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Allegato A
Seduta n. 136 del 28/3/2007
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(A.C. 648 - Sezione 2)
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
è sempre più presente, oltre che nell'uso comune, anche in atti amministrativi l'impiego di lettere appartenenti all'alfabeto internazionale, come nel caso delle targhe automobilistiche, mentre tale uso non viene consentito nella redazione delle leggi,
impegna il Governo
ad adottare provvedimenti atti ad uniformare e quindi a consentire l'uso dell'alfabeto internazionale.
9/648/1. Lucchese.
La Camera,
premesso che:
la Costituzione, in armonia con i principi generali stabiliti in sede europea ed internazionale, assicura la tutela della lingua e della cultura delle popolazioni germaniche, catalane, albanesi, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il sardo, il friulano, il ladino, il francese, il franco-provenzale e l'occitano presenti sul territorio della Repubblica,
impegna il Governo:
a) a garantire, per quanto di diretta competenza statale, finanziamenti adeguati ad un'efficace e continua attuazione di quanto disposto dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche;
b) a promuovere ogni iniziativa utile a rafforzare presso le comunità di italiani all'estero il legame con le proprie radici linguistiche e culturali.
9/648/2. Cossiga, Cicu, Lenna, Tondo, Holzmann, Murgia, Romagnoli.
La Camera,
premesso che:
in numerose lettere apparse sulla stampa nazionale molti cittadini hanno evidenziato la mancanza di traduzioni in lingua italiana nelle istruzioni per l'uso accluse a molteplici e variegati prodotti commerciali, evidenziando inoltre come molti prodotti vengano posti in vendita in Italia, dalla piccola e grande distribuzione, dotati di istruzioni, sulla confezione o nel foglietto illustrativo accluso, senza indicazioni in lingua italiana, pur presentando dettagli importanti, anche riguardanti i componenti e l'uso del prodotto, scritti in molti altri idiomi: a partire dall'inglese, francese e tedesco, fino a giungere all'arabo, al cinese e ad altre lingue europee ed extra europee;
se la mancanza di chiare istruzioni ed indicazioni può essere considerata un fatto secondario per i beni il cui utilizzo non presenta la potenzialità di rischi connessi ad un improprio uso, per quanto riguarda altri beni di consumo il rischio di provocare danni a sé e ad altri diventa più rilevante, come nel caso di cosmetici o di prodotti per l'igiene o elettrodomestici;
l'accompagnare un prodotto con istruzioni e spiegazioni nella lingua del paese in cui viene commercializzato assume la veste del rispetto culturale del cittadino, che ha il diritto di essere posto a conoscenza in modo chiaro e comprensibile delle informazioni che possono incidere sulla volontà d'acquisto,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a garantire che ogni prodotto destinato alla commercializzazione all'ingrosso o al dettaglio sul territorio nazionale, le cui caratteristiche merceologiche prevedano l'apposizione di scritte in etichetta, sulla confezione o per mezzo di libretti o fogli illustrativi, debba obbligatoriamente recare le istruzioni per l'uso, l'elenco dei componenti, l'indicazione del luogo di fabbricazione e tutte le informazioni atte ad identificare il corretto modo di impiego del prodotto in lingua italiana, nonché a vietare la vendita sul territorio nazionale di qualsiasi oggetto o merce anche se di provenienza estera, comunitaria, europea od extra europea, che nelle note informative o nelle istruzioni per l'uso sia privo della traduzione in lingua italiana.
9/648/3. Galli.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 1, della legge 15 dicembre 1999, n. 482, volta alla valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale delle lingue delle minoranze storiche e alla contestuale valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, stabilisce il principio che lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano;
la predetta norma evidenzia, altresì, che il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica deve accompagnarsi ad un altrettanto forte riconoscimento dei patrimoni linguistici locali;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a modificare la citata legge 482 del 1999 che consenta di estendere le tutele da essa previste per alcune lingue regionali a tutti gli idiomi locali che siano riconosciuti come lingue storiche regionali.
9/648/4. Cota.
