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Allegato B
Seduta n. 137 del 29/3/2007
TESTO AGGIORNATO AL 23 APRILE 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
il Governo ha introdotto nella legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) una serie di norme non chiare e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo di dubbia costituzionalità, dirette a consentire l'inquadramento nei ruoli delle pubbliche amministrazioni del personale cosiddetto precario;
non esistono dati ufficiali certi sulla consistenza numerica del suddetto personale, il quale comunque secondo le stime più attendibili dovrebbe abbondantemente superare le 300.000 unità, senza considerare i cosiddetti precari della scuola;
in tale ambito confluiscono situazioni assolutamente eterogenee, tra le quali accanto ai contratti a termine ed ai contratti di formazione e lavoro, si registrano situazioni con un carattere di stabilità assai minore quali le collaborazioni coordinate e continuative, o caratterizzate da una finalità essenzialmente assistenziale, quali i lavori socialmente utili, o che non sono nemmeno qualificabili come rapporti di lavoro in senso tecnico, quali gli assegnisti di lavoro;
il problema dei cosiddetti «precari storici», ovvero di quei lavoratori il cui contratto venga rinnovato sistematicamente da molti anni, rappresenta una percentuale minima del problema (il numero di precari che lavorano nelle pubblica amministrazione da più di sei anni può essere stimato in 10.000 unità rispetto alle 300.000 totali);
oltre il 90 per cento dei suddetti 300.000 precari si registra presso le amministrazioni non statali, ed in particolare presso regioni, servizio sanitario e amministrazioni locali;
ogni dipendente pubblico costa alle tasche dei cittadini e della collettività circa 33 mila euro l'anno. Con quattrocentomila eccedenze, stiamo parlando di circa 13 miliardi di servizi che non vengono svolti;
i criteri individuati dalla legge finanziaria per il 2007 consentiranno di fatto l'assunzione di tutti i precari delle pubbliche amministrazioni, anche nei casi nei quali è del tutto evidente l'irragionevolezza di tale soluzione, come ad esempio nel caso di:
tutti coloro che hanno un contratto alla data del 29 settembre, indipendentemente dall'anzianità;
coloro che hanno solo tre anni di servizio, anche non continuativi e senza contratto in corso;
coloro che hanno avuto contratti con diverse amministrazioni in periodi diversi;
coloro che hanno lavorato nei gabinetti di ministri, sottosegretari, presidenti ed assessori (come indirettamente confermato da una circolare dell'Anci frettolosamente ritirata nei giorni scorsi al solo fine di evitare polemiche);
coloro che non hanno mai sostenuto una procedura selettiva, in favore dei quali se ne organizzerebbe una riservata evidentemente fittizia;
dopo anni di blocco e di relative proroghe di graduatorie vi sono oltre 70.000 vincitori di concorso ed altrettanti idonei che potrebbero vantare un diritto maggiore e costituzionalmente legittimo di essere assunti e che, soprattutto potrebbero rappresentare l'ingresso di energie giovani, motivate e preparate nella pubblica amministrazione, energie indispensabili se si vuole realmente perseguire l'obiettivo della modernizzazione;
in ottemperanza al principio di cui all'articolo 97 della Costituzione, l'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 esclude che la violazione di norme imperative relative a forme contrattuali flessibili da parte delle pubbliche amministrazioni
possa in ogni caso dar vita alla trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro;
la diffusione di forme contrattuali flessibili nel pubblico impiego sia stato sostanzialmente un modo per le pubbliche amministrazioni per eludere le norme di legge dirette a contenere il numero dei pubblici dipendenti (attraverso limitazioni al turn over) nonché il vincolo costituzionale del pubblico concorso;
