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Allegato B
Seduta n. 143 del 12/4/2007
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta orale:
ADOLFO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'eccezionale evento alluvionale del 14 settembre 2006, i comuni di Bordighera e Vallecrosia hanno sostenuto notevoli spese relative a: interventi urgenti per la riparazione dei danni, mitigazione del rischio e messa in sicurezza di opere pubbliche e infrastrutturali; contributi a privati e imprese (non solo agricole);
la Legge Finanziaria non ha confermato l'esclusione delle spese per calamità naturali ai fini della realizzazione del patto di stabilità interno, prevista invece dai commi 142 e 143 della Finanziaria 2006;
la mancata conferma di tale previsione normativa comporta conseguenza negative per i comuni chiamati ad affrontare subito onerosissime opere di mitigazione del rischio nei territori colpiti da calamità naturali, come nel caso dei comuni di Bordighera e Vallecrosia -:
se non ritenga di chiarire in tempi rapidi se l'esclusione del calcolo delle spese degli enti locali ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, di cui ai commi 677 e seguenti dell'articolo 1 della Finanziaria 2007, debba essere estesa a quelle spese sostenute per ragioni primarie di salvaguardia del territorio e di sicurezza dei cittadini a seguito di calamità naturali e per le quali sia stato dichiarato lo stato di calamità;
quali concrete iniziative intenda adottare (se del caso anche di indirizzo e coordinamento nei confronti della Regione Liguria) per la rimessa in sicurezza dei territori dei comuni di Bordighera e Vallecrosia, gravemente colpiti dall'eccezionale evento alluvionale;
se non ritenga opportuno prevedere, d'intesa con la Regione Liguria, così come fatto in occasione dell'alluvione del 2000, uno stanziamento governativo e regionale da erogare sotto forma di mutuo (che allora ebbe un positivo effetto moltiplicatore) consentendo ai comuni citati dì far fronte con minor difficoltà alle attuali emergenze finanziarie.
(3-00809)
Interrogazioni a risposta scritta:
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa risulta che, in seguito ad una discutibile rappresentazione teatrale che distorce i fatti storici e politici della vicenda di Giovanni Passannante - autore il 17 novembre 1878 a Napoli di un attentato dimostrativo senza conseguenze in nome della Repubblica Universale - si intende stranamente seppellire per sempre una straordinaria testimonianza della storia sociale e repressiva del nostro paese;
Passannante per il suo gesto fu condannato, in appena dieci minuti, alla pena capitale, poi commutata nell'ergastolo da Umberto I e rinchiuso in durissime condizioni nel penitenziario di Portoferraio in una cella sotto il livello del mare, incatenato con una pesante catena e con una
palla di piombo di 18 chilogrammi, sollevando le proteste del vescovo di Portoferraio e l'ambasciatore inglese chiese di poterlo visitare. Neanche all'onorevole Agostino Bertani, deputato del regno d'Italia, fu consentito di incontrarlo, gli fu solo permesso di spiarlo dal buco della serratura e denunziò con forza che Passannante era stato reso una larva umana. Si parlò anche di una sua candidatura-protesta al parlamento italiano. Quando muore il 14 febbraio del 1910 nel manicomio di Montelupo Fiorentino (Firenze), dove nel frattempo era stato mandato ad espiare la sua pena, viene decapitato e il resto del corpo viene seppellito in Toscana. Il cadavere non fu affatto dato in pasto ai cani e ai maiali, come sostiene la rappresentazione teatrale che stravolge ad arte i fatti;
il paese natale fu cancellato - con un gesto degno di Metternich per il quale l'Italia era solo un'«espressione geografica» - dalla geografia del regno e costretto a mutare, in onore dei Savoia, il toponimo da Salvia a Savoia di Lucania e ancora oggi - dopo mezzo secolo di repubblica - continua ad essere Savoia di Lucania, anche se gli abitanti del paese - a testimoniare il legame con la loro storia millenaria - da sempre si definiscono «salviani», ovvero abitanti di un paese inesistente;
