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Allegato B
Seduta n. 132 del 22/3/2007
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LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Interrogazioni a risposta scritta:
ULIVI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal dettato costituzionale discende la legge n. 104 del 1992 che intende rimuovere ogni ostacolo socio-economico-lavorativo nei riguardi delle persone affette da handicap;
la susseguente legge n. 68 del 1999 prevede una riserva di posti di lavoro destinati alle persone diversamente abili, in considerazione delle singole condizioni di invalidità stabilite dall'articolo 4 della legge n. 104 del 1992;
risulta allo scrivente che spesso i datori di lavoro rinunciano a riservare questi posti destinati ai diversamente abili, in cambio di una irrisoria pena pecuniaria da corrispondere una unica volta, pur di non assumere personale affetto da handicap che invece potrebbe tranquillamente svolgere mansioni adatte, con ciò violando le leggi e la Costituzione e, non ultimo, privando cittadini italiani del diritto al lavoro, con tutto quanto ne consegue come ripercussione nella vita privata, civile e di relazione con gli altri e con le istituzioni;
nell'anno 2000, il Ministro del lavoro, in attesa di una normativa più adeguata sul collocamento dei diversamente abili, emanava una circolare (la circolare n. 4 del 17 gennaio 2000) in cui sanciva il principio della chiamata nominativa da parte delle amministrazioni pubbliche, per adeguarsi alla legge n. 68, in alternativa all'indizione di pubblici concorsi, ma a tutt'oggi ciò che vige è ancora questa circolare, non essendosi ancora evidentemente provveduto ad emanare una normativa più adeguata in materia di diritto al lavoro per i portatori di handicap -:
se anche ai ministri in indirizzo risulti quanto suddetto e se non ritengano di dover intervenire, al più presto e nei modi che riterranno opportuni, per indurre le amministrazioni pubbliche e private ad assumere personale ai sensi della legge n. 68 del 1999, anche adottando pene sanzionatorie più adeguate.
(4-03039)
LION. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio regionale delle Marche ha segnalato all'interrogante una triste vicenda riguardante una signora invalida al 100 per cento cui è stata comunicata la riliquidazione della pensione di invalidità, sollecitando ad occuparsi del caso e verificando se le circostanze interessino altre persone di pari condizioni;
la vicenda riguarda la signora T.B., cui, a seguito di una sentenza su una causa di separazione e di divorzio pronunciata dal Tribunale di Ancona nel 1990, fu riconosciuto un assegno di mantenimento a carico dell'ex coniuge, signore P.A. del valore di lire 500.000 mensili, attualmente rivalutati e corrispondenti a 450 euro mensili;
in vero il caso di cui trattasi è stato riportato dall'ex coniuge, che nel prestare da sempre cure alla signora ha potuto personalmente verificare la paradossalità della procedura in cui è coinvolta la signora T.;
nel 1997 la signora T. è stata riconosciuta invalida civile parziale al 75 per cento con riduzione permanente della capacità lavorativa in seguito a minorazione psichica e le è stato attribuito un assegno sociale minimo;
ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la signora T., dal 1999, fruisce delle azioni di tutela, dei servizi e degli interventi allo scopo previsti dalla medesima legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Nel maggio 2006, in seguito ad aggravamenti delle proprie condizioni, alla signora T. è stata riconosciuta l'invalida totale al 100 per cento, con relativa inabilità lavorativa permanente ma continuando a percepire il medesimo assegno sociale minimo di 238,07 euro;
