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Allegato B
Seduta n. 123 del 9/3/2007
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
RONCONI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a seguito del tragico incidente verificatosi il 25 novembre 2006 nello stabilimento Umbria Olii, in località Campello sul Clitunno, provincia di Perugia, che ha provocato la morte di 4 operai che lavoravano all'interno della struttura, si apprende che circa 2.000 tonnellate di olio sono fuoriuscite dai silos dell'azienda dopo lo scoppio, riversandosi nelle zone limitrofe;
una buona quantità di liquido ha invaso le acque del fiume Clitunno, il cui corso scorre vicino i confini dell'impianto in questione;
i tecnici dell'Arpa hanno effettuato una prima serie di operazioni di aspirazione del liquido fuoriuscito per la bonifica di tutta l'area interessata;
si stanno predisponendo tutti i necessari controlli finalizzati all'accertamento di eventuale inquinamento del fiume Clitunno, delle aree interessate e delle falde sotterranee;
l'impianto è inspiegabilmente localizzato accanto ad un centro abitato e nelle vicinanze del fiume Clitunno, corso d'acqua
straordinariamente importante non solo dal punto di vista storico e paesaggistico ma anche ambientale -:
come ritenga possibile - con riferimento ad autorizzazioni, prese d'atto ed altri atti di assenso di competenza governativa - che siano state concesse le necessarie autorizzazioni allo svolgimento delle attività di produzione dello stabilimento Umbria Olii, visto il particolare utilizzo di materiali altamente infiammabili e la localizzazione, come richiamato in premessa, in un'area a densità abitativa e di particolare interesse ambientale;
se non ritenga opportuno attivarsi per verificare l'effettivo stato della situazione e assumere tutti gli atti in suo potere per far fronte alla risoluzione della problematica in questione.
(4-02870)
CRAXI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le reti da posta derivanti forniscono lavoro a migliaia di famiglie italiane. Sono 670 i pescherecci battenti bandiera italiana che utilizzano questo tipo di reti adattate alla cattura del pesce spada nel Mediterraneo. Sono inoltre numerose le imbarcazioni che utilizzano la stessa tipologia di rete per la pesca di tonni, sardine e aringhe;
allo stato l'utilizzo di tali strumenti di pesca è vietato dalla normativa comunitaria e nazionale, poiché i principali problemi connessi a questo tipo di pesca si riferiscono all'incapacità di essere sufficientemente selettive e al rischio di intrappolare un numero inaccettabile di cetacei;
queste problematiche sono sorte in quanto le reti derivanti sono state modificate, allargandone le maglie in modo da permettere la cattura di specie più grandi, ed aumentandone le dimensioni globali al fine di massimizzare le catture;
le Nazioni Unite, all'inizio degli anni '90, approvando una risoluzione chiedevano una moratoria nell'impiego delle grandi reti da posta derivanti. Da parte sua, il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea, con l'appoggio del Parlamento europeo, decise di imporre un limite massimo di 2,5 chilometri per le reti da posta derivanti utilizzate dalle imbarcazioni Ue;
la Commissione europea, nel '94, propose di vietare le reti da posta derivanti, ma gli Stati membri non si ritennero in condizione di adottare tali proposte;
per il momento, le grandi reti da posta possono, con alcune importanti limitazioni, essere comunque utilizzate, ma in ogni caso esclusivamente per la pesca di specie molto limitate e per brevi periodi dell'anno;
i problemi però non sono cessati, sia per la tradizione antica di questa pesca, sia per la difficoltà di un controllo effettivo dei reati annessi all'utilizzo di tale tecnica, che richiederebbe ingenti risorse finanziarie e di personale;
l'Italia, con il sostegno dell'Ue, ha già istituito un programma (denominato «Spadare») che ha offerto incentivi finanziari agli armatori disposti ad abbandonare le reti da posta derivanti e a convertirsi a tecniche più selettive, a riciclarsi, o ad abbandonare il settore della pesca;
il Consiglio e la Commissione europea, consapevoli delle negative conseguenze economiche e sociali che avrà a breve termine questo divieto per il settore della pesca, si sono prodigati al fine di ridurre al minimo questo tipo di effetti, con misure fra le quali figurano l'ammodernamento dei pescherecci al fine di utilizzare tecniche più sicure, il trasferimento ad altri tipi di pesca;
la Commissione ha, inoltre, impegnato importanti supplementari economici e scientifici per cofinanziare studi e progetti pilota intesi e trovare tecniche più sicure, più rispettose dell'ambiente e remunerative per la pesca del tonno;
il Decreto Ministeriale 23 maggio 1997, all'articolo 9, comma 3, stabilisce che «con provvedimento a parte si provvederà all'approvazione di un ricerca scientifica finalizzata a verificare, a partire dal 1997, l'impiego dell'attrezzo rete da posta derivante sotto il profilo della sostenibilità ambientale e della compatibilità economica». Allo stato, tale citata ed importante norma è rimasta inapplicata;
in relazione a ciò, resta pressoché inapplicata la legge 14 luglio 1965 n. 963, la quale prevede, per ciò che concerne la ricerca scientifica, tecnologica e pratica applicata alla pesca tutta una serie di attribuzioni di poteri al Ministero della Marina mercantile, il quale potrà comunque avvalersi del Laboratorio centrale di idrologia applicata alla pesca, degli osservatori di pesca marittima, degli Istituti talassografici e di ogni istituto operante a tal fine;
in particolare, altresì, l'articolo 32 della stessa prevedeva già l'attribuzione al Ministero delle Politiche agricole e forestali del potere, attraverso l'emanazione di proprio decreto, di emanare norme per la disciplina della pesca anche in deroga alla disciplina regolamentare, al fine di adeguarla al progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche -:
quali azioni intenda intraprende il governo in merito all'applicazione del suddetto Decreto Ministeriale 23 maggio 1997, al fine di attivare la «ricerca scientifica» da questo descritta;
se il Governo ritenga opportuno emanare norme o assumere iniziative normative per la disciplina della pesca anche in deroga alla disciplina regolamentare, al fine di adeguarla al progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche, come prescritto dalla legge n. 963 del 1965: tale basilare esigenza dovrà conciliare il duplice contrasto che vede contrapposte da un lato l'esigenza di salvaguardare le specie protette e la flora marina, dall'altro consentire l'esercizio a tutti coloro che hanno fatto della pesca un'attività di sostentamento per la sopravvivenza.
(4-02876)