La Camera,
premesso che:
il 27 giugno 2000 il Governo italiano ha firmato a Strasburgo la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie
che prevede la protezione e la promozione delle lingue regionali e minoritarie storiche;
la Carta europea ha come scopo la protezione e la promozione di tutte quelle minoranze linguistiche storiche e regionali, che hanno contribuito alla formazione del patrimonio culturale e artistico dell'Europa, e riconosce il diritto di utilizzare tali lingue in ambiti amministrativi della vita economica e sociale delle aree geografiche nelle quali le stesse rappresentano il modo di esprimersi di un numero di persone, il che giustifica l'adozione di speciali misure di protezione e promozione;
il predetto trattato, firmato da ventisette Stati membri del Consiglio d'Europa, è entrato in vigore il 1omarzo 1998, ma risulta ratificato solo da quindici dei ventisette Stati firmatari;
l'Italia figura tra gli Stati firmatari che non hanno ancora provveduto alla ratifica ed al deposito del relativo strumento;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare eventuali iniziative normative finalizzate a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.
9/648/5. Gibelli.
La Camera,
premesso che:
l'Italia nel suo insieme presenta una varietà di lingue e dialetti locali che non trova eguali in altri Paesi, e che ne rappresentano una ricchezza ed un patrimonio che non deve essere cancellato;
la tutela delle lingue minoritarie nel Paese è assicurata a livello nazionale dalla legge 15 dicembre 1999, n.482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche;
la citata legge ha a suo tempo delegato la competenza a definire gli ambiti territoriali (anche subcomunali) di applicazione delle norme di tutela ai consigli provinciali;
tale legge riconosce quindi implicitamente che le questioni inerenti le minoranze linguistiche e le lingue locali hanno una valenza strettamente legata al territorio a cui fanno capo: da ciò deriva la difficoltà di tutelare adeguatamente le minoranze linguistiche attraverso una normativa nazionale uniforme;
la tutela delle diversità linguistica può essere al meglio realizzata solo dalle istituzioni che fanno parte dello stesso territorio che le esprime,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di promuovere iniziative normative che riconoscano alle Regioni la facoltà di individuare all'interno del proprio territorio idiomi meritevoli di riconoscimento e di predisporre strumenti per la loro valorizzazione e tutela.
9/648/6. Filippi.
La Camera,
premesso che:
l'Italia ha il maggior numero di dialetti in rapporto alla sua superficie;
il professor Tristano Bolelli, celebre glottologo e linguista, autore di numerose pubblicazioni e docente all'Università di Pisa, ha più volte asserito che i dialetti non sono dei sottoprodotti della lingua italiana e hanno loro radici che meritano altrettanta considerazione;
il dibattito sulla definizione di ciò che è dialetto e di ciò che è lingua, è stato ed è tuttoggi particolarmente acceso, non solo in Parlamento;
nella realtà politica italiana l'uso spregiudicato delle arbitrarie definizioni di lingua e dialetto è servito finora ad aggirare l'articolo 6 della Costituzione, il quale recita che «la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»;
la legge 15 dicembre 1999, n. 482, costituisce un passo importante per le lingue riconosciute e prevede l'introduzione del bilinguismo nelle istituzioni e nel sistema educativo, anche se discrimina profondamente le altre lingue regionali, purtroppo escluse dal provvedimento;
dal testo originale della predetta legge è stato stralciato un articolo che prevedeva il futuro allargamento delle lingue riconosciute concedendo la potestà legislativa in materia alle Regioni e non più allo Stato. Il Parlamento, però, in quell'occasione, ha ancora una volta fatto prevalere le ragioni della maggioranza a discapito dei diritti delle minoranze;
in un quadro più ampio e attuale, quale quello europeo, l'entrata in vigore della legge n. 482 del 1999 ha consentito all'Italia di sottoscrivere, il 27 giugno 2000, la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (già approvata dal Consiglio d'Europa nel maggio 1992) e di aderire alla Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, stipulata a Strasburgo il 1o febbraio 1995 e la cui ratifica è avvenuta con la legge 28 agosto 1997, n. 302, sempre nell'ambito del Consiglio d'Europa;
la Convenzione impegna i Paesi aderenti a non discriminare l'utilizzo delle lingue minoritarie e a riconoscere il diritto a tale uso da parte delle minoranze in tutti gli ambiti, compreso quello dell'istruzione e dei rapporti con la pubblica amministrazione;
in Italia, da ovest a est, sono parlati i dialetti gallo-romanzi (occitani e francoprovenzali), i dialetti gallo-italici (piemontese, lombardo, ligure, emiliano, romagnolo), veneti, ladini, friulani, toscani, centro-meridionali (umbro, marchigiano, abruzzese, molisano, pugliese, campano, lucano, salentino, calabrese, siciliano) e il dialetto sardo,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di introdurre una disciplina normativa, che preveda, fra i criteri alla base del piano per la programmazione dell'offerta educativa e formativa del ciclo scolastico obbligatorio, l'inserimento dell'insegnamento delle lingue regionali
9/648/7. Caparini.
