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Allegato B
Seduta n. 132 del 22/3/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA
RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ANGELI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
come previsto dalla legge finanziaria 2003, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale italiano (INPS) deve accertare periodicamente i redditi dei beneficiari di prestazioni pensionistiche il cui diritto è condizionato dal reddito personale o familiare del pensionato;
in queste settimane è in corso una nuova campagna di accertamento dei redditi relativa agli anni 2004 e 2005, e moltissimi pensionati italiani residenti all'Estero hanno ricevuto il plico postale contenente il modello RED/EST;
non c'è abbastanza personale lavorativo all'interno delle sedi consolari al fine di aiutare i cittadini che ivi si recano per chiedere delucidazioni inerenti questi argomenti pensionistici e la compilazione dei moduli suddetti, in quanto già oberati da processi di ordinaria amministrazione;
la gran parte di queste persone è in età avanzata e trova serie difficoltà nella compilazione di suddetti moduli;
gli indebiti di cui si parla sono stati determinati, secondo l'interrogante, dai ritardi dell'INPS nell'approntare un sistema che fosse efficace nella verifica annuale -:
se il Ministro interrogato intenda dare delucidazioni in merito alla questione sopra esposta;
se il personale consolare che insieme a quello dei patronati grande opera di collaborazione sta svolgendo in quest'attività di verifica, sia stato dotato di tutto il materiale informatico e cartaceo per approntare queste verifiche;
se voglia farsi carico di suggerire all'Istituto un comportamento uniforme tra le sedi;
soprattutto se, viste le difficoltà incontrate dai contribuenti fino ad ora nella compilazione, e visto anche il periodo estivo appena trascorso che come ben è noto per gli Italiani all'Estero significa molte volte viaggio nella madrepatria, quindi effettivo ritardo nella ricezione del plico sopra descritto, possa attivarsi affinché siano rinviati i termini fissati in giorni 60 (sessanta) per la consegna all'Istituto del materiale informativo.
(4-01068)
Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame l'Inps ha comunicato quanto segue.
L'Istituto provvede all'accertamento reddituale sulla base di quanto previsto dall'articolo 49, comma 1, della legge 27 dicembre 2002 n. 289, che disciplina l'erogazione delle prestazioni collegate al reddito e ne vincola il pagamento all'accertamento dei requisiti reddituali, secondo i criteri probatori (certificazione o autocertificazione) definiti nel decreto ministeriale di
attuazione del 12 maggio 2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2003.
Il decreto suddetto considera due tipologie di certificazione: quella relativa alla percezione di prestazioni previdenziali e/o assistenziali e quella relativa agli altri redditi.
I redditi derivanti dalla percezione di prestazioni previdenziali ed assistenziali, debbono essere certificati dagli organismi che erogano, nei singoli Paesi esteri, le prestazioni stesse.
Per i pensionati residenti nei Paesi ad economia avanzata, gli ulteriori redditi derivanti da cespiti diversi da quelli previdenziali e assistenziali, debbono essere certificati attraverso la presentazione di copia della dichiarazione dei redditi dalla quale risulti l'avvenuto inoltro all'Autorità fiscale del Paese di residenza. I pensionati, per i quali il livello del reddito non preveda, secondo la normativa locale, la presentazione della dichiarazione all'autorità fiscale, devono integrare la certificazione degli organismi previdenziali o assistenziali con una autocertificazione, dalla quale risultino gli eventuali ulteriori redditi percepiti.
Per i pensionati residenti nei rimanenti Paesi esteri, invece, gli ulteriori redditi derivanti da cespiti non previdenziali né assistenziali, possono essere attestati mediante autocertificazione resa all'autorità consolare italiana o ad uno degli enti di patronato di cui alla legge n. 152 del 30 marzo 2001.
I redditi accertati, secondo quanto previsto dall'articolo 49, sono utilizzati per la verifica della compatibilità con le quote di maggiorazione sociale già erogate, per la verifica della compatibilità con le altre prestazioni legate a livelli di reddito massimo e per la conversione degli importi reddituali dalla valuta estera in euro ed il confronto con i redditi equivalenti.
L'Inps ha, poi, precisato che per quanto riguarda l'accertamento reddituale riferito agli anni 2004/2005, la circolare n. 91 del 26 luglio 2006 ha previsto che i modelli reddituali compilati debbano essere presentati, entro 60 giorni dalla data di ricevimento, agli Enti di Patronato o ai Consolati italiani per l'inoltro telematico all'Istituto.
Qualora risultasse difficoltoso inoltrare la domanda tramite i suddetti Enti, è possibile spedire i modelli compilati e sottoscritti dall'interessato, con allegata la documentazione richiesta e una fotocopia di un documento di riconoscimento valido, alla Sede dell'Istituto che ha in carico la pensione. Quanto detto risulta chiaramente dal contenuto della lettera inviata ai pensionati interessati.
Sicuramente l'accertamento dei redditi dei pensionati residenti all'estero non è una operazione facile, né semplice, ed è grazie all'ampio e preventivo coinvolgimento dei Patronati, sentiti e consultati fin dalla fase di preparazione, che l'accertamento è possibile.
È stata poi messa a disposizione dei patronati e dei consolati una procedura telematica per l'acquisizione e istruzione delle pratiche e viene fornita continua assistenza informatica e telefonica di natura tecnica e amministrativa.
Per quanto riguarda il problema di carenza di personale all'interno delle sedi consolari e della relativa fornitura di adeguate attrezzature informatiche, l'Inps precisa che tale problematica esula dalle prerogative dell'Istituto e investe la competenza dei Ministero degli affari esteri.
Come concordato con gli enti di patronato, nell'attuale campagna Red, saranno evidenziati, in occasione della comunicazione degli eventuali indebiti, dati completi e significativi ed è stato concesso ai patronati la possibilità di verificare le operazioni di ricostituzione con accesso agli archivi dell'Istituto. A conclusione delle operazioni di acquisizione dei dati reddituali, verranno forniti chiarimenti alle Sedi con apposito messaggio al fine di omogeneizzare l'operato delle stesse.
Quanto al fatto poi che gli indebiti sono stati determinati dai ritardi dell'Inps, l'ente ha evidenziato che il beneficiario della prestazione deve comunicare annualmente le variazioni di reddito e l'operazione di verifica attuata dall'Inps è un'operazione successiva e di controllo.
Attualmente i modelli reddituali inoltrati sono stati 230.915 e, di questi, sono rientrati, alla data del 14 novembre 2006, i dati relativi a 152.010 modelli. Nel dettaglio risultano: n. 150.941 dichiarazioni reddituali convalidate; n. 1.069 dichiarazioni non convalidate (in quanto prive della documentazione necessaria); n. 424 rinunce e n. 1.558 decessi; n. 158 dichiarazioni di rientro in Italia.
Data l'alta percentuale di risposta dei modelli reddituali (66 per cento, l'Inps, al fine di ricevere la totalità delle dichiarazioni, ha concesso un ulteriore periodo di tempo per la riconsegna dei modelli. Pertanto, la data di restituzione dei modelli, è stata fissata per la fine di novembre 2006.
Gli eventuali indebiti, derivanti dall'attuale campagna Red, saranno noti solo dopo l'elaborazione dei dati al termine dell'accertamento reddituale.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
BONELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione italiana riconosce il diritto d'espressione a tutti i cittadini e la satira ne è una delle manifestazioni più tipiche, coerentemente il nostro sistema giuridico ne tutela la libertà d'espressione;
il quotidiano Puglia Press ha pubblicato una vignetta satirica firmata da Paolo Piccione, nella quale si ironizza sulla mancata iscrizione della squadra di calcio dell'UG Mandria Sport, quale ennesimo effetto del «malgoverno» nel Salento;
l'autore della vignetta, un agente di Polizia nato a Manduria, presta servizio da oltre sette anni, presso la Questura di Napoli ma, nel periodo in oggetto era aggregato al Commissariato di P.S. di Manduria per gravissimi e certificati motivi familiari;
l'attività pubblicistica dell'agente Piccione è ben nota, infatti, nel sito della Polizia di Stato, alla pagina http://www.poliziadistato.it/pds/primapagina/galassia/2005/poliziotti-scrittori.htm tra le schede degli scrittori in divisa se ne parla in questi termini: «Paolo Piccione: di mestiere fa il poliziotto, ma la sua passione è la matita. Abile vignettista satirico, in Capronic disegna esponenti della politica nazionale e locale, senza trascurare il mondo della giustizia e della Polizia. Edito da Plinio, costa 6 euro»;
nonostante la pubblicazione della vignetta non abbia prodotto alcuna turbativa d'ordine pubblico e neppure accese polemiche, il sindaco di Manduria, ritenendo la vignetta del Piccione altamente lesiva dell'immagine della città, ha minacciato di intraprendere vie legali e ha sporto lamentele in forma scritta, manifestando tutto il suo disappunto al Commissariato di P.S. di Manduria;
il 20 luglio 2006 il Commissariato di P.S. di Manduria chiede al questore di Taranto la disaggregazione dell'autore della vignetta e che l'aggregazione in oggetto non possa essere rinnovata in futuro. Richiesta poi accolta integralmente dal questore in data 21 luglio 2006;
il provvedimento preso dalla questura di Taranto appare all'interrogante oggettivamente sproporzionato in rapporto all'episodio scatenante, in particolare, il carattere ostativo di tale provvedimento, dato il gravissimo stato di salute in cui versa il padre dell'agente Piccione, appare difficilmente giustificabile -:
se non si valuti che la decisione di far venir meno, e in modo irrevocabile, un aggregazione di pubblico ufficiale peraltro legata a gravi motivi familiari dell'agente in questione, a causa della pubblicazione di una vignetta satirica, rappresenti una grave limitazione alla libertà di manifestare il proprio pensiero che è garantita a tutti i cittadini dalla nostra Costituzione -:
se non si reputi opportuno assumere gli opportuni provvedimenti per far venir meno gli effetti ostativi delle scelte operate dalla questura di Taranto.
(4-01367)
Risposta. - L'agente scelto della polizia di Stato, autore della vignetta satirica menzionata nelle premesse dell'atto di sindacato ispettivo parlamentare in oggetto, è stato assegnato temporaneamente, ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 255 del 1999, alla Questura di Taranto presso il Commissariato di pubblica sicurezza di Manduria, a decorrere dal 20 marzo 2006 fino al 10 maggio 2006, per assistere il padre in attesa di intervento chirurgico.
Detta assegnazione è stata prorogata, a seguito di richiesta del dipendente, fino al 10 luglio 2006.
Successivamente, il Dipartimento della pubblica sicurezza ha comunicato all'interessato, ai sensi dell'articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990, che l'ulteriore istanza di proroga prodotta in data 30 giugno 2006 non sarebbe stata accolta, sia per le eccezionali e note esigenze di servizio della Questura di Napoli, suo ufficio di appartenenza, sia per il lungo periodo di assegnazione temporanea già fruito dall'interessato, sia ancora per il parere contrario espresso sulla nuova istanza dalla competente Direzione interregionale della Polizia di Stato, che ha rilevato come il dipendente non abbia rappresentato nuove situazioni che potessero giustificare il protrarsi dell'assegnazione temporanea.
Si ricorda infatti che tale istituto può essere concesso al personale della polizia di Stato che ne abbia fatto richiesta per un periodo non superiore a sessanta giorni, rinnovabile nel caso di gravi ed eccezionali situazioni di carattere personale e familiare.
Il protrarsi dell'assegnazione oltre il periodo strettamente necessario non solo comporta una palese violazione della normativa di riferimento, ma determina anche un sostanziale snaturamento dell'istituto, che rischia di assimilarsi ad un trasferimento di fatto, del tutto inconciliabile con l'attuale disciplina della mobilità del personale della polizia di Stato.
La menzionata decisione dell'amministrazione della pubblica sicurezza prescinde, quindi, dalle circostanze segnalate dall'interrogante in ordine alla querela sporta dal sindaco di Manduria nei confronti del dipendente della polizia di Stato.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BURTONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
11 Magistrati della DDA (direzione distrettuale antimafia) di Catania hanno inviato al procuratore capo e al Ministero della giustizia un documento con il quale rassegnano le loro dimissioni, non essendo in condizione di adempiere ai compiti istituzionali loro assegnati;
nel documento sottoscritto dagli stessi si legge, fra l'altro, che «le continue e perduranti gravissime disfunzioni riscontrate, la carenza di personale tecnico e le condizioni fatiscenti ed obsolete delle autovetture blindate utilizzate non consentono di salvaguardare adeguatamente la nostra incolumità, né, tanto meno di garantire un corretto svolgimento dei compiti istituzionali» e che «a tale deficitaria condizione si è da ultima aggiunta un'avvilente indisponibilità di risorse finanziarie che non consentono, ormai da mesi, di approvvigionare le vetture di carburante, nemmeno per garantire la nostra presenza in udienza;
per protestare contro la carenza di risorse e la scarsa sicurezza loro garantita, gli 11 magistrati si sono visti costretti a rifiutare di firmare lo «schema d'accordo di protezione» trasmesso dal Ministero dell'interno il 18 agosto 2006;
il Procuratore della Repubblica di Catania, nel ricordare che da qualche tempo ha segnalato al Ministero della giustizia la grave carenza finanziaria in cui versa la DDA di Catania, ha evidenziato come - tanto più in un territorio profondamente colpito dalla mafia - accettare le dimissioni dei Magistrati sarebbe una sconfitta per lo Stato ed ha sottolineato che, in ogni caso, sarà costretto a limitare l'azione dei Magistrati stessi non
solo per problemi di bilancio, ma soprattutto di sicurezza;
anche l'Associazione nazionale Magistrati distrettuale, nell'esprimere solidarietà ed apprezzamento ai colleghi della DDA, per aver sempre operato con spirito d'abnegazione e consapevolezza del ruolo istituzionale, ha evidenziato che i problemi concernenti l'insufficienza di fondi riguarda tutti gli uffici giudiziari del distretto -:
se i Ministri interrogati o non ritengano che il problema sollevato dai magistrati della DDA di Catania debba essere risolto nel più breve tempo possibile;
in particolare, quali adeguati e tempestivi provvedimenti intendano disporre al fine di garantire ai magistrati della DDA di Catania un valido e concreto supporto sul fronte dei trasporti e della sicurezza.
(4-01641)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame il Procuratore della Repubblica di Catania ha confermato che effettivamente i sostituti procuratori facenti parte della Direzione distrettuale antimafia hanno chiesto la revoca dall'incarico con la motivazione che ritenevano essere venute meno le condizioni per svolgere serenamente e proficuamente la loro attività processuale, sia per la maggior esposizione a rischio, non potendo fare uso delle autovetture blindate, prive di carburante e di manutenzione, sia per la difficoltà di muoversi nell'ampio territorio di competenza per raggiungere aule-bunker, istituti carcerari, tribunali periferici. Nella propria nota il Procuratore della Repubblica ha, inoltre, fatto presente come da tempo siano esaurite le scorte di copertine, carta e toner necessari per l'espletamento delle attività ordinarie.
A questo proposito, si rappresenta che gli stanziamenti dei fondi assegnati sui capitoli gestiti da questa Amministrazione furono ridotti, dai noti tagli effettuati dalla legge finanziaria per il 2006, mediamente del 50 per cento e, per alcuni capitoli, anche in percentuale superiore. La Direzione generale competente, di conseguenza, si e trovata costretta a ridurre, in analoga misura, le assegnazioni ai funzionari delegati.
Sono, quindi, i funzionari delegati che, per la loro competenza territoriale, provvedono discrezionalmente alla ripartizione dei fondi a seconda delle esigenze rappresentate dagli stessi uffici giudiziari del distretto e, nella fattispecie, dalle Direzioni distrettuali antimafia.
Per quanto riguarda le spese di ufficio (capitolo 1469), la Direzione competente ha provveduto ad assegnare ai funzionari delegati, per l'anno 2006, tutti i fondi disponibili.
Sono state, infatti, assegnate e interamente accreditate per l'anno 2006 le seguenti somme:
alla Direzione nazionale antimafia euro 240.000;
alla Corte di appello di Catania euro 165.000;
alla Procura della Repubblica di Catania euro 54.000.
Sono stati, inoltre, richiesti, in assestamento di bilancio, fondi aggiuntivi, necessari per garantire la funzionalità degli uffici sino alla fine del 2006. Per quanto riguarda il capitolo 1468, sui cui fondi gravano le spese per l'assistenza e l'acquisto di materiale per il funzionamento delle fotocopiatrici di proprietà dell'Amministrazione, si rappresenta che sono stati accreditati ai funzionari delegati tutti i fondi disponibili.
A favore della Direzione distrettuale antimafia di Catania sono stati emessi quattro ordini di accreditamento per un importo complessivo di euro 222.500.
A favore della Corte di appello di Catania sono stati emessi quattro ordini di accreditamento per un importo complessivo di euro 111.250.
A favore della Procura della Repubblica di Catania sono stati emessi quattro ordini di accreditamento per un importo complessivo di euro 74.575.
Relativamente al servizio di trascrizione atti, al Presidente della Corte di appello di Catania che, nella sua qualità di funzionario delegato, provvede discrezionalmente
alla ripartizione dei fondi a seconda delle esigenze rappresentate dagli stessi uffici giudiziari del distretto, per la gestione dell'anno 2006 è stato finora accreditato l'importo di euro 544.901,89.
Per quanto riguarda la fornitura di arredi ed attrezzature, ogni richiesta avanzata dagli uffici giudiziari di Catania risulta regolarmente evasa.
In particolare, per la Corte di appello di Catania, a seguito di richiesta trasmessa dalla Presidenza del Corte di appello, è stata autorizzata con nota n. 22964 del 12 giugno 2006 la procedura di acquisto di due impianti di archivio, da installare nei locali delle cancellerie, ritenuti indispensabili per la consultazione dei fascicoli processuali, civili e penali. Per la Procura generale di Catania è stato autorizzato, con nota n. 36291 del 10 ottobre 2006, l'espletamento della procedura per l'acquisto di arredi relativi allo studio del Procuratore venerale dottor Tenebra. Per il Tribunale di Catania, con nota n. 18572 dell'11 maggio 2006, è stato autorizzato l'acquisto di arredi ed è stata assicurata la copertura finanziaria per l'importo di euro 154.298,40, Iva inclusa.
Infine, per la Procura della Repubblica di Catania, negli ultimi tempi non sono pervenute richieste relative all'acquisizione di arredi; le richieste precedentemente avanzate sono state regolarmente soddisfatte dalla Direzione competente.
La predetta Procura ha in dotazione 27 fotocopiatrici a noleggio e 47 apparecchi fax.
Per quanto riguarda il Cordinamento interdistrettuale per i sistemi informativi automatizzati di Catania, per soddisfare la domanda di arredi avanzata dall'Ufficio con nota n. 31739 del 5 settembre 2006, è stato autorizzato l'acquisto di quanto richiesto, assicurando la copertura finanziaria per euro 17.035, Iva inclusa.
In merito alla situazione del parco vetture della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania e dei fondi assegnati per la loro gestione, si fa presente che presso il suddetto ufficio risultano in servizio 10 magistrati protetti, a fronte di 20 autovetture specializzate.
Lo stato d'uso generale delle vetture risulta «ottimo» per le vetture di più recente immatricolazione e «buono» per le altre, secondo quanto riportato nel prospetto inviato al Ministero dalla Direzione nazionale antimafia. Per quanto riguarda la situazione dei fondi per l'acquisto del carburante e della manutenzione ordinaria, di cui si lamenta l'insufficienza, non si può che ribadire che tale situazione è conseguenza del taglio dei fondi subito in questi ultimi anni, in particolare a seguito della legge finanziaria per il 2006.
Per tale anno, ai fini dell'acquisto del carburante e della manutenzione ordinaria cap 1466), è stato possibile assegnare alla Direzione distrettuale antimafia per la successiva ripartizione alle Direzioni distrettuali antimafia la complessiva somma di euro 438.000 (109,500 a trimestre); non sarebbe stato possibile assegnare una somma maggiore se non penalizzando, ulteriormente, i distretti giudiziari periferici.
In relazione alla tutela dei magistrati in servizio presso la Direzione distrettuale di Catania, il Ministero dell'interno ha riferito che l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis) ha invitato il Prefetto di Catania ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, ogni possibile iniziativa per assicurare i dispositivi atti a tutelare l'incolumità di ciascun magistrato del distretto, secondo le modalità esecutive ai sensi dell'articolo 9 decreto ministeriale 28 maggio 2003.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CAPOTOSTI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
alcuni paesi della provincia di Terni (Melezzole - frazione del comune di Montecchio - ed Acqualoreto - frazione del comune di Baschi) hanno segnalato con preoccupazione l'imminente chiusura definitiva di uffici postali ivi dislocati;
tale chiusura definitiva di sedi decentrate e localizzate in siti disagiati, sembrerebbe
dettata da mere motivazioni di carattere gestionale e finanziario;
il bacino di utenza dei predetti uffici è costituito da anziani, non tutti in grado di raggiungere altre sedi per il disbrigo delle necessità quotidiane (conti correnti, raccomandate, ritiro della pensione, eccetera);
l'evidente e grave disagio delle comunità locali che, seppur di piccole dimensioni, subirebbero una rilevante restrizione di un servizio sociale di primaria importanza;
tale decisione suscita ancora più perplessità in considerazione della fruttuosa iniziativa del comune di Baschi intesa a impegnarsi al pagamento del canone d'affitto del locale dell'ufficio postale interessato -:
se il Governo sia a conoscenza di quali giustificazioni la società «Poste Italiane» adduca per la chiusura definitiva di alcuni piccoli uffici postali nell'ambito della propria missione istituzionale di primario servizio pubblico;
in quale maniera la stessa società «Poste Italiane» intenda alleviare gli inevitabili disagi che parte della popolazione andrebbe a subire;
in che modo le strutture ministeriali condotte dal Ministro interrogato agiscano a livello locale al fine di monitorare l'attività gestionale di «Poste Italiane» e salvaguardare gli interessi legittimi dei cittadini coinvolti;
quali iniziative siano state o saranno intraprese per risolvere tale problematica situazione, tenendo presente che anche una limitata apertura articolata su 2 giorni a settimana per 4 ore sarebbe, in ogni caso, capace di alleviare i predetti disagi.
(4-00642)
Risposta. - Si ritiene opportuno premettere che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni (delibera CIPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale, anche sotto il profilo della gestione del personale, materie che rientrano nell'ambito dell'autonomia della società, la quale, tuttavia, è tenuta ad impostare i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità adeguati.
Al Ministero delle comunicazioni - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale, tra i quali è previsto quello di assicurare che tale servizio venga effettuato su tutto il territorio nazionale secondo criteri di ragionevolezza.
Tale indeterminatezza normativa - sia a livello comunitario (direttiva 97/67/CE), sia a livello nazionale (decreto legislativo n. 261/1999 di recepimento della predetta direttiva) - in merito alla indicazione di criteri puntuali di accesso alla rete postale ed alla distribuzione degli uffici sul territorio non ha consentito finora di intraprendere azioni efficaci circa il rispetto degli obblighi di fornitura del servizio universale.
Per il superamento della problematica il Ministero ha condotto uno studio analitico e comparativo delle normative di regolamentazione del settore postale negli altri Paesi dell'Unione europea con particolare riferimento ai criteri adottati per la determinazione dei punti di accesso alla rete postale pubblica.
Ciò al fine di poter disporre di ogni utile elemento per l'adozione di un futuro provvedimento volto a regolamentare in maniera certa la dislocazione sul territorio degli uffici postali e delle cassette postali.
Relativamente alla questione in esame si significa che nel nuovo contratto di programma, in corso di approvazione, si intende garantire l'efficienza del servizio postale senza, tuttavia, intaccare la capillarità della rete soprattutto nei centri più piccoli e nelle aree geograficamente svantaggiate. In particolare lo schema di contratto di programma prevede che siano individuati -
nel periodo di vigenza del contratto - d'intesa con la società, e sentito il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, i parametri relativi alla distribuzione degli uffici postali e dei servizi sul territorio, l'orario di apertura degli sportelli in relazione alle prestazioni richieste ed ai tempi di erogazione del servizio, in coerenza con gli impegni assunti dalla società Poste nella Carta della qualità.
In tale ottica è in fase di istituzione un tavolo di confronto con la società Poste stessa ed i rappresentanti delle istituzioni locali e dell'utenza al fine di affrontare tutte le problematiche connesse alla rimodulazione degli orari di apertura del pubblico degli uffici e di individuare soluzioni che, pur tenendo conto dell'esigenza della società di mantenere l'equilibrio economico, risultino adeguate a soddisfare le richieste dell'utenza nei diversi contesti e situazioni locali.
Ciò chiarito in linea generale, per quanto concerne la specifica situazione degli uffici indicati dall'interrogante nell'atto parlamentare cui si risponde, si fa presente che la chiusura dell'ufficio di Acqualoreto, presso il quale risultava effettuato un esiguo numero di operazioni quotidiane, rientra nel quadro delle chiusure programmate e comunicate dalla soc. Poste da realizzare già nel 2005.
Tale chiusura, ha comunicato la stessa società, è stata tuttavia bilanciata con l'apertura, con orario a tempo pieno, del vicino ufficio di Morre che precedentemente operava solo per quattro giorni a settimana nel periodo estivo e cinque giorni in quello invernale.
L'ufficio postale di Mellezzole è stato invece interessato da una rimodulazione dell'orario di servizio, passando da un'apertura quotidiana di due ore e trenta ad una di due giorni a settimana rispettando, però, il normale orario di sei ore.