l'altro potente incentivo al ricorso a forme flessibili di lavoro anche per soddisfare esigenze ordinarie di funzionamento delle amministrazioni sia stato storicamente rappresentato dalla eccessiva rigidità del lavoro pubblico sia in termini di mobilità, che in termini di orario di lavoro (basti pensare all'incomprensibile penalizzazione dei compensi per il lavoro straordinario che si registra in tutti i contratti collettivi del pubblico impiego), tematiche affidate alla contrattazione con i sindacati, i quali sono del tutto indisponibili sul punto, nonostante il gran «parlare» di incentivazione della produttività;
l'insieme di norme crea una incostituzionale disparità di trattamento in quanto diverse sono le tipologie di lavoratori che possono essere stabilizzate dalle varie amministrazioni senza che tali differenze, abbiano un fondamento razionale;
la situazione di confusione è ulteriormente destinata ad aumentare considerata la facoltà per le amministrazioni di individuare i propri precari con regolamento;
quest'anno le amministrazioni sottoposte al patto di stabilità comprenderanno in questo anche le spese di personale senza avere dei tetti specifici su tale spesa, ma solo un principio debole di riduzione della spesa (comma 557), senza obiettivi e sanzioni, e questo dato insieme alle norme sulla stabilizzazione porterà ad una crescita del personale e della relativa spesa, impedendo di fatto di poter fare il reclutamento necessario;
attraverso la stabilizzazione degli LSU, che appartengono alle categorie professionali meno elevate, le pubbliche amministrazioni dovranno ricreare i profili di basso livello che fanno riferimento a funzioni che ormai dovrebbero essere state esternalizzate;
dopo aver portato le amministrazioni a ridurre gli organici, oggi le stesse sono costrette a riempire i posti solo con il personale generico, dato che la maggioranza del personale precario non ricopre profili specialistici;
inoltre, secondo le organizzazioni sindacali le assunzioni dei precari sarebbero da considerare come assunzioni esterne, e quindi, i posti rimanenti dovranno essere riservati alle progressioni interne, e ciò determinerebbe un ulteriore danno per i giovarti, laureati e non, in cerca di occupazione e un ulteriore dequalificazione per le amministrazioni;
nella giornata di mercoledì 21 marzo si è avuta la notizia di un'intesa raggiunta dal Governo con CGIL, CISL e UIL, per dare in tempi ristrettissimi un'attuazione estensiva alla stabilizzazione dei precari delle pubbliche amministrazioni;
nell'ambito dei lavori dell'XI Commissione alla Camera è in corso una indagine conoscitiva «sulle cause e le dimensioni del precariato nel mondo del lavoro» e che, dall'audizione dei vari operatori dei mercato del lavoro, sta emergendo che il teorema della sovrapponibilità del concetto di precariato con quello della flessibilità non è proponibile;
mentre nel settore privato l'uso dei contratti cosiddetti flessibili è un canale che agevola l'ingresso nel mondo del lavoro e che, nel tempo, queste forme contrattuali tendono a trasformarsi in posizioni lavorative stabili, nel pubblico, invece, non essendo possibile lo stesso percorso di stabilizzazione, occorre mettere dei paletti normativi affinché, innanzitutto, si possa porre urgentemente rimedio all'uso distorto dei contratti cosiddetti flessibili, che, attraverso rinnovi reiterati, vengono
utilizzati non per un fabbisogno momentaneo ma per un fabbisogno stabile e duraturo nel tempo e quindi in ultima istanza, per aggirare il blocco delle assunzioni o l'indizione dei concorsi;
l'uso distorto della flessibilità nell'ambito del pubblico impiego ingenera la falsa aspettativa di una sicura futura stabilizzazione in tutti coloro che prestano la propria attività lavorativa nell'ambito della pubblica amministrazione con un contratto diverso da quello a tempo indeterminato e per questo motivo, sarebbe opportuno rendere realmente spendibile sul mercato questo tipo di prestazioni lavorative;
impegna il Governo:
ad adottare iniziative urgenti volte ad individuare, nel percorso della stabilizzazione delle posizioni contrattuali flessibili nella pubblica amministrazione, che dovrà necessariamente prevedere, secondo il principio della meritocrazia, prove selettive aperte ove non siano già state svolte, i casi di effettivo precariato, in relazione alla durata e alla natura del rapporto;
