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Allegato A
Seduta n. 112 del 20/2/2007
MOZIONI LUSSANA ED ALTRI N. 1-00025, BERTOLINI ED ALTRI N. 1-00093, MURA ED ALTRI N. 1-00095, SERENI ED ALTRI N. 1-00096, MAZZONI ED ALTRI N. 1-00097, BALDUCCI ED ALTRI N. 1-00098, CIOFFI ED ALTRI N. 1-00102, FRIAS ED ALTRI N. 1-00103 E LUSSANA ED ALTRI N. 1-00104 SULLE INIZIATIVE PER CONTRASTARE LE VIOLAZIONI DELLE LIBERTÀ INDIVIDUALI DELLA DONNA IN NOME DI PRECETTI RELIGIOSI
(Sezione 1 - Mozioni)
La Camera,
premesso che:
i recenti fatti di sangue, che hanno visto tre donne straniere residenti in Italia vittime di una violenza armata dalla sottomissione irragionevole a dettami fanatico-religiosi, meritano giustizia e attenzione;
i noti fatti di cronaca nera di Hina, uccisa selvaggiamente dalla sua famiglia perché colpevole di essersi troppo «occidentalizzata», Maha, tunisina, picchiata a sangue perché osava uscire senza il consenso della famiglia, e Khaur, costretta al suicidio come unica via di fuga da un matrimonio combinato impostole dalla sua famiglia, sono soltanto gli ultimi tristi episodi di una diffusa e allarmante ferocia nei confronti di donne che osano ribellarsi al teodispotismo coranico;
è umanamente inspiegabile dover constatare come molte donne, ad esempio nel caso specifico la madre di Hina, siano a tal punto schiave dei loro preconcetti dogmatici e integralisti fino a giustificare il barbaro omicidio della propria figlia come una punizione proporzionata al suo non essere una buona musulmana;
è assordante e colpevole il silenzio delle comunità musulmane presenti in Italia dinnanzi a tanto orrore;
a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, è inaccettabile che la Consulta per l'islam italiano, istituita con decreto del Ministro dell'interno, che tanta influenza dovrebbe avere sulle comunità musulmane presenti nel nostro Paese nella ricerca della mediazione e del dialogo, non abbia ancora stigmatizzato l'accaduto e preso ufficialmente una posizione netta di condanna nei confronti di episodi di tale gravità;
la violenza sulle donne è purtroppo ad oggi ancora una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa ed occulta nel mondo;
siamo chiamati a rispondere a tutto ciò con la forza generata dalla nostra identità e dai valori di eguaglianza che nascono da tutta la nostra tradizione storica, con la consapevolezza che dignità e diritti sono elementi su cui non è possibile scendere a patti;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini,
impegna il Governo:
ad inserire nel prossimo ordine del giorno dedicato agli incontri con la Consulta islamica la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti gli ordini di scuole;
a lanciare iniziative pubbliche di sensibilizzazione e ad istituire una rete di centri d'ascolto per le donne che vivono tali realtà di sopraffazione e violenza.
(1-00025)«Lussana, Gibelli, Maroni».