Stando a quanto riferito da Poste italiane le iniziative suddette sono state comunicate ai rappresentanti delle amministrazioni locali interessate.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
CARDANO e FORGIONE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 3 maggio 2006 il giudice Mariani del Tribunale di Novara ha emesso una sentenza esecutiva che prevede il reintegro di quattro lavoratori licenziati il 10 marzo 2003 senza giusta causa dalla ditta Santi S.p.A. di Cameri (Novara);
tale sentenza in data 13 giugno 2006 è stata depositata integralmente presso la Cancelleria, quindi notificata alla ditta Santi;
uno dei quattro lavoratori si è già più volte presentato alla ditta Santi per la regolare e legittima riassunzione; non solo non gli è stato dato modo di riprendere il proprio posto di lavoro ma è stato costretto a chiamare i carabinieri per riuscire almeno a parlare con una qualsiasi persona all'interno della ditta Santi;
sono state fatte da parte di questo lavoratore già due denunce all'Ispettorato di Lavoro di Novara per il mancato reintegro e la mancata retribuzione;
lo stesso sindacato CGIL ha aperto una vertenza in merito;
non si comprendono i motivi di un tale accanimento nei confronti del suddetto lavoratore; la ditta Santi non sta attraversando una crisi economica aziendale, tant'è vero che l'azienda, come risulta all'interrogante, sta continuando ad assumere personale tramite diverse Agenzie;
questa situazione è diventata insostenibile e, soprattutto, inaccettabile per il suddetto lavoratore che non vede rispettati i propri diritti, acquisiti attraverso una sentenza esecutiva da parte del giudice del Tribunale di Novara che prevede il suo reintegro nella ditta Santi -:
se, a fronte del comportamento omissivo tenuto dalla ditta Santi, non ritenga necessario disporre un'immediata ispezione al fine di tutelare i diritti del lavoratore.
(4-01108)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica l'esito delle indagini esperite dalla Direzione provinciale del lavoro di Novara.
La vicenda dei tre lavoratori licenziati si è risolta, in quanto il lavoratore Santi Domenico è stato reintegrato sul posto di lavoro, raggiungendo altresì un accordo per la parte economica; il lavoratore Greco Giuseppe ha raggiunto un accordo economico rinunciando al reintegro in azienda ed i lavoratori Lombardi Giuseppe ed Oddo Maurizio hanno rinunciato al reintegro ed hanno accettato una transazione economica in via di definizione.
Infine, si fa presente che l'azienda risulta in regola con il versamento dei contributi previdenziali e premi assicurativi.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
CARUSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 26 novembre 2006, in occasione della partita di calcio Pescara-Napoli, all'esterno dello stadio Adriatico del capoluogo abruzzese si sono verificati gravi scontri tra tifosi del Napoli e forze dell'ordine;
il bilancio finale parla di nove contusi, sei dei quali tra le forze dell'ordine, tre i fermi e quattro le auto incendiate, tra cui una volante della polizia;
durante gli incidenti veniva ferito in modo grave Gianluca Chiagas, un giovane di 25 anni di Brusciano, tuttora ricoverato in coma farmacologico all'ospedale di Pescara;
sul ferimento del giovane tifoso le versioni ufficiali sono state fin dal primo momento frammentarie e contrastanti: le agenzie di stampa, infatti, battevano poche ore dopo l'accaduto che «è ancora incerta la dinamica dell'accaduto... gli inquirenti stanno cercando di capire se il giovane sia caduto dalla gradinata battendo la testa o se la ferita gli sia stata procurata dallo scoppio di un petardo lanciato da altri tifosi partenopei nella concitazione degli incidenti che hanno preceduto l'inizio della gara»;
dal referto e dalle successive perizie mediche si evince invece che i danni non potevano essere provocati né da una bomba carta, né da un razzo ma da un corpo contundente di forma tonda; lo stesso primario dell'ospedale di Pescara dove il Chiagas è ricoverato afferma che l'ipotesi più plausibile è che il giovane tifoso sia stato colpito da un lacrimogeno sparato ad altezza d'uomo e a distanza ravvicinata;
appare purtroppo sempre più diffuso in situazioni d'ordine pubblico, l'utilizzo del lanciagranate come arma da fuoco, violando le disposizioni che impongono il lancio a parabola, come testimoniano anche le ultime dichiarazioni dell'ex carabiniere Placanica, rilasciate in data 30 novembre 2006 al quotidiano Calabria Ora, il quale afferma che durante gli scontri di piazza a Genova «...il maggiore Cappello mi ha preso il lanciagranate perché diceva che non ero capace. Io stavo sparando a "parabola", così come mi è stato insegnato, e invece lui ha iniziato a sparare ad altezza d'uomo, colpendo in faccia le persone», dichiarazione sufficiente, ad avviso dell'interrogante, ad avviare un procedimento disciplinare nei confronti dell'autore di questo deprecabile gesto -:
di quali informazioni disponga il ministro in merito ai fatti sopracitati;
se non ritenga opportuno avviare un'indagine interna per appurare eventuali responsabilità da parte di appartenenti alle forze di polizia, in ordine al ferimento del Chiagas;
se non ritenga opportuno contrastare la deplorevole usanza esposta in premessa.
(4-01860)
Risposta. - Il 25 novembre 2006 si è svolta presso lo stadio Adriatico di Pescara la partita di calcio Pescara-Napoli, alla presenza di numerosi spettatori, molti dei
quali - circa 2.500 - provenienti da Napoli; nell'occasione, la Questura ha provveduto ad un accurato dispositivo di ordine e sicurezza pubblica, utilizzando a tal fine anche un contingente del reparto mobile di Bari.
Mezz'ora prima della partita, alcune centinaia di tifosi napoletani hanno cercato di sfondare i varchi d'ingresso e di accedere allo stadio senza biglietto e senza sottoporsi ai prescritti controlli.
Il reparto di polizia che presidiava il settore, composto da circa 40 unità, nell'opporsi a tale iniziativa, è stato aggredito in modo violento, con oggetti contundenti e bombe carta, anche alle spalle da tifosi già presenti in curva.
Il funzionario di polizia responsabile del reparto è stato colpito ad un ginocchio da un oggetto metallico ed al petto da un razzo incendiario. Altri cinque operatori hanno riportato ferite giudicate guaribili in 5-10 giorni.
Nel corso degli eventi il personale, che con grande determinazione è riuscito ad aprirsi un varco, è stato costretto al lancio di artifizi lacrimogeni.
In seguito, su segnalazione di alcuni tifosi, è stata fatta intervenire un'autoambulanza per prestare soccorso ad un giovane che risultava ferito sugli spalti.
Costui è stato ricoverato all'ospedale civile di Pescara con prognosi riservata e sottoposto ad intervento chirurgico.
Premesso che non vi sono immagini del ferimento, in quanto l'evento si è verificato in una zona non coperta dalle telecamere, si precisa che dagli accertamenti effettuati è emerso che il giovane, trovato riverso sulla scala d'accesso all'anello inferiore della curva sud, sarebbe stato trasportato sugli spalti da altri tifosi. Nel riferire ai volontari che erano intervenuti a prestare i primi soccorsi, alcuni presenti hanno attribuito il fatto ad una caduta mentre altri allo scoppio di una bomba carta. In ospedale, due giovani hanno invece affermato che l'interessato sarebbe stato colpito da un lacrimogeno lanciato durante i tafferugli.
Il chirurgo che ha operato il ferito ha commentato che la lesione al cranio riscontrata al medesimo sarebbe stata provocata da un oggetto duro, di forma verosimilmente cilindrica, con diametro di circa 3-3,5 cm; nella zona del trauma non sono state notate bruciature o esiti di una combustione, né quelli dell'impatto con un oggetto ad alta temperatura. Il chirurgo ha ritenuto compatibile con la frattura riscontrata l'impatto con un cilindro metallico lanciato, poco prima della partita, dalla curva dei tifosi napoletani verso il campo e caduto sulla pista di atletica.
In relazione all'ipotesi di ferimento con un lacrimogeno, si evidenzia che il lancio sarebbe comunque avvenuto - come testimoniano le immagini degli incidenti - dal basso verso l'alto ad una distanza di circa 20/30 metri.
La Questura di Pescara ha, peraltro, precisato che dagli accertamenti svolti non v'è la possibilità - allo stato - di individuare con certezza l'oggetto che ha determinato il ferimento del tifoso.
In ogni caso, risulta che l'impiego di artifizi lacrimogeni in occasione degli incidenti allo stadio di Pescara è stato effettuato nel pieno rispetto delle norme e delle cautele previste, in una situazione di evidente necessità, ed in modo da limitare, per quanto possibile, il coinvolgimento di persone estranee ai fatti.
In ultimo, come è noto, alla luce del recente susseguirsi di gravissimi episodi di violenza verificatesi in occasione di avvenimenti sportivi, il Governo ha varato il decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8.
Il suddetto decreto introduce, in particolare, una serie di norme finalizzate ad ampliare e migliorare gli strumenti di prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza, anche attraverso l'immediata applicazione di misure che modulano l'organizzazione e lo svolgimento delle manifestazioni sportive riguardanti il gioco del calcio, in relazione all'adeguamento degli impianti sportivi alle vigenti normative, nonché attraverso il perfezionamento delle misure volte a contrastare, con maggiore vigore, la degenerazione violenta del tifo sportivo.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CIRIELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
così come si evince dalla copia di deliberazione del Consiglio comunale di Mercato San Severino, in Provincia di Salerno, del giorno 21 giugno 2006, pare che il Consigliere Antonio Figliamondi, in sede di Consiglio Comunale, abbia letto una relazione, che è poi stata rassegnata agli atti e allegata al verbale sotto la lettera «E», nella quale sottolinea la mancanza di trasparenza relativa ad alcuni episodi accaduti al Comune di Mercato San Severino;
da quanto si evince dal testo del verbale allegato alla presente interrogazione, pare che il Consigliere Antonio Figliamondi abbia affermato che: «... nei rapporti col Personale si verificano casi di mobbing nei confronti di dipendenti comunali non allineati con le posizioni dell'Amministrazione Comunale, riferendosi in particolare al geometra Pasquale Pannullo il quale, a dire del Consigliere Figliamondi, è stato spostato senza motivo dal Responsabile dell'Area Tecnica dai posti di responsabilità che ricopriva prima, nonché al dipendente ragioniere Vincenzo Ranisi il quale, sempre a dire del predetto Consigliere, è stato parcheggiato all'Ufficio Anagrafe per volere del Vice Sindaco Giovanni Romano solo perché il Ragioniere Ranisi sarebbe amico di un deputato nominato nel testo medesimo -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se corrispondenti al vero, quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-00882)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica quanto emerso dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Salerno presso il comune di Mercato S. Severino.
Effettivamente, in data 21 giugno 2006 presso il comune si è riunito il Consiglio comunale di Mercato S. Severino e, nel corso del dibattito, è intervenuto il consigliere Figliamondi Antonio, con la lettura di una relazione che è stata allegata a verbale di seduta, sotto la lettera «E».
Premesso ciò, si rappresenta che dall'esame dell'allegato «E» non risulta nulla in ordine a fenomeni di mobbing.
Secondo quanto fatto presente e comprovato dal Segretario generale del comune di Mercato S. Severino, in data 19 settembre 2006, il sindaco pro tempore e il vice sindaco del comune di Mercato S. Severino consegnavano ai locali Carabinieri, per il successivo inoltro alla competente autorità giudiziaria, un atto di denuncia-querela per i reati di calunnia e diffamazione aggravata in ordine all'intervento e alle modalità dello stesso effettuato dal consigliere Figliamondi nella seduta del 21 giugno 2006.
In realtà, già in data 23 giugno 2006 risulta inoltrata allo Procura della Repubblica di Salerno comunicazione, ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale da parte del Presidente del Consiglio Comunale e del Segretario generale, nella quale gli stessi in qualità di pubblici ufficiali relazionano in ordine al comportamento tenuto dal consigliere Figliamondi nella seduta del 21 giugno 2006, rimettendo gli atti all'autorità giudiziaria affinché questa valuti la sussistenza di eventuali notizie di reato.
Per quanto concerne la posizione del ragioniere Vincenzo Ranisi, già dipendente del Comune con mansioni di responsabile dell'Ufficio gare e appalti, si precisa che il Segretario generale ha rappresentato di aver già riferito sulla posizione dello stesso alla Prefettura di Salerno con nota riservata del 4 settembre 2005.
Dall'esame della predetta nota si rileva che, a seguito di un contenzioso giudiziario e di una inchiesta amministrativa interna che ne era scaturita, erano state ravvisate situazioni da ritenere «... quali fondati presupposti che determinano una chiara incompatibilità ambientale del dipendente, in relazione alle funzioni che attengono all'espletamento dei compiti di responsabile dell'Ufficio gare e appalti».
Successivamente con ordine di servizio del 4 ottobre 2004, preceduta da una informativa sindacale del 27 settembre 2004,
il Segretario generale, nel quadro di una mobilità plurima interessante n. 3 dipendenti, disponeva l'assegnazione del ragioniere Vincenzo Ranisi ad altra area, in sostituzione di un altro dipendente.
Non risulta, secondo quanto rappresentato dal Segretario generale, che l'ordine di servizio in questione sia stato oggetto di ricorso giurisdizionale o amministrativo da parte degli interessati, né tantomeno che le rappresentanze sindacali unitarie abbiano formalmente espresso motivi di dissenso in ordine allo stesso.
Per quel che attiene la posizione del geometra Pannullo Pasquale, dall'esame degli atti a lui relativi risulta che con determina prot. n. 193 del 2 aprile 2003, a firma del responsabile del servizio lavori pubblici ed avente ad oggetto la nomina dei responsabili dei procedimenti amministrativi ai sensi della legge n. 241 del 1990, il signor Pannullo Pasquale fu nominato, nell'ambito del Servizio gestione e manutenzione patrimonio, responsabile dell'Ufficio ecologia e servizio protezione civile.
Successivamente, con altra determina prot. n. 714 del 23 novembre 2004, sempre a firma del responsabile del Servizio lavori pubblici, fu attribuita allo stesso dipendente la nomina di responsabile del Settore contabilità del Servizio lavori pubblici.
Da ultimo, con nota del 7 novembre 2004, è stata attribuito al geometra Pannullo Pasquale il compito di predisporre tutti gli atti previsti dalla vigente normativa per l'esecuzione dei lavori in danno, mantenendo, nel contempo, la nomina di responsabile del Settore contabilità del Servizio lavori pubblici atteso che, secondo quanto dichiarato dal responsabile del servizio, il compito attribuito era sempre riconducibile al settore contabilità.
Anche per quel che riguarda la posizione del Pannullo, sempre secondo quanto rappresentato, non risulta che vi siano state opposizione formali di alcun genere agli incarichi attribuiti.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
CORDONI, SERENI, MOTTA, INTRIERI, MARIANI, INCOSTANTE, TRUPIA, CHIAROMONTE, DEIANA, ZANOTTI, DATO, LENZI, VELO, BUFFO, SUPPA, PINOTTI, MERLONI, GHIZZONI, BIMBI, DE BIASI, DI SALVO, AMICI, FRIAS, MASCIA, BELLANOVA, CINZIA MARIA FONTANA, RAMPI, SAMPERI, NICCHI, SERVODIO e D'ANTONA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 7 marzo 1997 è stata approvata dal Consiglio dei ministri una direttiva riguardante «Azioni volte a promuovere l'attribuzione di posti e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelta e qualità sociale a donne e uomini»;
dalla stampa si apprende che sono in scadenza numerosi incarichi pubblici, che riguardano il cambio al vertice di alcune tra le più importanti aziende pubbliche del paese, come Ferrovie dello Stato, Inps, Inail, Ipost, eccetera;
per le suddette nomine, sempre dalle informazioni fornite dalla stampa, si ipotizzano e si ventilano, candidature esclusivamente di genere maschile -:
se il Governo intende applicare le regole delle pari opportunità, come previsto nelle più avanzate democrazie nord-europee, assicurando una presenza significativa delle donne negli organismi di nomina governativa e negli incarichi di responsabilità dell'amministrazione pubblica.
(4-01947)
Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare in esame l'interrogante chiede se il Governo intende applicare le regole delle pari opportunità, come previsto nelle più avanzate democrazie nord-europee in occasione del cambio di vertice di importanti aziende pubbliche del Paese.
Al di là del rodaggio iniziale del Governo e della lunga tradizione non positiva in questo campo, è costante attenzione di questo Governo garantire, nel corso dell'intero mandato, una adeguata presenza delle donne in incarichi di responsabilità della
amministrazione pubblica, così come in tutti i punti di direzione della società.
Il richiamo alle democrazie nord europee costituisce, in questo senso, un riferimento importante. Sono ben note a questo Governo le esperienze virtuose di Paesi del Nord Europa (tra i quali la Norvegia) che hanno pure imposto le quote rosa negli incarichi di vertice delle pubbliche amministrazioni come nei consigli di amministrazione delle aziende private. Anche in Francia e in Spagna sono state emanate direttive volte a supportare le nomine delle donne a tutti i livelli, specie ai livelli più alti. In Francia è già operativa una certificazione delle imprese che attuano politiche di pari opportunità e in Spagna il disegno di legge sull'uguaglianza ne prevede uno analogo, comprensivo del parametro della presenza equilibrata di uomini e donne negli organi di direzione. Nel caso spagnolo ciò darà diritto a particolari vantaggi nell'assegnazione degli appalti pubblici. Il Ministero dei diritti e delle pari opportunità ha già avviato interessanti colloqui coi Ministeri competenti per valutare tali normative, anche in vista di un recepimento non rituale della direttiva comunitaria del 5 luglio 2006 sulla parità di trattamento in ambito lavorativo, che la Camera ha opportunamente inserito nel disegno di legge comunitaria ora in corso di esame al Senato.
L'obiettivo di «irrobustire» la presenza femminile nelle istituzioni e nei grandi enti è dal Governo ampiamente condiviso. Peraltro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2006 di conferimento delle deleghe al Ministro per i diritti e le pari opportunità, prevede espressamente nel suo preambolo il richiamo alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 marzo 1997, menzionata dagli interpellanti, intitolata «Azioni volte promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità delle donne a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini». Tale direttiva, indirizzata a tutti i Ministri, già prevedeva, nei suoi punti chiave, la necessità di assicurare una presenza significativa delle donne, valorizzandone competenze ed esperienze, negli organismi di nomina governativa e in tutti gli incarichi di responsabilità della amministrazione pubblica.
Inoltre il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del giugno 2006, all'articolo 3, prevede espressamente che il Ministro per i diritti e le pari opportunità assista il Presidente del Consiglio dei ministri ai fini dell'esercizio del potere di nomina alla Presidenza di enti, istituti o aziende di carattere nazionale di competenza dell'amministrazione statale ai sensi dell'articolo 3 comma 1 della legge 23 agosto 1988 n. 400.
Il Ministro intende naturalmente avvalersi di tale prerogativa per l'adeguato riconoscimento di talenti e meriti femminili nel perseguimento dell'effetto, certamente da tutti auspicato, di una massiccia presenza delle donne nei punti di direzione della società, ove la presenza femminile è da sempre particolarmente marginale. Peraltro ormai da alcuni decenni le donne accedono in elevata percentuale alle professioni di alta qualificazione e ad impieghi che comportano assunzione di responsabilità sicché il bacino di personale femminile cui attingere per capacità ed esperienza, al fine di ricoprire incarichi di grande responsabilità per l'amministrazione della cosa pubblica, è particolarmente nutrito ed eterogeneo.
In occasione dell'approvazione in Consiglio dei ministri lo scorso 8 settembre del regolamento sulle nomine dei direttori scientifici degli istituti di ricovero e cura, anche su sollecitazione del nostro ministero, il Consiglio dei ministri ha già inserito la clausola «tenendo conto dell'equilibrio di genere» rispetto alla scelta dei membri della commissione incaricata di selezionare i candidati. Ma soprattutto, più in generale, anche per nostra sollecitazione, lunedì 25 settembre il Capo di gabinetto del Ministro per l'attuazione del programma di Governo ha trasmesso a tutti i Ministeri la versione definitiva delle linee-guida per l'attuazione dell'articolo 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che prevede il riordino di molti organi collegiali di grande rilievo delle amministrazioni
pubbliche. In tale documento è espressamente previsto quanto segue:
«S'invitano le amministrazioni a inserire nell'ambito dei provvedimenti di riordino una disposizione che preveda che, nella composizione degli organismi riorganizzati, si tenga conto dell'"equilibrio di genere" (ad esempio "I componenti dell'organismo XXX sono nominati con decreto del Ministro YYY tenendo conto dell'equilibrio di genere"). Ciò in conformità a quanto già indicato nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 1997 recante "Azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini"».
È pertanto evidente che d'ora in poi, invece di dover motivare ogni volta l'inserimento di detta clausola, ridiscutendo costantemente le motivazioni e il valore precettivo della direttiva Prodi-Finocchiaro, i provvedimenti che arriveranno in Consiglio dei ministri saranno normalmente ab origine provvisti di detta clausola o, in mancanza sarà quanto mai agevole ottenerne il pronto inserimento, vista la recentissima riaffermazione del principio.
Il Consiglio dei ministri del 22 settembre 2006, che era chiamato a decidere relativamente al riordino del Consiglio superiore delle comunicazioni, dopo che il primo progetto delle linee-guida era stato diramato, ha approvato il relativo Regolamento concordando il successivo inserimento di una clausola di tal genere.
Il successivo Consiglio dei ministri del 6 ottobre relativamente al Comitato tecnico-scientifico per il controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato, il primo svoltosi dopo la diramazione del testo definitivo delle linee-guida, nell'articolo 1 comma 2 ha utilizzato un'analoga dizione secondo cui i componenti sono scelti «nel rispetto del principio di pari opportunità tra uomini e donne».
A conforto di questo orientamento il Consiglio di Stato, in sede di emanazione dei pareri obbligatori richiesti in relazione alla stesura dei regolamenti di riordino, ai sensi dell'articolo 29 del decreto-legge n. 223 del 2006, ha suggerito l'inserimento in tutti i regolamenti di un'unica disposizione di carattere generale del seguente tenore: «In caso di nomine di nuovi componenti si tiene conto del principio di pari opportunità tra uomini e donne».
In ogni caso, in occasione dell'intervento relativo alle cosiddette «quote» rispetto ai vari livelli di rappresentanza, una riforma dovuta in seguito a quella dell'articolo 51 della Costituzione, è nostro intento inserire di una norma relativa alle nomine di tutti gli organi pubblici titolari di poteri di nomina e di designazione, sia per quelli collegiali ove far valere la rappresentanza paritaria di genere sia per quelle monocratiche ove l'equilibrio può essere conseguito nell'insieme. Accanto a tale norma impegnativa per il livello centrale va altresì previsto che la Conferenza unificata presenti una relazione annuale alle Camere sulla puntuale applicazione di tale norma ai livelli sub-nazionali, rispettando, per regioni ordinarie, il nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione che vincolando il complesso della legislazione regionale alla rimozione degli ostacoli che impediscono la parità tra uomini e donna comprendono anche il tema delle nomine per le regioni speciali le analoghe disposizioni statutarie inserite con la legge costituzionale n. 2 del 2001.
Infine il disegno di legge finanziaria 2007 ha inserito il rispetto del principio delle pari opportunità per l'istituto di valutazione del sistema scolastico (Invalsi, già articolo 66, ora comma 269 dell'articolo 18), a dimostrazione del fatto che l'attenzione del Governo è costante e puntuale.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.
COTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'aliquota al 10 per cento è prevista per le prestazioni elencate al punto 123)
della tabella A, parte III, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto»;
il punto 123) della tabella A, parte III, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 recita: «spettacoli teatrali di qualsiasi tipo, compresi balletto, opere liriche, prosa, operetta, commedia musicale, rivista; concerti strumentali; attività circensi e dello spettacolo viaggiante, spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti»;
l'Agenzia delle entrate ha specificato, con la risoluzione 83/E, che sono assoggettati all'aliquota IVA del 10 per cento i corrispettivi dovuti dagli spettatori per assistere alle rappresentazioni spettacolistiche indicate al punto 123) della tabella suddetta A;
le prestazioni artistiche che singoli o gruppi di artisti forniscono agli organizzatori per la realizzazione degli spettacoli, sono assoggettate all'aliquota IVA del 20 per cento, ad esclusione dei «contratti di scrittura connessi con gli spettacoli teatrali» come espresso al n. 119 della citata tabella A, che sono assoggettati all'aliquota IVA del 10 per cento;
l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 138/E del 28 settembre 2001, per quanto concerne la nozione di spettacolo teatrale, ha chiarito che la stessa deve essere desunta «dalla tabella A, parte III del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che al n. 123) fa espresso riferimento agli spettacoli teatrali di ogni tipo, compresi balletto, opere liriche, prosa, operetta, commedia musicale e rivista»;
l'aliquota ridotta al 10 per cento viene quindi applicata solo a quegli accordi che hanno per oggetto prestazioni artistiche o tecniche strumentali alla realizzazione degli spettacoli teatrali di cui alla prima parte del punto 123) della citata tabella A;
alle prestazioni artistiche relative alle altre attività di spettacolo elencate al punto 123) della tabella A, ivi comprese quelle relative ai «concerti vocali e strumentali», si applica l'aliquota IVA ordinaria nella misura del 20 per cento;
che l'attuale imposta al 20 per cento penalizza in maniera rilevante tutta l'attività concertistica, dato che i committenti sono spesso enti pubblici (comuni, province e regioni) che non hanno la possibilità di recuperare l'imposta -:
come mai a spettacoli come il balletto, le opere liriche, la prosa, l'operetta, la commedia musicale e la rivista viene applicata l'aliquota IVA nella misura del 10 per cento e ad altri spettacoli come i concerti strumentali e vocali viene applicata l'aliquota nella misura del 20 per cento;
quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per non penalizzare l'attività concertistica delle stagioni concertistiche e delle orchestre italiane.
(4-01855)
Risposta. - L'orientamento fornito dall'Agenzia delle entrate in ordine all'interpretazione della disposizione oggetto dell'interrogazione era coerente con la disciplina vigente prima dell'approvazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007).
La predetta legge finanziaria ha introdotto una norma di carattere interpretativo con cui si stabilisce che «Per contratti di scrittura connessi con gli spettacoli teatrali di cui al n. 119 della Tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, devono intendersi i contratti di scrittura connessi con gli spettacoli individuati al n. 123, della stessa tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972».
Pertanto l'applicazione dell'aliquota Iva ridotta del 10 per cento potrà essere estesa non solo ai contratti connessi agli spettacoli teatrali di qualsiasi tipo - compresi opere liriche, balletto, prosa, operetta, commedia musicale, rivista - ma anche a quelli aventi ad oggetto concerti vocali e strumentali, attività circensi e dello spettacolo viaggiante,
spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti.
L'interpretazione auspicata dall'interrogante è stata dunque recepita dalle disposizioni contenute dalla legge finanziaria per il 2007.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Elena Montecchi.