ad adottare iniziative urgenti per chiarire che in nessun caso la stabilizzazione potrà riguardare il rapporto di lavoro con gli uffici di diretta collaborazione di incarichi politici (dai ministri ai sindaci), scongiurando l'ipotesi di una sorta di maxi-assunzione dei cosiddetti portaborse;
ad adottare iniziative urgenti per garantire che la stabilizzazione dei precari sia comunque finalizzata a coprire le carenze di organico delle amministrazioni e non si risolva nell'ulteriore rigonfiamento di ruoli di amministrazioni che presentano esuberi;
ad adottare iniziative urgenti per prevedere l'assunzione dei vincitori e gli idonei dei concorsi pubblici, con riferimento alle graduatorie ancora in vigore;
ad adottare iniziative normative urgenti per consentire che, attraverso la mobilità dei dipendenti pubblici, la flessibilità dei turni e degli orari e l'incentivazione degli straordinari, le amministrazioni possano far fronte alle proprie esigenze organizzative mediante il personale di ruolo;
ad adottare iniziative normative urgenti volte innanzitutto ad impedire il formarsi di nuove sacche di precariato nella pubblica amministrazione, prevedendo in particolare un regime di responsabilità amministrativa e contabile per il dirigente pubblico che stipuli un contratto di lavoro flessibile, al di fuori delle condizioni e dei termini previsti in via generale per tali tipologie di contratto;
ad assumere le iniziative volte a permettere al lavoratore, che presta la propria attività lavorativa presso la pubblica amministrazione con un contratto flessibile, di poter spendere sul mercato, in maniera proficua, questa esperienza lavorativa, senza che si ingeneri l'aspettativa di una sicura assunzione a tempo indeterminato nell'ambito dell'apparato amministrativo dello Stato;
ad adottare iniziative normative al fine di predisporre un sistema di valutazione dell'efficienza e del rendimento degli impiegati pubblici che promuova il ruolo dei dirigenti, fortemente penalizzati dal cosiddetto «memorandum» sul lavoro pubblico sottoscritto lo scorso gennaio.
(1-00137) «Baldelli, La Loggia, Martino, Prestigiacomo, Fabbri, Aprea, Osvaldo Napoli, Mistrello Destro, Galli, Giacomoni, Pelino, Rosso, Della Vedova, Gianfranco Conte, Santelli».
NUOVA FORMULAZIONE
La Camera,
premesso che:
il Governo ha introdotto nella legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) una serie di norme non chiare e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo di dubbia costituzionalità, dirette a consentire l'inquadramento nei ruoli delle pubbliche amministrazioni del personale cosiddetto precario;
non esistono dati ufficiali certi sulla consistenza numerica del suddetto personale, il quale comunque secondo le stime più attendibili dovrebbe abbondantemente superare le 300.000 unità, senza considerare i cosiddetti precari della scuola;
in tale ambito confluiscono situazioni assolutamente eterogenee, tra le quali accanto ai contratti a termine ed ai contratti di formazione e lavoro, si registrano situazioni con un carattere di stabilità assai minore quali le collaborazioni coordinate e continuative, o caratterizzate da una finalità essenzialmente assistenziale, quali i lavori socialmente utili, o che non sono nemmeno qualificabili come rapporti di lavoro in senso tecnico, quali gli assegnisti di lavoro;
il problema dei cosiddetti «precari storici», ovvero di quei lavoratori il cui contratto viene rinnovato sistematicamente da molti anni, rappresenta una percentuale minima del problema (il numero di precari che lavorano nelle pubblica amministrazione da più di sei anni può essere stimato in 10.000 unità rispetto alle 300.000 totali);
oltre il 90 per cento dei suddetti 300.000 precari si registra presso le amministrazioni non statali, ed in particolare presso regioni, servizio sanitario e amministrazioni locali;
ogni dipendente pubblico costa alle tasche dei cittadini e della collettività circa 33 mila euro l'anno. Con quattrocentomila eccedenze, stiamo parlando di circa 13 miliardi di euro di servizi che non vengono svolti;
i criteri individuati dalla legge finanziaria per il 2007 consentiranno di fatto l'assunzione di tutti i precari delle pubbliche amministrazioni, anche nei casi nei quali è del tutto evidente l'irragionevolezza di tale soluzione, come ad esempio nel caso di:
