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Allegato B
Seduta n. 138 del 30/3/2007
TESTO AGGIORNATO AL 30 OTTOBRE 2007
...
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
CARUSO. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante si è recato in visita parlamentare presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, Sant'Eframo, in cui sono internate 104 persone;
le celle, ad esclusione di un solo braccio da poco ristrutturato che ospita meno di 20 internati, e l'intera struttura si presentano, in condizioni fatiscenti;
sin dall'ingresso si avverte un forte odore di urina lungo corridoi e scale piene di cicche di sigarette e sporcizia;
le celle sono prive di doccia;
le docce non sono presenti nemmeno sul piano;
in molte celle non c'è nemmeno il televisore;
nelle celle, sporche, sudice e spoglie, sono presenti dai quattro ai sette internati;
in una delle celle visitate il bagno era in condizioni igieniche indescrivibili, arrugginito, pieno di sporco, residui, liquami, come se fosse abbandonato da anni, e con il pavimento pieno di acqua proveniente da un tubo che perdeva;
nelle celle, prive di un tavolo, vi erano ovunque residui di cibo e cicche di sigaretta;
i letti degli internati erano coperti con lenzuola fetide, maleodoranti visibilmente consunte;
gli internati, per quanto lucidi, versano in condizioni di evidente povertà e abbandono, coperti con abiti lisi, poco più che stracci;
uno degli internati versava su di un letto con piaghe sulle braccia di evidente profondità;
in una cella un internato, seminudo, a terra, in ginocchio tremante, versava in visibile stato di abbandono, condizione comune a molti;
il cortile del passeggio è uno spazio di cemento di poche decine di metri quadri con alte reti che lo circondano; nessuna delle condizioni previste dal regolamento penitenziario appare rispettata e sarebbe opportuno verificare le responsabilità amministrative di chi è responsabile di tali strutture;
per usare le parole di Franco Basaglia a proposito dei vecchi manicomi, più che di un carcere questa struttura appare «un letamaio infernale» dove gli internati hanno perso ogni dignità umana -:
quali iniziative si intendano adottare per verificare lo stato delle condizioni di detenzione degli internati di Sant'Eframo e rimediare allo stato di cose presenti;
con quali provvedimenti, e con quale tempistica, il Governo intenda così come annunciato recentemente dal Ministro della salute Livia Turco, porre in essere un percorso che porti al superamento e alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari.
(4-03137)
D'AGRÒ. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 796, lettera p) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha introdotto nuove tariffe sui ticket per le prestazioni sanitarie, con esclusione dei soggetti esenti;
in particolare, è stato previsto, a partire dal 1o gennaio 2007, un ticket di 10 euro per ricetta sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale (tale importo si somma a quello di 36 euro e 15 centesimi già previsto dalla legislazione vigente per un massimo di otto prescrizioni della stessa branca specialistica) e un ticket di 25 euro sulle prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero, classificate con il codice bianco, ad eccezione dei casi di avvelenamenti acuti e di traumatismi;
l'articolo 32, comma 1, della Costituzione recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
secondo l'interrogante è possibile ipotizzare che le disposizioni dell'articolo 1, comma 796, della legge finanziaria 2007 vanifichino in qualche modo il dettato costituzionale;
l'articolo 6-quater del decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, modifica le disposizioni in materia di ticket per le prestazioni sanitarie di cui al citato articolo 1, comma 796, lettera p), prevedendo al comma 1 che la quota fissa di 10 euro trova applicazione fino al 31 marzo 2007 e, in ogni caso, fino all'entrata in vigore delle misure di cui al comma 2;
tale comma inserisce una lettera p-bis) al comma 796 dell'articolo 1 della finanziaria 2007, con la quale si consente alle regioni, limitatamente alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, fermo restando l'importo già previsto di gettito per le casse dello Stato, di prendere provvedimenti alternativi all'applicazione della quota fissa di 10 euro sulla
base della stima degli effetti della complessiva manovra sulle singole regioni, ossia di adottare altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie oppure di stipulare con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze un accordo per la definizione di altre misure di partecipazione al costo, che siano equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell'equilibrio economico finanziario e del controllo dell'appropriatezza-:
se il Governo sia a conoscenza di quante e quali regioni abbiano finora applicato le misure alternative al ticket di 10 euro, previste dal citato articolo 6-quater del decreto legge n. 300 del 2006;
per le realtà regionali nelle quali permanga l'obbligo del ticket menzionato, se non intenda adottare diverse e meno pesanti misure di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria, visti i casi nei quali il diritto alla salute viene lautamente pagato, con evidente difficoltà da parte delle categorie meno abbienti e delle persone più malate.