(22 settembre 2006)
La Camera,
premesso che:
i dati raccolti da associazioni di rappresentanza del mondo femminile islamico segnalano che l'86 per cento delle donne islamiche presenti in Italia sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico; l'80 per cento non esce di casa se non accompagnata da figure maschili della famiglia di appartenenza; solo il 10 per cento delle 400.000 donne islamiche presenti in Italia conduce una vita, che, secondo gli standard socio-statistici, potrebbe definirsi normale;
la cronaca quotidiana informa, con crescente drammaticità, di violenze consumate sul territorio italiano all'interno di nuclei familiari o di comunità di origine extracomunitaria;
tali atti si indirizzano, soprattutto, nei confronti delle donne e dei soggetti, che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità;
sul nostro territorio si moltiplicano le denunce di donne extracomunitarie di religione islamica vittime di matrimoni poligamici, celebrati in centri di preghiera autorizzati dallo Stato a svolgere una libera attività associativa, ma senza alcuna autorità giuridica che ponga in essere un'unione che possa essere considerata valida dallo Stato. Secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, questi matrimoni sostanziano non solo una grave violazione dell'ordinamento penale italiano, ma anche una grave lesione della dignità umana delle donne musulmane presenti in Italia, poiché spesso esse ignorano la «non validità» dell'unione ufficializzata in moschea, subendone comunque le conseguenze in caso di ripudio;
l'articolo 556, primo comma, del codice penale recita: «Chiunque essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili»;
presso il ministero dell'interno è istituito, con funzioni meramente consultive, un organo composto da alcuni soggetti individuati dal ministero stesso tra i tanti in Italia che professano il credo islamico - in modi per natura diversi, poiché non esiste un organo normativo nell'islam, ma la pratica religiosa si basa soltanto sull'interpretazione del corano - denominato Consulta islamica,
impegna il Governo:
a promuovere iniziative, anche legislative, volte a tutelare ed a garantire sul territorio nazionale il rispetto dei diritti umani e civili delle donne extracomunitarie presenti in Italia;
a promuovere un miglioramento delle condizioni di vita delle donne extracomunitarie, attraverso specifici corsi di alfabetizzazione in italiano, programmi di inserimento nel mondo lavorativo ed imprenditoriale, oltre a specifiche campagne di sensibilizzazione che permettano alle donne interessate di conoscere i propri diritti e i possibili strumenti di autotutela;
ad istituire un telefono multilingue che renda più agevole alle donne extracomunitarie denunciare la propria condizione di disagio sociale, fisico, psichico;
ad escludere dalla Consulta islamica tutte quelle associazioni di rappresentanza che pongano in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, in generale, e della condizione della donna extracomunitaria, in particolare.
(1-00093)
«Bertolini, Paoletti Tangheroni, Licastro Scardino, Misuraca, Aprea, Bocciardo, Carlucci, Palmieri, Adornato, Santelli, Baiamonte, Grimaldi, Ceccacci Rubino, Giuseppe Fini, Giro, Romagnoli, Franzoso, Galli, Martino, Martusciello, Carfagna, Pizzolante, Sanza, Di Cagno Abbrescia, Fasolino, Garagnani, Cossiga, Rosso, Fedele, Zanetta, Craxi, Fratta Pasini, Luciano Rossi, Biancofiore, Lainati, Azzolini, Picchi, Della Vedova».
(8 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
le cronache degli ultimi mesi del 2006 hanno registrato una crescita impressionante di reati gravissimi e violenze nei confronti delle donne che hanno fortemente impressionato e scioccato l'opinione pubblica, poiché la società italiana è stata sorpresa da una serie così lunga di reati estremamente efferati;
i dati del rapporto Eures-Ansa relativi al 2005 ci dicono che nel 70 per cento degli omicidi, che si verificano all'interno delle mura domestiche, la vittima è una donna e che in otto casi su dieci l'omicida è un uomo. Questo genere di delitti, con 174 omicidi nel 2005, supera il numero di vittime per reati di mafia, che hanno fatto registrare 146 omicidi. Nei delitti che avvengono in famiglia ed hanno come vittime le donne, nel 38,5 per cento dei casi l'omicida è il coniuge o il convivente, mentre nel 10,7 per cento dei casi è l'ex coniuge o ex partner;
occorre evidenziare che anche le comunità di immigrati presenti in Italia hanno conosciuto al loro interno fenomeni altrettanto gravi di violenza, seppur con motivazioni e approcci culturali di diversa matrice;
occorre citare, a tal proposito, il caso di Hina, uccisa dalla sua famiglia perché colpevole di vivere come una ragazza occidentale e di essere fidanzata con un italiano, e quello di Maha, ragazza tunisina, costretta a subire percosse perché usciva di casa senza il consenso dei familiari;
la violenza sulle donne, quindi, è un fenomeno trasversale che attraversa tutte le culture, senza risparmiare la nostra comunità nazionale;
la violenza sulle donne è ancora una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini,
impegna il Governo:
a porre in essere provvedimenti e politiche volti all'effettiva eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, raggiungendo una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini, provvedendo a promuovere iniziative in tal senso anche da parte degli organi di rappresentanza dei cittadini immigrati nel nostro Paese;
a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti gli ordini di scuole;
a lanciare iniziative pubbliche di sensibilizzazione e ad istituire una rete di centri d'ascolto per le donne che vivono in realtà di sopraffazione e violenza.