La Camera,
premesso che:
lo straordinario patrimonio culturale rappresentato dalle culture locali, che trovano la loro massima espressione nei numerosi dialetti e nelle diverse lingue diffuse sul territorio nazionale, ha prodotto in taluni casi una rimarchevole letteratura;
sono presenti nel territorio nazionale minoranze linguistiche che si esprimono in una lingua diversa da quella ufficiale della Repubblica, la cui protezione è in taluni casi garantita anche da accordi internazionali, come quelli bilaterali con l'Austria che concernono l'Alto Adige,
impegna il Governo
ad adottare eventuali iniziative finalizzate a tutelare il patrimonio culturale rappresentato e veicolato dalle lingue diverse dall'italiano, valorizzando l'insegnamento delle letterature regionali e locali, ed altresì a tener conto della speciale condizione in cui si trovano le minoranze linguistiche residenti nel territorio dello Stato ma riconducibili a ceppi etno-nazionali diversi da quello italiano.
9/648/8. Fugatti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
appare necessario considerare che l'Italia vanta una tradizione storico-culturale caratterizzata da antichissime specificità regionali e locali;
sulla scorta di quanto previsto nelle regioni a statuto speciale, risulta necessario assicurare la tutela e la valorizzazione di ogni specificità culturale, e in particolare linguistica, delle componenti territoriali dello Stato;
alla luce dei processi di globalizzazione in corso, che rischiano di mettere a repentaglio le tradizioni culturali dei popoli e delle identità locali, la tutela delle lingue e degli idiomi regionali e locali consentirebbe di rafforzare il variegato patrimonio culturale della Repubblica e la sua memoria storica,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare iniziative legislative volte alla tutela delle lingue storiche regionali e locali costituenti patrimonio culturale della Repubblica.
9/648/9. Fava.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
appare necessario considerare che l'Italia vanta una tradizione storico-culturale caratterizzata da antichissime specificità regionali e locali;
sulla scorta di quanto previsto nelle regioni a statuto speciale, risulta necessario assicurare la tutela e la valorizzazione di ogni specificità culturale, e in particolare linguistica, delle componenti territoriali dello Stato;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare eventuali iniziative normative volte a modificare le disposizioni contenute nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) affinché nell'apposizione della segnaletica stradale sia prevista anche la denominazione nella lingua o idioma afferenti a ciascuna comunità locale.
9/648/10. Montani.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
appare necessario considerare che l'Italia vanta una tradizione storico-culturale caratterizzata da antichissime specificità regionali e locali;
l'identità di un popolo è costituita dalla sua cultura, dalla sua memoria storica, che si esprime soprattutto attraverso la sua lingua naturale;
in particolare, la lingua piemontese è stata riconosciuta fra le lingue minoritarie europee, fin dal 1981, dal Consiglio d'Europa ed è inoltre censita dall'UNESCO quale patrimonio culturale di grande valore e meritevole di tutela;
la lingua piemontese non può essere considerata un dialetto rispetto all'italiano, in quanto è una lingua formata dal latino (che si è innestato sull'idioma celto-ligure, con successivi apporti di vocaboli dal francese, dal provenzale e dalle lingue germaniche), ma facente parte del ramo occidentale delle lingue neolatine, mentre l'italiano fa parte di quello orientale; essa presenta inoltre vari caratteri che la distinguono dalla lingua italiana, sia sul piano morfologico sia su quello sintattico;
la lingua piemontese vanta una lunga tradizione in quanto risulta utilizzata sin dal XII secolo e rafforzata soprattutto
nel Seicento, con la nascita di una letteratura a carattere nazionale che arriva a toccare tutti i generi (dalla lirica al romanzo, alla tragedia, all'epica) e nel Novecento, epoca in cui si è sviluppata anche una prosa critica e scientifica di alto livello;
il piemontese è tuttora parlato come prima lingua da circa 2.500.000 persone nel solo Piemonte,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie al potenziamento della tutela della lingua piemontese, come patrimonio riconosciuto sia in ambito nazionale, sia in quello internazionale, e in particolare al riconoscimento della lingua piemontese come lingua minoritaria.
