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Allegato A
Seduta n. 183 del 4/7/2007
MOZIONI GIBELLI ED ALTRI N. 1-00024, CAPITANIO SANTOLINI E VOLONTÈ N. 1-00165, BERTOLINI ED ALTRI N. 1-00168, FRASSINETTI ED ALTRI N. 1-00169, FRONER ED ALTRI N. 1-00175 E DONADI N. 1-00197 SULLA RIORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO IN RELAZIONE AL FENOMENO DELL'IMMIGRAZIONE
(Sezione 1 -Mozioni)
La Camera,
premesso che:
il crescente fenomeno dell'immigrazione ha modificato sensibilmente il modello organizzativo del sistema scolastico italiano;
l'elevata presenza di alunni stranieri nelle singole classi scolastiche della scuola dell'obbligo determina difficoltà oggettive d'insegnamento per i docenti e di apprendimento per gli studenti;
il diverso grado di alfabetizzazione linguistica si rivela, quindi, un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare lo studio e gli insegnamenti previsti nei programmi scolastici e per gli alunni italiani che assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica», a causa dei rallentamenti degli insegnamenti, dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri;
tale situazione è ancora più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti provenienti da diversi Paesi, le cui specifiche esigenze personali sono anche caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine, tanto da indurre gli insegnanti ad essere più tolleranti e meno rigorosi in merito alle valutazioni volte a stabilire i livelli di competenza acquisiti dagli alunni stranieri e italiani sulle singole discipline;
dalle anticipazioni dei dati forniti dal ministero della pubblica istruzione, la crescita di alunni stranieri registrata nell'anno scolastico 2005-2006 è pari a circa 500.000 unità, con un incidenza del 5 per cento rispetto alla popolazione scolastica complessiva;
l'aumento nel triennio 2003-2005 è stato mediamente di 60-70 mila unità all'anno; si è, quindi, passati dalle 50.000 unità di alunni stranieri dell'anno 1995-1996 ai 430.000 del 2005-2006;
rispetto alle nazionalità di provenienza di questi studenti, si confermano ai primi posti i gruppi provenienti dai Paesi dell'Est europeo, per esempio la Romania, che, nell'arco di due anni, passa dal 9,7 per cento al 12,4 per cento (52.821 alunni), ma anche l'Ucraina e la Moldavia; l'Albania e il Marocco, pur avendo avuto una leggera flessione, continuano ad attestarsi ai primi posti nella classifica delle cittadinanze, rispettivamente con 69.374 e 59.489 presenze;
la disomogenea distribuzione territoriale di alunni con cittadinanza non italiana, molto concentrata al Centro-Nord e scarsa al Sud e nelle isole, interessa circa 37.000 punti di erogazione del servizio scolastico, rispetto ai 57.000 presenti in
ambito nazionale. È evidente il divario esistente tra i primi e i secondi, determinato dalla necessità per i primi di adeguare gli aspetti organizzativi e didattici all'attività di integrazione degli alunni stranieri;
la più elevata consistenza di alunni stranieri si trova nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, pur non raggiungendo complessivamente i valori delle presenze registrate nella scuola primaria e secondaria di primo grado, raccolgono in valore percentuale oltre il 38 per cento (23 mila studenti in più rispetto agli anni precedenti);
l'area del Paese con l'incidenza più elevata di presenze si conferma il Nord-Est, che, rispetto all'anno scolastico 2004-2005, è in crescita, raggiungendo l'8,4 per cento; il Nord-Ovest è al 7,8 per cento, il Centro al 6,4 per cento, il Sud all'1,2 per cento e le isole all'1 per cento;
la maggiore concentrazione a livello regionale si registra in Emilia Romagna, con una percentuale del 9,5 per cento; a livello provinciale si attesta al primo posto Mantova, con l'11,9 per cento, seguita da Piacenza (11,8 per cento) e da Reggio Emilia (11,5 per cento); relativamente ai comuni capoluogo, la percentuale più alta è quella di Milano (12,7). Se poi si prendono in considerazione i dati di piccole città, emerge che nelle scuole di Cuneo e di Treviso, di Macerata e di Siena c'è una percentuale più alta di alunni stranieri che non nelle scuole delle province di Venezia, di Bari, di Napoli e di Palermo, in cui ci si aspetterebbero percentuali superiori;
relativamente al rapporto tra la frequenza delle scuole statali e non statali e le loro suddivisione tra i diversi gradi della scuola, si registra la presenza del 90,3 per cento di alunni stranieri in scuole statali, mentre il restante 9,7 per cento risulta iscritto in istituzioni scolastiche non statali;