GIULIO CONTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 24 febbraio 1997 fu ucciso a Rimini Giovanni Pascale;
del fatto fu accusato Ivan Liggi, poliziotto arruolatosi in data 18 marzo 1992 e in servizio al momento della morte del Pascale;
il poliziotto Ivan Liggi, Agente della Polizia Stradale di Rimini, fu ritenuto responsabile dell'omicidio volontario del Signor Giovanni Pascale dalla Corte di Assise di Apello di Bologna il 9 ottobre 2002;
la sentenza fu confermata dalla Suprema Corte di Cassazione in data 15 ottobre 2004;
attualmente il poliziotto Ivan Liggi è ristretto nella Casa Circondariale di Forlì;
come da Regolamento, in seguito alla morte del Pascale, il Liggi fu sospeso cautelativamente da ogni incarico e incarcerato presso la prigione di Forte Boccea di Roma;
il 14 aprile 1997 gli fu revocata ogni misura cautelare;
in data 3 marzo 2002 fu riammesso in Servizio presso la Polfer di Pesaro;
il 16 ottobre 2004 fu definitivamente arrestato;
nel frattempo, nel periodo che intercorre tra il momento della morte del Pascale, in data 24 febbraio 1997, e il momento del definitivo arresto, del 16 ottobre 2004, al poliziotto Ivan Liggi fu restituita la pistola d'ordinanza beretta 92/FS essendo stato riammesso in Servizio;
è necessario ricostruire i fatti;
in data 24 febbraio 1997, mentre il Liggi era in servizio di pattuglia sulla strada statale 9 a Rimini, dall'auto che guidava notava che un'auto stava effettuando tutta una serie di sorpassi proibiti, ma vista l'auto della Polizia si poneva dietro alla stessa e la seguiva;
tale manovra provocava l'ordine del Capo Pattuglia Briganti di fermare l'auto sospetta;
il Briganti, con la paletta intimava al conducente dell'auto (una A112) di fermarsi, ma l'ordine non veniva eseguito, anzi, la A112 invertiva il senso di marcia e contromano imboccava una via laterale a doppio senso;
il Capo Pattuglia allora, ordinava di inseguire l'auto in fuga che nel frattempo eseguiva tutta una serie di manovre che erano pericolose per l'incolumità sia del fuggitivo, sia altrui, fino al punto di tentare di mandare fuori strada l'auto della Polizia;
a questo punto insorgeva il fondato sospetto che l'auto trasportasse materiale proibito: o refurtiva o droga o armi;
fermatasi l'auto ad un semaforo rosso, in fila con altre auto, i due poliziotti inseguitori scendevano dalla loro auto con la pistola in pugno, come è obbligo regolamentare in simili casi, essendo una situazione ad alto rischio;
il conducente della A112 in fuga però metteva la sicura all'auto e, mentre scattava il verde, partiva sulla corsia libera.
Nel partire, l'auto dell'inseguito Signor Pascale investiva il poliziotto Liggi, il quale si rialzava con la pistola in pugno e, nel tentativo di inseguire il fuggitivo, con le braccia in movimento, alla semplice involontaria pressione del grilletto allo stesso partiva un colpo dalla pistola;
il proiettile perforava il lunotto della A112 e colpiva il fuggitivo Giovanni Pascale alla nuca e lo uccideva;
aperta la portiera dell'auto, il Liggi cercava di soccorrere il Pascale ormai morto;
poi in Caserma il Liggi firmava un contestato verbale e successive dichiarazioni al Magistrato P.M. Dottor Paci in contraddizione col verbale firmato in un momento di grave comprensibile concitazione;
la contraddizione fra il verbale firmato in caserma e le dichiarazioni rilasciatealP.M.Pacifu poi secondo l'interrogante determinante per la condanna finale del Liggi, perché fu dato credito a quella rilasciata in Questura;
la prima sentenza del Tribunale di Rimini fu una condanna a 5 anni di reclusione;
la prima sentenza però fu impugnata dal Procuratore generale della Corte d'Appello di Bologna;
la sentenza della Corte d'Appello di Bologna del 28 gennaio 2000 condannò il Liggi a 9 anni e 8 mesi di carcere;
anche la sentenza della Corte d'Appello di Bologna veniva impugnata dalla difesa del Liggi e dal Ministero degli Interni;
la Suprema Corte di Cassazione annullava il verdetto e rinviava il procedimento a nuovo giudizio ad un'altra Sezione della Corte d'Assise d'Appello di Bologna, che emetteva, in data 9 ottobre 2002, una sentenza che condannava il Liggi a 9 anni e 5 mesi di reclusione perché colpevole di omicidio volontario con perpetua interdizione dai pubblici uffici;
anche in ultimo grado la sentenza veniva confermata;
il Liggi è in carcere ormai dal 16 ottobre 2004;
valutando con somma attenzione e chiarezza i fatti che hanno coinvolto l'agente Liggi, la serietà e l'onestà morale con le quali ha accettato e sopportato la condanna subita, rilevando che comunque le disgrazie giudiziarie del Liggi sono originate da una azione di ordine pubblico in difesa delle leggi dello Stato e dell'ordine pubblico, tenendo conto della complessità della vicenda dimostrata proprio dalle numerose e contraddittorie sentenze giudiziarie prima di quella definitiva -:
se non intenda esprimersi favorevolmente sulla domanda di grazia presentata dall'agente Ivan Liggi (il 21 maggio 2005).
(4-00843)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che con decreto del 4 dicembre 2006, il Presidente della Repubblica ha concesso la grazia ad Ivan Liggi (al riguardo, il sottoscritto aveva trasmesso gli atti alla Presidenza con parere favorevole).
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
DI CENTA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2001 è stato bandito dall'Amministrazione della Difesa un concorso pubblico a 31 posti di Assistente Giudiziario, Area funzionale B, posizione economica B3, la cui graduatoria è stata pubblicata il 12 settembre 2003;
nella Legge Finanziaria 2004 si confermava per quell'anno il blocco delle assunzioni rivedendo tuttavia la possibilità di deroghe nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa annuale a regime di 70 milioni di Euro per l'anno 2004 e 280 milioni di Euro per l'anno 2005;
la risoluzione Ramponi n. 8-0078 approvata dalla Commissione Difesa della Camera dei Deputati, impegnava il Governo ad assumere la gran parte dei
vincitori dei concorsi espletati dall'Amministrazione della Difesa nell'anno 2004;
nonostante che la scadenza dei termini della graduatoria del concorso indicato a dicembre c.a., rimangono ancora tre persone per il Piemonte ed un altro numero esiguo per le altre Regioni d'Italia per un numero di circa 7 persone -:
se non ritenga opportuno disporre l'assunzione immediata dei pochi vincitori rimasti del concorso in questione, che, con l'approssimarsi del mese di dicembre, data della scadenza della validità del concorso stesso, vedrebbero disattese da ormai troppo tempo le loro legittime aspettative.
(4-02067)
Risposta. - La questione sollevata con l'interrogazione in esame rientra nella più generale problematica della riduzione di assunzioni di personale nell'ambito della pubblica amministrazione.
In particolare, l'atto, nel fare riferimento al concorso pubblico bandito dalla Difesa nel 2001 per n. 31 posti di assistente giudiziario, osserva la presunta mancata assunzione di tutti i vincitori («rimangono ancora da assumere poche persone, di cui tre per il Piemonte ed un altro numero esiguo per le altre regioni d'Italia per un numero di circa 7 persone») del concorso medesimo, i cui termini della graduatoria - pubblicata il 12 settembre 2003 - sarebbero dovuti scadere il 10 dicembre 2006.
In primo luogo, si dà assicurazione che i vincitori del concorso in questione sono stati tutti assunti tra il 15 novembre ed il 31 dicembre 2004.
Anche i vincitori del concorso pubblico a 3 posti per la regione Piemonte hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro in data 15 novembre 2004.
Al riguardo, va sottolineata l'incisività e la determinazione con cui l'Amministrazione ha sempre operato per completare il programma delle assunzioni nel più breve tempo possibile, sensibilizzando i competenti organi decisionali per ottenere, con il meccanismo della deroga, il ripianamento, almeno, di una buona parte delle posizioni organiche vacanti.
Infatti, l'Amministrazione della difesa, in applicazione di quanto previsto in materia di autorizzazione alle assunzioni in deroga al blocco, si era tempestivamente attivata, inviando alla Presidenza del Consiglio dei ministri la richiesta di assunzione dei vincitori dei concorsi già espletati, ivi compresi i predetti 31 assistenti giudiziari.
In virtù di tale iniziativa, con il decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004 («Autorizzazione alle assunzioni nelle Pubbliche Amministrazioni, a norma dell'articolo 3, commi 53, 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350»), la Difesa veniva autorizzata ad assumere a tempo indeterminato 511 unità, a decorrere dal 15 ottobre 2004.
La competente Direzione generale per il personale civile, pertanto, ha posto in essere tutti gli adempimenti necessari per procedere alle assunzioni autorizzate, che sono state completate entro i termini previsti.
Per dovere di completezza, si precisa, comunque, che l'articolo 1, comma 536 della legge 296 del 2006 ha prorogato i termini di validità delle graduatorie al 31 dicembre 2008.
È di tutta evidenza, in conclusione, come grazie all'azione tempestiva ed incisiva di questa Amministrazione sia stato possibile soddisfare le legittime aspettative di tutti coloro che, avendo sostenuto e superato una prova concorsuale pubblica, aspiravano a vedere riconosciuto il proprio diritto ad essere assunti.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
GALANTE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 12 febbraio 2007 cadrà l'anniversario della morte di Concetto Marchesi, illustre studioso e politico, grande umanista che seppe anche essere protagonista della Resistenza e dell'Assemblea Costituente;
l'Università di Padova di cui Marchesi fu rettore è l'unica tra le università italiane
ad essere insignita della Medaglia d'oro al valor militare;
in data 13 giugno era stata rivolta dallo scrivente allo stesso Ministro un'interrogazione a risposta scritta in cui si chiedeva di attivarsi per dare un riconoscimento filatelico all'insigne politico e studioso;
nella seduta della Consulta filatelica di giovedì 14 dicembre è stata rinviata la decisione di dedicare la suddetta serie di francobolli a Marchesi -:
se il suddetto rinvio comporti l'impossibilità di produrre la suddetta serie filatelica;
quali obiezioni siano state avanzate all'interno della Consulta filatelica e se esse siano state tali da inficiare la qualità del profilo di insegne uomo di cultura, antifascista, costituente e parlamentare di Concetto Marchesi;
se codesto Ministro abbia condiviso le suddette obiezioni;
quali iniziative il Ministro delle comunicazioni intenda prendere perché sia dato il doveroso riconoscimento all'uomo, all'intellettuale e al politico Concetto Marchesi.
(4-02060)
Risposta. - Al riguardo si fa presente che è stato deciso, ad integrazione del programma filatelico per l'anno 2007, di celebrare con un'emissione filatelica la memoria del grande latinista Concetto Marchesi che, al profilo di intellettuale e di umanista che lo colloca tra le personalità di spicco del panorama letterario nazionale del dopoguerra, ha saputo coniugare, in qualità di componente dell'Assemblea costituente, quello di protagonista degli atti fondanti delle istituzione democratiche del nostro Paese.
Il francobollo dedicato a Concetto Marchesi, pertanto, commemorerà il cinquantesimo anniversario della morte.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
GALANTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
per il prossimo 10 febbraio il Movimento Fiamma Tricolore ha annunciato l'intenzione di organizzare una manifestazione per «commemorare la tragedia degli esuli di Istria e Dalmazia e delle vittime dell'eccidio delle Foibe» a Livorno;
a giudizio dell'interrogante, la scelta della suddetta città, medaglia d'argento della guerra di Liberazione dal fascismo e dal nazismo, risulta particolarmente provocatoria e si inquadra chiaramente nel pesante tentativo in atto di screditare il valore, storico e politico, della Resistenza nella costruzione morale e civile del nostro Paese;
già l'ANPI, l'ANPPIA e l'ANEI si sono attivate per impegnare sia il Comune che la Provincia di Livorno a negare l'autorizzazione allo svolgersi di tale manifestazione, che offende la cultura democratica della città di Livorno e rappresenta l'ennesimo attacco alla Resistenza come valore fondante della Repubblica Italiana -:
se il Ministro non ritenga opportuno attivarsi presso le autorità competenti al fine di impedire lo svolgimento di tale manifestazione, anche in sede privata, per motivi di ordine pubblico e soprattutto per dare piena applicazione alla Legge Mancino.
(4-02410)
Risposta. - È necessario premettere che la manifestazione annunciata dal Movimento Sociale - Fiamma Tricolore per il 10 febbraio 2007 a Livorno, in occasione della giornata nazionale di commemorazione della tragedia degli esuli di Istria e Dalmazia e delle vittime delle foibe, non ha avuto più luogo.
Invero, il rappresentante provinciale del partito ha deciso di non promuovere alcuna iniziativa a ricordo dei drammatici eventi, né in luogo pubblico né in forma privata.
L'annuncio della manifestazione, com'è noto, aveva suscitato forti contrarietà tra le forze politiche locali del centro sinistra e le associazioni partigiane. Lo stesso sindaco di Livorno aveva comunicato che l'Amministrazione
non avrebbe concesso piazze, strade o locali per la manifestazione.
Più in generale, in ordine all'opportunità dello svolgimento di manifestazioni che, analogamente a quella segnalata dall'interrogante sono organizzate da movimenti estremisti, si ricorda che l'ordinamento non prevede un generale potere di divieto delle riunioni che prescinda dai caratteri e dalle specifiche modalità di tempo e di luogo di ciascuna iniziativa.
Come è noto, infatti, il diritto di riunione, purché esercitato in modo pacifico e senza armi, riveste rango costituzionale ed il suo esercizio non è sottoposto ad autorizzazione di sorta.
L'articolo 17 della Costituzione prevede unicamente un onere di preavviso alle competenti autorità, ove la riunione si svolga in luogo pubblico.
Secondo la medesima disposizione costituzionale, inoltre, la riunione può essere vietata soltanto per comprovati motivi di sicurezza ed incolumità pubblica.
Le manifestazioni organizzate da militanti politici di partiti estremisti possono essere vietate, quindi, solo a condizione che da esse possa scaturire un pericolo concreto, e non meramente probabile, per la sicurezza o l'incolumità dei cittadini.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
HOLZMANN, ANTONIO PEPE, CICCIOLI e GIORGIO CONTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si ha notizia della predisposizione di un decreto da parte del Ministero dell'interno che vedrebbe la soppressione per il 1 aprile 2007 delle Scuole Allievi agenti di Polizia di Bolzano, Foggia, Senigallia e Vicenza;
la motivazione sottesa al provvedimento sarebbe quella della «economicità ed ottimizzazione dell'impiego delle risorse umane e strumentali»;
a parere degli interroganti, l'eventualità prospettata è assolutamente da scongiurare considerata l'importanza della presenza territoriale delle forze di polizia nonché la tutela necessaria nei confronti degli agenti impiegati sui suddetti territori -:
se risponda al vero l'annunciata chiusura delle scuole di Polizia; in caso affermativo, se non ritenga di dover tutelare il personale che lavora presso le Scuole attraverso l'impiego degli agenti interessati sul medesimo territorio in cui attualmente, operano, dislocandoli in altri reparti di zona, affinché non si riducano gli organici nelle località in cui attualmente insistono le Scuole.
(4-01667)
HOLZMANN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 14 novembre l'agenzia di stampa Ansa dà notizia di un decreto del Ministero dell'interno in via di preparazione che prevedrebbe la soppressione delle Scuole allievi agenti di polizia di Bolzano, Foggia, Senigallia e Vicenza;
la bozza di decreto individuerebbe per aprile 2007 la data di soppressione delle quattro Scuole per ragioni, si legge nel provvedimento, «di economicità ed ottimizzazione dell'impiego delle risorse umane e strumentali»;
nella provincia di Bolzano il personale di Pubblica Sicurezza ha l'obbligo di conoscere la lingua tedesca e per questa ragione la Scuola di polizia di Bolzano tiene corsi formativi di lingua tedesca per preparare gli agenti ad operare in modo idoneo sul territorio;
per ovvie ragioni, la chiusura della Scuola renderebbe meno appetibile l'ingresso in Polizia di personale di lingua tedesca -:
se risponda al vero la paventata chiusura delle scuole di Polizia;
in caso affermativo, se non ritenga di soprassedere in particolare sulla chiusura della Scuola Allievi Agenti di Polizia di Bolzano tenuto conto della specifica situazione territoriale della zona e quanto una
simile iniziativa possa creare disagio al personale e ai cittadini.
(4-01668)
Risposta. - Il Ministero dell'interno, a seguito delle previsioni contenute nell'articolo 1, comma 431, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), sta attuando un ampio piano di riassetto del «Sistema scuole» della polizia di Stato sulla base di una rivalutazione complessiva del fabbisogno di formazione degli allievi agenti di polizia, anche alla luce della riforma della leva obbligatoria e della figura del «poliziotto ausiliario» ad essa collegata.
Il sistema degli istituti di istruzione della polizia di Stato comprende 13 scuole per allievi agenti, la cui ricettività complessiva è di oltre 4.700 posti. Si rileva che, nel prossimo quinquennio, l'assunzione di nuovi agenti non dovrebbe viceversa superare la media annuale di 1.000 unità.
Si tratta di un divario davvero consistente che, sotto il profilo del buon andamento dell'azione amministrativa, deve essere colmato sia dal punto di vista del contenimento delle spese di gestione, sia sotto l'aspetto del reimpiego del personale di polizia ivi in servizio nei compiti di controllo del territorio e di prevenzione e di contrasto della criminalità. La finalità è quella di raggiungere le necessarie economie senza, tuttavia, incidere sull'efficienza del servizio formativo.
Il recupero complessivo in termini finanziari comporterà un risparmio di circa 12 milioni di euro annui, vale a dire il 10 per cento della spesa sostenuta nel 2005 per finanziare l'intero sistema delle scuole di polizia. Verranno così conseguite le economie richieste dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 434).
Alla definizione del predetto piano di riassetto si è giunti anche sulla base di una serie di incontri con le organizzazioni sindacali, alle quali, in un clima di proficuo confronto dialettico, sono state fornite precise garanzie circa la ricollocazione del personale della polizia di Stato e dell'Amministrazione civile dell'interno, sia dal punto di vista logistico, che sotto il profilo della valorizzazione delle professionalità.
Nella scelta delle scuole da chiudere vengono prese in considerazione le dimensioni e le caratteristiche strutturali degli immobili, così come la possibilità di una loro diversa utilizzazione, ferma restando la necessità di garantire una equilibrata loro distribuzione territoriale.
Detto progetto di riorganizzazione verrà realizzato in due fasi distinte.
La «fase uno» ha come obiettivo la dismissione e la contestuale riconversione delle quattro scuole allievi agenti, per un totale di circa 900 posti letto, citate dall'interrogante. Si precisa che il 29 gennaio 2007 il Ministro ha firmato il provvedimento di chiusura della scuola di Foggia.
La «fase due» prevede la dismissione di ulteriori tre scuole allievi agenti da individuare in una rosa di nove istituti, per un totale di 1.300 posti letto.
Per quanto riguarda, in particolare, la scuola di Bolzano essa presenta una ricettività complessiva di 232 posti letto ed impiega 79 operatori della polizia di Stato e 18 dipendenti dell'Amministrazione civile dell'interno.
Il progetto di riconversione prevede la destinazione del complesso immobiliare, comprensivo del poligono di tiro, per l'ampliamento degli uffici della locale Questura che, d'altronde, già da tempo, per far fronte alla grave carenza di spazi, usufruisce dei locali della scola e delle relative strutture di addestramento.
Si precisa, infine, che l'impegno didattico relativo ai corsi formativi di lingua tedesca potrà essere assolto dagli istituti che rimarranno in funzione nella medesima area geografica.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
HOLZMANN. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si è costituita un'Associazione denominata «Federazione Nazionale Riservisti»;
detta Associazione si è dotata di un proprio Statuto e ha chiesto il riconoscimento al Ministero della difesa;
è intercorsa una corrispondenza tra l'Associazione e il Ministero al fine di ottenere un riconoscimento ufficiale;
da circa due mesi, dalla data cioè in cui l'Associazione ha inviato ulteriori chiarimenti richiesti dal Ministero della difesa, non sono giunte notizie -:
se la documentazione inoltrata dall'Associazione «Federazione Nazionale Riservisti» sia sufficiente; se le finalità e lo Statuto soddisfino i requisiti necessari e sufficienti per il riconoscimento; se esistano ragioni ostative e, in caso affermativo, quali siano.
(4-01799)
Risposta. - L'atto in esame affronta la questione riguardante l'Associazione denominata «Federazione nazionale riservisti» che ha avanzato un'istanza, alla Difesa, tesa ad ottenere il previsto riconoscimento ministeriale.
Al riguardo l'Amministrazione militare, al fine di compiere un'istruttoria il più completa possibile, ha chiesto al sodalizio in parola di far conoscere se i soci fondatori fossero militari in servizio attivo o in congedo.
Sulla base delle informazioni fornite dallo stesso sodalizio, è emerso che nessuno dei promotori del sodalizio è militare in servizio attivo.
In ragione di ciò, la Difesa ha ritenuto che l'associazione in parola non possa rientrare tra quelle per le quali è previsto il riconoscimento ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 382 del 1978, posto che tale articolo al terzo comma prende in considerazione esclusivamente le associazioni o circoli costituiti tra militari; circostanza, quest'ultima, che ha indotto a ritenere il sodalizio non di interesse della Difesa e, come tale, non suscettibile di ricevere il prescritto assenso.
È stato, pertanto, opportunamente partecipata agli istanti, con comunicazione del 5 dicembre 2006, la determinazione dell'amministrazione di non assoggettare la relativa istanza all'assenso ministeriale di cui all'articolo 8 della legge citata, non essendo stati individuati, nella fattispecie, i presupposti necessari per attivare il procedimento.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
LENZI e GRILLINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni si è assistito ad un disimpegno da parte del Governo italiano nel garantire i mezzi e le opportunità perché la cooperazione internazionale possa continuare ad operare e svilupparsi come strumenta importante per la costruzione di pace, sicurezza e sviluppo;
le Ong allo stato attuale, vantano 40 milioni di euro di crediti per progetti già approvati dal Ministero affari esteri, di cui ancora si attendono i finanziamenti. In alcuni casi si attende l'erogazione dei fondi per progetti realizzati nel 1997;
a seguito di tali inadempienze da parte del Ministero affari esteri, le Ong, di fatto, si ritrovano a dover anticipare quote consistenti di denaro, con anticipi che arrivano a coprire dal 50 per cento al 100 per cento del budget necessario all'attuazione dei progetti stessi. In alcuni casi, addirittura anche le organizzazioni del sud del mondo con cui i progetti vengono realizzati si sono trovate a dover anticipare spese in maniera consistente per evitare che i programmi, in corso, venissero compromessi;
il Cospe, una delle maggiori Ong italiane impegnata nei paesi del terzo mondo, ha decine di progetti in corso, o, già conclusi, rispetto a cui, a fronte di attività già realizzate e documentate al Ministeroaffari esteri, non sono ancora giunti i relativi finanziamenti, e ormai anche anni dopo la conclusione dei progetti;
a settembre 2006 le tranche in attesa di pagamento da parte del Ministero degli affari esteri al Cospe ammontano ad oltre 780.000 euro, di cui più della metà già anticipate con risorse proprie della Ong tramite ipoteche e anticipazioni bancarie, i cui costi non verranno neanche riconosciuti dal finanziatore o grazie ad anticipazioni
degli stessi partner dei progetti. Si portano ad esempio i progetti: Zadrima (Albania) - approvato con delibera n. 76 del 16 luglio 1999. Budget totale 1.105.327 euro, di cui contributo Mae 759.751 euro. Considerate le spese rendicontate il finanziamento atteso è pari a euro 248.250 e Apad (Senegal) - approvato con delibera n. 52 del 12 aprile 2001. Budget totale 1.1470 euro, di cui contributo Mae 573.660 euro. Considerate le spese rendicontate, il finanziamento atteso è pari a euro 106.140. In entrambi i casi, a causa del tempo passato nonostante la presentazione tempestiva della documentazione presso l'ufficio rendiconti; le poste di bilancio sono cadute in perenzione -:
quali iniziative intenda assumere per affrontare la situazione denunciata, per riconoscere l'impegno dei tanti volontari e anche per migliorare l'immagine del nostro paese;
con quali tempi pensi di portare avanti l'esame di tutti i fascicoli giacenti nell'Ufficio Rendiconti e con quali tempi pensi di procedere alla reiscrizione a bilancio delle tranche che ormai, essendo decorso troppo tempo senza che venissero esaminati i rendiconti presentati, sono addirittura cadute in perenzione.
(4-02211)
Risposta. - Sono due progetti della Ong Cospe per i quali si lamentano ritardi nei pagamenti e più precisamente: il progetto Apad (Senegal) e il progetto Zadrima (Albania).
Per quanto riguarda il Progetto Senegal, iniziativa 2566/Cospe/Senegal (nuovo numero AID 7063) «Progetto per lo sviluppo della frutticoltura e valorizzazione ambientale in Casamance» di durata triennale e approvata nel 2001, fu previsto un contributo DGCS di euro 573.656,56 con impegni di spesa a gravare sugli esercizi finanziari 2001, 2002 e 2003. L'iniziativa ha registrato alcune proroghe nei tempi di esecuzione, richieste dalla ONG promotrice e regolarmente approvate dal MAE, dovute in alcuni casi anche a problemi di sicurezza nell'area d'intervento. L'ultima di tali proroghe ha portato il termine delle attività al 30 aprile 2007. Nonostante i ritardi accumulati, l'iniziativa è ora nella sua fase conclusiva e, per quanto risulta ha comunque raggiunto i risultati attesi.
