Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato B
Seduta n. 128 del 16/3/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
AMORUSO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nel 2004 il ministero del lavoro e delle politiche sociali bandì un concorso pubblico (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 23 novembre 2004) per esami a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per i suoi uffici periferici ubicati in sedici regioni;
la procedura concorsuale determinò 795 vincitori e 446 idonei non dichiarati vincitori. Questi ultimi furono collocati nelle rispettive graduatorie regionali di partecipazione;
da allora, pur svolgendo con perizia il loro compito, i 795 nuovi ispettori del lavoro sopra richiamati non hanno potuto materialmente sopperire all'emergere dilagante del fenomeno del lavoro nero che ha ormai assunto caratteristiche cancerose, e per questo appare urgente rinforzare l'organico degli ispettori del lavoro ricorrendo a coloro che nel 2004 risultarono idonei dichiarati non vincitori -:
se intenda intraprendere - e in caso di risposta negativa rendendone noto il perché - le opportune iniziative regolamentari, in base alle leggi n. 400 del 1988 e n. 3 del 2003, per far affluire i 446 idonei dichiarati non vincitori presso le strutture periferiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e presso gli Enti strumentali dello stesso dicastero.
(4-00665)
Risposta. - La procedura concorsuale menzionata nell'interrogazione si è conclusa con l'assunzione di tutti gli Ispettori del Lavoro risultati vincitori, assegnati agli Uffici operativi - Direzioni regionali e provinciali del lavoro, secondo la ripartizione regionale prevista dai bandi di concorso.
Per quanto riguarda l'assunzione degli idonei, si fa presente che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) all'articolo 1, comma 544 ha autorizzato questa Amministrazione:
a) all'immissione in servizio fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esami, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
Al successivo comma 545, infine, è stabilito che per l'attuazione del comma 544, a decorrere dall'anno 2007 è autorizzata la spesa annua di 8,5 milioni di euro con
riferimento al comma 544, lettera a) e di 5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera b).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
BIANCHI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della tutela dei dati personali coinvolge settori sensibili della sfera di ogni cittadino, sia come singolo nella sua vita privata sia nelle sue espressioni lavorative e relazionali;
l'allarme sullo stato della privacy ha trovato una forte eco nelle interviste del Garante della Privacy, Pofessor Francesco Pizzetti, sul Corriere della Sera del 9 luglio e su La Repubblica del 10 luglio;
lo stesso Garante, in occasione della presentazione della Relazione Annuale 2005, ha parlato della protezione dei dati come «una necessità in un mondo in cui l'uso di dati è condizione vitale per la crescita economica e spesso per la sopravvivenza delle imprese»;
negli ultimi tempi la privacy è stata spesso oggetto di forzature causate dalla indiscriminata pubblicazione sui giornali dei testi delle intercettazioni telefoniche con danni irreparabili alla sfera di riservatezza dei soggetti che ne sono vittime;
su tali questioni lo stesso Presidente Pizzetti, nel discorso sopra citato, ha sottolineato l'esigenza di intervenire per migliorare «le garanzie e le more di sicurezza a tutela della riservatezza delle informazioni processuali»;
il fenomeno delle intercettazioni non autorizzate, poi, quando riguarda i giornalisti lede diritti costituzionalmente tutelati come «quello di comunicazione e la libertà di stampa», per dirla con le parole del Professor Pizzetti su La Repubblica del 10 luglio;
l'ambito della riservatezza investe anche le misure per la messa in sicurezza delle informazioni contenute nelle banche dati;
in tale ultimo contesto il Garante della Privacy, sempre in occasione della Relazione Annuale 2005, ha posto il problema di «individuare con chiarezza le banche dati da sottoporre a una più attenta vigilanza», lamentando che «non hanno ancora trovato attuazione le previsioni del Codice che assegnano al Ministro della giustizia e al Ministro dell'interno il compito di individuare le banche dati centrali di cui si avvalgono le loro amministrazioni». Individuazione che rappresenterebbe un segnale di trasparenza nei confronti dei cittadini con la costituzione di un apposito «registro delle banche dati ad alto rischio»;
in ragione della specificità delle competenze istituzionali e della crescente mole di lavoro dell'Autorità, il Garante ha posto il problema di adottare «modifiche normative in relazione agli strumenti ispettivi e alle misure prescrittive e sanzionatorie», oltre ad «un ripensamento delle strutture e della dotazione organica» dell'organo -:
quali iniziative intendano intraprendere per arginare il fenomeno delle intercettazioni non autorizzate e della pubblicazione indiscriminata delle stesse;
per procedere alla individuazione delle banche dati ad alto rischio in uso nelle rispettive amministrazioni;
per adeguare le strutture e gli strumenti normativi al fine di consentire al Garante della Privacy di procedere compiutamente nelle sue funzioni istituzionali.
(4-00535)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che il problema delle intercettazioni telefoniche non autorizzate e la pubblicazione delle stesse ha avuto, come è noto, una prima soluzione per effetto del decreto legge n. 259 del 22 settembre 2006, recante «Disposizioni per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche»,
convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2006 n. 281.
In ordine a tale complessa tematica, inoltre, è stato presentato dal Governo alla Camera dei Deputati il disegno di legge n. 1638, che disciplina in modo organico la materia sotto il profilo della tutela della riservatezza, prevedendo una rigorosa selezione del materiale rilevante e la secretazione delle conversazioni non rilevanti, che saranno custodite in apposito registro riservato conservato presso la Procura della Repubblica. Il testo proposto prevede, altresì, sanzioni penali in caso di illecita divulgazione di intercettazioni secretate.
Quanto all'individuazione delle banche dati da parte del Ministero della giustizia, il riferimento è all'articolo 46, comma 2, del Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003). La tematica della privacy è, peraltro, da tempo all'attenzione del Ministero. È, infatti, in corso di pubblicazione il regolamento relativo al trattamento dei dati sensibili e giudiziari (articoli 20 e 21 del Codice), laddove la tematica della individuazione delle banche dati è, allo stato, oggetto di contatti con l'Ufficio del Garante e sarà a breve oggetto di apposita trattazione. Analoghe iniziative sono in corso con riferimento al concreto esercizio dei poteri ispettivi e di controllo da parte del Garante sul rispetto da parte degli uffici giudiziari delle misure minime di protezione dei dati personali (articolo 33 e allegato B del Codice).
Il Ministero dell'interno ha, infine, fatto presente, di essere competente per l'attuazione dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003, con decreto.
A seguito di riunioni interforze, il citato Ministero ha provveduto alla ricognizione analitica dei trattamenti non occasionali con strumenti elettronici dei dati personali, effettuati dal centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia, destinati a confluirvi in base alle leggi che prevedono specificamente il trattamento. Su tale elenco, l'anzidetto Dicastero è comunque in attesa di acquisire il definitivo assenso di tutti gli organismi interessati al problema.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
BOCCHINO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ad ogni soggetto che subisce un danno ingiusto dovuto a comportamento doloso o colposo di altri spetta il giusto ed integrale risarcimento ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile;
tra i danni risarcibili contemplati dal nostro ordinamento rivestono senz'altro massimo rilievo il danno biologico ed il danno morale;
consolidata e costante giurisprudenza afferma che qualora il soggetto danneggiato muoia a causa delle lesioni riportate, ma la morte non sia immediata, il danno biologico ed il danno morale entrano nel patrimonio del defunto e sono trasmissibili agli eredi;
la giurisprudenza parla di «apprezzabile lasso di tempo» tra l'evento lesivo e l'evento morte, affinché il diritto al risarcimento dei danni possa essere riconosciuto e, pertanto, trasferibile agli eredi;
i diversi giudici quantificano tale «apprezzabile lasso di tempo» in maniera del tutto soggettiva ed ogni volta diversa, a seconda del proprio orientamento. Ed infatti: «..la trasmissibilità agli eredi del diritto al credito risarcitorio per danno biologico va esclusa quando la morte segue l'evento lesivo a distanza di tempo talmente ravvicinata da rendere inapprezzabile l'incisione del bene salute (Cass. 1704/1997); "..è ritenuto apprezzabile anche il danno biologico temporaneo di pochi giorni (ed addirittura di un giorno).." (Cass. 3549/04); "...senza che rilevi la distinzione tra evento morte mediata o immediata. La certezza della morte è a prova scientifica, attiene alla distruzione delle cellule cerebrali.., la morte cerebrale non è mai immediata..."; "..è sufficiente uno spazio temporale di due giorni.." (Trib. Massa Carrara 570/97); "..è stato giudicato apprezzabile un intervallo di sette giorni..." (Trib. Firenze 26 gennaio 1996)»;
questo comporta il diverso trattamento dei cittadini davanti alla legge ed il risarcimento, nonché l'ammontare dello
stesso, dipendono solo dal convincimento personale del giudice che il danneggiato ha la «ventura» di trovare;
la differenza tra un orientamento e l'altro, per i soggetti aventi diritto, si traduce in diverse centinaia di migliaia di euro;
recentemente l'associazione napoletana «L'ego di Napoli», attraverso il suo presidente Raffaele Di Monda, ha proposto la regolamentazione della vicenda, con il conseguente trattamento paritario per i cittadini coinvolti ed una notevole diminuzione del contenzioso -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative normative per regolamentare e quantificare temporalmente con criteri univoci l'espressione «apprezzabile lasso di tempo», al fine di garantire maggiore certezza del diritto ed un paritario trattamento di tutti i cittadini dinanzi alla legge ed alle Corti dello Stato, come previsto dalla Costituzione.
(4-00939)
Risposta. - L'interrogazione in esame sollecita un'iniziativa normativa per regolamentare il concetto di «apprezzabile lasso di tempo intercorso tra, l'evento lesivo e la morte del danneggiato», utilizzato dalla giurisprudenza quale criterio per riconoscere il diritto al risarcimento del danno biologico e morale sofferto dal danneggiato stesso e la sua trasmissibilità agli eredi.
Al riguardo, infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, il pregiudizio alla salute subito nell'intervallo di tempo tra le lesioni e la morte (cosiddetto danno biologico terminale) è risarcibile a condizione che il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, che consenta di configurare una effettiva ripercussione delle lesioni sulla complessiva qualità della vita.
Tale danno va liquidato in relazione all'effettiva menomazione dell'integrità psicofisica patita dalla vittima, per il periodo di tempo intercorrente tra le lesioni e la morte, ed il diritto del danneggiato a conseguirne il risarcimento è trasmissibile agli eredi.
Va, invece, esclusa la risarcibilità iure hereditatis del danno biologico da morte (cosiddetto danno tanatologico), poiché, se l'evento morte si verifica in via immediata, la lesione del bene «vita» non produce conseguenze risarcibili ex articolo 1223 codice civile, che siano trasmissibili agli eredi, in quanto già entrate a far parte del patrimonio del de cuius.
In tale circostanza, infatti, viene meno il presupposto stesso della trasmissibilità agli eredi del diritto al risarcimento del danno biologico che si assume spettasse al dante causa, non essendo sorto in capo a quest'ultimo alcun diritto al riguardo.
I concetti di danno biologico terminale, di danno tanatologico, di danno catastrofico non trovano riscontro nella legislazione italiana, in quanto elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione alle molteplici situazioni di fatto originate da lesioni personali dolose o colpose seguite dalla morte del danneggiato.
Al riguardo, non sembra opportuno un intervento normativo volto ad introdurre un rigido criterio temporale che consenta di distinguere tra danno tanatologico (non risarcibile) e danno biologico terminale (risarcibile), in quanto la diversa valutazione operata dai giudici - lungi dall'essere frutto di valutazioni soggettive o, peggio, di arbitrio - è la conseguenza di un accertamento di fatto che ciascun giudice deve compiere in relazione alle circostanze del caso concreto, che impongono di stabilire di volta in volta se sia configurabile una effettiva ripercussione delle lesioni sulla complessiva qualità della vita del danneggiato.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CACCIARI, FALOMI, ZANELLA, CANNAVÒ, BURGIO, CREMA, VENIER, VACCA, FRANCESCO RUSSO, SINISCALCHI, ROCCHI, PERUGIA, SMERIGLIO e MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una formazione politica che, a giudizio degli interroganti, si ispira ad ideologie e pratiche neofasciste e neorazziste
ha espresso l'intenzione di svolgere una manifestazione pubblica a Verona a ridosso delle elezioni amministrative;
tale organizzazione già altre volte si è contraddistinta per diffondere l'intolleranza e la violenza contro persone sessualmente diversamente orientate, provenienze etniche (nomadi) e immigrati;
già in diverse altre occasioni in molte parti d'Italia e segnatamente a Verona, le manifestazioni di tale organizzazione politica si sono tradotte in fatti violenti e aggressioni gratuite -:
se sia a conoscenza dell'intenzione di Forza Nuova di organizzare una manifestazione a Verona il 27 maggio 2006;
se non reputi opportuno negarne l'autorizzazione in quanto, secondo gli interroganti, contrastante con la legge Mancino oltre che con i dettati della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista.
(4-00102)
Risposta. - Va premesso che la manifestazione, cui fa riferimento l'interrogante, ha visto la partecipazione di circa 400 persone e si è svolta regolarmente senza alcun problema d'ordine pubblico per la città di Verona.
Per quanto riguarda la richiesta di vietare lo svolgimento di tali tipi di manifestazioni, si ricorda che l'ordinamento non prevede un potere generale di divieto delle riunioni che prescinda dai caratteri e dalle specifiche modalità di tempo e di luogo di ciascuna iniziativa.
Come è noto, il diritto di riunione, purché esercitato in modo pacifico e senza armi, riveste rango costituzionale ed il suo esercizio non è sottoposto ad autorizzazione di sorta. L'articolo 17 della Costituzione prevede soltanto un onere di preavviso alle competenti autorità, dove la riunione si svolga in luogo pubblico.
La riunione può essere vietata, secondo la stessa disposizione costituzionale, solo per comprovati motivi di sicurezza ed incolumità pubblica, ma soltanto a condizione che sussista un pericolo concreto, e non meramente probabile, per la sicurezza o l'incolumità dei cittadini.
Peraltro, l'interruzione di manifestazione in corso presuppone una attenta valutazione per evitare che, in particolari situazioni, tale scelta rechi danni maggiori per la sicurezza e l'ordine pubblico.
Per quanto riguarda, infine, le misure che questo Ministero può adottare, e, in particolare, la sanzione estrema dello scioglimento del movimento politico Forza Nuova ricordo che l'ordinamento vigente consente l'adozione di un provvedimento di scioglimento di organizzazioni fasciste, «sotto qualsiasi forma» (articolo XII, comma 1, disp. Trans. e fin. della Costituzione) solo a seguito di una sentenza penale irrevocabile che abbia accertato la avvenuta «riorganizzazione del disciolto partito fascista» articolo 3 della legge 20 giugno 1952, n. 645, così come modificata dall'articolo 7, legge 22 maggio 1975, n. 152) ovvero un'attività, da parte dell'organizzazione destinataria del provvedimento di scioglimento, volta a favorire reati in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa (articolo 7, decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205).
Nello specifico, per quanto riguarda Forza Nuova, il Ministero dell'interno non è a conoscenza di pronunce giurisdizionali che consentano l'adozione di un provvedimento di tal natura.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CANCRINI, CRAPOLICCHIO, VACCA e NAPOLETANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Giuseppe La Piccirella, detenuto dal 1990, ha seguito per 11 anni, presso le carceri di Spoleto, un percorso trattamentale sia intramurario come responsabile di biblioteca, socio fondatore della cooperativa Co.Mo.Do., sia extramurario usufruendo di un permesso per partecipare ad un seminario di studi;
al signor La Piccirella è stato concesso il 10 gennaio 2006, dal Magistrato di
Sorveglianza di Spoleto, un permesso e a maggio 2006 la semilibertà per lavorare in un ufficio presso il Comune di Spoleto;
l'esito della positività del percorso trattamentale penitenziario è stata confermato dalla cessazione dello stato di pericolosità sociale documentato dalla DIA di Bari, elemento che ha creato i presupposti per la declassificazione da regime A.S. (alta sorveglianza) al regime intramurario ordinario;
il 27 marzo 2006 è stato trasferito, nonostante parere sfavorevole della direzione di Spoleto, presso le carceri di San Gimignano (Siena), perdendo il lavoro, le attività e i riferimenti all'interno dell'istituto di Spoleto costruiti in tanti anni, nonché la possibilità di accedere in tempi brevi ai permessi ed alla declassificazione in corso; successivamente è stato presentato un reclamo al provvedimento di trasferimento presentato al Magistrato di Sorveglianza di Siena dal quale il detenuto non ha ricevuto risposta;
dopo tre mesi, in data 1 luglio 2006, è stato trasferito presso le carceri di Fossombrone (Pesaro-Urbino) nuovamente in regime di A.S. interrompendo le condizioni trattamentali di cui usufruiva nel carcere di Spoleto;
allo stato attuale, al detenuto è stato negato il diritto di proseguire il percorso trattamentale precedente, sono stati vietati colloqui con terzi estendendo tale divieto ad una assistente volontaria autorizzata per 11 anni, è stata negata la declassificazione del regime penitenziario. Il detenuto si trova oggi in una situazione di negazione dei diritti e di condizione di deprivazione dei rapporti affettivi, lavorativi e sociali con l'esterno -:
quali interventi intenda attuare - anche mediante un ritrasferimento - per garantire al detenuto i suoi diritti, evitando che la negazione di questi aggravi la sua situazione psicologica e non si ottemperi al diritto dei detenuti di un trattamento rieducativo e riabilitativo come previsto dalla legge.
(4-01464)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
Il detenuto Giuseppe La Piccirella, nato a S. Severo (FG) il 16 febbraio 1958, è stato tratto in arresto il 26 marzo 1990. Attualmente, è ristretto presso la casa di reclusione di Fossombrone. È stato condannato con sentenza passata in giudicato per i reati di cui agli articoli 416-bis, 575 codice penale e all'articolo 74 decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990, con fine pena previsto per il 23 agosto 2017.
Risulta appartenente alla criminalità organizzata di tipo mafioso denominata «Società», attiva in Foggia.
Con provvedimento datato 25 marzo 2006, la competente Direzione generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ne ha disposto il trasferimento dalla casa di reclusione di Spoleto a quella di San Gimignano per motivi di sicurezza ed opportunità penitenziaria, a seguito di minacce rivolte nei confronti del personale di polizia penitenziaria.
In data 1o luglio 2006, il detenuto La Piccirella è stato nuovamente trasferito dalla casa di reclusione di San Gimignano a quella di Fossombrone, ancora una volta per motivi di sicurezza ed opportunità penitenziaria.
La valutazione delle istanze di declassificazione presentate dal detenuto, appartenente al circuito Alta Sicurezza, è di esclusiva competenza del Direttore dell'istituto penitenziario ed è stata compiuta in conformità e nel rispetto dei criteri fissati nella circolare n. 3479/5929 del 9 luglio 1998, destinata a regolare specificamente la materia. Deve segnalarsi al riguardo che il procedimento di declassificazione, in base alle indicazioni fornite dalla predetta circolare, è assistito da particolari cautele, poiché mira a contemperare le esigenze (di prevenzione) che presiedono alla valutazione del pregresso penitenziario del detenuto e le precipue finalità della pena, finalizzata al futuro reinserimento nella società.
La vicenda del divieto di colloqui con l'assistente volontaria signora Scali Manola è stata superata con il ripristino degli stessi a far data dal 9 ottobre 2006.
Da ultimo, si fa presente che presso l'istituto dove il detenuto è attualmente ristretto l'assegnazione al circuito penitenziario di alta sicurezza non comporta una contrazione dell'attività di osservazione e trattamento, poiché non esiste alcuna norma che limiti l'attività di osservazione nei confronti di tali categorie di detenuti.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CAPARINI, BRICOLO, POTTINO e ROMELE. Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a quanto risulta agli interroganti, in provincia di Brescia ed in particolare nel distretto valtrumplino dall'Associazione Cacciatori Lombardi, nonché da numerosi cacciatori appartenenti ad altre associazioni, è stata segnalata la presenza di non meglio precisati volontari non italiani i quali svolgono senza nessuna qualifica, né tanto meno idoneo addestramento, attività di vigilanza venatoria presumibilmente fiancheggiando le guardie della Lega Anti Caccia (LAC);
ai sensi dell'articolo 7, legge n. 157 del 1992 gli agenti di vigilanza venatoria svolgono le proprie funzioni, di norma nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalla regioni previo superamento di apposito esame;
sono numerose le segnalazioni effettuate dall'Associazione Cacciatori Lombardi, nonché da numerosi cacciatori appartenenti ad altre associazioni, circa presunti abusi e comportamenti vessatori perpetrati dalle Guardie Volontarie italiane, peraltro appartenenti ad associazioni dichiaratamente anticaccia, le quali effettuerebbero controlli senza la dovuta serenità ed imparzialità. È stato infatti più volte accertato che il personale di vigilanza venatoria volontaria di alcune tra le associazioni ambientaliste ha operato per mezzo di atti coercitivi tipici degli agenti di polizia giudiziaria. In particolare è accaduto di vedere effettuare, a seguito di un illecito penale punito dall'articolo 30 della legge n. 157 del 1992 il sequestro del fucile e di altro materiale. Si tratta, parlando di perquisizioni e sequestri, di atti di notevole pesantezza e gravità che devono essere effettuati nel rigoroso rispetto delle norme sostanziali e procedurali fissate dalle leggi, senza ledere la dignità, nonché i fondamentali diritti sanciti dalla Costituzione Italiana, a chi viene sottoposto;
alla luce di quanto disposto il citato articolo 27, legge n. 157 del 1992 attribuisce il compito di vigilanza a tre distinte categorie di soggetti (agenti dipendenti dagli enti locali delegati dalle Regioni, le guardie volontarie, le forze dell'ordine) senza conferire autonomamente ad alcuna di queste la qualifica di polizia giudiziaria per la quale si richiama la disciplina che regola ciascuna delle categorie sopramenzionate -:
se il Governo - nell'esercizio della sua funzione di coordinamento delle attività delle associazioni di cui all'articolo 27, comma 1, lettera b) della legge n. 157 del 1992, rivolta alla preparazione, aggiornamento ed utilizzazione delle guardie volontarie - non intenda richiamare l'attenzione in ordine ai compiti attribuiti dalla legge alle guardie volontarie ed ai relativi limiti;
quali iniziative intenda assumere per reprimere l'usurpazione delle funzioni di polizia giudiziaria esposte in premessa.
(4-01544)
Risposta. - La Questura di Brescia ha riferito che anche nel 2006 si sono riproposte, con ampio risalto sui mezzi d'informazione locali, le controversie da tempo insorte nella provincia fra realtà venatorie ed associazioni ambientalistiche per gli abusi asseritamente posti in essere sia dai cacciatori sia dalle guardie volontarie venatorie.
Quanto alla presenza fra queste ultime di «non meglio precisati volontari non
italiani», il Comando provinciale di Brescia del Corpo forestale dello Stato ha rilevato che, effettivamente, in concomitanza con l'apertura della stagione della caccia e la recrudescenza del bracconaggio, ogni anno giungono alcuni attivisti del Komitee Gegen Vogelmord, associazione tedesca avente come scopo anche la salvaguardia dell'avifauna.
Costoro operano al di fuori di ogni relazione funzionale con gli organi di vigilanza venatoria italiani, quali comuni cittadini, salvo segnalare alle autorità competenti eventuali illeciti rilevati, come del resto può fare qualsiasi escursionista.
In particolare, il nucleo operativo antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato ha ricevuto, nel 2006, e verificato alcune segnalazioni dei predetti cittadini tedeschi, presenti nel bresciano in numero non superiore ad otto unità.
Si soggiunge che non sono finora pervenute presso le locali Autorità segnalazioni di abusi o di comportamenti comunque non conformi a legge, salvo un esposto-denuncia presentato nel novembre 2006 direttamente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, avente ad oggetto «segnalazione di guardie volontarie venatorie di origine straniera / presunti abusi ad opera di guardie venatorie volontarie appartenenti ad associazioni ambientaliste», con il quale la problematica sollevata dall'interrogante è stata sottoposta all'attenzione dell'autorità giudiziaria, le cui determinazioni potranno fornire eventualmente utili indirizzi agli organi di pubblica sicurezza.
Si precisa per completezza di informazione che, alla luce dell'articolo 27, comma 7, della legge n. 157 del 1992, il coordinamento dell'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste rientra nella competenza delle province, che rilasciano altresì il relativo decreto di nomina per i singoli operatori, giusta il trasferimento di funzioni realizzato con l'articolo 163 del decreto legislativo n. 112 del 1998.
In ordine ai compiti ed ai poteri riconosciuti alle guardie venatorie volontarie, questo Ministero, anche sulla base di uno specifico parere reso dall'Amministrazione della giustizia, ha chiarito, con apposita circolare alle Prefetture, che ai volontari in argomento non compete la qualifica di agente di polizia giudiziaria.
