esaminare il provvedimento in sede referente, ma che invece lo hanno fatto in sede consultiva: in questa situazione esse si sono sforzate di leggere il provvedimento e di dare delle indicazioni, ma queste non sono state inserite puntualmente negli emendamenti e, davvero, non sappiamo come andrà a finire. A pensare male, necessariamente siamo costretti a dire che il Governo, avendo difficoltà nel porre le questioni in modo ordinario e nell'ottenere i tempi e la disponibilità al dibattito al suo interno, utilizza certi provvedimenti che per distrazione o per necessità debbono avere un iter più veloce e in questo modo tenta di risolvere diversamente determinate questioni.
Queste ultime possono essere risolte con una sorta di fiducia, ma la situazione peggiora se un provvedimento, che parte per fare proprie delle questioni europee, si arricchisce sin dall'inizio di altre questioni non urgenti. Inoltre, durante l'iter, all'improvviso si è costretti ad affrontare altre materie, che effettivamente non hanno niente a che vedere con quello di cui stiamo discutendo. Dunque, in base a questa seconda riflessione - e su questo siamo ancora più critici - aumenta il numero degli emendamenti.
Infatti, come prima conseguenza di questa contrapposizione abbastanza forte e decisa da parte della maggioranza e dell'opposizione si produce un incremento degli emendamenti. Mi chiedo infatti come sia possibile prevedere un numero limitato di emendamenti quando le questioni poste sono così numerose. Inoltre, com'è possibile credere alla maggioranza, che ci sta suggerendo in questi ultimi tempi una modifica della legge finanziaria, quando il difetto che noi abbiamo evidenziato in questa legge si ripete regolarmente in tutti i decreti che voi state facendo?
Pertanto, per evitare di cadere in un tranello che non è teso tanto all'opposizione, quanto anche alla maggioranza, sarebbe opportuno applicare il metodo utilizzato nelle ultime leggi finanziarie. Tra queste, considero anche quelle varate da noi, che hanno avuto un epilogo peggiore e non per colpa della maggioranza, ma per il notevole numero delle questioni poste. Tuttavia, dato che quest'ultima legge finanziaria ha dimostrato che è stato utilizzato un metodo inapplicabile, com'è possibile pensare che noi accettiamo di discuterne quando poi tale metodo si ripresenta continuamente in altri provvedimenti?
È normale che osserviamo che le questioni poste sono talmente tante e che potremmo stare qui a discuterne, mentre abbiamo soltanto mezz'ora di tempo per l'intervento in discussione generale, dunque un tempo che si rivela insufficiente. Il Presidente è stato costretto ad interrompere la relatrice, che pure aveva dichiarato di avere fatto una sintesi delle questioni poste. La stessa relatrice, in premessa, aveva osservato che ci troviamo di fronte ad un decreto complesso, per illustrare il quale sarebbe stato necessario un tempo maggiore. Per tale ragione, sarebbe stato sufficiente approvare un decreto per ciascuna materia, dividendo le questioni perPag. 13le varie Commissioni di merito, perché allora il tempo si sarebbe moltiplicato.
Devo dire che i tentativi di semplificare le procedure parlamentari e di migliorare il rapporto tra il Governo e il Parlamento non sono riconducibili soltanto all'opposizione. Ho letto in questi giorni le dichiarazioni del ministro Lanzillotta, secondo la quale è indispensabile svolgere sessioni ad hoc. Anche i membri del Governo che si vedono chiamati a discutere questioni di propria competenza, ma che non conoscono direttamente, chiedono che su alcune questioni siano svolte delle sessioni ad hoc.
Sarebbe stato opportuno, ad esempio, che argomenti quali le attività venatorie, l'immigrazione ovvero il rimborso dell'imposta di registro delle società, fossero stati collocati nell'ambito di provvedimenti ad hoc. Anzi, ritengo che, se è vero che gli ammonimenti europei ci spingono ad essere veloci per evitare sanzioni, è pur vero che questa occasione potrebbe essere utilizzata per intervenire complessivamente sulla materia.
Anche in relazione a qualche provvedimento già approvato, per esempio quello sull'IRAP, suggerii in aula che, proprio perché c'era una sentenza che interveniva in un modo abbastanza deciso sul comportamento dell'Italia con riferimento a quell'imposta, occorreva cogliere l'occasione per riformare tale imposta, che creava numerose difficoltà ai contribuenti.
Oggi, allo stesso modo, non riusciamo a discutere su questioni così importanti solo perché le avete inserite in modo eterogeneo ed illogico in un decreto-legge, che ha una funzione diversa.
Detto ciò, ricordando anche dichiarazioni di importanti membri della maggioranza e anche perché, altrimenti, daremmo l'impressione di fare solo riflessioni critiche su questioni tecniche che non hanno nulla a che fare con la materia, presentiamo una richiesta tendente a semplificare molto i lavori dell'Assemblea nei prossimi giorni. Abbiamo anche altri provvedimenti da esaminare, tra cui la prosecuzione dell'esame del decreto cosiddetto mille proroghe. Siamo consapevoli che vi sono altre questioni su cui vi è maggiore attenzione, basti pensare ai PACS o alle liberalizzazioni. Non intendiamo utilizzare il tempo da dedicare a questi provvedimenti per soffermarci su questioni tecniche, che potrebbero essere affrontate in modo più veloce. La richiesta è di stralciare tutte le questioni non urgenti. Domani mattina si riunirà il Comitato dei nove.
Il presidente, che è stato bravissimo nel condurre i lavori della Commissione sul provvedimento, potrebbe stralciare tutte le questioni che non hanno nulla a che fare con le scadenze imposte dalle sentenze di cui abbiamo parlato. In quel caso, se riuscissimo a stralciare le parti del provvedimento relative a materie che non sono sicuramente urgenti, potremmo trattare quelle che, pur non essendo urgenti, siano quanto meno omogenee alle materie considerate dalle sentenze.
Ripeto: le materie non urgenti e non omogenee con le materie oggetto di segnalazione da parte comunitaria possono essere stralciate. Soltanto se avvenisse questo potremmo manifestare la disponibilità a ridurre il numero degli emendamenti presentati e gli interventi in Assemblea e in Commissione, in modo da dimostrare non l'intendimento di contrapporci preventivamente a tutto quanto il Governo e la maggioranza propongono, ma la nostra disponibilità al dialogo. Occorrerebbe riuscire ad operare questo stralcio - parlo ovviamente per il gruppo al quale appartengo - almeno per la parte più importante, cioè per le materie che non sono urgenti o in scadenza, che non sono omogenee con quelle indicate dalla Comunità europea e che non sono nemmeno delicate dal punto di vista di una posizione politica: in questo caso faremmo passare molto velocemente il provvedimento.