(4-03138)
TURCO, BELTRANDI, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia la legge 13 maggio 1978, n. 180 (la cosiddetta legge Basaglia), recante «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori», ha fondato un nuovo approccio e proposto nuovi metodi e modelli rispetto a quelli sino ad allora seguiti per la cura delle malattie mentali, ponendo le basi per la chiusura degli ospedali psichiatrici, strutture sanitarie speciali deputate alla cura di soli pazienti affetti da malattie mentali, favorendo la sostituzione di tali strutture con presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessario, ricorrendo alla degenza dei malati mentali nelle ordinarie strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate;
la successiva legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ha trasferito gran parte delle norme contenute nella legge n. 180 del 1978, la cosiddetta legge Basaglia, negli articoli 33, 34, 35 e 64 della legge n. 833 citata. Ciò ha comportato l'assenza di una speciale disciplina legislativa relativa alla tutela della salute mentale, facendola rientrare nella generalità dei compiti istituzionali attribuiti al novello Servizio sanitario nazionale;
con la nuova normativa si è stabilito il principio generale per cui i trattamenti sanitari dovrebbero essere volontari, ponendo specifici limiti per la sottoposizione di un paziente a trattamenti sanitari obbligatori. Ed infatti il personale sanitario ha l'obbligo di cercare il «consenso e la partecipazione» del paziente sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (TSO) avendo quest'ultimo, inoltre, il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura, nonché il diritto di comunicare «con chi ritenga opportuno»;
nel caso specifico di un paziente afflitto da malattia mentale, esso può essere obbligato a trattamento sanitario solo se le condizioni richiedano un urgente intervento terapeutico e non a siano possibili misure extra ospedaliere;
la stessa legge n. 833 del 1978 ha stabilito il principio secondo il quale si demanda alle regioni l'organizzazione di servizi di assistenza psichiatrica, istituendo dipartimenti per fornire servizi per la cura delle malattie mentali che possono essere situate sia nelle strutture ospedaliere, creando apposite strutture di diagnosi e cura, che in presidi extra ospedalieri in grado di fornire le appropriate cure necessarie;
il fine della normativa è chiaro: con essa si persegue l'obiettivo d'una chiusura completa e definitiva delle speciali strutture ospedaliere psichiatriche;
nel corso degli anni si sono susseguiti ulteriori interventi normativi volti a favorire tale chiusura, interventi resisi necessari a causa delle difficoltà incontrate nel raggiungere compiutamente l'obiettivo posto dal nostro ordinamento sin dal lontano 1978. Ciò si è perseguito con l'adozione di
norme contenute nell'ambito della legislazione collegata alla legge finanziaria: l'articolo 3, comma 5 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, aveva fissato al 31 dicembre 1996 la chiusura definitiva delle strutture manicomiali ancora attive, ribadendo il principio della completa attuazione della cosiddetta legge Basaglia mirante alla totale chiusura degli ospedali psichiatrici. Successivamente altre norme hanno favorito la ristrutturazione della rete ospedaliera in funzione dell'obiettivo perseguito stabilendo, da ultimo, il cosiddetta «progetto-obiettivo» per la «tutela della salute mentale 1998-2000» mirante a realizzare il modello organizzativo del Dipartimento di salute mentale, che si sostanzia nel favorire e incentivare una serie obiettivi puntuali: la promozione di progetti specifici per il superamento del residuo manicomiale, la promozione un sistema informativo per il monitoraggio della spesa psichiatrica; la focalizzazione d'un sistema di indicatori di qualità dell'assistenza psichiatrica; la promozione della formazione degli operatori;