Si ricorda, infine, che l'eventuale presenza sul territorio nazionale di guardie volontarie venatorie straniere - problematica che invero differisce da quella evidenziata dall'interrogante non è, in via generale, incompatibile con la normativa vigente in materia. L'articolo 138 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza prevede, infatti, fra i requisiti che devono essere posseduti dalle guardie particolari giurate, quello della cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell'Unione europea.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CARUSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 13 maggio 2006 l'interrogante si è recato in visita presso l'Istituto penitenziario di Secondigliano di Napoli;
la visita si è concentrata su Terza sezione dell'infermeria cosiddetto «Terza Psichiatrica» e sul reparto di Osservazione psichiatrica;
il reparto di Osservazione psichiatrica nasce da un progetto sperimentale, cominciato oltre tre anni fa, e che di fatto ha determinato lo spostamento di una sezione di un OPG in una struttura penitenziaria ordinaria;
tale struttura dovrebbe «trattenere», solo ed esclusivamente per esigenze di osservazione medica, e per non oltre 30 giorni, persone per le quali è necessario approfondire il quadro medico e per decidere se il proseguimento della loro detenzione deve avvenire in un istituto di pena o in un OPG;
durante la visita è emerso che i cinque detenuti presenti nella Terza sezione dell'infermeria erano in celle prive di ogni mobile, se non di un letto e un materasso di gommapiuma, senza lenzuola,
tavolo, sedie e persino della carta igienica, con la dotazione di una sola coperta e un asciugamano;
i bagni di queste celle, di anguste dimensioni, sono in condizioni fatiscenti e igienicamente indecenti;
analoga situazione si riscontrava nella sezione dell'Osservazione psichiatrica, dove su circa 18 detenuti presenti, nessuno disponeva di carta igienica, di lenzuola, di tavolo o sedie;
pertanto i detenuti sono costretti a mangiare in piedi o in terra;
nelle celle non sono presenti vetri alle finestre che rimangono sempre aperte di inverno come in estate;
i bagni dell'Osservazione psichiatrica sono sprovvisti di porte e pertanto, laddove in cella vi sono due detenuti ognuno deve effettuare i suoi bisogni fisiologici alla vista dell'altro;
le celle sono sprovviste di doccia, che si effettua solo una volta ogni due giorni, e che ciò determina una ulteriore mortificazione alle condizioni personali dei reclusi;
nel reparto Osservazione psichiatrica è presente una cella, piuttosto fatiscente, con su scritto «Sala di Coercizione Fisica» dove è presente un letto di contenzione, utilizzato in almeno due occasioni per dichiarazione degli stessi agenti di reparto;
pur avendo gli agenti dichiarato che vi è un presidio medico 24/24 H, al momento della nostra visita (effettuata tra le 16.00 e le 18.00) non era in servizio nessun medico psichiatra;
il personale degli agenti di polizia non ha nessuna formazione specifica per detenuti con problemi psichici prestando servizio in un istituto penitenziario;
in ogni caso nessuna esigenza medica o di sicurezza giustifica la presenza di detenuti in celle prive di vetri alle finestre o privi di carta igienica;
ci trova di fronte a palesi violazioni dei principi costituzionali che garantiscono che la detenzione non deve essere contraria al senso di umanità;
nessuna delle norme del nuovo regolamento penitenziario appaiono applicate in questi reparti;
così come sono gestiti i reparti in questione appaiono avere finalità punitive e non terapeutiche;
la costituzione dell'Osservazione psichiatrica doveva avvenire in via sperimentale e che si avvia a divenire invece permanente -:
se ritenga opportuno attivarsi per disporre l'immediata chiusura del reparto di Osservazione psichiatrica e della Terza sezione dell'infermeria;
di intervenire, nelle more, immediatamente per garantire ai detenuti di questi reparti il rispetto della persona e dei diritti previsti dal nostro ordinamento;
di approvare nuove procedure di intervento per i detenuti affetti da disagi psichici che contemplino il pieno rispetto della dignità della persona.
(4-00159)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente, innanzi tutto, che sia il reparto di osservazione sia la cosiddetta terza sezione psichiatrica sono articolati in due sezioni distinte, facenti parte, però, di un unico reparto, cioè dell'infermeria centrale del centro penitenziario di Napoli Secondigliano.
Si tratta, comunque, di due sezioni allestite in diversi periodi storici.
Le stesse, infatti, pur rispondendo entrambe ad esigenze terapeutiche, assolvono a fini diversi.
Precisamente, la terza sezione psichiatrica è stata aperta nel 1998 per accogliere provvisoriamente o, meglio, per un arco limitato di tempo che non può comunque superare le 48 ore, detenuti in stato di forte agitazione, definibile di acuzie, rispetto a semplici atteggiamenti di auto o eteroaggressività.
Il reparto di osservazione è stato, invece, allestito nel 2003 in via sperimentale, per
un periodo di sei mesi, al fine di decongestionare i due ospedali psichiatrici giudiziari presenti nella regione.
Sulla base dei risultati di questa sperimentazione il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha ritenuto utile predisporre un programma esecutivo d'azione, al fine non soltanto di rendere definitiva l'attivazione del reparto campano ma anche di estenderla ad altri Provveditorati.
La possibilità di evitare, infatti, l'invio dei detenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari per osservazione presenta notevoli vantaggi e risponde ai principi dell'ordinamento penitenziario, visto che gli ospedali psichiatrici giudiziari non sono destinati ad ospitare soggetti condannati o nei cui confronti è ancora in corso un procedimento penale, ma solo quei soggetti riconosciuti non imputabili per il reato commesso e sottoposti alla misura di sicurezza perché ritenuti socialmente pericolosi. A questi si aggiungono quelli sottoposti a misura di sicurezza provvisoria articoli 312 codice di procedura penale).
La realizzazione di tali reparti si attaglia, infatti, perfettamente con il disposto degli articoli 112 e 115 del nuovo Regolamento d'esecuzione (decreto del Presidente della Repubblica 230 del 2000), rendendo concreta l'applicazione del suddetto articolo 112, dove si evince che l'invio in ospedale psichiatrico giudiziario per l'espletamento dell'osservazione costituisce l'eccezione (articolo 112 comma 2) e non la regola, visto che viene espressamente stabilito che «l'accertamento è espletato nel medesimo istituto in cui il soggetto si trova o, in caso di insufficienza di quel servizio diagnostico, in un altro istituto della medesima categoria» e che l'osservazione può essere fatta in ospedale psichiatrico giudiziario solo per «particolari motivi».
L'allestimento di tali reparti, oltre ad essere perfettamente conforme con il dettato normativo, presenta ulteriori vantaggi. Precisamente:
consente di decongestionare gli ospedali psichiatrici giudiziari;
armonizza il principio della tutela della salute con quello della territorialità della pena evitando, anche se per un breve periodo, allontanamenti del ristretto dal nucleo familiare che, proprio nei momenti di fragilità psichica, potrebbero risultare ancor più destabilizzanti;
riduce il costo delle traduzioni, in quanto verrebbero evitati i trasferimenti dei detenuti in altre regioni rispetto a quelle in cui è ubicato l'ospedale psichiatrico giudiziario;
semplifica, rendendolo più celere, l'iter di assegnazione dei detenuti di cui è stata disposta l'osservazione, in quanto la relativa traduzione potrebbe essere disposta direttamente dal Provveditorato.
Sulla base di tali considerazioni, la competente amministrazione penitenziaria, ponendosi l'obiettivo di ridurre solo ai casi effettivamente necessari l'invio in ospedale psichiatrico giudiziario per osservazioni, ha predisposto il programma esecutivo d'azione sopra indicato.
Dopo aver individuato, in base al dato numerico dei detenuti inviati in ospedale psichiatrico giudiziario, le regioni ove realizzare i suddetti reparti, la scelta dell'Istituto è stata rimessa alla valutazione dei singoli Provveditorati. In modo conforme ai principi di efficienza e di economicità sono stati comunque indicati dei criteri ben precisi a cui i Provveditorati dovevano attenersi nell'individuazione dell'istituto ove realizzare il reparto.
Precisamente, la scelta doveva ricadere su un Istituto che già disponesse delle seguenti risorse:
presenza giornaliera dello specialista in psichiatria;
servizio infermieristico attivo per tutto l'arco delle ventiquattro ore per tutti i giorni della settimana, compresi i festivi;
continuità del servizio SIAS per le ventiquattro ore.
Tali requisiti erano già posseduti dal centro di Napoli Secondigliano.
Da notizie acquisite dalla Direzione dell'istituto risulta che sia il reparto di osservazione
psichiatrica sia la terza sezione psichiatrica sono sezioni strutturate con una tipologia di arredo da definirsi minimale.
Infatti, al solo scopo di impedire il compimento di atti violenti da parte dei detenuti psicolabili, le stanze di degenza sono dotate di branda, tavolo e sgabello e relativi servizi igienici. Alcune stanze, destinate ai soggetti con diagnosi più pericolose vengono, successivamente all'ingresso del detenuto, ma solo su specifica indicazione dello psichiatra e al fine esclusivo di evitare il compimento di atti di autolesionismo, private dello sgabello e/o del tavolo. La manutenzione degli infissi e delle vetrate delle finestre rientra nella manutenzione ordinaria del fabbricato, con interventi ad hoc rispetto a situazioni di rottura, che di frequente si verificano a seguito di episodi di agitazione psico-motorie.
Secondo quanto comunicato dalla citata Direzione, le coperte e le lenzuola vengono distribuite solo su indicazione dello psichiatra, allo scopo di evitare che i detenuti possano avere a disposizione materiale idoneo ad essere utilizzato per realizzare intenti di suicidio, mentre il materiale igienico viene distribuito regolarmente dal personale di polizia penitenziaria della sezione.
La limitazione nell'uso della mobilia nonché di lenzuola e coperte si rende quindi necessaria per tutelare un interesse assolutamente primario quale quello dell'incolumità fisica dei soggetti ristretti in queste sezioni qualora risulti probabile, a giudizio dello specialista, il compimento da parte degli stessi, di gesti autolesivi. Per quanto attiene all'organizzazione del servizio psichiatrico, la Direzione di Napoli Secondigliano ha stipulato la convenzione con quattro specialisti, per un totale di 312 ore mensili, più una convenzione giornaliera pari a tre ore per i detenuti affetti da HIV, non escludendo la possibilità di avvalersi dei medesimi in caso di necessità di tali interventi specialistici anche a favore di altri detenuti. Ne consegue che la presenza dello specialista in psichiatria è assicurata quotidianamente.
In particolare, l'organizzazione della sezione psichiatrica prevede un coordinatore medico per complessive 48 ore mensili (che assicurano almeno due presenze settimanali), tre infermieri per 12 ore giornaliere, interventi al bisogno dei medici SIAS, oltre, ovviamente, alla presenza del personale di polizia penitenziaria.
L'organizzazione sanitaria generale è la seguente: un monte ore del servizio di guardia medica - SIAS pari a 72 ore giornaliere, con 23 convenzioni stipulate; quattro medici incaricati (di cui uno in aspettativa) ed un medico incaricato provvisorio; 250 ore giornaliere per il servizio infermieristico, 81 infermieri a parcella, 3 infermieri di ruolo e due caposala, un tecnico radiologo ed un tecnico di laboratorio analisi. Le branche specialistiche attive sono: radiologia, odontoiatria, oculistica, gastroenterorologia con relativi esami strumentali, pneumologia, cardiologia con ecocardiocolordopller, otorinolaringoiatria, fisiokinesisterapia, dermatologia, ecografia, psichiatria, infettivologia, neuro-fisiopatologia, diabetologia, chirurgia generale e vascolare, ortopedia, fisiatria, neurologia, laboratorio di ematochimica, endocrinologia, urologia.
Allo stato, non vi sono convenzioni tra i Dipartimenti di salute mentale competenti per territorio e la Direzione del centro penitenziario di Secondigliano. Il servizio psichiatrico dovrebbe comunque essere integrato - così come specificato dal competente Ufficio con circolare n. 252624 del 13 luglio 2006 - con quello del Servizio sanitario nazionale, visto che l'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 232 del 2000, nel dettare specifiche disposizioni per i detenuti ed internati affetti da patologie psichiche, stabilisce la necessità di una vera e propria presa in carico degli stessi da parte dei servizi territoriali, necessaria per il loro successivo reinserimento sociale.
Per quel che concerne il numero delle osservazioni espletate, dalle notizie apprese dalla Direzione dell'istituto interessato, le stesse si concludono nell'assoluta maggioranza dei casi con diagnosi di non infermità, con il conseguente rinvio del detenuto nel reparto o istituto di provenienza. Durante il 1o semestre dell'anno 2006, il numero delle osservazioni espletate è stato
di 53 e solo in sei casi l'osservazione si è conclusa con diagnosi di patologie mentali e relative proposte di applicazione dell'articolo 148 codice penale.
Il personale di Polizia penitenziaria ha partecipato a corsi di aggiornamento rispetto ad un piano di formazione regionale annuale di tipo generale. D'altra parte, il personale di Polizia penitenziaria non presta servizio in modo esclusivo nelle sezioni psichiatriche, bensì in tutto il reparto di Infermeria, secondo la rotazione dei posti di servizio.
È presente una sala di coercizione esclusivamente nella sezione osservazione. Questa viene utilizzata solo su richiesta e sotto il diretto controllo dello psichiatra richiedente. Peraltro, dalla consultazione dei registri si annoverano solo due casi, risalenti al 2004, di uso della stessa, con un tempo di utilizzo limitatissimo (1 o 2 ore).
Sia il reparto di osservazione, sia la terza sezione psichiatrica, testimoniano il particolare interessamento dell'Amministrazione penitenziaria verso il disturbo mentale, che non si esaurisce nel mero invio agli ospedali psichiatrici giudiziari.
Nell'intento di tutelare la salute mentale della popolazione detenuta si è dovuto tener presente che il problema delle malattie psichiatriche dei soggetti ristretti nelle strutture penitenziarie riguarda:
i soggetti autori di reato riconosciuti non imputabili per vizio totale di mente, ma considerati socialmente pericolosi e, pertanto, internati negli ospedali psichiatrici giudiziari;
i soggetti che, nonostante siano affetti da una malattia mentale, essendo riconosciuti imputabili, espiano una condanna definitiva a pena detentiva;
i soggetti che presentano disturbi mentali nei cui confronti non si è ancora concluso l'iter processuale e che sono sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere, anziché a quella di cui all'articolo 286 codice di procedura penale (custodia cautelare in luogo di cura).
Va rilevato, peraltro, che il disturbo mentale non è evento occasionale, che riguardi pochi detenuti per i quali potrebbero bastare alcune misure assistenziali. Si tratta, purtroppo, di un problema diffuso.
L'obiettivo che l'Amministrazione ha inteso da tempo perseguire aprendo un percorso sostenuto anche dalla normativa vigente, pur nella consapevolezza delle enormi difficoltà ad esso legate, è quello di operare un profondo riassetto delle premesse teorico-organizzative che informano il sistema dell'assistenza psichiatrica penitenziaria, al fine del recupero psichico, nell'ambito delle possibilità individuali dei pazienti detenuti ed internati, mediante l'organizzazione e la realizzazione di un servizio psichiatrico intramurario in grado di assicurare la continuità terapeutica e di lavorare per una integrazione del paziente detenuto nel contesto di appartenenza, laddove possibile.
I reparti di osservazione, come quello di Napoli, rispondono a questa logica. Attraverso tali sezioni infatti, non solo si cerca di limitare l'invio dei detenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari, con conseguente allontanamento dal territorio ai casi in cui lo stesso si rende effettivamente necessario, ma si pongono le premesse per un lavoro di recupero terapeutico all'interno delle strutture penitenziarie dove i soggetti sono ristretti. Ciò non toglie che tali sezioni possono essere oggetto di ulteriori interventi di adeguamento sia da un punto di vista strutturale sia da un punto di vista funzionale; anzi, le stesse si pongono come base per poter favorire la redazione di ulteriori progetti aventi finalità di recupero terapeutico, in base a quanto disposto dal già citato articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000. La Direzione dell'istituto di Napoli Secondigliano ha presentato un progetto di ristrutturazione del reparto di osservazione, al fine di apportarvi delle modifiche di carattere strutturale, a seguito del quale il Provveditorato ha inviato una commissione tecnica per la valutazione degli interventi da adottare. Per la realizzazione di tali interventi è stato poi disposto il necessario finanziamento.
Il Provveditorato della Regione Campania ha, inoltre, provveduto a disporre la
temporanea chiusura della sezione «Terza psichiatrica» del reparto infermeria.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CATONE. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
dopo la vicenda di Maria, la bambina nascosta per venti giorni dalla famiglia affidataria genovese Giusto Bornacin, il Governo bielorusso ha deciso che in Italia vengano bambini solo come ospiti di strutture, non di famiglie;
non solo a Natale, ma anche in estate molti bambini vengono dalla Bielorussia nel nostro Paese per trascorrere dei soggiorni terapeutici;
sono molte le associazioni italiane di genitori affidatari per l'accoglienza di bambini bielorussi;
in particolare, centinaia di bambini bielorussi vengono ogni anno affidati alle famiglie abruzzesi, circa 250 solo nella provincia di Teramo -:
se non ritenga di attivarsi rapidamente, contattando l'ambasciatore bielorusso Aleksei Skripko' al fine di ripristinare quello che era un consolidato rapporto tra l'Italia e la Bielorussia, per consentire di nuovo ai bambini bielorussi, che soggiornano in Italia per motivi terapeutici, di essere accolti in famiglie italiane, considerando non solo l'approssimarsi del Natale, ma anche il pericolo che ciò possa ripetersi per la prossima estate.
(4-01979)
Risposta. - In ordine ai quesiti posti nella interrogazione in esame, si fa presente, per la parte di competenza, quanto segue.
Preliminarmente occorre precisare che il fenomeno dei minori accolti riguarda mediamente oltre 30.000 ingressi, che interessano associazioni e famiglie per soggiorni temporanei a scopo umanitario. Il fenomeno nasce ed è andato aumentando negli anni grazie alla spinta solidaristica della società civile, organizzata in associazioni, che tanto hanno fatto e continuano a fare per i bambini del mondo. Tra i minori stranieri accolti temporaneamente in programmi solidaristici di accoglienza si nota una maggiore entrata di minori bielorussi, infatti il flusso di ingressi per soggiorno temporaneo provenienti da tale Paese (circa 27.000 all'anno) è decisamente più ampio rispetto a quello degli altri paesi coinvolti nel fenomeno (ad esempio Ucraina 5.500 minori all'anno). Sono minori che possono provenire da istituti, in quanto orfani o privi di genitori che esercitano la potestà, oppure da famiglie.
Il tipo di soggiorno in Italia si caratterizza in prevalenza come forme di accoglienza presso famiglie (circa il 70 per cento) mentre solo un 30 per cento di minori viene accolto in Italia, in strutture spesso messe a disposizione dagli enti locali.
Da tale fenomeno è scaturita l'esigenza di trovare un punto di incontro tra l'attività delle associazioni e i compiti regolatori delle istituzioni, al fine di consentire uno sviluppo adeguato del fenomeno, capace di prevenire quei residuali ed eventuali fattori di rischio che possono annidarsi in una materia così complessa e delicata.
A questo scopo, con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico sull'immigrazione (articolo 33), è stato istituito il Comitato per i minori stranieri i cui compiti sono regolati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535. Tale organo si occupa dei minori stranieri non accompagnati e dei minori stranieri accolti.
La competenza del Comitato per i minori stranieri riguarda la gestione dei programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie ed ha il compito primario, previsto dagli articoli 8 e 9, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 535 del 1999, di definire i criteri di valutazione delle richieste, presentate dalle associazioni, per l'ingresso e il soggiorno in Italia di tali minori, valutando l'affidabilità del proponente, la validità dell'iniziativa, nonché l'affidabilità del referente estero.
Dagli studi effettuati dal Comitato, come già esposto in precedenza, emerge che i minori provengono soprattutto da Paesi quali la Bielorussia e l'Ucraina ed entrano in Italia con programmi organizzati da circa 300 associazioni, dislocate su tutto il territorio nazionale, per un totale di circa 1.500 progetti.
In particolare, per quanto riguarda la bambina Maroz Viktoryia, nata in Bielorussia il 25.5.1996, è necessario ricordare che è entrata in Italia, nell'ambito di un programma solidaristico di accoglienza temporanea presentato dall'associazione Puer, approvato dal Comitato per i minori stranieri.
Come è noto, alla data prevista per il rientro in patria della minore (8 settembre 2006), la famiglia ospitante non si è presentata all'aeroporto e qui ha avuto inizio la vicenda della scomparsa della bambina.
Sembra opportuno ricordare in questa sede, che all'arrivo in Bielorussia, la bambina è stata trasferita in un Istituto diverso da quello di provenienza, nella località di Borissov. Due medici italiani, unitamente ad una equipe di specialisti bielorussi, hanno seguito la bambina e impostato il programma di riabilitazione della minore così come previsto dalla decisione del Tribunale per i minorenni di Genova.
I due medici italiani nel corso del loro soggiorno hanno mantenuto contatti con l'ambasciatore italiano e sono ripartiti per l'Italia l'11 ottobre 2006, ritenendo conclusa la loro missione. In seguito, hanno informato l'ambasciatore italiano di aver provveduto ad inoltrare al Tribunale per i minorenni di Genova una relazione sul lavoro svolto. In particolare hanno indicato che le condizioni della minore sono buone dal punto di vista psico-fisico, aggiungendo che la bambina ha bisogno di un periodo di tranquillità per riprendersi dal carico emotivo degli ultimi tempi ed ambientarsi in Bielorussia.
Si precisa che sulla vicenda questa Amministrazione ha manifestato la massima attenzione per il caso in questione, sin dal suo nascere, cooperando fattivamente con le altre amministrazioni competenti nonché con la rappresentanza diplomatica bielorussa, mantenendo un costante contatto con l'associazione proponente il programma di accoglienza, al fine di giungere ad una soluzione della vicenda che fosse la più adeguata alla tutela dell'interesse della minore.
Al riguardo si precisa che, il Comitato minori stranieri, quale organo interministeriale presieduto dal rappresentante del Ministero della solidarietà, da anni gestisce programmi solidaristici di accoglienza temporanea, si augura di proseguire nel percorso già tracciato, in cui l'attenzione è stata sempre finalizzata ad individuare norme certe e chiare. Gli obiettivi di tali norme aiutano, infatti, a svolgere una funzione di supporto e controllo alla iniziative solidaristiche, ma promuovano assunzioni di responsabilità da parte del mondo dell'associazionismo della società civile.
Recentemente, sulla base dei principi ribaditi dal Comitato e nell'interesse superiore dei bambini bielorussi segnati dalle conseguenze della tragedia di Cernobyl, il Ministro Ferrero ha manifestato al Vice Primo Ministro bielorusso la volontà di superare le difficoltà insorte a seguito della vicenda di Cogoleto, con l'obiettivo di non compromettere le relazioni e i viaggi terapeutici di diverse migliaia di bambini.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
CRAPOLICCHIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
com'è noto, i medici ospedalieri che prestano la propria opera alle dipendenze delle Aziende Sanitarie Locali, in quanto pubblici dipendenti, sono assoggettati alla disciplina previdenziale introdotta a seguito della riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, attuata con la legge n. 335 dell'8 agosto 1995 (cosiddetta Riforma Dini);
i relativi trattamenti pensionistici, gestiti dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica
(INPDAP), vengono determinati, conformemente a quanto prescritto dalla detta disciplina di riforma, mediante l'applicazione del sistema cosiddetto contributivo;
prescindendo dalla questione, pur importante, dell'incongruità delle somme che presumibilmente gli iscritti andranno a maturare al momento del collocamento in pensione (a fronte di un gravoso obbligo contributivo annuale), è bene ribadire che la disciplina cennata non è ovviamente derogabile da parte del lavoratore; in particolare, non sono ammesse scelte di sorta rispetto all'Ente gestore dei fondi, né, tantomeno, in ordine al concreto sistema di calcolo dei maturandi trattamenti;
dal punto di vista degli oneri contributivi è, inoltre, da tenere presente che tutti i medici, e quindi anche quelli che svolgono servizio presso gli ospedali pubblici del Servizio Sanitario Nazionale, in quanto iscritti al relativo Ordine Professionale, sono tenuti all'iscrizione obbligatoria, giusto il disposto dell'articolo 21 del decreto-leggeC.P.S. n. 233 del 13 settembre 1946, ai Fondi gestiti dall'Ente Nazionale Previdenza ed Assistenza Medici ed Odontoiatri (ENPAM), con conseguente obbligo del versamento annuo del contributo previdenziale, pari a circa il 12,50 per cento del reddito annuo complessivo;
sin qui la disciplina generale, che dovrebbe, proprio in quanto generale, applicarsi a tutti i medici ospedalieri dipendenti delle Aziende Sanitarie Locali, inquadrati nell'ambito della medesima qualifica professionale e che svolgano le medesime mansioni;
ciò nonostante, a seguito di sopravvenuti interventi normativi, è venuta a determinarsi una sostanziale disparità di trattamento previdenziale tra i soggetti appartenenti alla medesima categoria professionale, quella, appunto, dei medici che lavorano negli ospedali pubblici del Servizio Sanitario Nazionale;
infatti, in virtù del disposto dell'articolo 8, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992, è stata prevista la possibilità, per le Aziende unità sanitarie locali e per quelle ospedaliere, al fine di garantire l'erogazione delle prestazioni assistenziali ed in deroga alla necessità di ricorrere ad apposite convenzioni triennali, di utilizzare all'uopo i medici addetti alle attività di guardia medica e di medicina dei servizi che risultavano (alla data del 31 dicembre 1998) in possesso di taluni requisiti, stabilendo, altresì, che previa apposita domanda, il personale suddetto potesse essere inquadrato nel ruolo sanitario, nei limiti delle dotazioni organiche delle singole Aziende sanitarie ed ospedaliere;
successivamente, con il decreto legislativo n. 254 del 28 luglio 2000, che ha introdotto, nella disposizione citata, il comma 2-bis, si è previsto che ai medici della guardia medica, dell'emergenza territoriale e della medicina dei servizi, passati alla dipendenza secondo la predetta normativa, fosse data facoltà di optare, al momento dell'inquadramento in ruolo, per il mantenimento della posizione assicurativa già costituita presso l'Enpam (come detto, preesistente, in quanto derivante automaticamente dall'iscrizione all'Ordine Professionale di appartenenza), ovvero di incardinare la loro posizione assicurativa presso l'Inpdap, secondo il regime vigente per i loro colleghi già precedentemente inquadrati in ruolo;
evidentemente, tale facoltà di scelta, concessa, si noti, solamente in ragione delle diverse modalità temporali di instaurazione del rapporto lavorativo (che, per il resto, è, da ogni punto di vista, assolutamente identico per entrambe le categorie di dipendenti), realizza una palese violazione del principio di eguaglianza sostanziale, finendo, in ultima analisi, per attribuire solamente ad alcuni dei soggetti inquadrati nell'ambito della medesima categoria professionale un privilegio assolutamente irragionevole oltre che essenzialmente discriminatorio;
privilegio, si noti, che si traduce nella possibilità di decidere ex ante, e secondo
criteri di convenienza individuale, l'entità della prestazione pensionistica futura, ciò anche in ragione del fatto che l'eventuale scelta in favore del mantenimento della posizione assicurativa già maturata presso l'Enpam garantirà loro, atteso il regime a ripartizione ivi vigente, una futura rendita mensile molto più alta rispetto a quella che conseguirebbero ove, invece, decidessero di optare per il regime assicurativo Inpdap;
tuttavia, eguale possibilità di scelta non è concessa, come detto, ai circa 120.000 medici che, pur svolgendo le medesime mansioni, abbiano instaurato il rapporto di pubblico impiego antecedentemente all'entrata in vigore della citata normativa, che, viceversa, si trovano assoggettati alla disciplina introdotta dalla legge n. 335 dell'8 agosto 1995, che garantirà loro una rendita pensionistica determinata secondo il sistema cosiddetto contributivo e, quindi, di entità certamente minore;
senza contare, poi, che questi ultimi, pur non potendo optare per il trattamento pensionistico Enpam, sono comunque tenuti, al versamento della contribuzione obbligatoria in favore del fondo di previdenza generale gestito dall'Ente stesso, contributi che, si noti, porteranno a maturare nel tempo una pensione di importo assolutamente risibile;
non si vede, dunque, la ragione sostanziale per cui, soggetti appartenenti alla stessa categoria professionale, che svolgano identiche mansioni e che prestino la propria attività presso il medesimo datore di lavoro, debbano essere esposti ad una, secondo l'interrogante, così evidente disparità di trattamento dal punto di vista previdenziale, basata, e qui davvero l'incongruenza normativa rivela tutta la sua arbitrarietà, solamente sulle diverse modalità temporali di instaurazione del rapporto di pubblico impiego -:
quali iniziative intenda intraprendere, onde impedire che, in evidente spregio del principio di eguaglianza, costituzionalmente garantito, abbia ad ulteriormente perpetrarsi quella che, a giudizio dell'interrogante, è una irragionevole ed assolutamente infondata disparità di trattamento previdenziale tra soggetti che, a fronte dell'identità di mansioni svolte e di qualifica posseduta, dovrebbero, viceversa, essere trattati in maniera analoga ed essere, quindi, titolari delle medesime facoltà, nonché se sia opportuno intraprendere iniziative legislative onde modificare la normativa vigente, nella parte in cui prescrive l'obbligo generalizzato per tutti i medici iscritti all'albo professionale, senza esenzione per quelli che prestino attività ospedaliera a tempo pieno, di iscrizione all'ente previdenziale assistenziale della categoria, e di pagamento dei relativi contributi.