Il seguito dell'esame del decreto-legge riprenderà non prima di mercoledì, dato che domani dovremo proseguire e concludere l'esame del decreto cosiddetto mille proroghe. Solo nel caso in cui avvenisse quanto ho indicato poco fa, vi potrebbe essere un atteggiamento costruttivo da parte nostra; altrimenti, come stiamo dimostrandoPag. 14nella seduta in corso, la nostra posizione è pregiudiziale rispetto alle materie considerate nel provvedimento. La relatrice è stata così brava nell'affrontare l'aspetto tecnico, che siamo pienamente concordi con lei. In ogni occasione in cui abbiamo affrontato le materie oggetto del decreto-legge abbiamo sempre manifestato una condivisione comunque importante, se non totale. La situazione si è complicata quando sono arrivate le richieste di modifica.
Infine, quando il presidente ha dichiarato inammissibile il «famoso» emendamento di cui parlava il collega Fugatti, è stato presentato un nuovo emendamento riformulato, che è stato successivamente dichiarato ammissibile. Considerando, però, l'orientamento del Presidente della Camera, anche il secondo emendamento riformulato è sicuramente inammissibile, perché le motivazioni utilizzate dalla Presidenza per dichiarare l'inammissibilità erano per materia. Vi sono, inoltre, questioni poste dalla Commissione bilancio relative alla copertura che rimangono aperte, ma quando interviene la Commissione bilancio è più semplice perché si tratta di modifiche che debbono essere apportate d'autorità. Per quanto concerne invece le modifiche di cui parlavo poc'anzi, siamo caduti in una evidente contrapposizione.
Se la richiesta fosse accolta, la nostra azione sarebbe divisa e rinviata a provvedimenti da individuare e predisporre per risolvere questioni, che la maggioranza ritiene vitali. Non è possibile dimenticare che alcune questioni sono state riprese mentre erano già in corso. Ad esempio, in materia di energia il Governo riprende, modificandolo, un provvedimento approvato al Senato, poi accolto nella finanziaria, il «famoso» Cip 6.
Noi abbiamo la fortuna che è presente un sottosegretario che ha anche competenze e, diciamo, vocazioni che riguardano l'energia, per questo veramente non abbiamo capito quale sia la reale motivazione, che ha spinto ad inserire, quindi a discutere quell'argomento nel provvedimento al nostro esame.
PRESIDENTE. La ringrazio. Rispetto all'emendamento di cui hanno parlato i due oratori in discussione generale, la Presidenza informa che esso è stato presentato dal Governo e trasmesso ai gruppi secondo la prassi, e che attualmente è al vaglio di ammissibilità da parte della Presidenza della Camera.
È iscritto a parlare il deputato Fluvi. Ne ha facoltà.
ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame è molto, molto importante, non per le considerazioni che sono state fatte dai colleghi che sono intervenuti prima di me in discussione generale, ma perché, soprattutto negli articoli 1 e 2 (che rappresentano la «cifra» dell'intero provvedimento), la legislazione italiana recepisce i cosiddetti accordi di Basilea II. Essi vengono recepiti attraverso lo strumento di questo decreto-legge, entro la scadenza del 31 dicembre 2006 (sia pure appunto con lo strumento della decretazione d'urgenza), cioè entro i termini indicati dall'Unione europea.
Ora, come i colleghi sanno, la normativa di Basilea II, recepita attraverso gli articoli 1 e 2, che, ripeto, costituiscono la «cifra» dell'intero provvedimento, è molto importante in quanto parla direttamente al nostro sistema economico, non solo al sistema bancario.
Uno degli scopi di Basilea II è quello di legare più strettamente il capitale delle banche alla rischiosità dei finanziamenti, attraverso l'uso di rating interni e di rating esterni. Si offre in sostanza una maggiore flessibilità nella misurazione del rischio di credito rispetto ai criteri più meccanicistici previsti nell'originario accordo sul capitale del 1988, cioè di Basilea I.
Le nuove disposizioni (e mi piacerebbe che, i colleghi che interverranno successivamente, durante il dibattito in aula, discutessero di questo) sono destinate a modificare in maniera significativa l'approccio delle banche nella gestione del rischio creditizio con indiscutibile ricaduta sulla misura del loro capitale regolamentare, nonché sull'intero sistema economicoPag. 15del nostro paese, che da noi è formato prevalentemente da piccole e piccolissime imprese.
Queste ultime, poi, trovano proprio nel credito bancario la principale fonte di approvvigionamento di risorse. Come è possibile vedere, scorrendo la normativa al nostro esame, il recepimento di Basilea II nell'ordinamento interno non si è risolto in una mera traduzione in lingua italiana della normativa comunitaria.
Non mi riferisco solo all'esercizio delle opzioni, pur rilevanti, rimesse alla discrezionalità nazionale dalla direttiva, ma anche all'opera intelligente di adattamento alle specifiche esigenze della realtà economica, giuridica ed istituzionale del nostro paese.
Un tipico esempio di questa integrazione fra una normativa globale concepita per le grandi banche internazionali e le peculiarità del sistema economico italiano è il trattamento delle garanzie offerte dai consorzi fidi.
Nella sostanza, si è reso possibile il riconoscimento della minore rischiosità dei prestiti assistiti da questa forma di garanzia, sia nelle opzioni regolamentari più semplici, che riguardano le banche minori, sia in quelle più complesse, utilizzate dalle grandi banche. Ora, Basilea I, come voi sapete, non prevedeva il riconoscimento dei confidi quale mezzo di riduzione degli assorbimenti di capitale imposti alle banche. La nuova disciplina invece innova sensibilmente in merito, ed in particolare sulla capacità dei consorzi fidi di fungere da strumenti di mitigazione del rischio creditizio per le banche finanziatrici.
La normativa in esame ha già prodotto, tra l'altro, fatti, innovazioni significative. Penso, ad esempio, al processo di aggregazione di quella miriade di cooperative artigiane di garanzia in consorzi di garanzia fidi di più grandi dimensioni. Più specificamente, venendo da Empoli, in Toscana, ho presente il processo avviatosi nella mia regione: la miriade di cooperative di garanzia sparse sul territorio della Toscana sono state raggruppate in un unico consorzio fidi toscano, rappresentato, appunto, dall'unione delle cooperative di garanzia di CNA, Casartigiani e Confartigianato. Comunque, esperienze similari sono in corso in tutto il paese. Si tratta di un processo enorme che va accelerato. A mio avviso, va anche ripreso il percorso legislativo volto a dare stabilità all'intero sistema dei consorzi di garanzia fidi. Certo, quello dei confidi non è l'unica peculiarità nazionale tradotta nell'accordo Basilea II (che ci apprestiamo a recepire mediante il provvedimento in esame).