i Paesi di provenienza degli alunni stranieri, sui 194 censiti dall'Istituto nazionale di statistica, sono ben 191. Nelle scuole della provincia di Bergamo, ad esempio, i dati del 2005 registrano la rappresentanza di 118 cittadinanze, a Perugia 109, a Pesaro 90, a Siena 80, a Latina 78;
nell'analoga indagine avviata dal Ministro Moratti per l'anno scolastico 2003-2004, è significativo il capitolo dedicato a «Esiti in relazione alla complessità della presenza straniera nelle scuole». L'osservazione sull'esito scolastico degli alunni italiani, a confronto con quello degli alunni stranieri, rivela che nelle scuole dove sono presenti alunni con cittadinanza non italiana si riscontra una maggiore selezione nei loro riguardi, che finisce per incidere sui livelli generali di promozione: il divario dei tassi di promozione degli allievi stranieri e di quelli italiani è -3,36 della scuola primaria, -7,06 della secondaria di primo grado, -12,56 della secondaria di secondo grado, in cui più di un alunno straniero su quattro non consegue la promozione. Le regioni con esiti migliori da parte degli allievi stranieri sono quelle del Centro-Nord;
l'indagine del Ministro Moratti ha cercato di chiarire in che modo la dimensione della scuola, la quantità di stranieri rispetto alla popolazione scolastica e la quantità di cittadinanze concorrano al successo o all'insuccesso scolastico;
dai dati ministeriali si rileva che per i diversi ordini di scuola gli alunni stranieri sembrano ottenere maggiori risultati quando sono ridotti di numero;
la densità della presenza di alunni con cittadinanza non italiana in piccole scuole sembra non favorire livelli elevati di esiti positivi. Tale fattore si determina maggiormente nelle scuole secondarie di secondo grado, dove il decremento degli esiti in rapporto alla maggiore consistenza di alunni stranieri è ancora più accentuato: negli istituti di piccole dimensioni con gruppi minimi di studenti non italiani, il tasso di promozione degli alunni stranieri scende dal 93,29 per cento (da 1 a 5)
fino al 78,64 per cento (da 11 a 30), se vi sono consistenti gruppi di alunni stranieri. Negli istituti di medie dimensioni (da 101 a 300 alunni complessivi) si passa dal 91,79 per cento al 78,46 per cento; negli istituti maggiormente dimensionati si passa dal 89,87 per cento al 80,26 per cento, ciò vuol dire che il tasso di promozione di alunni stranieri nelle scuole primarie e secondarie di primo grado è inversamente proporzionale alla dimensione della loro presenza nella scuola;
l'elemento della presenza di molte diverse cittadinanze nelle scuole, pur non coincidendo necessariamente con esiti negativi finali degli alunni stranieri, rappresenta un fattore condizionante del complesso sistema educativo e formativo che influenza l'intera classe;
le sopraccitate analisi sugli esiti scolastici sono importanti poiché consentono di comprendere determinate categorie di alunni per i quali l'obiettivo, oltre a quello degli apprendimenti, è anche quello dell'integrazione del sistema scolastico e del sistema sociale;
questa tipologia di alunni con cittadinanza non italiana consegue determinati esiti scolastici, in rapporto al livello di conoscenza della lingua italiana, alla dimensione temporale di scolarizzazione nel nostro Paese, alle misure di accompagnamento per la loro integrazione all'interno e all'esterno dell'ambito scolastico;
tali misure risultano, infatti, determinate sia dal numero degli studenti stranieri, sia dalle diverse nazionalità presenti nella stessa classe o scuola e dalle conseguenti differenti situazioni culturali e sociali, che generano molteplici esigenze cui dare risposta;
le normative sull'immigrazione del 1998 e del 2002 (testo unico, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e legge n. 189 del 2002) contengono indicazioni utili sulla funzione e sull'uso dei cosiddetti «spazi dotati di strumenti appositamente dedicati», demandando alle scuole e agli enti locali l'iniziativa e la gestione di tali spazi e strumenti mirati all'istituzione di percorsi specifici di alfabetizzazione linguistica, di durata variabile;
impegna il Governo:
a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione, disciplinate dalle singole regioni interessate, così come previsto dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione;
a istituire classi di inserimento temporaneo, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, nonché gli insegnamenti di base previsti dai vigenti programmi scolastici, preparatori e propedeutici all'ingresso nelle classi permanenti;
a prevedere l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente disciplinato dal decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004, alla cui copertura finanziaria si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria.
(1-00024) «Gibelli, Lussana, Maroni».