(4-01060)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la disparità di trattamento dal punto di vista previdenziale tra il personale medico operante nell'ambito del servizio sanitario nazionale, l'Inpdap ha comunicato quanto segue.
La problematica relativa alla tutela previdenziale da riconoscere al personale sanitario riguardato dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 254 del 28 luglio 2000 è stata a lungo oggetto di esame da parte dell'Istituto, che al fine di acquisire un indirizzo interpretativo definitivo, ha interpellato questo Ministero.
Si precisa che il personale di cui trattasi è costituito dai medici addetti ai servizi di guardia medica e di emergenza territoriale, dai medici della medicina dei servizi e dagli specialisti ambulatoriali, che operano in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, i quali transitano a rapporto d'impiego nelle Aziende sanitarie locali.
Secondo l'Ente la trasformazione del rapporto di lavoro da «convenzionato» a rapporto d'impiego, con l'applicabilità degli istituti giuridici propri di tale rapporto, ed il conseguenziale vincolo di dipendenza tra il medico ed il Servizio sanitario nazionale avrebbe comportato l'applicazione, nei confronti dei sanitari interessati, della speciale disciplina di cui alla legge n. 1035 del 6 luglio 1939, recante l'ordinamento della
Cassa Sanitari presso l'Inpdap, e la decorrenza dell'obbligo iscrittivo alla stessa Cassa ai fini della prestazione pensionistica.
Di contrario avviso, invece, è stato il richiesto parere e, pertanto, d'intesa con l'Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza dei Medici (Enpam), l'Inpdap ha emanato la Circolare n. 47 del 17 ottobre 2005 con la quale ha fornito istruzioni in merito all'applicazione delle norme che disciplinano il rapporto assicurativo del personale riguardato dalla normativa del già citato decreto legislativo n. 254/2000.
Detto personale, se ha esercitato la facoltà di opzione prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo 254 del 2000, modificativo ed integrativo dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 299, ha diritto al mantenimento della posizione assicurativa già costituita presso l'Enpam.
I medici ospedalieri che lavorano presso gli ospedali pubblici del Servizio sanitario nazionale sono, invece, obbligatoriamente iscritti all'Inpdap ai sensi della legge n. 1035 del 6 luglio 1939.
Tali medici sono soggetti alla disciplina introdotta dalla legge n. 335 dell'8 agosto 1995 la quale prevede tre distinti sistemi per la determinazione delle pensioni. Essi sono:
1. Sistema contributivo;
2. Sistema retributivo;
3. Sistema misto.
Si fa presente, infine, che sono, obbligatoriamente, sottoposti al primo sistema tutti coloro che iniziano a maturare una posizione contributiva dal 1o gennaio 1996.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
D'AGRÒ. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende da recenti notizie della prossima chiusura della Scuola di polizia di Vicenza;
in conseguenza di tale chiusura, il Siulp (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori di Polizia) della provincia di Vicenza si è fatto promotore dell'istituzione di un Commissariato di Polizia nella zona ovest della provincia, logisticamente individuabile nell'area del comune di Montecchio Maggiore;
con tale iniziativa almeno 65 persone, finora impiegati nella struttura formativa, potrebbero essere utilizzati nel nuovo Commissariato per far fronte efficacemente alla sicurezza dei residenti nella zona;
in tal modo si supererebbe il concetto di controllo del territorio con presidi-fortini, come incarnato, secondo l'interrogante dalle stazioni dei carabinieri, che sono tra l'altro oberate da incombenze burocratiche;
il nuovo commissariato infatti assicurerebbe una pattuglia 24 ore su 24 che si affiancherebbe all'unica che la compagnia di Valdagno può attivare e che deve vigilare su un'area molto vasta ed articolata che va da Recoaro ad Alte -:
se il Ministro intenda dare seguito a tale proposta affinché la zona dell'ovest vicentino possa beneficiare di un ufficio di Polizia operativo 24 ore su 24, quale utile strumento per sopperire alle crescenti esigenze di una presenza costante sul territorio che vada al di là della mera capillarità di Uffici territoriali, già oberati di incombenze burocratiche.
(4-01075)
Risposta. - Nell'ambito del programma di riassetto complessivo degli istituti di istruzione della Polizia di Stato, finalizzato a riqualificare e razionalizzare il sistema della formazione ed aggiornamento del personale, in attuazione delle previsioni normative di cui all'articolo 1, comma 431 e seguenti della legge finanziaria per il 2007 recentemente approvata, la Scuola allievi agenti della Polizia di Stato di Vicenza, il cui provvedimento di dismissione - firmato dal Ministro - sta per essere inviato ai competenti organi di controllo, verrà destinata a sede di altri uffici di polizia, assicurando
il reimpiego del relativo personale secondo criteri di adeguatezza e professionalità, tenendo pure conto delle esigenze degli interessati.
La proposta caldeggiata dall'interrogante, di istituire un Commissariato della Polizia di Stato a Montecchio Maggiore (VI), destinando a tale scopo il personale sinora operante presso la citata struttura formativa, non è, al momento, presa in considerazione, perché poco coerente con le direttive di coordinamento adottate dai Ministri dell'interno in materia di razionalizzazione della presenza sul territorio delle forze di polizia, le quali prevedono, come criterio guida, che sia privilegiata la presenza di uffici della Polizia di Stato nei centri maggiori e quella dell'Arma dei Carabinieri nei centri minori.
Tale impostazione ha dato, nel lungo periodo, positivi risultati sul piano della razionale distribuzione dei presidi operanti sul territorio.
L'istituzione di un ulteriore presidio periferico della Polizia di Stato richiederebbe, comunque, l'impegno di consistenti unità di personale e di mezzi per le attività strumentali e di funzionamento della struttura, a fronte di un miglioramento della sicurezza nell'area non particolarmente significativo.
Inoltre, secondo le valutazioni del Prefetto di Vicenza, l'istituzione di un Commissariato nel comune di Montecchio Maggiore, proprio per la presenza di un'importante stazione dei Carabinieri, non risponderebbe a criteri di razionalizzazione ed impiego ottimale delle risorse.
D'altro canto, l'indicazione dell'interrogante se attuata, non consentirebbe di adempiere alle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 435, della citata legge finanziaria, nella parte in cui prevede un piano pluriennale di riarticolazione e ridislocazione dei presidi territoriali delle forze di polizia, con l'obiettivo di conseguire riduzioni di spesa per locazioni, manutenzioni e canoni di servizio.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
DEIANA, SCOTTO, SPERANDIO, CACCIARI, CANNAVÒ e DURANTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
le autorità militari statunitensi hanno avviato da oltre due anni le procedure per la realizzazione nella città di Vicenza, attualmente sede della Setaf e della 173rd Airborne Brigade, di un vasto complesso infrastrutturale destinato ad ospitare nuove unità che dovranno aumentare considerevolmente le capacità operative di detta brigata;
secondo quanto dichiarato dal Generale James L. Jones, comandante dello US European Command, il 7 marzo 2006 allo US Senate Armed Services Committee, una volta completata la riorganizzazione della 173rd Airbone Brigade in Airborne Infantry Brigade Combat Team, questa diverrà una delle tre sole brigate dell'US Army stanziate in Europa stante il trasferimento negli Stati Uniti o lo scioglimento di tutte le altre unità terrestri statunitensi che attualmente si trovano in territorio tedesco;
la brigata di stanza in Italia, che già oggi viene definita informalmente il «911» dello US European Command, con riferimento alla sua capacità di intervento in tutte le aree ritenute di crisi dal Governo degli Stati Uniti, diverrebbe l'unità predesignata per interventi di proiezione della forza in tutta l'area di competenza dello stesso comando europeo comprendente, oltre all'Europa, la zona del Caucaso e del Caspio, il Medio Oriente e tutta l'Africa, continente dove le truppe vicentine da alcuni anni ormai operano e si addestrano;
fin dalla primavera 2005 le autorità militari statunitensi, con l'assistenza dei tecnici del 5 reparto infrastrutture di Padova, organo dell'Ispettorato infrastrutture dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, hanno avviato la progettazione esecutiva degli edifici e delle installazioni che dovrebbero ospitare le nuove unità sul sedime dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza;
nel frattempo è stato disposto dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare italiana la chiusura o il trasferimento di tutti gli enti dislocati su tale aeroporto, e cioè il Distaccamento Aeronautico di Vicenza, il 27 Gruppo Genio Campale e il 10 Gruppo Manutenzione Elicotteri, lasciando così libera l'area da ogni attività militare italiana;
nella primavera 2006, nonostante - come risulta agli interroganti - il parere contrario dei servizi tecnici del comune di Vicenza, la Giunta comunale della città veneta sottoponeva agli organi del consiglio comunale il progetto esecutivo che veniva illustrato da tecnici dell'amministrazione statunitense;
come si può rilevare dal documento del Ministero della difesa statunitense intitolato «Constructions Programs (C-1) - Department of Defense Budget FY2007» del febbraio 2006, il progetto vicentino è già finanziato per il solo esercizio finanziario 2007, che va dal 1 ottobre 2006 al 30 settembre 2007, con 322 milioni di dollari, ai quali se ne dovranno aggiungere altri negli esercizi successivi fino a raggiungere un totale di circa 800 milioni di dollari entro il 2010;
come si può facilmente evincere dal citato documento, si tratta del più grande progetto infrastrutturale del Dipartimento della Difesa USA da realizzare all'estero e non appare credibile che un progetto di tale entità e dimensioni possa essere stato finanziato dal Congresso statunitense in assenza di un accordo tecnico o politico con la nazione ospitante, cioè l'Italia;
inoltre, nei mesi scorsi, unità dell'Esercito statunitense già appartenenti alla 1st Infantry Division di stanza in Germania ed ora trasferita negli Stati Uniti, sono state assegnate alla 173rd Airborne Brigade in previsione di una loro ridislocazione in Italia. Tali unità sono il 1-33 Field Artillery Battalion, un battaglione (ridotto) del Genio (l'82 Engineer Battalion), uno squadrone di cavalleria corazzata (il 1-4 Cavalry Squadron) che ha completato la transizione dei carri armati M-1 Abrams a veicoli blindati leggeri idonei ad essere aerotrasportati, una compagnia di intelligence generata dal 16th Military Intelligence Battalion di Darmstadt, oltre ad altre unità combattenti e di supporto tra cui un terzo battaglione paracadutisti che si aggiungerà ai due già stanziati nella città veneta;
nelle ultime settimane si è assistito ad un singolare rimpallo di responsabilità su chi debba prendere una decisione relativamente alla realizzazione delle nuove infrastrutture, con l'amministrazione comunale vicentina che chiede al Governo di esprimersi mentre il Ministro della Difesa Arturo Parisi e il Vice Presidente del Consiglio Francesco Rutelli hanno sollecitato il sindaco a esprimere preventivamente il proprio accordo o disaccordo sul progetto;
la questione tuttavia non sembra possa essere circoscritta ad una mera decisione di carattere urbanistico o di impatto ambientale, considerando le enormi implicazioni politiche conseguenti al più che raddoppio delle capacità operative della 173rd Airborne Brigade, che assumerebbe, molto più di quanto non abbia oggi, un ruolo centrale nella strategia militare USA in Medio Oriente, Golfo Persico ed Africa, tanto più che il potenziamento avverrebbe proprio mentre la gran parte delle altre unità dell'Us Army in Europa vengono chiuse o trasferite negli Stati Uniti -:
quale sia il pensiero del Presidente del Consiglio sul progettato potenziamento dell'unità dell'Esercito statunitense in Italia e sulla richiesta di ampliamento delle infrastrutture militari americane a Vicenza;
se siano stati fatti accordi o date assicurazioni alle autorità governative o militari statunitensi da parte di autorità politiche o militari italiane rispetto alla realizzazione del progetto di ampliamento della base di Vicenza, come sembra evincersi dalle attività messe in atto dagli organi periferici del Genio Militare e dai provvedimenti di chiusura o trasferimento
dei reparti dell'Aeronautica militare di stanza nell'aeroporto Dal Molin di Vicenza;
se non ritenga che la questione sia di preminente interesse nazionale ed in quanto tale di competenza del Governo in generale e più in particolare dei Ministri esteri e difesa;
se non ritenga pertanto di non autorizzare la realizzazione dei progetti suddetti, a Vicenza o in altre località italiane.
(4-01460)
FABRIS. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data mercoledì 20 settembre 2006, il sindaco di Vicenza Enrico Hullweck ha dichiarato alla stampa nazionale di aver conferito con l'ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, e di aver ottenuto da parte di quest'ultimo un chiaro impegno a farsi da tramite tra il Governo italiano ed il Comune di Vicenza per chiarire ogni dettaglio relativo al progetto di una nuova base americana presso l'aeroporto «Dal Molin» di Vicenza;
secondo quanto appreso dall'interrogante, a seguito di detto colloquio, il sindaco Enrico Hullweck avrebbe trovato, a suo dire, tutte le rassicurazioni che chiedeva al Governo italiano in ordine alla reale volontà degli americani per quanto riguarda la nuova base Usa a Vicenza;
in particolare «l'Ambasciatore» ha riassunto il Sindaco Hullwek per la stampa locale (il Giornale di Vicenza del 21 settembre 2006) ha dimostrato di avere molto a cuore il fatto di poter mantenere in Italia l'attuale Ederle. Ma questo sembrerebbe implicare anche l'aggiunta di 1.800 nuovi soldati al «Dal Molin»;
ancora l'Ambasciatore avrebbe riferito al Sindaco Hullwek che «Non si tratta di un ricatto (il Giornale di Vicenza del 21 settembre 2006) ...ma di una logica consequenziale dovuta alla gestione del contingente, che si vuole unificare in Germania e in Italia»;
secondo quanto apparso nella stampa nazionale, legata alle sorti della nuova base americana risulterebbe la caserma Ederle, in cui sono attualmente occupati circa 750 dipendenti italiani e seimila militari;
in particolare la stampa nazionale ha recentemente sottolineato che la nuova base americana, ove costruita, dovrebbe diventare la più potente fortezza americana al di fuori del territorio statunitense, con un piano, da completarsi nel 2010, che prevede la costruzione di nuove caserme e strutture per ospitare quasi cinquemila paracadutisti, oltre 50 carri armati pesanti, veicoli blindati da combattimento, due batterie di artiglieria e forze rampe di missili a lungo raggio, nonché una «cellula di intelligence militare» con aerei spia senza pilota e strumentazioni elettroniche per intercettare le comunicazioni radio;
in più di una occasione l'attuale Governo e lo stesso Ministro della Difesa hanno chiarito che la questione relativa alla utilizzazione dell'Aeroporto Dal Molin di Vicenza avrebbe comportato il massimo coinvolgimento di tutte le amministrazioni locali e della popolazione;
a giudizio dell'interrogante, le dichiarazioni rilasciate dal Sindaco Hullweck sull'impegno dell'ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, si possono prestare purtroppo a inutili strumentalizzazioni di parte che mal gioverebbero alla necessità di risolvere una annosa questione la cui delicatezza dal punto di vista internazionale non può non tenere conto di molteplici fattori, tra i quali delle istanze di sicurezza e di vivibilità più volte manifestate dalle popolazioni locali -:
se corrisponda al vero quanto dichiarato alla stampa nazionale, dal Sindaco di Vicenza, Enrico Hullweck, in merito all'impegno assunto da parte dell'ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, di rendersi tramite tra il Comune di Vicenza e il Governo italiano per chiarire ogni dettaglio relativo al progetto di una nuova
base americana presso l'aeroporto «Dal Molin» di Vicenza e nel caso come valuti il Governo l'assunzione di detto impegno da parte dell'ambasciatore Usa in Italia, sul piano della correttezza dei rapporti internazionali tra lo Stato italiano e gli Stati Uniti d'America, soprattutto avendo riguardo al rispetto della distinzione dei ruoli istituzionali che formalmente ci si aspetterebbe nel far conoscere alle autorità italiane i dettagli del piano dell'amministrazione USA su Vicenza.
(4-01048)
GALANTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio ha affermato che l'attuale Governo italiano non si oppone al raddoppio della base americana di Vicenza trattandosi di una «decisione presa dal Governo precedente»;
in sede di question time, il 27 settembre 2006, rispondendo ad un'interrogazione dello scrivente, il Ministro della Difesa affermava testualmente: «Per quanto riguarda le decisioni ... a tutt'oggi, con la controparte USA non sono stati sottoscritti impegni di alcun genere. La disponibilità di massima manifestata dal precedente Governo non si è tradotta in alcun accordo scritto»;
tra le due affermazioni citate esiste una palese contraddizione -:
sulla base di quali false informazioni, e fornite da chi, il Ministro della Difesa sia stato indotto a riferire notizie rivelatesi false alla Camera dei Deputati;
quando, in che sede formale, con quali atti formali il Governo Berlusconi abbia preso la «decisione» sopra riferita.
(4-02216)
Risposta. - In merito alla vicenda relativa all'ampliamento della base militare di Vicenza, in concessione d'uso all'esercito degli Stati Uniti, nel quadro degli accordi bilaterali con l'Italia all'interno della NATO, il Governo è intervenuto a rispondere in Parlamento numerose volte. Già a pochi giorni dall'insediamento dell'Esecutivo, il 31 maggio 2006, il Vicepresidente del Consiglio Rutelli, in sede di question time, aveva avuto occasione di dare conto della problematica. A questo primo intervento seguirono poi, nell'ordine, le informazioni rese il 6 luglio 2006 dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, Chiti, il 13 luglio 2006 dal Sottosegretario alla difesa Verzaschi, il 26 luglio 2006 dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, il 27 settembre 2006, in risposta a tre interrogazioni distinte, dal Ministro della difesa Parisi, il 24 gennaio 2007 dal Ministro per l'attuazione del programma di Governo Santagata e infine l'intervento del 30 gennaio 2007 del Ministro della difesa Parisi in Aula della Camera dei Deputati. In ognuno di questi interventi, il Governo ha illustrato sempre una e una sola linea di orientamento, ripetendo quasi alla lettera la stessa esposizione, affidata agli atti parlamentari, che non si può che riproporre negli stessi termini. La linea muove dal riconoscimento dell'esistenza, da parte del Governo americano, di aspettative consolidate, fondate sulla disponibilità manifestata dal precedente Governo, di corrispondere favorevolmente alla richiesta avanzata al riguardo dagli Stati Uniti, questo pur in assenza di impegni compiutamente formalizzati. La formalizzazione di tali impegni era infatti condizionata alla disponibilità di un progetto dettagliato è di un piano preciso di transizione sulla tempistica, sulle azioni da compiere e sui relativi costi. Questa era appunto la formula presente nella prima risposta resa in Aula della Camera dei Deputati dal Vicepresidente del Consiglio Rutelli. Tuttavia, ritenendo non irrilevanti le obiezioni avanzate da parti significative della comunità locale e giudicando di rilievo l'impatto che il nuovo insediamento avrebbe avuto sulla città dal punto di vista urbanistico, sociale e ambientale, il Governo, mentre confermava la compatibilità del progetto con le linee di politica estera e di difesa del Paese, ha ritenuto di procedere alla decisione finale solo sulla base di un pronunciamento esplicito della comunità locale. Questo perché il progetto, pur non
modificando la qualità militare dell'insediamento americano, ne modificava certamente la quantità, con conseguenze sociali, territoriali e ambientali, che riteneva concretamente valutabili solo con il coinvolgimento della comunità locale. Pur nella consapevolezza che la responsabilità ultima della decisione rientrasse nella competenza primaria del Governo, in considerazione della sua attinenza alla politica estera e di difesa, nell'attesa della pronuncia della comunità locale, veniva sospesa la decisione conclusiva; si procedeva, quindi, a coinvolgere e sollecitare gli organi di rappresentanza locale perché esprimessero un giudizio di fattibilità sul progetto di ampliamento stesso per gli aspetti di loro competenza. Tale posizione è stata poi rinnovata in tutte le dichiarazioni ufficiali rilasciate a margine degli incontri che il sottoscritto ha tenuto in questi mesi con le diverse parti coinvolte per illustrare la posizione del Governo; gli incontri con il sindaco di Vicenza Hullweck, con il sindaco di Caldogno, Vezzaro, con una delegazione di cittadini di Vicenza e con esponenti di gruppi parlamentari che avevano chiesto al riguardo delucidazioni. La reiterazione degli argomenti svolti in questi mesi potrebbe quindi esimere il Governo dal riferire posizioni già illustrate e affidate agli atti; il rispetto verso il Parlamento ed il dovere di massima trasparenza verso i cittadini, ed in particolare verso quelli di Vicenza, ci impongono, tuttavia, di ripercorrere le diverse fasi dell'iter relativo alla vicenda. La prima richiesta orientativa da parte degli Stati Uniti perviene al Governo italiano nell'ottobre del 2004; in essa si richiede un'autorizzazione di massima ad utilizzare le infrastrutture e le aree dell'aeroporto Dal Molin, in via di rilascio dall'Aeronautica militare italiana. La richiesta non fa riferimento a progetti di insediamento di nuovi reparti, ma solo all'utilizzo delle stesse da parte delle forze già presenti in quel territorio. Il Ministro della difesa pro tempore, Martino, informato della richiesta dal Capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Di Paola, manifesta il proprio orientamento favorevole, ferma restando, naturalmente, la necessità di svolgere tutti gli approfondimenti relativi. Nel corso del 2005, gli Stati Uniti, dopo aver individuato con maggiore precisione le aree potenzialmente disponibili, perfezionano la richiesta, annunciando, per la prima volta il 22 agosto 2005, l'intenzione di incrementare la loro presenza militare unificando in Vicenza l'intera 173a Brigata aviotrasportata e trasferendo, quindi, nella stessa base la parte dislocata in Germania. Vengono in seguito avviati contatti di natura esclusivamente tecnico-istruttoria tra le autorità militari americane e la Direzione generale del Ministero della difesa responsabile del demanio militare e degli aspetti tecnici infrastrutturali. Alla fine del 2005, la Direzione generale del Ministero della difesa conferma la fattibilità tecnica generale del progetto, ferma restando la necessità di giudicare la progettazione di dettaglio, che avrebbe dovuto ricevere anche il vaglio delle autorità civili regionali in sede di comitato misto paritetico Difesa-Regione. Nel dicembre 2005, il Capo di stato maggiore della difesa comunica il parere tecnico favorevole del Genio Dife al Ministro della difesa, che dichiara perciò una disponibilità di massima all'ampliamento della base. Conseguentemente, l'ammiraglio Di Paola, il Capo di stato maggiore della difesa, comunica tale disponibilità al comandante militare statunitense in Europa, con lettera datata 12 dicembre 2005. Nella stessa, si afferma - ne dò la traduzione in italiano -: «Sono lieto di comunicarle la fattibilità della cosa e la disponibilità delle autorità politiche della Difesa italiana a soddisfare la richiesta degli Stati Uniti». La lettera conclude poi: «È superfluo dire che, per la cessione d'uso della citata zona, è necessario prendere in considerazione tutti i dettagli del piano di cessione e formalizzarli nel quadro dell'accordo tecnico che regola l'uso delle infrastrutture nell'area di Vicenza». È sulla base di questa lettera, di questo documento, che il Governo americano consolida la propria aspettativa sulla possibilità di realizzare il progetto e procede allo studio di fattibilità dello stesso del costo di 10 milioni di dollari. Su questa stessa base si fonda lo stanziamento di oltre 300 milioni di dollari per finanziare la prima fase dei
progetti nel bilancio difesa per l'anno fiscale 2007, secondo le informazioni rese dall'ambasciatore Spogli, con lettera del 24 novembre 2006. A valle della dichiarazione di disponibilità di massima del Governo, di cui alla precedente lettera, nel giugno 2006 il Comitato misto paritetico della regione Veneto esprime, con un solo astenuto, il proprio parere favorevole sul progetto statunitense. Alla riunione partecipa, in qualità di osservatore, anche il sindaco di Vicenza. A questo punto, il Governo, riconoscendo la fondatezza delle preoccupazioni manifestate all'interno della comunità locale in ordine alle problematiche relative all'impatto urbanistico, sociale e ambientale indotte dalla realizzazione del progetto, ritiene di dover coinvolgere più direttamente la comunità locale, rappresentata dai suoi organi istituzionali, con l'obiettivo di acquisire un giudizio di fattibilità fino ad allora mai espresso formalmente in nessuna sede. A tal fine, il Ministro della difesa Parisi, nel settembre 2006 scrive una lettera al sindaco di Vicenza, sollecitando un parere formale da parte dell'amministrazione comunale di Vicenza, richiesta peraltro confermata anche nell'incontro intercorso con lo stesso sindaco, il 16 ottobre scorso. Il 26 ottobre, il consiglio comunale di Vicenza approva un ordine del giorno in cui esprime un parere favorevole all'accoglimento, nel territorio comunale di Vicenza, della 173a Brigata aviotrasportata degli Stati Uniti. L'ordine del giorno approvato pone cinque condizioni, che riferisco testualmente, per opportuna conoscenza: assenza di voli militari connessi con l'attività operativa del reparto USA; esonero dell'amministrazione comunale vicentina da ogni onere economico connesso alla realizzazione tanto degli insediamenti, quanto delle strutture viabilistiche e delle opportune infrastrutture, compresa la realizzazione di opere esterne all'aeroporto Dal Molin e necessarie alla eliminazione di ogni impatto negativo sul piano viabilistico e ambientale, ritenute irrinunciabili ad avviso degli enti locali territoriali competenti; assenza di impatti negativi sull'attività dell'aeroporto civile Dal Molin, con totale mantenimento delle sue potenzialità di utilizzo turistico-commerciale; salvaguardia o realizzazione in altro sito, con oneri di spesa a carico dell'amministrazione degli Stati Uniti, di ogni realtà sportiva oggi esistente all'interno dell'area del Dal Molin e soggetta a trasferimento; impegno da parte dell'amministrazione degli Stati Uniti ad autorizzare prioritariamente e preferibilmente risorse professionali locali nella realizzazione delle strutture previste per l'insediamento. Sempre al fine di coinvolgere le comunità locali interessate, il 14 novembre 2006 la Difesa riceve il sindaco di Caldogno, comune confinante con Vicenza e coinvolto dal progetto di ampliamento della base americana. Riferendosi alla delibera del suo consiglio comunale del 10 agosto 2006, il sindaco manifesta la sua preoccupazione in ordine all'inquinamento acustico e ambientale, alla sicurezza, alla mobilità, alle infrastrutture e ai servizi. Il sindaco chiede, infine, che, qualora l'insediamento militare abbia luogo, il comune sia coinvolto attivamente nella fase di definizione del progetto stesso. In data 15 novembre 2006, in una seduta straordinaria del consiglio comunale di Caldogno, aperta ai cittadini, queste preoccupazioni e richieste sono confermate in una ulteriore delibera. Il 17 novembre scorso, a seguito di notizie apparse sul Giornale di Vicenza - e successivamente confermata dalla stessa autorità statunitense - in riferimento ad una presolicitation notice predisposta da organi tecnico-militari americani, tesa ad avviare il progetto di realizzazione delle strutture idonee ad accogliere la 173a Brigata USA, il Ministero della difesa dichiara, in una nota di agenzia, che tale procedura era priva del presupposto essenziale: l'assenso da parte del Governo italiano. Questo in coerenza con la scelta di sospendere la decisione conclusiva fino al completamento della istruttoria in sede locale, scelta che ha guidato la condotta del Governo, anche in considerazione di notizie relative alla possibile attivazione di una iniziativa referendaria secondo la normativa prevista dall'ordinamento comunale. Il 14 dicembre 2006 l'ambasciatore statunitense Spogli, da me ricevuto, fa tuttavia presente che la ristrettezza dei tempi parlamentari interni
all'ordinamento statunitense rende la risposta da parte del Governo italiano non ulteriormente procrastinabile. A gennaio 2007, infatti, il Congresso avrebbe dovuto deliberare definitivamente lo stanziamento dei fondi per l'ampliamento della base nell'ambito del piano di ridislocazione delle forze statunitensi in Europa. Allo stesso modo, l'ambasciatore Spogli, il 10 gennaio 2007, rinnova la richiesta al Presidente del Consiglio, confermando l'urgenza e, quindi, l'indilazionabilità di tale decisione. Il Presidente del Consiglio, dando riscontro alle ragioni dell'urgenza, assicura una risposta tempestiva una volta sentiti i ministri competenti. Il 16 gennaio 2007, il Presidente Prodi riconosce che i rapporti di amicizia e di cooperazione con gli Stati Uniti impongono una risposta e perciò quella decisione conclusiva era stata fino a quel momento sospesa. Muovendo pertanto dal giudizio di coerenza del progetto di ampliamento con la linea di politica estera e di difesa del nostro paese - giudizio che ha sempre guidato la linea di condotta del Governo - e considerati altresì i deliberati degli organi di rappresentanza locale, il Presidente del Consiglio ha ritenuto di dover confermare la disponibilità a corrispondere alla richiesta avanzata dagli Stati Uniti. A partire da questa decisione, si procederà pertanto alla formalizzazione della cessione d'uso delle aree necessarie alla realizzazione del progetto, dopo aver considerato i dettagli del piano di transizione, nell'ambito degli accordi che regolano la concessione in uso di infrastrutture agli Stati Uniti nel nostro paese. In questo quadro, il Governo ritiene suo dovere vigilare affinché le opere che verranno realizzate siano rispettose delle esigenze prospettate dalle comunità locali, con particolare riferimento all'impatto sul tessuto sociale, sulla viabilità e sulle reti dei sottoservizi. Sarà ugualmente dovere del Governo assicurare la massima vigilanza circa il rispetto degli accordi bilaterali in materia di utilizzo della base stessa per quel che riguarda gli impieghi operativi. Della realizzazione delle opere, così come del loro utilizzo, il Governo terrà informato il Parlamento.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
GIUDITTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a giudizio dell'interrogante, l'istituzione delle Soprintendenze in ambiti territoriali, tra l'altro non corrispondenti con il territorio provinciale, invece di generare una semplificazione ed accelerazione delle attività, registra una complicazione del sistema amministrativo, con conseguenti disfunzioni nelle procedure di emissione dei pareri, carenza di presenza attiva dei funzionari nel territorio e difformità di risposte alle domande che provengono dagli enti locali e dai cittadini;
i tempi per ottenere autorizzazioni ed i pareri previsti dalla legge per avviare un'attività in questo settore superano limiti che in molti casi sono, secondo l'interrogante, intollerabili in quanto sia la provincia di Benevento che la provincia di Avellino dipendono dalle sedi di Salerno e Caserta, facendo così venir meno il criterio dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione delle soprintendenze -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato, alla luce di quanto descritto, ritenga necessario adottare al fine di dotare anche le province di Avellino e Benevento di sedi autonome delle Soprintendenze, per evitare queste disfunzioni in materia di beni e attività culturali ed ambientali.