la terribile storia di questo solitario e coraggioso meridionale e di tutte le vicende legate al suo gesto (come la soppressione di alcuni giornali, l'arresto di Giovanni Pascoli per aver scritto la famosa ed introvabile Ode a Passannante) fu oggetto di un'approfondita e ampia ricerca storica di circa novecento pagine di Giuseppe Galzerano;
l'attore della rappresentazione, senza aver alcun titolo per farlo, alla fine del suo spettacolo, nel quale inventa la figura di un carabiniere che innaffia il cervello di Passannante, offendendo anche l'Arma dei Carabinieri (perché un carabiniere che innaffia un cervello è ridicolo e da barzelletta), chiede che i resti di Passannante siano sepolti a Savoia di Lucania, ovvero nel paese che, per un gesto di vergognoso servilismo, porta il nome della dinastia nemica di Passannante;
il vice presidente del Consiglio ha accolto a cuor leggero questa richiesta e ignorando la storia, la tragedia e il pensiero di Giovanni Passannante ne ha ordinato la sepoltura sostenendo che gliela hanno chiesta i suoi discendenti;
si fa presente che Giovanni Passannante non ha lasciato eredi in quanto non era sposato e non è mai risultato che avesse figli legittimi o illegittimi. Inoltre, nel caso in cui si dovesse realizzare la sepoltura dei suoi resti, ci troveremmo di fronte al caso di un morto seppellito in due posti diversi e ciò potrebbe esporci al ridicolo e in più si cancellerebbe una terribile pagina della storia del nostro paese, perché quel cervello e quei resti sono testimonianza del rapporto tra dominatori e dominati, della tragedia umana e politica di un uomo dell'Ottocento e del Novecento. Non si otterrebbe nemmeno che Passannante riposasse «in pace» diviso tra due cimiteri e si agiterebbe nella tomba perché seppellito in un paese che onora i Savoia. Sono «reperti» che appartengono - a cent'anni di distanza - alla storia del nostro paese e non ha senso seppellirli dopo un secolo. È un gesto folle, equivalente alla sepoltura delle testimonianze del passato: è come se qualcuno decidesse di seppellire i resti di Roma antica, di Pompei. Gli storici hanno bisogno di queste testimonianze, che possono essere fatte di pietre o di resti umani, come nel caso di Giovanni Passannante. Inoltre perché seppellire solo i resti di Passannante e non anche i resti di santi e prelati e della testa dello stesso Cesare Lombroso esposta in un recipiente di vetro al museo criminale antropologico di Torino? La sepoltura del solo Passannante sarebbe una nuova intollerabile e inaccettabile persecuzione nei suoi confronti;
per queste e per altre considerazioni gli interroganti chiedono di soprassedere immediatamente all'iniziativa della sepoltura
dei resti di Passannante, e di continuare a conservarli in un museo per gli storici e per le future generazioni - perché la storia non si occulta - a testimonianza di un'epoca di barbarie del secolo scorso, come chiedono, con fondati e convincenti argomenti politici, storici, umani e sociali lo storico salernitano Giuseppe Galzerano, il criminologo lucano Antonio Parente e il giornalista lucano Angelomauro Calza;
continuare a conservare di Giovanni Passannante in un museo per gli storici e per le future generazioni - perché la storia non si occulta - a testimonianza di un'epoca di barbarie del secolo scorso, è quello che chiedono, con fondati e convincenti argomenti politici, storici, umani e sociali lo storico salernitano Giuseppe Galzerano, il criminologo lucano Antonio Parente e il giornalista lucano Angelomauro Calza -:
per quali motivi si vogliano occultare i resti di Giovanni Passannante ovvero per quali ragioni si voglia impedire la conservazione in un pubblico museo.