a) tutti coloro che hanno un contratto alla data del 29 settembre 2006, indipendentemente dall'anzianità;
b) coloro che hanno solo tre anni di servizio, anche non continuativi e senza contratto in corso;
c) coloro che hanno avuto contratti con diverse amministrazioni in periodi diversi;
d) coloro che hanno lavorato nei gabinetti di ministri, sottosegretari, presidenti ed assessori (come indirettamente confermato da una circolare dell'Anci frettolosamente ritirata al solo fine di evitare polemiche);
e) coloro che non hanno mai sostenuto una procedura selettiva, in favore dei quali se ne organizzerebbe una riservata evidentemente fittizia;
dopo anni di blocco e di relative proroghe di graduatorie vi sono oltre 70.000 vincitori di concorso ed altrettanti idonei che potrebbero vantare un diritto maggiore e costituzionalmente legittimo di essere assunti e che, soprattutto potrebbero rappresentare l'ingresso di energie giovani, motivate e preparate nella pubblica amministrazione, energie indispensabili se si vuole realmente perseguire l'obiettivo della modernizzazione;
in ottemperanza al principio di cui all'articolo 97 della Costituzione, l'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 esclude che la violazione di norme imperative relative a forme contrattuali flessibili da parte delle pubbliche amministrazioni possa in ogni caso dar vita alla trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro;
la diffusione di forme contrattuali flessibili nel pubblico impiego sia stato sostanzialmente un modo per le pubbliche amministrazioni per eludere le norme di legge dirette a contenere il numero dei pubblici dipendenti (attraverso limitazioni al turn over) nonché il vincolo costituzionale del pubblico concorso;
l'altro potente incentivo al ricorso a forme flessibili di lavoro anche per soddisfare esigenze ordinarie di funzionamento delle amministrazioni sia stato storicamente rappresentato dalla eccessiva rigidità del lavoro pubblico sia in termini di mobilità, che in termini di orario di lavoro (basti pensare all'incomprensibile penalizzazione dei compensi per il lavoro straordinario che si registra in tutti i contratti collettivi del pubblico impiego), tematiche affidate alla contrattazione con i sindacati, i quali sono del tutto indisponibili sul punto, nonostante il gran parlare di incentivazione della produttività;
l'insieme di norme crea una incostituzionale disparità di trattamento in quanto diverse sono le tipologie di lavoratori che possono essere stabilizzate dalle varie amministrazioni senza che tali differenze, abbiano un fondamento razionale;
la situazione di confusione è ulteriormente destinata ad aumentare considerata la facoltà per le amministrazioni di individuare i propri precari con regolamento;
quest'anno le amministrazioni sottoposte al patto di stabilità comprenderanno in questo anche le spese di personale senza avere dei tetti specifici su tale spesa, ma solo un principio debole di riduzione della spesa (comma 557 della legge finanziaria per il 2007), senza obiettivi e sanzioni, e questo dato insieme alle norme sulla stabilizzazione porterà ad una crescita del personale e della relativa spesa, impedendo di fatto di poter fare il reclutamento necessario;
attraverso la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, che appartengono alle categorie professionali meno elevate, le pubbliche amministrazioni dovranno ricreare i profili di basso livello che fanno riferimento a funzioni che ormai dovrebbero essere state esternalizzate;
dopo aver portato le amministrazioni a ridurre gli organici, oggi le stesse sono costrette a riempire i posti solo con il personale generico, dato che la maggioranza del personale precario non ricopre profili specialistici;
inoltre, secondo le organizzazioni sindacali le assunzioni dei precari sarebbero da considerare come assunzioni esterne, e quindi, i posti rimanenti dovranno essere riservati alle progressioni interne, e ciò determinerebbe un ulteriore danno per i giovani, laureati e non, in cerca di occupazione e un ulteriore dequalificazione per le amministrazioni;
