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Allegato A
Seduta n. 101 del 31/1/2007
MOZIONI VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00071, BERTOLINI ED ALTRI N. 1-00073, FABRIS ED ALTRI N. 1-00075, MARONI ED ALTRI N. 1-00077, VILLETTI ED ALTRI N. 1-00078, BONELLI ED ALTRI N. 1-00080, MIGLIORE ED ALTRI N. 1-00081, DEL BUE ED ALTRI N. 1-00082, LA RUSSA ED ALTRI N. 1-00084 E FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00087 IN TEMA DI FAMIGLIA
(Sezione 1 - Mozioni)
La Camera,
premesso che:
la famiglia fondata sul matrimonio gode, ai sensi degli articoli 29 e 31 della Costituzione, di un regime preferenziale, in ragione della sua infungibile funzione nella società. Il principio di eguaglianza impone di trattare nello stesso modo situazioni eguali ed in modo diverso situazioni diverse;
la distinzione tra la famiglia fondata sul matrimonio e la convivenza more uxorio rappresenta un punto fermo nella giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha affermato, infatti, che essa costituisce la premessa per la considerazione, da parte del legislatore ordinario, «dei rapporti personali e patrimoniali di coppia nelle due diverse situazioni, considerazione la quale - fermi in ogni caso i doveri e i diritti che ne derivano verso i figli e i terzi - tenga presente e quindi rispetti il maggior spazio da riconoscersi, nella convivenza, alla soggettività individuale dei conviventi; e viceversa dia, nel rapporto di coniugio, maggior rilievo alle esigenze obiettive della famiglia come tale, cioè come stabile istituzione sovraindividuale» (tra le altre, sentenza n. 8 del 1996);
la giurisprudenza costituzionale ha sempre conseguentemente escluso la possibilità di far ricorso all'analogia per l'applicazione, alle convivenze more uxorio, della disciplina prevista per le famiglie fondate sul matrimonio, in quanto l'analogia «presuppone la similarità delle situazioni, la quale, oltre a non essere presente tra il rapporto coniugale e quello di mera convivenza in sé considerati, non è voluta dalle stesse parti, che nel preferire un rapporto di fatto hanno dimostrato di non voler assumere i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio» (sentenza n. 166 del 1998);
per salvaguardare la posizione dei figli nati fuori dal matrimonio l'articolo 30 della Costituzione attribuisce ad essi lo stesso trattamento, sul piano giuridico e morale, attribuito ai figli nati nell'ambito di un matrimonio;
il principio costituzionale, secondo il quale è da reputare illegittima ogni discriminazione ingiustificata nei confronti delle persone in conseguenza delle loro scelte sessuali, non può portare a negare che anche altre forme di convivenza, tra cui quelle tra persone dello stesso sesso, abbiano, a prescindere da qualsiasi giudizio
di ordine morale, una funzione diversa da quella della famiglia fondata sul matrimonio,
impegna il Governo:
ad avviare iniziative di promozione della famiglia fondata sul matrimonio;
a non intraprendere nell'esercizio delle proprie funzioni, compresa l'iniziativa legislativa, azioni che possano, attraverso il riconoscimento del rilievo pubblico alle convivenze more uxorio, comprese quelle tra persone dello stesso sesso, attribuire a tali formazioni i diritti che vengono acquisiti in conseguenza della formazione di una famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio, come riconosciuto dall'articolo 29 della Costituzione.
(1-00071)
(Nuova formulazione) «Volontè, Adolfo, Ciro Alfano, Barbieri, Bosi, Capitanio Santolini, Casini, Cesa, Ciocchetti, Compagnon, D'Agrò, D'Alia, De Laurentiis, Delfino, Dionisi, Drago, Forlani, Formisano, Galati, Galletti, Giovanardi, Greco, Lucchese, Marcazzan, Martinello, Mazzoni, Mele, Mereu, Oppi, Peretti, Romano, Ronconi, Ruvolo, Tabacci, Tassone, Tucci, Vietti, Zinzi».
