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Allegato B
Seduta n. 144 del 16/4/2007
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GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
BONGIORNO, CONSOLO e CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dal 1911 e cioè dal giorno della sua inaugurazione, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma ha sede presso il Palazzo di Giustizia sito in Piazza Cavour a Roma. Questa collocazione, oltre a rappresentare un punto di riferimento per tutti gli avvocati romani, consente agli iscritti all'Ordine di fruire agevolmente dei servizi offerti dal Consiglio vista la centralità della sede e la sua vicinanza agli uffici giudiziari della capitale;
in data 26 maggio 2006 il dottor Nicola Marvulli, primo presidente della Corte suprema di cassazione, ha inviato all'avvocato Alessandro Cassiani, presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, una nota (la n. 552/06/SG di Prot.) avente ad oggetto il «Rilascio locali del Palazzo di giustizia occupati dal Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma»;
tale misura è stata adottata - a detta del primo presidente - in quanto «la Corte di Cassazione ha ormai problemi di spazio tali da dover necessariamente rientrare nella disponibilità dei locali del Palazzo di giustizia occupati dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma»;
ai sensi dell'articolo 1 regio decreto 26 marzo 1911, n. 435 «L'amministrazione del palazzo di giustizia in Roma è alla diretta dipendenza del Ministro di grazia e giustizia, che vi provvede a mezzo della divisione incaricata del servizio delle sedi giudiziarie e di una apposita Commissione nominata con decreto ministeriale»;
secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, del medesimo regio decreto n. 435 del 1911, come sostituito dall'articolo 1 decreto del Presidente della Repubblica 11 agosto 1991, n. 291, tale Commissione è composta «da un numero di magistrati pari a quello degli uffici che si trovano allocati nel palazzo di giustizia, dal capo dell'ufficio preposto al servizio dell'edilizia giudiziaria presso il Ministero di grazia e giustizia, nonché da un rappresentante del Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori di Roma, da un ingegnere del provveditorato regionale per le opere pubbliche per il Lazio (...) e da un funzionario di cancelleria o di segreteria giudiziaria»;
l'articolo 1, comma 21 della legge 27 marzo 1995, n. 99, prevede espressamente che alle determinazioni del numero e alla valutazione dell'idoneità dei locali destinati al Consiglio dell'Ordine «provvedono la Commissione di manutenzione, se costituita, ovvero i capi degli uffici giudiziari e il Presidente del Consiglio dell'Ordine interessato, tenuto conto della consistenza globale dell'edificio con riferimento alle esigenze connesse al regolare svolgimento dell'attività giudiziaria e di quella forense»;
dal 1972 la Corte di Cassazione e la Procura Generale occupano quasi tutto il Palazzo e al Consiglio dell'Ordine di Roma è stato riservato uno spazio del tutto inadeguato rispetto all'enorme mole di lavoro che svolge in favore di circa 19.000 iscritti -:
quali iniziative abbia assunto o intenda assumere al riguardo.
(4-03281)
CRAXI e PIZZOLANTE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre, riportando notizie relative all'inchiesta sulle deviazioni nella sicurezza di Telecom Italia, Il Giornale pubblicava, a pagina 11, un articolo dal titolo: «Mancini vendeva i dossier su Putin e Provenzano» Nel corpo dell'articolo si legge: «L'investigatore privato Emanuele Cipriani (anche lui colpito martedì da misura cautelare), ha confessato di avere ricevuto le informazioni da Mancini per poi girarle al comune amico Giuliano Tavaroli, capo della sicurezza del gruppo telefonico. Nel dossier «Cestino» si riassumono le indagini su una «società (il nome è coperto da omissis ndr) che viene utilizzata - si legge nell'informativa attribuita al Sismi dalla Procura e trasmessa a Telecom - da un gruppo di criminali il cui «capo» risulterebbe essere un ex esponente di apparato pubblico di telecomunicazioni della Prima Repubblica - (il signor Giacalone) - imparentato con uno dei capi storici della mafia (Bernanrdo Provenzano). L'organizzazione avrebbe intenzione di costruire un parco marino nei pressi di Roma»;
rilevante il fatto che il nome di Davide Giacalone era già uscito da settimane, quale vittima dell'attività illecita di intercettazione e spionaggio condotta dagli uomini Telecom. Inoltre il Signor Giacalone era stato membro dei consigli d'amministrazione di Sip, Itaicable e Telespazio ed è autore di molti saggi ed articoli sul tema delle telecomunicazioni;
giovedì 29 marzo Repubblica, a pagina 31, pubblica un articolo dal titolo: «Telecom, spunta il nome di Provenzano». Si legge: «L'investigatore privato fiorentino, stando alle sue stesse ammissioni, avrebbe ottenuto dal numero tre del Sismi informazioni su "un'attività di riciclaggio" che aveva "l'intenzione di costruire un parco marino nei pressi di Roma, con finanziamenti che vedono coinvolto il nominativo in indagine". Il soggetto in questione, da quel che emerge dal Report
