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Allegato B
Seduta n. 145 del 17/4/2007
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti rinnovabili, sono al centro dell'attenzione globale al fine di una migliore sostenibilità ed efficienza dell'uso dell'energia;
i progetti per l'utilizzo dello sviluppo dell'energia eolica, nonché l'interesse di grandi gruppi imprenditoriali anche internazionali, ad investire in tale direzione nel nostro Paese, aumentano in misura esponenziale, anche a causa del notevole ritardo nella produzione di energia derivante da fonti alternative;
l'energia eolica ipotizzata come valida alternativa energetica, collegata anche alle politiche di riduzione dei gas ad effetto serra rientranti negli accordi previsti dal protocollo di Kyoto, in realtà non sembra poter costituire prospettive significative in termini di produzione energetica; è importante evidenziare inoltre, che nell'ultimo Piano Energetico Nazionale (PEN) fatto nel 1988, si prevedevano per l'anno 2000 solo 600 MW eolici, in quanto erano stati considerati coltivabili soltanto i siti efficienti, cioè quelli con più di 2.000 ore all'anno di vento;
più volte il Premio Nobel Carlo Rubbia, ha chiarito che dall'energia eolica in Italia deriva complessivamente un modesto apporto energetico: appena lo 0,4 per cento del totale; a ciò vanno aggiunte inoltre le valutazioni negative riguardo agli impatti sul paesaggio italiano, costituzionalmente tutelato, di Italia Nostra e del Comitato nazionale del paesaggio;
numerose associazioni a tutela dell'ambiente e da ultimo anche il WWF, denunciano tra l'altro i devastanti impatti dell'eolico sull'avifauna, sull'ambiente e sulle montagne in particolare dell'Appennino, che invece dovrebbero considerarsi le nostre «aree di ricarica» per l'aria e per l'acqua; talune di queste associazioni hanno, fra l'altro, emanato proprie linee
guida per la corretta installazione degli impianti eolici e sottoscritto convenzioni con l'ANEV (l'associazione nazionale degli industriali del vento registrata come associazione ambientalista riconosciuta) che sono state costantemente disattese sul territorio; il paradosso vuole che in tema di eolico, i comitati ambientalisti locali, che hanno contezza dei singoli interventi, spesso si trovano in contrasto con le proprie direzioni nazionali, che agiscono in base a principi generali;
l'unica associazione schierata fieramente a favore dell'eolico è Legambiente, che per questo si è attirata le accuse, in alcuni casi dimostrate da Italia Nostra, di collegamento con i cosiddetti industriali del vento;
tra le altre accuse che le associazioni ambientaliste hanno ribadito a più riprese, esisterebbe una «lobby eolica» e che inoltre, secondo le medesime associazioni, non sono spiegabili le resistenze, ribadite peraltro anche dall'ex Ministro delle attività produttive Scajola, sull'incentivazione dell'energia solare fotovoltaica, enucleatesi nei ritardi dell'emanazione dei relativi decreti e nei numerosi ostacoli burocratici frapposti all'installazione ed all'allaccio di questo tipo di impianti; peraltro questi ostacoli sembrano essere stati superati con il recente decreto sul fotovoltaico, anche se resta da spiegare perché l'obiettivo previsto per l'incentivo del fotovoltaico, sia di 3.000 MW al 2016, la metà di quanto previsto per l'eolico, nonostante l'Italia sia «il Paese del sole» e non del vento e perché si siano ad oggi installati 2.123 MW eolici, contro poche centinaia di MW fotovoltaici, settore nel quale siamo indietro addirittura alla Norvegia;
in sostanza le accuse rivolte all'eolico riguardano il gigantismo delle installazioni, che è direttamente proporzionale alla produttività, alla rapida maturazione industriale del settore ed al sistema degli incentivi; da questi fattori deriva la «violenza» dell'impatto sul territorio (si consideri che per installare rotori di circa 90 metri di diametro in montagna, occorre realizzare strade in grado di sopportare trasporti eccezionali e fondazioni da centinaia di tonnellate di cemento) e sul paesaggio (gli impianti superano i 120 metri di altezza e gli industriali tendono ad aggiungere altri impianti ai parchi già realizzati, in modo da sfruttare le economie di scala; ad esempio nel Fortore, una delle poche aree in Italia con ventosità superiore alle 2.000 ore, a cavallo tra Campania e Puglia, si dovevano installare 50 pali: si è invece arrivati a 450 e si ipotizza di arrivare a 1.000); quanto alla proliferazione degli impianti, tale aspetto è evidentemente «drogato» sia da finanziamenti diretti, come nel caso della Puglia, sia da interventi indiretti (si realizzano strade con fondi agricoli europei, alle quali poi si muta imputazione), sia inoltre dall'acquisto a prezzo maggiorato dell'energia prodotta, che garantisce redditività anche quando l'impianto non sarebbe di per se conveniente;
il dato speculativo pertanto travalica qualsiasi altra considerazione ambientale e di sviluppo sostenibile; ad esempio esiste una società tedesca, che in questo momento promette ad investitori tedeschi, austriaci e svizzeri (ma non italiani) rendimenti superiori al 7 per cento annuo al fine dell'istallazione di impianti eolici in Italia;
