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Allegato B
Seduta n. 114 del 22/2/2007
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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta orale:
FUNDARÒ. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
fatto salvo l'impegno e la volontà di proteggere e valorizzare le eccelse peculiarità della Denominazione di Origine «Aceto Balsamico Tradizionale di Modena», lealmente utilizzata per designare il condimento che da oltre un millennio si realizza unicamente nel territorio attualmente amministrato dalla provincia di Modena e che come previsto dal Regolamento comunitario sulle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, è un prodotto originario di tale luogo, di cui la qualità e le caratteristiche sono dovute essenzialmente al particolare ambiente geografico Modenese, inclusi i fattori naturali e umani, e la cui produzione, trasformazione e elaborazione sin dalle origini avvengono nella zona geografica delimitata dai confini della provincia stessa. Rimarcato altresì che l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena ha ottenuto la registrazione della DOP ai sensi del Reg. (CE) n. 813/2000, e che in tal senso è stato ratificato un disciplinare di produzione che prescrive l'utilizzo di mosti di uve provenienti dai vigneti composti in tutto o in parte dai seguenti vitigni: Lambrusco (tutte le varietà e cloni); Ancellotta, Trebbiano (tutte le varietà e cloni); Sauvignon, Sgavetta; Berzemino, Occhio di Gatta, oltre che dalle uve dei vigneti iscritti alle DOC in provincia di Modena;
considerazione differente deve effettuarsi per un altro prodotto alimentare, segnatamente un aceto, denominato «aceto balsamico di Modena», rispetto a cui l'accezione dell'intera menzione «aceto balsamico di Modena» si configura come nome proprio, ossia sostantivo, dell'aceto stesso. Tale qualificazione semantica è puntualmente prevista da specifiche norme legislative (decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1965, n. 162, sostituito dalla legge 20 febbraio 2006, n. 82, e decreto interministeriale 3 dicembre 1965). Trattasi pertanto di una denominazione differente dall'altro «aggettivo» utilizzato come complemento di provenienza geografica, altrimenti valido per il richiamato condimento Aceto Balsamico Tradizionale di Modena;
per l'aceto balsamico di Modena la giurisprudenza costante e la dottrina consolidata, in particolare il decreto ministeriale 3 dicembre 1965 e la sentenza n. 5798/00 del Consiglio di Stato, stabiliscono che si tratti di un prodotto tradizionale,
di natura meramente industriale, non circoscrivibile ad una specifica area di produzione, né necessitante di materie prime esclusivamente locali. A tal proposito, il decreto ministeriale 3 dicembre 1965, prevede che l'aceto balsamico di Modena corrisponda ad un alimento tradizionale ottenuto con «particolare tecnologia di lavorazione dalla fermentazione alcolica ed acetica dei mosti di uva, con l'aggiunta di un'aliquota di aceto vecchia almeno di 10 anni», senza però riservare alcuna specificazione relativa al tipo del mosto da utilizzare o alla località di provenienza dello stesso, o delle uve. In relazione alle disposizioni di questo decreto ministeriale il Ministero dell'agricoltura, organo avente il potere direttivo sull'intera materia, con Nota del 6 giugno 1987, prot. 008524-6183, nonché con ulteriori Note 9 giugno 1987 prot. 011525/6139 e 3 ottobre 1987 prot. 31504/6244, aveva più volte precisato, che diverso è il caso in cui venga utilizzata l'indicazione merceologica «Aceto Balsamico di Modena» per definire un prodotto avente le caratteristiche di cui al decreto ministeriale 3 dicembre 1965, in quanto «l'indicazione è consentita dal citato provvedimento», ed, ancora, in maniera più specifica che «in effetti la dicitura Aceto Balsamico di Modena deve essere considerata esclusivamente un'indicazione merceologica e come tale utilizzabile per designare un Aceto che può essere prodotto su tutto il Territorio Nazionale». Per completezza di informazioni storiche, si fa presente che con decreto del 15 novembre 1989, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 dicembre 1989, l'allora Ministero dell'agricoltura, in contrasto con le sue stesse determinazioni di sei mesi prima, riscontrava favorevolmente l'istanza avanzata dalla Camera di commercio di Modena, e, dopo aver riconosciuto la denominazione di origine «Aceto Balsamico di Modena» al prodotto avente le caratteristiche di produzione disciplinate dal decreto ministeriale 3 dicembre 1965, stabiliva che la zona di produzione dell'Aceto Balsamico «comprenda i territori amministrativi delle