successivamente, la legge 23 dicembre 1996, n. 662, all'articolo 1, commi 21, 22, 23 e 24 ha individuato una serie di adempimenti posti a carico di Regioni e delle (allora) USL, al fine di far loro adottare piani, entro il 31 gennaio 1997, per la chiusura degli ospedali psichiatrici ancora attivi. Il tutto con la previsione di un meccanismo di penalizzazione finanziaria per i soggetti inadempienti;
una ulteriore serie di sanzioni sono loro state poste a loro carico nel caso di mancato rispetto delle previsioni contenute nel «progetto obiettivo», progetto attualizzato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, contenente indicazioni per gli anni 1998-2000. Con ciò è ribadita la volontà di perseguire gli scopi sopra individuati mediante il modello dipartimentale già proposto per il periodo precedente. Concretamente si conferma la volontà dei legislatore di potenziare i Dipartimenti di salute mentale;
la XII Commissione permanente della Camera dei deputati durante la XIII legislatura, in occasione d'una «Indagine conoscitiva sulla chiusura degli ospedali psichiatrici» resasi necessaria a causa della scadenza prevista dalla legge n. 724 dei 1994 che di lì a poco avrebbe dovuto essere soddisfatta, ovvero la chiusura di tutti gli ospedali psichiatrici entro il 31 dicembre 1996, ha approvato un documento conclusivo, in data 16 luglio 1997 che, confermando il ritardo nel processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e della loro sostituzione con strutture territoriali per la cura delle malattie mentali previsti, come detto, dalla legge n. 724 del 1994 indica, tra i tanti, un particolare punctum dolens: la Commissione mette in guardia dal pericolo di «adeguarsi alle "false chiusure". In molti ex ospedali psichiatrici è in atto un processo di ristrutturazione che vuole semplicemente rimodernare i vecchi padiglioni mantenere in questi contesti i vecchi degenti. In qualche caso si vuole addirittura paradossalmente aprire ai nuovi ricoveri attraverso le cosiddette comunità riabilitative», a testimonianza della bontà delle conclusioni cui giunge;
in base a quanto appreso dalla pubblicazione sul numero 10 della rivista Diario della settimana, del 16 marzo 2007, d'un articolo dal titolo: «I poveri matti del Vaticano. I tre manicomi "Don Uva" sono i più grandi d'Europa: vi sono rinchiuse circa 2 mila persone a volte non malate ma dimenticate da famiglie e istituzioni. Molte le morti e le violenze sospette», in cui vengono affermati episodi di estrema gravità avvenuti in tre strutture sanitarie di proprietà formale dell'ente ecclesiastico Congregazione ancelle della Divina Provvidenza, ma in realtà controllati direttamente dallo Stato Città del Vaticano, ubicate in Foggia, Potenza e Bisceglie, l'interrogante sottopone all'attenzione dei Ministro alcune specifiche affermazioni contenute nella pubblicazione in esame;
dalla lettura dei reportage emerge la convinzione dell'autore che si sia in presenza d'una violazione della normativa sopra ricordata, tanto che lo stesso, Gianni Lannes, cita alcuni passi della relazione
conclusiva della XII Commissione permanente per descrivere quanto da lui verificato «sul campo»: «nonostante l'indirizzo legislativo teso a evitare il riutilizzo degli ospedali psichiatrici per i servizi di assistenza al disagio mentale, i piani regionali dimostrano come questa soluzione sia frequentemente adottata e la norma legislativa elusa» con la trasformazione dei degenti in ospiti. «Tale pratica consente in aperta violazione della legge 180, nuove ammissioni»;