nella giornata di mercoledì 21 marzo 2007 si è avuta la notizia di un'intesa raggiunta dal Governo con CGIL, CISL e UIL, per dare in tempi ristrettissimi un'attuazione estensiva alla stabilizzazione dei precari delle pubbliche amministrazioni;
nell'ambito dell'XI Commissione della Camera dei deputati è in corso una indagine conoscitiva «sulle cause e le dimensioni del precariato nel mondo del lavoro» e, dall'audizione dei vari operatori dei mercato del lavoro, sta emergendo che il teorema della sovrapponibilità del concetto di precariato con quello della flessibilità non è proponibile;
mentre nel settore privato l'uso dei contratti cosiddetti flessibili è un canale che agevola l'ingresso nel mondo del lavoro e che, nel tempo, queste forme contrattuali tendono a trasformarsi in posizioni lavorative stabili, nel pubblico, invece, non essendo possibile lo stesso percorso di stabilizzazione, occorre mettere dei paletti normativi affinché, innanzitutto, si possa porre urgentemente rimedio all'uso distorto dei contratti cosiddetti flessibili, che, attraverso rinnovi reiterati, vengono utilizzati non per un fabbisogno momentaneo ma per un fabbisogno stabile e duraturo nel tempo e quindi in ultima istanza, per aggirare il blocco delle assunzioni o l'indizione dei concorsi;
l'uso distorto della flessibilità nell'ambito del pubblico impiego ingenera la falsa aspettativa di una sicura futura stabilizzazione in tutti coloro che prestano la propria attività lavorativa nell'ambito della pubblica amministrazione con un contratto diverso da quello a tempo indeterminato e per questo motivo, sarebbe opportuno rendere realmente spendibile sul mercato questo tipo di prestazioni lavorative,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative urgenti volte ad individuare, nel percorso della stabilizzazione delle posizioni contrattuali flessibili nella pubblica amministrazione, che dovrà necessariamente prevedere, secondo il principio della meritocrazia, prove selettive aperte ove non siano già state svolte, i casi di effettivo precariato, in relazione alla durata e alla natura del rapporto;
ad adottare iniziative urgenti per chiarire che in nessun caso la stabilizzazione potrà riguardare il rapporto di lavoro con gli uffici di diretta collaborazione di incarichi politici (dai ministri ai sindaci), scongiurando l'ipotesi di una sorta di maxi-assunzione dei cosiddetti portaborse;
ad adottare iniziative urgenti per garantire che la stabilizzazione dei precari sia comunque finalizzata a coprire le carenze di organico delle amministrazioni e non si risolva nell'ulteriore rigonfiamento di ruoli di amministrazioni che presentano esuberi;
ad adottare iniziative urgenti per prevedere anche l'assunzione dei vincitori e degli idonei dei concorsi pubblici, con riferimento alle graduatorie ancora in vigore coniugandola con il processo di stabilizzazione;
ad adottare iniziative normative urgenti per consentire che, attraverso la mobilità dei dipendenti pubblici, la flessibilità dei turni e degli orari e l'incentivazione degli straordinari, le amministrazioni possano far fronte alle proprie esigenze organizzative mediante il personale di ruolo;
ad adottare iniziative normative urgenti volte innanzitutto ad impedire il formarsi di nuove sacche di precariato nella pubblica amministrazione, prevedendo in particolare un regime di responsabilità amministrativa e contabile per il dirigente pubblico che stipuli un contratto di lavoro flessibile, al di fuori delle condizioni e dei termini previsti in via generale per tali tipologie di contratto;
ad assumere le iniziative volte a permettere al lavoratore, che presta la propria attività lavorativa presso la pubblica amministrazione con un contratto flessibile, di poter spendere sul mercato, in maniera proficua, questa esperienza lavorativa, senza che si ingeneri l'aspettativa di una sicura assunzione a tempo indeterminato nell'ambito dell'apparato amministrativo dello Stato;
ad adottare iniziative normative al fine di predisporre un sistema di valutazione dell'efficienza e del rendimento degli impiegati pubblici che promuova il ruolo dei dirigenti.