(4-03261)
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE e D'ELIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 49 della legge 20 maggio 1985, n. 222, dispone che «Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche»;
con decreto del presidente del Consiglio è stata periodicamente nominata, e inserita in maniera organica all'interno della Presidenza del Consiglio-Ufficio studi e rapporti istituzionali, una Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione del gettito IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche;
la crescita del gettito complessivo ripartito tra i soggetti aventi diritto alla destinazione dell'otto per mille è stata esponenziale in questi anni, tanto che dal 1990 ad oggi i fondi destinati alle confessioni religiose sono quintuplicati e nell'ultimo triennio sono aumentati di oltre un terzo;
ad esempio, la quota della Chiesa cattolica è passata dai 200 milioni di euro del 1990 ai 762 milioni di euro nel 2001 sino ad arrivare a ben 984 milioni di euro del 2005, mentre dal 1990 al 2005 la spesa per il sostentamento del clero, uno dei tre scopi cui i fondi sono vincolati, è semplicemente raddoppiata, da 145 a 315 milioni di euro;
la determinazione legislativa della percentuale dell'otto per mille dell'Irpef fu calcolata dal legislatore sulla base della previsione di un sostanziale mantenimento della cifra allora destinata alla Chiesa cattolica, previsione rivelatasi totalmente errata per difetto tanto che la Conferenza Episcopale Italiana ha destinato a riserva quasi i due terzi (79,4 milioni di euro) dell'aumento annuale del 2003, mentre le spese per il sostentamento al clero che nel 1990 rappresentavano oltre il 70 per cento della destinazione dei fondi dell'otto per mille della Chiesa cattolica oggi rappresentano meno del 35 per cento del totale;
pertanto la crescita del gettito dei fondi derivanti dall'otto per mille è cresciuta in maniera tale da superare di gran lunga la somma necessaria alla realizzazione delle finalità indicate dalla legge;
il 31 ottobre 2004 è scaduto il triennio previsto dalla legge per compiere la valutazione di cui all'articolo 49 della legge 222/1985 e in pari data ha terminato il suo mandato la Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione del gettito IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche -:
quali siano le risultanze della valutazione compiuta dalla Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione del gettito, di recente scaduta;
quali siano le risultanze della valutazionecompiuta dalla Commissione paritetica di cui all'articolo 49 della legge 222/1985 allo scadere del triennio nel 2004 nonché nei trienni precedenti;
quali siano le attività poste in essere o che intende porre in essere il Governo al fine di una tempestiva ri-determinazione della aliquota Irpef in una misura inferiore all'otto per mille, o, in alternativa, al fine di limitare la ripartizione dei fondi pubblici alle somme dei soli cittadini che hanno espresso una scelta di destinazione.
(4-03264)
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2007 sul quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire, è apparso un editoriale a firma del professor Carlo Cardia dal titolo «Il Concordato non può comprare il silenzio» nel quale, tra l'altro, il professor Cardia scrive: «(...) Con il Trattato del Laterano, la Santa Sede ha visto crescere il proprio ruolo nella società internazionale e la voce del Papa ha parlato, come mai prima, a tutti i popoli e a tutti gli Stati. La riforma poi del Concordato ha aperto la strada alla stipulazione di Intese con altri culti. Ha consentito, cioè, la piena attuazione dell'articolo 7 ma anche dell'articolo 8 della nostra Costituzione per il quale "tutte le Confessioni sono egualmente libere davanti alla legge". La scelta del Costituente di fare dei Patti lateranensi e delle Intese gli strumenti peculiari dello Stato laico ha fatto scuola in Europa. Perché negli ultimi decenni i concordati, e gli accordi con le confessioni, si sono moltiplicati, dal Portogallo all'Austria, dalla Slovacchia alla Germania, dalla Croazia alla Polonia alla Spagna, e via di seguito. E perché le legislazioni ecclesiastiche - concordatarie o meno - sono molto simili in tutto il continente. Un po' dovunque i culti sono finanziati dallo Stato, l'insegnamento religioso è previsto quasi dappertutto, dal Belgio alla Germania, dalla Spagna alla Russia alla Romania, a tanti altri Paesi ancora. Stato e Chiese collaborano sulla base di normative, sempre perfettibili, ma certamente equilibrate e adeguate all'evoluzione democratica delle rispettive società. È vero, però, che in Italia, anziché menar vanto di questi risultati, soprattutto da due anni il Concordato è oggetto di critica e di polemiche da parte di alcuni gruppi politici. La prima