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Allegato B
Seduta n. 143 del 12/4/2007
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PUBBLICA ISTRUZIONE
Interrogazione a risposta orale:
LUMIA. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 24 dispone il trasferimento nei ruoli dello Stato del personale ATA e degli insegnanti tecnico pratici dipendenti dagli Enti Locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della legge;
tale normativa riguarda coattivamente circa 80.000 persone che secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8 della legge 124, avrebbero dovuto essere inquadrate con il riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata nell'Ente locale di provenienza;
il Ministero della pubblica istruzione, secondo l'interrogante, in contrasto con il disposto normativo citato, ha emanato il decreto del 5 aprile 2001 recependo l'accordo tra ARAN e organizzazioni sindacali che, all'articolo 3, prevedeva che il personale interessato dovesse essere inquadrato nella progressione economica per posizioni stipendiali delle corrispondenti qualifiche del comparto scuola e con il criterio del «maturato economico» che tiene solo conto del trattamento economico in godimento al momento dell'inquadramento nei ruoli del personale statale ignorando l'effettiva anzianità di servizio;
l'applicazione di tale decreto, penalizzante soprattutto per il personale con maggiore anzianità di servizio, ha causato una serie di ricorsi giudiziari, parte dei quali hanno ormai concluso l'iter con esito favorevole ai ricorrenti. I collegi della suprema Corte di Cassazione hanno confermato la natura non normativa dell'accordo sindacale e l'illegittimità della pretesa del ministro di innovare l'ordinamento giuridico attraverso atti di carattere generale;
all'articolo 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 è stata inserita una norma di interpretazione che riconduce l'inquadramento del personale interessato al cosiddetto «maturato economico» facendo salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della legge;
alcuni tribunali hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 218 della legge finanziaria 2006 perché lo stesso rappresenterebbe un maldestro tentativo di aggirare il principio della non retroattività delle leggi;
per effetto della nuova disposizione potranno determinarsi situazioni di disparità di trattamento tra soggetti ai quali continua ad applicarsi il regime così come riconosciuto dalla giurisprudenza e soggetti
che vedranno riconoscersi un trattamento inferiore in base alla nuova norma -:
come si intenda operare per garantire il ripristino di condizioni di giustizia, equità e uniformità di trattamento nei confronti del personale ATA e degli insegnanti tecnico-pratici transitati dagli Enti locali ai ruoli del personale statale.
(3-00808)
Interrogazione a risposta scritta:
ZANOTTI, SASSO e TRUPIA. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 15 mano è stata emanata l'Ordinanza Ministeriale n. 26 con la quale sono state dettate le istruzioni operative per lo svolgimento degli esami di stato nelle scuole secondarie di secondo grado;
tra le molte indicazioni di dettaglio, gran parte delle quali rese necessarie dalle innovazioni introdotte a seguito dell'approvazione della Legge 11 gennaio 2007, n. 1, spiccano quelle contenute nei commi 13 e 14 dell'articolo 8, relative all'attribuzione del credito scolastico per l'insegnamento della religione cattolica o per le attività alternative, non presenti nell'analoga ordinanza dello scorso anno scolastico;
esse prevedono che devono essere valutate ai fini del computo del credito scolastico tanto l'insegnamento della religione cattolica per gli studenti che se ne avvalgono, tanto le attività alternative eventualmente seguite;
l'applicazione di tali indicazioni comporterebbe - secondo le interroganti - una evidente discriminazione per gli studenti che abbiano legittimamente scelto attività di studio individuale - sottoposta a una valutazione non meglio precisata e non prevista da alcuna normativa - ovvero di assentarsi da scuola per i quali, infatti, lo stesso comma 14 rimanda all'eventuale valutazione dei crediti formativi maturati in ambito extrascolastico, che nulla hanno a che vedere con il computo dei punti del credito scolastico;
ad avviso delle interroganti, le disposizioni richiamate, che non trovano giustificazione in alcuna innovazione legislativa o regolamentare, si pongono in contrasto con l'orientamento costante della Corte Costituzionale - sentenze n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991 - e costituiscono un palese sconfinamento dell'ordinanza in un campo non disponibile per gli strumenti della prassi amministrativa che stravolge il quadro normativo di riferimento;
per effetto delle stesse disposizioni, inoltre, molti studenti potrebbero essere indotti, in vista di un punteggio più vantaggioso nel credito scolastico, a rinunciare alla scelta dettata dalla propria coscienza, garantita dalla Corte costituzionale e dallo stesso articolo 9 del Concordato che parla di scelta che non deve comportare «alcuna forma di discriminazione»;
anche il decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202, con il quale è stata applicata la nuova intesa tra l'autorità scolastica italiana e la C.E.I. va nella stessa direzione laddove dispone che il voto del docente di religione cattolica nello scrutinio finale, qualora si riveli determinante ai fini della promozione o della bocciatura, non venga computato ma divenga un giudizio motivato da iscrivere nel verbale -:
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro per ripristinare una formulazione dell'ordinanza perfettamente aderente al dettato delle leggi della Repubblica, comprese quelle emanate in attuazione di intese con l'autorità religiosa, nonché ai principi più volte affermati dalla Corte Costituzionale.
(4-03258)