province di Modena e Reggio Emilia». Il decreto ministeriale del 15 novembre 1989 fu impugnato innanzi al Giudice amministrativo. Successivamente, con sentenza n. 5798/2000, il Consiglio di Stato, ha definitivamente accolto il citato ricorso, annullando il decreto ministeriale del 15 novembre 1989 che aveva introdotto il vincolo territoriale per la realizzazione di un prodotto, che, secondo la sentenza, non necessita, invece, di mosto d'uva proveniente da una determinata area geografica. Il Consiglio di Stato ha ritenuto, in altri termini, che la denominazione «ABM» (aceto balsamico di Modena) individui soltanto le caratteristiche compositive e le modalità di preparazione, squisitamente industriale, di questo Aceto, e che questa tecnica, perché costituente esclusivamente un sistema di realizzazione industriale dello stesso, sia pienamente riproducibile su tutto il territorio nazionale;
pur in presenza di un così evidente e chiaro quadro di riferimento, da oltre un decennio, l'amministrazione ministeriale competente insiste nel richiedere, a parere dell'interrogante in maniera erronea e purtroppo con spregiudicatezza, sviamento e contraddittorietà costanti, la registrazione comunitaria della Indicazione Geografica, e vi sarebbe il fondato sospetto che proceda in questa direzione non tanto per tutelare la denominazione del prodotto (ciò che ad ogni modo non compete all'istituto della IGP, ma a quello delle STG-Specialità Tradizionale Garantita), quanto invece per assicurare una sorta di monopolio ai mosti dell'Emilia Romagna, a scapito di quelli del restante territorio nazionale ed in particolare di quelli siciliani, che da sempre, insieme a quelli pugliesi, sono la stragrande maggioranza della materia prima che si utilizza per elaborare l'aceto balsamico industriale;
la questione di cui ci stiamo occupando sta assumendo profili di particolare gravità e delicatezza, tanto da far ritenere all'interrogante che forse la stessa amministrazione ministeriale che segue la materia, stia avallando comportamenti di malafede altrimenti punibili ai sensi del codice penale;
si fa riferimento, in particolare, ai recenti decreti direttoriali del 10 giugno 2004, del 18 novembre 2004 e del 3 agosto 2006 con cui, nel trasmettere alla Commissione europea le domande di registrazione della IGP aceto balsamico, «modenese» prima e di «Modena» poi, si è anche disposta la protezione transitoria della stessa IGP, con ciò creando gravi problemi alla commercializzazione dei mosti siciliani, nonché agli acetirei estranei al territorio emiliano di cui alla supposta IGP;
con questi atti l'Amministrazione ministeriale ha prodotto una serie di disciplinari di produzione in cui si è stabilito che l'Aceto Balsamico industriale può essere prodotto soltanto con mosti provenienti dall'Emilia Romagna;
si è ritenuto, a mezzo di questo espediente, di aggirare il divieto nascente dalle statuizioni della precitata sentenza del Consiglio di Stato: è evidente, infatti, che, una volta che la pronunzia del Giudice amministrativo, aveva, con l'efficacia del giudicato, accertato che la produzione dell'Aceto Balsamico di Modena prescinde da qualsiasi provenienza territoriale dei mosti e delle uve, con conseguente definitiva esclusione di ogni possibilità di concessione dell'IGP, si è cercato di collegare la richiesta di protezione comunitaria ad un prodotto apparentemente diverso dall'Aceto Balsamico di Modena. A tal fine si è inventato ex novo un prodotto, che non è mai stato, e non è ancor oggi presente sul mercato, e che ha tuttavia, le stesse caratteristiche merceologiche che fin dal 1989 si è inutilmente tentato di attribuire all'ABM (aceto balsamico di Modena): a mezzo del continuo cambio del disciplinare di produzione e delle relative designazioni geografiche si è, in altri termini, reintrodotto il vincolo territoriale, concernente la località di produzione della materia prima (mosti ed uve) la cui presenza era stata, invece, categoricamente, esclusa dal Consiglio di Stato, oltre che dalle iniziali regolamentazioni dello stesso ministero agricolo;
per una ulteriore precisazione giuridica, facciamo notare la paradossalità, nonché l'assurdità, degli effetti che derivano dai quattro provvedimenti che nel tempo, in maniera successiva, hanno tentato di attribuire il vincolo della provenienza geografica all'aceto balsamico industriale. Infatti, ove le protezioni corrispondenti ai decreti del 15 novembre 1989, del 10 giugno 2004, del 18 novembre 2004 e del 3 agosto 2006, fossero state effettivamente applicate, ne deriverebbe che a partire dal decreto del 15 novembre 1989, tutti i successivi aceti disciplinati dai decreti del 2004 e del 2006, non avrebbero potuto essere né prodotti, né commercializzati, proprio perché le tutele dei primi sarebbero state ostative all'esistenza dei successivi. In tal senso ciascun aceto successivo a quello regolamentato dal 1989, ammesso che fosse esistito, avrebbe avuto un'esistenza limitata al tempo entro cui vigevano i relativi decreti di protezione, in evidente contrasto con le norme comunitarie di riferimento, che prescrivono l'esistenza storica (in alcuni casi almeno 25 anni) dell'uso in commercio delle denominazioni e dei prodotti registrandi;