(20 dicembre 2006)
La Camera,
premesso che:
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 310 del maggio 1989, ha interpretato l'articolo 29 della Costituzione nel senso che esso «riconosce alla famiglia legittima una dignità superiore, in ragione dei caratteri di stabilità e di certezza e della corrispettività dei diritti e dei doveri, che nascono soltanto dal matrimonio»;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 352 del 2000, ha evidenziato che «la convivenza more uxorio è diversa dal vincolo coniugale»;
nell'ottobre del 2000, la Corte costituzionale ha affermato, con l'ordinanza n. 491, che la diversità tra unione di fatto e famiglia naturale fondata sul matrimonio rappresenta «un punto fondamentale di tutta la giurisprudenza costituzionale»;
la Corte costituzionale ha ribadito, con l'ordinanza n. 121 dell'aprile 2004, l'impossibilità di parificare, dal punto di vista giuridico, la famiglia costituzionalmente intesa e la convivenza;
la Corte di cassazione, con la sentenza n. 8976 del maggio 2005, ha enunciato che «dalla libera determinazione dei conviventi di fatto di non contrarre il vincolo del matrimonio, e quindi di non assumere gli obblighi che l'ordinamento impone vicendevolmente ai coniugi (coabitazione, fedeltà, solidarietà, assistenza materiale e morale), consegue l'inesistenza di qualsiasi diritto, sia di natura personale che patrimoniale, di un convivente verso l'altro»;
in data 5 dicembre 2006, il consiglio comunale di Padova ha approvato una mozione in base alla quale le coppie di fatto, sia etero che omosessuali, potranno ottenere il riconoscimento anagrafico, come famiglia fondata su vincoli affettivi;
entro fine gennaio 2007 il Governo dovrebbe portare all'attenzione del Consiglio dei ministri un disegno di legge sulle coppie di fatto;
i diritti individuali delle persone conviventi trovano già ampio riconoscimento nel nostro ordinamento,
impegna il Governo:
a non adottare iniziative legislative o amministrative che prevedano o comportino:
a) l'equiparazione, sia essa espressa o implicita, fra la convivenza e la famiglia;
b) la registrazione della coabitazione come presupposto per modificare il regime delle pensioni di reversibilità, a danno del coniuge che dovrebbe esserne il legittimo beneficiario;
c) la parificazione delle convivenze omosessuali a quelle eterosessuali in generale, soprattutto, in particolare, su questioni delicate, come la legittimazione all'adozione o come l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
d) l'inclusione, tra le formazioni sociali riconosciute e garantite dall'articolo 2 della Costituzione, delle coabitazioni affettive o di compagnia in genere;
e) l'equiparazione, agli effetti anagrafici, alla famiglia di insiemi di persone legate da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune.
(1-00073)
«Bertolini, Cossiga, La Loggia, Paoletti Tangheroni, Licastro Scardino, Carlucci, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Aprea, Azzolini, Baiamonte, Bernardo, Berruti, Biancofiore, Bocciardo, Boscetto, Brancher, Brusco, Campa, Carfagna, Ceccacci Rubino, Ceroni, Cesaro, Cicu, Crimi, Crosetto, Dell'Elce, Mistrello Destro, D'Ippolito Vitale, Di Cagno Abbrescia, Di Centa, Di Virgilio, Fallica, Fasolino, Fedele, Ferrigno, Giuseppe Fini, Fitto, Floresta, Franzoso, Fratta Pasini, Galli, Garagnani, Gardini, Germanà, Giro, Giudice, Grimaldi, Iannarilli, Laurini, Lazzari, Lenna, Lupi, Marinello, Marras, Mazzaracchio, Minardo, Misuraca, Mondello, Osvaldo Napoli, Palmieri, Palumbo, Paniz, Paroli, Pelino, Pescante, Pili, Ponzo, Romagnoli, Luciano Rossi, Rosso, Paolo Russo, Santelli, Sanza, Stagno D'Alcontres, Testoni, Tortoli, Uggè, Verro, Vitali, Alfredo Vito, Zanetta, Zorzato, Martusciello, Aracu, Simeoni».
(28 dicembre 2006)
La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 della Costituzione della Repubblica riconosce i diritti della famiglia come «società naturale» fondata sul matrimonio e il riferimento alla «naturalità» della famiglia non deve essere frainteso;
la Costituzione non afferma che la famiglia, realtà sociale preesistente alla comunità politica, abbia una struttura del tutto indipendente dalla regolamentazione giuridica imposta dall'ordinamento dello Stato, né che questo debba limitarsi a prendere atto dell'esistenza del fenomeno, senza poterlo disciplinare con proprie norme;
la qualifica di «società naturale» sta semplicemente ad indicare che la Costituzione dà per scontato l'impulso dell'uomo alla formazione di una famiglia, obiettivo che lo Stato non potrebbe legittimamente precludere né eccessivamente ostacolare, proprio perché si tratta di una meta «naturale» della vita umana;
la qualifica di «società naturale» potrebbe voler indicare l'intenzione di non garantire la tutela nell'ordinamento giuridico a tutte quelle ipotesi in cui il nucleo familiare venga costituito in modo «non naturale» e in questi casi la Costituzione, pur non escludendo che il legislatore ordinario estenda l'ambito delle garanzie costituzionali oltre a «quello naturale», certo non impone che certe garanzie vengano riconosciute;