9/648/11. Allasia.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
l'identità di un popolo è costituita dalla sua cultura, che si esprime soprattutto attraverso la sua lingua naturale; per tale ragione, un popolo muore se la sua lingua non viene parlata;
alla luce dei processi di globalizzazione in corso, che rischiano di mettere a repentaglio le tradizioni culturali dei popoli e delle identità locali, la tutela delle lingue e degli idiomi regionali e locali consentirebbe di rafforzare il variegato patrimonio culturale della Repubblica e la memoria storica dei popoli che la compogono;
l'Italia vanta una tradizione storico-culturale caratterizzata da antichissime specificità regionali e locali e, in particolare, la Regione Lombardia è tra re Regioni che presentano il più alto numero di idiomi locali, frutto delle specifiche realtà in cui si articola il suo territorio, tanto che si può affermare che ogni provincia abbia un proprio dialetto, a seconda della sua collocazione geografica e delle sue vicissitudini storiche,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie al potenziamento della tutela e valorizzazione degli idiomi dei territori lombardi, come patrimonio storico da riconoscersi sia in ambito nazionale, sia in quello internazionale.
9/648/12. Bodega.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
l'identità di un popolo è costituita dalla sua cultura, che si esprime soprattutto attraverso la sua lingua naturale; per tale ragione, un popolo muore se la sua lingua non viene parlata;
alla luce dei processi di globalizzazione in corso, che rischiano di mettere a repentaglio le tradizioni culturali dei popoli e delle identità locali, la tutela delle lingue e degli idiomi regionali e locali consentirebbe di rafforzare il variegato patrimonio culturale della Repubblica e la memoria storica dei popoli che la compogono;
la lingua ligure rappresenta un patrimonio di grande valore: in particolare, dal punto di vista letterario, essa presenta infatti caratteri insoliti nel quadro delle letterature regionali, essendo dotata di una propria continuità storica e contenutistica, verificabile a partire dai testi delle origini e distinguendosi per il netto prevalere di temi che esulano da quelli tipici dell'espressione dialettale;
la Liguria vanta, nel corso dei secoli, una gamma notevole di opere letterarie scritte interamente in lingua ligure;
oggigiorno la lingua ligure, pur mantenendo una forte caratterizzazione (sono molteplici le iscrizioni locali che individuano vie, zone, quartieri e paesi con la loro toponomastica originale in lingua), è tuttavia in pericolo di estinzione e molte delle sue varianti, in particolare quelle urbane, sono cadute in disuso, non essendo state trasmesse alle nuove generazioni,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare eventuali misure necessarie alla tutela e valorizzazione della lingua ligure, come patrimonio storico da riconoscersi sia in ambito nazionale, sia in quello internazionale.
9/648/13. Brigandì.
La Camera,
premesso che:
l'attuale assetto del Paese necessita di un assetto più moderno e funzionale impostato sul criterio di una crescente autonomia delle regioni;
l'autonomia da attribuire alle medesime deve essere una vera autonomia di prelievo delle risorse e impiego delle medesime sul proprio territorio al fine di individuare le responsabilità concernenti le modalità della gestione delle risorse dei cittadini,
impegna il Governo
ad inserire nei provvedimenti diretti alla realizzazione di una maggiore autonomia delle Regioni la possibilità che le medesime Regioni possano adottare la lingua regionale in aggiunta a quella nazionale.
9/648/14.(Nuova formulazione) Garavaglia.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
tuttavia l'Italia vanta una tradizione storico-culturale caratterizzata da antichissime specificità regionali e locali;
l'identità di un popolo è costituita dalla sua memoria storica, che si esprime attraverso la sua lingua naturale e che sopravvive nel tempo solo se questa lingua viene parlata;
il romagnolo si è distinto come lingua sin dal 1840, quando l'imolese Morri pubblicò il primo vocabolario Romagnolo-Italiano, anche se risale alla fine del 1500 la prima attestazione di un'opera scritta interamente in romagnolo: «E Pulon matt», un poema eroi-comico sulla falsariga dell'Orlando Furioso, pezzo unico della letteratura dialettale, di cui si servì nel 1910 il linguista austriaco Friedrich Schurr, per scoprire e studiare i mutamenti linguistici del dialetto romagnolo;
anche grazie al ricchissimo folklore e alle forti tradizioni culturali la lingua romagnola, si è tramandata oralmente nella cultura contadina e, in forma scritta, grazie all'opera tenace di diversi studiosi,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie al potenziamento della tutela della lingua romagnola, come patrimonio riconosciuto sia in ambito nazionale, sia in quello internazionale.