(1-00137)
(Nuova formulazione) «Baldelli, Lo Presti, Buontempo, Filipponio Tatarella, Frassinetti, Germontani, Holzmann, Pedrizzi, Antonio Pepe, Proietti Cosimi, Raisi, Formisano, Bodega, La Loggia, Martino, Prestigiacomo, Fabbri, Aprea, Osvaldo Napoli, Mistrello Destro, Galli, Giacomoni, Pelino, Rosso, Della Vedova, Gianfranco Conte, Santelli».
Risoluzione in Commissione:
La XIII Commissione,
premesso che:
lo scorso novembre, a Dubrovnik, il comitato scientifico dell'ICCAT, l'ente sovranazionale preposto al controllo e alla conservazione dello stock di tonno mediterraneo, ha definito il tonno risorsa a
rischio di estinzione commerciale, prospettando un drammatico declino numerico con conseguente potenziale collasso dello stock;
lo stesso comitato scientifico, sempre in quella sede ha proposto che per iniziare a sanare la situazione, a partire dal 2007, si sarebbero dovute pescare non più di 15.000 tonnellate per anno;
tuttavia, l'ICCAT, sempre a novembre del 2006, badando poco ai consigli del proprio comitato, non è stato in grado di ridurre considerevolmente l'ammontare di tonno pescabile - le cosiddette quote o TAC - dei singoli stati, proponendo, per il 2007, una quota totale pari a 29.500 tonnellate: quasi il doppio rispetto alle 15.000 tonnellate consigliate a livello scientifico;
a gennaio, a Tokio, l'ICCAT si è nuovamente riunito per confermare quanto stabilito nel novembre 2006, ovvero una riduzione della quota totale del pescato di tonno in zona ICCAT da 32.000 tonnellate a 25.500 tonnellate entro il 2010. Una riduzione minimale se si bada a quanto proposto dal comitato scientifico;
il Consiglio della Pesca Europeo (European Fisheries Council) si incontrerà il 16/17 aprile prossimo venturo per votare la spartizione della quota europea tra i vari stati membri (e a questo proposito ricordiamo che gli stati europei sono stati i maggiori beneficiari delle quote assegnate);
nonostante l'ICCAT abbia adottato mezzi per la sorveglianza dei pescherecci (vedi VSM) in controllo non è ancora soddisfacente e non permette di avere a disposizione dati completi e trasparenti sulla pesca nel Mediterraneo;
la Libia ha sollevato obiezioni formali al piano di ricostituzione dello stock e dunque l'iter di ratifica del provvedimento verrà automaticamente prolungato, il che significa che non ci saranno per il momento obblighi legati al rispetto delle quote con la conseguenza che gli stock locali verranno probabilmente sovrasfruttati (non solo da parte dei libici). Analoga contestazione è stata mossa dalla Turchia, e i due paesi hanno manifestato l'intenzione di procedere unilateralmente a fissare le quote di pesca per i loro pescherecci;
è di questi giorni la notizia che il Comune di Cetara, con delibera n. 265 del 16 febbraio 2007, ha reso possibile ed operativa l'apposizione di nuove gabbie per l'ingrasso di tonni;
il rischio di un collasso degli stock di tonno rosso, avrà soprattutto ripercussioni economiche e commerciali oltre che di mantenimento della specie;
rinunciando al 50 per cento della cattura assegnata, si potrà consentire il mantenimento della specie, nonché della risorsa economica che essa rappresenta e tutto l'indotto ad essa associato,
impegna il Governo:
ad adottare una misura di «autolimitazione» diretta a dimezzare la quota nazionale che verrà assegnata in sede europea il 16/17 aprile prossimi e a richiedere alle regioni interessate agli allevamenti all'ingrasso di tonno, di fornire annualmente una comunicazione al Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, contenente il numero degli allevamenti presenti sulle coste italiane e lo stato complessivo di queste strutture.