nel gennaio 2007, l'INPS (Istituto nazionale per la previdenza sociale) ha provveduto a comunicare alla signora in questione, una riliquidazione della pensione con un recupero di ben 7.625,45 euro, da restituire entro il 31 marzo 2007, in quanto dal mese di gennaio 2004 fino al mese di maggio 2006 l'interessata avrebbe percepito indebitamente l'assegno sociale minimo, dal momento che il proprio assegno di mantenimento, di 450 euro mensili, è risultato superiore al limite di reddito mensile previsto dalla disciplina di merito al fine di poter ottenere l'assegno sociale, che nel caso in discussione era fissato a 367,97 euro mensili;
la situazione descritta evidenzia una forte paradossalità del vigente sistema delle garanzie sociali poste in favore delle persone svantaggiate e bisognose di aiuti. Riteniamo infatti troppo coercitivo un impianto procedurale che preveda la restituzione di una cifra come quella richiesta alla signora T. e per di più da dover pagare in soli tre mesi dalla richiesta. Bisognerebbe in questi casi, una volta accertato l'eventuale sostegno abusivo, procedere in base alle oggettive possibilità e condizioni del debitore, valutando le circostanze in maniera specifica e puntuale;
purtroppo sembra che il caso della signora T. non sia l'unico oggi riscontrabile nel nostro paese, e che anzi ci sarebbero numerose situazioni analoghe, diffuse omogeneamente su tutto il territorio nazionale -:
se sia a conoscenza della vicenda relativa alla signora T. citata in premessa e in caso di riscontro positivo, quale sia la reale situazione dei fatti;
se vi siano altre persone, oltre la signora T. interessate da procedure riliquidazione della pensione con profili critici analoghi a quelli di cui in premessa;
se non ritenga di dover intraprendere iniziative pertinenti volte a rendere maggiormente sostenibile e proporzionato il procedimento di recupero delle somme di cui al caso citato in premessa e in caso esistessero misure confacenti, se sia possibile estenderle ad eventuali altri soggetti in condizioni simili.
(4-03045)
LOMAGLIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la vertenza dei lavoratori della ex Ciet è ancora lontana dal trovare una soddisfacente soluzione finale;
come ben noto, nei mesi scorsi, Telecom Italia ha riorganizzato le commesse su scala nazionale affidando alla Sielte un appalto di 5 milioni di euro che in precedenza era della Ciet;
la vertenza è stata seguita sin dall'inizio dal Ministero del Lavoro, avrebbe dovuto essere definita in sede regionale ed avrebbe dovuto garantire i livelli occupazionali precedenti;
al contrario, la Sielte ha risposto negativamente alla richiesta di assorbire i lavoratori della Ciet, subordinando il suo assenso per 40 di loro alla concessione da parte di Telecom dei cantieri di Palermo;
a questo proposito, il 13 marzo 2007 è stata indetta una trattativa presso il Ministero del Lavoro alla presenza di Ciet, Sirti e Sielte durante la quale è emerso che la Sielte ha in effetti assunto 42 lavoratori, che la Ciet ne ha trasferiti 3 a Parma, che 2 sono stati avviati alla procedura per il pensionamento, e che 5 sono
transitati in aziende fidelizzate Sielte, con un conseguente numero di 38 lavoratori ancora non collocati;
rispetto questi ultimi, per 20 di essi la Sielte si è fatta garante di una collocazione nell'indotto fidelizzato mentre per i rimanenti 11 lavoratori, allo stato attuale, non sono state indicate prospettive;
proprio in merito alla collocazione nelle cosiddette aziende «fidelizzate» dei menzionati lavoratori, occorre rilevare che non solo non esiste alcun accordo formale in merito all'assunzione di tale impegno da parte di Sielte ma, qualora ciò dovesse avvenire, tali piccole aziende non offrono alcuna garanzia in tema di sicurezza sul lavoro, di osservanza del contratto nazionale di lavoro e del rispetto delle relazioni sindacali -:
se i Ministri intendano intervenire in modo decisivo al fine di assicurare il ricollocamento di tutte le risorse umane della ex Ciet in Sielte o altre aziende che diano precise e verificate garanzie in termini di sicurezza sul lavoro, rispetto del contratto nazionale e delle relazioni sindacali, senza che si attenda l'ennesimo incidente sul lavoro per accorgersi che c'è chi vuole continuare ad arricchirsi sulla pelle dei lavoratori.
(4-03049)