la Regione Sicilia, consapevole di subire un grave danno per i propri agricoltori, segnatamente per i produttori di vino e di mosti storicamente ceduti ai produttori nazionali di aceto balsamico di Modena, ha prontamente provveduto ad intraprendere una serie di misure dirette ad evitare che per la produzione di aceto balsamico industriale venissero esclusi i mosti siciliani. In particolare lo ha fatto per il tramite dell'interrogazione scritta prioritaria (articolo 110,4) del 4 aprile 2005 di un parlamentare europeo alla Commissione europea, nonché tramite la comunicazione Prot. 38873/Gab. del 21 aprile 2005, dell'Assessore all'agricoltura della Regione Sicilia al Ministero delle politiche agricole e forestali, ed il ricorso al TAR del Lazio da parte di un gruppo di produttori di mosti siciliani contro il decreto direttoriale del 10 giugno 2004;
da ultimo si deve evidenziare che con l'entrata in vigore della legge 20 febbraio
2006, n. 82, relativa alla «definizione e disciplina delle produzioni dei mosti e dei vini», il prodotto per cui l'amministrazione ministeriale competente ha inoltrato l'istanza di registrazione della IGP aceto balsamico di Modena, risulta essere vietato sia nella produzione, sia nella commercializzazione. Tale legge, infatti, ai sensi dell'articolo 18 (Divieti), comma 1, lettera c), prevede il divieto di produrre o mettere in commercio aceti «ottenuti a partire da diverse materie prime miscelate fra loro o dal taglio di aceti provenienti da materie prime diverse». Ora questo prodotto per cui si richiede la IGP, per essere realizzato, ha bisogno di miscelare due materie prime: l'aceto ed il mosto, in contrasto evidente con la norma citata. Sempre lo stesso articolo 18, al comma 6, prescrive che «è vietato trasportare, detenere per la vendita, mettere in commercio o comunque utilizzare per uso alimentare alcol etilico sintetico, nonché prodotti contenenti acido acetico non derivante da fermentazione acetica». In questo caso, è certamente vero che quantità di acido acetico non sono riportate nei valori minimo e massimo, ma come risulta dai rapporti di prova allo scopo disponibili, il mosto che dovrebbe essere utilizzato per produrre il prodotto di cui trattasi contiene sia pur in piccole quantità acido acetico (almeno 0.8 g/Kg). Lo stesso acido acetico di fatto pur contenuto nei mosti naturalmente di fatto non proviene da una fermentazione acetica. Per quanto citato, si deduce che il prodotto designato dalla registranda IGP aceto balsamico di Modena, contrasta esplicitamente con le norme vigenti in materia e per tali circostanze, ove venisse realizzato o commercializzato, farebbe incorrere in sanzioni gli operatori interessati. Quanto affermato per il prodotto in discussione, non riguarda l'aceto balsamico di Modena di cui al decreto ministeriale del 1965, che in ragione di tale regolamento legislativo è pienamente producibile e smerciabile, ed anzi, in queste situazioni, si ritiene sia anche il decreto cui fanno realmente riferimento i soggetti che hanno proposto la registrazione della IGP in oggetto;
sulla base di quanto descritto, certamente non esaustivo dell'intera materia che in realtà annovera altri e innumerevoli provvedimenti, si dovrebbe convenire che nelle condizioni elencate, non vi sarebbero le condizioni per proseguire l'iter relativo alla registrazione della IGP di cui ci occupiamo, a meno che non si decida di percorrere un diverso procedimento, noto anche alle parti coinvolte, ma ostinatamente avversato, perché, ritiene l'interrogante, lo scopo vero dell'iniziativa sarebbe la creazione di un mercato protetto per i soli mosti della Regione Emilia Romagna, riservato esclusivamente ad un numero limitato di elaboratori appartenenti al settore industriale degli aceti;