(7-00153) «Mellano».
NUOVA FORMULAZIONE
La XIII Commissione,
premesso che:
lo scorso novembre, a Dubrovnik, il comitato scientifico dell'ICCAT, l'ente sovranazionale preposto al controllo e alla conservazione dello stock di tonno mediterraneo, ha definito il tonno risorsa a rischio di estinzione commerciale, prospettando un drammatico declino numerico con conseguente potenziale collasso dello stock;
lo stesso comitato scientifico, sempre in quella sede ha proposto che per iniziare a sanare la situazione, a partire dal 2007, si sarebbero dovute pescare non più di 15.000 tonnellate per anno;
tuttavia, l'ICCAT, sempre a novembre del 2006, badando poco ai consigli del proprio comitato, non è stato in grado di ridurre considerevolmente l'ammontare di tonno pescabile - le cosiddette quote o TAC - dei singoli stati, proponendo, per il 2007, una quota totale pari a 29.500 tonnellate: quasi il doppio rispetto alle 15.000 tonnellate consigliate a livello scientifico;
a gennaio, a Tokio, l'ICCAT si è nuovamente riunito per confermare quanto stabilito nel novembre 2006, ovvero una riduzione della quota totale del pescato di tonno in zona ICCAT da 32.000 tonnellate a 25.500 tonnellate entro il 2010. Una riduzione minimale se si bada a quanto proposto dal comitato scientifico;
il Consiglio della Pesca Europeo (European Fisheries Council) si incontrerà il 16/17 aprile prossimo venturo per votare la spartizione della quota europea tra i vari stati membri (e a questo proposito ricordiamo che gli stati europei sono stati i maggiori beneficiari delle quote assegnate);
nonostante l'ICCAT abbia adottato mezzi per la sorveglianza dei pescherecci (vedi VSM) in controllo non è ancora soddisfacente e non permette di avere a disposizione dati completi e trasparenti sulla pesca nel Mediterraneo;
la Libia ha sollevato obiezioni formali al piano di ricostituzione dello stock e dunque l'iter di ratifica del provvedimento verrà automaticamente prolungato, il che significa che non ci saranno per il momento obblighi legati al rispetto delle quote con la conseguenza che gli stock locali verranno probabilmente sovrasfruttati (non solo da parte dei libici). Analoga contestazione è stata mossa dalla Turchia, e i due paesi hanno manifestato l'intenzione di procedere unilateralmente a fissare le quote di pesca per i loro pescherecci;
è di questi giorni la notizia che il Comune di Cetara, con delibera n. 265 del 16 febbraio 2007, ha reso possibile ed operativa l'apposizione di nuove gabbie per l'ingrasso di tonni;
il rischio di un collasso degli stock di tonno rosso, avrà soprattutto ripercussioni economiche e commerciali oltre che di mantenimento della specie;
rinunciando al 50 per cento della cattura assegnata, si potrà consentire il mantenimento della specie, nonché della risorsa economica che essa rappresenta e tutto l'indotto ad essa associato,
impegna il Governo:
ad adottare una misura di «autolimitazione» diretta a dimezzare la quota nazionale che verrà assegnata in sede europea entro il prossimo giugno e a richiedere alle regioni interessate agli allevamenti all'ingrasso di tonno, di fornire annualmente una comunicazione al Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, contenente il numero degli allevamenti presenti sulle coste italiane e lo stato complessivo di queste strutture.
(7-00153) «Mellano».