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Allegato B
Seduta n. 141 del 4/4/2007
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GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
DE CRISTOFARO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
da 12 anni, ogni 3, è rinnovato, su quasi tutto il territorio nazionale, l'appalto pubblico del contratto ATU (Assistenza Tecnica Unificata) per l'informatizzazione del Ministero della Giustizia;
attualmente assistiamo a una gestione quasi totalmente esternalizzata del comparto informatico degli Uffici Giudiziari di tutta Italia;
sono circa 1000 infatti gli informatici esternalizzati delle varie società appaltatrici in attività al Ministero della Giustizia che a fronte della carenza di personale e a causa del blocco delle assunzioni degli ultimi 6 anni negli Uffici Giudiziari garantiscono il servizio in un settore, quello della Giustizia, che lamenta ataviche insufficienze e incalcolabili ritardi. Tali lavoratori vengono impiegati nella gestione
dei server, nell'amministrazione reti, nella gestione e manutenzione parco hardware e software, nel supporto totale degli utenti, formazione e altro, e rappresentano il fondamentale e spesso unico punto di riferimento per qualunque problema di natura informatica di Procure e Tribunali Penali e Civili, in rapporto diretto con operatori, cancellieri, magistrati, etc. che operano negli Uffici Giudiziari;
i contratti stipulati con gli RTI aggiudicatari del servizio di A.T.U. (Assistenza Tecnica Unificata) nell'arco del 2005 e 2006 sono tutti scaduti ed il Ministero, a causa dei tagli sui capitoli di spesa destinati all'informatica, ha attuato l'istituto del riconoscimento del debito su scala nazionale. Una pratica questa che avrebbe dovuto avere un andamento di eccezionalità e che è diventata invece lo standard con gravissime ripercussioni per le Casse dello Stato dovute ai crescenti interessi di mora e aumentando le difficoltà dei lavoratori, costretti ad accettare contratti precari e bassi salari pur offrendo professionalità elevata e qualità del servizio;
l'ultimo concorso nazionale per l'assunzione alle dipendenze del Ministero di figure professionali indispensabili per l'efficienza e il funzionamento dei tribunali di tutta Italia risale a sei anni fa. In quell'occasione il Ministero della Giustizia introdusse 315 Esperti Informatici con mansioni prevalentemente di organizzazione e controllo delle attività informatiche, numero chiaramente irrilevante rispetto alle urgenze di tutto il comparto Giustizia;
diventa dunque improcrastinabile affrontare il problema sia della gestione ottimale del servizio che della qualità e stabilità occupazionale dei dipendenti in appalto, verificando la fattibilità di un percorso di integrazione dei sistemisti ATU all'interno dell'Amministrazione Giudiziaria e di salvaguardia occupazionale alla luce della scadenza dei contratti e di quelli già scaduti;
i sindacati e gli stessi lavoratori hanno richiesto al Ministero di mettere fine a tale regime di appalto e di procedere alla reinternalizzazione del servizio affrontando oltre al nodo della condizione di precarietà in cui versano i lavoratori anche la delicata questione della gestione esterna di banche dati, a rischio di non sufficiente tutela della Privacy;
appare dunque necessario operare al più presto una scelta politico-organizzativa che ponga al centro la reinternalizzazione, con ovvie procedure concorsuali di garanzia, di tale servizio al fine di coniugare l'efficienza e il risparmio del patrimonio pubblico con la professionalità e l'esperienza acquisita degli attuali Tecnici Sistemisti ATU;
tra l'altro la situazione del rapporto del Ministero con le società appaltatrici è di un continuo contenzioso con la diretta conseguenza di spese legali che incidono sensibilmente sul bilancio dello Stato;
i Consorzi di imprese, che comprendono varie società in appalto, impugnano spesso le procedure di gara davanti ai vari Tar per presunte irregolarità nell'aggiudicazione delle stesse, come è avvenuto ad esempio nell'aprile 2005 per la R.T.I.OIS.COM/GRUPPOCM&C che aveva perso l'appalto. La gara in questione venne annullata a marzo 2006 per irregolarità nell'aggiudicazione ma impugnata dal Tar, agosto 2006, innanzi al Consiglio di Stato. Tale condizione di incertezza e di inaffidabilità determina frequentemente lunghi contenziosi durante i quali i Consorzi mentre avanzano crediti dallo Stato, abbandonano l'appalto licenziando il personale impiegato -:
se i Ministri siano a conoscenza di tale situazione e se non ritengano doveroso provvedere all'apertura di un tavolo con le rappresentanze sindacali al fine di valutare procedure concorsuali agevolate per favorire l'assunzione diretta degli attuali tecnici sistemisti ATU impegnati nei vari appalti esternalizzati;
se i Ministri non ritengano comunque necessario garantire i lavoratori attualmente impegnati nel servizio, introducendo una chiara «clausola di salvaguardia»
(già presente in altri tipi di appalti) che assicuri la continuità al personale preesistente, già formato e integrato perfettamente con le strutture, anche in caso di cambio di Consorzio aggiudicatario, con formule contrattuali a tempo indeterminato e subordinato anziché consentire che si continui a utilizzare l'impropria forma del contratto a progetto/collaborazione;
se non considerino prioritario, nel frattempo, procedere immediatamente alla riassunzione di tutti quegli operatori non riconfermati negli ultimi mesi dalle varie ditte appaltatrici con un intervento specifico sia sulle stesse ditte che sui dirigenti dei CISIA e dei Tribunali.