In definitiva, si può affermare che il recepimento del nuovo accordo di Basilea, pur conseguendo l'obiettivo di armonizzare la normativa su scala globale, è stato realizzato in modo da creare una convergenza sostanziale sul piano prudenziale, senza appiattire su un modello unico le tecniche operative e contrattuali e, di conseguenza, senza creare situazioni di svantaggio competitivo per il nostro paese.
Interessanti, in questa direzione, sono le considerazioni svolte di recente, in un convegno organizzato dall'ABI, dal vicedirettore generale della Banca d'Italia, dottor Carosio (i colleghi sanno che, a seguito dell'adozione del decreto-legge, sono state emanate le nuove istruzioni di vigilanza da parte della Banca d'Italia: si entra, cioè, dalla fase di discussione teorica, quella del recepimento, a quella dell'applicazione concreta della nuova normativa). «L'ordinamento comunitario e quello interno - ha affermato il vicedirettore generale della Banca d'Italia - consentono il mantenimento nel corso del 2007 del previgente regime prudenziale. Pertanto, durerà ancora per il 2007 la coesistenza delle due diverse discipline, le vecchie istruzioni di vigilanza e le nuove disposizioni prudenziali, le prime applicabili alle banche che hanno optato per il vecchio regime, le seconde a quelle che hanno scelto di applicare da subito l'accordo Basilea II. È invece immediatamente operativa, per tutte le banche, la nuova disciplina del patrimonio di vigilanza». Ora, noi sappiamo che la maggior parte degli istituti di credito ha deciso di rinviare al 2008 l'ingresso in Basilea II. È una decisione comprensibile, che riflette la complessità deiPag. 16problemi da risolvere e la preferenza per soluzioni più complete e definitive, pur essendo soluzioni parziali ammesse in via transitoria
Le nuove regole non realizzano soltanto un significativo progresso nei livelli di sicurezza e stabilità dei sistemi bancari, ma ottengono anche il risultato di accrescere la libertà di scelta degli intermediari ed i vantaggi economici ricavabili da miglioramenti dei sistemi di gestione dei rischi.
In conclusione, Basilea II sollecita l'efficienza delle banche, l'efficienza del sistema creditizio del nostro paese. Sono premiati con minori obblighi di capitale quelle banche, grandi e piccole, che utilizzano metodi più precisi nella quantificazione e più efficaci nella gestione dei rischi di credito. In questo senso, il nuovo accordo rappresenta anche un fattore di selezione: accentuerà la concorrenza redistribuendo quote di mercato.
Vorrei cogliere l'occasione della discussione sulle linee generali sul recepimento degli accordi Basilea II per svolgere, brevemente, alcune considerazioni che ho già espresso, di recente, in Commissione finanze.
Come ha già detto il relatore nella sua relazione, con questo provvedimento si modificano sostanzialmente parti significative del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nonché del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
Negli ultimi mesi, con le modifiche alla cosiddetta legge sul risparmio, con il recepimento delle direttive dell'Unione europea e con il decreto-legge in esame si sono introdotte e si vanno introducendo numerose modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nonché al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. Ulteriori modifiche sostanziali si introdurranno con il recepimento della cosiddetta direttiva MIFID e della direttiva europea sull'OPA comunitaria. A mio avviso, il rischio che si corre è quello di perdere di vista un quadro di riferimento generale, l'obiettivo cui tendere.
È necessario evitare, a mio giudizio, che i diversi interventi normativi effettuati a più riprese, attraverso il recepimento successivo di direttive europee, possano portare ad una normativa disorganica.
Per questo motivo, ritengo che, forse, un momento di riflessione, magari da attuarsi in Commissione finanze, possa aiutare la costruzione, seppure in progress, di un assetto normativo organico, che si ponga uno scopo finale e che abbia ben chiaro l'obiettivo cui tendere: forse, potrà essere quello di un testo unico che raccolga al suo interno, aggiornandole, le normative dell'attuale testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nonché del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. Una riflessione che, partendo da una sorta di libro bianco redatto dal Governo considerando l'esperienza maturata in questi anni attraverso il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nonché il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, sia in grado di aggiornare gli obiettivi, coinvolgendo studiosi, esperti della materia e facendo tesoro dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione finanze del Senato sull'attuazione della cosiddetta legge sul risparmio.
Signor Presidente, mi avvio davvero alla conclusione. Abbiamo discusso - ne abbiamo sentito l'eco anche nella discussione sulle linee generali svoltasi oggi - più delle questioni non affrontate da questo decreto-legge che di quelle trattate.
Era naturale sostituire l'articolo 3 del decreto-legge - e credo che sarà sostituito anche nel testo attuale - in quanto la normativa in esso contenuta è già stata recepita da questa Camera la settimana scorsa con l'approvazione in via definitiva della legge comunitaria.
Non condivido le considerazioni svolte dai colleghi sugli emendamenti presentati dal Governo e ammessi in Commissione finanze dalla presidenza, che hanno come minimo comune denominatore il recepimento delle direttive europee. Certo, tale considerazione non vuole influire sull'autonomia di giudizio della Presidenza dellaPag. 17Camera, che saprà sicuramente valutare in merito ai criteri di ammissibilità dei diversi emendamenti proposti sia dal Governo sia dai deputati. Ma il tentativo era e rimane quello di recepire, entro i termini previsti, la normativa europea anche per evitare la messa in mora del nostro paese e, quindi, il pagamento di multe e di sanzioni.
Vorrei svolgere una considerazione brevissima su una proposta emendativa presentata in Commissione finanze, che non è stato possibile esaminare per i motivi illustrati dal relatore: quella relativa al CIP 6. Non siamo pregiudizialmente contrari a questo argomento: anzi, come gruppo de L'Ulivo, siamo d'accordo sulle linee di principio e sulle linee di fondo. Il problema non è, a nostro avviso, rimettere in discussione il principio secondo il quale i contributi vanno a quegli impianti che producono energia da fonti effettivamente rinnovabili. Su questo punto non deroghiamo: siamo d'accordo e in ordine a ciò incontrerete il nostro consenso ed il nostro voto favorevole.