(4-01035)
Risposta. - Nel Ministero per i beni e le attività culturali è in atto un processo i riorganizzazione degli uffici, alla luce del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, convertito in legge 24 novembre 2006, n. 286.
Nell'ambito di detta riorganizzazione saranno considerate tutte le proposte dirette a migliorare la funzionalità degli uffici, tenendo tuttavia conto delle attuali condizioni di scarsità di risorse umane e finanziarie.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Andrea Marcucci.
GRIMOLDI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 agosto 1991, n. 281 stabilisce che lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente;
l'articolo 2, commi 2, 6 e 9, della legge n. 281 del 1991 precisa che i cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso i canili comunali e i gatti in libertà non possono essere soppressi, se non per malattie incurabili e di comprovata pericolosità;
l'articolo 3, comma 3, della legge n. 281 del 1991 affida alle regioni il compito di adottare programmi di prevenzione del randagismo;
con ordinanza del 26 settembre 2006 il comune di Sesto Fiorentino ha intimato al canile di via del Termine lo smantellamento entro il 27 dicembre 2006;
il canile del Termine, nel quale sono ospitati circa 500 cani e 100 gatti, è una struttura privata che opera grazie al lavoro di volontari e grazie al coordinamento dell'Onlus «Amici del Cane e del Gatto»; grazie alla sua attività, il canile supplisce alla perdurante carenza di strutture pubbliche atte ad accogliere gli animali abbandonati in tutto il territorio fiorentino;
il canile del Termine ha subito, nel corso degli anni, successive ristrutturazioni, volte a garantire agli animali la migliore vita possibile e ad adeguare la struttura alle disposizioni normative regionali vigenti;
l'ordinanza comunale del 26 settembre 2006 non ha specificato dove saranno inviati i cani ed i gatti ospitati nella struttura, considerato che nella zona non vi sono altre strutture adatte a garantirne l'accoglienza, anche solo in forma temporanea;
l'attuazione dell'ordinanza comunale in esame rischia di compromettere il compiuto rispetto della legge n. 281 del 1991 sull'intera area del comune di Firenze e dei comuni limitrofi; gli stessi abitanti della zona hanno sottoscritto in massa la raccolta di firme promossa dall'Unione amici del cane e del gatto in opposizione alla decisione del comune di Sesto Fiorentino;
l'eventuale incremento del randagismo conseguente all'attuazione dell'ordinanza comunale del 26 settembre 2006 potrebbe incidere anche sul rispetto della legge 20 luglio 2004, n. 189, recante disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, che ha introdotto un nuovo Titolo 9-Bis al Codice Penale, dedicato ai «Delitti contro il sentimento per gli animali»-:
se il Ministro della salute non intenda opportuno verificare quali provvedimenti il comune di Sesto Fiorentino e la regione competente intendano adottare al fine di valutare se sussistano i presupposti per una revoca dei finanziamenti eventualmente concessi ai sensi dell'articolo n. 281 del 1991 e se non si ritenga opportuno tener conto di simili chiusure in sede di disciplina della ripartizione del fondo statale tra gli enti interessati.
(4-01589)
Risposta. - Il Ministero della Salute dispone ogni anno la ripartizione, tra le regioni e le province autonome, dei fondi previsti dalla legge 14 agosto 1991, n. 281 «Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo».
Poiché è affidato ai citati enti il compito di disciplinare l'Anagrafe canina e le modalità attuative di riduzione del randagismo e di definire i criteri per la costruzione di rifugi per cani, appare, pertanto, evidente la competenza esclusiva degli enti territoriali nella materia oggetto dell'atto parlamentare.
Relativamente, peraltro, a quanto segnalato dall'interrogante, questa Amministrazione ha provveduto ad acquisire le informazioni necessarie dal competente Dipartimento
della prevenzione dell'Azienda sanitaria di Firenze e dal Comune di Sesto Fiorentino.
Il canile, sotto sequestro giudiziario dal 10 febbraio 2006, esiste da molti anni: nel 1997, il Comune aveva imposto all'associazione la tatuazione di tutti i cani e l'esecuzione di alcune opere, nonché la riduzione, entro il 31 dicembre 1999, del numero degli animali ospitati a 200.
Su richiesta dell'associazione, il 6 aprile 2004 è stata rilasciata l'autorizzazione sanitaria; in conformità al parere del Nucleo insediamenti produttivi dell'Azienda sanitaria 10 di Firenze, che comunque aveva subordinato l'atto autorizzatorio alla presenza massima di 350 animali, raccomandando la sollecita presentazione di un ulteriore stralcio di progetto per la disciplina delle infrastrutture e delle opere primarie di urbanizzazione.
Il 25 ottobre 2005, non esistendo ancora un'anagrafe canina e permanendo una situazione di sovraffollamento del canile in condizioni igienico-sanitarie molto precarie, l'Azienda sanitaria, pertanto, ha proposto la sospensione dell'autorizzazione suddetta, adottata nella stessa data dal sindaco di Sesto Fiorentino, con ordinanza n. 789 del 2005.
Successivamente sono state impartite dall'Azienda sanitaria le disposizioni alle quali l'associazione si sarebbe dovuta attenere per la revoca della suddetta sospensione.
Il 10 febbraio 2006, i Carabinieri del Nas di Firenze, a seguito di sopralluogo, hanno effettuato il sequestro preventivo (convalidato in data 22 febbraio 2006 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze) dell'intera struttura del canile del Termine, rilevando l'assenza dei requisiti igienici minimi e il mancato adeguamento della struttura alle disposizioni imposte, i cui termini erano peraltro scaduti; la custodia giudiziaria è stata affidata al Comune competente.
Il 6 marzo 2006, il diringente del Settore assetto del territorio del Comune di Sesto Fiorentino ha comunicato all'associazione l'avvio del procedimento amministrativo per abuso edilizio.
Il 17 maggio il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze ha emesso un provvedimento con il quale ha affidato la custodia giudiziaria della struttura alla presidente pro-tempore dell'associazione.
In tale provvedimento si precisa che «la semplice predisposizione di un piano di risanamento del canile in oggetto non costituisce elemento idoneo a far venire meno i presupposti del sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria e convalidato da questo giudice» e che «tale struttura dovrà essere dimessa in quanto integralmente abusiva e non sanabile poiché (dagli atti dell'indagine) risulta eseguita in area di rispetto aeroportuale nella quale è inibita la presenza di qualsiasi manufatto edilizio».
Con l'ordinanza n. 646 del 19 settembre 2006, è stata disposta la demolizione dei manufatti abusivi e la rimessa in pristino dei luoghi.
La Provincia di Firenze, con atto dirigenziale n. 3177 del 13 ottobre 2006, ha cancellato l'Unione Amici del cane e del gatto dal Registro regionale del volontariato - Sezione Provincia di Firenze, a causa dell'impossibilità di verificare la regolarità della vita associativa nel periodo 2000-2004, nonché il rispetto della democraticità e della trasparenza gestionale all'interno dell'associazione, data l'assenza di documentazione assembleare o di altro tipo dalla quale si potessero evincere elementi in merito all'approvazione dei conti consuntivi per il periodo suddetto.
Il 10 novembre 2006 l'associazione ha presentato, su richiesta dell'Azienda sanitaria 10 di Firenze, una relazione sulle azioni di bonifica realizzate negli ultimi mesi e un programma di derattizzazione.
Il canile, privato, come, pertanto, sono di proprietà privata gli animali ospitati, accoglieva, al momento del sequestro, 370 cani provenienti, per quanto è stato possibile verificare, non tanto dalle strade della zona, quanto da luoghi diversi, anche da altre regioni italiane; relativamente alla situazione igienico-sanitaria, la competente Azienda l'ha definita precaria per carenze strutturali e per sovraffollamento.
Gli organi istituzionali interessati sulla vicenda hanno assicurato che il benessere degli animali custoditi nel canile è stato ed è uno degli elementi caratterizzanti le azioni intraprese e le decisioni assunte.
Pertanto, prima degli interventi di demolizione, dovranno essere concordate idonee misure per mettere gli animali in sicurezza, pur tenendo presente che gli stessi sono di proprietà privata.
È da escludere che gli animali, al momento della chiusura del canile, vengano lasciati liberi, con conseguente possibilità di riversamento sulle strade: in tale remota evenienza, comunque, il competente Dipartimento della prevenzione della Azienda sanitaria ha assicurato che verrebbero adottate tutte le misure per tutelare anche questi animali, al pari dei circa mille che ogni anno vengono recuperati dal sistema di controllo sviluppato nel tempo tra i comuni della Provincia, l'Azienda sanitaria e le associazioni di volontariato.
In proposito, il Comune di Sesto Fiorentino ha stipulato, in ottemperanza alla legge n. 281 del 1991 e alla legge della Regione Toscana 8 aprile 1995, n. 43 «Norme per la gestione dell'anagrafe del cane, la tutela degli animali d'affezione e la prevenzione del randagismo», una convenzione in data 12 dicembre 2002, attualmente in vigore, con il canile rifugio «Casa marchese» situato nel Comune di Montespertoli, al fine di poter adempiere alle indicazioni di legge in materia di randagismo.
Inoltre, è stato sottoscritto un Protocollo d'intesa, in data 16 gennaio 2006, fra i comuni di Campi Bisenzio, Cadenzano, Sesto Fiorentino e Signa, per la realizzazione di un canile avente le caratteristiche e i requisiti strutturali dei canili rifugio, come previsto dalla citata legge regionale.
La Regione Toscana, oltre al finanziamento previsto dalla legge n. 281 del 1991, al quale il Comune di Sesto Fiorentino non ha avuto accesso, provvede ad erogare contributi per la costruzione o il risanamento dei canili, attingendo al fondo regionale per la prevenzione e la lotta al randagismo; i finanziamenti erogati negli anni 2004-2005 hanno permesso di soddisfare tutte le richieste pervenute dai Comuni e dalle Comunità Montane (allegato 1).
Nel settembre 2006, il Comune di Firenze ha presentato richiesta di finanziamento per la costruzione di un canile che dovrebbe soddisfare il bisogno dell'area fiorentina: il progetto è attualmente all'esame della Commissione tecnica istituita presso l'Assessorato regionale al diritto alla salute.
Pur riconoscendo il valore dell'attività di volontariato finora svolta, la Regione ritiene che il canile del Termine non rivesta un ruolo attivo e specifico nel controllo del randagismo nell'area fiorentina; sono comunque allo studio soluzioni operative nel caso si dovesse giungere alla necessità dello sgombero totale dell'area.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
LEONI e AMICI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Latina, secondo quanto emerso nelle relazioni semestrali al parlamento presentate dalla Direzione investigativa antimafia e secondo la relazione di minoranza della commissione parlamentare antimafia, operano agguerrite consorterie mafiose quali il clan Bardellino, attivo nelle zone di Formia e il clan dei casalesi presente in tutta la provincia;
la relazione conclusiva di minoranza della commissione parlamentare antimafia nella precedente legislatura afferma: «A Fondi, Formia e Gaeta, si è registrata la presenza di nuclei affiliati ad organizzazioni campane e calabresi attivi nel traffico di stupefacenti, estorsioni e riciclaggio: i gruppi familiari Bardellino e Tripodo, i casalesi, i clan casertani Iovine, Schiavone e La Torre. Le loro attività illecite nel corso degli anni hanno provocato il progressivo inquinamento del tessuto sociale. Sono stati riscontrati tentativi di condizionare consultazioni elettorali nelle zone di infiltrazioni in settori della pubblica amministrazione»;
il 24 agosto 2004 un ordigno artigianale danneggiava gravemente il cancello della villetta del consigliere comunale di Forza Italia di Formia (già candidato alla carica di sindaco di Formia) nonché capo di gabinetto del presidente della provincia di Latina Armando Cusani;
il 22 novembre 2004 la Polizia di Stato eseguiva diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di soggetti vicini al clan Bardellino, si trattava dell'operazione «Formia Connection»;
tra gli arrestati risultava Giovanni Luglio - secondo quanto pubblicato da Il Messaggero del 23 novembre 2004 - candidato per An al consiglio comunale di Formia;
nell'ambito della suddetta indagine venivano perquisite le abitazioni di alcuni esponenti politici tra i quali spiccavano - secondo quanto riportato dal quotidiano La Provincia del 23 novembre 2004 - l'assessore provinciale di Latina Silvio D'Arco - delegato alle attività produttive - e appartenente al Nuovo Psi e il consigliere comunale di Minturno Maurizio Faticoni;
il 25 novembre 2004 il quotidiano Latina Oggi pubblicava la notizia relativa ad un sms intercettato il 3 giugno 2004 - proveniente dal cellulare di Massimo Giovanchelli, attuale assessore provinciale all'ambiente di Latina, indirizzato a Giovanni Luglio arrestato nell'ambito dell'indagine «Formia Connection» per associazione a delinquere finalizzata all'estorsione;
il 17 gennaio 2005 il ROS dell'Arma provvedeva ad eseguire un imponente sequestro a carico del clan Bardellino nel Lazio ed in altre regioni;
secondo quanto pubblicato sul La Provincia il 23 novembre del 2004 anche la procura distrettuale antimafia della capitale avrebbe aperto un fascicolo sulle vicende connesse all'operazione «Formia Connection»;
il 5 ottobre 2005 Angelo Bardellino secondo quanto pubblicato da Il Mattino di Caserta veniva rinviato a giudizio per estorsione aggravata;
lo scioglimento del consiglio comunale di Nettuno per accertato condizionamento mafioso, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2005, ha confermato come la criminalità organizzata nel Lazio si sia già infiltrata in una amministrazione locale -:
se i Ministri competenti siano a conoscenza dei fatti suesposti;
quali misure il Governo intenda adottare per contrastare l'espandersi delle iniziative criminali di stampo mafioso nel territorio di Latina.
(4-00807)
LEONI e AMICI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Latina, secondo quanto emerso nelle relazioni semestrali al Parlamento presentate dalla Direzione investigativa antimafia, operano agguerrite consorterie mafiose quali il clan Bardellino, attivo nelle zone di Formia e il clan dei casalesi presente in tutta la provincia;
questa presenza è stata valutata con preoccupazione anche nella Relazione conclusiva di minoranza della Commissione parlamentare antimafia della XIV Legislatura, dove si legge testualmente, «A Fondi, Formia e Gaeta, si è registrata la presenza di nuclei affiliati ad organizzazioni campane e calabresi attivi nel traffico di stupefacenti, estorsioni e riciclaggio: i gruppi familiari Bardellino e Tripodo, i casalesi, i clan casertani Iovine, Schiavone e La Torre. Le loro attività illecite nel corso degli anni hanno provocato il progressivo inquinamento del tessuto sociale. Sono stati riscontrati tentativi di condizionare consultazioni elettorali nelle zone di infiltrazioni in settori della pubblica amministrazione»;
i segnali di una presenza mafiosa, peraltro, erano rilevabili sin dal 1 marzo
2002, quando la Squadra Mobile di Latina eseguiva 9 ordinanze di custodia cautelare a carico di diversi soggetti accusati di associazione a delinquere finalizzata al compimento di estorsioni nel MOF, associazione capeggiata da Carmelo Tripodo dell'omonimo clan calabrese collegato con la criminalità organizzata di Casal di Principe (Caserta), vicenda rappresentata nella Relazione al Parlamento della DIA del secondo semestre 2002;
nella città di Latina, poi, risulta presente la famiglia di nomadi stanziali Ciarelli pesantemente coinvolta nel mercato illegale dell'usura e del racket come attestano le indagini di polizia denominate Cabriolet 1 e 2, nonché alcuni procedimenti di prevenzione patrimoniale attivati presso la competente Autorità Giudiziaria negli anni 2000, 2001, 2002;
in un quadro siffatto non sono mancati gli omicidi: il 7 luglio 2003 in località Capo portiere esplodeva un autobomba che provocava il decesso del pregiudicato Di Silvio;
la grave situazione della criminalità organizzata nel basso Lazio è stata denunciata in un documento presentato alla Commissione parlamentare antimafia dal SILP CGIL, dall'associazione coordinamento antimafia Anzio Nettuno e dall'associazione regionale antimafia Caponnetto;
l'8 marzo del 2005 Il Mattino di Caserta dava conto del suddetto documento, mentre la stampa locale continuamente riferisce fatti e vicende legati alle attività criminali dei gruppi mafiosi presenti sul territorio;
da ultimo, il 2 marzo 2006, la Squadra Mobile della Questura di Latina ha eseguito ordinanze di custodia cautelare a carico di diversi soggetti vicini alla famiglia D'Alterio per una serie di estorsioni compiute nel MOF e per delitti di bancarotta -:
quali misure il Governo intenda adottare per contrastare l'espandersi dell'offensiva criminale di stampo mafioso nel territorio di Latina, segnalata dai fatti suesposti;
se ritengano i Ministri di sollecitare le forze di Polizia ad un programma di attività adeguato al livello dell'aggressione in atto nel Basso Lazio, area geografica oggetto di costante infiltrazione della vicina criminalità campana;
se intendano verificare l'adeguatezza delle risorse materiali e personali assegnate alle forze dell'ordine impegnati a Latina e nel basso Lazio, disponendo l'adozione di un piano di attività volte al rafforzamento degli apparati di contrasto e, in particolare, se ritenga utile e necessaria l'istituzione a Latina di una sezione della Direzione Investigativa Antimafia, con competenza estesa su tutto il basso Lazio.
(4-00996)
Risposta. - La situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella provincia di Latina presenta aspetti peculiari, in quanto il territorio è contraddistinto dalla compresenza, su quattro aree con marcate differenze socio-economiche, di organizzazioni criminali di differente origine:
il Sud-Pontino, specie Formia e Gaeta, è caratterizzato da significative presenze di elementi legati ai vari gruppi della camorra campana, specie del clan dei «Casalesi» (Bardellino, La Torre, Moccia, ex Clan Alfieri);
l'area di Fondi, con uno dei mercati ortofrutticoli più grandi d'Europa, vede la presenza di famiglie legate alle cosche della 'ndrangheta calabrese (Tripodo, Garruzzo, Bellocco, Pesce);
l'area di Latina è segnata da elementi di etnia zingara, radicati sul territorio e dediti all'usura, oltre che da elementi campani legati a clan d'oltre Garigliano;
l'area di Aprilia, che ha raggiunto in pochi anni i 60.000 abitanti, presenta elementi legati alla criminalità calabrese (famiglia Alvaro), esponenti della famiglia Olzai, pastori sardi notoriamente dediti ai
sequestri di persona e delle famiglie Montenero e Tassone, legate al traffico di stupefacenti.
Quanto sopra è dovuto da un lato alla posizione geografica della provincia pontina, confinante a nord con la malavita romana e a sud con aree dove operano clan della camorra campana, dall'altro a una applicazione eccessiva delle misure di prevenzione dell'obbligo di soggiorno, non adeguatamente valutata all'epoca.
Ciò ha comportato, nel corso degli anni '60 e '70, l'indesiderato radicamento di famiglie malavitose di origine campana, calabrese e siciliana, che, sicuramente attratte dalla florida economia locale, ne hanno inquinato il tessuto con l'acquisizione di terreni, fabbricati, esercizi pubblici e, in genere, con l'impiego di capitali di provenienza illecita.