volta, quando il referendum sulla procreazione assistita del 2005 ha mancato il suo obiettivo; in questi giorni perché la Chiesa fa sentire la sua voce sui rischi di proposte normative che toccano una delle basi morali della società, disincentivando di fatto l'istituto familiare fondato sul matrimonio e premiando esperienze individuali diverse rispetto alla famiglia. Per sé, nessun rapporto lega il Concordato al referendum sulla procreazione, e alle proposte di legge sulle convivenze. Ma certi settori laici sviluppano un ragionamento strumentale per mettere in crisi le relazioni tra Stato e Chiesa. Poiché, si dice, la Chiesa non tace e non accetta passivamente le riforme legislative che si vogliono introdurre è bene rivedere la legislazione ecclesiastica abolendo le forme di finanziamento delle confessioni, eliminando l'insegnamento religioso nelle scuole, e altro ancora. Chiunque vede che siamo di fronte ad una specie di ritorsione censoria che chiama in causa questioni che non hanno alcun rapporto tra di loro. Quasi che il Concordato e le Intese possano comprare il silenzio delle Chiese. Un salto indietro verso l'Ottocento, in controtendenza nei confronti dell'Europa. Per questo motivo l'odierno anniversario dei Patti Lateranensi può giovare a rispondere pacatamente ma fermamente a queste posizioni. La libertà della Chiesa, come quella degli altri culti, dei cittadini e delle organizzazioni sociali non è oggetto di concessione da parte di alcuno, ma ha fondamento nella Costituzione (elaborata con il contributo di tutti) e nell'ispirazione giusnaturalista della democrazia politica. Le libertà civili che permettono di parlare, discutere, cercare di convincere, non sono soggette a censure
o ritorsioni.Forse l'agitarsi di alcuni gruppi vuole raggiungere un risultato obliquo, quello di sventolare la bandiera della laicità per non doversi confrontare nel merito con le idee e le proposte dei cattolici, e di tanti laici, per non volersi misurare con sentimenti popolari profondi. Ma la regola della democrazia è un'altra. È la regola del confronto per far parlare tutti, della discussione per far partecipare le varie componenti sociali alle decisioni da adottare. Per questo motivo, la voce della Chiesa, delle Chiese, e di chiunque altro, si rivela cosa preziosa anche in questo momento storico, perché è rivolta ai cittadini, alle loro coscienze, è diretta a far crescere la consapevolezza dei valori di cui si parla e si discute»;
nel 2001 in un volume, edito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per l'informazione e l'editoria, dal titolo «Dall'accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa, un quindicennio di politica e legislazione ecclesiastica», vi è un saggio del professor Carlo Cardia dal titolo «La legge 222/1985: attuazione problemi, prospettive» nel quale, tra l'altro, il professor Cardia scrive: «(...) Per giudizio pressoché generale, la riforma del 1984-85 sugli enti e beni ecclesiastici, e sui rapporti finanziari tra Stato e Chiesa cattolica, ha dato buona prova di sé, è stata attuata con equilibrio ed è stata assimilata da dottrina e giurisprudenza senza eccessive fratture o contrasti incomponibili. (...) Il sistema beneficiale non esiste più e ad esso è stato sostituito un sistema di sostentamento del clero fondato in parte minima su uno sfruttamento più razionale delle risorse del patrimonio ecclesiastico (aggregato nell'ambito degli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero-IDSC), in parte maggiore sulla contribuzione pubblica che giunge agli IDSC attraverso l'Istituto Centrale (ICSC). (...) I veri problemi che si sono presentati sono stati sostanzialmente tre, due di natura giuridica, uno di carattere precipuamente economico-finanziario. I problemi giuridici riguardano entrambi la remunerazione dei sacerdoti e il tipo di tutela che l'ordinamento ha predisposto. (...) La terza questione che sta profilandosi è una questione di fatto, di natura squisitamente finanziaria, riassumibile in termini molto semplici: dal flusso finanziario dell'8 per mille del gettito IRPEF derivano alla Chiesa cattolica (recte: alla CEI) delle somme veramente ingenti, che hanno superato ogni più consistente previsione. Si parla ormai di circa 900-1.000 miliardi l'anno. Il livello è da considerarsi tanto più alto in quanto il fabbisogno per il sostentamento del clero non supera mediamente i 400-500 miliardi annui. Ciò vuol dire che la CEI ha la disponibilità annua di diverse centinaia di miliardi per finalità ("esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo": articolo 48 legge 222/85) che sono chiaramente "secondarie" rispetto a quella primaria del sostentamento del clero; e che, lievitando così il livello del flusso finanziario si potrebbe presto giungere al paradosso per il quale è proprio il sostentamento del clero ad assumere il ruolo di finalità secondaria rispetto alle altre. Tutto ciò porterebbe a vere e proprie distorsioni nell'uso del denaro da parte della Chiesa cattolica, e, più in generale, riaprirebbe il capitolo di un finanziamento pubblico irragionevole che potrebbe raggiungere la soglia della incostituzionalità se riferito al valore della laicità quale principio supremo dell'ordinamento. (...)»;