La questione è che esiste una realtà che, in base alla precedente normativa, si è mossa, ha redatto piani finanziari ed effettuato investimenti, ha chiesto autorizzazioni ed avviato la costruzione di impianti.
Una proposta emendativa che si facesse carico di questa situazione otterrebbe sicuramente il nostro voto favorevole; così come il nostro voto favorevole lo avrà certamente l'intero provvedimento al nostro esame.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Germontani.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ci troviamo oggi a discutere un provvedimento che teoricamente dovrebbe consistere in un semplice recepimento di direttive europee e che invece ha costituito - come rilevato anche da alcuni colleghi che mi hanno preceduto - l'occasione attraverso la quale il Governo intende introdurre ulteriori disposizioni volte ad intervenire su una molteplicità di problematiche del tutto eterogenee.
L'atteggiamento assunto dal Governo e dalla maggioranza, quindi, rischia di rendere particolarmente tortuoso l'iter parlamentare del provvedimento, fino al punto da porre concretamente in dubbio la conversione in legge del decreto stesso.
Innanzitutto, vorrei analizzare i punti che compongono questo provvedimento. Inizierò esaminando gli articoli 1 e 2, che apportano modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, allo scopo di dare attuazione alle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE, con particolare riguardo all'esercizio delle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli intermediari finanziari, sugli istituti di monete elettroniche e sui gruppi leader bancari, nonché all'attuazione delle misure derivanti dall'Accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria, il cosiddetto Accordo Basilea II.
Al riguardo ricordo che è stato proprio all'ordine del giorno del summit dello scorso 24 gennaio del Governatore della Banca d'Italia, Draghi, con i principali banchieri italiani l'adeguamento del sistema bancario alla nuova disciplina della conformità alle regole previste dai nuovi standard di Basilea II.
Basilea II nasce in seguito alle clamorose débâcle bancarie che, a partire dagli anni Novanta, hanno coinvolto numerosi istituti di credito. Ciò ha reso evidente che esistevano alcune pesanti tare all'interno del quadro normativo, grazie a cui le banche valutavano i rischi delle aziende alle quali accettavano di aprire un credito. In altri termini, era diventato obsoleto il modo di valutare se l'impresa che chiedeva un credito sarebbe stata in grado di ripagarlo, entro quando e quanto reddito avrebbe generato. In merito, esisteva già un documento di accordo, Basilea 1, che tuttavia è risultato incentrato su una visione semplificata dell'attività bancaria e della rischiosità delle aziende.
Basilea II ha quale intento manifesto quello di assicurare una stabilità al sistemaPag. 18bancario, in funzione del sistema economico che oggi ha continua necessità di capitali per investire in ricerca e sviluppo, nonché quello di generare un legame del tutto diverso tra banche e imprese, fondato su fiducia reciproca, informazioni reali da aggiornarsi continuamente, vincolate all'effettiva capacità di produrre reddito in prospettiva di una crescita futura e non solo degli obiettivi a medio termine, purtroppo assai frequenti.
Il contenuto del nuovo accordo si articola su tre pilastri. Il primo riguarda i requisiti patrimoniali minimi; in sostanza, si tratta di un affinamento della misura prevista dall'Accordo del 1988, che richiedeva un requisito di accantonamento dell'8 per cento. Ora, si tiene conto innanzitutto del rischio operativo e di quello di mercato; inoltre, per il rischio di credito, le banche potranno utilizzare metodologie diverse di calcolo dei requisiti.
Le metodologie più avanzate permettono di utilizzare sistemi internal rating, con l'obiettivo di garantire una maggiore sensibilità ai rischi, senza innalzare né abbassare in media il requisito complessivo. La differenziazione dei requisiti in funzione della probabilità di insolvenza è particolarmente ampia, soprattutto per le banche che adotteranno le metodologie più avanzate.
Il secondo punto riguarda il controllo delle banche centrali. Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e assunzione dei rischi, le banche centrali avranno una maggiore discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche stesse, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi. Il terzo punto riguarda la disciplina del mercato e la trasparenza. Sono previste regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.
Veniamo però al nodo principale, tutto italiano, perché nell'attuale discussione non si può prescindere dalla realtà economica italiana.
Notiamo certo le nostre grandi potenzialità, ma anche il rischio di un cambiamento, quale è quello che stiamo esaminando. Infatti, l'Italia è un paese che deve la sua ossatura produttiva alle piccole e medie imprese. Una piccola e media impresa, infatti, ha minori possibilità di generare reddito o di ingenerarne di ingente; inoltre, in Italia la piccola e media impresa è solitamente a conduzione familiare e quindi contraria all'ingresso di soci e capitali esterni da un lato, non attrezzata nel settore analisi e gestione finanza dall'altro.
Secondo uno studio effettuato dall'ASAM, l'Associazione per gli studi aziendali e manageriali dell'Università cattolica di Milano, gran parte delle piccole e medie imprese non sono in grado di superare l'esame del rating che permette di rispettare i criteri di Basilea II. In particolare, i dati indicano che il 55 per cento delle piccole imprese sono del tutto impreparate a gestire in modo corretto i rapporti con gli istituti finanziari; il 25 per cento sa che si tratta di una priorità ma non ha ancora adottato misure concrete, e soltanto il 19,6 per cento del campione dichiara di essersi strutturato in modo completo. Emerge anche che le family business devono cambiare alcune abitudini di gestione dell'impresa, introducendo una mentalità manageriale molto più avanzata con l'obiettivo di riallineare un profilo di rischio dettagliato dell'imprenditore e indicando le eventuali azioni previste per una sua oggettiva mitigazione, oltre ad illustrare nel dettaglio le strategie di capitalizzazione e di ristrutturazione dell'indebitamento.
Il dato più allarmante secondo questa indagine presentata a Bologna è che anche l'impresa medio-grande è in ritardo nell'affrontare Basilea II: ben il 64 per cento delle imprese che si sono sottoposte all'autodiagnosi dichiarano di essere carenti su sistemi di reporting di gruppo e di non avere ancora un bilancio consolidato certificato; il 71 per cento insiste nel dichiararsi indisponibile a riaprire l'equity a terzi finanziatori; il 53 per cento dichiara di essere in forte difficoltà nell'affrontare i processi di cambiamento e ben il 68 per cento ammette di non saper far uso di analisi della vulnerabilità aziendale.Pag. 19
Nel corso dell'esame in Assemblea del provvedimento e degli emendamenti proposti dobbiamo considerare tutto questo, rilevando come l'aspetto fondamentale del disegno di legge in esame sia costituito dal recepimento di talune direttive comunitarie rispetto a cui non possono esprimersi rilievi critici fondamentali, ma solo miglioramenti di carattere tecnico, proprio tenendo conto di quella realtà italiana che ho sinteticamente analizzato.