(22 settembre 2006)
La Camera,
premesso che:
rispetto agli altri grandi Paesi dell'Unione europea, di storia immigratoria meno recente, come Germania, Francia e Regno Unito, il nostro Paese ha visto crescere la presenza straniera in tempi molto più brevi e a ritmi intensi;
secondo il rapporto Istat 2006, gli studenti di cittadinanza non italiana sono
più che raddoppiati negli ultimi cinque anni, fino a superare quota 430 mila nell'anno scolastico 2005-2006;
le rilevazioni realizzate a livello regionale registrano, infatti, una presenza di alunni stranieri in costante ascesa nella scuola primaria e secondaria di primo grado ed in rapida crescita anche nella scuola secondaria di secondo grado;
le aule scolastiche sono il primo luogo di incontro con la realtà degli immigrati e possono trasformarsi in strumenti di integrazione, obbligando le istituzioni a trovare idonee soluzioni a garanzia del diritto all'istruzione;
il valore dell'istruzione statale è quello di una scuola che deve essere capace di fare integrazione e che non può prevedere discriminazioni;
occorre ridurre la dispersione, superare il disorientamento iniziale e recuperare la motivazione allo studio degli studenti stranieri in difficoltà;
anche se numerose scuole si stanno attrezzando, elaborando piani e percorsi didattici dedicati, l'incremento di studenti stranieri, se da una parte costituisce un arricchimento del profilo culturale, rappresenta un fattore di pressione sul sistema scolastico e non è pensabile che le singole scuole ed i singoli ex provveditorati debbano farsi carico di tale problematica;
sono necessari una grande solidarietà all'interno del sistema dell'istruzione, chiamato a servire una società che sta diventando multietnica, la ricerca di condizioni favorevoli all'inserimento di alunni stranieri nelle scuola primaria e secondaria, in modo da consentirne il pieno espletamento delle proprie potenzialità e il successo formativo e l'eliminazione dei dislivelli linguistici che si possono creare nel cammino di apprendimento della generalità degli alunni;
per superare il disagio della difficile integrazione, che non può gravare sulle famiglie, né su quelle che faticosamente si vanno inserendo, né su quelle italiane, occorre superare la logica dell'emergenza, attivando iniziative volte al rinnovamento dell'organizzazione della didattica per garantire a tutti l'accesso alla conoscenza;
in mancanza di una vera presa in carico del problema, è inevitabile la creazione di sospetti e ingiustizie intorno al problema, nonché di nuovi motivi di diffidenza e di odio reciproco;
impegna il Governo:
ad attivare un confronto con le esperienze maturate su questa problematica dagli altri Paesi europei con maggiore tradizione immigratoria;
a rafforzare la presenza e l'utilizzo, in modo sempre più mirato di figure interne alla scuola e a favorirne la formazione di nuove;
ad attivare percorsi formativi per fornire al personale della scuola strumenti utili e comuni che consentano un efficace approccio alla problematica e la costruzione di percorsi innovativi in risposta ai reali bisogni specifici;
a prevedere, anche mediante apposite iniziative, le risorse economiche necessarie per attivare in tempi rapidi corsi di sostegno linguistico, che operino in parallelo alle lezioni, ripristinando la figura del tutor, che potrebbe rivelarsi uno strumento prezioso di ausilio per l'alfabetizzazione, per il sostegno e per il perfezionamento della lingua italiana, non solo degli studenti stranieri ma anche delle loro famiglie, con le quali fungerà da terminale di raccordo.
(1-00165)
(Nuova formulazione) «Capitanio Santolini, Volontè».
(29 maggio 2007)
La Camera,
premesso che:
l'aumento progressivo negli ultimi anni del numero di alunni stranieri nelle
scuole italiane di ogni ordine e grado rappresenta un dato di grande rilevanza culturale e sociale e coinvolge, in particolar modo, la capacità di accoglienza e di integrazione di tutte le strutture scolastiche, ma anche la sostenibilità di un tale fenomeno per tali strutture, sia sotto il profilo logistico che sotto il profilo didattico;
secondo gli ultimi dati ufficiali del ministero della pubblica istruzione, gli alunni con cittadinanza non italiana sono all'incirca 500.000, con un'incidenza di quasi il 5 per cento sul totale della popolazione scolastica complessiva;
il tasso di crescita dell'ultimo triennio, pari a 60/70 mila unità all'anno, rende presumibile che nei prossimi anni la presenza di alunni stranieri aumenterà con ritmi di crescita estremamente significativi, rendendo la loro presenza nelle nostre scuole un dato non congiunturale ma strutturale;