il riferimento dell'articolo 29 della Costituzione della Repubblica al «matrimonio» è chiaro e il senso della disposizione costituzionale non è quello di imporre all'unione matrimoniale il vincolo dell'indissolubilità (tanto è vero che l'istituto
del divorzio è pienamente legittimo), ma quello di fare del matrimonio la base dell'unione familiare, con la conseguenza che può ritenersi «legittima» solo la famiglia fondata sul matrimonio;
le altre specie di famiglia sono da ritenere di mero fatto e godono di garanzie meno forti di quelle assicurate alla famiglia legittima;
su questo punto la stessa giurisprudenza costituzionale è ferma e anzi sembra accentuare la differenza tra famiglia legittima e famiglia di fatto, anche oltre quanto la stessa Costituzione della Repubblica non voglia;
il tema della famiglia è un tema eticamente sensibile e per quanto riguarda i temi eticamente sensibili l'iniziativa legislativa è stata costantemente assunta dal Parlamento e non dal Governo, in quanto su tali questioni non possono prevalere vincoli di partito o di alleanza, perché inerenti i valori personali cui ciascun parlamentare ispira il proprio agire;
per quanto riguarda i diritti individuali delle persone che hanno costituito una coppia di fatto esistono già nel nostro ordinamento norme civilistiche, che, pur suscettibili di eventuali migliorie, già consentono di disciplinare e tutelare gran parte di tali diritti attraverso la formalizzazione di specifici accordi;
su tale materia esistono divergenze di posizione all'interno dei diversi schieramenti politici e di quasi tutti i partiti, al punto che i leader di alcuni di questi hanno già dichiarato che, nel caso in cui il Parlamento fosse chiamato ad esprimersi in merito, lasceranno libertà di voto ai propri parlamentari,
impegna il Governo:
ad operare in modo che ogni iniziativa legislativa in materia di regolamentazione dei diritti delle coppie di fatto, come di ogni altra questione che coinvolga la coscienza e i valori di riferimento del singolo, sia affidata al più ampio e libero confronto parlamentare e in ogni caso a non adottare iniziative normative che prevedano o comportino l'equiparazione dal punto di vista giuridico della coppia di fatto alla famiglia di cui all'articolo 29 della Costituzione, in quanto «società naturale» fondata sul matrimonio;
a non adottare iniziative legislative che comportino la parificazione delle convivenze omosessuali a quelle eterosessuali su questioni particolarmente sensibili e delicate, quali la legittimazione all'adozione.
(1-00075)
«Fabris, Satta, Cioffi, Capotosti, D'Elpidio, Affronti, Adenti, Del Mese, Giuditta, Li Causi, Morrone, Picano, Rocco Pignataro, Pisacane».
(18 gennaio 2007)
La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 della Costituzione riconosce «i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» e al secondo comma stabilisce che «il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare»;
dovere del legislatore è tutelare la famiglia come «soggetto sociale». La famiglia fondata sul matrimonio rappresenta il pilastro su cui si fondano le comunità locali, il sistema educativo, le strutture di produzione di reddito, il contenimento delle forme di disagio sociale;
il combinato disposto degli articoli 29 e 30 della Costituzione sancisce in modo inequivocabile il regime preferenziale della famiglia quale nucleo fondamentale della società;
la giurisprudenza costituzionale ha più volte rimarcato la netta distinzione tra la famiglia fondata sul matrimonio e la convivenza more uxorio;
è necessario mettere in campo nuovi strumenti a sostegno delle responsabilità familiari e, soprattutto, misure che ne definiscano in modo coerente il suo carattere di soggetto attivo, titolare di diritti e doveri. Non soltanto misure di sostegno economico per le famiglie bisognose, ma strumenti diversificati attuati con il coinvolgimento delle famiglie stesse in tutte le fasi del processo;
è doveroso garantire il diritto di ogni persona a formare una famiglia, sostenere il diritto delle famiglie al libero svolgimento delle loro funzioni sociali, riconoscere l'altissima rilevanza sociale e personale della maternità e della paternità, sostenere in modo più adeguato la corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura e di educazione dei figli, promuovere e valorizzare la famiglia come struttura sociale primaria di fondamentale interesse pubblico, attuare le condizioni necessarie affinché nell'ambito della stessa famiglia possa realizzarsi la compresenza di più generazioni;
ogni società civile che si rispetti deve salvaguardare i nuclei familiari che, consci dell'importanza del ruolo pubblico oltre che privato della loro unione, si impegnano e si vincolano davanti allo Stato ad adempiere ai doveri legati alla loro decisione;