(1-00095)
«Mura, Donadi, Evangelisti, Borghesi».
(12 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
il 2007 è l'anno europeo dedicato alle pari opportunità;
gli obiettivi che l'Unione europea si propone sono volti a garantire il diritto alla parità e alla non discriminazione indipendentemente dal sesso, dalla razza o dalle origini etniche, dalla religione o dalle convinzioni personali, da eventuali handicap, dall'età o dalle tendenze sessuali;
nel nostro Paese, come dimostrano i più recenti dati statistici, continuano a permanere ancora elementi di discriminazione legati all'appartenenza di genere, che si registrano nel mondo del lavoro, tanto nel settore pubblico che nel settore dell'impresa privata, ma anche in termini di rappresentanza nelle istituzioni pubbliche, così come nella vita politica e nei partiti;
ancora più allarmanti sono i dati relativi all'incremento del fenomeno della violenza sulle donne, che rappresenta una vera e propria emergenza sociale e che costituisce un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di uguaglianza, di sviluppo e di pace, nonché al godimento dei diritti fondamentali alla vita e all'integrità fisica e morale, alla sicurezza, alla non discriminazione, così come riconosciuti e tutelati dalla Costituzione;
inoltre, come testimoniato dai numerosi fatti di cronaca, non possono essere in alcun modo trascurate né le discriminazioni, né la violenza, che, sempre con maggiore frequenza, si trovano a subire le donne immigrate, categoria, questa, la tra le più vulnerabili, in quanto spesso
oggetto di una doppia discriminazione, basata sia sull'origine etnica che sul sesso; questo tipo di sopraffazione si manifesta, spesso, sotto forma di matrimonio forzato, poligamia, delitti cosiddetti d'onore, mutilazioni genitali o altre manifestazioni di costrizione psicologica o fisica,
impegna il Governo:
nell'ambito dell'anno europeo delle pari opportunità, a porre in essere misure che abbiano come finalità il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e di partecipazione alla vita sociale delle donne, ivi incluse quelle immigrate;
a promuovere iniziative di sensibilizzazione e opportune campagne informative per il raggiungimento di una piena integrazione delle donne immigrate in Italia, al fine di garantire il superamento di ogni forma di discriminazione nel pieno esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali;
ad avviare un tavolo che veda coinvolti, oltre alla Consulta islamica e le associazioni di rappresentanza delle principali comunità presenti sul territorio nazionale, anche le associazioni femminili che ad esse si riferiscono.
(1-00096)
«Sereni, Bressa, Giachetti, Quartiani, Violante, Zaccaria, Allam, Amici, D'Antona, Dato, De Mita, Ferrari, Giovanelli, Gozi, Incostante, La Forgia, Marone, Naccarato, Nicchi, Sgobio, Bellillo, Cesini, Samperi, Brugger».
