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Allegato B
Seduta n. 112 del 20/2/2007
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GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
MARONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, COTA, DOZZO, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GARAVAGLIA, GIBELLI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI,
PINI, POTTINO e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, il tribunale di Milano il 16 novembre 2006 ha considerato nullo il provvedimento con il quale l'ambasciata italiana a Islamabad si era rifiutata, ai fini del ricongiungimento familiare, di riconoscere un matrimonio avvenuto a distanza e per telefono;
il tribunale di Milano, sempre da quanto ci è dato sapere dalle notizie rese pubbliche dai mass media, ha giustificato in sentenza il suo parere, argomentando che nel Pakistan tale rito ha valore legale e, di conseguenza, tale condizione è sufficiente a rendere valida la richiesta di ricongiungimento familiare;
l'istituto matrimoniale nei Paesi islamici molto spesso è regolamentato e assume forme ben distanti da come viene riconosciuto e tutelato dal nostro ordinamento giuridico;
la sentenza emessa dal tribunale di Milano appare quantomeno originale, considerato che in molti Paesi di cultura islamica, ad esempio, è legale anche la poligamia, cosa che, però, non può o meglio non dovrebbe far presupporre la possibilità di richiedere il ricongiungimento familiare per più di una moglie;
è inaccettabile che nel nostro Paese, che da sempre rappresenta un esempio nel considerare la sacralità laica dell'istituto matrimoniale un valore imprescindibile, vengano riconosciute, anche se in forma surrettizia, aberrazioni tali da svilirne il suo significato -:
quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere per far sì che l'applicazione della legislazione nella materia in questione non comprometta la tutela dell'istituto matrimoniale, come riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico.
(3-00666)
LA RUSSA, CONSOLO, AIRAGHI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ARMANI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTELLANI, CASTIELLO, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, GIORGIO CONTE, CONTENTO, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FILIPPONIO TATARELLA, GIANFRANCO FINI, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, HOLZMANN, LAMORTE, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI, MELONI, MENIA, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PEDRIZZI, ANTONIO PEPE, PERINA, PEZZELLA, PORCU, PROIETTI COSIMI, RAISI, RAMPELLI, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SALERNO, GARNERO SANTANCHÈ, SCALIA, SILIQUINI, TAGLIALATELA, TREMAGLIA, ULIVI, URSO e ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dalla lettura di alcuni organi di stampa del 19 febbraio 2006, si apprende che, in questi giorni, per cinque boss mafiosi, non saranno più applicate le norme relative al carcere duro contenute nell'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le quali sono finalizzate ad impedire ai detenuti per mafia di mantenere i collegamenti con l'ambiente di provenienza;
in particolare, la mancata applicazione della normativa richiamata ha comportato il trasferimento, in sezioni carcerarie dove la detenzione non è sottoposta a regime di isolamento, dei boss Biondo, Montalto e Tinnirello, condannati per la strage di via D'Amelio, in cui furono barbaramente uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta;
con riferimento ai boss Lo Nigro e Benigno, condannati, invece, per la strage di via dei Georgofili, che stroncò la vita di cinque persone, provocò il ferimento di quarantotto persone e devastò la Galleria degli uffizi a Firenze, il tribunale di sorveglianza ha accolto i loro reclami, revocando
il regime giuridico di cui all'articolo «41-bis»;
le famiglie delle vittime delle suddette stragi, avvenute, rispettivamente, nel 1992 e nel 1993, si reputano giustamente offese, dal momento che la non applicazione del regime di carcere duro costituisce «un affronto di inaudita gravità» ed una vittoria di «Cosa nostra», che, da sempre, vuole costringere lo Stato a revocarlo -:
quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato per monitorare la corretta applicazione del regime di carcerazione di cui all'articolo «41-bis», necessario per evitare che questi pericolosi stragisti possano riprendere i contatti con i loro affiliati all'esterno del carcere, e, in particolare, come mai il Ministro interrogato non abbia attuato preventivamente alcun sistema, appunto, di monitoraggio sull'applicazione dell'articolo «41-bis», anche alla luce dei ripetuti allarmi lanciati dal procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, «sul sostanziale processo di esaurimento del regime di carcere duro».
(3-00667)
Interrogazione a risposta scritta:
MIGLIORE e MASCIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni La Casa Circondariale di Piacenza versa in una grave crisi che provoca innumerevoli disagi ai detenuti ed al personale penitenziario;
per quanto riguarda il sovraffollamento il carcere ospita 240 detenuti invece dei 178 regolamentari; il reparto femminile è occupato solo da 6 detenute;
questo sovraffollamento non viene compensato da un rafforzamento degli organici della polizia penitenziaria e del personale civile; i turni di lavoro del personale infatti sono di 8 ore su 6 giorni lavorativi anziché di 6 ore, con largo utilizzo dello straordinario. Molti posti di servizio (infermeria detenuti, servizio sentinella, passeggi detenuti, ingressi sezioni detentive, eccetera) sono infatti soppressi. Nessun lavoratore ha di fatto la certezza del proprio orario di lavoro dovendo spesso «trattenersi» per sostituire gli assenti, oltre il normale orario e con preavvisi che giungono in tempi estremamente ridotti. Spesso viene utilizzato un alto numero di personale per adempiere al servizio traduzioni detenuti o piantonamenti in luoghi esterni di cura, rinforzando quelli (19) già destinati a tale scopo, che troppo spesso a loro volta espletano turni massacranti di lavoro (dalle 9 alle 18 ore) durante i piantonamenti; il personale di polizia penitenziaria svolge inoltre funzioni che spetterebbero al personale del comparto ministeri;
un forte disagio deriva inoltre dalla riforma della medicina penitenziaria e dai tagli che si sono operati; infatti oltre al taglio operato sui farmaci, allo stato attuale non funziona il servizio odontoiatrico e dalle 3.00 alle 6.00 non viene coperto il servizio medico (a sua volta sostituito dalle strutture esterne di cura); anche in questi casi si farebbe uso del personale di polizia penitenziaria che, come ovvio, non è qualificato ad intervenire in questo ambito;
da tempo urge inoltre un adeguamento delle camere detentive secondo i dettami del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà); questo adeguamento potrebbe contribuire a migliorare le condizioni igieniche oltre che ad alleviare il lavoro del personale penitenziario; le risorse però a disposizione dei dirigenti e capi area contabile non sono sufficienti a coprire i programmi di spesa previsti per il 2007 -:
se sia a conoscenza dei fatti sopraccitati;
se non ritenga opportuno ideare una diversa ottimizzazione degli spazi dislocando in altra sede il reparto femminile;
se non ritenga altresì necessario adottare adeguati provvedimenti, anche finanziari, volti a migliorare le condizioni di disagio sia dei detenuti che del personale della Casa Penitenziaria di Piacenza.
(4-02651)