tuttavia speculare sul protocollo di Kyoto, raggiungendone taluni obiettivi nominali, non significa realizzarlo; di fronte a questi interventi classificati «ambientali», in molti centri abitati di diverse Regioni, fra cui la Puglia, si sono sollevate perplessità e contestazioni sulla possibilità di installazione di gigantesche torri realizzate in aree anche limitrofe ai centri abitati, con procedure opinabili e spesso senza valutazione d'impatto ambientale, con il rischio di deturpare, paesaggi naturali, zone archeologiche, zone geologiche che rappresentano le peculiarità di un territorio e l'identità delle popolazioni locali;
per quanto esposto non può che essere considerata con sospetto l'inversione
a 180 gradi, operata dall'attuale Governo della Regione Puglia, inizialmente totalmente contrario all'ipotesi di costruzione di nuove centrali eoliche sul proprio territorio, ma che invece con la delibera regionale del 13 ottobre 2006, n. 1550 ha previsto la possibilità di investire, attraverso ingenti incentivi e agevolazioni in favore dell'industria energetica alternativa, consentendo la costruzione e l'installazione di pale eoliche in maniera disorganica, indistinta e priva di ogni valutazione e monitoraggio preventivo; secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano: La Gazzetta del Mezzogiorno il 24 gennaio 2007, la predetta delibera approvata dalla Regione Puglia, sebbene stabilisca alcuni criteri e le necessarie regolamentazioni per l'installazione degli impianti, attraverso determinati requisiti di grandezza, prevede altresì una disposizione transitoria, che consentiva fino alla fine di marzo 2007 di agire in deroga, permettendo in modo espansivo l'installazione di pale eoliche dislocate su tutto il territorio regionale, ovvero dal foggiano al Salento da parte delle imprese, alcune delle quali multinazionali del settore, il cui investimento complessivo risulta pari a 10 miliardi di euro;
il predetto articolo descrive inoltre l'enorme potenzialità in termini affaristici che le installazioni di tali gigantesche torri eoliche, costituirebbe per le grandi imprese del settore, i cui oneri molto spesso sono coperti da fondi regionali ed europei che non hanno nulla a che fare con il protocollo di Kyoto e con una seria politica di riduzione dei gas ad effetto serra;
appare agli interpellanti assai discutibile la scelta della Giunta regionale pugliese di sostenere le industrie energetiche, proponendo ingenti investimenti per un settore - che peraltro ha un basso impatto occupazionale - già beneficiario di altre agevolazioni, modificando i criteri adottati in precedenza ed escludendo le industrie manifatturiere, cosi penalizzando il territorio sia dal punto di vista occupazionale, che da quello della tutela ambientale;
l'allarme sul proliferare degli impianti eolici in Puglia è stato lanciato anche dalla Coldiretti, paventando il rischio che se dovessero essere autorizzate tutte le proposte di realizzazione di impianti, la genuinità e la salubrità dei prodotti regionali tipici di qualità, sarebbero inevitabilmente danneggiate dall'impatto negativo degli impianti eolici sul territorio, al punto che non risulterebbero più appetibili e ricollegabili alla bellezza e alla naturalità dei luoghi di origine;
quantificando la situazione attuale della Regione Puglia, secondo i dati diffusi dalla LIPU (Lega italiana protezione uccelli) su ben 1.232 torri con parere ambientale positivo, realizzate o da realizzare, 1.116 torri, non sono state assoggettate alla procedura di VIA; su 76 parchi eolici valutati dagli organi regionali, solo uno ha avuto parere ambientale negativo, successivamente revisionato su istanza della società; il complesso degli impianti già autorizzati, produrrebbe 1.686 MW, ben al di là degli obiettivi della Regione; la LIPU inoltre ha segnalato l'ostruzionismo informativo delle amministrazioni interessate, la scarsità di informazioni sul BURP (bollettino ufficiale regionale Puglia) e la mancanza di pubblicità del deposito del progetto; risulta inoltre importante sottolineare che oltre ai progetti autorizzati, sono stati presentati un numero enorme di altri progetti stimabile in non meno di ulteriori 6.400 MW, tutti da realizzare senza alcuna programmazione in assenza di un piano energetico; recentemente il Ministro per i beni culturali ha diffuso un documento contenente delle Linee guida per il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio ai fini della emanazione di successive direttive valide su tutto il territorio nazionale;
risultano invece contrastanti e confuse le opinioni espresse dal Ministero dell'Ambiente, poiché mentre il sottosegretario Laura Marchetti ha proposto una moratoria nazionale al fine di sospendere per sei mesi le autorizzazioni per l'eolico, attraverso un intervento del Governo, il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio ha invece
rimandato l'eventuale decisione di una moratoria nazionale sull'eolico, al Parlamento;
tali affermazioni probabilmente hanno indotto i rappresentanti del Governo a soffermarsi sui rischi di impatto ambientale nonché a riflettere sulle diverse denunce da parte di numerose associazioni, contrarie alle installazioni di torri eoliche in numero sproporzionato, ipotizzando pertanto, iniziative volte a sospendere le procedure di installazioni di gigantesche torri eoliche che distruggono il paesaggio regionale;