La prima tranche di anticipo fu interamente erogata nell'anno 2001. Dal rendiconto della prima annualità, presentato dalla ONG solo nell'anno 2003 (ossia a distanza di due anni dall'erogazione del primo anticipo), risultarono spese non effettuate o non ammissibili, calcolate sul solo contributo MAE, per un importo pari ad oltre il 40 per cento o della quota anticipata. Fu, quindi, liquidato un anticipo sulla seconda annualità di importo ridotto del residuo della prima, come previsto dalla normativa vigente. Il rendiconto della seconda annualità è stato presentato dal COSPE solo in data 21 ottobre 2005 e, quindi, anche in questo caso a circa due anni di distanza dall'erogazione del secondo anticipo; nel frattempo i fondi relativi al finanziamento della seconda annualità, gravanti sulla competenza dell'esercizio finanziario 2002, erano caduti in perenzione come previsto dalla normativa vigente. Con decreto 4650 del 20 novembre 2006 fu proposta, dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo, la liquidazione alla ONG di un anticipo parziale sulla terza annualità al fine di consentire la conclusione del progetto. Tale Decreto è stato respinto dall'Ufficio Centrale di Bilancio presso il MAE, con Osservazione n. 733 del 18 dicembre 2006 e pertanto, i fondi relativi, gravanti sulla competenza dell'esercizio 2003, sono caduti in perenzione.
Per ciò che concerne il Progetto Sadrima, iniziativa 2408/COSPE/ALB (nuovo numero AID 6141) «Sostegno allo sviluppo rurale delle comunità dei Municipi di Blinsht, Daje e Bushat, nella regione di Zadrima» di durata triennale, fu previsto un contributo DGCS di euro 759.750,97 a valere sugli esercizi finanziari 1999, 2000 e 2001. La prima e la seconda annualità furono erogate completamente. Il rendiconto della seconda annualità, che avrebbe consentito l'erogazione della terza tranche, fu presentato dalla ONG nel luglio 2003 ma non poté essere accettato per vizi formali.
In particolare le carenze contabili riguardavano il trattamento economico dei cooperanti, il Personale Italiano applicato al Progetto, la formazione dei quadri locali e i giustificativi delle altre voci di spesa. Furono presentate da parte della ONG delle integrazioni successive al rendiconto, ma non esaustive. In ultimo, e solo recentemente (19 gennaio u.s.), è stato presentato dalla ONG COSPE un rendiconto corredato dalla relazione di un Revisore dei Conti iscritto all'Albo Nazionale, in linea con quanto prescritto dal decreto ministeriale 337/2004 che ha innovato le procedure di presentazione dei rendiconti. I fondi relativi alla terza tranche, di competenza dell'esercizio finanziario 2001, sono nel frattempo caduti in perenzione. Essi potranno pertanto essere erogati soltanto qualora il MEF accettasse la richiesta del Ministero degli affari esteri di reiscrizione in bilancio delle somme nel frattempo cadute in perenzione.
Per quanto riguarda, più in generale, i tempi di esame dei rendiconti presentati dalle ONG, si evidenzia che essi dipendono principalmente da:
i ritardi con cui le ONG si stanno adeguando alle novità imposte dal decreto ministeriale 337/2004 che, pur prevedendo una semplificazione nelle procedure di valutazione dei rendiconti, richiede il controllo contabile;
la carenza di indicazioni esplicite ed univoche da parte degli Organi di controllo contabile presso il MEF sui parametri di ammissibilità e di calcolo della spesa;
i tempi di autorizzazione alla reiscrizione in bilancio delle somme perenti da parte del MEF, che vanno dagli otto ai sedici mesi.
Anche in questo caso si vuole fornire rassicurazione sull'attenzione che il ministero degli affari esteri, tramite la direzione generale competente, sta ponendo ai tempi di esame dei rendiconti, prevedendo di attivare una serie di misure atte a velocizzare la trattazione dei rendiconti pregressi e ad ottimizzare i tempi di gestione dei nuovi progetti.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
MENIA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
è stata ribadita più volte dal Governo l'intenzione di porre in essere una seria azione contro l'evasione fiscale;
nella pratica, però, esistono situazioni in cui alle dichiarazioni di principio non seguono i fatti o addirittura gli stessi smentiscono quei propositi;
è questo il caso del Friuli Venezia Giulia in cui non è certo possibile svolgere una azione efficace contro l'evasione contributiva assicurativa (contributi previdenziali), che in genere si accompagna alla evasione fiscale, perché nelle quattro sedi INPS della regione c'è grande carenza di ispettori dell'Istituto previdenziale: infatti l'organico previsto degli ispettori INPS per il Friuli-Venezia Giulia prevede ben 63 figure mentre nella realtà dei fatti, in servizio, ce ne sono solo 21;
spetta in primis all'INPS ed all'ispettorato del lavoro, effettuare la vigilanza contro le sacche di lavoro nero ma senza personale è evidente che non è possibile compiere alcun atto fattivo -:
se di tale situazione sia informato il ministro competente; se e come si intenda uscire dalla denunciata incresciosa situazione di un vuoto d'organico e quindi di operativi di ben 42 unità, il doppio mancante di quelli realmente in servizio.
(4-01347)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame l'Inps ha comunicato quanto segue.
L'Istituto attualmente dispone di ispettori di vigilanza, a livello nazionale, in numero inferiore del 38 per cento rispetto a quello previsto in organico.
Tuttavia, per sopperire alle carenze, l'Istituto ha puntato su una sempre più moderna impostazione dell'attività ispettiva
attraverso una intensa ed efficace attività di intelligence preventiva, basata su mirati controlli informatici.
Le ispezioni «positive» hanno così raggiunto la quota di oltre l'80 per cento e i risultati, negli anni, sono stati sempre crescenti in valore assoluto e anche per il 2006 si collocano già su valori maggiori di quelli del 2005.
Per colmare situazioni locali di particolare carenza si ricorre alla mobilità temporanea di ispettori fra le sedi e regioni ed è stata, inoltre, favorita la mobilità orizzontale verso il profilo di ispettore di vigilanza per i dipendenti amministrativi che, in possesso dei requisiti, ne abbiano fatto richiesta.
Per quanto riguarda, in particolare, la regione Friuli-Venezia Giulia l'Inps ha fatto presente che la situazione presenta ormai una particolare criticità che però, finché non sarà possibile riadeguare la forza all'organico, potrà essere affrontata solo con la mobilità temporanea di ispettori di altre regioni meno in sofferenza.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
MOTTA. - Al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
una ricerca condotta dal Consiglio d'Europa di recente ha indicato nell'aggressività maschile la prima causa di morte violenta e d'invalidità permanente per le donne in tutto il mondo;
in particolare in Italia, secondo rilevazioni condotte in campo nazionale, si è verificato che un omicidio su quattro avviene fra le mura domestiche e il 70 per cento delle vittime sono donne;
la prima causa di morte violenta delle donne tra i 16 e i 44 anni, sia nei paesi ricchi che nei paesi poveri, è la violenza che subiscono in famiglia da uomini con i quali hanno stabilito legami affettivi e gran parte dei maltrattamenti e degli abusi intra familiari non viene denunciato alle autorità giudiziarie;
in Italia le denuncie di violenza sessuale e di maltrattamenti fisici e psicologici nell'ambito familiare sono in continuo incremento a cui occorre aggiungere i moltissimi incidenti con lesioni gravi che vengono denunciati come incidenti domestici ma sono in realtà ulteriori violenze e maltrattamenti nell'ambito familiare;
la violenza sulle donne è un fenomeno in continua crescita in modo diffuso e ha come base una cultura prevaricatrice che può giungere fino alla violenta appropriazione o soppressione sul loro corpo, complice una concezione possessiva e consumistica della sessualità legata ad una visione autoritaria e maschilista del ruolo della donna protagonista delle trasformazioni sociali in atto, sotto ogni profilo;
dal mondo dell'associazionismo e delle comunità locali, sempre più scosso dopo episodi quali gli omicidi di giovani donne a Brescia e a Parma, giunge forte la richiesta di un intervento deciso dello Stato e la domanda di predisporre azioni volte a contrastare la violenza sulle donne, in raccordo con le istituzioni locali, con le forze dell'ordine, con l'associazionismo e il volontariato e con gli operatori sociali e della cultura -:
se il Ministro in indirizzo intenda assumere il contrasto alla violenza sulle donne come una priorità dell'azione politica e istituzionale del suo dicastero e, in tal caso, quali politiche di lotta agli abusi sulle donne e di contrasto alla disuguaglianza fra i due generi intenda definire;
se il Ministro in indirizzo non ritenga, anche alla luce dell'urgenza che il proliferare degli episodi criminosi impone, adottare le iniziative normative volte all'introduzione di una legislazione sulla tutela delle vittime in linea con gli altri Paesi europei e di esemplare severità per i reati di natura sessuale contro le donne, comprese le molestie e le minacce di cui esse sono così estesamente oggetto;
inoltre, se il Ministro in indirizzo non ritenga utile favorire l'attivazione di un maggiore collegamento fra scuola, servizi territoriali e consultori per adolescenti, al fine di intervenire sulle politiche educative, sulla relazione fra uomo e donna e sull'educazione all'uguaglianza e alle pari opportunità -:
quali azioni si intenda intraprendere per una campagna nazionale contro la violenza sulle donne, che coinvolga gli enti locali, le associazioni (delle donne, degli uomini e degli immigrati), le organizzazioni sindacali, i mezzi di informazione, nonché tutti i Ministeri a vario titolo interessati dai fenomeni segnalati (Ministero per i diritti e le pari opportunità, dell'interno, della pubblica istruzione, per le politiche della famiglia e della solidarietà sociale).
(4-02578)
Risposta. - Come l'interrogante ha puntualmente rilevato, le donne oggi nel mondo sono le vittime principali della violenza maschile, consumata nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche, sia che si tratti di violenza sessuale sia di maltrattamenti e abusi di tipo fisico, psicologico ed economico. I dati di riferimento, come riportato anche dall'interrogante, sono allarmanti: mediamente in Italia ogni giorno sette donne subiscono violenza, una donna su due è vittima di una o più molestie a sfondo sessuale nell'arco della vita, un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche. Il 70 per cento delle vittime è donna, ogni tre morti violente una riguarda donne uccise da un marito, convivente o fidanzato, oltre il 90 per cento delle vittime di violenza o di molestie non denuncia il fatto. Dal 2004 al 2005 le violenze sessuali sono inoltre aumentate del 22 per cento.
L'emergenza del problema e la sua estensione è stata confermata anche dalla recente ricerca dell'Istat, commissionata dal Ministero per i diritti e le pari opportunità e presentata il 21 febbraio 2007 sulla violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia. La ricerca ha confermato che la maggioranza delle vittime subisce atti di violenza fisica e sessuale ripetuti, soprattutto ad opera del partner. I partner sono i responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate, ma anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro e i rapporti sessuali non desiderati ma subiti per paura delle conseguenze (circa il 70 per cento degli stupri è opera di partner) e il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro appare tanto più elevato tanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Fenomeno molto diffuso e preoccupante è poi lo stalking, cioè quei comportamenti persecutori ad opera del partner in seguito alla separazione, gravemente limitanti della libertà e della vita delle donne (circa il 20 per cento).
In relazione alle questioni poste circa gli indirizzi che il Governo intende assumere sul tema del contrasto alla violenza contro le donne, considerato che la violenza di genere mette in discussione l'universalità dei diritti umani, non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza, l'adozione di una normativa di contrasto verso ogni forma di violenza e molestia sessuale o di genere rientra a pieno titolo tra gli obiettivi prioritari del Governo.
A tale proposito il Ministero per i diritti e le pari opportunità, insieme ai Ministeri della giustizia e delle politiche per famiglia, ha assunto come prima iniziativa un disegno di legge sulla violenza, già presentato alle Camere, in particolare presso la Camera dei Deputati in data 25 gennaio 2007 (Atto Camera 2169), che ha come obiettivo quello di attuare un intervento integrato e su più fronti e livelli a contrasto dei fenomeni di violenza sulla persona, specie nelle relazioni familiari e affettive.
Il testo presentato mira a predisporre e attivare una serie di misure di sensibilizzazione sociale e di prevenzione e, sul piano del riconoscimento di diritti individuali, viene effettuato un rilevante intervento innovativo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sul codice civile, al fine di assicurare riconoscimento e tutela, sostanziale e processuale, alle vittime di delitti accomunati dalla caratteristica di realizzare
la prevaricazione sulla debolezza, determinata da molteplici ragioni, della parte offesa.
I piani sui quali si prevede un intervento integrato sono quattro: la predisposizione di misure di sensibilizzazione e prevenzione, il riconoscimento di diritti alle vittime di violenza, la tutela penale delle vittime di violenza, l'ampliamento della tutela processuale sia penale sia civile.
Per quanto riguarda l'attivazione di specifiche politiche educative sul tema, si prevede un intervento a tutto campo attraverso misure di sensibilizzazione e prevenzione, fissando tra gli obiettivi della formazione scolastica di ogni ordine e grado il pieno riconoscimento dei principi di pari dignità sociale, eguaglianza e non discriminazione per ragioni di genere, e attuando anche interventi formativi rivolti ai docenti.
Per quanto attiene ai servizi socio-sanitari, tema anch'esso oggetto delle attenzioni dell'interrogante, si prevedono anche in questo ambito interventi di specifica formazione del personale sanitario al fine di migliorare la capacità di riconoscimento degli episodi di violenza di genere e, nel contempo, di assicurare un intervento assistenziale e riabilitativo più adeguato alle esigenze delle donne vittime di violenze.
Per quanto attiene alla materia penale, in tema di violenza sessuale gli interventi previsti tenderanno ad una maggiore attenzione verso violenze commesse da chi abbia con la vittima un rapporto privilegiato, con particolare riferimento all'ambito familiare, poiché i rapporti che investono tale ambito si basano su relazioni di tipo fiduciario con conseguente abbassamento del livello di guardia nella vittima e comportano situazioni di particolare e deprecabile prevaricazione sulla parte offesa. Si propone di incidere anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l'effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni applicabili.
Di particolare interesse è la nuova fattispecie delittuosa che si intende introdurre al fine di dare una risposta alle situazioni di molestie continuative e minacce cui le donne sono frequentemente sottoposte. La previsione del nuovo delitto di «atti persecutori» intende assicurare un più efficace intervento repressivo rispetto a comportamenti vessatori, perduranti nel tempo e sovente precursori di più efferate aggressioni, come messo in luce da numerosi fatti di cronaca. Il reato di stalking di cui si prevede l'introduzione consta sia nella reiterazione di condotte disturbanti, sia nella reiterazione ossessiva di intimidazioni, tali da sconvolgere la qualità di vita della donna o da porla in stato di soggezione o in grave disagio fisico o psichico, generando spesso timore per l'incolumità individuale propria o dei propri familiari.
Anche in materia processuale si prevedono misure miranti a rendere i giudizi più veloci ed efficaci e ad assicurare maggiore tutela e sostegno alla vittima, con possibilità per i soggetti istituzionalmente coinvolti nell'assistenza alle vittime dei delitti di violenza sessuale, in particolare per gli enti locali e i centri antiviolenza, di intervenire nel processo, offrendo così alla vittima un solidale affiancamento nel corso del processo stesso. Di particolare rilevanza è la disposizione che riconosce alla Presidenza del Consiglio dei ministri la possibilità di intervenire in giudizio nei procedimenti per delitti di violenza di genere o per ragioni discriminatorie.
Per quanto riguarda il quesito dell'interrogante relativo alle azioni che il Governo intende intraprendere per una campagna nazionale contro la violenza alle donne, che veda coinvolti i vari soggetti istituzionali, si sottolinea che, anche sulla base dei risultati della ricerca sulla violenza domestica commissionata dal Ministero e condotta dall'Istat, è stata avviata una iniziativa pubblicitaria nazionale di sensibilizzazione e di diffusione del numero verde di pubblica utilità 1522 «Antiviolenza Donna» dedicato al supporto, alla protezione e all'assistenza delle donne vittime di maltrattamenti e violenze. Peraltro il tema è inserito tra le priorità e le strategie del Piano delle iniziative previste per l'Anno europeo delle pari opportunità.
Rientra nell'ottica di un intervento complessivo a livello nazionale l'istituzione di
un Osservatorio contro la violenza, come previsto dalla legge finanziaria per il 2007, attraverso il quale si intende realizzare una rete integrata col privato sociale, dando vita al Registro dei centri anti-violenza presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, al fine di favorire lo scambio di informazioni con le istituzioni pubbliche e la gestione condivisa degli interventi del piano nazionale un carattere permanente e strutturato.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la presenza della criminalità organizzato in Calabria è tale da richiedere adeguate strutture giudiziarie ed un supporto di magistrati utile a sopperire, in tempi celeri, tutti gli interventi giudiziari necessari;
in particolare, la Procura distrettuale antimafia di Catanzaro è costretto a coprire il distretto più grande d'Italia, che comprende ben otto Tribunali e che ha competenze sulle quattro province calabresi di Catanzaro, Crotone, Cosenza e Vibo Valentia;
nelle quattro province citate la criminalità organizzata non lascia spazi di immunità, giacché la sua presenza è riscontrabile in tutte le attività, illecite che vanno dal racket all'usura, dal traffico di armi a quello delle sostanze stupefacenti, dal traffico dell'immigrazione a quello della prostituzione, dallo smaltimento dei rifiuti solido-urbani a quello delle sostanze radioattive;
la presenza della 'ndrangheta è riscontrabile anche nella pubblica amministrazione, nella sanità, nel mondo imprenditoriale, negli appalti pubblici, nell'ambiente, nei centri di grande distribuzione, nei grossi centri commerciali;
quanto sopra fa comprendere che in Calabria non esistono isole felici, immuni dalla pressione della criminalità organizzata ed appare, pertanto, comprensibile la necessità di rendere efficiente al massimo il settore della Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Catanzaro le cui competenze incidono su un territorio così vasto ed inquinato;
ultimamente si è costretti e registrare la ripresa della faida, con ben cinque omicidi dall'inizio dell'anno, tra le cosche lametine il cui territorio è interessato da grossi interessi economici;
l'attuale organico della DDA di Catanzaro è costituito da un procuratore capo, due procuratori aggiunti e soli sei sostituti; anche il personale amministrativo è del tutto insufficiente se si pensa che, con la mole di lavoro che incide su quella Procura, ogni magistrato ha un solo assistente;
accanto all'inadeguatezza degli organici va registrata quella delle macchine, del relativo carburante e delle attrezzature necessarie ad espletare l'intero lavoro giudiziario -:
quali urgenti iniziative intenda attuare per sopperire alla grave crisi del distretto giudiziario di Catanzaro, al fine di porre la DDA nelle condizioni di accelerare le indagini e le fasi processuali contro la criminalità organizzata calabrese.
(4-00829)
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con atto ispettivo n. 4-00829, presentato in data 2 agosto 2004, l'interrogante ha provveduto a denunziare l'insufficienza dell'attuale organico della DDA di Catanzaro, attualmente costituito da un procuratore capo, due procuratori aggiunti e solo sei sostituti, anche alla luce della competenza territoriale di quella Procura, che costituisce il distretto giudiziario più grande d'Italia;
nello stesso citato atto ispettivo l'interrogante ha, altresì, provveduto a denunziare
la assoluta inadeguatezza delle macchine, del relativo carburante e delle attrezzature necessarie ad espletare l'intero lavoro giudiziario della DDA di Catanzaro che comprende ben otto Tribunali e che ha competenze sulle quattro province calabresi di Catanzaro, Crotone, Cosenza e Vibo Valentia;
nella notte tra lunedì 18 e martedì 19 settembre 2006 sono state eseguite 35 ordinanze di custodia cautelare in carcere contro le cosche Mancuso, La Rosa e Lo Bianco della 'ndrangheta, che operano sul territorio della provincia di Vibo Valentia;
le 35 citate ordinanze di custodia cautelare sono il risultato di importanti attività investigative prodotte dalla Squadra Mobile di pubblica sicurezza di Vibo Valentia, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro;
durante la conferenza stampa di presentazione dell'importante operazione «Odissea», che ha portato agli arresti sopracitati, il procuratore aggiunto della DDA di Catanzaro, Mario Spagnolo, ha lamentato il taglio dei fondi, di oltre il 50 per cento, a disposizione della Procura Antimafia di Catanzaro;
il procuratore Spagnolo ha paventato il rischio di paralisi dell'attività investigativa e giudiziaria della DDA di Catanzaro a causa della mancanza di fondi necessari alla benzina per le auto, alla carta per le fotocopie, alla custodia dei documenti, ed altro;
l'interrogante ricorda che la potenzialità della 'ndrangheta in Calabria è tale da richiedere interventi giudiziari al fine di accelerare sia le attività di indagine sia le varie fasi processuali;
all'interrogante appare inammissibile pensare alla paralisi delle importanti strutture giudiziarie calabresi, ed ancor più della DDA di Catanzaro -:
se siano a conoscenza della pesantezza della situazione più volte denunziata dall'interrogante e che finirebbe col bloccare la necessaria lotta contro la 'ndrangheta;
quali urgenti iniziative intendano attuare per sopperire alla gravità della situazione presso la DDA di Catanzaro.
(4-01027)
Risposta. - L'organico togato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, composto dal procuratore, da due procuratori aggiunti e da 18 sostituti procuratori della Repubblica, presenta, allo stato, la sola vacanza di uno dei 18 posti di sostituto procuratore. Tale vacanza risulta, peraltro, pubblicata dal Consiglio superiore della Magistratura.
La segnalazione tabellare dell'ufficio per il biennio 2006/2007 (redatta dal Procuratore della Repubblica in data 7 aprile 2006) assegna complessivamente alla Direzione distrettuale antimafia 8 magistrati togati, organizzati sulla base di 3 unità di lavoro.
Il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, svolge funzioni di coordinamento della Direzione.
Alla prima unità di lavoro (competente per i circondari di Catanzaro e Crotone) risultano assegnati 3 sostituti procuratori.
Alla seconda unità di lavoro (competente per i circondari di Cosenza, Paola, Castrovillari e Rossano) risultano assegnati un procuratore aggiunto e 2 sostituti procuratori.
Alla terza unità di lavoro (competente per i circondari di Vibo Valentia e Lamezia Terme) sono assegnati 3 sostituti procuratori.
Le ragioni a fondamento dell'assetto organizzativo sopra delineato rilevano, peraltro, espressamente dalla segnalazione citata: «... La Direzione distrettuale antimafia» - si legge nel documento anzidetto - «è articolata in tre unità di lavoro, costituite al fine di rendere sempre più effettivo ed efficace il coordinamento delle indagini e l'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Considerate infatti la vastità del territorio di competenza distrettuale - comprendente i circondari di otto Tribunali (Catanzaro, Castrovillari, Cosenza, Crotone,
Lamezia Terme, Paola, Rossano, Vibo Valentia), dei quali quattro corrispondenti a capoluogo di provincia - la conseguente complessa articolazione degli organismi di polizia giudiziaria, e, soprattutto, le concrete caratteristiche dei collegamenti dell'attività criminosa dei gruppi associativi predominanti nei diversi territori, quali verificate attraverso la più che decennale esperienza investigativa e processuale, appare inadeguata una struttura organizzativa di tipo diverso».
La medesima segnalazione, comunque, non offre spunti di riflessione in ordine alla congruità del personale di magistratura attualmente assegnato alla Procura della Repubblica nel suo complesso, ovvero, più specificamente, alla Direzione distrettuale antimafia.
Quanto all'insufficienza del personale amministrativo nella Direzione distrettuale antimafia presso la Procura della Repubblica di Catanzaro, deve rilevarsi che gran parte delle attuali scoperture riguardano posti portati in aumento o istituiti con il decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle dotazioni organiche dell'amministrazione giudiziaria, e successive modifiche, conformemente al nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo sottoscritto il 5 aprile 2000 in funzione della riqualificazione del personale.
Nello specifico, sono stati aumentati: 1 posto di direttore di cancelleria, 1 di cancelliere C1, 1 di ausiliario B2. Sono stati introdotti, altresì, gli organici di ausiliario B3 (1 posto), operatore giudiziario B3 (3 posti), contabile 133 (1 posto) e ausiliario B1 (2 posti).
Tuttavia, pur nella consapevolezza che la mancanza di personale determina difficoltà nell'organizzazione e nell'efficienza delle attività d'istituto, comprese quelle rilevanti della Direzione distrettuale antimafia, le problematiche evidenziate dall'interrogante sembrano riguardare, in prevalenza, una inadeguata consistenza dell'organico di cancelliere B3 - figura di rilievo nell'assistenza al magistrato - rispetto ai 21 magistrati in servizio in Procura.
Invero, attualmente l'organico di cancelliere B3 (19 posti) risulta integralmente coperto.
In particolare, nella Procura della Repubblica di Catanzaro sono presenti 98 dipendenti, a fronte di 103 posti in organico. Nel computo sono considerati 4 dipendenti a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili), 1 unità comandata da altra amministrazione e 6 impiegati dei ruoli in soprannumero, 3 operatori giudiziari B1 e 3 ausiliari A1.
Oltre l'organico di cancelliere B3 sono coperti i 12 posti di operatore giudiziario B2, mentre gli organici dell'operatore giudiziario B1 e dell'ausiliario A1 contano entrambi 3 unità in soprannumero (sono infatti presenti 20 operatori sui 17 in dotazione e 8 ausiliari sui 5).
Per quanto riguarda l'organico dei cancellieri C1 - 8 impiegati presenti su 10 posti in organico - va precisato che i due posti vacanti sono stati pubblicati con l'interpello del 1o settembre 2006 e sono rimasti scoperti per mancanza di aspiranti.
Nulla osta alla possibilità di attivare interpelli in ambito distrettuale per coprire almeno uno dei due posti di cancelliere C1.
Potrà essere cura del procuratore generale, nell'ambito delle proprie competenze, valutare l'opportunità di disporre un interpello in tal senso e individuare l'ufficio da cui distogliere un cancelliere C1.
Nell'impossibilità di intervenire con la copertura delle vacanze in tempi brevi per i limiti posti dalle normative in materia di assunzione di personale nella pubblica amministrazione, lo strumento più celere per fronteggiare la situazione di disagio della Procura di Catanzaro può essere individuato nell'applicazione di personale, ai sensi dell'articolo 18 dell'accordo 28 luglio 1998.
Tale istituto, infatti, consentendo al Capo dell'ufficio di vertice del distretto, nell'ambito del potere di vigilanza che gli compete, di disporre applicazioni di personale sulla base della comparazione delle diverse esigenze rappresentate dagli uffici sottoordinati, costituisce, di fatto, l'unico strumento di gestione delle risorse umane esistenti nel distretto.