in ragione di quanto scritto dal professor Carlo Cardia si riportano i dati dal 1990 al 2006 così come risultano pubblicati sul sito della CEI www.8xmille.it relativi al totale dei fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI e quanto da questa destinati al fondo per il sostentamento del clero in termini assoluti e percentuali sul totale dell'ammontare:
anno 1990; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 210; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 145; per cento sul totale 69,05;
anno 1991; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di
euro 210; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 108; per cento sul totale 51,43;
anno 1992; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 210; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 103; per cento sul totale 49,05;
anno 1993; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 303; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 177; per cento sul totale 58,42;
anno 1994; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 363; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 212; per cento sul totale 58,40;
anno 1995; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 449; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 201; per cento sul totale 44,77;
anno 1996; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 751; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 287; per cento sul totale 38,22;
anno 1997; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 714; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 241; per cento sul totale 33,75;
anno 1998; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 686; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 249; per cento sul totale 36,30;
anno 1999; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 755; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 250; per cento sul totale 33,11;
anno 2000; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 643; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 284; per cento sul totale 44,17;
anno 2001; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 763; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 290; per cento sul totale 38,01;
anno 2002; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 910; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 308; per cento sul totale 33,85;
anno 2003; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 1.016; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 330; per cento sul totale 32,48;
anno 2004; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 952; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 320; per cento sul totale 33,61;
anno 2005; fondi derivanti dall'8 per mille gestiti dalla CEI: totale milioni di euro 984; destinati al fondo per il sostentamento del clero: milioni di euro 315; per cento sul totale 32,01;
l'articolo 49 della legge 222/1985 recita: «Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche»;
premesso altresì che il professor Carlo Cardia risulta essere membro dei seguenti organismi di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri:
Commissione consultiva per la libertà religiosa, la cui nomina scade il 14 marzo 2007;
Commissione governativa per l'attuazione delle disposizioni dell'Accordo
tra Italia e Santa Sede, firmato il 18 febbraio 1984, e ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121, la cui nomina scade il 14 gennaio 2008;
Commissione governativa per la soluzione di alcune difficoltà interpretative delle disposizioni normative di derivazione concordataria, la cui durata è prevista fino al 4 febbraio 2009;
Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione dell'importo deducibile ed alla valutazione del gettito della quota IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche, la cui nomina scade il 30 novembre 2007 -:
quali siano le ragioni per le quali la «Commissione governativa avente il compito di procedere alla revisione dell'importo deducibile ed alla valutazione del gettito della quota IRPEF al fine di predisporre eventuali modifiche», alla luce dei dati riportati e di quanto scritto da uno dei suoi membri, non abbia proceduto a rivedere l'importo deducibile della quota IRPEF;
se esistano i verbali dei lavori di detta commissione, se siano pubblici o, in caso contrario, se siano accessibili almeno ai deputati ovvero a chi siano riservati.