Recentemente, le aggiornate finalità illecite della criminalità organizzata si esprimono con forme di intervento meno visibile, ma comunque non meno pericolose, quali la pratica estorsiva, principale mezzo per condizionare le attività economiche.
Solo a partire dagli anni '80, l'azione di contrasto delle forze dell'ordine ai pressanti tentativi di penetrazione della malavita organizzata nei diversi settori produttivi è andata sempre più affinando, attraverso l'attivazione di strumenti e modalità operative sempre più incisive ed efficaci.
In particolare, si è cercato di coinvolgere, a livello di proficuo scambio informativo, le forze produttive e gli enti pubblici territoriali. Si è giunti a poter monitorare l'acquisizione di residenze, il rilascio e/o la voltura di autorizzazioni, di concessioni edilizie, di licenze, l'acquisizione di beni ed esercizi pubblici, nonché gli appalti pubblici.
Infine, si è data attiva promozione alle misure di prevenzione patrimoniali - rivelatesi uno strumento particolarmente efficace per colpire i profitti della criminalità organizzata - quali i sequestri, con successiva confisca ed utilizzo a fini sociali, di beni immobili in Aprilia, Cisterna, San Felice Circeo, Gaeta e Formia.
Le forze di polizia, costantemente impegnate nell'azione di prevenzione e di contrasto della criminalità, hanno effettuato complesse indagini che hanno consentito numerosi arresti, anche di esponenti di spicco della malavita associata.
Tra le più importanti operazioni si ricordano:
l'operazione «Formia Connection», compiuta nel novembre del 2004, da personale della Squadra mobile di Latina e del Commissariato di Formia, con l'esecuzione di una misura cautelare in carcere a carico di 4 soggetti appartenenti al clan camorristico «Bardellino»;
l'operazione «Baldascini» portata a termine nel febbraio del 2005 dalla Squadra mobile della Questura di Latina, con l'arresto di due esponenti di assoluto rilievo dell'omonima famiglia da anni residente a Latina e legata al clan camorristico dei «Casalesi»;
l'operazione «M.O.F.», compiuta nel febbraio 2006 nell'ambito di un'indagine finalizzata al contrasto dell'infiltrazione mafiosa all'interno del Mercato ortofrutticolo di Fondi. Nel corso di tale operazione la Squadra mobile della Questura di Latina, con l'esecuzione di 8 misure cautelari in carcere, ha disarticolato un'organizzazione criminale dedita alla consumazione di gravi reati contro la persona ed il patrimonio. Il sodalizio, capeggiato dalla famiglia d'Alterio, titolare dell'omonima ditta di autotrasporti, con sede a Fondi (Latina), era riuscito ad imporre un regime di monopolio per la distribuzione di prodotti ortofrutticoli destinati al nord Italia.
Quanto alla presenza delle forze di polizia nella provincia di Latina, si rappresenta che la locale Questura e i Commissariati distaccati dispongono complessivamente - alla data del 1o settembre scorso - di 448 unità di personale dei ruoli operativi, con un lieve incremento rispetto alla previsione organica. Sono inoltre presenti 31 operatori di polizia appartenenti ai ruoli del personale che espleta attività tecnica e scientifica, nonché 51 appartenenti
all'Amministrazione civile dell'interno che, per le esigenze di supporto logistico e amministrativo, contribuiscono alla funzionalità delle strutture.
Oltre che nel periodo estivo, la Questura di Latina si avvale del supporto reso dal Reparto prevenzione crimine Lazio, che, solo nei primi nove mesi del 2006, ha fornito ben 320 pattuglie, per un totale di 960 operatori.
Il Comando provinciale dell'Arma dei Carabinieri, da cui dipendono 5 compagnie e 35 stazioni, ha una forza effettiva di 716 militari, superiore di 82 unità rispetto alla previsione organica.
I servizi preventivi vengono integrati con l'impiego di 10 unità della Compagnia d'intervento operativo dell'8o battaglione Carabinieri «Lazio» che, grazie al particolare addestramento del personale e alla cospicua dotazione di mezzi e materiali, permette di fronteggiare particolari esigenze di controllo straordinario del territorio.
Il Comando provinciale della Guardia di Finanza, può contare su 345 militari, che per le esigenze di contrasto alla criminalità organizzata operano con il supporto del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di Polizia tributaria di Roma.
Come si evince dai predetti dati, il dispositivo delle forze di polizia presente nella provincia di Latina risulta, nel complesso, adeguato e tale da non richiedere ulteriori incrementi.
Al momento, pur non ravvisandosi per lo stesso motivo la necessità della istituzione di una apposita sezione operativa della Direzione investigativa antimafia, si assicura l'interrogante che permane a livelli elevati l'azione di prevenzione e di contrasto della criminalità da parte delle forze di polizia presenti sul territorio.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
LION. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso:
la Commissione europea ha deciso di far effettuare controlli a tappeto su tutte le importazioni di riso provenienti dagli Stati Uniti al fine di verificare la presenza di OGM (organismi geneticamente modificati) vietati. La misura ispettiva sarà proposta al Comitato permanente per il ciclo alimentare di fine ottobre e avrà lo scopo di monitorare in maniera capillare l'esistenza, tra le partite di cereali americani, del riso non autorizzato GM.LLrice601 inviato all'Unione europea;
la vicenda si trascina dal mese di agosto 2006, ma ha assunto rilievi critici ad iniziare dal mese di ottobre quando in seguito a controprove sul riso a grana lunga proveniente dagli USA è stato accertato un livello elevato di grani di riso GM LL 601, pur essendo le spedizioni sottoposte a controllo regolarmente certificate prive del GM vietato;
oltre a sottoporre a controprova per l'OGM LL 601, il riso importato dagli Stati Uniti potrà essere controllato anche per accertare l'esistenza di un altro OGM non consentito, l'LLrice62, segnalato dalla Francia;
nelle more che il Comitato permanente provveda a rendere esecutive le misure di controprova decise dalla Commissione, soprattutto al fine di dare la più totale assicurazione sulla sicurezza alimentare ai consumatori italiani, sarebbe opportuno che le autorità competenti nazionali intensificassero in maniera precisa e capillare i controlli nei punti d'ingresso su ogni partita di riso inviata in Italia dagli Stati Uniti in maniera da garantirne l'assenza degli OGM vietati;
i controtest di cui si discute sono costosi e oltretutto spiacevoli in quanto bisognerà accertare la veridicità della certificazione OGM-free, rilasciata dalle autorità americane, che dovrà ad ogni modo accompagnare le importazioni statunitensi -:
se non intenda allertare e incaricare da subito le autorità sanitarie e doganali competenti affinché procedano ad effettuare controtest nei punti d'ingresso su tutte le importazioni di riso statunitense,
anche se certificato ogm-free, per accertare se vi sia la presenza dell'OGM vietato LL 601 ed eventualmente anche dell'OGM LL 62;
se non intenda ritirare tutte le quantità di riso accertato contaminato e ove ne sussistano i presupposti chiedere un congruo risarcimento dei danni provocati dalla commercializzazione illegale invocando la responsabilità dei titolari del brevetto in ragione dei costi aggiuntivi sostenuti dallo Stato per i controlli anti OGM; (anche ai sensi della decisione della Commissione europea del 23 agosto 2006) nonché per eventuali danni di mercato causati ai nostri incolpevoli risicoltori che a fronte di severi oneri produttivi s'impegnano a garantire l'assenza di OGM nelle proprie coltivazioni.
(4-01435)
Risposta. - Il 23 ottobre 2006 il Comitato permanente sulla catena alimentare e salute animale sezione OGM, ha approvato la decisione comunitaria 2006/754/CE di modifica della decisione 2006/601/CE, concernente i provvedimenti d'emergenza in relazione all'organismo geneticamente modificato non autorizzato LL Rice 601 nei prodotti di riso.
Nell'ambito di applicazione sono state inserite altre varietà di riso, le quali nel corso dei controlli ufficiali predisposti dai Paesi membri sono state riscontrate positive alla presenza di riso OGM: tra queste varietà è compreso il riso paddy a grani lunghi cod. 10061098, la cui positività è stata accertata dal Centro di referenza nazionale per la ricerca di OGM dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana.
Il testo della decisione è stato immediatamente trasmesso dal Ministero della salute alle autorità sanitarie deputate al controllo ufficiale degli alimenti e dei mangimi all'importazione nel territorio nazionale.
Sono state, inoltre, definite ulteriori verifiche all'importazione, secondo le quali gli Stati membri dovranno effettuare controlli analitici su ogni partita di prodotti, anche se accompagnata da un certificato attestante l'assenza del riso denominato LLRICE601.
Allo scopo di armonizzare i controlli effettuati nel territorio comunitario, sono state stabilite le procedure operative per il campionamento delle merci. Il Ministero della salute, attraverso la rete degli Uffici periferici di sanità marittima, area e di frontiera (Usmaf) e con la collaborazione degli Uffici di Dogana per gli aspetti di rispettiva competenza, ha provveduto a dare attuazione alle misure restrittive all'importazione, stabilite dalle suddette decisioni.
Il Centro di referenza nazionale già citato, in qualità di laboratorio che ha condotto le analisi sui campioni di riso di provenienza USA prelevati durante i controlli ufficiali, dispone sia di un metodo di screening per la rilevazione generica di riso geneticamente modificato del tipo Liberty Link (LLRICE601 e LLRICE62), sia di metodi specifici che permettono di distinguere un tipo di riso dall'altro.
Pertanto, la strategia analitica adottata dal Centro è in grado di stabilire se il campione analizzato contenga LLRICE601, non autorizzato, o LLRICE62, in corso di autorizzazione.
Relativamente al ritiro delle quantità di riso riscontrato positivo alla presenza di LLRICE601 sono stati adottati tutti i provvedimenti previsti dalla normativa vigente in materia di controllo ufficiale degli alimenti.
Per gli aspetti di propria competenza, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha comunicato che l'Ispettorato centrale repressione frodi, effettua, nel settore del riso destinato all'alimentazione umana, i dovuti controlli alla commercializzazione, per verificare la corretta etichettatura dei risi immessi al consumo, nonché la loro qualità ed origine merceologica mediante verifiche analitiche.
Nel 2005 sono state effettuate 279 visite ispettive, nel corso delle quali sono stati prelevati 185 campioni, con l'elevazione di 40 contestazioni ed 1 sequestro.
Nei primi 9 mesi del 2006, le visite ispettive sono state 469, i campioni prelevati 69 con 24 contestazioni.
Inoltre, nell'ambito dei controlli programmati nel 2006, è stata prevista anche la verifica dell'etichettatura degli alimenti a
base di mais e soia riportanti in etichetta diciture quali OGM-free, no-OGM; nei primi otto mesi del 2006 sono stati controllati 345 prodotti, con una percentuale di irregolarità dello 0,6 per cento circa.
L'Ispettorato, inoltre, è impegnato nella predisposizione di specifici programmi di controllo, per contrastare l'illecita introduzione nel mercato nazionale di sementi di mais e soia con presenza di OGM.
Relativamente alla richiesta dell'interrogante su possibili forme di risarcimento dei danni provocati dalla commercializzazione illegale di riso geneticamente modificato, si sottolinea in materia l'esclusiva competenza del Ministero sopra menzionato.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
MASCIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 7 giugno 2006, il detenuto poliomielitico e paraplegico, Michele Vitale, che si trova nel carcere di Opera, è stato immotivatamente colpito a calci e pugni da un ispettore e da un agente di polizia penitenziaria;
in data 8 giugno 2006, 43 detenuti del 2 reparto, 3 piano, sezione C, della Casa di Reclusione di Opera, hanno denunciato con una dichiarazione scritta indirizzata al Ministro della giustizia, alla Procura Generale del Tribunale di Milano e al Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria, l'aggressione subita dal detenuto Michele Vitale;
a seguito di tale denuncia, quattro detenuti, tra cui lo stesso Vitale Michele, venivano trasferiti ad altro carcere, mentre, ad altri ancora, si negava l'ora d'aria, l'attività fisica e la doccia tutti i giorni;
in data 19 giugno 2006, l'Avvocato Antonia Parisotto, su segnalazione del proprio assistito, Maurizio Alfieri, uno dei firmatari della denuncia sopra citata, posto in isolamento e trasferito di sezione, inviava a sua volta al direttore dell'istituto di Opera una lettera (sia via fax sia con raccomandata con ricevuta di ritorno) per segnalare la gravità dell'episodio ai danni di Vitale Michele e del clima creatosi successivamente nel reparto;
il direttore reggente della Casa di reclusione di Opera, dottor Antonino Porcino, rispondeva solo il 2 luglio all'avvocato Antonia Parisotto, non fornendo alcuna spiegazione di quanto accaduto;
una seconda denuncia, sottoscritta da 48 detenuti, veniva nel frattempo inviata, in forma di istanza alla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano;
copia della stessa veniva spedita per conoscenza al Magistrato di Sorveglianza, al Ministro della sanità, all'Asl Lombardia, al Garante dei detenuti, al Direttore del carcere di Opera, al Ministro della giustizia e al Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria. In essa, oltre a denunciare nuovamente l'episodio del 7 giugno 2006, si lamentava un generale contesto di ritorsioni da parte della direzione dell'istituto nei confronti dei reclusi firmatari della denuncia. Si segnalava inoltre la presenza, sullo stesso piano del reparto, di un detenuto di circa 80 anni, malato di tubercolosi, posto a diretto contatto con altri reclusi;
a quanto risulta all'interrogante, in data 17 luglio 2006, il detenuto Maurizio Alfieri veniva improvvisamente trasferito alla Casa Circondariale di Monza, senza consentirgli di portare con sé gli effetti personali, ponendolo nella più totale indigenza;
risulta, inoltre, all'interrogante che sino al 26 luglio 2006, il detenuto fosse ancora privo dei suoi effetti personali i quali, come riferito all'avvocato Parisotto dall'ufficio matricola, erano ancora in attesa di spedizione presso la Casa di Reclusione di Milano Opera -:
se sia a conoscenza dell'aggressione subita da Michele Vitale in data 7 giugno 2006;
quali provvedimenti intenda prendere per individuare i responsabili e procedere nei loro confronti sia disciplinarmente che penalmente;
quali siano le ragioni per le quali la direzione del carcere ha adottato misure punitive nei confronti dei detenuti che hanno denunciato l'aggressione subita da Vitale Michele;
quali siano le ragioni del trasferimento di alcuni detenuti del carcere di Opera verso altre carceri;
quali siano le ragioni del trasferimento di Maurizio Alfieri alla Casa Circondariale di Monza e delle modalità con cui è stato effettuato;
quali misure intenda prendere per impedire che portatori di gravi patologie possano compromettere la salute di altri detenuti;
quali provvedimenti intenda prendere per ripristinare nel carcere di Opera un clima positivo fra direzione e popolazione detenuta.
(4-00814)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in oggetto indicata, si rappresenta che il detenuto Michele Vitale, nato a Palermo l'8 luglio 1961, è stato arrestato il 5 novembre 1997 ed associato nella casa circondariale di Palermo «Ucciardone», in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo, quale imputato per i reati di cui agli articoli 73-74-80 decreto del Presidente della Repubblica 309/90 ed altro. Lo stesso è stato rimesso in libertà dalla Casa circondariale di Voghera, in data 13 settembre 2006, per applicazione dell'indulto (legge n. 241 del 2006), avendo riportato una condanna definitiva, per cumulo, con fine pena prevista al 9 giugno 2008.
Per quanto riguarda l'evento del 7 giugno 2006 presso la Casa di reclusione di Milano Opera - Sezione C, 3o piano - si evidenzia che, dalla relazione di servizio dell'ispettore responsabile del reparto, è possibile desumere una diversa dinamica degli avvenimenti che hanno visto il coinvolgimento del detenuto.
Il Vitale - a suo dire nipote del detenuto Perna Giovanni - in tale occasione sarebbe intervenuto «in difesa» dello zio, che, di rientro dall'Ufficio del capoposto ove gli era stato contestato un rapporto disciplinare, aveva iniziato a denudarsi ed inveire contro il personale penitenziario, aizzando la restante popolazione detenuta alla ribellione, al fine di evitare il rientro nelle celle di detenzione.
Il Vitale, unitamente ai detenuti Bernardi Massimiliano, Dalmaggioni Luigi, Mannina Massimiliano ed allo stesso Perna, ingiuriando l'assistente di polizia penitenziaria addetto al piano, ostacolava la chiusura del cancello di sbarramento. Arrivava, inoltre, alle vie di fatto con il suddetto assistente, graffiandolo al viso e colpendolo con un pugno e colpendo, inoltre, alla testa e ad altre parti del corpo un altro assistente, giunto in soccorso del collega.
Solo con l'arrivo sul piano di altri agenti e sottufficiali, fra cui il comandante di reparto, si riusciva a completare la chiusura dei ristretti nelle rispettive celle, evitando il degenerare della situazione.
Al riguardo, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha comunicato che è stato iscritto il procedimento penale n. 28691/06 del Registro generale notizie di reato originato dal rapporto trasmesso il 12 giugno 2006 dal direttore della Casa di reclusione di Opera. L'anzidetto procedimento, iscritto a carico dei detenuti Vitale Michele, Dalmaggioni Luigi, Mannina Massimiliano e Bernardi Massimiliano per i reati di cui agli articoli 337, 582, 576 codice penale è tuttora pendente in fase di indagini preliminari, essendo in corso gli opportuni accertamenti di riscontro.
Il Procuratore della Repubblica di Milano ha anche riferito che, alle prime verifiche, e in difetto di qualsivoglia riferimento soggettivo, non risultano pervenute notizie di reato, né quindi sono state iniziate indagini, in ordine «alla denuncia sottoscritta da 48 detenuti inviata in forma di istanza alla Procura della Repubblica di Milano», menzionata dall'onorevole interrogante.
Solamente in conseguenza dei tafferugli sopra descritti, al fine di ristabilire la sicurezza, l'ordine e la disciplina nella sezione citata, il competente Provveditorato dell'Amministrazione penitenziaria della
Lombardia ha disposto l'immediato allontanamento dei cinque detenuti innanzi menzionati presso altre sedi del distretto. Il loro trasferimento, pertanto, non è stato la conseguenza della denuncia prodotta da 43 detenuti della sezione C per la presunta aggressione subita dal Vitale.
Per quanto riguarda la segnalata presenza nella sezione C di un detenuto ottantenne «malato di tubercolosi», posto a diretto contatto con gli altri reclusi malgrado la patologia che lo affligge, appare opportuno precisare che si fa riferimento a tale Antonio Mandic, nato in Croazia il 13 agosto 1928. Lo stesso ha fatto ingresso nell'istituto di Milano Opera solo in data 26 giugno 2006, per avvalersi delle strutture dell'annesso Centro diagnostico terapeutico, per un approfondimento clinico-diagnostico e messa a punto delle adeguate terapie mediche. Il Mandic era stato segnalato dalla Direzione della Casa circondariale di La Spezia per un rilevato peggioramento delle condizioni generali psico-fisiche e per il riscontro di anemia microcitica sideropenica. Durante la permanenza sono stati registrati episodi di agitazione psicomotoria, disorientamento spaziotemporale, anomalie comportamentali con difficoltà di interazione con altri detenuti, disturbi parzialmente regrediti a seguito di introduzione di terapia neurolettica.
Una radiografia del torace, eseguita in data 27 luglio 2006, è risultata negativa «per lesione pleuroparenchimali a focolaio in atto», e la ricerca di microbatteri nell'espettorato dava esito negativo. Il dato segnalato, pertanto, non ha trovato conferma nei fatti. È, tuttavia, pur vero che il progressivo deperimento organico del detenuto, dovuto ad anoressia ed astenia, ha indotto in data 12 settembre 2006 i sanitari curanti a richiedere l'urgente ricovero presso l'ospedale Niguarda di Milano, dove gli esami ematochimici e l'elettrocaradiogramma eseguiti hanno escluso elementi di pericolo imminente per la vita.
Dimesso per rifiuto a proseguire il ricovero e per l'insistente richiesta di rientrare al carcere di provenienza, a suo dire più consono sotto il profilo climatico, lo stesso Mandic è stato assegnato all'istituto di Genova Marassi, dove si trova dal 7 ottobre 2006 e potrà continuare a fruire delle attrezzature dell'annesso Centro clinico.
Il caso del detenuto Maurizio Alfieri merita una disamina particolare. Lo stesso è stato arrestato una prima volta in data 6 giugno 1994, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Tortona per i reati di cui agli articoli 110, 628, 648 codice penale ed altro. In periodi successivi sono stati emessi nei suoi confronti anche altri provvedimenti restrittivi da parte di varie autorità giudiziarie del nord Italia, che hanno determinato la sua sottoposizione a conseguenti periodi di reclusione.
In atto, l'Alfieri si trova in attesa di giudizio, a disposizione del Tribunale di Pavia, imputato dei reati di cui agli articoli 56, 575, 605 codice penale ed altro. Deve rilevarsi, peraltro, che l'Alfieri, nel corso della sua permanenza negli istituti penitenziari, ha dimostrato scarsa o totale mancanza di adesione alle regole di convivenza con gli altri detenuti e alle norme finalizzate al mantenimento della sicurezza e della disciplina interna alle strutture detentive.
I suoi frequenti trasferimenti da un istituto all'altro, in specie quelli dalla Casa circondariale di Pavia alla Casa di Reclusione di Milano Opera e, in ultimo, in data 19 luglio 2006, da Milano Opera alla Casa circondariale di Monza, dove si trova attualmente, sono scaturiti sempre da comportamenti indisciplinati ed irriguardosi nei confronti del personale penitenziario, mentre l'ultimo caso che lo ha visto coinvolto, di aggressione nei confronti di un altro detenuto, è stato sanzionato con l'esclusione dalle attività in comune per 10 giorni.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MORRONE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
recenti rapporti del CENSIS e dell'Agenzia delle entrate hanno rilevato la
crescita dell'evasione fiscale e del lavoro nero. Dalla stima del CENSIS (Rapporto annuale per il 2005) si desume che la crescita complessiva dei livelli di irregolarità del lavoro (in particolare nel Sud Italia) ha portato l'incidenza del lavoro autonomo irregolare dal 15,7 per cento al 16,2 per cento e di quello dipendente completamente irregolare dal 26 per cento al 27,9 per cento. La stima dell'Agenzia delle entrate registra una crescita dell'evasione pari a più del 6 per cento tra il 2002 e il 2004 (Annuario del 2005);
secondo l'Istat il numero dei lavoratori in nero è di circa 4 milioni, secondo il CENSIS è di 5 milioni;
la percentuale dei lavoratori nelle aziende «sommerse» è aumentata (dal 12,9 al 14,2 per cento del 2005);
se in Italia il numero delle imprese sommerse, ossia totalmente in nero, è diminuito dal 22,3 per cento del totale delle aziende stimato nel 2002 al 9,7 per cento del 2005, è rimasta stabile la percentuale di imprese con manodopera irregolare (23,4 per cento) e di quelle che sistematicamente evadono il fisco (20 per cento);
l'economia sommersa sottrae al fisco italiano circa 200 miliardi di euro l'anno;
l'evasione fiscale va combattuta certamente anche con l'intensificazione dei controlli, visto che con le forze della Guardia di Finanza ed il personale ispettivo ad oggi disponibili, le aziende sono soggette a controlli soltanto ogni 35-40 anni;
l'Inps ha rilevato il calo degli ispettori del lavoro rispetto al numero crescente delle aziende irregolari;
il concorso per 795 posti di ispettori del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2 bandito nel dicembre del 2004 dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha determinato vincitori (795) ed idonei (946);
tali ultimi sono stati collocati nelle graduatorie regionali di partecipazione in attesa di assunzione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno procedere all'assunzione del summenzionato personale idoneo al concorso di ispettore del lavoro, al fine di sopperire alle gravi carenze di organico attualmente in servizio, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003.
(4-00892)
Risposta. - La procedura concorsuale menzionata nell'interrogazione si è conclusa con l'assunzione di tutti gli Ispettori del lavoro risultati vincitori, assegnati agli Uffici operativi - Direzioni regionali e provinciali del lavoro, secondo la ripartizione regionale prevista dai bandi di concorso.
Per quanto riguarda l'assunzione degli idonei, si fa presente che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) all'articolo 1 comma 544 ha autorizzato questa Amministrazione:
a) all'immissione in servizio fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esami, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
Al successivo comma 545, infine, è stabilito che «per l'attuazione del comma 544, a decorrere dall'anno 2007 è autorizzata la spesa annua di 8,5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera a) e di 5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera b).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le notizie apparse sulla stampa in questi giorni sulle intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto personaggi pubblici come Vittorio Emanuele di Savoia e comuni cittadini destano particolare allarme e dimostrano la necessità di una organica revisione legislativa della materia;
la divulgazione di queste notizie è devastante anche per le persone non direttamente coinvolte nelle inchieste e si ripercuote negativamente sulla loro vita di relazione e viola le più elementari regole di diritto alla privacy;
il capitolo di spesa iscritto a bilancio del suo dicastero, secondo i dati disponibili relativamente al 2004, prevedeva un importo complessivo di 263 milioni di euro per l'attività di intercettazione. Quello stesso anno, il Financial Times in Inghilterra ha ritenuto di dar voce allo stupore e all'indignazione dei sudditi di Sua Maestà perché il governo aveva stanziato qualcosa come 9 milioni di sterline (circa 13,7 milioni di euro) nelle attività di intercettazione;
è necessario, quindi, che, senza comprimere il diritto di cronaca e la libertà di stampa sia assicurato il rispetto rigoroso del segreto istruttorio;
solo attraverso la garanzia del rispetto dei rigorosi principi costituzionali e dei diritti dei cittadini si può assicurare un processo giusto e equo come prevede la nostra Carta costituzionale -:
quali iniziative legislative intenda adottare, per garantire il rispetto della privacy dei cittadini siano essi coinvolti o non coinvolti in inchieste giudiziarie e per ridefinire, ove lo ritenga il ruolo del Garante per la protezione dei dati personali valutando la sua eventuale eliminazione visti i costi che esso comporta per i cittadini che pagano e passano ore a firmare documenti che dovrebbero garantire la riservatezza degli atti;
se non ritenga di fornire cifre aggiornate sui costi sostenuti dall'erario italiano per finanziare l'attività del Garante per la protezione dei dati personali per avere il quadro esatto delle somme impegnate, da un lato, per l'attività di protezione dei soggetti rispetto al trattamento dei propri dati personali, dall'altro, per l'attività di intercettazione che mette in pericolo questa medesima riservatezza.
