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Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Libano.
(Intervento del Viceministro degli affari esteri)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il viceministro degli affari esteri, Ugo Intini.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, questo scambio di riflessioni e di informazioni è molto opportuno perché è di fronte agli occhi di tutti che il Libano sta attraversando in questi giorni momenti di particolare tensione.
Il fallimento dei negoziati sul «Dialogo nazionale» ha dato avvio ad una successione di eventi che ha determinato una grave crisi politica, con scontri violenti tra opposte fazioni. In questo frangente il Governo italiano ha espresso in più occasioni - e da ultimo lo ha fatto il ministro degli esteri D'Alema a Parigi il 25 gennaio scorso in occasione della Conferenza di sostegno al Libano - il suo convinto appoggio al primo ministro Siniora, con l'invito a tutte le forze politiche a trovare una soluzione negoziale della crisi e, quindi, a ridare stabilità al paese.
Siamo preoccupati che il Libano possa diventare un'altra volta teatro di scontri per confronti regionali. Per questo abbiamo esortato direttamente ed indirettamente tutti gli attori della crisi libanese ad astenersi da azioni che potrebbero pericolosamente destabilizzare il paese e, conseguentemente, l'intera area mediorientale.
Fino ad oggi, la crisi politica si è mantenuta entro i confini di un contrasto aspro, ma con un livello di violenza non catastrofico. I prodromi della crisi si sono evidenziati con la manifestazione del 1o dicembre 2006, svoltasi in maniera relativamente pacifica davanti ad uno schieramento imponente di forze dell'ordine e dell'esercito, che ha lasciato nella piazza adiacente alla sede del governo un presidio di contestatori.
Il primo ministro, Sinora, ha raccolto la sfida lanciatagli dalla dimostrazione di forza dell'opposizione e ha ribadito la legittimità del suo governo, dichiarando in un discorso teletrasmesso alla nazione che non si sarebbe fatto intimidire e che solo un voto di sfiducia in Parlamento, dove peraltro detiene una solida maggioranza, avrebbe potuto legittimamente imporre le sue dimissioni.
L'esercito libanese ha dato prova di imparzialità, intervenendo ove necessario per frapporsi tra gli schieramenti delle opposte fazioni e per sedare gli scontri. Fortunatamente, in quel momento di tensione non sono stati sospesi i contatti tra i due schieramenti anche attraverso una mediazione del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, tuttora in corso. Anche Egitto ed Arabia Saudita, che temono una pericolosa degenerazione della crisi in un confronto interreligioso tra sciiti e sunniti, si sono adoperati in prima linea per esortare le parti ad evitare una pericolosa escalation del confronto.
Il 9 gennaio scorso, l'opposizione ha deciso di avviare una seconda fase dell'azione di protesta contro l'esecutivo con una manifestazione organizzata dalla CGTL, la maggiore organizzazione sindacale libanese, molto vicina ad Hezbollah. Il 23 gennaio, uno sciopero generale indetto da Hezbollah si è trasformato in veri e propri moti di piazza, prolungatisi fino alPag. 2725 gennaio, che disgraziatamente hanno provocato vittime, ma che fortunatamente si sono limitati a scontri locali.
Il 25 gennaio, mentre a Parigi si svolgeva la Conferenza internazionale di sostegno al Libano, a Beirut scoppiavano altri scontri tra oppositori e sostenitori del governo che hanno causato cinque morti ed una trentina di feriti. La tesi prevalente è che la scintilla sia stata innescata da giovani universitari sunniti decisi a vendicare l'uccisione di due militanti del campo filogovernativo nel corso degli scontri avvenuti a Tripoli, nel nord del paese, due giorni prima.
Su questo iniziale episodio si sarebbero poi inserite ulteriori dinamiche sfociate in incidenti concentrati prevalentemente nei pressi dell'università araba di Beirut. Ancora una volta, esercito e forze di polizia hanno dimostrato di saper rimanere neutrali, con atteggiamento non confessionale, anche di fronte alle provocazioni di alcune bande armate sunnite e cristiane. Nella serata dello stesso giorno, l'esercito ha annunciato il coprifuoco rimasto in vigore sino al mattino successivo, contribuendo a raffreddare, sui due versanti, le pulsioni all'origine dei drammatici scontri della giornata precedente.
Su questo preoccupante sfondo si registrano tuttavia - e questo è positivo - gli appelli alla moderazione lanciati da figure di punta dei due schieramenti: da Saad Hariri allo speaker del Parlamento, Berri, al leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il quale si è rivolto per la prima volta a tutti i libanesi e ricorrendo ad una fatwa (editto religioso) ha sollecitato i seguaci a rispettare i compatrioti e ad astenersi dall'uso delle armi. Anche il leader cristiano delle forze libanesi, Samir Geagea, ha voluto lanciare segnali di disponibilità al dialogo sia a Nasrallah che al generale Aoun.
Il risultato degli scontri è stato una radicalizzazione dello scontro tra un esecutivo, che chiede di trasferire il conflitto in seno alle istituzioni con la convocazione di una sessione straordinaria del Parlamento, e un'opposizione che, pur proclamando il successo della protesta organizzata nei giorni scorsi, sembra piuttosto cominciare ad interrogarsi se l'attuale linea intransigente sia la più produttiva.
La Conferenza di Parigi III sul sostegno al Libano ha comunque registrato un successo enorme per l'esecutivo di Siniora, che ha ottenuto un importante sostegno economico-finanziario, oltre che politico, da parte della comunità internazionale. L'impegno finanziario complessivo - ricordiamolo - ammonta a 7,6 miliardi dollari.