riconoscere le coppie di fatto al pari della famiglia fondata sul matrimonio vorrebbe dire indebolire ulteriormente questa istituzione stabile e sovraindividuale;
il vigente ordinamento giuridico già prevede, senza alcuna necessità di introdurre nel codice civile nuovi istituti, l'effettivo riconoscimento dei diritti comuni ai conviventi more uxorio in quanto persone e cittadini;
il riconoscimento pubblico delle unioni civili, oltre a generare un'evidente asimmetria giuridica (mentre la società assume obblighi rispetto ai conviventi more uxorio, questi non assumono verso la stessa gli obblighi propri del matrimonio), non trova alcuna giustificazione logica giuridica. Infatti, le convivenze more uxorio possono essere suddivise in due categorie: quelle che scaturiscono dalla scelta volontaria di non sposarsi e quelle che non possono sposarsi a causa di vincoli giuridici, quali la minore età o perché uno o entrambi i conviventi sono in attesa della pronuncia della sentenza di divorzio. Rispetto alla prima fattispecie, dinnanzi alla libera scelta di rifiutare il legame giuridico che scaturisce dall'istituto del matrimonio il legislatore non può e non deve intervenire. Per quanto concerne la seconda fattispecie, i vincoli legali che precludono ad una coppia il matrimonio precluderebbero anche il riconoscimento civile della loro unione more uxorio;
l'unica giustificazione plausibilmente riscontrabile in merito alla volontà di riconoscere civilmente le unioni civili può essere individuata nella determinazione di giungere ad una compiuta equiparazione del matrimonio tout court al matrimonio omosessuale;
il riconoscimento legale delle unioni omosessuali o l'equiparazione legale delle stesse al matrimonio produrrebbe una grave forma di ingiustizia sociale a discapito del bene comune e la conseguente svalutazione dell'istituto matrimoniale,
impegna il Governo:
a far sì che vengano adottate in tempi brevi misure dirette a proteggere, sostenere e promuovere la dignità dell'istituto matrimoniale, fondamento della famiglia, come sancito dall'articolo 29 della Costituzione;
a non avviare iniziative dirette al riconoscimento pubblico delle unioni di fatto more uxorio anche tra persone dello stesso sesso, che produrrebbero la svalutazione della famiglia fondata sul matrimonio, con inevitabili conseguenze sulla solidità della società.
(1-00077)
«Maroni, Montani, Alessandri, Allasia, Bodega, Bricolo, Brigandì,
Caparini, Cota, Dozzo, Dussin, Fava, Filippi, Fugatti, Garavaglia, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lussana, Pini, Pottino, Stucchi».
(18 gennaio 2007)
La Camera,
premesso che:
si è verificata negli ultimi decenni una trasformazione significativa nei rapporti interpersonali e nelle forme di convivenza; questa modificazione dei costumi necessita di essere disciplinata per rispondere alle esigenze sia delle persone sia della società;
ci si pone, pertanto, l'obiettivo di disciplinare le convivenze di fatto nel nostro Paese sul modello già in vigore nella maggioranza dei Paesi europei;
l'esigenza di riconoscere e formalizzare modalità di convivenza tra persone non unite dal matrimonio risponde ad una domanda ormai presente e diffusa, al fine di consentire ai cittadini una scelta più libera nell'organizzazione della propria vita attraverso una forma riconosciuta dallo Stato;
il riconoscimento giuridico delle «unioni di fatto», ovvero la convivenza di fatto fra due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, obbedisce a regole precise e prevede la stipula di un accordo, che ha lo scopo di predeterminare gli aspetti patrimoniali e non patrimoniali e gli eventuali effetti in caso di scioglimento dell'unione stessa;
le disposizioni di carattere patrimoniale e non patrimoniale possono, infatti, riguardare il periodo di durata dell'unione, ma anche il periodo successivo alla sua cessazione, con la previsione che se nulla è detto in materia nell'accordo costitutivo, in caso di scioglimento dell'unione, nulla è dovuto;
tre sono le condizioni fondamentali affinché sia valido l'accordo fra due persone che decidono di dare vita ad un'unione di fatto:
a) che le due persone siano maggiorenni;
b) che non siano unite in matrimonio tra loro o con altre persone;
c) che non abbiano stipulato altri accordi per costituire un'unione di fatto;
la presente mozione non tende a promuovere la modifica della disciplina giuridica del matrimonio così come attualmente regolata dalla legislazione italiana, né intende influire sulla condizione giuridica dei figli o sulla disciplina delle adozioni dei minori, così come non intende modificare la concezione positiva del matrimonio come scelta volontaria, libera e cosciente;