i cambiamenti per la scuola italiana determinati da tale flusso di nuovi inserimenti di alunni stranieri sono stati estremamente rapidi: si è passati dai 50.000 alunni stranieri dell'anno 1995/1996 ai 430.000 del 2005/2006;
si evidenzia una crescita numericamente rilevante e costante dei minori di origine straniera, che accedono alla scuola dell'obbligo anche ad anno scolastico iniziato e con evidenti difficoltà connesse con la non conoscenza della lingua italiana e/o con percorsi scolastici irregolari e frammentari nel Paese di origine;
si è potuto constatare che l'ingresso di minori stranieri in età scolare interessa in modo costante tutto l'arco dell'anno solare, anche perché connesso con la concessione di nuovi permessi di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare;
il costante arrivo di alunni stranieri, durante l'intero arco dell'anno solare, provoca spesso fenomeni di disorientamento nell'organizzazione e nella didattica, costantemente da ridefinirsi, influendo sul lavoro quotidiano; a ciò si aggiungono le problematicità che tale situazione provoca quando si innesta su contesti che già si caratterizzano per una notevole complessità legata a criticità di ordine sociale, economico, culturale;
i dati a disposizione ci segnalano una crescita significativa di studenti stranieri nella scuola secondaria superiore: più di 80.000 nell'anno scolastico 2005/2006, quasi l'80 per cento iscritti negli istituti tecnici e professionali;
i dati e, soprattutto, le esperienze e le preoccupazioni che arrivano dalle scuole segnalano situazioni di forte concentrazione in singole scuole e territori: una criticità da tenere sotto osservazione e su cui investire;
la mappa della presenza di alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale: la presenza di alunni stranieri raggiunge la percentuale del 9,5 per cento in Emilia Romagna, supera l'8 per cento in Lombardia, Veneto e Marche, ma è dell'1 per cento in regioni come Campania e Sicilia;
la tipologia delle presenze evidenzia un panorama scolastico all'insegna della molteplicità delle cittadinanze: sono addirittura 191 i Paesi d'origine degli alunni stranieri nella nostra scuola;
si conferma un aumento significativo dell'incidenza delle cittadinanze dei Paesi dell'Est europeo, Romania soprattutto, che passa, in due anni, dal 9,7 per cento al 12,4 per cento, ma anche Ucraina e Moldavia, mentre è leggermente diminuito il peso della presenza degli alunni stranieri provenienti da Albania e Marocco;
il totale degli alunni con cittadinanza non italiana provenienti da paesi a prevalente tradizione islamica è circa un terzo del totale degli alunni stranieri, con evidenti problemi di natura religiosa collegati a tale presenza;
alcuni dati del ministero della pubblica istruzione sul ritardo scolastico degli alunni stranieri, inteso come la frequenza
di uno o più classi inferiori a quella prevista dall'età anagrafica posseduta, evidenziano come, sin dalla prima classe della scuola primaria, vi sia un ritardo del 10 per cento degli alunni stranieri, che sale al 75,5 per cento nella prima classe della scuola secondaria, con enormi difficoltà di inserimento per questi nuovi alunni;
impegna il Governo:
a prevedere nelle diverse scuole percorsi formativi che filtrino e preparino l'accesso effettivo alla scuola di studenti stranieri di recente immigrazione, spesso sprovvisti di qualsiasi conoscenza della lingua italiana e in alcuni casi con percorsi scolastici frammentari anche nel Paese d'origine, in modo da contenere il disorientamento degli alunni inseriti in un contesto loro totalmente estraneo, di cui non conoscono le regole formali e informali, ed in modo da limitare le difficoltà degli insegnanti e degli alunni già presenti a proseguire regolarmente un percorso didattico spesso già avviato;
a limitare in ogni caso, durante l'anno in corso, l'ingresso di nuovi alunni provenienti da Paesi stranieri, in misura tale da non compromettere il regolare svolgimento del percorso didattico annuale;
a prevedere la distribuzione di personale qualificato su base regionale in funzione della presenza diversificata degli alunni stranieri;
a destinare risorse aggiuntive rispetto alla situazione attuale, finalizzate ad un intervento didattico mirato, qualitativamente e quantitativamente consistente e che consenta processi integrativi e di socializzazione nell'istituzione scolastica.
(1-00168)
«Bertolini, Paoletti Tangheroni, Cossiga, Carlucci, Licastro Scardino, Misuraca, Garagnani, Campa, Azzolini, Di Virgilio».