Si sarebbe dovuto cogliere questa occasione, a nostro giudizio, per adottare un provvedimento normativo organico, attraverso il quale cominciare ad affrontare i numerosi aspetti problematici, anche dal punto di vista della disciplina tributaria, venendo incontro all'esigenza di chiarezza sentita da tanti cittadini contribuenti. Invece, il recepimento di talune direttive europee rappresenta oggi soltanto l'occasione attraverso la quale il Governo intende introdurre ulteriori disposizioni volte ad intervenire su una molteplicità di problematiche del tutto eterogenee, così come è avvenuto con la proposta emendativa che introduce l'articolo 3-bis con il quale il Governo fa «rientrare dalla finestra» un emendamento in precedenza dichiarato inammissibile dalla Commissione finanze.
Nella sostanza, la correzione riguarda le norme confluite nella legge finanziaria, limitando ai soli impianti già realizzati ed operativi gli incentivi per l'energia prodotta da fonti rinnovabili e assimilate. La manovra finanziaria prevedeva, invece, che gli incentivi fossero attribuiti ai soli impianti già autorizzati e di cui si fosse avviata completamente la realizzazione.
Il testo introdotto esclude le agevolazioni concesse ad investimenti già realizzati. Un tema così tecnico deve, a nostro giudizio, essere oggetto di decreti attuativi che risulterebbero certamente lo strumento più idoneo.
Passando all'articolo 5, esprimo anche in questo caso la mia perplessità circa l'opportunità di affrontare nel decreto-legge il tema relativo alla costituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani. La problematica delle azioni di sostegno in favore del mondo giovanile riveste grande interesse e, quindi, anche in questo caso, sarebbe stato preferibile intervenire in tale materia attraverso un esplicito provvedimento. Tuttavia, abbiamo dimostrato la nostra disponibilità al riguardo ed il nostro gruppo ha presentato diversi emendamenti migliorativi che fissano limiti di età, rispetto della parità tra i sessi ed un'attenzione per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze per il recupero dei minori a rischio di devianza, nonché per la promozione dei diritti per l'infanzia e l'adolescenza. Ci auguriamo che tali emendamenti vengano discussi ed accolti dall' Assemblea.
Signor Presidente, rappresentante del Governo, ciò che ci ha costretti a mutare radicalmente il nostro atteggiamento nei confronti di questo disegno di legge di conversione è il tentativo da parte dell'Esecutivo di stravolgere il contenuto del provvedimento, introducendo surrettiziamente anche una modifica al Testo unico sull'immigrazione, volto ad eliminare l'obbligo del permesso di soggiorno per soggiorni di durata inferiore ai tre mesi.
L'emendamento 5.07 che il Governo ha presentato in Commissione è un'apertura indiscriminata all'emigrazione, in chiara contraddizione con la linea dettata da tanti altri paesi europei che hanno optato per posizioni più rigide. Con un colpo di spugna, infatti, il Governo ha deciso di cancellare la cosiddetta legge Bossi-Fini. Così, l'annunciata cancellazione delle norme varate dal centrodestra che regolano i flussi degli stranieri in Italia sta per essere portata a termine. I cittadini extracomunitari non avranno più bisogno di permesso di soggiorno per soggiorni della durata di meno di tre mesi, ma dovranno dare semplicemente notizia del loro ingresso agli uffici di frontiera oppure entro otto giorni agli uffici di questura.
Inoltre, verrà abrogato l'obbligo per l'ospitante ed i datori di lavoro di comunicare alla questura l'ospitalità e l'assunzione. Questo Governo sta usando ogni strumento possibile per cancellare la cosiddetta Bossi-Fini. Tuttavia, per questo scopo, non sta usando l'unico strumentoPag. 20legittimo, perché non ne ha la forza in Parlamento e, quindi, non prova a presentare un proprio provvedimento complessivo sull'immigrazione, ma tenta, attraverso l'inserimento di proposte emendative (così come già avvenuto al momento dell'approvazione la scorsa settimana della legge comunitaria 2006, per la determinazione dello status di rifugiato), di cancellare la cosiddetta Bossi-Fini, l'unica legge che ha ridimensionato il fenomeno dell'immigrazione clandestina, ormai fuori controllo.
Certo, questo è il Governo del permissivismo, quello che ha innalzato il limite del consumo personale di droga, quello che ha concesso l'indulto, quello che ora vuole cancellare le frontiere e trasformare l'Italia nel paese del Bengodi a cui tutti possono accedere ed in cui tutti possono fare ciò che vogliono.
L'altro giorno mi sono soffermata su una notizia apparsa sui quotidiani che ha attirato la mia attenzione. Si tratta di un trucchetto messo in atto da alcuni immigrati clandestini che lanciavano patate farcite di eroina all'interno dei CPT. L'eroina veniva consumata dagli ospiti del centro che, in questo modo, si dichiaravano tossicodipendenti, situazione incompatibile con il trattenimento e venivano quindi rilasciati.
Cosa fa questo Governo? Invece di intensificare i controlli e di punire chi, attraverso escamotage più o meno fantasiosi, contravviene alle nostre leggi, facilita e favorisce chi, illegalmente, si vuole introdurre nel nostro paese. La nostra valutazione sul decreto-legge è quindi sostanzialmente negativa. Concludo, quindi, stigmatizzando fortemente il carattere assolutamente disorganico del provvedimento in esame e stigmatizzando il tentativo, da parte del Governo, di introdurre surrettiziamente, attraverso la presentazione di emendamenti, ulteriori disposizioni che riguardano aspetti cruciali del nostro ordinamento, senza assicurare la necessaria trasparenza al processo democratico di decisione parlamentare.
Per questo, esprimo una valutazione complessivamente negativa dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale sul provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Borghesi, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare il deputato Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella discussione relativa al provvedimento sulla proroga dei termini, personalmente avevo sostenuto che se il Presidente della Camera fosse andato avanti su quella strada avrebbe probabilmente dovuto rivedere la sua posizione per quanto concerne l'inammissibilità di molti degli emendamenti presentati nell'ambito di quel decreto-legge. Non posso dubitare che la Camera dei deputati si orienti in questo senso, perché, obiettivamente, siamo partiti da un testo che complessivamente interveniva su materie nelle quali esiste un effettivo contrasto con l'Unione europea, anche di natura contenziosa, legato a procedimenti di infrazione aperti contro l'Italia. Nel corso dell'esame in Commissione ci siamo però trovati, come sempre accade, di fronte ad un testo contenente emendamenti che poco hanno a che vedere con la materia in esame.