9/648/15. (Nuova formulazione) Pini.
La Camera,
premesso che:
i cosiddetti dialetti italiani sono lingue distinte, e non dialetti dell'italiano;
i dialetti italiani sono tutti lingue che si sono sviluppate in modo autonomo;
l'indebita distinzione tra lingua e dialetto è servito e continua a servire finora ad eludere l'articolo della Costituzione che prevede la tutela delle minoranze linguistiche;
la legge n. 482 del 1999 ha costituito un passo importante per i diritti linguistici delle minoranze, avendo previsto l'introduzione del bilinguismo nelle istituzioni e nel sistema educativo, ma rappresenta un discrimine per le altre lingue regionali, arbitrariamente escluse dal provvedimento;
la «ragion di Stato» nega alle Regioni ed alle Comunità Locali il diritto ad autodefinirsi come rappresentanti legittime delle minoranze etnico-linguistiche del proprio territorio, impedendo de facto alle cosiddette minoranze di uscire dal «ghetto minoritario», per diventare realmente Comunità attive, riconosciute con gli stessi diritti delle «maggioranze» di Stato;
la xenofobia e il razzismo possono essere abbattuti attraverso il riconoscimento delle lingue regionali, piuttosto che di quelle Statali;
la società multiculturale, in cui viviamo, implica necessariamente la valorizzazione delle culture e lingue locali e regionali, verso le quali è necessario attivare «forme di tutela» ed educazione che, partendo dalla cultura locale, possano espandersi gradatamente verso il mondo;
la lingua veneta è una lingua autonoma e non un dialetto italiano, come dimostrato dai primi testi in veneto, antecedenti quelli in italiano, quale la «Storia dea guera de Ciosa» di Chinazzo, del 1300 circa e pubblicata nel 1960 ad opera di un importante ente culturale di Venezia;
detti testi sono ancora intellegibili dai veneti di oggi, almeno all'80 per cento, molto più di quanto non lo sia Dante per gli italiani di oggi. La sua storicità è la ragione della sua permanenza. a distanza di due secoli di disconoscimento istituzionale, tanto da farci pensare che l'italiano sia un dialetto del veneto;
la lingua veneta, tecnicamente, non è un dialetto dell'italiano, ed anzi il ceppo «toscano» presente nella regione è scomparso da tempo insieme al ceppo latino, lasciando spazio di espansione all'attuale ceppo più autoctono. Distinto dal «Venetico» con il quale ha poco in comune, è forse possibile uniformare il veneto alle lingue neolatine come il francese, lo spagnolo e l'italiano, anche se il veneto si è evoluta nel mondo moderno in maniera singolare tanto è che fu considerata dialetto meridionale del tedesco sotto la dominazione austriaca. La sua origine più antica dell'italiano stesso, la sua storia, e la sua persistenza ne fanno un fatto non negabile né dal punto di vista scientifico né da quello giuridico;
dialetti del Veneto sono invece, il veneziano (mescolato con il toscano per volontà della Serenissima nel 1500), il Dalmata (ancora oggi parlato in Istria e Dalmazia, molto simile al veneto centrale), il Trentino-Roveretano (influenza culturale di Venezia), il Bresciano ed il Bergamasco (che furono nella repubblica quanto Padova) ed alcuni dialetti detti «talian», presenti in Emilia, Brasile, Argentina, Messico, foci del Danubio, ecc.;
riguardo la forma scritta, essa non ha una forma standard, poiché il veneto è una lingua viva e di commercio che comprende parole derivate dal greco di Antenore fondatore di Padova (città pre-romana come i veneti), dal francese di Napoleone (veneto «sansfason = senza modo = francese sans fa on», veneto «vin brulé = vino bruciato = francese vin bruleé», altre parole francesi) dal tedesco degli austriaci (veneto «schei = dalla moneta austriaca schelling»), all'italiano, ormai seconda lingua dei veneti, qualche volta imposta nelle scuole ove viene vietato di parlar veneto, considerato «impropriamente» il dialetto degli ignoranti;
il veneto è una lingua Indo-Europea, Italica, Romanza, autoctona, occidentale