(12 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
secondo un sondaggio condotto da Al Maghrebiya, unico organo di informazione in lingua araba diffuso in tutto il territorio nazionale, l'85 per cento delle donne di fede musulmana, che vive in Italia, ritiene la situazione dei diritti e delle libertà individuali del tutto insoddisfacente, anche a causa di interpretazioni forzate dei precetti islamici, e che il velo sia uno strumento di sottomissione e di controllo da parte della comunità maschile, che viene indossato esclusivamente «per timore»;
nelle famiglie di immigrati di fede islamica emerge una profonda disparità di diritti tra uomo e donna e nell'educazione dei figli, nonché la mancanza di un'istruzione adeguata; sono sempre più diffuse le denunce da parte di donne di fede islamica che lamentano una scarsa attenzione del nostro Paese ad episodi di maltrattamenti conseguenti ad unioni poligamiche;
è ancora vivo il ricordo delle vicende di Hina, la ragazza pakistana uccisa dal genitore che non accettava il modello di vita occidentale adottato dalla figlia, non conforme ai propri precetti religiosi, e quella di Khaur, che sì è tolta la vita pur di rifiutare un matrimonio combinato;
il maschilismo e la misoginia, mascherati da precetti religiosi, sono la causa di queste tragedie femminili legate a matrimoni combinati, a matrimoni poligamici e all'assoluto divieto della loro integrazione in seno alla società italiana;
sempre più nelle moschee d'Italia si celebrano matrimoni combinati e poligamici, relegando le donne, in genere molto giovani, a oggetto esclusivo per la riproduzione e merce di scambio al servizio di interessi familiari e di clan,
impegna il Governo:
ad adottare ogni utile iniziativa volta ad eliminare ogni ostacolo all'integrazione
delle donne immigrate nella società italiana, a tutelarne i diritti umani e civili e a favorirne l'emancipazione;
ad adottare i necessari provvedimenti atti a tutelare le donne immigrate musulmane da ogni forma di violenza e discriminazione, sia in seno alla famiglia, sia all'interno delle loro comunità;
a monitorare l'attività delle associazioni di rappresentanza islamiche che pongano in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, in generale, e della condizione della donna extracomunitaria, in particolare.
(1-00097)
«Mazzoni, Volontè, Formisano, Capitanio Santolini, D'Agrò, Ronconi, Drago, Compagnon, Peretti, Lucchese, Mereu».
(12 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
gli episodi di cronaca nera e di violenza che hanno coinvolto diverse donne immigrate nel nostro Paese non possono non provocare un moto di indignazione e, quindi, non ci si può non associare alla condanna ed insieme alla richiesta di misure che adeguatamente puniscano forme criminali di soppressione dell'autonomia individuale così aberranti;
occorre stare attenti a rappresentare la comunità islamica associandola naturaliter a tali episodi di intolleranza, poiché si rischia di precipitare lungo una china pericolosa;
il dialogo e la comprensione sono e rimangono strumenti essenziali per la costruzione di una società aperta, plurale, capace di convivenza civile;
tali valori appartengono, con sfumature diverse, alla cultura laica, alla cultura di derivazione cristiana ed islamica, all'ebraismo;
il confronto con le comunità musulmane deve essere ispirato all'attenzione, al rispetto, alla comprensione, chiedendo ovviamente piena reciprocità;
molte ed assai significative sono state le voci di singole personalità e di associazioni e movimenti della comunità islamica che hanno dato prova di maturità;
dobbiamo sforzarci perché si creino le condizioni per una società effettivamente multiculturale, in cui i diritti di tutte e di tutti diventino bene intangibile;
occorre rimarcare la necessità di adottare ed assumere finalmente, anche nel nostro Paese, il principio di laicità quale caposaldo dell'attività statuale e legislativa, in particolare. Il principio di laicità consente, infatti, di tutelare tutte le espressioni di libertà, a cominciare da quella religiosa, ma impone, al contempo, il rispetto dinanzi all'ordinamento di fondamentali diritti e libertà individuali;
bisogna ricordare all'Assemblea che in queste settimane si discute se e come applicare in Italia una normativa che tuteli e riconosca posizioni che la quasi totalità dei Paesi dell'Unione europea identifica quali diritti umani insopprimibili (così definiti ripetutamente in atti legislativi del Parlamento europeo e della Commissione europea). Ci si riferisce chiaramente alla normativa in tema di unioni civili e diritti dei conviventi, o meglio del diritto di cittadine e cittadini che consapevolmente decidono di costruire un proprio modello convivenziale;
l'applicazione del principio di laicità consentirebbe, anche con riferimento al tema sottoposto alla nostra attenzione dalle mozioni in esame, di costruire un modello incentrato sul rispetto invalicabile di diritti e libertà individuali, a cominciare da quelli legati alla condizione femminile, ed insieme di tutelare la scelta religiosa che liberamente viene assunta,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le necessarie iniziative per assicurare il pieno rispetto della libertà religiosa di tutte le confessioni presenti sul territorio italiano;
a promuovere e ad elevare, attraverso apposite politiche informative e concrete politiche di sostegno, la condizione delle donne immigrate in Italia, in modo da garantire loro una effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese;
ad avviare urgentemente un tavolo di consultazione che veda il coinvolgimento della Consulta islamica e delle associazioni rappresentative delle più importanti comunità presenti in Italia, affinché si possano promuovere iniziative finalizzate all'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e volte a soddisfare il pieno esercizio dei diritti civili, politici, socio-culturali ed economici.