(4-03265)
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 giugno 1974, n. 252, la cosiddetta «legge Mosca», ha concesso la possibilità di regolarizzare nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e superstiti, nell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria e nell'assicurazione contro la tubercolosi «i periodi di lavoro o di attività politico sindacale ... prestati alle dipendenze dei partiti politici rappresentati in Parlamento, delle organizzazioni sindacali, degli istituti di patronato e di assistenza sociale e delle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela dei movimento cooperativo»;
nel nostro paese ci sono oltre 37.000 persone che hanno avuto benefìci ai fini pensionistici in ragione di detta legge nonostante che, quando detta legge fu varata, l'allora XIII Commissione permanente con apposita relazione prevedeva un carico di circa 3.000 domande;
il Senatore Eugenio Filograna, attraverso l'interrogazione 4/12110 del 30 luglio 1998, alla quale non è mai stata data risposta, annunciava che «in considerazione dei fatto che ad oggi nessuno organismo dello Stato si è attivato per smascherare i falsi pensionati, l'interrogante ha ritenuto opportuno incaricare un pool di avvocati per denunciare di associazione a delinquere, truffa, concorso in truffa, appropriazione indebita, falso ideologico e materiale, il tutto finalizzato al voto di scambio i seguenti soggetti: a) i componenti della commissione presso il Ministero del lavoro che, nel tempo, ha valutato in maniera compiacente le domande presentate; b) le commissioni INPS per i pareri espressi; c) i consigli di amministrazione dell'INPS che si sono avvicendati nel tempo, per mancata vigilanza e mala gestione delle risorse dell'Istituto; d) i segretari politici e amministrativi dei partiti politici che hanno presentato e sottoscritto false documentazioni, elemento base della truffa ai danni dello Stato; e) i segretari e gli amministratori delle organizzazioni sindacali per i motivi di cui sopra al punto d); f) tutti i magistrati che si sono resi correi e comunque omissivi rispetto le notitiae criminis»;
secondo il quotidiano «Il Giornale» del 15 agosto 2002 un centinaio di procure della Repubblica hanno avviato indagini legate all'utilizzo truffaldino della legge -:
quali lavoratori e in quale misura abbiano fruito dei benefici della legge 11 giugno 1974, n. 252;
quali organizzazioni abbiano presentato le relative domande di regolarizzazione;
quanto sia stato versato per regolarizzare le posizioni in oggetto;
se le situazioni regolarizzate rispondessero almeno ai requisiti prescritti dalla legge ed in particolare: se si trattasse effettivamente di attività lavorative retribuite (articolo 1, primo comma); se sussistesse il carattere di attività continuativa e prevalente, in particolare per i periodi in cui gli interessati, come risulta da notizie di stampa, già ricoprivano importanti cariche pubbliche retribuite (articolo 1, primo comma); se le qualifiche lavorative dichiarate, di cui all'articolo 2, secondo comma, erano compatibili con la preparazione culturale e professionale degli interessati; se le domande erano corredate dalla documentazione di cui all'articolo 2, quarto comma, e se tale documento era sufficiente;
quanti siano i procedimenti penali collegati alle domande di applicazione dei benefici previdenziali della legge 252 dei 1974, quanti siano già esauriti e con quale esito, quanti siano in corso e quali reati siano stati ipotizzati;
i risultati, sinanco parziali, della commissione di indagine annunciata nel febbraio dei 1996 dal ministro Treu;
se detta pensione sia cumulabile con gli assegni vitalizi per aver svolto le attività di consigliere regionale, parlamentare nazionale e deputato europeo.