Peraltro, proprio in considerazione della rilevanza di tale istituto, è stata emanata la circolare n. 2/3-S-448 del 7 aprile 2000 dall'allora Direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali, in cui si chiarisce che il ricorso all'applicazione, in quanto connesso alle esigenze di copertura delle vacanze degli organici, è ammesso anche per periodi di tempo particolarmente lunghi, durante i quali dovrà essere assicurato, ove possibile, quell'avvicendamento di personale - di cui al citato articolo 18, comma 4 - che vale ad evitare che il peso dell'applicazione gravi su un'unica persona o su di un unico ufficio.
Per quanto attiene al problema delle risorse, si rappresenta che le pur fondate e documentate segnalazioni di difficoltà operative pervenute dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sono state sempre tenute in considerazione dal Ministero, che, nei limiti delle disponibilità economiche e degli automezzi, ha operato gli interventi possibili nell'ambito della più ampia attività di rimodulazione del parco auto, avviata, oramai, da quattro anni, anche se, proprio in ragione dei limiti suddetti non si è potuto e non si è tuttora in grado di far fronte al soddisfacimento di tutte le esigenze.
Al fine di consentire una migliore comprensione delle cause che hanno determinato l'insorgenza delle situazioni lamentate e le ragioni della portata necessariamente limitata degli interventi che è stato possibile effettuare, si ritiene utile evidenziare gli elementi fondamentali del quadro contabile strutturale nel quale opera l'Amministrazione:
a) fondi
gli accreditamenti dei fondi vengono assegnati al funzionario delegato, così come è previsto dalla normativa riguardante la contabilità di stato, in virtù della circolare della ex Direzione generale degli affari civili n. AC4/01335/15 del 2 febbraio 2001 (decentramento), individuato, nel caso specifico, nel procuratore nazionale antimafia, il quale provvede, successivamente, alla loro distribuzione presso le Direzioni distrettuali, inclusa anche la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro;
le Direzioni distrettuali antimafia, pur essendo collocate presso le Procure della Repubblica, hanno una propria autonomia amministrativo-contabile e, perciò, ogni loro esigenza deve, in prima battuta, essere rappresentata alla Direzione nazionale antimafia;
gli stanziamenti concessi sui capitoli relativi alla gestione degli automezzi, hanno subìto, negli ultimi sei anni, una decurtazione di circa il 45 per cento;
tale situazione è, peraltro, ulteriormente aggravata dal dettato dell'articolo 11 della legge finanziaria per il 2006 (che prevedeva l'impossibilità di effettuare spese, nell'anno finanziario 2006, di ammontare superiore al 50 per cento di quelle sostenute nell'anno finanziario 2004) e dalle norme che hanno imposto di operare le assegnazioni solo di mese in mese; al fine di rendere più snelle le procedure di assegnazione e maggiormente significative le somme assegnate si è provveduto, nell'anno 2006, ad effettuare assegnazioni trimestrali;
per quanto concerne l'inadeguatezza degli stanziamenti per la gestione degli automezzi, sono state assegnate le somme disponibili, e sono state richieste, per il tramite della Direzione generale del bilancio e della contabilità del Ministero, sia una variazione di cassa, sul capitolo 7211, sia un incremento dei fondi stanziati da operarsi in sede di assestamento di bilancio;
ad oggi sono state, comunque, assegnate tutte le risorse disponibili per ognuno dei quattro trimestri in cui è stato suddiviso l'anno 2006 ai fini dell'accreditamento, in conseguenza delle nuove disposizioni finanziarie;
b) automezzi
è evidente come, in tale contesto, risulta pressoché impossibile provvedere a nuove acquisizioni di autovetture blindate, necessarie per le esigenze di trasporto dei magistrati sottoposti a protezione, nonché all'acquisto di nuove autovetture ordinarie, ed è estremamente difficile mantenere in
esercizio le vetture disponibili (sia di proprietà sia a noleggio);
i continui tagli degli stanziamenti di spesa riguardanti la gestione del servizio automezzi hanno infatti determinato una situazione finanziaria che ha comportato consistenti riduzioni nelle disponibilità economiche necessarie sia per l'approvvigionamento del carburante sia per le manutenzioni ordinarie e straordinarie;
c) interventi
negli ultimi tre anni, in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 9 del decreto ministeriale 28 maggio 2003 (emesso in attuazione dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito con modificazione nella legge 2 luglio 2002, n. 233), che sancisce l'obbligo di fornire gli automezzi blindati per i magistrati sottoposti a protezione, si è provveduto all'acquisto di un numero consistente di autovetture blindate (225), numero ritenuto sufficiente, al fine di rinnovare, se non totalmente quanto meno in larga misura, il parco auto protette; le vetture acquistate sono state assegnate a quelle sedi giudiziarie che ne avevano particolarmente bisogno. Tale obbligatorio rilevantissimo impegno ha inciso sulle disponibilità di risorse residue, attualmente pressoché inconsistenti;
inoltre, è stato adeguatamente segnalato agli Uffici giudiziari (a fronte delle esigue disponibilità di fondi per l'acquisizione e la gestione delle autovetture), l'opportunità di graduare le priorità ed assicurare, comunque, in prima istanza, il servizio di trasporto nei confronti dei magistrati protetti;
per quanto concerne le vetture ordinarie, in considerazione dell'imprescindibile esigenza di assicurare il servizio di trasporto sia per i magistrati, sia per gli indispensabili servizi istituzionali degli uffici giudiziari, in ottemperanza alla circolare della Presidenza del Consiglio del 30 ottobre 2001, l'Amministrazione è riuscita a concordare il mantenimento di una buona parte delle vetture a noleggio, evitando, in tal modo, la completa paralisi del servizio;
infine, è stata segnalata agli uffici competenti la necessità di tenere in debito conto la separazione della gestione del parco auto ordinario dalla gestione del parco auto blindato, in quanto, essendo quest'ultimo strumentale all'espletamento di un servizio obbligatorio che l'Amministrazione non può esimersi dal garantire, la separazione contabile permette una più oculata gestione delle risorse finanziarie.
Premesso quanto sopra, si precisa che alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro risultano in servizio 11 magistrati protetti a fronte di 15 autovetture specializzate: 4 BMW 330i Security, in conseguenza dell'ultimo acquisto effettuato dall'Amministrazione, 2 Lancia Lybra immatricolate nel 2002, 2 Lancia K e 7 Fiat Croma, la cui immatricolazione risale al periodo 1993-1996.
Per quanto attiene ai fondi assegnati per il corrente anno ai fini dell'acquisto del carburante e della manutenzione ordinaria capitolo 1466), è stato possibile assegnare alla Direzione nazionale antimafia, per la successiva ripartizione alle Direzione distrettuale antimafia, la complessiva somma di 438.000 euro (109.500 a trimestre), somma certamente inadeguata alle esigenze di quella struttura, ove si pensi che già nello scorso anno era stata assegnata (pur a fronte di analoga riduzione dei fondi), la somma di 758.000 euro, già ritenuta insufficiente, considerato che da qualche anno la Direzione nazionale antimafia formula costantemente una richiesta di fondi pari a 1.500.000 euro; è appena il caso di sottolineare che non sarebbe stato possibile assegnare una somma maggiore a quella di 438.000 euro, se non penalizzando, ulteriormente, i distretti giudiziari periferici.
Si è ben consapevoli delle difficoltà che si trovano ad affrontare i vari uffici giudiziari, in particolare quelli che operano in territori esposti alla criminalità organizzata, ma si è inevitabilmente vincolati al rispetto delle leggi e dei contratti, da un lato, ed alla ristrettezza degli organici ed alla loro pur modesta scopertura, dall'altro.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
NESPOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con cinque sentenze definitive depositate negli anni 2004-2005 la Cassazione ha confermato in via irretrattabile l'accertamento dell'ingiustizia praticata nel 1994 dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS) del Ministero degli affari esteri, che infatti con ragioni riconosciute infondate ebbe a negare a cinque esperti dell'Unità tecnica centrale (UTC) il rinnovo 1995-98 del contratto di lavoro, peraltro accordato a decine di altri esperti molti dei quali tuttora in servizio per effetto d'ulteriori rinnovi;
negli ultimi anni la DGCS ha inoltre riassorbito in servizio suoi ex esperti che, per averlo abbandonato o esservisi dimessi, non potevano vantare alcuna qualificata aspettativa di riammissione;
ciò nonostante, e sebbene richiesta, la DGCS non ha riammesso in servizio alcuno dei cinque predetti ex esperti dell'UTC rimasti estromessi dal rinnovo 1995-98 per effetto della citata ingiustizia definitivamente accertata giudizialmente in via irretrattabile;
sotto il profilo della economicità dell'attività ministeriale di cooperazione allo sviluppo, è di dominio comune che, a causa di endemiche lacune (specificamente carenza di personale tecnico e non di rado degli stessi titoli professionali prescritti per la specializzazione assegnata agli esperti dell'UTC), l'Amministrazione degli esteri è frequentemente costretta ad assegnare onerosamente a soggetti esterni anche compiti di natura tecnica che ordinariamente rientrano tra quelli per i quali l'esperto è stato assunto presso l'UTC, talché la riammissione in servizio dei predetti cinque ex esperti dell'UTC risponderebbe al criterio di economicità ove solo si osservi che trattasi di soggetti senior ampiamente in possesso dei titoli prescritti per l'assunzione come esperti dell'UTC ed in grado di fare fronte anche ad una rilevante parte dei compiti che per carenza di personale la DGCS assegna solitamente a soggetti esterni con notevole aggravio di spesa erariale;
sotto il profilo dell'efficacia complessiva dell'UTC, ben gioverebbe a tale struttura la presenza delle professionalità dei cinque predetti ex esperti dell'UTC (rispettivamente specializzati nei settori della Ricerca idrica, Aiuti alimentari, Sanità, Idraulica, Infrastrutture civili);
sotto il profilo dell'imparzialità, non sembra essere stato rispettato il detto principio costituzionale laddove - come consta all'interrogante - la DGCS da una parte non ha riammesso in servizio detti cinque ex esperti dell'UTC, dall'altra avrebbe riammesso in servizio ex suoi esperti e manterrebbe tuttora in servizio esperti dell'UTC assunti in assoluta carenza dei titoli prescritti dal DIM 27 luglio 1987 e/o dall'avviso di prova concorsuale attraverso cui sono stati assunti-:
se non ritenga che la DGCS sia tenuta ad operare le proprie scelte adeguandosi alle sentenze della magistratura, ovverosia se non ritenga che, in applicazione dei principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento, sussista il dovere della DGCS di riammettere in servizio i predetti cinque ex esperti dell'UTC;
se non ritenga di dovere adottare (in conformità a quanto consentito dagli articoli 4 e 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001) un atto di indirizzo interpretativo e/o applicativo della normativa secondaria vigente all'intermo della DGCS, affinché sia ribadito il generale dovere di applicare il principio costituzionale di imparzialità anche sul piano dell'atto concreto di gestione, ancorché l'amministrazione agisca con i poteri del datore di lavoro privato e indipendentemente dalla circostanza che il suo comportamento esuli o meno dal sindacato del giudice.
(4-02027)
Risposta. - In riferimento a quanto richiesto con l'atto parlamentare presentato dall'interrogante, il Ministero degli affari esteri fa presente che l'intera vicenda ha già ricevuto piena definizione in ambito processuale
e che, per alcuni dei casi richiamati, sono intervenute sentenze con autorità di giudicato, che negano qualsivoglia diritto soggettivo alla riassunzione in servizio presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo e che riconoscono semplicemente ai ricorrenti un diritto al risarcimento per la perdita di chances professionali.
Questa Amministrazione ha già provveduto alla corresponsione dei danni liquidati in sentenza, con ciò pienamente ottemperando agli obblighi scaturenti dal disposto del giudice.
Sulla seconda questione posta dall'interrogante, il Ministero degli affari esteri si limita ad osservare che il requisito costituzionale della imparzialità dell'azione della pubblica amministrazione è garantito dall'espletamento di procedure pubbliche di selezione, adottate anche nel caso di specie. Nello specifico, si rileva che i cinque esperti citati dall'interrogante non hanno superato le procedure di reclutamento bandite a suo tempo dall'Amministrazione.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
OLIVIERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 15 settembre 2006 l'interrogante ha visitato il carcere di Savona, denominato Sant'Agostino, e ne ha personalmente verificato le pessime condizioni ambientali, igieniche e strutturali essendo l'edificio carcerario un vecchio convento risalente al 1400 e utilizzato quale luogo di detenzione a partire dall'età napoleonica;
in virtù di tale situazione il Sant'Agostino di Savona è stato inserito nell'elenco delle strutture carcerarie da dismettere e pare essere già stato avviato l'iter per la realizzazione del nuovo carcere che dovrebbe sorgere in località Passeggi nel comune di Savona;
la realizzazione della nuova struttura carceraria è condizione necessaria per la dismissione del Sant'Agostino;
il 25 luglio 2006 i giornali savonesi hanno riportato alcune dichiarazioni del Vice Sindaco di quel Comune secondo le quali le risorse finanziarie stanziate per la realizzazione della nuova struttura carceraria risulterebbero insufficienti rispetto alle reali necessità;
tale circostanza, ove venisse confermata, metterebbe in seria discussione la realizzazione della nuova struttura nei tempi ipotizzati -:
se rispondano a verità le notizie relative all'insufficienza delle risorse finanziarie stanziate;
se sia stato ultimato l'iter progettuale della nuova struttura e, in caso contrario, quando si ritenga possa essere approvato il progetto esecutivo dell'opera;
quando si ritengapossano avere inizio i lavori per la realizzazione del nuovo carcere savonese ed in quanto tempo se ne stimi la durata;
in ogni caso, quali interventi si intendano mettere in atto per rendere igienicamente ed ambientalmente accettabile l'attuale struttura carceraria savonese, nella quale i detenuti scontano di fatto una doppia pena e le stesse condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziarie e del personale amministrativo risultano essere alquanto difficili.
(4-01012)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che la realizzazione del nuovo istituto di Savona è curata dal Ministero delle infrastrutture, con fondi assegnati sul capitolo di bilancio di quel dicastero e che, sulla base del progetto definitivo, è stato recentemente appaltato un primo lotto dei lavori, risultando insufficienti i fondi stanziati.
A cura dell'impresa sarà redatto il relativo progetto esecutivo e, prevedibilmente, entro il primo semestre del corrente anno saranno, quindi, avviati i lavori.
È previsto che i lavori del primo lotto durino due anni.
Peraltro, qualora venisse assegnata in tempo utile la necessaria integrazione dello
stanziamento, potrebbe ipotizzarsi in tempi non lontani dalla fine di tali lavori anche l'ultimazione dell'intervento nel suo complesso.
Per quanto concerne, invece, il vecchio istituto, bisogna tener presente che, per le gravi carenze funzionali, la conformazione e la ristrettezza degli spazi, la struttura non è suscettibile di significativi interventi di risanamento, fermo restando che, comunque, nei limiti consentiti dalle condizioni strutturali e compatibilmente con le risorse disponibili, alcuni interventi per migliorare la vivibilità, la sicurezza e le condizioni igienico-sanitarie dell'istituto sono stati realizzati a cura del competente Provveditorato regionale.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
PALOMBA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con deliberazione n. 17/9 del 26 aprile 2006 la Giunta regionale ha approvato il bando di gara per la cessione, riqualificazione e trasformazione di ambiti di particolare interesse paesaggistico del Parco geominerario della Sardegna;
le aree minerarie interessate dal presente bando sono ricomprese nei seguenti due lotti: 1) compendio di Masua-Monte Agruxau (Iglesias), superficie territoriale di circa 318 ettari, con la volumetria sviluppabile di metri cubi 120.000 a Masua e 40.000 a Monte Agruxau (complessivamente 160.000 metri cubi). Importo a base d'asta 32.520.000,00 euro; 2) compendio di Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli, superficie territoriale di circa 329 ettari, con la volumetria sviluppabile di 30.000 metri cubi a Ingurtosu e 70.000 metri cubi a Pitzinurri e Naracauli (complessivamente 100.000 metri cubi). Importo a base d'asta 11.000.000,00 euro;
il 13 gennaio 2006 l'assemblea ordinaria dei soci IGEA Spa, titolare delle aree, ha provveduto a delegare la Regione autonoma della Sardegna (proprio azionista unico) alle procedure di cui al bando;
all'articolo 2, comma 3, del bando è testualmente detto che: «nei suddetti compendi, definiti da un punto di vista territoriale nelle cartografie allegate e meglio specificate al successivo articolo 3, saranno possibili interventi finalizzati alla ricostruzione delle volumetrie esistenti e di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente per strutture alberghiere ricettive con annessi centri benessere, strutture sportive e per il golf, interventi di miglioramento ambientale e di forestazione, realizzazione di strutture di supporto alla fruizione turistica dei siti di archeologia industriale eventualmente insistenti su tali aree, nei limiti massimi sopra indicati». Al successivo articolo 4 del bando è confermato che «Il progetto aggiudicatario sarà assoggettato alla disciplina urbanistica vigente al momento dell'aggiudicazione con riferimento tanto alla legge regionale n. 45 del 1989 quanto alla disciplina del Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R., recentemente adottato con deliberazione giunta regionale n. 22/3 del 24 maggio 2006), ai sensi della legge regionale n. 8 del 2004». In proposito, si rammenta che l'articolo 13 delle norme tecniche di attuazione del PPR dispone che negli ambiti di paesaggio costieri (articolo 20) «nelle aree inedificate all'entrata in vigore del piano è precluso qualunque intervento di trasformazione», fatta eccezione per quelli manutentivi, di consolidamento e restauro senza nuove volumetrie e con assoluta esclusione, ad esempio, di «campi da golf»;
oggetto della gara è la selezione dell'acquirente dei sopra citati complessi minerari, anche disgiuntamente, con l'obbligo a carico del soggetto acquirente di realizzare il progetto prescelto ed il relativo intervento di riqualificazione ambientale, paesaggistica, urbanistica ed edilizia dei siti minerari dismessi, in collegamento con un piano di sviluppo e valorizzazione economica, storico-culturale, artistica, naturalistica, ricettiva e turistica dei siti interessati;
all'articolo 7, comma 2, del bando è previsto che all'interno di specifico accordo di programma attuativo del progetto
di riqualificazione prescelto saranno previsti «gli atti e le azioni da svolgersi direttamente o indirettamente dalla società istituzionalmente preposta in materia di messa in sicurezza e bonifica delle aree o in raccordo con la stessa», senza tuttavia esplicitarsi se trattisi del soggetto aggiudicatario ovvero della società in mano pubblica IGEA Spa o di altro soggetto. Il successivo articolo 8, comma 5, del bando afferma, invece, che «gli interventi di messa in sicurezza, riqualificazione ambientale e bonifica delle aree interessate dalla gara saranno a carico dell'amministrazione regionale sarda, che si avvarrà, per la realizzazione degli interventi, dei soggetti istituzionalmente preposti, quali l'Igea, proprietaria delle aree»;
le aree interessate rappresentano uno dei più interessanti esempi di archeologia mineraria in un contesto naturale, paesaggistico e storico-culturale di primaria importanza;
il compendio di Masua-Monte Agruxau è tutelato con vincolo paesaggistico ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettere a) e g) del decreto legislativo n. 42 del 2004, è interamente classificato quale sito di importanza comunitaria (S.I.C.) «Costa di Nebida» (codice ITB040029) ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modifiche ed integrazioni e formalmente individuati con decreto ministeriale 3 aprile 2000, n. 65, integrato con determinazioni Direttore Serv. cons. natura, habitat, eccetera Regione autonoma della Sardegna (R.A.S.) 6 dicembre 2002, n. 2689/V e 16 dicembre 2003, n. 2810/V. Nel piano paesaggistico regionale è classificato «fascia costiera», «area naturale e sub-naturale», «area di insediamento produttivo di interesse storico»;
il compendio di Ingurtosu-Pitzinurri-Naracauli è tutelato con vincolo paesaggistico ai sensi degli articoli 136 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004, individuata con decreto ministeriale 27 agosto 1980, rientra nell'istituenda riserva naturale regionale «Monte Arcuentu-Rio Piscinas» ai sensi della legge regionale n. 31 del 1989 - allegato «A», è interamente classificata quale sito di importanza comunitaria (S.I.C.) «Monte Arcuentu e Rio Piscinas» (codice ITB040031), mentre è contiguo all'altro S.I.C. «Da Piscinas a Riu Scivu» (codice ITB040071), ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modifiche ed integrazioni e formalmente individuati con decreto ministeriale 3 aprile 2000, n. 65, integrato con determinazioni Direttore Serv. cons. natura, habitat, eccetera R.A.S. 6 dicembre 2002, n. 2689/V e 16 dicembre 2003, n. 2810/V. Nel piano paesaggistico regionale è classificato «area naturale e subnaturale», «area di insediamento produttivo di interesse storico», «colture erbacee specializzate»;
ambedue i compendi minerari in argomento rientrano nel Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna, istituito ai sensi dell'articolo 114, comma 10, della legge n. 388 del 2000 con il decreto ministeriale 16 ottobre 2001 che, all'articolo 3, definisce incompatibili con i relativi obiettivi di tutela fra l'altro «qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio e sugli equilibri paesaggistici, ambientali, ecologici, idraulici, idrogeotermici e geominerari...» (lettera a) e «l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti ad esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di restauro e di risanamento conservativo...» (lettera c);
numerose associazioni ambientaliste e di tutela giuridica hanno espresso valutazioni fortemente critiche tanto sulla base di diversi aspetti di legittimità quanto su aspetti non meno rilevanti di opportunità, rilevando, tra l'altro che «Sembra, quindi, prevedersi un accollo per la pubblica amministrazione delle onerose operazioni di
messa in sicurezza e risanamento ambientale che, per interesse pubblico e logica, dovrebbero essere a carico del soggetto aggiudicatario a fronte di un importo a base d'asta decisamente contenuto (32.520.000,00 euro per Masua-Monte Agruxau, circa 102.264 euro per ettaro; 11.000.000,00 per Ingurtosu-Naracauli Pitzinurri, circa 33.434 euro per ettaro) per compendi ambientali e storico-culturali di così elevato rilievo ed a fronte degli ordinari obblighi giuridici in capo al titolare di beni immobili. Un impegno economico tuttora non quantificabile, ma potenzialmente così gravoso da far supporre senza particolari difficoltà rischi di ipotesi di danno erariale (per inciso, si rammenta che l'articolo 52, comma 1, delle norme tecniche di attuazione del P.P.R. prevede che nelle "aree caratterizzate da insediamenti storici", fra cui i "villaggi minerari e industriali a matrice storica", "per i Comuni non dotati di piano particolareggiato" (ed appare trattarsi proprio di tale caso) siano consentiti "fino all'adeguamento dei piani urbanistici comunali al P.P.R. unicamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo ai sensi dell'articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nonché di ristrutturazione edilizia interna")»;
in data 14 maggio 2006 sui quotidiani regionali l'Unione sarda e la Nuova Sardegna è stato pubblicato il previsto avviso di gara destinato a svolgersi nelle due distinte fasi della pre-qualifica e della procedura di valutazione delle offerte presentate dai soggetti ammessi;
il termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione alla detta gara era fissato il 3 luglio 2006;
da notizie di stampa si è appreso che la prima fase si sarebbe conclusa con la valutazione positiva nei confronti di due gruppi economici italiani, facenti riferimento agli imprenditori Tronchetti Provera e Ligresti, e di un gruppo economico straniero;
è opportuno, prima che la gara vada avanti, conoscere l'opinione e gli intendimenti del ministero interrogato, anche ad evitare possibili responsabilità erariali fermandosi, eventualmente, l'iter prima della sua conclusione, qualora ne ricorrano gli estremi -:
quale sia l'opinione del Ministro, per il tramite del consorzio gestore del parco geominerario, sulla legittimità del bando e quali iniziative intenda adottare per scongiurare la alienazione irreversibile e della trasformazione della destinazione d'uso di beni di rilevante interesse pubblico in beni destinati ad attività turistico-alberghiera.
(4-01635)
Risposta. - Al Ministero per i beni e le attività culturali non risulta siano state concluse procedure di cessione dei beni immobili oggetto della interrogazione.
La società Igea s.p.a. ha sottoscritto in data 2 novembre 2006 un accordo con la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Sardegna per la verifica dell'interesse culturale dei compendi immobiliari ricadenti nell'area di Masua, Monte Agruxau, Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli secondo quanto previsto al decreto ministeriale 6 febbraio 2004 e ai sensi dell'articolo 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Tutto questo a seguito di una serie di incontri istruttori con la Igea s.p.a. promossi dalla stessa Direzione regionale a partire dal gennaio 2006 che a loro volta facevano seguito ad una serie di note informative inviate alla regione Sardegna.
Il procedimento di verifica dell'interesse culturale è stato avviato dalla Igea s.p.a. con l'inoltro di due elenchi (19 gennaio 2007 e 2 febbraio 2007) contenenti le schede descrittive di 26 immobili, la cui verifica è in corso presso la Soprintendenza di Cagliari e la Direzione regionale della Sardegna.
Qualora la verifica dell'interesse culturale dia esito positivo, il successivo trasferimento di proprietà dovrà essere autorizzato dal Ministero (articolo 55 e 56 del Codice), così come ogni successivo intervento di trasformazione articolo 21 e 22 del Codice).
Va precisato che dal procedimento di verifica dell'interesse culturale sono esclusi gli immobili realizzati da meno di 50 anni, pur presenti nei siti in questione, che pertanto possono essere alienati.
Si osserva inoltre che il bando di gara ha per oggetto la selezione dell'acquirente, come specificato all'articolo 2. A seguito della gara non si produce quindi l'automatico trasferimento della proprietà, che è sottoposto alle regole del Codice (inalienabilità fino alla conclusione del procedimento di verifica dell'interesse culturale).