(1-00098)
«Balducci, Bonelli, Boato, De Zulueta, Francescato, Zanella, Cassola, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Trepiccione».
(12 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
in Italia si assiste, sempre più frequentemente, ad episodi di violenza perpetrati nei confronti di donne islamiche o che entrano a far parte delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese e tale situazione non può essere tollerata in nessuno Stato democratico e civile;
sono tristemente noti alcuni casi eclatanti di violenza, che hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica situazioni di oppressione e violazione dei diritti umani nei confronti di giovani donne, quali: il caso di Hina - una ragazza pakistana che fu uccisa dalla sua famiglia solo per il fatto di essersi «occidentalizzata» -; il caso di Kahur - una ragazza costretta al suicidio per evitare di convolare ad un matrimonio imposto -; e, infine, il caso di Maha - una ragazza che fu picchiata a sangue in quanto rea di uscire di casa senza il consenso dei genitori, nonostante fosse maggiorenne;
la Consulta per l'islam italiano e molte altre comunità mussulmane presenti in Italia non hanno assunto una posizione netta di condanna di questi come di altri episodi lesivi del rispetto dei diritti umani e della dignità delle donne;
tale silenzio è da considerarsi assolutamente inaccettabile e come contrario alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato nel 1979 e che l'Italia ha ratificato nel 1985;
tale convenzione rappresenta, in materia di tutela dei diritti umani e delle donne, una conquista importante e tutti gli Stati che l'hanno sottoscritta si sono impegnati ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne ed a lavorare per il raggiungimento di una sostanziale uguaglianza fra i sessi;
nell'ambito di una reciproca tolleranza non si possono dimenticare le dichiarazioni fatte dall'iman Ghoneim, in data 26 agosto 2005, che, parlando nella moschea di Verona, ha sottolineato la possibilità di picchiare le donne, in quanto ritenute esseri inferiori;
in Italia esistono ancora donne islamiche che vivono in una situazione di non pieno godimento dei diritti umani, mentre aumentano, purtroppo, le denunce di quelle che vivono in una situazione di disagio e sono costrette ad accettare matrimoni poligamici;
in questo particolare momento storico, si ritiene quanto mai necessario dare concreta attuazione al principio dell'articolo 13, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea, che recita: «Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il
Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali»;
è necessario non ignorare e condannare ogni atto di violenza perpetrato ai danni e nei confronti delle donne islamiche presenti in Italia, fermo restando che la strada da seguire per combattere i soprusi e le violenze è anche, e soprattutto, il dialogo interculturale ed interreligioso,
impegna il Governo:
ad attivarsi al fine di garantire il pieno rispetto della nostra legislazione in materia di scuola dell'obbligo, onde consentire il pieno godimento del diritto all'istruzione e, conseguentemente, l'inserimento culturale anche delle donne islamiche;
a sostenere la promozione di iniziative per rimuovere le difficoltà di inserimento dovute alla scarsa conoscenza della lingua italiana ed a favorire lo sviluppo della cultura informatica anche per le donne islamiche;
a sostenere progetti al fine di favorire l'accesso al mondo del lavoro, anche con forme di microcredito per l'attività di impresa;
a promuovere specifiche iniziative per rafforzare una sempre più proficua collaborazione con le associazioni moderate islamiche;
a promuovere specifiche iniziative basate sul dialogo interculturale rivolte ai docenti, in maniera che abbiano gli strumenti necessari per poter gestire la complessità delle attività e delle relazioni umane legate a fattori multietnici e multiculturali;
a garantire, nell'ambito degli uffici per le relazioni con il pubblico, la predisposizione di materiale informativo anche in lingua araba;
ad attivarsi con ogni mezzo per divulgare la conoscenza ed il rispetto della normativa vigente, nonché per realizzare le pari opportunità fra le donne e gli uomini in tutti i settori.