egli cita le amare conclusioni della Commissione rese si badi bene, nel 1996, a commento dei fatti conosciuti in ragione della sua indagine;
tra i tanti episodi denunciati, alcuni meritano particolare attenzione:
l'esistenza di condizioni di vita subumane, ove i pazienti delle tre strutture sono costretti ad una vita indegna, immersi nei propri escrementi, con intollerabili carenze igieniche, costretti a nutrirsi con cibo avariato e bisognosi di cure fisiche non attinenti alla malattia mentale;
l'ammissione, resa dalla persona del primario dell'istituto di Bisceglie, il quale afferma che tra i tanti pazienti della struttura, oltre 2000, alcuni di essi non dovrebbero essere reclusi in tale luogo. Riferendosi ad un paziente in particolare afferma: «quello non c'è motivo che stia qui dentro. Ci sta e basta. E mi raccomando, non fotografi quelli nudi», giustificando la loro presenza in quel luogo a causa del rifiuto di farsene carico da parte delle Asl e della famiglia;
la presenza nella struttura di persone che, pur non presentando alcuna patologia psichiatrica, sono costretti a vivere nella struttura a causa dei loro internamento in un periodo precedente, alla promulgazione della cosiddetta legge Basaglia, nonché la presenza di pazienti reclusi successivamente al 1978 i quali, ancorché non afflitti da malattie mentali, vengono «parcheggiati» in queste strutture da famiglie scarsamente solidali con essi. L'autore afferma che «sono numerose le persone tradotte in manicomio dalle famiglie che vogliono liberarsene con l'aiuto di medici compiacenti. In loco gli ospiti non sono soggetti di diritto e continuano a sopravvivere nell'abbandono e nell'oblio»;
si descrivono persone che, pur se ospiti d'una struttura formalmente classificata come istituto di riabilitazione, ha tutte le caratteristiche del manicomio: inferriate alle finestre, pazienti ammanettati ai letti, ai termosifoni, imprigionati in camere di sicurezza, senza alcun conforto di terapie, se non la sola terapia farmacologia;
si denuncia la frequenza troppo elevata di morti sospette all'interno delle strutture e di vicende lesive della salute dei pazienti che, in qualche caso, hanno visto l'apertura d'una inchiesta da parte della magistratura ai danni di alcuni appartenenti al personale paramedico denunciate per lesioni ai danni dei pazienti. In alcuni dei casi denunciati si sono avute le prime condanne inflitte, dalla magistratura, ai responsabili;
la grave anomalia rappresentata dal fatto che il direttore delle tre case della Divina Provvidenza rivesta un doppio incarico, essendo contemporaneamente amministratore delle tre strutture sanitarie convenzionate e giudice presso la Commissione provinciale tributaria di Foggia, ponendosi in una condizione oggettiva di conflitto di interessi;
«nei tre manicomi "Don Uva" operano una ventina di società finanziarie e immobiliari» e «singolare coincidenza una ristretta cerchia di dirigenti del "Don Uva" gestisce l'indennità pensionistica dei pazienti sotto tutela (circa 15 milioni di euro)»;
il Lannes effettua, infine, una rapida analisi della situazione nazionale che si conclude con la seguente affermazione: «i manicomi sono ben lungi dall'essere
chiusi: sono nate situazioni micromanicomiali un po' dappertutto» -:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, sia per accertare la veridicità dei fatti riportati nei tre istituti cattolici in oggetto, sia per accertare il rispetto effettivo della normativa in materia vigente, soprattutto nel caso di Istituzioni convenzionate e se intenda istituire un sistema stabile di controlli e monitoraggio sul complesso delle strutture operanti nell'ambito della cura delle malattie mentali.
(4-03141)