(29 maggio 2007)
La Camera,
premesso che:
l'interdipendenza delle economie, la rapidità degli scambi e dell'informazione si accompagna ad un flusso imponente, che aumenterà sempre di più, di migrazioni e di mobilità di persone tra diversi continenti e Paesi;
secondo le stime attuali (Caritas), gli immigrati nel mondo sono oggi oltre 190 milioni, essendo la migrazione uno dei bilanciamenti delle differenze economico-sociali, dal momento che su una popolazione di oltre 6 miliardi e mezzo solo 960 milioni risiedono in Paesi a sviluppo avanzato;
di fronte alle dimensioni di tale fenomeno, tutti i Paesi hanno cercato soluzioni delineando e concretizzando specifiche politiche sociali, con l'obiettivo principale dell'integrazione piena degli immigrati nel Paese di arrivo e cioè la previsione di diritti e doveri tanto per gli immigrati, quanto per la società che li accoglie. In questo contesto, diventa strategico il ruolo della scuola, che nella sua funzione pubblica è soggetto qualificato, proprio in quanto sede di costruzione di valori - tradotti e traducibili in percorsi di crescita umana e culturale - ed istituzione, plurale e coesa, che si commisura con altre culture, pur senza, con questo, rinunciare alle proprie specificità culturali;
la scuola, infatti, è determinante per la costruzione e condivisione di regole comuni e con la sua azione può, nella vita quotidiana, indurre alle regole democratiche di convivenza e formare alla cittadinanza, trasmettendo le conoscenze storiche, sociali, giuridiche ed economiche del Paese;
attraverso, per esempio, uno studio e un approfondimento della nostra Carta costituzionale, le regole e i diritti sono agevolmente assorbiti, con i valori da essa rappresentati anche dagli studenti non di cittadinanza italiana. L'inserimento positivo in percorsi educativi e formativi di
bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana deve, però, tenere conto di diversi fattori che ne determinano la complessità: il fattore numerico, con profonde disomogeneità di concentrazione territoriale; la frammentazione etnica, che comporta quasi sempre la presenza contemporanea in classe di alunni provenienti da Paesi di lingua e cultura profondamente diverse tra loro; l'ostacolo di un contesto linguistico spesso totalmente sconosciuto;
dalla lettura del rapporto, pubblicato dal ministero della pubblica istruzione nel dicembre 2006, «Alunni con cittadinanza non italiana - scuole statali e non statali», risulta che nell'anno scolastico 2005/2006 gli alunni di cittadinanza non italiana erano 424.683, con un incremento rispetto all'anno precedente pari a 17,5 per cento e che, per l'anno in corso 2006/2007, il numero stimato è di 485.706 (5,5 per cento dell'intera popolazione scolastica), mentre per il 2010/2011 se ne prevedono 747.678 (8,3 per cento dell'intera popolazione scolastica). Le scuole con incidenza più elevata sono quelle primarie (elementari) e l'area del Paese con incidenza più elevata è il Nord-Est; la provincia con incidenza più elevata è quella di Mantova; il comune capoluogo con l'incidenza più elevata è Milano;
il numero di cittadinanze straniere rappresentate è 191 su 194 cittadinanze straniere esistenti;
il Paese di provenienza più rappresentato, rispetto alla percentuale degli stranieri, è l'Albania, mentre il Paese di provenienza con la maggiore crescita di alunni rispetto all'anno precedente è la Romania: più 50,9 per cento nell'anno scolastico 2004/2005, più 26,7 per cento nell'anno scolastico 2005/2006;
la percentuale di scuole con presenza di alunni con cittadinanza non italiana è pari al 64,5 per cento del totale, ma con una assoluta disomogeneità territoriale, dal momento che Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte assorbono da sole ben oltre la metà di tali studenti;
i dati ci segnalano, quindi, una concentrazione di alunni stranieri in singoli territori e, nell'ambito di questi, in singole scuole;
la presenza di alunni di cittadinanza non italiana è, inoltre, destinata ad aumentare sempre più, in considerazione, tra l'altro, che le donne straniere, come risulta dal recentissimo rapporto Istat - maggio 2007, hanno una propensione ad avere figli doppia di quelle italiane. I bambini di origine non italiana che nascono in Italia, infatti, rappresentano ormai quasi il 10 per cento del totale delle nascite;
oltre alle considerazioni sulla presenza numerica degli alunni di cittadinanza non italiana che frequentano la scuola, va considerato, poi, come ulteriore dato di complessità, il ritardo scolastico, inteso come la frequenza di una o più classi inferiori a quella prevista dall'età anagrafica posseduta. Infatti, gli alunni in ritardo sono complessivamente: nella scuola primaria il 22,5 per cento, nella secondaria di I grado il 54,4 per cento e nella secondaria di II grado il 72,6 per cento (fonte ministero della pubblica istruzione, già citata);
tali dati dimostrano ancora di più quanto sia critico e delicato per l'intera classe, e quindi anche per gli studenti italiani, il momento dell'ingresso dell'alunno straniero a scuola, soprattutto se è un adolescente e arriva ad anno scolastico già iniziato. La presenza di alunni stranieri è un dato strutturale, per cui, al di là delle buone pratiche e delle singole iniziative di integrazione da parte delle scuole, sempre più sole ad affrontare questa emergenza, occorre un impegno organico e un'azione strutturale capace di sostenere l'intero sistema formativo nazionale. L'autonomia non è solitudine e, soprattutto, da sola non basta, in quanto l'accoglienza deve essere un sistema dotato di strumenti e risorse idonee messi a disposizione delle scuole dai diversi soggetti istituzionali, per evitare che un inserimento tout court affievolisca il diritto formativo dell'intera classe;