i guasti di questa vicenda, che vanno ad appesantire una situazione di grande incertezza per gli operatori del settore vitivinicolo in ragione della prossima riforma della OCM (organizzazione comune di mercato) del vino, che certamente non è favorevole agli agricoltori italiani e soprattutto alle aziende agricole siciliane, sono già in atto e maggiormente si avranno in caso si protraesse ancora per altro tempo nei modi con cui in questi dieci anni si è svolta. Nel merito citiamo un recente precedente, verificatosi 29 aprile 2005, quando le autorità di controllo dell'Ufficio di Bologna, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con lettera Prot. 3910, non diedero seguito ad una richiesta di prelievo di mosto concentrato CIII b per la produzione di aceto balsamico di Modena, a causa della protezione transitoria adottata ai sensi del decreto 18 novembre 2004, con ciò facendo rimanere inutilizzati per svariati giorni rilevanti quantitativi di mosti, provenienti principalmente dalla Regione Sicilia;
le ragioni, ed i timori, afferenti al caso di cui ci si occupa, che ribadiamo si riferiscono prima di tutto ai produttori di mosti siciliani, sono oggi anche condivisi dagli Uffici competenti della Commissione Agricoltura dell'Unione europea, che in applicazione del nuovo Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo
2006, e del corrispondente regolamento di attuazione, il Regolamento (CE) n. 1898/2006 della Commissione, del 14 dicembre 2006, con nota del 10 ottobre 2006, AGR 026675, inviata dalla Direzione generale agricoltura e sviluppo rurale, Politica della qualità, alla Direzione Generale competente del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, annunciano di voler proporre alla medesima Commissione la decisione di rigetto della domanda conformemente al disposto dell'articolo 6, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 510/2006, segnatamente per la limitazione non giustificata dell'origine dei mosti alla Regione Emilia Romagna, con ciò dando esplicita conferma di quanto inutilmente, negli anni, le controparti interessate italiane avevano costantemente opposto al Ministero delle politiche agricole;
a dare maggiore evidenza alle indicazioni della Direzione comunitaria, si è aggiunta una comunicazione del Consorzio italiano che ha inizialmente proposto l'istanza di registrazione della IGP in oggetto, datata 4 dicembre 2006, Prot. n. 983/P, diretta via fax al Ministero politiche agricole e forestali, che conferma l'inesistenza di prove che attestino il legame dei mosti con il territorio emiliano ai fini delle qualità del prodotto per cui si avanza la registrazione della IGP e che senza dubbio di smentita si poteva provare che da almeno quaranta anni la produzione di aceto balsamico di Modena avvenisse con mosti privi di una specifica indicazione dei vitigni e delle zone di provenienza;
purtroppo, però, anche di fronte ad un così chiaro parere degli Uffici comunitari, ancora una volta, risulterebbe all'interrogante, l'amministrazione competente del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in maniera secondo l'interrogante ottusa e pericolosa per la salvaguardia della reputazione e della futura tutela dell'aceto balsamico di Modena (in quanto prodotto alimentare), stia fornendo alla Direzione Agricoltura della Commissione europea, documenti attestanti le qualità e le caratteristiche del prodotto a mosti ottenuti da uve provenienti da un numero specifico di vitigni (circa sette), coltivati nella Regione emiliana -:
se sia pienamente informato dell'intera materia riguardante l'istanza di registrazione della IGP aceto balsamico di Modena, con riferimento, soprattutto, ai rilievi problematici che fin dagli anni iniziali hanno interessato i relativi procedimenti di riconoscimento, se al fine di non arrecare ulteriori problemi alle produzioni di mosti della regione Sicilia, ma anche per non compromettere irrimediabilmente la possibilità di conseguire la protezione dell'aceto balsamico di Modena, non ritenga di dover provvedere alla sospensione del procedimento di registrazione della IGP di cui in premessa, con conseguente ritiro della domanda stessa;
se non intenda favorire la creazione di un momento di coesione, rivolto a tutte le parti interessate alla materia, iniziando dai produttori di mosti siciliani, passando per i produttori di aceto balsamico che realizzano legittimamente tale aceto anche all'esterno del territorio designato, fino ad arrivare ai piccoli operatori tradizionali interessati a tale aceto, in seno al quale si possa condividere l'opportunità di richiedere la registrazione della IGP Aceto Balsamico di Modena secondo il disciplinare recato dal decreto ministeriale 3 dicembre 1965, con ciò escludendo ingiustificabili limitazioni territoriali alla materia prima, e facendo salvi gli interessi ed i diritti di eventuali aziende che pur non ricadendo nel territorio di designazione, da almeno 25 anni realizzano un aceto balsamico di Modena in tutto uguale a quello originario.
(3-00674)