Con queste precisazioni, quindi, non sembrano al momento emergere dal bando di gara profili di illegittimità ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
In ogni caso si precisa che i compendi immobiliari in questione sono identificati e tutelati dalle norme tecniche di attuazione del Piano paesistico regionale - Primo ambito omogeneo, approvato il 5 settembre 2006 ed entrato in vigore il 9 settembre 2006.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CAMILLO PIAZZA, BONELLI e PELLEGRINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in queste settimane, 700 famiglie di un quartiere alle porte di Milano, lo Sporting Mirasole, inquilini in affitto in immobili di proprietà dell'ENPAM, sono in forte apprensione per la propria sorte perché l'Ente proprietario ha posto in vendita l'intero complesso residenziale;
la dismissione di tutto il patrimonio abitativo dell'ENPAM è stata affidata alla società di transazioni finanziarie Colliers International;
questa vendita rischia di costringere oltre 2.000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni senza valide alternative e in una situazione di grande difficoltà del mercato immobiliare sia per i prezzi di vendita sia per gli affitti degli appartamenti;
le famiglie del quartiere, sostenute dall'Amministrazione comunale, intendono proporsi all'ENPAM ed alla Colliers International come acquirenti delle proprie abitazioni (iniziativa già condotta con successo nella vicina Pieve Emanuele sempre con ENPAM), ma vi è il concreto rischio che non venga loro riconosciuto il diritto di prelazione, e che venga effettuata una vendita in blocco di tutto il patrimonio abitativo ad una grossa impresa immobiliare;
l'ENPAM è un ente previdenziale sottoposto alla vigilanza del Governo attraverso il Ministero del lavoro -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni riportate in premessa e se queste corrispondano a verità;
quali iniziative intenda intraprendere affinché l'ENPAM e la finanziaria incaricata della vendita forniscano tutte le informazioni utili e le assicurazioni in merito alla salvaguardia dei diritti degli inquilini;
come intenda assicurarsi che l'ENPAM e la società Colliers International, effettuino l'operazione di dismissione del patrimonio con modalità condivise e contrattate con il Comitato Inquilini e con l'Amministrazione comunale di Opera.
(4-01625)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame l'Enpam ha comunicato quanto segue.
L'Istituto, originariamente ente pubblico, a seguito del riordino o soppressione degli enti pubblici di previdenza ed assistenza, si è trasformato in fondazione senza scopo di lucro e con personalità giuridica di diritto privato.
Pertanto l'Ente, in quanto persona giuridica di diritto privato, non è assoggettato alla normativa regolante la dismissione degli immobili di proprietà degli enti di previdenza pubblici.
Inoltre l'Enpam trae le risorse utili per le proprie attività di assistenza e previdenza a favore dei propri iscritti anche dal reddito del proprio patrimonio, finanziario e immobiliare; tale circostanza obbliga la Fondazione
a ricercare l'assetto maggiormente performante dei propri beni e, quindi, a cedere quelli che, avendo concluso il proprio ciclo produttivo, apportano reddito in misura modesta, se non addirittura negativa.
Con tali premesse, a partire dal 1999, la Fondazione ha avviato, sulla base di valutazioni di tipo economico, un programma di cessioni di immobili considerati non più strategici alle proprie finalità.
Nell'ambito di tale programma sono stati ceduti una serie di beni i cui redditi, e/o i necessari investimenti futuri, erano palesemente non convenienti per la Fondazione.
Premesso ciò l'Enpam, per quanto riguarda la possibile vendita del complesso immobiliare denominato «Sporting Mirasole» posto nel comune di Opera alle porte di Milano ha rappresentato quanto segue.
Nella seduta del 26 maggio 2006, il consiglio di amministrazione della Fondazione ha deliberato «l'ammissibilità alla vendita degli immobili di cui agli elenchi A e B», tra cui figura anche l'immobile in parola, incaricando il Presidente affinché, sulla base di precise linee guida, presentasse in una successiva riunione una concreta ipotesi di cessione dei beni elencati.
Nella seduta del 30 giugno 2006, il Consiglio rinnovava la decisione precedentemente espressa, specificando nel mandato di advisor che la vendita degli immobili residenziali doveva attuarsi mediante soggetto giuridico unitario con obbligo di acquisto dell'invenduto.
In attuazione alla delibera presa, nel luglio 2006, veniva dato incarico di advisor alla società Colliers Elitrade per l'implementazione, lo sviluppo e la conclusione del progetto di cessione di immobili a prevalente uso abitativo di proprietà della Fondazione Enpam.
Nell'incarico, veniva puntualizzato che l'advisor si obbligava a porre in essere ogni attività per addivenire alla vendita del patrimonio immobiliare residenziale ai conduttori, utilizzando le modalità ritenute, in accordo con la mandante, idonee a determinare la miglior valorizzazione possibile ed il miglior prezzo per la Fondazione dell'intero patrimonio immobiliare e di ogni singolo immobile in esso ricompreso, evitando al contempo, ogni possibile forma di speculazione nel trasferimento degli immobili.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
PIRO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le recenti dimissioni in blocco degli 11 magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania, motivate da una situazione insostenibile, al limite del collasso, dell'ordinaria gestione degli uffici della Procura, richiamano all'attenzione la preoccupante condizione di disfunzione in cui i pubblici ministeri sono costretti ad operare;
i numeri sono allarmanti, ben 70mila euro di debiti della procura etnea negli ultimi 20 mesi, di cui 15 mila per carburante, 35 mila per spese auto e 20 mila per mancato saldo dello scorso anno; i giudici si vedono, pertanto, costretti ad anticipare i soldi per la benzina e i ricambi delle auto di servizio per poter effettuare le trasferte d'udienza a Siracusa, Caltagirone e Ragusa; anche per la mancanza di fondi per le spese informatiche si vedono costretti a comprare, a proprie spese, i computer portatili; le società di assistenza ai sistemi informatici non sono più disponibili a fornire servizi senza essere pagate e la stessa manutenzione della rete telematica è ai minimi termini;
sul problema dei finanziamenti per i debiti pregressi, il procuratore della Repubblica di Catania, Mario Busacca, ha richiamato anche la mancata destinazione di fondi in favore degli uffici giudiziari etnei da parte della Regione siciliana, nonostante un preciso impegno preso nei mesi scorsi. È solo in seguito all'allarme lanciato dai Pubblici ministeri dimissionari, che la Regione siciliana, ha finalmente annunciato, mediante una dichiarazione
dell'assessore alla Presidenza della Regione siciliana, un piano straordinario di interventi;
le ragioni delle dimissioni dei Pubblici ministeri sono state esposte anche in una lettera inviata al Ministero della Giustizia, insieme alla decisione, a partire dal 1 novembre, di non anticipare più il denaro necessario al funzionamento ordinario; ciò comporterà il blocco delle udienze fuori dalle aule del palazzo di giustizia catanese, rischiando di compromettere la necessaria attività di difesa istituzionale contro la criminalità, attività già minata, a giudizio dell'interrogante, dal pesante taglio di fondi da parte del precedente Ministro della giustizia;
la scelta, secondo l'interrogante, sciagurata del precedente Governo in tema di giustizia non si è fatta attendere, il taglio dei fondi per il funzionamento della giustizia (carta, fotocopiatrici, assistenza per le auto di servizio, eccetera), per l'informatica e gli investimenti in tecnologia aveva già reso evidente a quale compito fosse chiamato il nuovo Governo. La situazione descritta, infatti, rappresenta gli aspetti esasperati di una condizione drammatica in cui versano la gran parte degli uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale, a causa delle irrisorie risorse disponibili per il comparto della giustizia -:
quali iniziative intenda assumere per far fronte a una situazione di vero e proprio collasso degli uffici giudiziari, in particolare della DDA di Catania, e quali misure intenda adottare per garantire il corretto espletamento delle attività giurisdizionali atte ad affermare i principi di legalità e giustizia nel Paese.
(4-01488)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, il Procuratore della Repubblica di Catania ha confermato che effettivamente i sostituti procuratori facenti parte della Direzione distrettuale antimafia hanno chiesto la revoca dall'incarico con la motivazione che ritenevano essere venute meno le condizioni per svolgere serenamente e proficuamente la loro attività processuale, sia per la maggior esposizione a rischio, non potendo fare uso delle autovetture blindate, prive di carburante e di manutenzione, sia per la difficoltà di muoversi nell'ampio territorio di competenza per raggiungere aule-bunker, istituti carcerari, tribunali periferici. Nella propria nota il Procuratore della Repubblica ha, inoltre, fatto presente come da tempo siano esaurite le scorte di copertine, carta e toner necessari per l'espletamento delle attività ordinarie.
A questo proposito, si rappresenta che gli stanziamenti dei fondi assegnati sui capitoli gestiti da questa Amministrazione furono ridotti, dai noti tagli effettuati dalla legge finanziaria per il 2006, mediamente del 50 per cento e, per alcuni capitoli, anche in percentuale superiore. La Direzione generale competente, di conseguenza, si è trovata costretta a ridurre, in analoga misura, le assegnazioni ai funzionari delegati.
Sono, quindi, i funzionari delegati che, per la loro competenza territoriale, provvedono discrezionalmente alla ripartizione dei fondi a seconda delle esigenze rappresentate dagli stessi uffici giudiziari del distretto e, nella fattispecie, dalle Direzioni Distrettuali Antimafia.
Per quanto riguarda le spese di ufficio (cap. 1469), la Direzione competente ha provveduto ad assegnare ai funzionari delegati, per l'anno 2006, tutti i fondi disponibili.
Sono state, infatti, assegnate e interamente accreditate per l'anno 2006 le seguenti somme:
alla Direzione Nazionale Antimafia euro 240.000;
alla Corte di Appello di Catania euro 165.000;
alla Procura della Repubblica di Catania euro 54.000.
Sono stati, inoltre, richiesti, in assestamento di bilancio, fondi aggiuntivi, necessari per garantire la funzionalità degli uffici sino alla fine del 2006. Per quanto riguarda il cap. 1468, sui cui fondi gravano le spese
per l'assistenza e l'acquisto di materiale per il funzionamento delle fotocopiatrici di proprietà dell'Amministrazione, si rappresenta che sono stati accreditati ai funzionari delegati tutti i fondi disponibili.
A favore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania sono stati emessi quattro ordini di accreditamento per un importo complessivo di euro 222.500.
A favore della Corte di appello di Catania sono stati emessi quattro ordini di accreditamento per un importo complessivo di euro 111.250.
A favore della Procura della Repubblica di Catania sono stati emessi quattro ordini di accreditamento per un importo complessivo di euro 74.575. Relativamente al servizio di trascrizione atti, al Presidente della Corte di appello di Catania che, nella sua qualità di funzionario delegato, provvede discrezionalmente alla ripartizione dei fondi a seconda delle esigenze rappresentate dagli stessi uffici giudiziari del distretto, per la gestione dell'anno 2006 è stato finora accreditato l'importo di euro 544.901,89.
Per quanto riguarda la fornitura di arredi ed attrezzature, ogni richiesta avanzata dagli uffici giudiziari di Catania risulta regolarmente evasa.
In particolare, per la Corte di appello di Catania, a seguito di richiesta trasmessa dalla Presidenza del Corte di appello, è stata autorizzata con nota n. 22964 del 12.6.2006 la procedura di acquisto di due impianti di archivio, da installare nei locali delle cancellerie, ritenuti indispensabili per la consultazione dei fascicoli processuali, civili e penali. Per la Procura Generale di Catania è stato autorizzato, con nota n. 36291 del 10 ottobre 2006, l'espletamento della procedura per l'acquisto di arredi relativi allo studio del Procuratore Generale dott. Tenebra. Per il Tribunale di Catania, con nota n. 18572 del 11 maggio 2006, è stato autorizzato l'acquisto di arredi ed è stata assicurata la copertura finanziaria per l'importo di euro 154.298,40, IVA inclusa.
Infine, per la Procura della Repubblica di Catania, negli ultimi tempi non sono pervenute richieste relative all'acquisizione di arredi; le richieste precedentemente avanzate sono state regolarmente soddisfatte dalla Direzione competente.
La predetta Procura ha in dotazione 27 fotocopiatrici a noleggio e 47 apparecchi fax.
Per quanto riguarda il CISIA di Catania, per soddisfare la domanda di arredi avanzata dall'Ufficio con nota n. 31739 del 5.9.2006, è stato autorizzato l'acquisto di quanto richiesto, assicurando la copertura finanziaria per euro 17.035, IVA inclusa.
In merito alla situazione del parco vetture della D.D.A. della Procura di Catania e dei fondi assegnati per la loro gestione, si fa presente che presso il suddetto ufficio risultano in servizio 10 magistrati protetti, a fronte di 20 autovetture specializzate.
Lo stato d'uso generale delle vetture risulta «ottimo» per le vetture di più recente immatricolazione e «buono» per le altre, secondo quanto riportato nel prospetto inviato al Ministero dalla Direzione Nazionale Antimafia. Per quanto riguarda la situazione dei fondi per l'acquisto del carburante e della manutenzione ordinaria, di cui si lamenta l'insufficienza, non si può che ribadire che tale situazione è conseguenza del taglio dei fondi subito in questi ultimi anni, in particolare a seguito della legge finanziaria 2006.
Per tale anno, ai fini dell'acquisto del carburante e della manutenzione ordinaria (Cap. 1466), è stato possibile assegnare alla D.N.A., per la successiva ripartizione alle D.D.A., la complessiva somma di euro 438.000 (109,500 a trimestre); non sarebbe stato possibile assegnare una somma maggiore se non penalizzando, ulteriormente, i distretti giudiziari periferici. In relazione alla tutela dei magistrati in servizio presso la Direzione Distrettuale di Catania, il Ministero dell'Interno ha riferito che l'Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale (UCIS) ha invitato il Prefetto di Catania ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, ogni possibile iniziativa per assicurare i dispositivi atti a tutelare l'incolumità di ciascun magistrato del distretto, secondo le modalità esecutive ai sensi dell'articolo 9 decreto ministeriale 28 maggio 2003.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
PIZZOLANTE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Legge 382/1978, all'articolo 20, comma 3, così recitava «Il Ministro della difesa emana, con decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, il regolamento interno per l'organizzazione e il funzionamento della rappresentanza militare, adottato dall'organo centrale a maggioranza assoluta dei componenti; con il medesimo decreto il Ministro della difesa stabilisce le norme di collegamento con i rappresentanti dei militari delle categorie in congedo e dei pensionati, delegati dalle rispettive associazioni.»;
per quanto concerne i militari delle categorie in congedo e dei pensionati questo decreto non ha mai trovato effettiva applicazione;
sembra indispensabile che le suddette categorie possano trovare una loro rappresentanza nel CO.CE.R. -:
quali iniziative anche di natura legislativa, si intendano adottare al fine di consentire la rappresentanza nel CO.CE.R anche delle associazioni militari in congedo e in pensione.
(4-01452)
Risposta. - L'atto di sindacato ispettivo in argomento è finalizzato a conoscere quali iniziative si intendano adottare per consentire la rappresentanza, nel Consiglio Centrale di Rappresentanza (Cocer), anche delle associazioni dei militari in congedo e in pensione.
Al riguardo occorre, in premessa, operare una breve disamina del quadro normativo, afferente gli organismi della Rappresentanza Militare, così come previsti dalla legge 11 luglio 1978 n. 382, recante norme di principio sulla disciplina militare.
L'articolo 18 della legge citata, prevede che l'Organo centrale della rappresentanza militare (Cocer), a carattere nazionale ed interforze, sia articolato in Commissioni interforze di categoria (Ufficiali, sottufficiali e volontari) nonché in Sezioni di Forza armata o di Corpo armato (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza).
I relativi rappresentanti sono eletti dai rappresentanti degli organi intermedi (COIR) e questi ultimi, a loro volta, dai delegati degli organi di base (COBAR).
È di tutta evidenza, come appare dal testo della legge, che il legislatore - nell'individuare tassativamente la composizione e la natura dei rappresentanti del Cocer - abbia escluso che ad esso possano partecipare, in qualità di delegati, i rappresentanti dei militari delle categorie in congedo ed in pensione.
L'articolo 20, invece, stabilisce che, con decreto del Ministro della difesa, siano emanate le norme di collegamento con i rappresentanti dei militari delle categorie in congedo e dei pensionati, delegati dalle rispettive associazioni.
Si osserva, a tal proposito, che il decreto ministeriale 5 agosto 1982 prevede, tra l'altro, che il Ministro autorizzi, di volta in volta, gli incontri tra il Cocer ed i delegati delle predette associazioni.
Ciò posto, nell'evidenziare come detto decreto ministeriale sia finalizzato a disciplinare i rapporti in questione, si sottolinea la circostanza che il rinvio operato dalla legge n. 382 del 1978 a norme «di collegamento» evidenzia ulteriormente - sotto il profilo logico-sistematico - come i rappresentanti dei militari in congedo/in pensione siano delle configurazioni giuridiche «esterne» al COCER e non operanti all'interno di tale organismo centrale.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
RAMPELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal 13 al 18 settembre il Governo italiano sarà in missione in Cina per partecipare alla Fiera Internazionale di Canton;
lo scopo principale della missione è quello di favorire lo sviluppo delle relazioni commerciali italo-cinesi e di delocalizzare le imprese italiane nel Paese di Mezzo;
in diverse città italiane, soprattutto in quelle dove è più forte la presenza di insediamenti cinesi, ormai da anni vengono trasferiti ingenti capitali, di dubbia provenienza, che diventano strumenti per il varo di attività prevalentemente indirizzate sul commercio all'ingrosso e all'import-export;
un esempio ormai noto di suddetto fenomeno è quello del rione Esquilino a Roma dove - in un contesto di crescente illegalità, microcriminalità diffusa e degrado urbano - le forze dell'ordine spesso incontrano difficoltà nella repressione di episodi criminosi commessi da cittadini cinesi;
recenti notizie di stampa riferiscono della massiccia espansione registrata in questi ultimi anni su tutto il territorio nazionale dalle imprese cinesi produttrici di beni, soprattutto nel settore tessile-manifatturiero e dell'abbigliamento; tali imprese sono spesso collegate alla malavita organizzata in Cina e vi è il sospetto che sussistano legami anche con la criminalità italiana -:
se il Governo non ritenga opportuno valutare la possibilità di garantire una più stretta collaborazione tra gli investigatori dei due Paesi, in particolare offrendo maggiore supporto per identificazioni e traduzioni, spesso difficilissime per gli interpreti anche a causa dell'enorme presenza di dialetti nello Stato asiatico.
(4-00957)
Risposta. - A partire dagli anni Ottanta, il numero delle presenze di cittadini cinesi in Italia ha fatto registrare una crescita esponenziale.
Si tratta di una comunità tendenzialmente chiusa, non facilmente disponibile a forme di integrazione. Tale isolamento ha costituito il punto di forza delle organizzazioni criminali cinesi, che sono in grado di esercitare su di essa un rigido controllo.
In via generale, si rileva che le comunità cinesi, diffuse in tutta Italia, hanno presenze criminali significative in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Puglia. La tipologia di crimini e le modalità adottate hanno, spesso, messo in rilievo la configurazione del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso, anche se, alla luce delle attuali risultanze investigative, non sono stati sinora comprovati collegamenti con le «Triadi» della madrepatria.
Le principali attività illecite perseguite appaiono essere collegate alla gestione del traffico di clandestini, alla contraffazione ed all'abusivismo commerciale, alla consumazione di reati contro la persona ed il patrimonio - prevalentemente in danno di connazionali - allo sfruttamento della prostituzione - con una crescita esponenziale di «case di appuntamento» - ed al gioco d'azzardo.
Reato strumentale all'ingresso clandestino degli stranieri è il falso documentale, nel quale, tra l'altro, le organizzazioni criminali cinesi sembrano dimostrare particolare abilità e che, spesso, costituisce un momento di saldatura tra i gruppi presenti in Italia e le più grandi organizzazioni della madrepatria.
Le molteplici indagini condotte dagli inquirenti sull'intero territorio nazionale hanno evidenziato la particolare capacità della criminalità cinese nella gestione dei flussi d'ingresso di clandestini mediante sperimentate procedure, una delle quali viene attuata utilizzando in modo improprio le disposizioni dell'Accordo sullo stato di destinazione approvata (ADS), stipulato dall'Unione europea e dalla Cina nel 2004. Nello specifico, i cinesi fanno ingresso in Italia muniti di passaporto con visto turistico conseguito nel loro Paese presso le sedi diplomatiche di Stati membri dell'Unione europea, ed una volta entrati nel territorio nazionale vi rimangono illegalmente.
La contraffazione di matrice cinese è un fenomeno che non riguarda solo l'Italia, ma l'intero commercio mondiale. In Italia si calcola che ogni anno giungano dalla Cina circa 500.000 containers, principalmente nei porti di Napoli (circa il 70 per cento), Gioia Tauro, Taranto e Genova.
L'illecita attività si avvale di un reticolo di aziende di import-export all'uopo costituite da gruppi familiari allargati, nella
forma di società a responsabilità limitata o in accomandita semplice, con collegamenti societari in tutto l'ambito Unione europea.
Le verifiche compiute su tale fronte in numerosissimi esercizi hanno portato al sequestro di locali e di merce contraffatta - prevalentemente capi di abbigliamento, accessori in pelle ed altri prodotti di elevato valore commerciale - alla denuncia delle persone coinvolte nell'attività di contraffazione, nonché ad innumerevoli denunce per violazioni amministrative connesse alla tutela dell'igiene e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Altro fenomeno di rilievo è costituito dal riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, attraverso l'acquisto di imprese e di immobili adibiti sia ad uso abitativo che commerciale, per lo più in zone tra di loro adiacenti, al fine di favorire la graduale formazione di «China towns» locali. Tale espansione economica tende talora a mimetizzarsi: è il caso di esercizi commerciali che, acquistati anche a prezzi sensibilmente più alti rispetto a quelli di mercato mediante transazioni in contanti - quindi, meno verificabili - mantengono immutate le caratteristiche e la denominazione, al fine di non essere destinatari di controlli da parte delle autorità competenti.
La comunità cinese, coerentemente con il forte spirito di identità che la caratterizza, mantiene inoltre stretti rapporti di tipo economico con la madrepatria che si traducono in una massiccia tendenza a convogliare verso quel Paese una parte consistente dei guadagni accumulati. Recenti indagini hanno fatto intravedere la diretta complicità di cittadini italiani che, interponendosi quali titolari apparenti delle movimentazioni finanziarie di cittadini cinesi, assicurano loro la consulenza specialistica per la movimentazione di grosse somme di danaro.
A Roma, la comunità cinese risulta particolarmente presente nelle zone del I Municipio (Centro) e nei Municipi VI (Prenestino), VIII (Torre Angela-Borghesiana) e IX (Appio Latino) del quadrante est della città. In particolare, la comunità cinese si è ben inserita in alcune attività economiche, quali la ristorazione, il commercio al dettaglio ed all'ingrosso e l'artigianato.
Relativamente alla possibilità di garantire, come auspicato dall'interrogante, una più stretta collaborazione tra gli investigatori italiani e cinesi, va segnalato che il 4 aprile 2001 è stato siglato a Roma un accordo di cooperazione, tra i due Paesi, in materia di lotta alla criminalità; con tale accordo le parti contraenti si sono impegnate a svolgere attività di collaborazione per contrastare e combattere la criminalità in tutte le sue forme, prevedendo, tra l'altro, scambi di informazioni, reciproche visite di esperti, la programmazione di corsi di addestramento, il rafforzamento della collaborazione tra i rispettivi uffici centrali Interpol, la cooperazione nella ricerca di latitanti e nella conduzione di attività investigative.
A seguito della sottoscrizione dell'accordo, considerato uno dei più completi conclusi dalla Cina, nel marzo dell'anno successivo è stata avviata la funzione di collegamento con l'invio a Beijing (Pechino) di un ufficiale del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia e con l'arrivo in Italia di funzionari della polizia cinese per agevolare il riconoscimento dei connazionali ospitati presso i centri di prima accoglienza.
Gli ufficiali di collegamento sono inseriti nell'organizzazione FLECC (Foreign Law Enforcement Community of China), che si riunisce con cadenza mensile. Questo gruppo che nel 2002 contava pochissimi elementi, è considerevolmente aumentato; a partire dalla fine del 2004, le autorità cinesi hanno appositamente costituito un sottogruppo composto dagli ufficiali di collegamento dei Paesi dell'Unione europea, che si riunisce con cadenza bimestrale, al fine di confrontare e focalizzare problematiche con un più alto grado di specificità.
Il consolidamento delle relazioni tra le omologhe istituzioni di polizia è testimoniato dall'aumento del numero di delegazioni cinesi che hanno visitato il nostro Paese, con l'obiettivo di studiare la legislazione penale, le strutture e l'organizzazione delle forze di polizia italiane. Inoltre, nella prossima primavera è stata programmata la
visita in Cina di una delegazione di alto livello del Dipartimento della pubblica sicurezza, al fine di approfondire e migliorare la reciproca conoscenza, procedere ad un esame congiunto dei fenomeni criminali di comune interesse e concordare programmi di istruzione professionale in favore degli operatori della polizia cinese su materie attinenti alla lotta alla criminalità organizzata.
Grazie agli accennati livelli di collaborazione ed al notevole scambio informativo in materia di polizia giudiziaria, sono stati raggiunti in Italia, dal punto di vista operativo, risultati impensabili fino a qualche anno fa. Nonostante le difficoltà derivanti dalla diffusa omertà, nel periodo compreso tra il marzo 2005 e il maggio 2006 sono state portate a termine sull'intero territorio nazionale ben tredici significative operazioni, conclusesi con l'arresto di novanta cittadini cinesi ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione dei reati tipici della criminalità di detta etnia. Quanto sopra ha permesso di disarticolare organizzazioni malavitose cinesi e di neutralizzare i circuiti di rilevanti traffici illeciti.
Con riferimento, infine, alla tematica della carenza di interpreti, si rappresenta che la Direzione nazionale antimafia è intervenuta al riguardo con la formazione di un elenco nazionale in cui sono indicati non solo gli esperti di cinese mandarino, ma anche i conoscitori dei dialetti più diffusi in Italia (lo Wenzhou, lo Shanghai, il Fujian ed il Cantonese).