(4-00341)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, il Garante per la protezione dei dati personali ha riferito che la materia cui la stessa si riferisce è stata oggetto di particolare attenzione, sotto molteplici profili.
Sul piano normativo, in tema di diffusione sui mezzi di informazione di notizie relative anche al contenuto di intercettazioni telefoniche legalmente effettuate, trovano applicazione, oltre che le pertinenti disposizioni del codice di procedura penale e le relative sanzioni, anche specifiche regole e garanzie previste dal Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003), volte a contemperare i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all'informazione e con la libertà di stampa (articolo 137 del Codice). Tali garanzie sono ulteriormente specificate negli articoli 5 e 6 del codice di deontologia relativo al trattamento di dati personali in ambito giornalistico (allegato al predetto Codice), i quali garantiscono al giornalista il diritto-dovere di informare su fatti di interesse pubblico, ma solo nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione. In particolare, risulta legittima la divulgazione di dati di rilevante interesse pubblico o sociale solo quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile per l'originalità dei fatti, per la descrizione delle modalità in cui sono avvenuti o per la qualificazione dei protagonisti.
Il quadro normativo attuale - che ogni organismo, compreso lo stesso Garante, è tenuto a rispettare - è, tuttavia, carente sotto il profilo della divulgazione della trascrizione di intercettazioni telefoniche o di dati o notizie ad esse relativi, che possono riguardare cittadini anche non coinvolti
in indagini giudiziarie, in quanto consente un'ampia conoscibilità dei risultati delle intercettazioni medesime.
A tale riguardo, com'è noto, varie iniziative legislative, anche del Governo, stanno affrontando tale problematica, anche in relazione ad altri aspetti strettamente connessi (modalità e tempi della cosiddetta discovery degli atti di indagine; stralcio delle intercettazioni non rilevanti; disciplina del segreto delle indagini, eccetera).
A tale proposito, infatti, si rammenta che il problema delle intercettazioni telefoniche non autorizzate e la pubblicazione delle stesse è stato avviato a soluzione con il decreto-legge n. 259 del 22 settembre 2006, recante «Disposizioni per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche», convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2006 n. 281.
In ordine a tale complessa tematica, inoltre, è stato presentato dal Governo alla Camera dei deputati il disegno di legge n. 1638, assegnato alla Commissione giustizia il 19 settembre 2006 e, al momento, all'esame dell'Aula, volto a ridefinire la delicata e complessa materia ed ispirato dal triplice obiettivo di contemperare le necessità investigative, assicurare ai cittadini la libertà di essere informati in ordine a vicende giudiziarie di pubblico interesse e garantire il diritto degli stessi a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento.
Per quanto riguarda, poi, i costi delle intercettazioni telefoniche, nel far presente che i dati concernenti il primo semestre del 2006 non sono ancora disponibili, si fa presente che nell'anno 2003 il fenomeno delle intercettazioni ha riguardato 77.615 bersagli, con fatture per intercettazioni, acquisizione di tabulati e noleggio apparati pari complessivamente a 255.883.813 euro.
Nell'anno 2004, per un totale di 93.054 bersagli, si è sostenuto un impegno economico complessivamente pari a 263.543.563 euro.
Nell'anno 2005 le intercettazioni hanno riguardato 100.393 bersagli, con fatture per intercettazioni, per acquisizione di tabulati e per noleggio di apparati complessivamente pari a 307.346.676 euro.
Le disposizioni previste dal citato disegno di legge n. 1638, prevedendo un accentramento delle operazioni di intercettazione a livello distrettuale, comporteranno notevoli risparmi di spesa.
Il fenomeno delle intercettazioni telefoniche è stato oggetto, altresì, di un'indagine conoscitiva presso la Commissione giustizia del Senato, che, nel suo documento conclusivo, nell'esprimere generale apprezzamento per l'attività svolta dal Garante in tale settore ha, tuttavia, auspicato un intervento normativo che potenzi gli strumenti ispettivi e sanzionatori a disposizione dell'Autorità, anche adeguandone i mezzi e le risorse.
In relazione a vicende simili a quella oggetto dell'interrogazione, il Garante ha riaffermato in più occasioni i principi che regolano la pubblicazione delle trascrizioni di intercettazioni telefoniche lecite, segnalando ai giornalisti e agli editori la necessità di operare con il massimo senso di responsabilità nel valutare, con scrupolo, l'essenzialità della notizia; ha altresì stigmatizzato l'attività di alcune testate giornalistiche che non avevano osservato i limiti della libertà di cronaca, anche inibendo la pubblicazione di alcuni brani di natura privata di conversazioni telefoniche.
In particolare, l'Autorità, con un provvedimento generale adottato il 21 giugno 2006, ha ribadito e sviluppato i principi ispiratori dell'attività giornalistica rispetto alla pubblicazione di documenti coperti in tutto o in parte da segreto, con particolare riguardo alle trascrizioni di intercettazioni telefoniche. Nel provvedimento il Garante ha, inoltre, richiamato le prescrizioni vincolanti per tutti i mezzi di informazione nei casi in cui notizie e documenti possono, secondo la legislazione vigente, essere conosciuti anche da soggetti estranei al processo. Nell'occasione l'Autorità ha altresì riaffermato analiticamente i principi dell'essenzialità dell'informazione, dell'interesse pubblico di conoscere i fatti, del dovere di rispettare sempre la dignità e la sfera sessuale delle persone, dell'obbligo di prestare la dovuta attenzione ai minori e alle famiglie incolpevolmente coinvolte.
Occorre sottolineare che tali prescrizioni sono rivolte sia agli editori, in quanto titolari del trattamento, sia ai giornalisti, ciascuno per il rispettivo ambito di competenza, e che la violazione di un provvedimento di blocco del trattamento dei dati o di un divieto di pubblicare ulteriormente informazioni disposti dal Garante, anche in attuazione del provvedimento generale descritto, può comportare, ai sensi dell'articolo 170 del Codice, sanzioni di natura penale (reclusione da tre mesi a due anni).
Successivamente, in seguito all'apertura da parte della magistratura di un'inchiesta nella quale è emerso che un numero imprecisato di cittadini sarebbero controllati illegalmente, il Garante ha richiamato tutti coloro che possono venire a conoscenza di informazioni personali desumibili da tali forme abusive di controllo - e quindi anche i giornalisti - al rigoroso rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini che in questa vicenda sono vittime di reati gravissimi, ribadendo le prescrizioni contenute nel menzionato provvedimento del 21 giugno 2006 (comunicato stampa del 21 settembre 2006).
L'Autorità è intervenuta anche sul fronte della sicurezza delle informazioni registrate in banche di dati e sulla problematica degli accessi abusivi a tali archivi, segnatamente ove si tratti di banche di dati di grandi dimensioni o nelle quali sono registrate informazioni di particolare delicatezza, avviando un'intensa attività ispettiva nei confronti di vari gestori dei servizi di telefonia per acquisire informazioni sulle modalità di conservazione e gestione dei dati di traffico.
L'Autorità è poi tornata sull'argomento a seguito di un grave caso, sottoposto alla sua attenzione mediante ricorso, relativo ad un'indebita consultazione di tabulati telefonici di un abbonato e alla loro illecita comunicazione. All'esito degli accertamenti, il Garante, nell'accogliere il ricorso dell'interessato, ha impartito specifici obblighi a Telecom Italia S.p.a., anche allo scopo di garantire la massima sicurezza dei dati di tutti gli abbonati e, più in generale, ha prescritto alla società misure tecniche a protezione dei dati contenuti nei tabulati volte a rendere sicuro, trasparente e controllato l'accesso ai data base.
In merito al primo quesito posto dall'interrogante, si fa presente che non risultano attualmente allo studio del Ministero della giustizia iniziative legislative volte a ridefinire il ruolo del Garante per la protezione dei dati personali o dirette alla sua abolizione.
A tale proposito, peraltro, il Garante per la protezione dei dati personali, nel ritenere di non dover commentare la prospettazione dell'interrogante secondo la quale la normativa in materia di protezione dei dati personali si risolverebbe sostanzialmente, invece che in forme di garanzia e di tutela per i diritti delle persone, in costi per i cittadini, si è rammaricato che istituti come l'informativa e il consenso dell'interessato al trattamento dei propri dati personali siano analizzati in maniera così riduttiva, trattandosi, viceversa, di istituti che danno significativi frutti sul piano della trasparenza del trattamento medesimo, per l'autodeterminazione informativa dei cittadini e per l'esercizio dei loro diritti.
Sotto altro aspetto, corre l'obbligo di sottolineare che l'istituzione del Garante per la protezione dei dati personali corrisponde ad un obbligo previsto specificamente dall'ordinamento comunitario. La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 46 del 1995 già in premessa dichiara, infatti, essenziale, nella prospettiva della tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati che le riguardano, la designazione in ciascuno Stato membro di una (o più) autorità di controllo. L'atto comunitario, poi, afferma che ad esse va garantita la piena indipendenza nell'esercizio delle funzioni (28, par. 1).
In attuazione di tale normativa, la legge 31 dicembre 1996, n. 675, ha attribuito al Garante importanti compiti a garanzia dei diritti dei cittadini, che spaziano dall'attività di informazione a quella di controllo e ispettiva, sino alla possibilità di adottare, anche d'ufficio, misure ed accorgimenti a garanzia dei diritti fondamentali che si sostanziano in provvedimenti suscettibili di incidere sulle situazioni giuridiche delle persone e che sono supportati, in alcuni
casi, anche da sanzione penale. Il Garante svolge, poi, una funzione di tutela dei diritti dei cittadini, esaminando reclami, segnalazioni e ricorsi, ed esercita poteri prescrittivi e inibitori per ricondurre il trattamento dei dati a liceità o correttezza o per vietare il trattamento o disporne il blocco, qualora il trattamento stesso rischi di pregiudicare i diritti degli interessati.
Tali compiti sono stati ulteriormente precisati dal Codice in materia di protezione dei dati personali e proprio in esplicazione di essi l'Autorità ha potuto, ad esempio, svolgere la descritta attività a garanzia degli interessati nel settore della divulgazione di dati e dell'informazione giornalistica.
In merito, infine, alla quantificazione dei costi sostenuti per finanziare l'attività del Garante per la protezione dei dati personali, nel premettere che detto aspetto esula dalle competenze del Ministero della giustizia, lo stesso Garante ha sottolineato che nella legge finanziaria sono riportati gli stanziamenti previsti per legge per il funzionamento delle autorità indipendenti.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
OSVALDO NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
considerate le recenti iniziative militari delle forze statunitensi contro le basi terroristiche di Al Qaeda dislocate in Somalia;
considerata la presenza sul territorio della Somalia di forze militari del governo etiopico;
considerata l'assenza di una valutazione politica da parte dell'Unione europea sui combattimenti in corso in tutto il sud della Somalia;
alla luce del giudizio espresso dal Ministro degli esteri, on. D'Alema, che ha definito «unilaterali» le azioni militari degli Stati Uniti contro le basi terroristiche di al Qaeda;
alla luce dello stesso giudizio reiterato dal presidente del Consiglio;
considerata la reazione degli altri governi europei che hanno limitato il loro giudizio all'espressione di una «preoccupazione» per gli sviluppi militari della situazione in Somalia -:
se il Governo italiano ritenga:
di attivarsi in tempi rapidi presso l'Unione europea per sollecitare l'assunzione di una comune iniziativa nel Corno d'Africa;
di sollecitare gli altri governi europei affinché, concordata una comune posizione, l'Unione europea si attivi presso il Consiglio di sicurezza affinché siano intraprese immediate iniziative diplomatiche;
di valutare, una volta raggiunta una tregua fra le forze in campo, di avviare in sede europea un'iniziativa militare a fini umanitari per portare sollievo e aiuto alla popolazione civile, la più esposta e colpita dagli scontri in atto.
(4-02141)
Risposta. - Il Governo italiano è attivamente impegnato, in tutte le sedi internazionali, per favorire una rapida soluzione della crisi somala, attraverso l'attivo coinvolgimento della comunità internazione, del gruppo di contatto ad hoc sulla Somalia, dell'Unione Europea e del Consiglio di sicurezza.
Il Governo italiano ha operato nella fase di preparazione e di realizzazione della Conferenza nazionale di riconciliazione nazionale di Nairobi conclusasi alla fine 2004, e quindi nel periodo in cui era decisivo sponsorizzare la legittimità della Carta Costituzionale e delle autorità transitorie (Presidenza, Governo e Parlamento) che da essa sono derivate. In tale ottica abbiamo ricevuto nel novembre del 2005 a Roma il Primo ministro Ghedi, nonostante le perplessità di alcuni dei nostri partner che allora propendevano per il Presidente del Parlamento, per spronarlo nella sua iniziativa di dialogo avviata a Mogadiscio con i signori della guerra e lo stesso speaker.
Abbiamo continuato a seguire la stessa linea dopo la sconfitta dei signori della guerra (coalizzatisi nell'alleanza per la pace e la lotta al terrorismo) ad opera dell'Unione delle Corti nel giugno 2006, quando si è dovuto realisticamente prendere atto della nuova realtà politica che si era conseguentemente creata e della necessità di non far venir meno l'appoggio alle legittime Autorità transitorie, malgrado la loro obiettiva debolezza in termini di consenso e di rappresentatività.
Dopo il ribaltamento della situazione prodottosi con la vittoria delle Autorità transitorie sulle milizie dell'Unione conseguita con il determinante sostegno delle truppe etiopiche alla fine del 2006, abbiamo parimenti operato perché quella dinamica possa aprire una concreta finestra di opportunità per il paese. E ciò al di là delle puntuali valutazioni espresse su specifici snodi che hanno marcato l'intervento militare etiopico e gli attacchi americani contro presunte cellule di Al Quaida.
I risultati della nostra azione sono emersi in tutta evidenza nelle direttrici di fondo convenute nella riunione di Bruxelles del 3 gennaio dei membri europei del gruppo internazionale di contatto e quindi in quella del 5 gennaio a Nairobi dell'intero gruppo (Italia, Norvegia, Regno Unito, Svezia, Stati Uniti, Tanzania, IGAD, Lega Araba, Nazioni Unite, Unione Africana). Nella loro elaborazione è stato infatti riconosciuto l'incisivo ruolo italiano che si è quindi riflesso in sede CAGRE del 22 gennaio. In estrema sintesi tali direttrici approvate dai Ministri si sostanziano:
nella necessità di avviare un processo di riconciliazione nazionale che muova dalla ricostituzione della triade delle Autorità transitorie (Presidenza, Governo e Parlamento) e prosegua lungo un approccio di dialogo inclusivo che comprenda le diverse componenti della società somala, ivi comprese quelle religiose;
nel dispiegamento di una forza di pace africana a sostegno di tale processo;
nella riattivazione degli aiuti umanitari cui l'Italia ha immediatamente partecipato.
In ambito Nazioni Unite, l'Italia, in qualità di membro non permanente del Consiglio di sicurezza sta attivamente lavorando affinché il Consiglio di sicurezza possa pendere al più presto una chiara posizione sulla situazione in Somalia. Una dichiarazione alla stampa del Consiglio di sicurezza è stata approvata all'inizio del mese di febbraio e l'Italia sta negoziando affinché i contenuti di tale dichiarazione facciano stato dell'importanza della ripresa di un dialogo inclusivo tra le parti e del coinvolgimento della comunità internazionale per risolvere la crisi umanitaria. Nelle prossime settimane continueremo a lavorare in stretto raccordo con gli altri membri europei del Consiglio di sicurezza per negoziare con gli altri membri del Consiglio di sicurezza, il testo di una nuova risoluzione che recepisca l'evoluzione della situazione ed autorizzi il dispiegamento di una missione dell'Unione africana.
Da parte nostra, oltre ad assicurare il sostegno alla missione, abbiamo riconfermato l'impegno ad organizzare a Roma, assieme alla Svezia, la conferenza internazionale dei donatori non appena le condizioni lo permetteranno.
Si può pertanto constatare come l'Italia si sia mossa non solo in maniera coerente ed univoca, anche quando la comunità internazionale era divisa sul sostegno da dare alle Autorità transitorie, e come abbia ispirato la propria azione alla ricerca della più ampia convergenza internazionale per propiziare il ritorno della Somalia ad una situazione di normalità che permetta l'avvio del processo di consolidamento dell'assetto istituzionale.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
PELLEGRINO, FUNDARÒ, LION, CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro della salute e al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che si siano verificati recentemente, in varie parti d'Europa, numerosi casi di anemia infettiva equina;
in Italia risulterebbero già presenti 13 focolai in varie Regioni ed hanno portato alla morte di alcuni puledri;
in Toscana opera una società autorizzata dal Ministero della salute alla produzione di sangue e derivati per la produzione di plasma destinato all'uso esclusivamente in vitro;
in questi giorni si associa l'esplosione della malattia, che spesso è mortale per il cavallo in varie parti di Europa, all'incrocio evidentemente del tutto illegale di un traffico di plasma derivante da salassi, di cavalli destinati al macello, provenienti dalla Romania (paese in cui l'anemia infettiva equina è considerata endemica) e che pare sia la fonte principale da tale spregevole traffico;
risulta altresì che il Ministero della salute abbia già attivato i competenti assessorati regionali alla sanità e che sono in corso numerose verifiche, rilevando che se questi dati fossero confermati saremmo di fronte ad una situazione di grave pericolo per tutto ciò che riguarda il mondo del cavallo, sia in ambito agonistico, sia in ambito amatoriale;
in Italia ormai da 10 anni è stato sospeso il test di Coggins unico strumento per valutare la positività di eventuali animali infetti -:
se non ritenga indispensabile adottare un provvedimento urgente di controllo sanitario, se del caso una specifica direttiva, volto a limitare l'accesso in Italia ai soli animali dotati di libretto di riconoscimento e dei risultati del test di Coggins;
se non intenda riattivare i test di Coggins così come effettuato fino al 1994, su tutti gli allevamenti di cavalli, associazioni di razza, circoli ippici, ippodromi, maneggi e agriturismi,
se non sia necessario ed inderogabile attivare immediatamente l'anagrafe equina.
(4-00933)
Risposta. - Si risponde all'atto parlamentare, sulla base degli elementi di esclusiva competenza del Ministero della salute.
Accesso in Italia degli equidi: le importazioni di equidi dai Paesi terzi nell'Unione europea, e quindi in Italia, sono disciplinate da apposita normativa di derivazione comunitaria; è un settore interamente armonizzato in ambito comunitario, e tutte le misure restrittive vengono adottate, se ritenuto necessario, dalla Commissione europea.
Relativamente ai cavalli provenienti dalla Romania, la citata Commissione ha adottato, a partire dal 2005, una specifica decisione che prevede che ogni partita di equidi a destino venga sottoposta da parte dei Servizi veterinari delle Ausl a controlli documentali, d'identità (lettura del microchip) e a prelievi di sangue per l'effettuazione di esami sierologici di controllo, in particolare per l'anemia infettiva. In ogni caso tra i requisiti di ordine sanitario richiesti dal provvedimento comunitario è inclusa la preventiva esecuzione per gli animali, prima della loro partenza, del test di laboratorio (Coggins), idoneo a verificare l'assenza dell'infezione dal virus dell'anemia infettiva degli equini.
Si sottolinea che per l'Italia vengono importati dalla Romania soltanto equidi da macello i quali, proprio perché destinati direttamente alla macellazione, non possono certo rappresentare un concreto rischio per la diffusione della malattia.
Riattivazione del test di Coggins: le caratteristiche della malattia, i pattern di trasmissione, nonché la prevalenza osservata in Italia negli ultimi anni, hanno evidenziato l'inefficienza, ai fini della sorveglianza e del controllo dell'infezione, del piano di monitoraggio della popolazione equina effettuato su base campionaria.
Pertanto, è attualmente alle valutazioni del Ministero della salute uno schema di provvedimento, da concertarsi con le regioni e province autonome nonché con le associazioni ed enti ippici, che introduce sul territorio nazionale un piano di sorveglianza straordinario su tutti gli equidi, finalizzato ad ottenere il monitoraggio ed un quadro epidemiologico generale; detto
piano prevede, tra l'altro, l'effettuazione obbligatoria su tutti gli equidi delle prove diagnostiche per l'anemia infettiva (Coggins test).
Anagrafe equina: si condividono, secondo quanto richiesto nell'atto parlamentare, la necessità e l'urgenza dell'attivazione dell'anagrafe equina e si sottolinea che la legge 1o agosto 2003, n. 200, di conversione del decreto legge 24 giugno 2003, n. 147 recante «Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali» all'articolo 8, comma 15, dispone che, sulla base delle linee guida e dei, principi stabiliti dal Ministro delle politiche agricole e forestali, l'UNIRE organizza e gestisce l'anagrafe equina nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).
Nonostante il profilo di urgenza che giustificò l'adozione del decreto-legge, solo con l'attuale compagine governativa, è stato emanato il decreto del suddetto Ministro, di concerto con il Ministro della salute, in data 5 maggio 2006 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 2006, con il quale sono stabilite le linee guida alle quali deve uniformarsi l'UNIRE per l'organizzazione e gestione dell'anagrafe equina. Il decreto non è ancora applicabile sotto il profilo tecnico, richiedendo la definizione del manuale operativo la cui emanazione è prevista entro 180 giorni dalla pubblicazione del decreto citato (articolo 6, comma 2).
Va, inoltre, precisato che qualsiasi provvedimento di natura sanitaria, anche se emanato in tempo utile dal Ministero della salute, sarebbe di fatto inapplicabile in mancanza dei presupposti per una corretta identificazione e registrazione delle aziende e degli animali.
Verifiche e certezza sul consumo di carne equina: anche se l'anemia infettiva non ha implicazioni zoonosiche, nel caso l'equide sia destinato al macello, deve essere scortato da idoneo certificato sanitario ed essere sottoposto dal veterinario ufficiale a visita ante e post-mortem, finalizzate entrambe, tassativamente, ad escludere l'ammissione al consumo umano di carni non salubri.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
PELLEGRINO, LION, CAMILLO PIAZZA e TREPICCIONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
le pagine dei quotidiani di questa prima decade di settembre riportano il caso di «Maria» la piccola Bielorussa, pare di 10 anni, che più volte era venuta nel nostro paese ospite di una famiglia, per poi tornare in patria dove rinchiusa in un orfanotrofio aveva subito delle «inaudite violenze»;
da qui la decisione degli affidatari che la ospitavano di non riconsegnarla a chi l'avrebbe fatta salire su un aereo e riportata via;
certamente la vicenda è diversa dal solito «dramma» conosciuto da chi ogni giorno si trova ad operare nei casi di famiglie che si lacerano, o di figli che vengono negati all'altro «perché così impara...». Il caso di «Maria» merita una considerazione in più;
in tal senso giova alla concreta comprensione della vicenda riportare alcune considerazioni fatte da operatori della giurisprudenza che hanno nella materia della tutela dei diritti dei minori e del diritto della famiglia una puntuale competenza, tra cui il presidente del circolo psicogiuridico di Roma, che nel merito afferma «Se è vero che in tutta Italia il lavoro dei Tribunali dei Minorenni è reso difficilissimo dal carico immenso di lavoro, tanto che noi stessi, ci troviamo a dover giustificare ai nostri assistiti dei ritardi spesso "ingiustificabili" con una sincera e convinta comprensione per la mole di lavoro degli uffici guidiziarii minorili, allora "come mai" per un caso così delicato dove è in ballo una minore "senza la famiglia di origine" e quindi senza che i suoi veri e naturali genitori se ne possano occupare o richiederla a casa, perché Maria non ha una casa (se non quella che per pochi mesi all'anno le hanno dato i suoi "genitori ospitanti"), "come mai se" le accuse di violenza subita hanno avuto riscontri importanti tanto da far emettere, al medesimo
Tribunale dei Minorenni, un provvedimento di affidamento ai servizi sociali del Comune ove la piccola si trovava ospite, "come mai se" Maria non è richiesta indietro se non da Uffici, Funzionari, Consoli ed Ambasciatori ma, certo da nessuno che le abbia mai fatto una carezza, "come mai" proprio in questo caso è arrivata così "fulminea" la decisione di autorizzare il rientro della bambina in paese dove "Maria" non ha nessun affetto. Se dovessimo, dalle pagine di questo periodico, richiedere ai Colleghi di farci per tutta Italia un calendario dei tempi medi di attesa dei Provvedimenti dei Tribunali dei Minorenni, sono certo che "il tempo di attesa" di questo caso stupirebbe più di un osservatore. Vi sono mille modi, soprattutto non scritti, per tutelare un minore dagli abusi e dalle violenze.