Ci siamo trovati di fronte ad una situazione abbastanza singolare, relativa all'articolo 3. Naturalmente richiamo le considerazioni già svolte brillantemente dalla relatrice sugli articoli 1 e 2, ma, poiché ella non ha avuto modo di esprimere le sue personali convinzioni sul resto del testo in esame, mi limiterò a dire che i primi due articoli sono tesi a recepire delle direttive comunitarie. Essi intervengono su argomenti che sono senz'altro condivisibili, come la disclosure, la composizione dei gruppi, la vigilanza consolidata, la vigilanza regolamentare e informativa, gli interventi sui soggetti abilitati, tutte disposizioni che, come ha detto il collega Fluvi, sarebbe stato comunque più opportuno inserire all'interno di una revisione organica dei testi unici vigenti in materia. SiPag. 21trattava quindi di materie che dovevano essere regolamentate al più presto.
Comunque, in Commissione abbiamo avuto modo di sollevare questioni relative ai primi due articoli. Mi riferisco in particolare al sistema di valutazione del rischio. È singolare che il Governo, invece di guardare, soprattutto dopo la «lenzuolata» di provvedimenti sulle liberalizzazioni, all'interesse dei cittadini e degli utenti, guardi agli interessi delle banche. Inserire in un provvedimento di questo tipo una norma che sostanzialmente pone a carico del richiedente la valutazione del rischio d'impresa significa non fare un bel servizio al cittadino. È come se, lo dicevo in Commissione, un venditore di lavatrici chiedesse ad un cliente, dopo aver fatto le opportune verifiche, qualche contributo per le richieste di valutazione del merito del consumatore stesso. Mi pare che obiettivamente occorrerebbe intervenire a favore degli utenti, ponendo a carico delle banche una valutazione di questo tipo.
Questa era sostanzialmente la critica da noi avanzata sui primi due articoli del testo, mentre ritenevamo che il resto delle norme, inserite come novelle ai testi unici, fosse sostanzialmente accettabile.
L'inserimento, nel corso dell'esame del decreto, dell'emendamento relativo alle modifiche alla legge Bossi-Fini ha incattivito il clima, intanto per l'inappropriatezza dell'emendamento stesso e per l'assoluta estraneità rispetto alla materia trattata e, soprattutto, perché su questa materia - mi richiamo, a tale proposito, alle considerazioni svolte dal collega Fugatti - nel nostro paese vi è un peccato di origine. A differenza di quanto accade in Europa, ove i soggetti competenti vigilano con tempestività e precisione sulla presenza di coloro i quali hanno reso la relativa dichiarazione, in Italia non viene affatto rilevata la presenza di persone che vivono nel nostro paese da anni: conosco persone che sono in Italia da decine di anni e che non sono nemmeno mai state fermate dai carabinieri per una verifica dei documenti relativi alla loro automobile. Ciò è singolare e rappresentativo della realtà in cui dobbiamo muoverci. Si partirebbe dal presupposto che basta entrare in Italia, fare la dichiarazione di presenza e mettersi a cercare lavoro. Con tale misura, andremmo non tanto contro i principi generali, ma contro ogni logica che attiene proprio all'ingresso dei clandestini.
Per quanto concerne l'articolo 3, ricordo che il testo originario anticipa un articolo di analogo contenuto presente nella legge comunitaria, relativamente ai servizi a terra negli aeroporti. Qui si apre una questione non secondaria, in quanto la legge comunitaria, che è stata approvata, disciplina la stessa materia di cui all'articolo 3 del decreto al nostro esame. A questo punto, bisognerebbe svolgere una verifica sugli effetti prodottisi nel periodo di vigenza del decreto-legge, ovvero dalla fine del mese di dicembre fino a quando è stata approvata la legge comunitaria, e, conseguentemente, andrebbe inserita una norma transitoria che faccia salvi gli effetti prodotti. A mio giudizio - lo verificheremo, comunque, nel prossimo futuro -, la stessa norma presente nella legge comunitaria sarà dichiarata - come è stata dichiarata in precedenza quella che andava a sostituire - incompatibile con le norme dell'Unione europea, perché chiaramente ragiona sulla libertà di trasferimento all'interno della gestione dei servizi a terra tra società che subentrano in via di un appalto che le mette in condizione di gestire l'handling, soprattutto negli aeroporti. Si apre, a tale riguardo, una questione molto più complicata, che analizzeremo nel momento opportuno.
Altra questione attiene alla proposta emendativa sostitutiva dell'articolo 3, che contiene una congerie di norme molto varie, alcune delle quali assolutamente accettabili. Si apre, a tale proposito, la questione dell'ammissibilità dell'emendamento in sé. Infatti, naturalmente si può dire senz'altro che il provvedimento in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco o le disposizioni che intervengono sul codice delle comunicazioni elettroniche in materia di accesso e di interconnessione sono accettabili, anche perché si riferiscono ad una vera e propria decisione della ComPag. 22missione; sono ancora questioni di assoluta rilevanza quella relativa all'autorizzazione al lavoro di cittadini di paesi terzi, soprattutto per quanto concerne gli appalti svolti da società all'interno dell'Unione europea, e che, quindi, riguarda i lavoratori, così come quella attinente alla durata temporale della protezione assicurata al disegno industriale o quella relativa ai consulenti del lavoro e agli albi conseguenti.
Sono tutte materie degne di attenzione; probabilmente, tuttavia, se verranno effettuate dalla Presidenza della Camera le stesse valutazioni già fatte in sede di esame del disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto proroga termini, il loro esame dovrà essere escluso; analogamente deve dirsi per la proposta nella quale è inserita la modifica alla cosiddetta legge Bossi-Fini.
Un'altra questione che ritengo verrà affrontata e risolta dalla Presidenza della Camera riguarda la vicenda del CIP 6; anche con riferimento a tale riguardo, mi collego alle considerazioni svolte dal collega Fluvi: non si può non tenere conto delle iniziative avviate e varare tale provvedimento, peraltro così eterogeneo. Il presidente della Commissione ricorderà che avevo avuto modo di eccepire circa l'ammissibilità di questa proposta emendativa perché, presentata dal Governo senza uno specifico richiamo ad una normativa comunitaria, è stata ripresentata dal gruppo dei Verdi con riferimento ad una direttiva comunitaria che comunque poco si adatta al contenuto della proposta stessa. Quindi, si è trattato, per così dire, di un'astuzia per rendere ammissibile la proposta; ma, d'altra parte, come poteva il presidente negare l'ammissibilità di una proposta che faceva riferimento ad una normativa europea? Abbiamo chiesto anche in quella sede che vi fosse al riguardo un riesame da parte della Presidenza della Camera e ci attendiamo quindi che la Presidenza della Camera sia ligia in tale compito, dando attuazione alla decisione di considerare inammissibili gli emendamenti estranei per contenuto al testo presentato dal Governo.