contemporaneamente non si intende equiparare i componenti di un'unione di fatto ai coniugi, se non per particolari casi e specificatamente quelli relativi alla materia successoria, ai diritti di abitazione, ai diritti e ai doveri di assistenza, alla legislazione riguardante il lavoro e la previdenza sociale, nonché all'applicazione delle norme penali;
la necessità di disciplinare l'istituto dell'unione di fatto è quella più limitata di porre tutti i cittadini stabilmente conviventi nella condizione di essere liberi di scegliere quale assetto conferire ai loro rapporti, secondo il principio di uguaglianza giuridica e di pari dignità stabilito dalla Costituzione;
si intendono, pertanto, superare quegli ostacoli che impediscono attualmente alle coppie di fatto alcuni elementari diritti, come quello di subentrare nell'affitto della casa comune in caso di morte di una delle parti conviventi o quello di lasciare in eredità, fatti salvi i diritti degli eredi legittimi, il proprio patrimonio alla persona con la quale si è condivisa l'esistenza;
il riconoscimento pubblico delle unioni di fatto attribuisce un valore importante all'accordo costitutivo, che è alla base dell'unione stessa, oltre che alla questione dello scioglimento dell'unione, sia quando lo scioglimento è proposto da un solo contraente, sia quando è proposto da entrambi;
la disciplina delle unioni di fatto, pur adottando un criterio gradualistico, tende ad uniformare la legislazione italiana alle risoluzioni dell'Unione europea in materia di coppie di fatto, alle raccomandazioni rivolte agli Stati membri per l'adozione di norme in materia di antidiscriminazione e ai principi ricompresi nella Carta dei diritti fondamentali proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000,
impegna il Governo
a presentare un disegno di legge alla Camera dei deputati entro il 31 gennaio 2007, al fine di promuovere il superamento di quegli ostacoli che impediscono attualmente alle coppie di fatto l'esercizio della facoltà di predeterminare gli aspetti patrimoniali e non della convivenza, di esplicare alcuni elementari diritti, come quello, ad esempio, di subentrare nell'affitto della casa comune in caso di morte di una delle parti conviventi o quello di lasciare in eredità, fatti salvi i diritti degli eredi legittimi, il proprio patrimonio alla persona con la quale si è condivisa l'esistenza, nonché, in ultimo, di regolare gli effetti conseguenti all'eventuale scioglimento dell'unione stessa.
(1-00078)
«Villetti, Boselli, Buemi, Turci, Antinucci, Di Gioia, Mancini, Angelo Piazza, Schietroma, Turco, D'Elia, Poretti, Capezzone, Mellano, Beltrandi, Crema, Buglio».
(18 gennaio 2007)
La Camera,
premesso che:
nel nostro Paese, secondo dati Istat, più di 500 mila cittadini si trovano in una situazione di convivenza dichiarata, a cui vanno aggiunte oltre un milione di persone che si trovano in una situazione analoga, anche se non ufficialmente;
la maggior parte dei Paesi europei ha già elaborato delle norme per la regolamentazione delle unioni civili, nell'ottica di fornire le adeguate garanzie di tutela ai cittadini che si trovano nella suddetta condizione;
appare non più procrastinabile un intervento per eliminare un vuoto legislativo, che comporta una limitazione dei diritti delle centinaia di migliaia di persone che hanno liberamente fatto una scelta che rientra nella sfera dell'autonomia individuale delle persone e che, pertanto, non può essere motivo di discriminazione, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 2 e 3 del dettato costituzionale, nonché di quanto stabilito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e tenendo, inoltre, conto dei principi inseriti nella Costituzione europea, approvata a stragrande maggioranza dal Parlamento italiano, che si ispira ai valori della Carta di Nizza;
un intervento in tal senso, da parte del legislatore, deve avere come finalità quella di introdurre un istituto giuridico, per garantire, tra l'altro, ai componenti delle unioni di fatto diritti e doveri reciproci di assistenza morale e materiale, la possibilità di regolare il loro regime patrimoniale, concedere la possibilità di estendere la pensione di reversibilità, garantire l'assistenza sanitaria e ogni altro riconoscimento dei diritti legati a quel mutuo sostegno che la natura del rapporto richiede,
impegna il Governo:
a predisporre, entro il 31 gennaio 2007, un disegno di legge volto alla regolamentazione delle unioni civili, nell'interesse delle centinaia di migliaia di cittadini coinvolti, senza distinzioni di orientamento
sessuale, prevedendo un'adeguata tutela per le coppie di fatto non registrate e per i nuclei stabili di persone fondati sul vincolo di solidarietà e di mutuo soccorso;
a proseguire nelle azioni di sostegno economico e sociale alle famiglie più deboli, già parzialmente intraprese dal Governo.
(1-00080)
«Bonelli, Balducci, Zanella, De Zulueta, Francescato, Boato, Cassola, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Trepiccione».