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
RAMPELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si è verificato un grave episodio di intolleranza culturale e inciviltà politica a Roma;
è stato impedito con la violenza e l'intimidazione la presentazione di un libro sulla violazione dei diritti umani in Cina;
il fatto è avvenuto il 15 settembre 2006 presso la libreria Tuma's book bar di via Sabelli 17 nel popoloso quartiere di San Lorenzo dove alle 11,30 era stata fissata - con la presenza dell'autore Harry Wu, presidente della Laogai Foundation - la conferenza stampa di presentazione del libro Laogai. I Gulag di Mao Zedong (Collana Un mondo a parte, L'ancora del Mediterraneo);
il libro di Harry Wu, tradotto in italiano, denuncia da oltre quindici anni le atrocità che si commettono in Cina, in particolare la vita nei circa mille campi di concentramento; Wu, che ha trascorso diciannove anni nei Laogai, ha istituito la fondazione Laogai, proprio per descrivere questi crimini;
la presentazione del libro non si è potuta svolgere perché una cinquantina di attivisti dei Centri sociali, armati di mazze, bastoni e spranghe, ha bloccato l'ingresso nella libreria;
successivamente alcune persone che volevano assistere al dibattito sono state aggredite selvaggiamente; altri giovani sono stati rincorsi e malmenati per le strade del quartiere e lo stesso Harry Wu a stento si è sottratto al linciaggio;
soltanto dopo mezz'ora sono intervenute le forze dell'ordine, ma ormai gli aggressori si erano dileguati;
sul gravissimo episodio il presidente della Laogai Foundation Harry Wu ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Sono rimasto veramente sconcertato che dopo il fallimento in tutto il mondo dei regimi comunisti, ci sia ancora in Italia chi nel nome della repressione, intolleranza e del disprezzo delle più elementari nozioni di civiltà impedisca la divulgazione dei crimini che ogni giorno si commettono in Cina»;
anche il presidente della Laogai Foundation Italia Antonio Brandi ha stigmatizzato l'aggressione e ha dichiarato: «Quello che è avvenuto oggi a San Lorenzo è una riprova che i regimi comunisti si possono imporre soltanto con la violenza
e l'intimidazione e che denunciare certi crimini dà fastidio a chi vuole imporre le idee con la forza e impedire la denuncia della verità con l'aggressione» -:
se siano in corso accertamenti dell'autorità giudiziaria successivamente alla denuncia presentata dalla Presidenza della Laogai Research Foundation Italia;
se non ritenga opportuno che il Governo esprima ad Harry Wu, presidente della Laogai Foundation, le proprie scuse per quanto accaduto.
(4-01033)
Risposta. - La casa editrice «L'ancora del Mediterraneo» in collaborazione con l'associazione «Laogai Research Foundation Italia», ha organizzato a Roma, il 15 settembre 2006, presso la libreria Tumaìs books Bar ubicata in via dei Sabelli n. 17, la presentazione del libro «Laogai - I Gulag di Mao Zedong», alla presenza dell'autore Harry Wu.
Il giorno dell'evento, circa quaranta giovani aderenti al movimento antagonista capitolino del centro sociale di via dei Volsci hanno effettuato senza alcun preavviso un presidio all'ingresso della libreria, inibendone di fatto l'entrata e impedendo lo svolgimento di ogni iniziativa.
Uno degli organizzatori dell'evento è stato proditoriamente colpito al viso da un sacchetto di plastica contenente del ghiaccio ed ha riportato un trauma contusivo.
Nell'occasione, l'intervento delle forze di polizia è stato chiesto con ritardo; pertanto gli operatori sono giunti quando gli aggressori si erano allontanati e la presentazione del libro era stata ormai sospesa.
La persona aggredita, esaminando alcune fotografie presso il commissariato di pubblica sicurezza di zona, ha riconosciuto tre individui che avevano partecipato ai fatti, noti alle forze di polizia quali appartenenti al locale movimento antagonista. Essi sono stati prontamente deferiti all'Autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
RAMPELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ATAC Spa - Agenzia per la Mobilità del Comune di Roma - ha recentemente comunicato che modificherà il sistema dei tornelli posti agli ingressi delle stazioni della metropolitana linee A e B con un sistema a sportello che a regime consentirà l'accesso agli utenti del trasporto pubblico esclusivamente con tessere a lettura magnetica o elettronica;
conseguentemente a questa decisione, l'Agenzia ha inviato una nota ai Comandi delle varie Forze di Polizia con la quale si comunica che l'ATAC Spa fornirà un numero predeterminato di pass elettronici che i diversi comandi dovranno gestire autonomamente e il cui costo unitario, a carico degli stessi, è di euro 10;
tale decisione, qualora venisse confermata, si porrebbe in contrasto con la legge regionale del Lazio 16 giugno 2003, n. 16, in materia di trasporto pubblico locale, che all'articolo 45, comma 18, stabilisce la libera circolazione per motivi di servizio sui mezzi del trasporto pubblico per tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine (carabinieri, forze di Polizia, finanzieri eccetera), con la semplice esibizione, su richiesta, del tesserino di riconoscimento;
il personale delle Forze di Polizia è tenuto, per proprio compito istituzionale, all'obbligo di intervento nel caso in cui assista alla commissione di reati, estendendosi, pertanto, alle 24 ore giornaliere e non già al solo turno di lavoro il concetto di «in servizio»;
lo spirito della citata legge regionale è quella di favorire, con la libera fruizione dei mezzi pubblici per il personale della sicurezza, la prevenzione e la repressione dei reati che si ottiene anche con la sola presenza del personale suddetto sui mezzi pubblici per i propri spostamenti;
la presenza del personale delle Forze di Polizia sui mezzi pubblici è utile a
rispondere ad una delle esigenze più sentite da parte della cittadinanza per soddisfare il proprio crescente bisogno di sicurezza;
la fornitura di un predeterminato numero di pass elettronici di fatto limiterebbe l'utilizzo delle linee metropolitane A e B da parte del personale delle Forze di Polizia;
la legge regionale del Lazio prevede, inoltre, che «nel caso in cui per l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico è necessario il possesso di titoli elettronici, le aziende esercenti i servizi ovvero i soggetti gestori dei sistemi di bigliettazione rilasciano agli interessati, a richiesta dei rispettivi comandi, i titoli di libera circolazione» e quindi non in un numero predeterminato ma per tutti i soggetti interessati;
in caso di circolazione sui mezzi di trasporto pubblico per motivi di servizio da parte degli appartenenti alle forze dell'ordine non è dovuto alcun rimborso alle aziende esercenti il pubblico trasporto; pertanto, nessun costo è dovuto da parte dei Comandi delle Forze di Polizia all'ATAC Spa che al contrario richiede 10 euro per ogni pass elettronico fornito -:
quali iniziative anche normative intenda intraprendere nell'ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, al fine di garantire la completa gratuità dei mezzi pubblici da parte del personale delle Forze di Polizia;
se non ritiene opportuno incentivare, di concerto con il ministro dei trasporti, l'utilizzo dei mezzi pubblici da parte delle Forze di Polizia impegnate quotidianamente nella lotta alla criminalità «predatoria» ed utile a contrastare anche solo con la loro presenza, proprio nei luoghi considerati obiettivi sensibili, atti di terrorismo;
se la Prefettura del Lazio abbia preso contatti, o abbiano intenzione di prenderli, con l'ATAC per risolvere la situazione esposta.
(4-01149)
Risposta. - Il 5 febbraio scorso, presso la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Roma, è stato firmato un protocollo d'intesa tra l'Atac S.p.A.-Agenzia per la Mobilità del Comune di Roma ed i rappresentanti delle forze dell'ordine, finalizzato a disciplinare, con effetto immediato dalla data di sottoscrizione dell'accordo, la libera circolazione, per motivi di servizio, degli operatori di pubblica sicurezza sulle linee di trasporto urbano.
In particolare, il protocollo prevede la creazione di un'apposita tessera di libera circolazione e le relative condizioni di utilizzo.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
PAOLO RUSSO e CESARO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sabato 25 novembre 2006 allo stadio Adriatico, in seguito ai disordini verificatisi nel pre-partita Pescara Napoli, è rimasto gravemente ferito Gianluca un giovane di 25 anni tifoso della squadra partenopea;
da sabato, quindi, il giovane si trova in coma presso l'Ospedale di Pescara perché mentre stava salendo le gradinate insieme a tanti altrì tifosi veniva colpito alla testa da un lacrimogeno che era stato sparato dalla polizia ad altezza d'uomo e che gli sfondava il cranio;
da quanto riportato dagli organi di informazione la carica della polizia avrebbe trovato fondamento nel fatto che alcuni tifosi senza biglietto spingevano all'entrata per cercare di entrare -:
se non ritenga opportuno verificare, per quale ragione sarebbe stato autorizzato, ai fini della repressione di atteggiamenti violenti da parte di solo alcuni dei tifosi del Napoli, l'utilizzo di gas lacrimogeni lanciati invece sulla folla inerme;
se non ritenga opportuno verificare chi abbia dato l'ordine di sparare i lacrimogeni ad altezza d'uomo, mettendo a
rischio l'incolumità fisica delle persone presenti, e che tipo di lacrimogeni siano stati usati;
se non ritenga opportuno intervenire al fine di evitare che, in futuro, si possano ripetere incidenti di tale rilevanza;
se non ritenga opportuno verificare le eventuali responsabilità delle autorità territoriali competenti in materia di sicurezza ed ordine pubblico.
(4-01876)
Risposta. - Il 25 novembre 2006 si è svolta presso lo stadio Adriatico di Pescara la partita di calcio Pescara-Napoli, alla presenza di numerosi spettatori, molti dei quali - circa 2.500 - provenienti da Napoli; nell'occasione, la Questura ha provveduto ad un accurato dispositivo di ordine e sicurezza pubblica, utilizzando a tal fine anche un contingente del reparto mobile di Bari.
Mezz'ora prima della partita, alcune centinaia di tifosi napoletani hanno cercato di sfondare i varchi d'ingresso e di accedere allo stadio senza biglietto e senza sottoporsi ai prescritti controlli.
Il reparto di polizia che presidiava il settore, composto da circa 40 unità, nell'opporsi a tale iniziativa, è stato aggredito in modo violento, con oggetti contundenti e bombe carta, anche alle spalle da tifosi già presenti in curva.
Il funzionario di polizia responsabile del reparto è stato colpito ad un ginocchio da un oggetto metallico ed al petto da un razzo incendiario. Altri cinque operatori hanno riportato ferite giudicate guaribili in 5-10 giorni.
Nel corso degli eventi il personale, che con grande determinazione è riuscito ad aprirsi un varco, è stato costretto al lancio di artifizi lacrimogeni.
In seguito, su segnalazione di alcuni tifosi, è stata fatta intervenire un'autoambulanza per prestare soccorso ad un giovane che risultava ferito sugli spalti.
Costui è stato ricoverato all'ospedale civile di Pescara con prognosi riservata e sottoposto ad intervento chirurgico.
Premesso che non vi sono immagini del ferimento, in quanto l'evento si è verificato in una zona non coperta dalle telecamere, si precisa che dagli accertamenti effettuati è emerso che il giovane, trovato riverso sulla scala d'accesso all'anello inferiore della curva sud, sarebbe stato trasportato sugli spalti da altri tifosi. Nel riferire ai volontari che erano intervenuti a prestare i primi soccorsi, alcuni presenti hanno attribuito il fatto ad una caduta mentre altri allo scoppio di una bomba carta. In ospedale, due giovani hanno invece affermato che l'interessato sarebbe stato colpito da un lacrimogeno lanciato durante i tafferugli.
Il chirurgo che ha operato il ferito ha commentato che la lesione al cranio riscontrata al medesimo sarebbe stata provocata da un oggetto duro, di forma verosimilmente cilindrica, con diametro di circa 3-3,5 cm; nella zona del trauma non sono state notate bruciature o esiti di una combustione, né quelli dell'impatto con un oggetto ad alta temperatura. Il chirurgo ha ritenuto compatibile con la frattura riscontrata l'impatto con un cilindro metallico lanciato, poco prima della partita, dalla curva dei tifosi napoletani verso il campo e caduto sulla pista di atletica.
In relazione all'ipotesi del ferimento con un lacrimogeno, si evidenzia che il lancio sarebbe comunque avvenuto - come testimoniano le immagini degli incidenti - dal basso verso l'alto ad una distanza di circa 20/30 metri.
La Questura di Pescara ha, peraltro, precisato che dagli accertamenti svolti non v'è la possibilità - allo stato - di individuare con certezza l'oggetto che ha determinato il ferimento del tifoso.
In ogni caso, risulta che l'impiego di artifizi lacrimogeni in occasione degli incidenti allo stadio di Pescara è stato effettuato nel pieno rispetto delle norme e delle cautele previste, in una situazione di evidente necessità, ed in modo da limitare, per quanto possibile, il coinvolgimento di persone estranee ai fatti.
In ultimo, alla luce del recente susseguirsi di gravissimi episodi di violenza, verificatisi in occasione di incontri di calcio, il Governo ha varato il decreto legge n. 8 dell'8 febbraio 2007.
Esso introduce, in particolare, una serie di norme, che non prevedono deroghe, finalizzate ad ampliare e migliorare gli strumenti di prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza. Viene prevista, tra l'altro, l'immediata attuazione di misure che modulano l'organizzazione e lo svolgimento delle manifestazioni sportive riguardanti il gioco del calcio, quali ad esempio, negli stadi non a norma, la possibilità di far disputare le partite a porte chiuse. Si prevede anche l'applicazione di misure più energiche volte a contrastare, con maggior vigore, la degenerazione violenta del tifo sportivo.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
da fonti sindacali e organi di stampa si apprende la notizia di un provvedimento di licenziamento, adottato dalla dirigenza dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, nei confronti di tre operai accusandoli di «essersi assentati dal posto di lavoro troppe volte per infortuni»;
ciò rappresenta, secondo l'interrogante, una grave violazione delle relazioni sindacali, prefigurando scenari da «fabbrica di fine ottocento», oltre che una palese lesione dei diritti più elementari delle lavoratrici e dei lavoratori dell'Ilva;
secondo quanto denunciano le organizzazioni sindacali, inoltre, all'interno dello stabilimento sono in costante aumento i casi di infortunio sul luogo di lavoro;
ciò evidenzia, secondo l'interrogante, la necessità di dare piena applicazione alla legislazione contro gli infortuni sul lavoro ed in particolare della legge n. 626 del 1994 sulla sicurezza del lavoro -:
come il Ministro intenda operare per la tutela dei lavoratori dell'Ilva di Taranto e per la piena applicazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
(4-00977)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame dalle indagini esperite dalla Direzione provinciale del lavoro di Taranto è emerso quanto segue.
Nel mese di agosto 2006 la società Ilva S.p.A. ha notificato, a 3 lavoratori, comunicazione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per aver subito i lavoratori un numero di infortuni sul lavoro «ingiustificatamente eccedenti i dati statistici che per analoghe prestazioni professionali caratterizzano, per numero di sinistri e conseguenze, gli infortuni subiti dai dipendenti dell'Ilva nei medesimi archi temporali» con conseguente rilievo di insufficienza del livello tecnico-professionale, di inadeguatezza, di incapacità a recepire regole antinfortunistiche ed impossibilità aziendale di «garantire la sicurezza del dipendente e dei colleghi di lavoro».
Detti lavoratori, impugnato il licenziamento, si sono rivolti al giudice del lavoro in via cautelare, deducendo la nullità, l'illegittimità e l'assenza di giusta causa e/o giustificato motivo oggettivo e chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro con ogni conseguenza retributiva.
Il Tribunale di Taranto, valutata la natura delle mansioni (attività caratterizzate da fattori di pericolosità inferiori rispetto a quelli propri della attività produttiva esercitata nel centro siderurgico), la natura degli infortuni (in massima parte scaturiti da condotte imprudenti o negligenti dei lavoratori), il tipo di licenziamento adottato (giustificato motivo oggettivo determinato da inidoneità incolpevole del lavoratore alla prestazione per la necessità di tutela dell'integrità fisica e la inutile diversa utilizzazione del lavoratore in altre mansioni) ha rigettato il ricorso ritenendo confermata la inadeguatezza soggettiva della prestazione resa dal lavoratore e l'assenza di sinallagmaticità del rapporto tra le parti.
Successivamente l'Ilva ha proceduto alla revoca dei licenziamenti su sollecitazione del Presidente della Regione Puglia.
In merito alla denuncia delle organizzazioni sindacali sull'aumento costante del numero degli infortuni sul luogo di lavoro,
si riportano di seguito i dati richiesti alla sede Inail di Taranto, relativi agli ultimi cinque anni.
Anno | Numero degli infortuni |
2002 | 2045 |
2003 | 2080 |
2004 | 2043 |
2005 | 2101 |
2006 | 953 (fino al mese di luglio) |
Per quanto riguarda, infine, la richiesta di dare piena attuazione alle norme di sicurezza sul lavoro, si precisa che, ai sensi del decreto legislativo 626 del 1994, l'attività di vigilanza in materia è stata trasferita alle Aziende sanitarie locali per cui gli interventi effettuati dalle Direzioni provinciali del lavoro sono stati limitati alle indagini di P.G. richieste dalla Autorità giudiziaria, a seguito di infortuni oppure di richieste, ad esempio, delle organizzazioni sindacali. Per maggiore completezza è comunque necessario far presente quanto segue.
In data 10 ottobre 2006 la Commissione lavoro della Camera, oltre ad aver effettuato un proprio sopralluogo negli stabilimenti dell'Ilva, ha incontrato il Prefetto, il Presidente della provincia, i responsabili dello Spesal (Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro), i responsabili delle Asl e quelli delle direzioni provinciali dell'Inps e dell'Inail, nonché i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e i dirigenti dello stabilimento siderurgico dell'Ilva di Taranto, per approfondire il problema degli infortuni sul lavoro nello stabilimento. Dal complesso delle audizioni e dal sopralluogo effettuato è emersa l'esigenza, non solo di un sensibile e immediato potenziamento delle misure di formazione, informazione e prevenzione, ma anche dello sviluppo di un apposito modello organizzativo che faccia proprie le esigenze di sicurezza.
Dai dati forniti dalle Asl e confermati dalle rappresentanze sindacali unitarie, risulta infatti che gli incidenti si verificano prevalentemente nelle attività di manutenzione, laddove è maggiore la presenza di lavoratori esterni.
Pertanto la Commissione ha posto particolare attenzione alla situazione dei lavoratori dipendenti delle ditte appaltatrici e subappaltatrici che operano presso gli stabilimenti dell'Ilva che spesso non hanno un'adeguata formazione e informazione sui processi lavorativi e sui relativi rischi.
La Commissione ha concluso il suo lavoro con una riflessione relativa alla possibilità di prevedere forme di responsabilizzazione delle aziende committenti rispetto alle condizioni di lavoro e di sicurezza dei dipendenti delle ditte appaltatrici o subappaltatrici.
Il Governo ha dato seguito a questa riflessione, prevedendo all'articolo 1, comma 911, della legge finanziaria per il 2007, la responsabilità in solido dell'imprenditore committente con l'appaltatore o eventuali subappaltatori per tutti i danni per i quali il lavoratore non risulti indennizzato dall'Inail. La legge ha, inoltre, previsto al comma 1186, il finanziamento di progetti di ricerca in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di attività promozionali, finalizzate alla prevenzione e alla diffusione della cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento ai settori con più elevato rischio infortunistico ed, infine, al comma 1156, ha sancito che una quota del fondo per l'occupazione, disposta annualmente dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, venga utilizzata anche per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (comma 1156, lettera g).
L'importanza che il Governo sta attribuendo alle problematiche connesse alla salute e alla sicurezza dei luoghi di lavoro dell'area industriale dell'Ilva di Taranto è altresì dimostrata dall'incontro del 29 novembre 2006, che si è tenuto presso il Ministero della salute.
L'incontro è stato promosso dal Sottosegretario di Stato Gian Paolo Patta. Alla riunione hanno partecipato, oltre al Sottosegretario di Stato per la salute dottor Antonio Gaglione, anche l'Assessore alla politiche della salute della Regione Puglia, il Direttore generale dell'Inail, il Direttore generale dell'Azienda sanitaria locale di Taranto, il Capo dipartimento della prevenzione
e della comunicazione, il Presidente dell'Ispesl ed i rappresentanti sindacali nazionali e territoriali della Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm. Alla riunione è stato deciso di costituire un apposito gruppo di lavoro per far fronte alle problematiche oggetto della presente interrogazione.
Va necessariamente ricordato che il problema della sicurezza nello stabilimento dell'Ilva è molto sentito anche a livello politico locale e che, presso la Provincia di Taranto è stato costituito, nel mese di gennaio del 2006, un Tavolo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che ha lo scopo di attivare ogni iniziativa volta ad abbattere drasticamente il tasso di infortuni nei luoghi di lavoro dell'industria e, in modo particolare, l'elevato tasso di infortuni che si verificano presso gli stabilimenti dell'Ilva.
Novità di questo Tavolo è la partecipazione, oltre alla Provincia di Taranto, all'Inail Puglia, all'Inail di Taranto e alle organizzazioni sindacali locali di categoria maggiormente rappresentative, del rappresentante dell'Ilva di Taranto e di quello della Riva Fire S.p.A.
Tra le importanti iniziative intraprese dal Tavolo vi è quella volta all'attivazione di un Osservatorio epidemiologico, con la finalità di analizzare le dinamiche degli infortuni all'Ilva, con particolare riguardo agli infortuni gravi e gravissimi.
Risulta altresì che, su iniziativa dell'Ilva, è stato costituito un Comitato ristretto, composto da 6 membri nel quale, oltre al management aziendale, è presente anche il sindacato. Il Comitato ha avviato un progetto sperimentale che coinvolge 8 reparti dello stabilimento e consiste nella identificazione di alcuni indicatori chiave di prestazione idonei a segnalare il grado di conformità del reparto con gli standards di sicurezza sul lavoro prefissati.
Si fa presente inoltre che questo Ministero ha promosso protocolli d'intesa, a livello territoriale, tra Direzioni del lavoro ed Assessorati regionali competenti nella materia o aziende sanitarie con il coinvolgimento anche degli altri organi di vigilanza che operano sul territorio.
Come sopra precisato il Governo, fin dal suo insediamento, ha individuato, come linee programmatiche degli interventi in materia di lavoro ed occupazione, il miglioramento della tutela e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
La grande attenzione del Governo alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è dimostrata inoltre anche dalla legge n. 248 del 2006, che ha previsto importanti misure di contrasto al lavoro sommerso e di potenziamento dell'attività ispettiva.
Si è realizzata la rivisitazione dell'impianto normativo vigente, mediante l'adozione di un «Testo Unico» che permetterà una razionalizzazione e una più agevole applicabilità delle norme in materia, nel rispetto dei livelli di tutela precedentemente raggiunti e attraverso un processo di piena condivisione delle linee strategiche di intervento con le Regioni e le parti sociali.
In particolare, il Consiglio dei Ministri nella riunione del 16 febbraio 2007 ha approvato il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riassetto normativo e la riforma della salute e sicurezza sul lavoro».
Il Governo è consapevole che, per ottenere risultati efficaci in termini di prevenzione, al miglioramento del quadro giuridico dovrà affiancarsi l'intensificazione dell'attività di sensibilizzazione sull'argomento. In questa ottica è stata organizzata la «Seconda Conferenza nazionale salute e sicurezza sul lavoro» che si è tenuta a Napoli (Città della Scienza, Bagnoli) il 25 e 26 gennaio 2007.
Questa Conferenza, dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, ha rappresentato un importante momento di riflessione e di confronto tra governo, istituzioni, regioni, parti sociali e operatori del settore, su un tema che rappresenta un'assoluta priorità per l'Italia.
L'obiettivo condiviso è rappresentato dalla tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, in un contesto caratterizzato dalle radicali trasformazioni delle realtà produttive e delle forme contrattuali, che impongono di conciliare la maggiore flessibilità del mercato del lavoro con la necessità di massimizzare la sicurezza per tutti.
Dalla Conferenza è emerso che le priorità di un'efficace strategia di lotta agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali sono una grande campagna di diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro, la lotta al lavoro sommerso e irregolare, ed al lavoro precario.
In conclusione la Conferenza ha prodotto utili convergenze per decisioni condivise, nella comune consapevolezza che il lavoro non sicuro rappresenta una vera e propria minaccia alla convivenza civile, contro la quale le istituzioni e l'intera società devono reagire per affermare il valore etico e politico della salute e della sicurezza sul lavoro.
Per poter ottenere una riduzione del fenomeno infortunistico, i suddetti interventi normativi e l'attività di sensibilizzazione dovranno certamente essere accompagnati da più specifiche campagne informative in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, nonché da un incremento della vigilanza, vigilanza che è comunque legata al numero degli ispettori tecnici disponibili sia nelle Direzioni provinciali del lavoro che nelle aziende sanitarie locali.
Il Ministero che rappresento ha avviato da tempo una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero e di un aumento dei contingenti di idoneo personale, per il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi ispettivi. In tale ambito sono stati emanati bandi per 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici destinati alle strutture territoriali (Direzione regionali e provinciali del lavoro), già conclusi, con l'immissione in servizio della totalità dei candidati vincitori, e anche degli idonei per i posti resisi disponibili per rinunce nel frattempo intervenute.
Nell'ambito della valorizzazione delle professionalità dell'area della vigilanza, sono stati portati a termine processi di riqualificazione per il personale per i profili di accertatore del lavoro, ispettore del lavoro, ispettore del lavoro coordinatore e ispettore tecnico coordinatore, anche questi da impegnare per potenziare la vigilanza.