che secondo i dati rintracciati (ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica 1992) è parlata dal 52 per cento dei residenti in Veneto. Più della metà della popolazione della Regione Veneto, quindi, a quella data non si esprimeva normalmente nella lingua ufficiale dello Stato. Secondo altra fonte, già nel 1976 i parlanti veneto erano censiti in 2.109.502 dimostrando quindi una crescita percentuale nel corso del successivo periodo, oppure una più corretta misurazione dello stesso;
la lingua Veneta è una lingua antichissima presente nel territorio già nell'ottavo secolo dopo Cristo, presente nella «Serenissima» Repubblica Veneta che la usò come lingua ufficiale, ancora oggi essa è predominante in quel territorio rispetto all'italiano;
in base ai Trattati internazionali, non possono essere effettuate discriminazioni in base alla lingua di un individuo, mentre la sentenza n.28 del 1982 della Corte Costituzionale, ha riconosciuto il diritto delle minoranze linguistiche di usare la propria lingua nei procedimenti giurisdizionali, avendo il diritto agli atti in lingua madre;
nel riconoscimento dell'autonomia alla Regione Friuli-Venezia-Giulia risulta, difatti, implicito il riconoscimento della minoranza delle venezie, o meglio del famoso Triveneto, dove «Triveneto» non può non includere il concetto stesso di Veneto;
al pari delle altre minoranze linguistiche presenti in Italia (albanesi, francesi, ladine, napoletane, tedesche ecc.), per il disposto dell'articolo 3 della nostra attuale Costituzione, rafforzato dalle altre normative italiane ed internazionali recepite sotto indicate, ai parlanti lingua veneta spettano le stesse tutele date alle altre minoranze linguistiche presenti in Italia;
ai sensi degli articoli 3 e 6 della Costituzione, le amministrazioni sono chiamate ad attivarsi nel senso del rispetto di tale lingua nei loro atti indirizzati ad appartenenti alla minoranza linguistica veneta, attraverso la produzione di documenti in lingua originale veneta (del ceppo maggioritario centrale) o nelle 2 differenti lingue (italiano e veneto). Il dovere del rispetto di questi fondamentali articoli della Costituzione, anche in assenza di un patto specifico sottoscritto fra lo Stato e la minoranza in questione, grava in maniera autonoma su ogni ente della Repubblica Italiana, a pena di nullità ed illegittimità di ogni procedimento amministrativo e giudiziario, il quale sarebbe prodotto in lesione di questo fondamentale diritto umano e quindi contrario anche all'articolo 2 della Costituzione;
la minoranza linguistica veneta ha il diritto di godere pienamente dell'uso della lingua naturale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative volte a promuovere presso le istituzioni scolastiche venete, di ogni ordine e grado, l'opportunità di ampliare l'offerta formativa, al fine di assicurare l'apprendimento della lingua e delle tradizioni culturali, prevedendo attività di formazione e aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline
9/648/16. Bricolo, Dozzo.
La Camera,
premesso che:
la distinzione fra lingue e dialetti appare politicamente pretestuosa, in quanto, tecnicamente, i termini lingua e dialetto sono, se non perfettamente equivalenti, certamente interscambiabili e il loro uso non implica nessuna precisa distinzione genetica o gerarchica;
la lingua non può essere considerata qualcosa di superiore al dialetto, né il dialetto una forma degenerata, o comunque inferiore, della lingua;
l'uso linguisticamente infondato dei due termini è il risultato di una scelta
politica molto comune che restringe l'uso del termine lingua alla lingua ufficiale dello Stato, applicando agli altri idiomi la qualifica di dialetti;
solitamente, in politica, si concede la dignità di lingua agli idiomi di chi dispone di mezzi di pressione sufficienti a farsi riconoscere come comunità etnico-linguistica distinta da quella maggioritaria;
nella realtà politica italiana l'uso spregiudicato delle arbitrarie definizioni di lingua e dialetto è servito e continua a servire finora ad aggirare l'articolo della Costituzione che prevede la tutela delle minoranze linguistiche;