(22 gennaio 2007)
La Camera,
premesso che:
nel nostro Paese, secondo dati Istat, più di 500 mila cittadini sono conviventi, sono cioè coppie di fatto eterosessuali e omosessuali non riconosciute. Ricerche e indagini autorevoli confermano che a questi si aggiungono un altro milione di persone che non ha denunciato questa condizione;
in Europa, l'Italia è fra i pochi Paesi che non hanno ancora legiferato in materia di riconoscimento delle unioni di fatto;
vi è l'urgenza di colmare questo vuoto legislativo per non condannare alla clandestinità, o ad un diritto di cittadinanza di serie inferiore, centinaia di migliaia di persone. Il nostro ordinamento giuridico deve riconoscere pari dignità, diritti e doveri a coloro che scelgono di costruirsi una vita insieme, al di fuori del vincolo matrimoniale, e alle coppie omosessuali che non possono sposarsi;
in particolare, devono essere attribuiti alle parti i diritti e i doveri reciproci di assistenza morale e materiale; le parti devono poter regolare il loro regime patrimoniale; estendere la pensione di reversibilità dell'altro; estendere al contraente extracomunitario il permesso di soggiorno, garantire l'assistenza sanitaria;
il programma dell'Unione contiene l'impegno all'approvazione di una legge che riconosca i diritti delle persone che compongono una «unione di fatto», definendone prerogative e facoltà, senza discriminazione di orientamento sessuale;
infatti, la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale non soltanto è quella che attiene ai diritti dell'individuo in quanto tale, con riferimento alla sua identità e alla sua libertà di espressione, ma è soprattutto quella che attiene alle relazioni affettive, ove si svolge la personalità dell'individuo;
secondo il programma dell'Unione, al fine di definire un'unione di fatto, il criterio qualificante è il sistema di relazione sentimentale, assistenziale e di solidarietà, la sua stabilità e la sua volontarietà;
per produrre tutti gli effetti giuridici necessari, superare gli ostacoli che le coppie di fatto vivono tutti i giorni e sancire un principio di non discriminazione, quale valore sociale condiviso, la regolamentazione di questa materia nel resto d'Europa è avvenuta nell'ambito del diritto pubblico;
il Governo recentemente si è impegnato con un ordine del giorno a presentare entro gennaio 2007 un progetto di legge sulle unioni civili, che tenga conto di quanto richiamato dalle ultime sentenze della Corte costituzionale e previsto da trattati e numerosi atti del Parlamento europeo;
il riconoscimento di questi diritti è un fatto di mera civiltà, solidarietà e rispetto delle persone e non si pone in contrasto con il principio costituzionale sancito dall'articolo 29 della Costituzione: l'istituto del matrimonio non viene in alcun modo modificato e la posizione giuridica dei coniugi non viene alterata in relazione a quella delle parti dell'unione di fatto;
tutelare la pluralità delle diverse forme di relazione e di unione presenti nel tessuto sociale significa garantire i principi
sanciti dall'articolo 2 della Costituzione, laddove è stabilito che la Repubblica garantisce i diritti dell'individuo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,
impegna il Governo
a presentare entro gennaio 2007 un disegno di legge che disciplini in ambito pubblicistico le convivenze di fatto delle coppie eterosessuali e omosessuali.
(1-00081)
«Migliore, De Simone, Folena, Guadagno detto Wladimir Luxuria, Caruso, Cogodi, Deiana, Dioguardi, Daniele Farina, Frias, Mascia, Franco Russo, Smeriglio».
(22 gennaio 2007)
La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi decenni anche in Italia si è venuta a creare una situazione, per ciò che riguarda i nuclei familiari, assai diversa da quella dell'immediato dopoguerra. La trasformazione dei costume, il superamento di vecchi tabù che confinavano unioni diverse da quelle tradizionali nel silenzio e nella vergogna, l'approvazione di nuovi testi legislativi, dal diritto di famiglia alla legge sul divorzio, ci presentano nella realtà odierna diverse forme di famiglia;
esiste, nella società Italiana, un numero cospicuo di coppie, eterossessuali e omosessuali, che non può vantare alcun diritto. Ad esempio quello della reversibilità della pensione, il diritto di accudire il partner nel momento del bisogno, quello di trasferire al partner l'affitto o la proprietà dell'immobile nel quale la coppia ha vissuto, magari per molti anni;
è presente, in particolare, un numero non trascurabile di coppie omosessuali, che In Italia, al contrario di quanto avviene in molte altre nazioni europee, non può vantare alcuna possibilità di sancire, con una tavola di diritti e doveri, le proprie unioni, tenute così nella clandestinità, non riconosciute, spesso addirittura criminalizzate da una morale bigotta;