Infine, la legge finanziaria 2007 al comma 544 ha autorizzato il Ministero del lavoro all'immissione in servizio fino a 300 unità di personale risultato idoneo al concorso, di cui si è detto sopra, e all'immissione nei ruoli di destinazione finale e al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
Per l'attuazione di tale impegno è stata prevista, altresì, l'autorizzazione di spesa relativa.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
SMERIGLIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 20 dicembre 2005, Telecom Italia e SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL hanno sottoscritto un accordo che prevede il collocamento in mobilità di 3403 lavoratori, ai sensi dell'articolo 24 ex legge n. 223 del 1991;
lo stesso accordo prevedeva che tale personale fosse individuato tra coloro che, nel corso del periodo di fruizione del trattamento di mobilità, maturassero i requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico e che dichiarassero di non opporsi alla stessa;
in aggiunta ai 3403 lavoratori collocati in mobilità, Telecom Italia sta procedendo ad un'ulteriore riduzione di personale attraverso lo strumento delle dimissioni incentivate;
tale proposta è stata fatta anche alla signora Paola Papalini, dipendente di Telecom Italia, di anni 62 e con 31 anni di anzianità lavorativa;
la signora Papalini, avvalendosi di quanto previsto per legge, ha rifiutato tale proposta chiedendo di potere proseguire l'attività lavorativa sino a 65 anni e, stante le inesistenze dell'azienda, si è rivolta a diverse Istituzioni, tra le quali il Ministero
del lavoro, in quanto ha ritenuto di subire un'azione discriminatoria da parte del datore di lavoro;
l'ufficio del personale di Telecom Italia, dopo l'ultimo rifiuto della signora Papalini, ha disposto il suo trasferimento ad un'altra unità produttiva con effetto dal 6 marzo 2006, nonostante la stessa avesse, fino a quel momento, un preciso carico di lavoro;
nonostante le richieste della signora Papalini, non vi è stata nessuna formalizzazione scritta da parte dell'azienda, sulle ragioni tecnico-produttive che avevano portato al trasferimento;
tale trasferimento ha comportato per la lavoratrice un grave disagio sia per la collocazione della nuova sede di lavoro, distante 50 Km dalla propria abitazione, sia perché la stessa è stata lasciata, per circa un mese, senza alcuna attività lavorativa e, successivamente, adibita a mansioni estranee al proprio livello inquadramentale;
l'azione subita dalla lavoratrice sopra citata, come denunciano alcuni comunicati sindacali, non è un caso isolato ma piuttosto un metodo alquanto sbrigativo per indurre il personale, con età anagrafica e lavorativa, simile a quella della signora Papalini, ad «accettare» le dimissioni incentivate e/o il collocamento in mobilità -:
1) se sia a conoscenza della denuncia della signora Papalini e, nel caso, quali azioni sono state disposte a seguito della richiesta di tutela della lavoratrice di Telecom Italia.
2) se non ritenga estremamente lesivo della dignità dei lavoratori quanto sopra denunciato e che, di conseguenza, sia necessario, in tempi rapidi, convocare un tavolo di confronto con Telecom Italia e le rappresentanze sindacali, al fine di accertare se vi sia stato un sistematico comportamento aziendale che abbia indotto lavoratrici e lavoratori anziani ad abbandonare anticipatamente il mondo del lavoro pur di non subire un trasferimento, a parere dell'interrogante, dal tono esclusivamente punitivo come quello a cui è stata costretta la signora Paolini;
3) se non ritenga, se ciò fosse verificato, sanzionabile il comportamento del datore di lavoro sia in ragione dell'evidente azione discriminatoria realizzata nei confronti dei dipendenti più anziani, in maggioranza donne, sia per il danno che, in tal modo, si sarebbe procurato sulle casse della previdenza sociale.
(4-00841)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma.
La signora Paola Papalini, di anni 62 con la qualifica del 5o livello del Ccnl Telecomunicazioni, presta servizio presso la Telecom Italia sin dall'1 febbraio 1975. In attuazione dell'Accordo sul piano industriale del 28 marzo 2000 e di quello del 20 luglio dello stesso anno relativo alla Cassa integrazione guadagni straordinaria, la signora Papalini è stata collocata in Cassa integrazione guadagni straordinaria nel periodo dall'11 settembre 2000 al 13 aprile 2001. Dal suo rientro e fino al mese di febbraio 2006, la suddetta lavoratrice ha prestato la propria attività con mansioni impiegatizie presso la Direzione territoriale business con sede in Roma, viale Europa 190.
Già nel corso dell'anno 2005 ed anche nel mese di gennaio 2006, la signora Papalini ha ricevuto a più riprese la proposta di risoluzione del rapporto di lavoro incentivata secondo i parametri economici individuati a livelli di policy di gruppo.
Tale proposta è stata costantemente rifiutata dalla lavoratrice determinata a rimanere in servizio, poiché, secondo quanto dichiarato dalla stessa, i 31 anni di contribuzione maturati non avrebbero potuto garantirle un reddito dignitoso per il futuro.
Ai primi di marzo 2006 la signora Papalini è stata informata, solo verbalmente che, a partire dal 6 marzo, la sua nuova sede di servizio sarebbe stata quella di Roma, via Oriolo Romano 257 con assegnazione alla funzione delivery mass
market, nell'ambito della quale la signora sarebbe stata inserita nel Progetto Evolution Linea Pronta.
La Telecom Italia ha riferito, infatti, che la necessità di razionalizzare l'attività di delega dell'input delle prestazioni ed assenze del personale (derivante dall'introduzione di un sistema che consenta ai dipendenti di provvedere autonomamente alla rilevazione del proprio stato di presenza e non a mezzo di personale ad hoc adibito), attività sino a quel momento svolta, tra gli altri, anche dalla signora Papalini presso la Direzione business di viale Europa, ha comportato la necessità di riallocare le unità lavorative impegnate nella suddetta attività di delega.
Alla luce dei suesposti cambiamenti strutturali, l'azienda ha provveduto allo spostamento di sede ed attività della lavoratrice in parola, la quale, quindi, ha visto mutare, pur nell'ambito del Comune di Roma, la propria sede di servizio e, a tutt'oggi, si sposta lungo un percorso di 108 km giornalieri, tra andata e ritorno.
Si segnala che la menzionata funzione di delivery mass market, nel cui ambito si svolge il Progetto Evolution Linea Pronta cui è stata adibita la signora Papalini, è presente non solo presso la sede sita in via Oriolo Romano ma anche presso quella di via di Tor Pagnotta, all'interno della quale sono peraltro impiegate ben 44 unità a fronte di un totale di 58 unità impegnate nell'intero Progetto Evolution.
Nonostante le ripetute richieste della lavoratrice, la quale si è rivolta anche ai massimi vertici dell'azienda per segnalare il suo profondo stato di disagio nel doversi recare tutti i giorni presso una sede di lavoro così distante da casa, pur in presenza di un'altra sede sensibilmente più vicina e dell'aggravarsi del suo stato di salute in ragione dell'evidente aumento di fatica e di stress, la Telecom Italia le ha sempre negato il trasferimento. In particolare, l'azienda, nel motivare il mancato accoglimento dell'istanza di trasferimento della lavoratrice, ha precisato che gli organici della sede di via di Tor Pagnotta risultavano dimensionati in misura coerente rispetto ai volumi di attività da svolgere e che comunque, in forza del proprio potere datoriale di modificare la sede di servizio del lavoratore.
Da quanto sopra esposto, si ritiene che la difficile situazione della signora Papalini è risolvibile o attraverso l'apertura di un contenzioso di natura sindacale oppure, in alternativa, attraverso un contenzioso di natura giurisdizionale. A tal proposito si fa presente che il Ministero del lavoro non è a conoscenza di alcuna richiesta, da parte del sindacato, volta ad aprire un contenzioso con la parte datoriale, né tantomeno risulta che la signora abbia esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione presso gli uffici del lavoro.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
SMERIGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 22 maggio 2006, nel centro storico di Oaxaca in Messico è iniziato un presidio a tempo indefinito di centinaia d'insegnanti appoggiati da numerose organizzazioni di base che oltre a richiedere aumenti salariali hanno posto con forza il problema della democrazia e dei diritti civili nel Paese;
il 2 giugno vi è stata la prima mega marcia con la partecipazione di 80 mila persone a sostegno del presidio e contro il governo;
il 14 giugno si tenta il primo sgombero violento del presidio;
tra il 17 e il 21 giugno si costituisce formalmente l'Assemblea popolare del Popolo di Oaxaca (APPO);
il 1 agosto centinaia di donne marciano per le strade di Oaxaca ed occupano istallazioni di radio e televisioni governative, contro le stesse, il 4 agosto sono esplosi numerosi colpi d'armi da fuoco;
il 9 ottobre, dopo avere camminato per più di 500 chilometri, una folta delegazione
di manifestanti installa un presidio davanti al Senato della Repubblica a Città del Messico;
in tutto questo periodo sono stati registrati numerosi attacchi nei confronti della popolazione di Oaxaca, che partecipa compatta alla protesta, sino ad arrivare al 28 ottobre in cui si registra la crisi più violenta dei cinque mesi di conflitto, con l'uccisione di quattro persone, tra le quali il fotoreporter Bradley Ronald Will, giornalista della rete globale di Indymedia, e l'insegnante Emilio Alfonso Fabiàn, uccisi con armi da fuoco;
negli ultimi giorni l'attività dell'esercito e di gruppi paramilitari si è andata intensificando con il tentativo, respinto, di occupare l'Università Autonoma «Benito Juarez» e «Radio Universidad» gestita dai manifestanti;
il 3 novembre gli studenti dell'università sono stati attaccati dalle forze federali che hanno causato il ferimento di 21 persone;
nonostante il livello crescente di repressione, la popolazione di Oaxaca continua a mantenere alta la propria mobilitazione e la lotta contro un governo che li vorrebbe ridurre al silenzio con la forza delle proprie armi -:
se e quali iniziative, in ambito internazionale, siano state messe in atto dal governo italiano affinché cessi la repressione nella città di Oaxaca e si ripristini il dialogo e il confronto democratico tra le parti in causa;
se non si ritenga che quanto sta avvenendo nella città di Oaxaca sia una palese violazione dei diritti civili e politici e, conseguentemente, quali iniziative s'intendano assumere a livello internazionale affinché termini immediatamente la repressione contro la popolazione che rischia di trasformarsi in un bagno di sangue.
(4-01536)
Risposta. - Il nostro Paese segue da presso lo stato dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel Paese, anche nell'ambito del dialogo politico con l'Unione europea.
L'Unione europea e il Messico hanno infatti firmato un «Accordo Globale» che è entrato in vigore nel 2000 e alla cui base risiedono il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici.
In questa cornice vanno inserite le numerose occasioni di dialogo e di confronto che i paesi europei, tra cui l'Italia, intrattengono regolarmente con il Messico, la cui situazione dei diritti umani è costantemente all'attenzione. Nel Rapporto 2006 sui diritti umani nel mondo, l'Unione europea ha riconosciuto i progressi significativi che il Messico ha compiuto nella promozione del rispetto per i diritti dell'uomo.
Il Messico è inoltre parte delle principali Convenzioni internazionali e regionali in materia di diritti umani, partecipa attivamente alle attività dei competenti fora multilaterali - si segnala, tra l'altro, che l'incarico di Presidenza del neo istituito Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite è attualmente affidato al Messico, nella persona del Rappresentante Permanente a Ginevra Luis Alfonso De Alba - ed è aperto alle visite previste dai meccanismi internazionali di monitoraggio sui diritti umani.
Tuttavia, a giudizio dei Capi Missione accreditati a Città del Messico, la situazione del paese continua a mostrare alcuni elementi di criticità, specie per quanto riguarda l'attesa riforma dell'amministrazione della giustizia e del sistema normativo, che si rende necessaria per far fronte ai diffusi problemi di corruzione, impunità, mancanza di trasparenza ed inefficienza.
Per quanto riguarda in particolare i gravi disordini degli ultimi mesi a Oaxaca, le componenti all'origine della crisi sono varie ed interagiscono fra loro in maniera complessa. Le principali sembrano essere:
la rivalità ed il confitto personale fra l'attuale Governatore Ulises Ruiz ed il suo predecessore, Josè Murat, oggi deputato federale del PRI;
l'infuocato clima elettorale che ha determinato l'ascesa al vertice dell'esecutivo del leader liberale Calderòn, con il sostegno
di larghi settori del PRI, ostili al proprio candidato Roberto Madrazo, di cui, invece, Ulises Ruiz è uno dei più diretti e fedeli collaboratori;
un sindacato locale, quello degli insegnanti, agitato da lotte interne di potere, il cui nuovo leader, Enrique Rueda, cerca di acquisire consensi promuovendo azioni di protesta per conseguire benefici salariali;
l'intransigenza di Flavio Sosa che, da ex dirigente del PRI e membro del PRD, diventa portavoce dell'APPO (Assemblea dei Popoli di Oaxaca) spostando gli obiettivi della protesta sindacale su un terreno più politico con la richiesta di dimissioni dell'attuale Governatore.
La crisi di Oaxaca ha, quindi, molti padri ma, una sola vittima: la popolazione civile di uno degli Stati più poveri della federazione.
L'Ambasciata d'Italia a Città del Messico ha seguito con la massima attenzione gli eventi nella città di Oaxaca, ed il Governo italiano non ha mancato di far sentire la propria voce in occasione dell'incontro bilaterale di Roma del 16 ottobre u.s., quando l'onorevole ministro D'Alema ha fatto presente al suo omologo messicano, ministro Derbez, l'inopportunità dell'uso della forza per ristabilire l'ordine e la legalità nella città di Oaxaca; nella medesima occasione, l'onorevole ministro D'Alema ha inoltre espresso l'auspicio del Governo italiano di una ripresa della normale dialettica democratica in Messico.
In ambito comunitario, grazie anche all'impulso italiano, gli Ambasciatori della Troika dell'Unione Europea a Città del Messico hanno compiuto il 22 novembre u.s, un passo formale con le competenti Autorità messicane, discutendo con esse gli sviluppi della crisi di Oaxaca; con particolare attenzione rivolta ai temi della sicurezza e del rispetto dei diritti umani.
Nel corso di tali colloqui le Autorità messicane hanno indicato la possibilità che la situazione a Oaxaca possa normalizzarsi, nella prossime settimane, prospettando una soluzione istituzionale alla crisi.
La questione è stata trattata anche in occasione degli incontri che ho avuto ai primi di dicembre a Città del Messico a margine delle cerimonie di insediamento del nuovo Capo dello Stato.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.
STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la vigente normativa stabilisce l'obbligo per le Pubbliche amministrazioni di fornire alle organizzazioni sindacali tutte le informazioni inerenti la mobilità del personale;
la Direzione centrale per le risorse umane del Ministero dell'interno pare neghi al Sindacato di Polizia (COISP) il diritto di ricevere tali informazioni, opponendo non poche resistenze alle richieste delle rappresentanze del personale di Polizia di Stato;
l'ennesimo episodio accaduto recentemente ha coinvolto il trasferimento di 13 funzionari, di cui non è stata data comunicazione sino alla comunicazione ufficiale del Dipartimento della Polizia di Stato agli interessati, nonostante i numerosi tentativi di ricevere notizie da parte del COISP;
i diritti del personale e quelli delle loro rappresentanze sindacali non costituiscono una facoltà, ma un dovere da adempiere -:
se la S.V. non ritenga doveroso e urgente intervenire per accertare quanto esposto in premessa, e facendo conseguentemente disporre il completo rispetto delle relative norme in vigore.
(4-01593)
Risposta. - L'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, di recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile, pone a carico dell'Amministrazione della pubblica sicurezza l'onere di «informare» le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative in ordine tra l'altro anche ai provvedimenti di mobilità del personale.
In riferimento a quanto specificatamente rappresentato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare, si conferma, quindi, il diritto delle organizzazioni sindacali a conoscere i provvedimenti già adottati in materia di trasferimenti e/o di assegnazioni conseguenti alla frequentazione di corsi di formazione del personale della Polizia di Stato.
Difatti, in tali casi, il citato articolo pone, sia a carico degli uffici centrali che di quelli periferici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza un onere di «informazione successiva» da fornire con cadenza semestrale «in un'apposita conferenza di rappresentanti dell'Amministrazione e delle organizzazioni sindacali».
In luogo della conferenza dei rappresentanti, si è consolidata la prassi, condivisa unanimemente dalle citate organizzazioni, di una informazione tempestiva ogni qualvolta vengano disposti trasferimenti di dipendenti.
In merito all'episodio citato, si è trattato di un mero ed occasionale disguido organizzativo che ha ritardato la comunicazione, senza che ciò possa intendersi come una interruzione dell'indicata prassi o una deroga alla stessa.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende che il Maglificio Dalmine S.p.A., storica azienda che produce dal 1952 maglieria e accessori di altissima qualità, lo scorso 17 novembre ha aperto la procedura di mobilità dichiarando 25 esuberi, sugli attuali 169 dipendenti, dopo un anno di cassa integrazione straordinaria che terminerà il prossimo 31 gennaio;
le organizzazioni sindacali hanno proposto ai vertici dell'azienda di applicare il contratto di solidarietà che risolverebbe anche problemi legati alla gestione dell'orario di lavoro con una maggiore flessibilità rispetto alla cassa integrazione;
lo scorso 7 dicembre le lavoratrici, in particolare quelle del reparto confezioni, settore maggiormente toccato dalla dichiarazione di esubero, sono scese in sciopero -:
quali interventi i Ministri intendano assumere, al fine di tutelare i lavoratori del Maglificio Dalmine e più in generale quale strategia si intenda adottare anche a livello nazionale per tutelare le aziende manifatturiere con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali complessivi.
(4-01935)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Bergamo è emerso quanto segue.
La società Maglificio Dalmine S.p.A., con sede legale ed unità produttive a Dalmine (Bergamo), avente ad oggetto attività di maglieria esterna da uomo, il 17 novembre 2006 ha aperto una procedura di mobilità per riduzione di personale, ai sensi della legge 223 del 1991, per n. 25 dipendenti eccedenti, su un organico complessivo di 169.
Tali esuberi sono stati individuati per la maggior parte nel reparto confezioni (20), nel reparto tessile (2) e tra gli impiegati dell' amministrazione (3).
La procedura è stata esperita a causa della crisi che ha toccato il settore tessile e per i risultati negativi aziendali degli ultimi anni: infatti i tentativi promossi dall'azienda per essere più competitivi sul mercato attraverso l'ammodernamento delle attrezzature e la flessibilità richiesta ai propri addetti circa i tempi di lavoro e la rotazione degli addetti, non hanno portato i risultati attesi.
In data 18 dicembre 2006 è avvenuto un incontro tra la società e le rappresentanze sindacali FEMCA-CISL e FILTEA-CGIL, concluso con un mancato accordo tra le parti e una richiesta di incontro presso l'agenzia regionale del lavoro di Milano.
Durante tale incontro, avvenuto il 23 gennaio 2007 si è preso atto che nonostante
i numerosi confronti in sede sindacale, le parti rimangono distanti sia sull'identificazione dei criteri per la messa in mobilità del personale, sia sulle provvidenze patrimoniali da attribuire al personale in esubero.
Il rappresentante della Regione ha quindi dichiarato, visto l'esito dell'incontro, regolarmente esperita la procedura di mobilità, conclusa però con esito negativo.
Si fa presente, poi, che la ditta Maglificio Dalmine s.p.a. ha usufruito del trattamento straordinario di integrazione salariale, per crisi aziendale, per il periodo dal 30 gennaio 2006 al 29 gennaio 2007 e, nello specifico, con il decreto direttoriale n. 38399 del 12 aprile 2006.
Da ultimo si comunica che la società in questione è in regola con il pagamento delle retribuzioni al personale e adempiente ai versamenti assicurativi e previdenziali.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
ULIVI e MIGLIORI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Lorenzi Vasco Spa di Montemurlo (Prato) produttrice di scaldabagni elettrici di dimensione internazionale e grandi capacità esplorative ha improvvisamente subìto dichiarazione di fallimento con evidenti drammatiche conseguenze per i propri dipendenti, oltre cento dei quali di Montemurlo -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per sostenere l'occupazione dei lavoratori ed il futuro di tale azienda.
(4-00800)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Prato è emerso quanto segue.
La Lorenzi Vasco S.p.A. di Montemurlo (Prato) ha cessato l'attività in data 21 luglio 2006.
Dall'esame della documentazione fornita dal curatore fallimentare della società è stato rilevato che il bilancio relativo all'anno 2005 era stato chiuso con una perdita d'esercizio pari a euro 6.832.905,00.
È emerso sostanzialmente che allo stato di crisi aziendale non è seguita una corrispondente contrazione dei costi.
Nel lasso di tempo dal 1o gennaio 2006 al 24 luglio 2006, data di apertura della procedura fallimentare, è proseguita, come emerge dalla relazione del curatore, la tendenza negativa.
In relazione ai motivi e alle caratteristiche della crisi aziendale della Lorenzi Vasco S.p.A., è emerso che la società, leader di un gruppo di imprese che gradualmente ha conquistato una posizione di preminenza su scala mondiale nella produzione e nel commercio di scaldabagni, non ha perso tale posizione di prestigio, data, tra l'altro, da più di cinquanta anni di esperienza e fruttuosa attività nel settore ma piuttosto si è trovata a dover fronteggiare una crisi di liquidità.
Si può ipotizzare che la crisi di liquidità sia stata determinata da un repentino scadimento dell'immagine della società Lorenzi Vasco nei confronti dei finanziatori e dei fornitori, conseguente, secondo la tesi dell'amministrazione, ad una serie di accadimenti occorsi nell'anno 2003, tra cui la sospetta implicazione degli amministratori e di alcuni collaboratori del Gruppo Lorenzi, in fatti di rilevanza penale.
Da ciò sarebbero immediatamente scaturiti effetti oltremodo dannosi, quali, appunto, la revoca degli affidamenti bancari e delle dilazioni concesse dai fornitori, nonché, in alcuni casi, la sospensione delle stesse forniture.
Con riguardo alle iniziative adottate per il sostegno dell'occupazione ed alle prospettive future dell'azienda, va detto che, al momento della dichiarazione di fallimento, 87 dipendenti lavoravano per la Lorenzi Vasco.
Data la situazione di emergenza, la curatela si è tempestivamente attivata per farvi fronte, richiedendo al giudice delegato tutte le autorizzazioni necessarie all'avvio della procedura di ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria.
Esperita positivamente la consultazione sindacale, con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale n. 39355 del 4 ottobre 2006, con decorrenza 20 luglio 2006, il rapporto di lavoro dei dipendenti della società fallita veniva sospeso a zero ore per 12 mesi con il sostegno della C.I.G. ex articolo 3 della legge 223 del 1991, con pagamento diretto da parte dell'INPS fino al 19 luglio 2007.
Dai colloqui intercorsi con il curatore si è inoltre appreso che alcuni lavoratori hanno trovato impiego presso altre imprese.
Si fa presente, infine, che la curatela ritiene molto probabile la possibilità di operare una cessione od un affitto di azienda, ma la medesima non è stata in grado di quantificare il tempo necessario a concludere l'operazione, stante la necessità di operare una stima precisa ed affidabile del complesso aziendale e la probabile necessità di definire le trattative con un'asta pubblica.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il cittadino italiano Carlo Parlanti è stato accusato nel 2002 di reati da parte della magistratura americana e, in occasione di un suo viaggio in Germania, arrestato poiché - senza che lui lo sapesse - era oggetto di mandato di cattura internazionale;
venne pertanto detenuto in Germania per 11 mesi e quindi estradato negli Stati Uniti;
in occasione del processo negli USA, rinunciando a un patteggiamento che lo avrebbe probabilmente fatto liberare in pochissimo tempo e ribadendo la sua estraneità ai fatti contestatigli, veniva però condannato a ben nove anni di reclusione durante un dibattimento che ha lasciato molti dubbi di legittimità ed imparzialità, così come riportato da numerose fonti di stampa italiana ed in particolare da una serie di notizie riportate sull'agenzia di stampa Newsitaliapress che segue con attenzione questo caso giudiziario;
uno dei motivi della condanna (si celebrerà presto il processo di appello, le prime udienze sono già previste per il febbraio di quest'anno) è stata anche la difesa - praticamente, soprattutto all'inizio, solo d'ufficio anche per le ristrettezze economiche dell'accusato - che non ha messo in evidenza le gravi lacune dell'accusa;
vi è un obbiettivo, fondato sospetto che la Corte abbia considerato di fatto uno «straniero» come Parlanti contro «la parola» di una cittadina americana;
in ogni caso solo in parte il nostro connazionale è stato adeguatamente seguito dalle nostre autorità consolari anche perché ha cambiato più volte luogo di detenzione ed ora è detenuto in un'area di competenza del nostro Consolato di San Francisco, California, USA -:
che cosa sia stato fatto e si intenda fare per permettere al connazionale Carlo Parlanti di potersi adeguatamente difendere in sede di appello e - poiché in passato i Ministri sia degli affari esteri che della giustizia ebbero ad occuparsi di questo caso, quali siano le iniziative effettivamente intraprese, quali le difficoltà sostenute, quali gli atti e le pressioni diplomatiche si intendono sostenere al fine di garantire al Parlanti un equo giudizio d'appello alla luce delle prove e circostanze emerse in questi anni;
se non si ritenga di dover richiamare l'attenzione del governo americano sul caso, sottolineando anche con passi ufficiali l'interesse delle autorità italiane per questa vicenda e, in particolare, quali disposizioni siano state impartite sul Consolato di San Francisco per una adeguata attenzione ad un caso che appare di obbiettiva, particolare rilevanza.
(4-02333)
Risposta. - Il caso del signor Carlo Parlanti è da tempo noto a questo Ministero ed è stato seguito con la massima attenzione in un primo tempo dal Consolato
generale in Los Angeles ed attualmente, a seguito del trasferimento del connazionale nel carcere di Avenal, dal Consolato generale in San Francisco.
Tali rappresentanze sono state invitate fin dall'inizio della vicenda a prestare al signor Parlanti e ai suoi familiari ogni possibile assistenza.
Il Consolato generale in San Francisco ha pertanto effettuato una prima visita consolare al connazionale, nel corso della quale il predetto è apparso in condizioni di salute accettabili, pur necessitando di cure appropriate. A tal fine si è provveduto a richiedere, tra l'altro, una visita medica approfondita.
Quanto al giudizio di appello, richiesto dagli avvocati difensori del sgnor Parlanti il 15 febbraio scorso, questo Ministero ha raccomandato al Consolato generale di prendere contatto con i legali e di seguire da vicino, in raccordo con gli stessi, l'andamento del procedimento penale in seconda istanza.
La Rappresentanza è poi intervenuta presso le associazioni di connazionali presenti in loco al fine di sondare la loro disponibilità a contribuire al pagamento delle spese di difesa. In caso di accertata impossibilità di reperire le somme necessarie, questo Ministero potrà intervenire con un sussidio ad hoc.
Circa l'eventualità di un intervento diplomatico in favore del signor Parlanti, sentita anche l'Ambasciata a Washington, si ritiene che un simile passo, stante la pendenza del succitato procedimento penale, sia irrituale e possa rivelarsi controproducente.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.