i diritti linguistici delle minoranze sono finora stati elusi etichettando come dialetti, anziché come lingue, tutti gli idiomi minoritari che non godono della tutela di uno stato confinante dell'Italia: in pratica, tutte le lingue minoritarie meno il francese, il tedesco e lo sloveno, la cui tutela è stata garantita da trattati internazionali;
il Parlamento ha approvato il provvedimento n. 482/99 che valorizza un primo gruppo di lingue regionali e minoranze etnico-linguistiche;
il citato provvedimento ha costituito un passo importante per le lingue riconosciute, avendo previsto l'introduzione del bilinguismo nelle istituzioni e nel sistema educativo, ma discrimina ancora altre lingue regionali, arbitrariamente escluse dal provvedimento medesima;
nel testo originale del provvedimento esisteva un articolo della legge che prevedeva un futuro allargamento delle lingue riconosciute dando di fatto potestà legislativa in materia alle Regioni e non più allo Stato;
la Lingua Veneta, parlata nella Regione Veneto, è tra quelle maggiormente discriminate da parte dallo Stato italiano, che la classifica erroneamente come un dialetto dell'italiano;
i dati Istat (l'Istituto Statistico italiano) evidenziano che, anziché usare l'italiano, il 52 per cento degli abitanti del Veneto parla principalmente la lingua regionale, che per mille anni è stata la lingua ufficiale della Serenissima Repubblica di Venezia;
nel marzo 1995 la Giunta Regionale del Veneto, ha pubblicato un «Manuale della Grafia Veneta Unitaria», coinvolgendo diverse amministrazioni comunali del Veneto che, in seguito, hanno adottato il bilinguismo veneto-italiano nei propri atti;
una variante della Lingua Veneta, il Talian, è parlato da centinaia di migliaia di discendenti di immigrati veneti in Brasile;
la Lingua Veneta viene classificata lingua nettamente distinta dall'italiano standard in diversi studi internazionali come l'Unesco Red Book of Endangered Languages (1993-1996) del professor Tapani Salminen -Università di Helsinky e l'Ethnologue, Languages of the World, tredicesima Edizione, pubblicato negli Stati Uniti d'America dal Summer Institute of Linguistics;
il veneto costituisce uno degli esempi più chiari della malafede di chi pretende di discriminare le lingue sulla base della loro pretesa inferiorità: la lingua madre di diverse importanti personalità del passato, come l'esploratore Marco Polo o lo scrittore Carlo Goldoni, non era certo l'italiano standard ma il veneto,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare, nell'ambito delle proprie competenze, provvedimenti volti a stanziare i relativi finanziamenti necessari per dotare la Regione Veneto degli strumenti occorrenti per promuovere l'insegnamento della lingua Veneto nelle scuole, attraverso la diffusione di grammatiche e dizionari redatti in maniera professionale, nonché lo sviluppo di testi prestigiosi.
9/648/17. Goisis.
La Camera,
premesso che:
la diffusione della lingua italiana all'estero dovrebbe costituire, nel quadro della politica culturale del Governo italiano, un'area di impegno prioritario;
negli anni scorsi il Ministero degli affari esteri ha strategicamente scelto di intensificare su più fronti il proprio impegno a favore della diffusione dell'italiano, utilizzando le istituzioni che compongono la rete culturale italiana all'estero;
la conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati è, già di fatto, un elemento essenziale per le politiche di integrazione e, quindi, sarebbe opportuno arrivare anche ad un riconoscimento formale,
impegna il Governo
ad adottare iniziative per incrementare la diffusione della lingua italiana attraverso il potenziamento della rete culturale italiana all'estero e attraverso un monitoraggio e un controllo delle risorse investite a questo scopo e affidate agli enti gestori;
ad adottare iniziative normative per riconoscere anche formalmente che la conoscenza della lingua italiana è uno degli elementi essenziali per le politiche di integrazione.
9/648/18.Baldelli, Picchi.