la consapevolezza del patrimonio di civiltà europea, il dialogo con altre culture e modelli di vita, la garanzia per tutti i cittadini, italiani e non, di acquisire nelle nostre scuole una reale esperienza di apprendimento e di inclusione sociale, sono obiettivi a cui le istituzioni scolastiche devono mirare con il concorso e la collaborazione dei soggetti educativi presenti sul territorio: famiglia, enti locali, università, associazioni e istituzioni a vario titolo interessate;
occorre, dunque, una più concreta e fattiva interazione tra i soggetti istituzionali coinvolti, mirata alla predisposizione di misure di accompagnamento dedicate, finalizzate a dare indirizzo alle scuole e concreto appoggio con risorse umane aggiuntive, figure professionali specifiche (mediatori linguistici e culturali),assegnazione equilibrata di risorse a seconda delle specificità territoriali;
impegna il Governo:
ad attivare una maggiore formazione, iniziale e in servizio, all'educazione interculturale, che è una dimensione trasversale che accomuna tutti gli insegnanti e gli operatori scolastici, tenendo presente che la complessità del nostro tempo richiede una continua crescita professionale di tutto il personale della scuola;
a sostenere e implementare la collaborazione dei centri territoriali permanenti con gli organismi di istruzione e formazione professionale, con particolare riferimento alla lunga e positiva esperienza salesiana, e gli enti locali, per promuovere l'acquisizione dell'italiano scritto e parlato, uno dei fattori principali di successo scolastico e di inclusione sociale, con corsi destinati anche ai genitori degli alunni stranieri;
a prevedere risorse integrate per la realizzazione di un sistema organizzato di corsi di italiano come seconda lingua, propedeutici alla frequenza scolastica, da realizzarsi per la fascia d'età compresa nell'obbligo, all'interno delle istituzioni scolastiche, anche organizzate in rete;
a prevedere, una volta frequentati i predetti corsi, per particolari esigenze didattiche, la formazione temporanea di gruppi omogenei all'interno dell'istituzione scolastica o reti di scuole per la frequenza di laboratori linguistici, finalizzati all'acquisizione di linguaggi specifici, propri delle diverse discipline;
a prevedere per i ragazzi più grandi di oltre 16 anni la frequenza dei corsi presso i centri territoriali permanenti, destinatari di organico dedicato e riorganizzati, così come previsto dall'articolo 1, comma 632, della legge finanziaria per il 2007, su base provinciale e articolati in reti territoriali. Con la frequenza presso i centri territoriali permanenti tali studenti potrebbero, inoltre, assolvere l'obbligo scolastico, o se già assolto, ottenere una qualifica professionale, con la possibilità, qualora lo vogliano, di un rientro nel circuito scolastico;
a promuovere successivamente un'attenta analisi per valutare la ricaduta dell'alfabetizzazione linguistica sui risultati scolastici.
(1-00169)
«Frassinetti, Briguglio, Lo Presti, Castellani, Raisi, Filipponio Tatarella, Armani, Benedetti Valentini, Porcu, Meloni».
(29 maggio 2007)
La Camera,
premesso che:
i cittadini stranieri presenti in Italia sono 3.035.000 e il sensibile aumento registrato nel 2005 è dovuto sia ai nuovi arrivi (187.000) che alle nascite di figli di cittadini stranieri (52.000). Dunque, la popolazione straniera aumenta per effetto non solo dei ricongiungimenti, ma anche per l'incremento dovuto ai bambini stranieri nati in Italia, fenomeno che ha inciso per il 9,4 per cento sulle nascite complessive nel nostro Paese. Dei 585.483 minori
stranieri, pari al 19,3 per cento della popolazione straniera stimata come soggiornante in Italia a inizio 2006, il 55,6 per cento risulta nato nel nostro Paese;
l'aumento progressivo negli ultimi anni del numero di alunni stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado rappresenta un dato di grande rilevanza culturale e sociale e interroga, in particolar modo, sulla capacità di accoglienza e di integrazione di tutte le strutture scolastiche, ma anche la sostenibilità di un tale fenomeno per tali strutture, sia sotto il profilo logistico che sotto il profilo didattico;
la presenza di alunni stranieri, pur in percentuale inferiore a quella di altri Paesi europei, è un dato strutturale del nostro sistema scolastico ed in progressivo aumento: gli studenti con cittadinanza straniera sono 431 mila (ministero della pubblica istruzione, «Alunni con cittadinanza non italiana», dicembre 2006) e tra due anni supereranno abbondantemente il mezzo milione: essi incidono mediamente per il 4,8 per cento sul totale della popolazione studentesca, con punte del 6 per cento sugli iscritti nella scuola primaria. I dati a disposizione ci segnalano, inoltre, una crescita nella presenza di allievi stranieri nella scuola secondaria superiore, con una marcata tendenza verso gli istituti tecnici e professionali;