(4-03210)
ASCIERTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 17 gennaio 2005 sono stati tratti in arresto otto appartenenti all'Arma dei Carabinieri, tutti accusati dei reati di detenzione e porto illegale di armi e materiale esplodente, falso in atto pubblico, calunnia e arresto illegale con abuso di poteri, messi in atto al fine di organizzare un falso attentato che, una volta sventato, avrebbe contribuito ad accrescere il prestigio della Compagnia cui facevano capo e garantito ad essi l'ottenimento di onorificenze;
gli arrestati sono un capitano, ex comandante della Compagnia di Fasano (BR), un tenente, all'epoca dei fatti comandante del Nucleo operativo e radiomobile della stessa Compagnia, un maresciallo, della stazione dei Carabinieri di Ostuni, e cinque sottufficiali e graduati;
gli appartenenti all'Arma sono accusati di aver costruito false prove, finalizzate ad incastrare un uomo e la sua compagna, mediante l'aiuto di un cittadino albanese al quale - secondo la deposizione da questi resa - avrebbero promesso l'ottenimento dello status di collaboratore di giustizia e un lavoro in Nord Italia;
secondo la versione degli accusati, invece, la coppia di Ostuni nella cui casa i militari avevano fatto irruzione all'alba del 6 marzo 2004, era in possesso di due bombe a mano di fabbricazione sovietica acquistate dal suddetto cittadino albanese che quella mattina stessa recapitò presso l'abitazione - e che furono effettivamente rinvenute - ordigni che dovevano servire per un attentato dinamitardo, da eseguirsi da lì a poco, contro il maresciallo Vito Maniscalchi, in servizio alla stazione di Carabinieri di Ostuni, che sarebbe stato di ostacolo ai loro «traffici»;
dopo due mesi dagli arresti, degli otto militari sottoposti alle misure cautelari solo due si trovavano ancora in carcere, dopo che il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la loro richiesta di revoca della misura cautelare, a causa della «pervicace negazione dei fatti risultanti dagli atti» che i due avrebbero espresso durante gli interrogatori;
a ciò si aggiunga che nel corso dell'interrogatorio di garanzia reso dal Capitano Dellisanti nel Carcere militare di Santa Maria Capua Vetere in data 18 gennaio 2005, emerge un passo (pagine 185-186) nel quale il PM dott. Negro, rivolto a questi, tentando di intimorirlo, testualmente affermava «questa vicenda... Di non averla avuta, però purtroppo siccome lavoro, mi pagano per questo, l'ho avuta e me la piangerò fino alla fine io e lei più di me». Il dato oggettivo è che il Capitano sia rimasto in stato di custodia cautelare per lungo tempo in più rispetto a tutti gli altri indagati;
all'indomani degli arresti sono state comunque sollevate perplessità in merito all'operato della magistratura, posto che, trattandosi di militari dell'Arma, sia il pericolo di fuga che quello della reiterazione del reato o di inquinamento delle prove apparivano alquanto improbabili e risolvibili anche mediante misure meno punitive, quali, ad esempio, la sospensione dal servizio, visto anche che erano stati già adottati da parte dell'Arma stessa dei provvedimenti di trasferimento ad altra sede. Analoghe perplessità avanzava anche la Suprema Corte di Cassazione che, opportunamente
adita dal Capitano Dellisanti, nella sentenza numero 1030 depositata in data 6 marzo 2006, nel rigettare il ricorso per «sopravvenuto difetto d'interesse, in seguito alla cessazione - nelle more del provvedimento - delle misure cautelari imposte al Dellisanti»; concludeva sottolineando che «i motivi in questione non possono, perciò, essere presi in esame, anche se la censura sulla sussistenza delle esigenze cautelari sembra avere maggiore consistenza di quella sulla gravità degli indizi»;
sconcertante risulta anche il fatto che già in data 23 aprile 2004 (ben nove mesi prima degli arresti dei Carabinieri in argomento) veniva pubblicato su un quotidiano locale di Brindisi «Senza Colonne», un articolo dal titolo - «UN ATTENTATO INVENTATO» - CARABINIERI SOTTO ACCUSA -, contenente un'anticipazione dettagliata della vicenda processuale con l'indicazione dei principali capi d'imputazione; notizia pubblicata molto tempo prima della effettiva iscrizione sul registro degli indagati dei militari dell'Arma da parte del PM dott. Negro avvenuta invece soltanto il successivo 31 maggio 2004;
in data 3 novembre 2006, all'approssimarsi dell'udienza preliminare, vista l'inerzia del Procuratore di Brindisi, veniva depositata al Procuratore Generale di Lecce istanza motivata di sostituzione del magistrato designato a sostenere l'accusa in dibattimento - PM dott. Negro - in forza del combinato disposto di cui agli artt.53 comma 2o e 36 comma 1, lett. a) e d), documentando altresì come a carico del Pubblico Ministero dott. Negro pendesse procedimento penale per violazione dell'articolo 326 c.p. (violazione del segreto d'ufficio) presso la Procura di Potenza ove il Capitano Dellisanti risultava anche parte offesa in relazione al predetto articolo apparso su «Senza Colonne» in data 23 aprile 2004. Il Procuratore Generale il medesimo giorno rigettava l'istanza decidendo di non sostituire detto magistrato, omettendo, nella motivazione, di valutare la circostanza relativa alla pendenza di un procedimento penale a carico di quest'ultimo -:
se il Ministro sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, nell'ambito dei propri poteri ispettivi, intenda assumere al riguardo.
(4-03211)