sequestrato dalla procura milanese, "risulta monitorato direttamente da organi occidentali della Sicurezza per attività di riciclaggio. La società viene utilizzata da un gruppo di criminali il cui capo risulterebbe essere un ex esponente di apparato pubblico di telecomunicazioni della 'prima Repubblica DG' in linea parentale con uno dei capi storici della mafia"»;
lo stesso giorno, giovedì 29 marzo, articoli analoghi, per lo più con le stesse parole, escono anche sul Corriere della Sera, pagina 29, e sul Messaggero, pagina 15. Tutti avvertendo che della faccenda hanno preso ad occuparsi i magistrati antimafia della Procura di Palermo;
venerdì 30 marzo il Corriere della Sera, a pagina 19, pubblica un articolo intitolato: «Dossier su Provenzano "spiavano Giacalone"», corredato da una foto di Davide Giacalone. «E l'articolo inizia proprio informando che: "È Davide Giacalone, ex consigliere del ministro repubblicano Oscar Mammì nonché manager di Sip, Italcable e Telespazio, il personaggio citato con le iniziali 'D.G.' in un dossier Telecom che ora interessa, per motivi ancora segreti, anche i pm antimafia di Palermo. Il nome, già intuibile dal contenuto del rapporto spionistico, è stato confermato l'altro ieri da Emanuele Cipriani"». Segue riproposizione della storia del Parco Marino e della società dedita al riciclaggio;
tutto questo comporta due importanti rilievi: oltre ad evidenziare l'urgenza di un intervento, peraltro in itinere in Parlamento, sulla regolamentazione legislativa del grave fenomeno delle intercettazioni telefoniche sia a livello della raccolta di esse sia della successiva diffusione con vari mezzi, onde garantirne la secretazione con le dovute misure e sanzioni edittali, anche alla luce della legge 20 novembre 2006, recante Conversione in legge del decreto legge 22 settembre 2006 n. 281 «Disposizioni per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche», tuttora in vigore in ordine alla illecita diffusione delle intercettazioni illecitamente raccolte, per inciso fortemente emendata dal testo Governativo A.C. 1638-A che nei prossimi giorni verrà discusso in Aula, fa presumere la grave situazione di rischio per la sicurezza personale di Davide Giacalone, oltre al discredito sul cui punto compete all'interessato la legittimazione nelle competenti sedi. Con sconcerto si riflette che il suo nome viene indicato, con foto, a possibile bersaglio di un mondo criminale e la sua onorabilità trascinata nel fango proiettando su di essa l'ombra della contiguità, od organicità, al mondo mafioso;
ma v'è di più: il Corriere della Sera si spinge, per meglio chiarire, per così dire, la personalità criminale di Giacalone, a distorcere a falsificare i fatti. E lo fa motu proprio: nell'articolo, difatti, si legge: «Giacalone erà stato arrestato dai magistrati di Mani Pulite nel 1993, quando aveva ammesso di avere incassato finanziamenti illeciti per il Pri chiamando in causa i vertici del partito. Trasferita a Roma dopo un conflitto con i pm di Milano per le indagini collegate sulla legge Mammì e sul piano delle frequenze tv, l'inchiesta si è chiusa nel 2001 con una sentenza che ha dichiarato la prescrizione dei reati». Senza entrare nel merito di argomenti non di competenza, è falso: a Giacalone non sono mai stati contestati reati per il finanziamento illecito di alcun partito, è stato assolto «perché il fatto non sussiste» da ogni accusa relativa al piano delle frequenze, avverso suddetta prescrizione Giacalone ha fatto ricorso, reclamando la piena assoluzione, alla fine la sua posizione sarebbe di semplice concorrente con un ministro a sua volta prosciolto;
questo episodio - dovuto alla condotta da parte dei giornali succitati in spregio del codice deontologico - oltre a danneggiare sotto vari profili il signor Davide Giacalone, mette a serio pericolo la collettività intera, visto che analoghi episodi incresciosi potrebbero capitare ad altre persone (a nessuno fa piacere essere additato come un criminale legato, addirittura
da rapporti di parentela, con uno dei più importati capi della malavita organizzata!)-:
quali azioni intenda intraprendere al fine di scongiurare ulteriori gravi episodi come quello in argomento, con pesanti ricadute a danno della collettività, visto che il perpetrarsi dell'episodio occorso al signor Giacalone ha messo in luce che possono esistere motivazioni, circostanze e, certamente i responsabili, del passaggio di testi e di informazioni, anche raccolte con strumenti captativi e formate legalmente o ancor peggio illegalmente, di cui è vietata la pubblicazione o diffusione, fino ad un certo grado di giudizio, sia secretati che non più coperti da segreto, ai sensi delle norme procedurali di rito e della legislazione in vigore, peraltro adottata dal Governo in carica.
(4-03285)