la situazione italiana presenta due principali caratteristiche. La prima è che la presenza di alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale. Si va dalla percentuale massima della regione Emilia Romagna, che si avvicina al 10 per cento, all'8 per cento della Lombardia, Veneto e Marche, fino alla percentuale minima della regione Campania, che si avvicina all'1 per cento. L'area geografica del Paese con l'incidenza maggiore è il Nord-Est, con l'8,4 per cento. La provenienza degli alunni stranieri comprende una grande molteplicità di cittadinanze, con un aumento significativo dell'incidenza di cittadinanze dei Paesi dell'Est europeo. Un'altra caratteristica è la rapidità del cambiamento e mobilità delle varie cittadinanze sul territorio, che portano anche a situazioni di concentrazione di alunni stranieri in singole scuole o territori, fenomeno di fronte al quale si pone il problema di un'equilibrata distribuzione delle presenze, attraverso un'intesa fra scuole e reti di scuole in collaborazione con gli enti locali. La costruzione di reti e coordinamenti è anche utile per l'organizzazione di un'offerta formativa che riduca le disuguaglianze e i rischi di esclusione;
la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 2, recita: «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione». Principi confermati dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la legge 25 maggio 1991, n. 176, la quale, all'articolo 2, ribadisce: «gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica e sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza»;
l'Italia ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola, «ivi compresi i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato», attraverso lo strumento dell'educazione interculturale, scelta confermata anche dalla recente normativa, «Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri» (circolare ministeriale 1o marzo 2006, n. 24), e per la cui realizzazione sono necessari specifici interventi per l'apprendimento della lingua, per l'adeguamento dei programmi, per la formulazione di contenuti e stili educativi
interculturali, per il ricorso ai mediatori linguistici culturali in caso di necessità nell'ambito di un'adeguata programmazione;
l'attività di mediazione culturale ha l'obiettivo di facilitare le relazioni tra gli autoctoni ed i cittadini stranieri, con l'intento di promuovere la reciproca conoscenza e comprensione, al fine di favorire un rapporto positivo fra soggetti di culture diverse. Attualmente i mediatori culturali, in prevalenza immigrati, sono circa 2.400, per i tre quarti donne. In 4 casi su 10 hanno un titolo universitario ed hanno conseguito un corso per potersi inserire nel lavoro della mediazione, quasi sempre precario, in prevalenza esplicato nei servizi educativi e sanitari. La maggioranza dei servizi di mediazione culturale è concentrata nel Nord (54,1 per cento) ed al Centro (30,3 per cento);
promuovere una buona competenza nell'italiano scritto e parlato è uno degli obiettivi prioritari dell'integrazione e uno dei principali fattori di successo scolastico. L'apprendimento dell'italiano come seconda lingua deve essere al centro dell'azione didattica. La considerazione del bilinguismo e del plurilinguismo, come fonte di vantaggi cognitivi, deve portare al riconoscimento e alla valorizzazione delle lingue d'origine e del patrimonio linguistico dei ragazzi stranieri;
va, inoltre, considerato l'ordine del giorno, accolto dal Governo, n. 9/1746-bis/157 della legge finanziaria per il 2007, dal quale deriva l'impegno per il Governo di realizzare interventi mirati a colmare il gap tra alunni immigrati e alunni nativi, di adottare un piano di formazione rivolto ai docenti della scuola primaria per l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua, di favorire l'inserimento sociale di alunni immigrati anche attraverso l'opera in ambito scolastico di mediatori linguistico-culturali;
impegna il Governo:
a prevedere, nel disegno di legge finanziaria per il 2008, stanziamenti aggiuntivi per un piano nazionale di formazione diffusa dei dirigenti scolastici e degli insegnanti, finalizzati a promuovere ulteriormente l'educazione interculturale;
a prevedere nel disegno di legge finanziaria per il 2008 risorse finalizzate all'utilizzazione di insegnanti già formati, nel proprio istituto o su coordinamenti di scuole, utilizzando e stimolando la formazione di reti o coordinamenti di più istituzioni scolastiche presenti su un territorio, ai fini dell'integrazione degli alunni stranieri;
a coordinare l'utilizzo, in modo sempre più mirato, dei mediatori culturali, d'intesa con gli enti locali e il ministero della solidarietà sociale, che nel fondo per l'inclusione sociale ha destinato a questa figura apposite risorse;
a favorire iniziative da parte delle istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e didattica, finalizzate alla strutturazione di corsi o di attività che possano facilitare l'apprendimento della lingua italiana come lingua seconda, sulla base delle effettive esigenze degli alunni rilevate in sede di valutazione d'ingresso, adattando anche tutte le possibili modalità organizzative e didattiche; per un pieno inserimento, come indica anche la citata circolare ministeriale, è necessario che l'alunno trascorra il tempo scuola nel gruppo classe, fatta eccezione per progetti didattici mirati e temporanei per l'apprendimento della lingua italiana;
ad attivare un confronto con le esperienze maturate su questa problematica dagli altri Paesi europei con maggiore tradizione immigratoria e ad attivare, altresì, intese con i principali Paesi di provenienza degli alunni stranieri;
a favorire iniziative delle istituzioni scolastiche, nell'ambito dell'autonomia delle medesime, volte a realizzare momenti strutturati di incontro con le famiglie dei ragazzi immigrati per facilitare la conoscenza del sistema scolastico italiano
e favorire lo scambio tra la cultura del nostro Paese e quella del Paese d'origine degli studenti immigrati.