(1-00102)
«Cioffi, Rossi Gasparrini, Fabris, Satta, Adenti, Affronti, D'Elpidio, Giuditta, Li Causi, Picano».
(15 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
la violenza di genere è un problema planetario e, come ha affermato l'ex Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, «essa non conosce confini, né geografia, né cultura o ricchezza; rappresenta la violazione dei diritti umani più vergognosa e fintanto che continuerà non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace»;
persiste nel dibattito politico una visione culturale che tende a nascondere il carattere trasversale della violenza di genere, attribuendo a specifiche identità religiose o culturali la responsabilità medesima;
l'Unione europea ha riconosciuto recentemente la necessità di un cambio di rotta urgente in tema di violenza contro le donne, modificando la precedente impostazione, ancora presente nella raccomandazione del Comitato dei Ministri del 2002 sulla protezione delle donne contro la violenza, che tendeva a connettere in primo luogo le forme di violenza con determinate dinamiche antropologiche, religiose e sociali di arretratezza, e quindi a legarle più frequentemente con la presenza «culturalmente diversa» della popolazione immigrata. Lo studio «Combattere
la violenza contro le donne», pubblicato nel 2006 a cura del Consiglio d'Europa, ha infatti mostrato un panorama ben diverso: in Europa la violenza subita rappresenta la prima causa di morte delle donne tra i 16 ed i 50 anni, il 45 per cento delle donne europee è o è stata vittima di violenza fisica e/o psicologica e gli autori per la maggior parte sono uomini legati alla sfera familiare della vittima. Secondo il rapporto dell'EU.R.E.S. del 2004, in Italia il movente passionale si conferma come movente principale degli omicidi in famiglia (con 55 vittime, pari al 27,4 per cento); seguono il raptus (35, pari al 17,4 per cento del totale), le liti (28, pari al 13,9 per cento) e i disturbi psichici dell'autore (23, pari all'11,4 per cento);
i numerosi fatti di cronaca che rivelano la «normalità» quotidiana della violenza contro le mogli, le fidanzate, le amiche, le vicine di casa, così come i recenti casi di abusi compiuti da ragazzi minorenni che stuprano coetanee o bambine (filmando l'episodio e diffondendolo via internet), ci impongono con urgenza una riflessione sul tema della crescente disposizione alla violenza presente nelle giovani generazioni e sulla diffusa permanenza di nuove forme patriarcali dentro la crisi di identità e di certezze dei maschi adulti ed impongono un salto di qualità per la maturazione di una nuova e più ampia consapevolezza della dimensione non soltanto politica, ma anche e soprattutto culturale e sociale del problema;
l'Italia ha aderito alla Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (meglio conosciuta come Cedaw), approvata dall'Assemblea generale dell'Onu il 18 novembre 1979, ratificata dall'Italia il 18 luglio 1980, e si è, quindi, impegnata a modificare gli schemi di comportamento ed i modelli culturali in materia di differenza tra i sessi, a diffondere principi di uguaglianza e non discriminazione nella vita sia pubblica che privata;
i meccanismi di limitazione della libertà e dei diritti individuali delle donne colpiscono le stesse nelle diverse sfere: scarso spazio nelle istanze decisionali, difficoltà di accedere nei vertici aziendali ed istituzionali ed altro;
il riconoscimento delle donne immigrate, in particolare quelle di religione e cultura diversa, esclusivamente in quanto vittime, da una parte impedisce l'emergere della realtà che riguarda milioni di donne, dall'altra sorvola l'elemento di vera subalternità, che è la condizione di migrante, immigrata, dunque della situazione di precarietà e vulnerabilità strutturale data dalle attuali normative e dalle condizioni lavorative che implicano una quasi totale deprivazione in tutti i campi,
impegna il Governo:
ad aderire con convinzione, con strumenti ed interventi concreti, alla campagna europea contro la violenza sulle donne del 2007 o a realizzare compiutamente quanto previsto dalla raccomandazione europea del 2002;
a sviluppare e pubblicare un «piano nazionale d'intervento» di lungo periodo che sia strutturato secondo un «approccio olistico», coinvolgendo le realtà o le strutture che da anni si occupano di queste tematiche, e ad istituire un organo che ne coordini l'esecuzione;
a realizzare una campagna capillare di informazione sulle tematiche di genere, riconoscendo la violenza contro le donne come violenza di genere e promuovendo nelle scuole una campagna tesa a valorizzare le differenze e promuovere la parità di trattamento;
a favorire la costituzione di un codice di condotta e regolamentazione dei media in materia di violenza, sessismo o razzismo;
a rendere accessibili i dati europei sulla violenza contro le donne, nonché tradurre e rendere disponibili i principali atti europei in materia, le risoluzioni, le raccomandazioni agli Stati;
a creare le condizioni necessarie affinché possano essere eliminate le carenze ed inadempienze evidenziate dal comitato Cedaw in questi anni;
a porre in essere le necessarie misure atte ad eliminare la discriminazione nei confronti delle donne migranti.
(1-00103)
«Frias, Migliore, Mascia, Falomi, Acerbo, Burgio, Cacciari, Cannavò, Cardano, Caruso, Cogodi, De Cristofaro, Deiana, De Simone, Dioguardi, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Folena, Forgione, Giordano, Locatelli, Lombardi, Mantovani, Mungo, Olivieri, Pegolo, Perugia, Provera, Andrea Ricci, Mario Ricci, Rocchi, Franco Russo, Siniscalchi, Smeriglio, Sperandio, Zipponi, Cesini, Sgobio, Bellillo, Vacca, Francescato».
(15 febbraio 2007)
La Camera,
premesso che:
i recenti fatti di sangue, che hanno visto tre donne straniere residenti in Italia vittime di una violenza armata dalla sottomissione irragionevole a dettami fanatico-religiosi, meritano giustizia e attenzione: Hina, uccisa selvaggiamente dalla sua famiglia perché colpevole di essersi troppo «occidentalizzata», Maha, tunisina, picchiata a sangue perché osava uscire senza il consenso della famiglia, e Khaur, costretta al suicidio come unica via di fuga da un matrimonio combinato impostole dalla sua famiglia, sono soltanto gli ultimi tristi episodi di una diffusa e allarmante ferocia nei confronti di donne che osano ribellarsi al teodispotismo coranico;
secondo un sondaggio condotto da Al Maghrebiya, unico organo di informazione in lingua araba diffuso in tutto il territorio nazionale, l'85 per cento delle donne di fede musulmana, che vive in Italia, ritiene la situazione dei diritti e delle libertà individuali del tutto insoddisfacente, anche a causa di interpretazioni forzate dei precetti islamici, e che il velo sia uno strumento di sottomissione e di controllo da parte della comunità maschile, che viene indossato esclusivamente «per timore»;
i dati raccolti da associazioni di rappresentanza del mondo femminile islamico segnalano che l'86 per cento delle donne islamiche presenti in Italia sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico; l'80 per cento non esce di casa se non accompagnata da figure maschili della famiglia di appartenenza; solo il 10 per cento delle 400.000 donne islamiche presenti in Italia conduce una vita che, secondo gli standard socio-statistici, potrebbe definirsi normale;
nelle famiglie di immigrati di fede islamica emerge una profonda disparità di diritti tra uomo e donna e nell'educazione dei figli, nonché la mancanza di un'istruzione adeguata; sono sempre più diffuse le denunce da parte di donne di fede islamica che lamentano una scarsa attenzione del nostro Paese ad episodi di maltrattamenti conseguenti ad unioni poligamiche;
il maschilismo e la misoginia, mascherati da precetti religiosi, sono la causa di queste tragedie femminili legate a matrimoni combinati, a matrimoni poligamici e all'assoluto divieto dell'integrazione delle donne musulmane in seno alla società italiana;