Sul piano dei contributi, a Parigi rilevante è stato l'apporto fornito dalle istituzioni finanziarie internazionali: la Banca mondiale ha annunciato la concessione di 768 milioni di euro, mentre la BEI di 961 milioni di euro. Per quanto riguarda gli Stati partecipanti, al primo posto spicca l'Arabia Saudita che ha promesso circa 846 milioni di euro. Gli Stati Uniti seguono con 592 milioni di euro e l'Unione europea con 400. La Francia ha confermato lo stesso contributo apportato in occasione di «Parigi II», vale a dire 500 milioni di euro, sia sotto forma di aiuti diretti al bilancio che di finanziamenti a progetti, nel quadro delle priorità fissate nel piano di riforme del Governo libanese.
La Gran Bretagna ha annunciato un dono di 37 milioni di euro, destinati in larga parte ai rifugiati palestinesi in Libano. L'Italia contribuirà alla solidarietà nei confronti del Libano con 120 milioni di euro di nuovi stanziamenti, che si sommano ai 30 milioni di euro già concessi per l'emergenza all'indomani del conflitto israelo-palestinese. A ciò occorre aggiungere - come ha sottolineato il ministro D'Alema a Parigi - il costo della missione militare italiana nel quadro di UNIFIL che, per il 2007, è stato calcolato in 400 milioni di euro, cui vanno sommati i 200 milioni di euro già spesi per il 2006.
Il ministro degli esteri ha comunque dichiarato che, nel caso in cui dovesse cadere il Governo di Siniora, la Comunità internazionale rivedrebbe i generosi aiuti stanziati alla Conferenza di Parigi, poiché gli aiuti sono legati anche agli impegniPag. 28presi dall'attuale Governo libanese sul fronte del risanamento del bilancio e delle riforme.
Continueremo, assieme agli altri partners dell'Unione europea, a sostenere la stabilità del Libano, la sua piena sovranità e indipendenza, nonché il rispetto di tutti paesi vicini. Questi elementi costituiscono un requisito irrinunciabile per il paese e per gli equilibri della regione. A questo obiettivo l'Italia sta fornendo un importante contributo attraverso la sua significativa partecipazione alla missione UNIFIL di cui - come sapete - il generale Claudio Graziano assumerà il comando operativo nei prossimi giorni.
Oggi è in corso una crisi politica dalle complesse implicazioni di carattere interno ed internazionale che esigono, da parte dell'UNIFIL, il mantenimento rigoroso dell'imparzialità prevista nell'attuale mandato. L'adesione alle disposizioni della risoluzione n. 1701 delle Nazioni Unite costituisce la migliore garanzia, soprattutto allo stato attuale dei rapporti di forza in Libano, del perdurante successo della missione.
Vorrei aggiungere alcune riflessioni è informazioni sul ruolo dell'Europa. In prospettiva di medio periodo, l'Unione europea ha preso in considerazione la possibilità di fornire al Governo libanese assistenza nel settore della sicurezza, in primo luogo nel settore dell'addestramento dell'esercito e della polizia, secondo lo schema seguito in altri teatri di conflitto, ed eventualmente anche per l'assistenza alla gestione delle frontiere.
Una missione tecnica dell'Unione europea è stata inviata in Libano nell'autunno 2006 per esaminare la questione insieme al Governo libanese ed in contatto con UNIFIL. Data la sensibilità, sul piano politico interno libanese, di un possibile intervento di assistenza dell'Unione europea nel settore della sicurezza, occorrerà peraltro attendere più chiari segnali di disponibilità da parte del Governo libanese, prima di procedere ulteriormente nella definizione delle modalità di attuazione.
Riteniamo che la conclusione del negoziato sul piano d'azione nell'ambito della politica europea di vicinato, occorsa poco prima della crisi della scorsa estate, rappresenti un'importante punto di partenza per rafforzare le relazioni tra Unione europea e Libano. Il piano d'azione prevede priorità definite dal Governo libanese che, se raggiunte, potranno facilitare il necessario consolidamento degli sforzi di riforma politica, sociale ed economica.
L'Unione europea - è bene ricordarlo - è stato uno dei primi donatori internazionali ad essersi mobilitati. In occasione della Conferenza di Parigi il Presidente Barroso e il Commissario alle relazioni esterne, Benita Ferrero Waldner, hanno annunciato l'avvio di un piano d'azione sostenuto da un'allocazione di 500 milioni di euro a supporto delle riforme e della ricostruzione economica. Altre azioni finanziate dall'Unione europea includono attività di sminamento e di sostegno ai rifugiati tra i palestinesi in Libano.
L'assistenza dell'Unione non si limita alle misure a carattere straordinario. Essa si inquadra in una strategia di lungo periodo (per l'esattezza settennale), che anche per il Libano, così come per tutti gli altri paesi della sponda sud del Mediterraneo, sta per essere in questi giorni definita dalla Commissione europea nella cornice dello strumento finanziario che sostiene la politica europea cosiddetta di vicinato.
Anche il contributo offerto dalla Banca europea per gli investimenti è sostanziale. A Parigi, il presidente della BEI, Philippe Maystadt, ha annunciato che la Banca sosterrà il piano di ricostruzione e riforme varato dal governo libanese, attraverso il finanziamento di progetti, sia nel settore pubblico sia in quello privato, per un valore di 960 milioni di euro per i prossimi cinque anni.
L'Italia veglia ed è coinvolta a tutti i livelli, a Beirut ma anche a Bruxelles, affinché sia assicurata la coerenza e l'efficacia delle strategie comunitarie e nazionali nell'interesse del popolo libanese.