in molti Paesi europei, non solo nella Spagna di Zapatero, si è dato riconoscimento giuridico alle coppie di fatto sia eterosessuali che, in particolare - è questo il caso della regolamentazione legislativa effettuata recentemente dalla Germania - omosessuali, che In Italia non possono ricorrere né al matrimonio religioso né a quello civile. L'Italia deve agire sulla base dei principi e delle normative che esistono In sede europea. E non apparire Il fanalino di coda, come purtroppo avviene su altri temi attinenti I diritti della persona;
il Parlamento deve poter affrontare l'iter di una nuova legge, che ci auguriamo laica, avanzata, efficace ed europea, con quello spirito di tolleranza delle differenti idee, che caratterizzò in passato i rapporti tra Dc, Psi e partiti laici, in un contesto di dialogo tra sensibilità diverse, nessuna delle quali è mai stata sopraffatta, e che rese possibile l'approvazione di leggi come quelle per la regolamentazione del divorzio e dell'aborto, senza per questo mettere in discussione equilibri di governo ed alleanze politiche; si ribadisce la validità dei testo costituzionale, nonché la sua naturale proiezione in una situazione affatto diversa e senza considerare con rigidità, alla stregua di un dogma assoluto, il vincolo matrimoniale tra uomo e donna,
impegna il Governo
a presentare un disegno di legge coerente con le esigenze esposte in premessa, che affermi che la famiglia deve essere innanzitutto fondata sull'amore tra i partner, che non può considerarsi insidiata da misure legislative come quelle che si ipotizzano, così come non è stata insidiata dalla legge sul divorzio, che semmai sanciva la possibilità per coniugi già separati di rifarsi una famiglia. Né si può evitare di considerare i partner senza alcuna discriminazione legislativa, in nome del precetto
costituzionale che tutti gli uomini sono uguali dinanzi alla legge. Non vi può essere, in uno stato laico e democratico, discriminazione di razza, di sesso, di religione.
(1-00082)
«Del Bue, Barani, Nucara, La Malfa ».
(23 gennaio 2007)
La Camera,
premesso che:
numerose sentenze della Corte costituzionale e della Corte di cassazione hanno confermato una chiara interpretazione dell'articolo 29 della Costituzione, nel quale si afferma che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»;
in particolare, vanno ricordate la sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 1998, che ha chiarito la diversa condizione giuridica delle convivenze more uxorio e delle famiglie fondate sul matrimonio;
la sentenza n. 310 del maggio 1989 della Corte costituzionale ha ribadito che l'articolo 29 della Costituzione «riconosce alla famiglia legittima una dignità superiore in ragione dei caratteri di stabilità e di certezza e della corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono soltanto dal matrimonio»;
la diversità dei diversi tipi di convivenza è stata ribadita nella sentenza n. 352 del 2000 della Corte costituzionale;
tali principi sono stati confermati dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 491 del 2000 e ancora la Corte costituzionale, con la sentenza n. 121 dell'aprile del 2004, ha ribadito l'impossibilità di una parificazione tra la convivenza e la famiglia basata sul matrimonio;
il Governo ha annunciato più volte che entro il gennaio 2007 il Consiglio dei ministri dovrà proporre al Parlamento un disegno di legge riguardante le coppie di fatto;
come hanno osservato anche recentemente insigni giuristi, i diritti di chi dà luogo ad una convivenza che non si basi né sul matrimonio civile, né sul matrimonio religioso con effetto civile, sono, per molti versi, già tutelati;
ad esempio:
a) numerose sentenze della magistratura hanno chiarito la persistenza di un contratto di affitto nel caso di decesso di uno dei due conviventi;
b) al convivente more uxorio possono essere garantiti, anche in assenza di vincoli matrimoniali, tutti i diritti in materia di patrimonio, anche ricorrendo al diritto volontario e mediante polizze assicurative o pensioni volontarie;
c) con testamento si può lasciare parte cospicua del proprio patrimonio ad una persona alla quale si sia legati da un semplice rapporto di convivenza,
impegna il Governo:
a non assumere iniziative, anche surrettizie, che comportino l'equiparazione tra le unioni di fatto e la famiglia;
a non equiparare le convivenze omosessuali alle unioni di fatto eterosessuali, con particolare riguardo alla legittimazione all'adozione di bambini o alla possibilità di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistite;
a procedere ad un'attenta ricognizione della normativa esistente in ordine alla tutela dei diritti individuali delle persone conviventi e, qualora se ne riscontrasse un'effettiva carenza, prevedere gli opportuni interventi;
a ribadire per i figli nati fuori dal matrimonio, come già sancito dalla Costituzione, ogni forma di tutela sul piano giuridico e morale, al fine di riconoscere agli stessi, in ogni caso, i medesimi diritti dei figli nati nel matrimonio;
a promuovere concrete iniziative di carattere sociale, fiscale ed economico a tutela della famiglia, fondata sul matrimonio, in base a principi che, prima ancora delle leggi vigenti, derivano dal diritto naturale.