(4-03268)
TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 47 e 48 della legge n. 222 del 1985 istituirono il meccanismo dell'otto per mille (OPM) quale sistema di finanziamento di alcuni scopi sociali, prevedendo che la ripartizione avvenisse tra la Chiesa cattolica e lo Stato in proporzione alle scelte espresse dei contribuenti;
a seguito di un ordine del giorno presentato dai deputati radicali ed approvato dal Parlamento nel 1985, il Governo è stato impegnato a distribuire l'otto per mille anche alle confessioni che avrebbero stipulato le intese ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione;
negli anni seguenti sono state ammesse alla ripartizione dei fondi dell'otto per mille altre cinque confessioni religiose diverse da quella cattolica;
il sistema di ripartizione indicato dalla legge n. 222 del 1985 prevede che anche la quota dell'OPM dei contribuenti che non hanno espresso una scelta sia ripartita tra i soggetti concorrenti in proporzione alle scelte espresse dagli altri contribuenti;
dal 1990 ad oggi, il Governo italiano non ha mai realmente concorso con la Chiesa cattolica e, successivamente, con le altre confessioni religiose nell'aggiudicazione delle somme dell'otto per mille: mai una volta, infatti, un soggetto pubblico ha fatto campagna affinché i cittadini firmassero per lo «Stato» al momento della dichiarazione dei redditi;
conseguentemente, la percentuale dei cittadini che firmano per lo Stato è passata dal 23 per cento del 1990 all'8,3 per cento del 2006;
il Governo italiano ha ripetutamente destinato i fondi dell'8 per mille a sé spettanti per scopi estranei a quelli previsti dalla legge, tanto che nel 2006 solo il 7 per cento del denaro è stato destinato per gli scopi istituzionali;
il Governo Prodi ha deciso, nel comma 1233 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 «Manovra 2007», di stornare dalla quota otto per mille a gestione statale: 35 milioni di euro nel 2007 e 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009;
la ratio della partecipazione dello Stato tra i soggetti che si ripartiscono l'otto per mille è venuta meno per un duplice ordine di ragione: da una parte,
per la presenza di altre confessioni religiose concorrenti con quella cattolica; dall'altro per il non utilizzo da parte del Governo dei fondi a sé spettanti per gli scopi indicati dalla legge;
utilizzare i fondi dell'otto per mille per scopi diversi da quelli previsti dalla legge, e quindi conosciuti dai cittadini che firmano, risulta, secondo gli interroganti, di dubbia costituzionalità e induce ad una non credibilità dell'autorità pubblica, testimoniata dal costante calo della percentuale di persone che firmano per lo Stato;
la rinuncia sistematica dello «Stato» a pubblicizzare l'utilizzo dei fondi dell'OPM ad esso destinati e l'assenza di campagne pubblicitarie che incentivino i contribuenti ad esprimere le loro scelte a favore dello Stato, in costanza di propaganda da parte degli altri soggetti concorrenti, rappresenta, secondo gli interroganti, un palese danno economico al bilancio dello Stato e favorisce un abnorme arricchimento degli altri soggetti;
lo Stato ha dimostrato un urgente bisogno di denaro per le spese ordinarie, tanto da stornare i fondi dell'otto per mille a sé spettanti, e l'eventuale mantenimento nel bilancio pubblico del denaro corrispondente al 63 per cento dei contribuenti che non hanno espresso una scelta garantirebbe la disponibilità di 614 milioni di euro (calcolata in base ai fondi dell'anno 2006) -:
se non ritenga che:
a) sia doveroso procedere all'esclusione dello Stato dal novero dei soggetti destinatari dell'otto per mille dei cittadini;
b) sia conseguentemente necessario, visto l'aumento della quota spettante alle confessioni religiose per l'esclusione dello Stato e considerato il bisogno dello Stato di recuperare fondi per le spese ordinarie, modificare il meccanismo di ripartizione limitandole alle somme dei soli cittadini che hanno espresso una scelta di destinazione.
(4-03269)