La Camera,
premesso che:
è in discussione il riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica;
la Provincia autonoma di Bolzano dovrebbe adottare un logo bilingue per rappresentare il territorio nel rispetto di tutti i gruppi linguistici ivi residenti, e nel rispetto di quanto sancito nella Costituzione italiana;
la tutela delle minoranze linguistiche non comporta la predominanza di una lingua sull'altra, come recita lo statuto d'autonomia della Provincia autonoma di Bolzano, all'articolo 8, nella parte in cui tutela la propria specificità etnica e linguistica, imponendo il bilinguismo;
appare perciò intollerabile l'estromissione della lingua italiana dal marchio utilizzato per dare il benvenuto ai turisti all'aeroporto di Bolzano - San Giacomo, al cui interno ed esterno è stato utilizzato il logo territoriale nella sola versione in lingua tedesca che ha spinto la vicepresidente della giunta italiana a minacciare il ritiro dei fondi per il marketing;
l'azienda SMG - Südtirol Marketing, impresa privata incaricata dalla Provincia di Bolzano dello studio e della realizzazione del marchio, etichettando uno stand dell'aeroporto di Bolzano - così come delle carlinghe di interi aeromobili della compagnia aerea Airalps (partecipata dalla Provincia autonoma) nella sola versione tedesca non ha rispettato il bilinguismo, dando quindi prevalenza alla lingua tedesca, in terra italiana, screditando peraltro con ciò l'Alto Adige quale terra d'incontro pluralistico e culturale e di ponte con l'Europa e che perciò dovrebbe adottare anche la dizione inglese;
i turisti stranieri in arrivo nella Provincia autonoma di Bolzano continueranno ad interrogarsi sull'indubbia territorialità del luogo, confondendone l'appartenenza tra un territorio austriaco, tedesco o svizzero o peggio, una realtà extrastatale;
avendo in precedenza la Provincia di Bolzano concordato con l'attuale Governo che ha già impugnato la correlata legge provinciale, una soluzione di compromesso sul marchio commerciale «Qualità-Qualitat Alto Adige-Südtirol», non si comprende come mai analoga soluzione non sia stata trovata per il marchio turistico, e per i marchi esposti al pubblico nell'aeroporto della Provincia se non per il nemmeno tanto celato fine di identificare l'Alto Adige come un piccolo stato autonomo denominato appunto Südtirol;
esiste un precedente alquanto recente, del 5 febbraio 2007, in occasione dei Mondiali di Biathlon di Anterselva, in cui il marchio sarebbe già stato utilizzato, anche in quella circostanza non senza polemiche, nella sola versione di lingua tedesca;
molteplici sono state incredibilmente le accuse lanciate dalla politica locale di lingua tedesca addirittura contro i nostri atleti altoatesini che quando vincono competizioni sportive innalzano, come ovvio ed encomiabile, orgogliosamente il tricolore ringraziando l'Italia e parlando anche in italiano;
l'utilizzo così fortemente sbilanciato del monolinguismo tedesco a danno della lingua italiana in terra italiana fa di queste manifestazioni dei palesi tentativi silenti di pulizia linguistica che potrebbero ripetersi in altre parti d'Italia;
le scritte monolingue ed un uso sempre più eccessivo nella Provincia autonoma di Bolzano della sola lingua tedesca stanno mortificando e svilendo lo Stato italiano in Alto Adige e cagionando un sentimento di smarrimento e di disagio della comunità italiana ivi residente che risulta abbandonata nella difesa dell'identità e della dignità dei proprio governi,
impegna il Governo
a tutelare il bilinguismo nella provincia autonoma di Bolzano, così come previsto dal dettato dello Statuto d'autonomia all'articolo 8, che ha rango costituzionale.
9/648/19.Biancofiore.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame mira a sancire costituzionalmente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica;
l'identità di un popolo è costituita dalla sua cultura, che si esprime soprattutto attraverso la sua lingua naturale; per tale ragione un popolo muore se la sua lingua non viene parlata;
alla luce dei processi di globalizzazione in corso, che rischiano di mettere a repentaglio le tradizioni culturali dei popoli e delle identità locali, la tutela delle lingue e degli idiomi regionali e locali consentirebbe di rafforzare il variegato patrimonio culturale della Repubblica e la memoria storica dei popoli che la compongono;
l'Italia vanta una tradizione storica-culturale caratterizzata da antichissime specificità regionali e locali e in particolare la regione Lombardia è tra le regioni che presentano il più alto numero di idiomi locali, frutto delle specifiche realtà in cui si articola il suo territorio, tanto che si può affermare che ogni provincia abbia un proprio dialetto, a seconda della sua collocazione geografica e delle sue vicissitudini storiche;
il bergamasco in particolare, appartenente al ceppo delle lingue gallo-italiche, è affine ai molti dialetti parlati in Lombardia ed in Canton-Ticino, ma ha una sua forte specificità degna di una propria tutela,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie al potenziamento della tutela e valorizzazione della lingua bergamasca, come patrimonio storico da riconoscersi sia in ambito nazionale, sia in quello internazionale.
9/648/20.Lussana.
La Camera,
impegna il Governo
a sostenere con contributi straordinari l'attività della società «Dante Alighieri» per i progetti di tutela e valorizzazione della lingua italiana.
9/648/21.Mellano.