Non sta a me indicare cosa i giudicanti avrebbero potuto fare, in quanto la loro esperienza non ha bisogno di consigli, ma qui non è della cultura giuridica che si nota la mancanza, ma di quella attenzione che vuole che nessuno possa vedere un bambino sparire verso un luogo dove non troverà nulla che lo sappia accogliere ed amare».
la vicenda di Maria rientra in un fenomeno degli affidi temporanei di ragazzi della Bielorussia ormai molto conosciuto in Italia e che non pochi problemi provoca nella società e soprattutto presso le istituzioni che lo gestiscono;
Maria fa parte del gruppo di bambini che da anni vengono inviati dagli istituti della Bielorussia in Italia per periodi di «vacanza» che durano anche due/tre mesi per curarsi (probabilmente dalla solitudine che attanaglia questi piccoli tutti costretti a vivere in istituti);
la fanciulla era già venuta in Italia altre volte ed era ospite della medesima famiglia, ma quest'anno i due «genitori» avevano deciso di fare una festa ed avevano invitato anche un altro bambino Bielorusso, che Maria conosceva per essere anche lui ospite del medesimo istituto;
i piccoli hanno subito manifestato fastidio nell'incontrarsi ed alle domande dei grandi Maria, questa volta, ha trovato il coraggio di confidarsi e di denunciare le violenze subite;
dal suo racconto emerge che l'altro bambino era costretto dai più grandi dell'istituto ad abusare di lei, e poi i più grandi proseguivano nelle loro torture (sembra che a Maria abbiano spento delle sigarette tra le gambine!!);
di questi fatti la famiglia di Oneglia informava il Tribunale dei minori di Genova che emetteva un provvedimento di affido ai servizi sociali del Comune e disponeva una perizia medica che confermava la denuncia;
di contro si metteva in moto la «diplomazia» Bielorussa che richiedeva la «restituzione» della piccola, perché terminato il periodo di «affido temporaneo» non vi erano altri motivi per restare in Italia per Maria, solo genericamente dichiarando che la piccola non avrebbe fatto ritorno nell'istituto incriminato;
i genitori «temporanei» di fatto hanno rifiutato di eseguire l'ordine di restituzione del Tribunale di Genova emesso in maniera inusualmente tempestiva;
ogni intervento effettuato sembra aver avuto come principio ispiratore l'osservanza formalistica delle procedure e del rispetto delle competenze, ma purtroppo non sembra siano state date le prioritarie osservanze al principio del superiore interesse del minore, che norme nazionali e Convenzioni internazionali, segnatamente la legge 27 maggio 1991, n. 176 che ratifica e dà esecuzione alla convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, nonché, quali norme che fissano i principi sulla protezione dei minori, la legge 20 marzo 2003, n. 77 relativa alla ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, e la legge 20 marzo 2003, n. 77 concernente ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli,
fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, esplicitamente prescrivono -:
se nell'ambito dei rapporti con lo Stato della Bielorussia non sia opportuno e necessario verificare, come sostenuto da cattedratici di neuropsichiatria infantile, che il recupero della piccola in istituti sia letteralmente «impossibile», e, in tale direzione, dal momento che a Maria si vuole al contrario assicurare il recupero dalla violenza subita presso un istituto in Bielorussia, non sia più corretto effettuare lo stesso recupero in un ambito familiare confacente;
se, sempre in tale ambito, nella vicenda si stia tenendo conto del superiore interesse del minore, anche alla luce del fatto che Maria non è richiesta in patria dalla propria famiglia di origine.
(4-00953)
Risposta. - In ordine ai quesiti posti nella interrogazione in esame, si fa presente, per la parte di competenza, quanto segue.
Preliminarmente occorre precisare che il fenomeno dei minori accolti riguarda mediamente oltre 30.000 ingressi, che interessano associazioni e famiglie per soggiorni temporanei a scopo umanitario. Il fenomeno nasce ed è andato aumentando negli anni grazie alla spinta solidaristica della società civile, organizzata in associazioni, che tanto hanno fatto e continuano a fare per i bambini del mondo.
Tra i minori stranieri accolti temporaneamente in programmi solidaristici di accoglienza si nota una maggiore entrata di minori bielorussi, infatti il flusso di ingressi per soggiorno temporaneo provenienti da tale Paese (circa 27.000 all'anno) è decisamente più ampio rispetto a quello degli altri paesi coinvolti nel fenomeno (esempio Ucraina 5.500 minori all'anno). Sono minori che possono provenire da istituti, in quanto orfani o privi di genitori che esercitano la potestà, oppure da famiglie.
Il tipo di soggiorno in Italia si caratterizza in prevalenza come forme di accoglienza presso famiglie (circa il 70 per cento) mentre solo un 30 per cento di minori viene accolto in Italia, in strutture spesso messe a disposizione dagli enti locali.
Da tale fenomeno è scaturita l'esigenza di trovare un punto di incontro tra l'attività delle associazioni e i compiti regolatori delle istituzioni, al fine di consentire uno sviluppo adeguato del fenomeno, capace di prevenire quei residuali ed eventuali fattori di rischio che possono annidarsi in una materia così complessa e delicata.
A questo scopo, con il decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, testo unico sull'immigrazione (articolo 33), è stato istituito il Comitato per Minori Stranieri i cui compiti sono regolati dal Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535. Tale organo si occupa dei minori stranieri non accompagnati e dei minori stranieri accolti.
La competenza del Comitato per i Minori Stranieri riguarda la gestione dei programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie ed ha il compito primario, previsto dagli articoli 8 e 9, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 535 del 1999, di definire i criteri di valutazione delle richieste, presentate dalle associazioni, per l'ingresso e il soggiorno in Italia di tali minori, valutando l'affidabilità del proponente, la validità dell'iniziativa, nonché l'affidabilità del referente estero.
Dagli studi effettuati dal Comitato, come già esposto in precedenza, emerge che i minori provengono soprattutto da Paesi quali la Bielorussia e l'Ucraina ed entrano in Italia con programmi organizzati da circa 300 associazioni, dislocate su tutto il territorio nazionale, per un totale di circa 1.500 progetti.
In particolare, per quanto riguarda la bambina Maroz Viktoryia, nata in Bielorussia il 25 maggio 1996, è necessario ricordare che è entrata in Italia, nell'ambito di un programma solidaristico di accoglienza temporanea presentato dall'associazione Puer, approvato dal Comitato per i minori stranieri. Durante il soggiorno in Italia la famiglia ospitante ha segnalato alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Genova che la minore avrebbe subito violenze fisiche, psichiche e sessuali nell'internato dove è ospitata in Bielorussia.
Il Tribunale per i minorenni di Genova, dopo aver disposto il 16 agosto 2006 l'affidamento della minore al comune di Cogoleto (ove risiede la famiglia ospitante), per il tempo occorrente ai necessari accertamenti sanitari, in data 6 settembre 2006 ha disposto il rientro in patria della bambina, nell'ambito di un programma di riabilitazione da far seguire alla minore, sulla base dell'impegno assunto in tal senso dalle autorità bielorusse, che hanno acconsentito alla permanenza temporanea nel loro paese di sanitari italiani e della famiglia ospitante.
Come è noto, alla data prevista per il rientro in patria della minore (8 settembre 2006), la famiglia ospitante non si è presentata all'aeroporto e qui ha avuto inizio la vicenda della scomparsa della bambina. In seguito al ritrovamento della bambina, da parte delle forze dell'ordine, il 29 settembre 2006, in applicazione della sentenza emessa in data 7 settembre 2006 dal Tribunale per i Minorenni di Genova, la bambina è partita con un volo dall'aeroporto di Genova diretto in Bielorussia, accompagnata anche dalle due dottoresse italiane (la neuropsichiatra infantile Antonietta Simi, e la psicologa Laura Battaglia della ASL3 di Genova), nominate dal Tribunale per i Minorenni di Genova per seguire la riabilitazione della bambina in Bielorussia.
Si segnala che nella citata sentenza veniva richiesto al Ministero degli esteri e a quello delle politiche per la famiglia, nonché alla Commissione per le adozioni internazionali, di informare periodicamente il Tribunale di Genova sulla prosecuzione del trattamento della minore e sull'adempimento delle norme della Convenzione dell'Aja ai fini della sua tutela.
In particolare, si fa presente che all'arrivo in Bielorussia, la bambina è stata trasferita in un Istituto diverso da quello di provenienza, nella località di Borissov, in prossimità di Minsk. I due medici italiani, unitamente ad una equipe di specialisti bielorussi, hanno seguito la bambina e impostato il programma di riabilitazione della minore così come previsto dalla decisione del Tribunale per i minorenni di Genova.
I due medici italiani nel corso del loro soggiorno hanno mantenuto contatti con l'ambasciatore italiano e sono ripartiti per l'Italia l'11 ottobre 2006, ritenendo conclusa la loro missione. In seguito hanno informato l'ambasciatore italiano di aver provveduto ad inoltrare al Tribunale per i minorenni di Genova una relazione sul lavoro svolto. In particolare hanno indicato che le condizioni della minore sono buone dal punto di vista psico-fisico, aggiungendo che la bambina ha bisogno di un periodo di tranquillità per riprendersi dal carico emotivo degli ultimi tempi ed ambientarsi in Bielorussia.
Si precisa che sulla vicenda questa Amministrazione ha manifestato la massima attenzione per il caso in questione, sin dal suo nascere, cooperando fattivamente con le altre amministrazioni competenti nonché con la rappresentanza diplomatica bielorussa, mantenendo un costante contatto con l'associazione proponente il programma di accoglienza, al fine di giungere ad una soluzione della vicenda che fosse la più adeguata alla tutela dell'interesse della minore.
Al riguardo si precisa che, il Comitato Minori stranieri, quale organo interministeriale presieduto dal rappresentante del Ministero della solidarietà, da anni gestisce programmi solidaristici di accoglienza temporanea, si augura di proseguire nel percorso già tracciato, in cui l'attenzione è stata sempre finalizzata ad individuare norme certe e chiare. Gli obiettivi di tali norme aiutano, infatti, a svolgere una funzione di supporto e controllo alla iniziative solidaristiche, ma promuovano assunzioni di responsabilità da parte del mondo dell'associazionismo della società civile.
Recentemente, sulla base dei principi ribaditi dal Comitato e nell'interesse superiore dei bambini bielorussi segnati dalle conseguenze della tragedia di Cernobyl, il Ministro Ferrero ha manifestato al Vice Primo Ministro Bielorusso la volontà di superare le difficoltà insorte a seguito della vicenda di Cogoleto, con l'obiettivo di non
compromettere le relazioni e i viaggi terapeutici di diverse migliaia di bambini.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
ANTONIO PEPE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 21 novembre 2002 fu bandito, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un corso-concorso per titoli e colloquio finale per il passaggio verso il profilo professionale di accertatore del lavoro area funzionale «C» - area professionale vigilanza - posizione economica «C1»;
la procedura selettiva a 525 posti ha avuto corso fino alla pubblicazione della graduatoria definitiva avvenuta nel luglio 2005;
ad oggi, non risulta allo scrivente, si sia proceduto a formalizzare gli adempimenti utili per il passaggio di posizione economica degli aventi diritto -:
in che tempi si procederà agli inquadramenti previsti dal bando anche al fine di evitare che il costo della procedura selettiva di cui sopra sia improduttivo di effetti e costituisca di fatto un danno erariale per lo Stato.
(4-00449)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto si comunica che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) all'articolo 1, comma 544 ha autorizzato questa Amministrazione:
a) all'immissione in servizio fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esami, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
Al successivo comma 545, infine, è stabilito che «per l'attuazione del comma 544, a decorrere dall'anno 2007 è autorizzata la spesa annua di 8,5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera a) e di 5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera b).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
SALERNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come da segnalazione del Sindacato F.S.P. Federazione sindacale di Polizia:
al personale della polizia di Stato ai sensi della legge del 15 novembre 1973 e successivo regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 5 maggio 1975 è riconosciuta un'indennità di rischio-applicazione;
tale indennità è stata adeguata una prima volta in virtù della legge n. 163 del 18 novembre 1975;
dal 1 febbraio 1981, ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 310 del 9 giugno 1981, tale indennità è stata ulteriormente e per l'ultima volta adeguata a ben 0,49 centesimi lordi;
ad avviso dell'interrogante, il rispetto per il lavoro delle forze di polizia deve essere sempre al centro dell'attenzione delle istituzioni;
tanti uomini e donne mettono a repentaglio ogni giorno la propria incolumità lavorando per tutelare la sicurezza della nostra comunità;
dal 1981 non si è più registrato alcun adeguamento dell'indennità di rischio-applicazione per il personale della polizia di Stato -:
se non ritenga di dover adottare iniziative normative volte a prevedere
oramai necessario procedere ad un ulteriore legittimo adeguamento di tale indennità di rischio-applicazione, che renda merito del lavoro svolto dalle nostre forze di polizia, dando compiutamente il senso del rispetto della solidarietà e della gratitudine che le istituzioni non possono non nutrire nei confronti di tanti professionisti.
(4-01551)
Risposta. - L'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 maggio 1975, n. 146 stabilisce che agli impiegati civili dello Stato compete una indennità giornaliera di rischio per prestazioni di lavoro specificamente individuate «comportanti continua e diretta esposizione a rischi pregiudizievoli alla salute o alla incolumità personale».
Si precisa che la questione del mancato adeguamento nel tempo, a partire dal 1981, dei compensi previsti dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 1975 è stata sollevata da tutte le organizzazioni sindacali del personale della Polizia di Stato, sicché questo Ministero ha già provveduto ad interessare della questione il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Dipartimento per la funzione pubblica.
In proposito, il Dicastero finanziario ha espresso l'avviso che, alla luce della vigente normativa sul trattamento fondamentale ed accessorio per il personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare, non sussistono più le condizioni per l'applicazione delle disposizioni di cui al nominato decreto, in quanto, attraverso di esse, si verrebbe a riconoscere agli interessati un beneficio economico aggiuntivo rispetto a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, con conseguenti oneri ulteriori rispetto ai costi sostenuti per l'applicazione dei contratti.
Il Dipartimento della funzione pubblica ha peraltro precisato che ogni qualvolta si renda necessario intervenire sul trattamento accessorio del personale dello Stato per remunerare particolari attività lavorative, occorre individuare le relative soluzioni nel contesto del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Sicché, nell'ambito delle risorse appositamente destinate dalla legge finanziaria ai rinnovi contrattuali e, particolarmente, agli incrementi dei trattamenti accessori (come il comma 549 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007), spetterà alla contrattazione medesima di definire i trattamenti accessori suscettibili di incremento.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
SGOBIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie in possesso dell'interrogante risulta che, da tempo, le udienze penali previste dinanzi ai giudici della Sezione distaccata di Pisticci del Tribunale di Matera sono continuamente rinviate per assoluta mancanza di Cancellieri;
tali continui rinvii sono purtroppo diventati una regola ormai assidua e provocano un'insostenibile situazione di denegata giustizia per i centomila cittadini della circoscrizione e per i fruitori della stessa, sia per quanto concerne il civile che per il penale;
i cittadini dei Comuni di Pisticci, Policoro, Bernalda, Scanzano Jonico, Montalbano Jonico, Craco, Rotondella, Tursi e Nova Siri non ottengono giustizia da mesi, perchè l'organico del Tribunale di Pisticci, per quanto riguarda il personale amministrativo, è completamente scoperto;
le pendenze al 30 agosto 2006 sono 1678 solo in penale, contro le 1487 del Tribunale monocratico di Matera -:
se non ritenga urgente adoperarsi presso i soggetti interessati al fine di portare a soluzione la suddetta incresciosa situazione, affinché gli utenti della giustizia della circoscrizione in oggetto possano avere una opportuna dotazione organica del personale amministrativo del Tribunale di Pisticci.
(4-01715)
Risposta. - La situazione di disagio in cui versa la Sezione di Pisticci del Tribunale di Matera, a causa della carenza di
personale amministrativo, è da tempo all'attenzione dei vertici dell'Amministrazione centrale.
Deve darsi atto, peraltro, che la situazione generale presenta difficoltà imputabili al taglio del 5 per cento delle dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria, previsto dall'articolo 1 comma 93 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alla scopertura degli organici, allo stato del 12 per cento e, infine, al blocco di nuove assunzioni da tempo in atto.
La legge finanziaria per l'anno 2007 non prevede specifiche disposizioni che garantiscano all'Amministrazione di assumere personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie e degli Uffici notifiche e provvedimenti. La medesima legge prevede soltanto (al comma 521 dell'articolo 1) la possibilità di «stabilizzare» (cioè assumere a tempo indeterminato), previe prove selettive, il personale ex L.S.U. che attualmente presta servizio a tempo determinato negli uffici dell' Amministrazione. Le relative procedure potranno essere avviate solo dopo che sarà comunicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione tra tutte le Amministrazioni interessate delle unità che potranno essere «stabilizzate» e del fondo per realizzare le relative assunzioni. Per le altre assunzioni a tempo indeterminato il Ministero presenterà a breve alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della funzione pubblica, secondo le regole generali valide per tutte le Amministrazioni dello Stato, la richiesta di autorizzazione, così come fatto nell'anno 2006.
Pertanto, il Ministero potrà essere autorizzato ad assumere il numero di unità di personale che sarà compatibile con le richieste delle altre Amministrazioni e con i fondi disponibili.
La legge finanziaria per il 2007 ha, inoltre, previsto anche una forte riduzione delle assunzioni a tempo determinato che possono essere effettuate dall'Amministrazione nel 2007, la cui spesa complessiva non può superare il 40 per cento (anziché il 60 per cento, come previsto per l'anno 2006) della somma sostenuta a pari titolo nell'anno 2003. È inoltre necessaria la preventiva autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Tali difficoltà non consentono l'adozione dei provvedimenti necessari per sanare totalmente la situazione.
Con riferimento all'ufficio giudiziario menzionato nell'atto di sindacato ispettivo, si precisa, comunque, che la sede di Matera ha una scopertura di organico del 7 per cento.
Allo stato, si è provveduto ad attivare la mobilità di due persone da altre amministrazioni (sempre che le domande presentate vengano confermate) verso la sede di Matera, non esistendo richieste per la sede di Pisticci.
Peraltro, con provvedimento del 10 novembre 2006, il Presidente della Corte di Appello di Potenza ha disposto l'applicazione alla Sezione distaccata di Pisticci di un cancelliere B3 e di un operatore giudiziario B2.
Si aggiunge, infine, che a seguito dell'assunzione di 99 cancellieri C1, tratti dalle graduatorie degli idonei del concorso a 443 posti di ufficiale giudiziario C1, bandito nel 2002, uno di tali cancellieri è stato assegnato alla Sezione distaccata di Pisticci, dove ha preso possesso il 1o dicembre 2006.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
STRADELLA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nell'Inps esistono 4 ruoli professionali: medici, avvocati, ingegneri, attuari. Per ciascuno di questi ruoli professionali è previsto un Coordinatore regionale ed un Coordinatore generale, quest'ultimo con ufficio a Roma. La nomina dei Coordinatori generali spetta al CdA. I criteri per la nomina sono indicati nella Delibera del CdA n. 634 del 2 giugno 1998. La Delibera in oggetto stabilisce che il CdA assegna l'incarico di Coordinatore generale previa selezione per soli titoli, stilando al termine della selezione una graduatoria di merito e conferendo l'incarico al nominativo che si posiziona al primo posto;
dal 1 novembre 2004, è vacante per dimissioni il posto di Coordinatore generale medico legale. Con Delibera n. 69 del 13 ottobre 2004, il CdA ha affidato provvisoriamente tale incarico al vicario del Coordinatore generale uscente, in attesa di espletare la prevista selezione per l'attribuzione in via definitiva del predetto incarico. A tutt'oggi la selezione non è stata avviata. Corre voce, tuttavia, che al suddetto dottore nel febbraio 2006 il CdA avrebbe conferito l'incarico, questa volta definitivo, di Coordinatore generale medico legale: il condizionale è d'obbligo, in quanto non è stata fatta alcuna selezione, e suddetta nomina non è stata resa nota, ma secretata;
negli ultimi due anni l'Inps ha affidato 3 nuovi incarichi di Coordinatore generale per gli Avvocati, per gli Ingegneri e per gli Attuari: in tutti questi casi è stata fatta una selezione, indetta con messaggio elettronico, con invito a presentare le domande entro il termine dei 30 giorni; è stata stilata una graduatoria di merito, così come prevede la Delibera n. 634 del 2 giugno 1998, ed infine sempre con messaggio elettronico è stato reso noto a tutti il conferimento dell'incarico al nuovo Coordinatore generale;
perché l'Inps non abbia ancora provveduto alla indizione della prevista selezione per la nomina del Coordinatore generale medico legale perché, secondo l'interrogante surrettiziamente, l'incarico, definito dal CdA stesso come «provvisorio, in attesa di selezione», si sta trasformando in incarico definito, senza scadenza.
(4-01596)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha reso noto quanto segue.
Con deliberazione consiliare n. 61 del 2 febbraio 2006 è stato conferito, per cinque anni, l'incarico di Coordinatore generale medico legale al professore Massimo Piccioni, già coordinatore in via provvisoria del predetto Coordinamento generale.
Il Consiglio di amministrazione dell'INPS nel caso di specie, in assenza di specifiche prescrizioni normative che individuano e disciplinano le procedure applicabili alla nomina del Coordinatore generale dell'Area medica, ha ritenuto, nel pieno dei suoi poteri, di procedere a una attribuzione diretta, confermando la fiducia al professore Massimo Piccioni.
A tale scelta procedurale il Consiglio è pervenuto dopo aver vagliato ed analizzato approfonditamente tutte le possibili soluzioni applicabili in tema di conferimento dell'incarico di Coordinatore generale dell'Area medico-legale, tra cui anche il ricorso all'applicazione, in via analogica, della deliberazione n. 634/98 «Criteri per l'affidamento degli incarichi di coordinamento delle aree professionali a professionisti delle singole aree professionali».
Premesso ciò, l'INPS ha fatto presente che l'attribuzione dell'incarico con le modalità suesposte è avvenuta avuto riguardo all'esigenza improcrastinabile di individuare in tempi rapidi il dirigente medico, cui potere conferire in via definitiva la funzione in questione, anche in considerazione della circostanza che in quel periodo all'Istituto sono state attribuite nuove ed impegnative competenze in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, così come convertito nella legge 2 dicembre 2005, n. 248.
Il Consiglio ha ritenuto quindi di superare l'ipotesi, in un primo tempo prospettata, di dover procedere ad una specifica selezione per la nomina in parola e, in mancanza di criteri predeterminati, ha effettuato una scelta basata sull'intuitu personae e motivata da una molteplicità di riscontri sull'attività svolta dal professor Piccioni nei quindici mesi di incarico provvisorio di Coordinatore generale, nonché dalla valutazione del curriculum professionale e dei titoli di servizio del medesimo.
In detto periodo, infatti, l'Area medico legale ha conseguito eccellenti risultati facendo registrare il pieno raggiungimento dei compiti istituzionali assegnati grazie alle notevoli doti direzionali, organizzative e
relazionali dimostrate dal professor Piccioni nell'assolvimento del suddetto incarico.
Il Consiglio dell'Istituto ha, altresì, tenuto conto delle precedenti funzioni di vicario del Coordinatore generale esercitate dal professor Piccioni antecedentemente al conferimento dell'incarico di Coordinatore generale provvisorio; pertanto, il professore Massimo Piccioni, anche sotto il profilo degli incarichi svolti, è apparso il dirigente medico più idoneo a garantire, in una linea di continuità direzionale, una consolidata conoscenza delle problematiche sanitarie, essenziale per assolvere al meglio la funzione in oggetto.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
TOMASELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'ISTAT valuta che nel nostro Paese ci sono circa 4 milioni di lavoratori che lavorano in nero, per il CENSIS sono addirittura 5 milioni, con una incidenza sul PIL che va dal 20 per cento per l'ISTAT al 26 per cento per il CENSIS;
l'Agenzia delle Entrate stima che ogni anno a causa dell'evasione fiscale alle casse dello Stato sfuggono circa 80-100 miliardi di euro, per un importo pari al 6-7 per cento del PIL;
l'Inps, in un articolo pubblicato su Il Sole 24 ore del 3 giugno 2006, ha denunciato il calo di ispettori del lavoro a fronte della crescita del numero di aziende irregolari. Nel primo trimestre 2006 sono risultate irregolari l'81 per cento delle aziende visitate a fronte del 74 per cento dello stesso periodo dell'anno scorso;
sono cresciuti, i contributi evasi accertati, si è passati da 199,5 milioni di euro (primo trimestre 2005) a 217,4 milioni (stesso periodo 2006) la cifra raccolta;
nel 2004 il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali bandì un concorso pubblico (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 23 novembre 2004) per esami a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per i suoi uffici periferici ubicati in sedici regioni;
la procedura concorsuale ha determinato 795 vincitori e 946 idonei non dichiarati vincitori, collocati nelle rispettive graduatorie regionali di partecipazione;
da allora pur svolgendo con perizia il loro compito, i 795 nuovi ispettori del lavoro sopra richiamati non hanno potuto materialmente sopperire all'emergere dilagante del fenomeno del lavoro nero che ha ormai assunto caratteristiche cancerose, e per questo appare urgente rinforzare l'organico degli ispettori del lavoro ricorrendo a coloro che nel 2004 risultarono idonei dichiarati ma non vincitori;
uno dei punti cardine del Programma del nuovo Governo è quello della lotta all'illegalità diffusa sia per ciò che riguarda l'evasione fiscale, sia con riferimento alla evasione contributiva, anche attraverso il potenziamento dei servizi ispettivi -:
se il Governo intende adottare iniziative normative affinché il Ministero del Lavoro e della previdenza sociale sia autorizzato ad assumere gli idonei della procedura concorsuale di cui sopra per la copertura dei vuoti in organico nell'area funzionale C2-profilo professionale Ispettore del Lavoro. O in subordine intende intraprendere le iniziative regolamentari ex Legge n. 400/88, che, in conformità a quanto disposto dall'articolo 9, legge n. 3/03, contemplino l'afflusso di tutti gli idonei al concorso de quo presso gli Enti Strumentali al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (Inps e Inail).
(4-00707)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto si comunica quanto segue.
La procedura concorsuale menzionata nell'interrogazione si è conclusa con l'assunzione
di tutti gli ispettori del lavoro risultati vincitori, assegnati agli Uffici operativi - Direzioni regionali e provinciali del lavoro, secondo la ripartizione regionale prevista dai bandi di concorso.
Per quanto riguarda l'assunzione degli idonei, si fa presente che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) all'articolo 1, comma 544 ha autorizzato questa Amministrazione:
a) all'immissione in servizio fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esami, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
Al successivo comma 545, infine, è stabilito che «per l'attuazione del comma 544, a decorrere dall'anno 2007 è autorizzata la spesa annua di 8,5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera a) e di 5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera b).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
VILLETTI, BONELLI, MIGLIORE, CAPEZZONE, GRILLINI, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, BELTRANDI, TURCO, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 19 luglio 2006, in un tratto di spiaggia libera dell'Arenauta, frequentato da oltre trent'anni da naturisti, famiglie e persone gay, nel Comune di Gaeta (Latina), sono apparsi, in un tratto di circa 100 metri di arenile, quattro vigilantes armati che perlustrano quel tratto di spiaggia dalla mattina alla sera. L'Assessore alla Polizia Urbana del Comune di Gaeta, Vincenzo Matarrese, ha dichiarato alla stampa locale di aver una convenzione per un servizio di controllo di ventiquattro ore continuate con l'Istituto di Vigilanza Europol che dispone di uomini particolarmente motivati e altamente professionali -:
se in base alla normativa vigente sia possibile che il Comune di Gaeta stipuli contratti/convenzioni con società private di vigilanza con l'obiettivo di destinare 4 agenti armati in un tratto di spiaggia di 100 metri, che non gestisce direttamente;
se risulti che la Europol stia prestando la propria opera di richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza;
se esiste una statistica sui reati commessi in quel tratto di spiaggia che possa motivare la presenza di agenti armati 24 ore su 24;
se le autorità di pubblica sicurezza hanno competenza su quel tratto di arenile.