tali atti si indirizzano, soprattutto, nei confronti delle donne e dei soggetti, che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità;
sul nostro territorio si moltiplicano le denunce di donne extracomunitarie di religione islamica vittime di matrimoni poligamici, celebrati in centri di preghiera autorizzati dallo Stato a svolgere una libera attività associativa, ma senza alcuna autorità giuridica che ponga in essere un'unione che possa essere considerata valida dallo Stato. Secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, questi matrimoni sostanziano non solo una grave violazione dell'ordinamento penale italiano,
ma anche una grave lesione della dignità umana delle donne musulmane presenti in Italia, poiché spesso esse ignorano la «non validità» dell'unione ufficializzata in moschea, subendone comunque le conseguenze in caso di ripudio;
presso il ministero dell'interno è istituito, con funzioni meramente consultive, un organo composto da alcuni soggetti individuati dal ministero stesso tra i tanti in Italia che professano il credo islamico - in modi per natura diversi, poiché non esiste un organo normativo nell'islam, ma la pratica religiosa si basa soltanto sull'interpretazione del corano;
a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, è inaccettabile che la Consulta per l'islam italiano, istituita con decreto del Ministro dell'interno, che tanta influenza dovrebbe avere sulle comunità musulmane presenti nel nostro Paese nella ricerca della mediazione e del dialogo, non abbia ancora stigmatizzato l'accaduto e preso ufficialmente una posizione netta di condanna nei confronti di episodi di tale gravità;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
la violenza sulle donne è purtroppo, ad oggi, ancora una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa ed occulta nel mondo;
siamo chiamati a rispondere a tutto ciò con la forza generata dalla nostra identità e dai valori di eguaglianza che nascono da tutta la nostra tradizione storica, con la consapevolezza che dignità e diritti sono elementi su cui non è possibile scendere a patti;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche,
impegna il Governo:
a promuovere iniziative, anche legislative, volte a tutelare ed a garantire sul territorio nazionale il rispetto dei diritti umani e civili delle donne extracomunitarie presenti in Italia, in particolar modo attraverso la promozione di un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti gli ordini di scuole;
a promuovere un miglioramento delle condizioni di vita delle donne extracomunitarie, attraverso specifici corsi di alfabetizzazione in italiano, programmi di inserimento nel mondo lavorativo ed imprenditoriale, oltre a specifiche campagne di sensibilizzazione che permettano alle donne interessate di conoscere i propri diritti e i possibili strumenti di autotutela;
ad istituire un telefono multilingue che renda più agevole alle donne extracomunitarie denunciare la propria condizione di disagio sociale, fisico, psichico;
a lanciare iniziative pubbliche di sensibilizzazione e ad istituire una rete di centri d'ascolto per le donne che vivono tali realtà di sopraffazione e violenza;
ad inserire nel prossimo ordine del giorno dedicato agli incontri con la Consulta islamica la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile la poligamia e tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
ad escludere dalla Consulta islamica e a monitorare l'attività di tutte quelle associazioni di rappresentanza che pongano in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, in generale, e della condizione della donna extracomunitaria, in particolare.
(1-00104)
«Lussana, Bertolini, Garnero Santanchè, Mazzoni, Maroni».
(19 febbraio 2007)
PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALLA MOZIONE LUSSANA ED ALTRI N. 1-00104
Nel dispositivo, al quinto capoverso, aggiungere, in fine, le seguenti parole:, documento che dovrà essere richiesto a tutte le confessioni religiose con cui la Repubblica italiana ha rapporti sanciti o meno da leggi.
1-00104/1. Turco.