(1-00175)
«Froner, Ghizzoni, Frias, Tranfaglia, Boato, Razzi, Sasso, Rusconi, Benzoni, Colasio, Giachetti, Giulietti, De Biasi, Tessitore, Tocci, Villari, Volpini, Camillo Piazza, Zanella, Balducci, Poletti, Pellegrino, De Zulueta».
(6 giugno 2007)
La Camera,
premesso che:
da oltre un decennio, facendo riferimento al Trattato di Schengen del 1992, il problema dell'immigrazione ha assunto in Europa e, per quanto ci riguarda in Italia, le dimensioni di un fenomeno di vasta portata sociale;
nel contesto italiano si sono avvicendate normative (la cosiddetta «legge Turco-Napolitano» del 1998 e la cosiddetta «legge Bossi-Fini» del 2002), secondo le quali l'inquadramento legislativo dell'immigrato fa riferimento ad un adulto considerato quasi esclusivamente nella funzione di forza lavoro;
occorre rilevare che l'immigrato adulto, oltre ad essere un lavoratore, può anche essere un genitore che, come tale, rappresenta la prima radice socio-culturale dei propri figli, i quali, a loro volta, si trovano ad essere inglobati in un sistema di integrazione che deve avvenire su diversi piani: individuale, interpersonale, di gruppo e, soprattutto organizzativo-istituzionale;
i cittadini stranieri presenti in Italia sono più di tre milioni e l'aumento è dovuto non solo ai nuovi arrivi, ma anche alle nascite dei loro figli, che solo nel 2006 sono stati il 9,4 per cento dei nati in Italia su una popolazione complessiva di minori stranieri di 585.483, che, a loro volta, rappresentano il 19,3 per cento della popolazione straniera del nostro Paese;
la scuola intesa come agenzia formativa promotrice di una relazionalità positiva deve aiutare il bambino a star bene con sé e con gli altri ed il suo contesto deve rispondere alle sue aspettative rispetto all'ambiente, in quanto essa rappresenta per tutti gli alunni, italiani e stranieri, il contesto ideale per la realizzazione della vera integrazione socio-culturale, che dà all'individuo la possibilità di vivere nel rispetto reciproco;
la situazione italiana degli alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale, sia rispetto al numero che alle nazionalità, con un aumento significativo dell'incidenza di cittadinanze dei Paesi dell'Est europeo; inoltre, la rapidità del cambiamento e della mobilità delle varie cittadinanze sul territorio porta anche a situazioni di concentrazione di alunni stranieri in singole scuole o territori, rendendo manifesta la necessità di realizzare un'equilibrata distribuzione delle presenze, promuovendo un'intesa fra scuole ed enti locali e riducendo, così, le disuguaglianze attraverso il coordinamento dell'offerta formativa;
il costante aumento degli alunni stranieri, spesso considerati di «transito», costringe alla frequente ridefinizione, da parte delle istituzioni, della domanda e alla modifica delle dinamiche del sistema, con la conseguenza che il panorama della scuola italiana, ormai multietnico, necessita di nuove strategie didattiche, tese a creare un metodo formativo attraverso il quale lo studente straniero abbia la possibilità di identificarsi con la nostra cultura e di integrarsi nel nostro sistema sociale;
tale metodo dovrebbe identificarsi in primis in quell'area della pedagogia che si interessa dell'accoglienza degli alunni stranieri, che favorisce le condizioni per la riduzione dei rischi di insuccesso scolastico e di abbandono, perseguendo, in tal modo, anche l'obiettivo di prevenzione
della dispersione scolastica, garantendo a tutti e ad ognuno il successo formativo;
impegna il Governo:
a prendere le necessarie iniziative per sviluppare una sempre maggiore integrazione all'interno della scuola italiana per i ragazzi stranieri, con l'obiettivo di promuovere una sempre maggiore omogeneità socio-culturale;
a prendere opportune iniziative, anche legislative, affinché l'integrazione dei cittadini stranieri nel nostro Paese avvenga nel pieno rispetto delle regole condivise dalla nostra società;
a prevedere, inoltre, i necessari interventi, anche finanziari, affinché la scuola italiana diventi il luogo principale di apprendimento delle regole di convivenza sociale e di quella necessaria cultura della legalità, che implica il senso di rispetto reciproco e che è alla base di ogni convivenza civile e progredita, condizioni che, purtroppo, molto spesso i giovani immigrati non conoscono a causa delle situazioni di profonda crisi, non solo politica, dalle quali provengono.
(1-00197) «Donadi, Borghesi».
(25 giugno 2007)