Venendo alle disposizioni successive, l'articolo 4, intervenendo in materia di prelievo venatorio, materia della quale il sottosegretario è probabilmente molto più esperto di me, affronta una questione, la caccia allo storno, che praticamente si concluderebbe comunque mercoledì prossimo; ma così è la politica! Il provvedimento della regione Liguria ha termine il 31 gennaio di quest'anno e noi affrontiamo il problema recependo una direttiva comunitaria che, quando avremo finito di discutere questo articolato, sarà già superata.
ALBERTO FLUVI. È un decreto-legge!
GIANFRANCO CONTE. Sì, certo, è un decreto-legge; ci mancherebbe! È solo una riflessione sulla tempestività delle norme proposte.
Ritengo meriti una particolare attenzione la questione affrontata dall'articolo 5. Dobbiamo infatti svolgere talune considerazioni che attengono soprattutto, se mi permettete, alla relazione tecnica presentata a sostegno della decisione n. 1719/2006/CE. È vero che si tratta di una decisione europea riguardante il programma di azione per i giovani per il periodo 2007-2013 ed è altresì vero che la normativa è assolutamente in linea con le deliberazioni dell'Unione europea e di tante riunioni dall'Agenda di Lisbona in poi. Ma la questione che ci poniamo è che, articolando in tal modo l'Agenzia, si sia sostanzialmente tenuto poco conto del dibattito svoltosi durante la finanziaria relativamente ai costi della politica; ebbene, come si può presentare oggi una richiesta di finanziamento per l'Agenzia per i giovani di un milione 250 mila euro? L'Unione europea riconosce, per il funzionamento di questa Agenzia, 650 mila euro annui; il Governo interviene e, prelevando dal Ministero della solidarietà sociale 300 mila euro e dalla Presidenza del Consiglio-Dipartimento per le politiche giovanili altri 300 mila euro, destina tali risorse al funzionamento di questa Agenzia.
Al riguardo, ci sono alcune questioni da affrontare. Questa agenzia già esisteva nell'ambitoPag. 23del Ministero della solidarietà sociale e, per il suo funzionamento, impiegava due dipendenti dello stesso ministero e tredici persone con contratti di collaborazione continuata e continuativa. Il programma europeo per i giovani prevede un intervento di oltre 800 milioni di euro. Il decreto-legge in esame prevede la creazione di una agenzia nella quale saranno impiegati i due dipendenti del Ministero della solidarietà sociale di cui sopra e tredici dipendenti con contratto di collaborazione continuata e continuativa che dovrebbero istruire le pratiche. Tuttavia, poiché l'Unione europea prevede che le persone da impiegare in questa agenzia abbiano una qualificazione e una preparazione nell'ambito delle relazioni internazionali, ci viene da chiedere: i collaboratori che provengono dal Ministero della solidarietà sociale hanno questo tipo di specializzazione? Se non la possiedono, è chiaro che bisognerà esaminare qualche altra soluzione.
Inoltre, dal momento che avete previsto la stabilizzazione dei dipendenti a tempo determinato, prima di stabilizzare persone che, magari, non hanno la qualificazione richiesta dall'Unione, forse bisognerebbe verificare, nel merito, se abbiano o meno questa specializzazione. Del resto, si tratta di gestire un fondo che vale per tutta l'Unione europea, che è obiettivamente rilevante ed è finalizzato, soprattutto, a istruire e a produrre materiale informativo che deve servire a garantire l'effettiva conoscenza di questo programma e soprattutto la presentazione delle iniziative previste dalle disposizioni dell'Unione europea.
Ci pare, inoltre, davvero singolare che, a fronte di una struttura composta di due impiegati, che transitano dai ruoli ministeriali, tredici collaboratori, con rapporto di collaborazione continuativa, e un dirigente, si preveda un consiglio di amministrazione costituito di otto membri. In altri termini, a fronte di sedici dipendenti c'è un consiglio di amministrazione, che costerebbe alle casse dello Stato 290 mila euro, composto di un presidente, quattro consiglieri e tre revisori dei conti. Insomma, questa agenzia avrebbe pochi dipendenti e molti dirigenti e consiglieri di amministrazione. Immagino che tutto questo sia stato deciso prima dell'approvazione della legge finanziaria, la quale impartisce agli enti locali l'indirizzo di prevedere consigli di amministrazione composti, al massimo, di tre consiglieri. In questo caso ne sono previsti quattro e, quindi, non ci siamo.
Oltre a tutto questo, si prevede una serie di stanziamenti: 300 mila euro per le retribuzioni dei collaboratori, 72 mila euro per gli emolumenti dei dipendenti a tempo indeterminato, 100 mila euro per le diarie - vedremo a che cosa serviranno - e 170 mila euro per l'attività di informazione. Questi ultimi, forse, sono pochi. Inoltre, si stanziano 150 mila euro per l'affitto di una sede. È necessaria questa spesa, considerando che nella legge finanziaria è prevista una collaborazione tra l'Agenzia del demanio e lo Stato per mettere a disposizione di strutture pubbliche immobili transitati sotto il controllo della stessa agenzia? Altri 100 mila euro sono stanziati per l'assistenza tecnica ai computer. Immagino che sia uno stanziamento utile perché, obiettivamente, tredici dipendenti hanno bisogno di almeno tredici computer e, quindi, il conteggio si può fare in questi termini; però, un simile calcolo porta alla metà della spesa prevista. Altri 140 mila euro sono previsti per i beni di consumo. Che cosa consumeranno tredici persone? Si tratta di 10 mila euro a testa per beni di consumo! Immagino che matite e cancelleria dovranno essere garantite a tutti, data l'enorme mole di lavoro! 209 mila sono i compensi agli amministratori. In totale, si tratta di un 1 milione e 241 mila euro.
Credo che chi ha fatto questa relazione si debba un po' vergognare. Immagino che si abbondi in questa previsione di spese per spiegare come sono state allocate le risorse richieste. Però, obiettivamente, se si fosse concentrata l'attenzione più sull'azione di informazione e meno sulla gestione ordinaria di questa struttura, che deve essere sottratta al Ministero dellaPag. 24solidarietà sociale e costituita altrove, si sarebbe fatto un lavoro decisamente più accettabile.
