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Allegato A
Seduta n. 85 del 12/12/2006
...
(Sezione 2 - Risoluzione)
La Camera,
premesso che:
il sistema di relazioni tra Unione europea e la Repubblica Popolare Cinese è parte fondamentale dell'ordine geopolitico e geoeconomico internazionale e influenza, in modo determinante, l'evoluzione dell'assetto politico e istituzionale della Repubblica Popolare Cinese;
tale sistema di relazioni si fonda sul duplice obiettivo della progressiva inclusione dell'economia cinese nel sistema degli scambi internazionali e del conseguente adeguamento, da parte cinese, degli istituti civili, politici e di mercato secondo standard comuni o, almeno, compatibili dal punto di vista economico e geopolitico;
il processo di modernizzazione e stabilizzazione politica perseguito dal governo cinese riflette tuttora un modello che assegna al partito dì governo (e in genere alle autorità amministrative e politiche) un'abnorme capacità di interdizione e di condizionamento dell'attività degli operatori e investitori economici, interni e internazionali e un assoluto potere di controllo sulla vita personale e sociale dei cittadini cinesi;
la situazione dei diritti umani e delle libertà civili nella Repubblica Popolare Cinese non descrive dunque un semplice «ritardo» nell'evoluzione della «Cina politica», rispetto ai progressi e alla dirompente potenza commerciale della «Cina economica», ma, al contrario, rispecchia nella sua interezza un sistema istituzionale e civile che evolve rapidamente, ma in senso alternativo e concorrente a quello delle democrazie liberali;
non esiste punto del «dossier diritti umani» (Tibet, minoranze etniche e religiose, libertà politiche e sindacali, diritto di espressione e di associazione, tutela giuridica della persona, pena di morte come strumento di repressione politica...) in cui la Cina non risulti tuttora gravemente inadempiente, malgrado alcuni relativi adeguamenti della legislazione ordinaria e costituzionale; su questi temi, la cooperazione bilaterale e settoriale da parte dei paesi membri dell'Unione europea e delle stesse istituzioni europee non ha sortito alcun effetto sostanziale, tale,
almeno, da prefigurare un cambio di direzione di marcia da parte delle autorità di Pechino;
al centro delle relazioni bilaterali tra la Repubblica Popolare Cinese e i paesi membri dell'Unione europea ricorre la duplice richiesta di «aderire» alla cosiddetta politica «per una sola Cina» (con l'indiretto riconoscimento di una sovranità territoriale da parte della Repubblica Popolare Cinese sulla Cina insulare di Taiwan) e di sostenere la revoca dell'embargo sulla vendita delle armi imposto dall'Unione europea dopo i massacri di Piazza Tien An Men nel 1989;
non vi è voce dall'interno della dissidenza cinese - fra le quali, ancora pochi giorni fa, quella di Wei Jingsheng - che non si levi per scongiurare il cedimento europeo alle richieste di Pechino su questi punti di grave e certa valenza politica; la previsione pressoché unanime è infatti che un atteggiamento accomodante delle autorità europee non favorirebbe un atteggiamento delle autorità di Pechino più disponibile sul «dossier diritti umani» e più responsabile sul piano internazionale e nel rapporto con i vicini regionali, ma al contrario confermerebbe, anche all'interno del PCC, il potere e l'influenza di quanti intendono consolidare l'attuale assetto del potere cinese, e stringere i tempi della «resa dei conti» militare con la democrazia di Taiwan, sulla base della cosiddetta legge anti-secessione approvata nel 2005 dal Parlamento di Pechino;
una revoca dell'embargo delle armi e il contestuale cedimento su Taiwan avrebbe conseguenze dirette sulle relazioni transatlantiche e sul commercio mondiale degli armamenti, visto, da una parte, il ruolo di tutela tuttora svolto dagli Usa a vantaggio di Taiwan e, dall'altra, l'indisponibilità del regime di Pechino a stipulare accordi giuridicamente cogenti sull'esportazione di sistemi d'arma e di tecnologia militare,
impegna il Governo:
a sostenere in sede europea la posizione espressa nella Risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni Unione europea-Cina (0346/2006), approvata il 7 settembre 2006, in cui:
si sostiene che «l'Unione europea non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche» (0346/2006, 12);
si chiede che «l'embargo sulle armi imposto dall'Unione europea nei confronti della Cina resti immutato fino a che non saranno stati compiuti maggiori progressi in materia di diritti umani» (0346/2006, 78);
si afferma «che, per quanto riguarda la possibilità di una riunificazione pacifica con la Cina continentale, nel corso dei negoziati sullo status di Taiwan occorrerà sicuramente considerare e rispettare la volontà e il parere dei 23 milioni di cittadini taiwanesi, come pure la sovranità e l'integrità territoriale di Taiwan» (0346/2006, 82).
(6-00009) «Mellano, Capezzone, Zanella, Balducci».
(12 dicembre 2006).