(4-00795)
Risposta. - Il Prefetto di Latina ha riferito che l'amministrazione del comune di Gaeta aveva affidato, per il periodo 19 luglio-31 agosto 2006, un servizio di controllo sugli arenili all'Istituto di vigilanza Europol; con estensione del servizio anche ad altre zone del territorio comunale «in caso di urgenza e necessità».
Nelle premesse della determinazione comunale, si sottolineava che sulle spiagge, nel periodo estivo, vi era una forte presenza di attendamenti privati e fenomeni di commercio ambulante abusivo. Inoltre, si evidenziava che la competenza di polizia demaniale marittima, per finalità turistiche e complementari, nella regione Lazio, era affidata in via di sub-delega ai comuni, ai sensi della delibera della Giunta regionale n. 1161/2001.
Tenuto conto che senza la licenza del Prefetto, autorità provinciale di pubblica sicurezza, è fatto divieto ad enti o privati di prestare opere di vigilanza, l'Ufficio territoriale del Governo di Latina ha contestato all'Istituto di vigilanza la violazione degli
articoli 9 e 134, comma 3o del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per abuso della licenza di pubblica sicurezza. In merito all'eventuale rilevanza penale della fattispecie segnalata dall'interrogante anche relativamente ai provvedimenti assunti dal comune di Gaeta, si attendono le determinazioni dell'Autorità giudiziaria alla quale la Prefettura ha segnalato l'illecito. Nel contempo, la stessa Prefettura sta valutando l'opportunità di procedere all'attivazione di un procedimento sanzionatorio nei confronti dell'Amministrazione comunale.
Si fa presente infine che, pur in assenza di dati statistici quali quelli richiesti nell'interrogazione, il locale Commissariato della Polizia di Stato, d'intesa con le altre forze di polizia presenti sul territorio, a seguito delle numerose denunce per reati contro il patrimonio, la persona e la pubblica moralità, commessi in quel tratto di spiaggia, ha provveduto a disporre e intensificare - nel periodo estivo - mirati servizi di prevenzione e repressione nella zona indicata dall'interrogante.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
ZACCHERA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la stessa autorità garante ha sottolineato l'enormità delle spese delle aziende telefoniche in termini di immagine e pubblicità per la vendita di prodotti rispetto ai costi ed agli investimenti per la manutenzione delle linee;
infatti da molte parti del territorio si sottolinea come si siano ridotti gli investimenti per la manutenzione e potenziamento della rete fissa, con speciale riguardo alla maggiore diffusione della linea ADSL e, più in generale, agli interventi per risolvere problemi di ammodernamento e sistemazione delle linee;
particolarmente nelle province montane come quella del Verbano Cusio Ossola sovente avvengono interruzioni del servizio per motivi ambientali (cadute di rami ed alberi, interruzioni di linee telefoniche nelle valli eccetera) con tempi lunghi per il ripristino;
ciò è dovuto ad una drastica politica di riduzione dei costi per queste voci con conseguente grave crisi di tutto il settore indotto e delle imprese cui Telecom delega i lavori di manutenzione -:
se il Ministro non ritenga di dover richiamare le aziende telefoniche interessate e quindi principalmente la Telecom affinché venga assicurato un servizio efficiente di manutenzione e ripristino delle linee di telefonia fissa sul territorio con particolare riguardo alla provincia del Verbano Cusio Ossola;
quali siano gli attuali indici di copertura delle utenze e del territorio con le linee ADSL, strumento indispensabile per connettere ad Internet in tempi più celeri tutte le utenze, ma particolarmente quelle delle aziende produttive che, in mancanza, si trovano in situazioni di oggettiva difficoltà riguardo alla concorrenza straniera e delle aree già servite da linee ADSL.
(4-00047)
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno anzitutto premettere che per la fornitura dei collegamenti ADSL non esiste alcun obbligo, né condizione di fornitura del servizio a carico degli operatori, in quanto i collegamenti a larga banda esulano dall'ambito del servizio universale, unica fattispecie per la quale possono essere imposti agli operatori obblighi del servizio.
D'altra parte è noto che il Ministero delle comunicazioni ha adottato ogni possibile iniziativa allo scopo di aumentare la diffusione di tale mezzo trasmissivo ed eliminare il digital divide, come dimostrano sia l'erogazione di contributi per i contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad internet, sia i finanziamenti previsti per gli investimenti effettuati dalla società Infratel.
Com'è noto, l'area di intervento, originariamente limitata al solo Mezzogiorno, è stata estesa a tutte le aree sottosviluppate del Paese fra cui anche quelle della provincia di Verbano Cusio Ossola ed, invero, la predetta società Infratel ha iniziato le
analisi d'ambiente al fine di predisporre piani tecnici territoriali organici ed integrati che consentano un'adeguata copertura dei territori interessati.
Con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) sono state ulteriormente incrementate le risorse specificamente destinate al finanziamento degli interventi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completamento del programma di sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della società Infratel Italia, prevedendo lo stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nonché l'assegnazione di ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2009 allo stesso Ministero delle comunicazioni per le suddette finalità.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2006 è stato istituito il Comitato per la diffusione della larga banda sul territorio nazionale - del quale fa parte, tra gli altri, anche il Ministro delle comunicazioni - con l'obiettivo strategico di garantire, nell'arco della legislatura, l'accesso alla larga banda a tutti i cittadini in ogni parte del territorio.
Ciò a dimostrazione del fatto che lo sviluppo del servizio ADSL rappresenta, per il Governo, una priorità.
La società Telecom, da parte sua, ha precisato di aver raggiunto un accordo con la regione Piemonte in base al quale l'estensione della copertura del servizio ADSL nella provincia in questione - che attualmente è dell'83 per cento (rispetto al 70 per cento di fine 2005) - arriverà, a fine 2008, alla percentuale del 93,5 per cento delle linee telefoniche.
Quanto alle segnalazioni riguardanti problemi legati ad interruzioni del servizio telefonico nei comuni della suddetta provincia, la società Telecom, nel sottolineare che l'indeterminatezza dei lamentati disservizi non ha consentito di individuare le specifiche cause oggetto delle lamentele, ha fatto presente che la generica analisi della locale situazione non ha evidenziato particolari criticità.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Mario Gavosto ha iniziato mesi fa una attività commerciale a Riga, in Lettonia, risultando poi al centro di un caso giudiziario nel quale si professa innocente;
risulta essersi rivolto all'ambasciata italiana di Riga dove solo in parte avrebbe avuto assistenza, soprattutto nei confronti dell'Autorità giudiziaria lettone che lo avrebbe interrogato senza assistenza legale ed in lingua inglese di cui l'interessato dichiara di essere poco a conoscenza;
il connazionale si troverebbe oggi nell'impossibilità di lasciare la Lettonia -:
quali ulteriori iniziative abbia svolto ed abbia intenzione di svolgere l'Ambasciata di Riga al fine di tutelare al meglio il nostro connazionale e quali siano gli esatti connotati di questa vicenda.
(4-02345)
Risposta. - Il signor Mario Gavosto è stato tratto in arresto dalle autorità di Polizia lettoni il 12 dicembre 2006 perché accusato di truffa perpetrata ai danni di alcuni clienti della Società GM Electronics, di cui il connazionale risulta titolare. Il 14 dicembre il signor Gavosto è stato rilasciato con l'obbligo di non lasciare la Lettonia e di risiedere presso il domicilio in Riga dallo stesso indicato.
Venuta a conoscenza dell'arresto del connazionale, l'Ambasciata in Riga si è prontamente attivata al fine di fornire al connazionale ogni possibile assistenza ed è intervenuta presso le competenti autorità di Polizia al fine di accertare le ragioni di detto arresto. Ha provveduto ad inviare un proprio rappresentante agli interrogatori cui il connazionale, assistito da un legale e da un interprete, è stato sottoposto in data 18 dicembre 2006 e il 30 gennaio 2007.
In considerazione delle precarie condizioni economiche in cui versava il signor Gavosto, la Rappresentanza ha, altresì, prospettato al connazionale la possibilità di sottoscrivere un prestito con promessa di restituzione, unico mezzo finanziario di assistenza
a disposizione della Sede in quanto l'interessato non risultava formalmente residente in Lettonia. Il signor Gavosto ha ritenuto di rifiutare una tale soluzione.
Dopo attenta valutazione, sentita la Direzione degli italiani all'estero e tenuto conto della residenza di fatto da oltre un anno del signor Gavosto in Lettonia si è provveduto all'iscrizione all'Anagrafe degli italiani all'estero. Accertata, poi, l'indisponibilità dei familiari a farsi carico del sostentamento economico del connazionale, si è concordato di erogare un sussidio, che, in quanto tale, non implica obbligo di restituzione della somma concessa. Detto sussidio - dell'ammontare massimo consentito in un'unica soluzione pari a 1.032 euro - è stato da ultimo concesso al connazionale in data 26 gennaio 2007.
Come appare evidente da quanto precede il caso del signor Gavosto è seguito dalla nostra Ambasciata con la massima attenzione.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
ZANELLA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il progetto di ampliamento della base americana, nei pressi dell'aeroporto Dal Molin, a Vicenza, già oggetto nel corso di questa legislatura di numerosi atti di sindacato ispettivo, pur essendo «finalizzato a fornire idonea sistemazione logistica alla centosettantatreesima brigata, accorpandola in un'unica località» come dichiarato dal Ministro della difesa Parisi, costituirebbe per la sua mole, un vero e proprio sconvolgimento urbanistico e sociale per la città sulla quale già grava una poderosa presenza militare americana e non, con tutti i rischi che potenzialmente e inevitabilmente ciò comporta per la cittadinanza;
la base in questione non apporta alcun significativo beneficio di natura economica o occupazionale per la popolazione locale. Anzi, costa oggi per l'edificazione e la gestione e costerà in futuro per la riconversione civile;
la presenza di un simile insediamento (600 mila metri cubi di caserme e magazzini che si aggiungerebbero a quelli già esistenti nel territorio vicentino) è insostenibile per il carico che apporta dal punto di vista urbanistico a tutta una serie di problemi della città: inquinamento, rifiuti, traffico, vigilanza e uso delle risorse naturali. A giudizio dell'interrogante, si tratta di una vera e propria incompatibilità visto che, ad esempio, Vicenza si trova già ad avere il livello massimo di inquinamento veicolare;
la zona destinata ad accogliere l'incremento delle truppe, che passerebbero da 2.750 unità a circa 4.500, con conseguente edificazione di nuove strutture e nuovi alloggiamenti militari, è di fatto un'area pregiata di Vicenza, dove insistono le risorgive del comune di Caldogno, il cui valore naturalistico è dato dalla presenza in territorio «parco/bosco» di Dueville degli impianti (nonché della sede locale) dell'AMAG, alias acquedotto di Padova;
un sondaggio effettuato dalla Demos tra il 4 e il 6 ottobre ha confermato che la schiacciante maggioranza dei cittadini intervistati, il 61 per cento, è contraria al progetto di costruzione di una nuova base Usa nell'aeroporto Dal Molin. Numerose iniziative e mobilitazioni popolari, sono sfociate nella raccolta di oltre 10 mila firme contro tale progetto;
chiarendo in data 27 settembre 2006 gli intenti del Governo sul progetto di ampliamento della base statunitense presso l'aeroporto Dal Molin di Vicenza, il Ministro ha confermato che, in data 6 luglio, si è svolta una riunione volta a verificare la fattibilità di uno specifico piano di transizione, secondo l'interrogante, lasciando trasparire, a proposito del nuovo insediamento, una certa disponibilità di massima in continuità con quella del Governo Berlusconi, ma non manifestando apertamente le intenzioni del Governo;
«lo spirito di amicizia tra i due paesi» a cui si riferisce il Ministro Parisi in una nota diffusa dalle agenzie, che va certo alimentato nel tempo, non può essere ragione sufficiente per incrementare il numero e le dimensioni delle basi militari USA in Italia, in particolare considerando anche i radicali ridimensionamenti della presenza militare USA già verificatisi o comunque programmati, in tutte le altre nazioni della Comunità europea;
il Coordinamento dei comitati cittadini «NO alla nuova Base Usa al Dal Molin» ha lanciato un appello ai gruppi parlamentari Unione Camera e Senato, ricordando anche le parole del Presidente dei Consiglio, Romano Prodi, di voler «riconsiderare il progetto» -:
quale sia la natura del «piano di transizione» discusso in data 6 luglio;
se il Governo intenda assumere gli opportuni provvedimenti per respingere o comunque circoscrivere tale progetto d'ampliamento, dando ascolto alla volontà della comunità locale e corso agli impegni programmatici in materia di pace.
(4-01399)
Risposta. - In merito alla vicenda relativa all'ampliamento della base militare di Vicenza, in concessione d'uso all'esercito degli Stati Uniti, nel quadro degli accordi bilaterali con l'Italia all'interno della NATO, il Governo è intervenuto a rispondere in Parlamento numerose volte. Già a pochi giorni dall'insediamento dell'Esecutivo, il 31 maggio 2006, il Vicepresidente del Consiglio Rutelli, in sede di question time, aveva avuto occasione di dare conto della problematica. A questo primo intervento seguirono poi, nell'ordine, le informazioni rese il 6 luglio 2006 dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, Chiti, il 13 luglio 2006 dal Sottosegretario alla difesa Verzaschi, il 26 luglio 2006 dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, il 27 settembre 2006, in risposta a tre interrogazioni distinte, dal Ministro della difesa Parisi, il 24 gennaio 2007 dal Ministro per l'attuazione del programma di Governo Santagata e infine l'intervento del 30 gennaio 2007 del Ministro della difesa Parisi in Aula della Camera dei Deputati. In ognuno di questi interventi, il Governo ha illustrato sempre una e una sola linea di orientamento, ripetendo quasi alla lettera la stessa esposizione, affidata agli atti parlamentari, che non si può che riproporre negli stessi termini. La linea muove dal riconoscimento dell'esistenza, da parte del Governo americano, di aspettative consolidate, fondate sulla disponibilità manifestata dal precedente Governo, di corrispondere favorevolmente alla richiesta avanzata al riguardo dagli Stati Uniti, questo pur in assenza di impegni compiutamente formalizzati. La formalizzazione di tali impegni era infatti condizionata alla disponibilità di un progetto dettagliato è di un piano preciso di transizione sulla tempistica, sulle azioni da compiere e sui relativi costi. Questa era appunto la formula presente nella prima risposta resa in Aula della Camera dei Deputati dal Vicepresidente del Consiglio Rutelli. Tuttavia, ritenendo non irrilevanti le obiezioni avanzate da parti significative della comunità locale e giudicando di rilievo l'impatto che il nuovo insediamento avrebbe avuto sulla città dal punto di vista urbanistico, sociale e ambientale, il Governo, mentre confermava la compatibilità del progetto con le linee di politica estera e di difesa del Paese, ha ritenuto di procedere alla decisione finale solo sulla base di un pronunciamento esplicito della comunità locale. Questo perché il progetto, pur non modificando la qualità militare dell'insediamento americano, ne modificava certamente la quantità, con conseguenze sociali, territoriali e ambientali, che riteneva concretamente valutabili solo con il coinvolgimento della comunità locale. Pur nella consapevolezza che la responsabilità ultima della decisione rientrasse nella competenza primaria del Governo, in considerazione della sua attinenza alla politica estera e di difesa, nell'attesa della pronuncia della comunità locale, veniva sospesa la decisione conclusiva; si procedeva, quindi, a coinvolgere e sollecitare gli organi di rappresentanza locale perché esprimessero un giudizio
di fattibilità sul progetto di ampliamento stesso per gli aspetti di loro competenza. Tale posizione è stata poi rinnovata in tutte le dichiarazioni ufficiali rilasciate a margine degli incontri che il sottoscritto ha tenuto in questi mesi con le diverse parti coinvolte per illustrare la posizione del Governo; gli incontri con il sindaco di Vicenza Hullweck, con il sindaco di Caldogno, Vezzaro, con una delegazione di cittadini di Vicenza e con esponenti di gruppi parlamentari che avevano chiesto al riguardo delucidazioni. La reiterazione degli argomenti svolti in questi mesi potrebbe quindi esimere il Governo dal riferire posizioni già illustrate e affidate agli atti; il rispetto verso il Parlamento ed il dovere di massima trasparenza verso i cittadini, ed in particolare verso quelli di Vicenza, ci impongono, tuttavia, di ripercorrere le diverse fasi dell'iter relativo alla vicenda. La prima richiesta orientativa da parte degli Stati Uniti perviene al Governo italiano nell'ottobre del 2004; in essa si richiede un'autorizzazione di massima ad utilizzare le infrastrutture e le aree dell'aeroporto Dal Molin, in via di rilascio dall'Aeronautica militare italiana. La richiesta non fa riferimento a progetti di insediamento di nuovi reparti, ma solo all'utilizzo delle stesse da parte delle forze già presenti in quel territorio. Il Ministro della difesa pro tempore, Martino, informato della richiesta dal Capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Di Paola, manifesta il proprio orientamento favorevole, ferma restando, naturalmente, la necessità di svolgere tutti gli approfondimenti relativi. Nel corso del 2005, gli Stati Uniti, dopo aver individuato con maggiore precisione le aree potenzialmente disponibili, perfezionano la richiesta, annunciando, per la prima volta il 22 agosto 2005, l'intenzione di incrementare la loro presenza militare unificando in Vicenza l'intera 173a Brigata aviotrasportata e trasferendo, quindi, nella stessa base la parte dislocata in Germania. Vengono in seguito avviati contatti di natura esclusivamente tecnico-istruttoria tra le autorità militari americane e la Direzione generale del Ministero della difesa responsabile del demanio militare e degli aspetti tecnici infrastrutturali. Alla fine del 2005, la Direzione generale del Ministero della difesa conferma la fattibilità tecnica generale del progetto, ferma restando la necessità di giudicare la progettazione di dettaglio, che avrebbe dovuto ricevere anche il vaglio delle autorità civili regionali in sede di comitato misto paritetico Difesa-Regione. Nel dicembre 2005, il Capo di stato maggiore della difesa comunica il parere tecnico favorevole del Genio Dife al Ministro della difesa, che dichiara perciò una disponibilità di massima all'ampliamento della base. Conseguentemente, l'ammiraglio Di Paola, il Capo di stato maggiore della difesa, comunica tale disponibilità al comandante militare statunitense in Europa, con lettera datata 12 dicembre 2005. Nella stessa, si afferma - ne dò la traduzione in italiano -: «Sono lieto di comunicarle la fattibilità della cosa e la disponibilità delle autorità politiche della Difesa italiana a soddisfare la richiesta degli Stati Uniti». La lettera conclude poi: «È superfluo dire che, per la cessione d'uso della citata zona, è necessario prendere in considerazione tutti i dettagli del piano di cessione e formalizzarli nel quadro dell'accordo tecnico che regola l'uso delle infrastrutture nell'area di Vicenza». È sulla base di questa lettera, di questo documento, che il Governo americano consolida la propria aspettativa sulla possibilità di realizzare il progetto e procede allo studio di fattibilità dello stesso del costo di 10 milioni di dollari. Su questa stessa base si fonda lo stanziamento di oltre 300 milioni di dollari per finanziare la prima fase dei progetti nel bilancio difesa per l'anno fiscale 2007, secondo le informazioni rese dall'ambasciatore Spogli, con lettera del 24 novembre 2006. A valle della dichiarazione di disponibilità di massima del Governo, di cui alla precedente lettera, nel giugno 2006 il Comitato misto paritetico della regione Veneto esprime, con un solo astenuto, il proprio parere favorevole sul progetto statunitense. Alla riunione partecipa, in qualità di osservatore, anche il sindaco di Vicenza. A questo punto, il Governo, riconoscendo la fondatezza delle preoccupazioni manifestate all'interno della comunità locale in ordine alle problematiche relative
all'impatto urbanistico, sociale e ambientale indotte dalla realizzazione del progetto, ritiene di dover coinvolgere più direttamente la comunità locale, rappresentata dai suoi organi istituzionali, con l'obiettivo di acquisire un giudizio di fattibilità fino ad allora mai espresso formalmente in nessuna sede. A tal fine, il Ministro della difesa Parisi, nel settembre 2006 scrive una lettera al sindaco di Vicenza, sollecitando un parere formale da parte dell'amministrazione comunale di Vicenza, richiesta peraltro confermata anche nell'incontro intercorso con lo stesso sindaco, il 16 ottobre scorso. Il 26 ottobre, il consiglio comunale di Vicenza approva un ordine del giorno in cui esprime un parere favorevole all'accoglimento, nel territorio comunale di Vicenza, della 173a Brigata aviotrasportata degli Stati Uniti. L'ordine del giorno approvato pone cinque condizioni, che riferisco testualmente, per opportuna conoscenza: assenza di voli militari connessi con l'attività operativa del reparto USA; esonero dell'amministrazione comunale vicentina da ogni onere economico connesso alla realizzazione tanto degli insediamenti, quanto delle strutture viabilistiche e delle opportune infrastrutture, compresa la realizzazione di opere esterne all'aeroporto Dal Molin e necessarie alla eliminazione di ogni impatto negativo sul piano viabilistico e ambientale, ritenute irrinunciabili ad avviso degli enti locali territoriali competenti; assenza di impatti negativi sull'attività dell'aeroporto civile Dal Molin, con totale mantenimento delle sue potenzialità di utilizzo turistico-commerciale; salvaguardia o realizzazione in altro sito, con oneri di spesa a carico dell'amministrazione degli Stati Uniti, di ogni realtà sportiva oggi esistente all'interno dell'area del Dal Molin e soggetta a trasferimento; impegno da parte dell'amministrazione degli Stati Uniti ad autorizzare prioritariamente e preferibilmente risorse professionali locali nella realizzazione delle strutture previste per l'insediamento. Sempre al fine di coinvolgere le comunità locali interessate, il 14 novembre 2006 la Difesa riceve il sindaco di Caldogno, comune confinante con Vicenza e coinvolto dal progetto di ampliamento della base americana. Riferendosi alla delibera del suo consiglio comunale del 10 agosto 2006, il sindaco manifesta la sua preoccupazione in ordine all'inquinamento acustico e ambientale, alla sicurezza, alla mobilità, alle infrastrutture e ai servizi. Il sindaco chiede, infine, che, qualora l'insediamento militare abbia luogo, il comune sia coinvolto attivamente nella fase di definizione del progetto stesso. In data 15 novembre 2006, in una seduta straordinaria del consiglio comunale di Caldogno, aperta ai cittadini, queste preoccupazioni e richieste sono confermate in una ulteriore delibera. Il 17 novembre scorso, a seguito di notizie apparse sul Giornale di Vicenza - e successivamente confermata dalla stessa autorità statunitense - in riferimento ad una presolicitation notice predisposta da organi tecnico-militari americani, tesa ad avviare il progetto di realizzazione delle strutture idonee ad accogliere la 173a Brigata USA, il Ministero della difesa dichiara, in una nota di agenzia, che tale procedura era priva del presupposto essenziale: l'assenso da parte del Governo italiano. Questo in coerenza con la scelta di sospendere la decisione conclusiva fino al completamento della istruttoria in sede locale, scelta che ha guidato la condotta del Governo, anche in considerazione di notizie relative alla possibile attivazione di una iniziativa referendaria secondo la normativa prevista dall'ordinamento comunale. Il 14 dicembre 2006 l'ambasciatore statunitense Spogli, da me ricevuto, fa tuttavia presente che la ristrettezza dei tempi parlamentari interni all'ordinamento statunitense rende la risposta da parte del Governo italiano non ulteriormente procrastinabile. A gennaio 2007, infatti, il Congresso avrebbe dovuto deliberare definitivamente lo stanziamento dei fondi per l'ampliamento della base nell'ambito del piano di ridislocazione delle forze statunitensi in Europa. Allo stesso modo, l'ambasciatore Spogli, il 10 gennaio 2007, rinnova la richiesta al Presidente del Consiglio, confermando l'urgenza e, quindi, l'indilazionabilità di tale decisione. Il Presidente del Consiglio, dando riscontro alle ragioni dell'urgenza, assicura una risposta tempestiva una volta sentiti i ministri competenti.
Il 16 gennaio 2007, il Presidente Prodi riconosce che i rapporti di amicizia e di cooperazione con gli Stati Uniti impongono una risposta e perciò quella decisione conclusiva era stata fino a quel momento sospesa. Muovendo pertanto dal giudizio di coerenza del progetto di ampliamento con la linea di politica estera e di difesa del nostro paese - giudizio che ha sempre guidato la linea di condotta del Governo - e considerati altresì i deliberati degli organi di rappresentanza locale, il Presidente del Consiglio ha ritenuto di dover confermare la disponibilità a corrispondere alla richiesta avanzata dagli Stati Uniti. A partire da questa decisione, si procederà pertanto alla formalizzazione della cessione d'uso delle aree necessarie alla realizzazione del progetto, dopo aver considerato i dettagli del piano di transizione, nell'ambito degli accordi che regolano la concessione in uso di infrastrutture agli Stati Uniti nel nostro paese. In questo quadro, il Governo ritiene suo dovere vigilare affinché le opere che verranno realizzate siano rispettose delle esigenze prospettate dalle comunità locali, con particolare riferimento all'impatto sul tessuto sociale, sulla viabilità e sulle reti dei sottoservizi. Sarà ugualmente dovere del Governo assicurare la massima vigilanza circa il rispetto degli accordi bilaterali in materia di utilizzo della base stessa per quel che riguarda gli impieghi operativi. Della realizzazione delle opere, così come del loro utilizzo, il Governo terrà informato il Parlamento.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.