Credo che da tutto ciò derivi un fatto, che continuiamo a ricordare dall'inizio dell'esame di questo provvedimento. Il decreto-legge era obiettivamente semplice ed eravamo nella condizione di esaminarlo velocemente e di approvarlo, per quanto ci concerne, nel testo trasmesso dal Consiglio dei ministri. È chiaro, però, che quando si tenta di fare delle forzature, come con la modifica della legge Bossi-Fini, ciò non è possibile.
Mi piace ricordare, inoltre, l'emendamento relativo al comma 1 dell'articolo 3, che sostituiva il testo del decreto-legge, sui rimborsi delle tasse sulle concessioni governative. Se c'era un'urgenza, era proprio quella. Però, fin dalla presentazione di quell'emendamento, abbiamo sostenuto che quella norma, assolutamente accettabile, necessitava di copertura.
È possibile che gli uffici del ministero non siano stati in grado, in una settimana, di darci uno straccio di informazione relativamente allo stato dell'arte? L'emendamento è stato ritirato, non opportunamente, perché, naturalmente, richiedeva una copertura, ma, in qualche modo, quel tema andava affrontato, con serietà e con la dovuta documentazione. Magari, però, leggiamo su Il Sole 24 ore, di un paio di giorni fa, che loro - loro sì - hanno i dati, che parlano di oltre 800 mila pratiche già evase e di 11.500 pratiche da evadere.
Mi sono voluto togliere, come si suol dire, uno sfizio: stamane, prima di entrare in aula, sono passato da un'Agenzia delle entrate per vedere qual è la situazione di questo rimborso delle tasse di concessione. Così, ho potuto rilevare che anche il dato de Il Sole 24 ore non è esatto, perché ci sono ancora molte pratiche che non sono state ancora evase o che sono state sospese, perché, dopo le sentenze della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, ancora non si sa se il termine di prescrizione decorra dal 1994 o dal 1997. Infatti, è chiaro che, se il termine di prescrizione decennale (bisognerebbe rifarsi, in merito, ad una norma del 2003) decorre dal 1997, come dovrebbe essere in considerazione del fatto che la norma è del 1996, ancora oggi i contribuenti sarebbero nei termini per chiedere il rimborso.
Allora, la questione non riguarda tanto il fatto che l'Unione europea abbia bocciato non solo la norma originaria che istituiva la tassa di concessione, ma anche quella del 1996, che l'ha sostituita con una tassa di iscrizione di servizio, anch'essa illegittima. La norma che era stata presentata dal Governo interveniva anche su questa seconda eccezione dell'Unione europea e sul tasso da applicare, che non doveva essere il tasso legale, ma quello relativo ai rimborsi.
Su questo argomento credo che il Governo debba compiere una riflessione, affrontandolo seriamente. Spero che in Commissione avremo l'occasione di ritornare su tale argomento, perché credo che, con la stessa sagacia con cui il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate chiedono soldi ai contribuenti, si dovrebbe avere la capacità di dare risposte anche alla richiesta di rimborso.
Non bisogna fare furbizie, come in questo caso è successo, approvando una norma che prevede il rimborso, ma di cui non si fa cenno per dieci anni, pretendendo che i contribuenti, a distanza di tanti anni, si ricordino di incassare i soldi. Infatti, ancora oggi, nonostante molte pratiche siano state validate da parte delle agenzie, la Banca d'Italia non procede ai pagamenti.
Anche in questo caso, si compie una valutazione sulla copertura della norma e soprattutto sugli effetti che la nuova norma, che inopportunamente è stata cancellata, produrrà. Tale norma, sicuramente, avrebbe dato lustro al Governo nel riconoscere i diritti dei contribuenti.
Signor Presidente, mi sarebbe piaciuto, ma non è argomento di questa discussione, affrontare un'altra questione riguardante l'effettiva applicazione delle norme della finanziaria, soprattutto di quelle riguardanti la compensazione fra crediti e debitiPag. 25nel settore IVA (non è assolutamente partita); sarà, comunque, oggetto di una discussione successiva.
Per queste ragioni, Presidente, pur attendendo un intervento conclusivo della Presidenza che faccia chiarezza sull'ammissibilità dell'emendamento sostitutivo dell'articolo 3 e della proposta emendativa riguardante il CIP 6, che dia rassicurazioni anche ai colleghi del gruppo della Lega sull'inopportunità di introdurre una norma di modifica della legge «Bossi-Fini», manterremo il nostro voto contrario, salvo verificare, in una fase successiva, se si potrà raggiungere un accordo sulle norme che, purtroppo, non abbiamo avuto modo di esaminare compiutamente in sede di esame in Commissione.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2112)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Leddi Maiola.
MARIA LEDDI MAIOLA, Relatore. Signor Presidente, rinunzio alla replica, rinviando alla relazione svolta.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PIER PAOLO CENTO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, colleghi, intervengo brevemente per rassicurare l'Assemblea anche in relazione agli interventi che ho seguito con attenzione: non vi è alcuna imboscata da parte del Governo in merito alla presentazione degli emendamenti che sono stati depositati. Infatti tutte le proposte emendative corrispondono, nella valutazione che compie il Governo - rimettendosi ovviamente alle decisioni del Presidente della Camera in ordine alla ammissibilità - alla necessità dell'applicazione concreta e tempestiva, rispetto ai tempi a nostra disposizione, delle direttive comunitarie.
In particolare, per quanto riguarda l'emendamento concernente la possibilità dell'ingresso nel nostro paese di stranieri extracomunitari, che si trattengano per un periodo inferiore ai tre mesi, siamo di fronte all'applicazione della normativa prevista dall'accordo di Schengen. Certamente, non si tratta di un intervento, opinabile legittimamente, che può rappresentare uno stravolgimento della legge Bossi-Fini, che, peraltro, come è stabilito nel programma dell'Unione, va cambiata, ma sarà cambiata con un intervento strutturale. Si intende invece intervenire rispetto ad un fatto specifico relativo all'applicazione di una norma comunitaria che, nel nostro paese, non è stata ancora esaminata e recepita.
Ovviamente, il Governo, sia in sede di Comitato dei nove che nel prosieguo della discussione parlamentare, sarà disponibile ad entrare nel merito di tutte le questioni, al fine di verificare la possibilità di convergenze tra le forze politiche all'interno del dibattito parlamentare.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Libano.
La seduta, sospesa alle 14,30, è ripresa alle 15.