(1-00084)
«La Russa, Lamorte, Menia, Migliori, Airaghi, Alemanno, Amoruso, Angeli, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bongiorno, Bono, Buontempo, Castellani, Castiello, Catanoso, Ciccioli, Consolo, Giorgio Conte, Contento, Cosenza, De Corato, Filipponio Tatarella, Gianfranco Fini, Foti, Frassinetti, Gamba, Gasparri, Germontani, Alberto Giorgetti, Holzmann, Landolfi, Leo, Lisi, Lo Presti, Mancuso, Martinelli, Mazzocchi, Meloni, Minasso, Moffa, Murgia, Angela Napoli, Nespoli, Patarino, Pedrizzi, Antonio Pepe, Perina, Porcu, Proietti Cosimi, Raisi, Rampelli, Ronchi, Saglia, Salerno, Scalia, Siliquini, Taglialatela, Tremaglia, Ulivi, Urso, Zacchera».
(24 gennaio 2007)
La Camera,
impegna il Governo:
in materia di politiche per la famiglia, ad attuare il programma dell'Unione, depositato ai sensi del comma 3 dell'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, il quale in proposito specificamente prevede che:
«L'Unione si impegna a sostenere il diritto di ogni persona a scegliere il proprio percorso di vita e il ruolo delle famiglie come un luogo di esercizio delle solidarietà intergenerazionali, della cura e della tutela del benessere dei figli e degli affetti. In particolare, puntiamo a innovare l'intervento pubblico in modo che le risorse messe a disposizione dal Governo centrale:
facciano da volano di una più ampia mobilitazione di risorse pubbliche - provenienti dal sistema delle autonomie - e private - il terzo settore e le famiglie stesse, chiamate a compartecipare al costo dei servizi a prezzi accessibili differenziati in base alle loro condizioni economiche;
realizzino la massima efficacia possibile nel sostenere i redditi personali e familiari e nel contrastare i fenomeni di povertà ed esclusione sociale e facciano ciò in forme incentivanti comportamenti attivi e non passivi dei beneficiari.
I nostri obiettivi sono i seguenti:
realizzare due libertà fondamentali per i giovani, quella di rendersi autonomi dalla famiglia di origine e quella di poter costituire una propria famiglia;
contrastare la povertà e l'esclusione sociale;
ampliare il diritto per le donne di partecipare al mercato del lavoro senza rinunciare al diritto alla maternità;
favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale e familiare;
coniugare il riconoscimento delle famiglie come un'espressione della socialità con il rispetto dei diritti dei singoli componenti, compresi i minori; assicurare i diritti dei bambini e delle bambine e realizzare le condizioni per un'infanzia libera dal rischio della povertà e ricca di occasioni di socializzazione e di crescita è un dovere di cittadinanza;
tutelare il benessere e la salute dell'infanzia e dell'adolescenza, garantendo un organico e integrato intervento di protezione materno-infantile, finalizzando a tale scopo un'azione di messa in rete di tutti gli interventi sociali, sanitari e educativi che si rendono necessari;
favorire una vecchiaia attiva, inserita nella rete delle relazioni affettive, familiari e sociali, assicurando al contempo l'assistenza a chi ne ha bisogno;
riconoscere la cura come questione di giustizia sociale, il che comporta, fra l'altro, garantire rispetto e tutele ai lavoratori impiegati nelle mansioni di cura;
perseguire questi obiettivi è parte essenziale della costruzione di un welfare dello sviluppo umano, di una società più libera e solidale. Ed è essenziale anche per riaprire una prospettiva di crescita economica stabile: basti pensare alle ricadute positive sull'economia che derivano dalla promozione del lavoro delle donne, con gli effetti positivi sui redditi familiari e sulla natalità, dallo sviluppo del capitale umano dei cittadini, a cominciare dai figli, da una rete di servizi che colmi finalmente un ritardo strutturale dell'economia italiana;
nel quadro delle responsabilità istituzionali stabilito dal nuovo Titolo V della Costituzione, spetta al governo nazionale:
definire i livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini sul territorio nazionale;
realizzare un sistema coerente di sostegno dei redditi e delle responsabilità familiari, anche sostenendo gli impegni di cura e di accudimento dei bambini e delle bambine nelle loro necessità di crescita;
predisporre forme di finanziamento che premino l'iniziativa delle autonomie locali, riorganizzando il Fondo nazionale per le politiche sociali (continuamente tagliato dal Governo di centrodestra in questi anni) e finalizzandolo alla promozione della rete dei servizi»;
a presentare alla Camera dei deputati un disegno di legge entro il 15 febbraio 2007, sempre in attuazione del programma dell'Unione, sul tema del «riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di un'unione di fatto, non è dirimente il genere dei conviventi, né il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto, quale criterio qualificante, il sistema di relazioni (sentimentali, assistenziali e di solidarietà), la loro stabilità e volontarietà.»
(1-00087)
«Franceschini, Donadi, Sgobio, Bonelli, Migliore».
(25 gennaio 2007)