quanto predetto tuttavia sembra aver messo fretta agli industriali eolici, che accelerano le presentazioni di richieste e di realizzazioni di impianti al fine di creare, come sta avvenendo con le autorizzazioni CIP 6, il cosiddetto «fatto compiuto» o il diritto acquisito -:
quali urgenti provvedimenti intendano intraprendere, con riferimento alle norme costituzionali contenute nell'articolo 9, comma 2 (tutela del paesaggio) e nell'articolo 117, comma 2, lettera s) (tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali), al fine di evitare che le previsioni di imminenti installazioni di pale eoliche nelle regioni italiane ed in particolare nella Regione Puglia, effettuate in maniera imponente e selvaggia, provochino gravi danni al territorio, al paesaggio, alla tutela ambientale e all'ecosistema, non garantendo inoltre alcun beneficio in termini occupazionali;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non ritenga opportuno emanare direttive alle Soprintendenze, che riconfermando la validità della Direttiva Urbani sulle installazioni eoliche, ne richieda un'applicazione restrittiva, in attesa della emanazione di una disciplina organica;
se non ritenga infine, opportuno chiarire quale sia attualmente la reale posizione del Governo, sulle iniziative che si intendono adottare per le autorizzazioni delle installazioni di pale eoliche, al fine di stabilire delle regole ritenute più consone, al fine di tutelare il paesaggio nazionale e in particolare quello pugliese, che è ormai preso d'assalto da parte delle imprese del settore, interessate soltanto dall'elevato profitto, più che dalla finalità legata alla produzione energetica da fonte rinnovabile.
(2-00467) «Di Cagno Abbrescia, Fitto».
Interrogazioni a risposta scritta:
CONTENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da vari anni al di sotto della massicciata su cui sorge l'abitato di Faidona, frazione del Comune di Tramonti di Sotto (Pordenone), viene segnalata la presenza di un fenomeno franoso sulla cui reale entità, a tutt'oggi, nessuno si è ancora espresso in via ufficiale;
tant'è che nei giorni scorsi il Sindaco, dottor Arturo Cappello, è intervenuto sulla stampa locale per appellarsi agli enti coinvolti (Autorità di Bacino e Prefettura di Pordenone in primo luogo) affinché gli stessi chiariscano una volta per tutte l'effettiva estensione del fronte instabile e indichino gli interventi da eseguire per una sua rapida bonifica;
la situazione di stallo che si registra sul tema ormai da alcuni anni sta comportando dei disagi di non poco conto per la popolazione locale, se si pensa che una parte dello stesso Piano Regolatore Generale del Comune di Tramonti di Sotto risulta di fatto «congelata» a causa della presenza dello smottamento;
si rende, pertanto, necessaria quanto urgente un'azione di questo Governo volta a chiarire i reali contorni del fenomeno di dissesto idrogeologico lamentato a Faidona e a stabilire, di concerto con l'Autorità di Bacino, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Protezione Civile e gli altri enti coinvolti, quali interventi strutturali debbano essere messi in atto -:
quali dati abbiano a propria disposizione circa l'effettiva entità e gravità
dello smottamento che da alcuni anni insisterebbe sulla scarpata di Faidona, da cui trae nome la soprastante borgata del Comune di Tramonti di Sotto (Pordenone);
se e quali interventi intendano concordare con le altre Autorità nazionali e locali coinvolte nella vicenda per affrontare la situazione qui denunciata, garantendo le dovute delucidazioni tecniche e all'amministrazione Comunale e alla popolazione della zona.
(4-03307)
LION. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 4 aprile 2007, si è verificato l'ennesimo sversamento in mare, presso la raffineria API di Falconara, di materiale bituminoso, in particolare olio combustibile con alto tenore di zolfo, che ha interessato la costa delle marche fino a Senigallia;
ancora non è stato possibile quantificare ufficialmente l'entità del disastro ambientale;
l'area interessata da questo ennesimo disastro è già gravemente compromessa sul piano ambientale, tanto da essere stata ricompresa tra i siti di interesse nazionale da bonificare;
nonostante si sia provveduto ad attivare le operazioni di recupero del materiale inquinante le sostanze che si sono riversate in mare sono altamente nocive sia per la flora sia per la fauna;
le amministrazioni pubbliche rivierasche hanno immediatamente emesso ordinanze di divieto di balneazione, pesca e addirittura accesso alla spiaggia;
questo incidente potrebbe compromettere gravemente l'imminente stagione turistica mettendo in difficoltà l'economia dell'area, sia nel settore ittico-alimentare, sia nel settore turistico-:
quali siano state le cause e le responsabilità di questo incidente, e dettagliatamente quale quantità di combustibile è stata riversata in mare;
se da parte della Raffineria siano state rispettate le norme di sicurezza, e sia stata tempestivamente data comunicazione dell'avvenuto incidente;
se non si ritiene opportuno effettuare una verifica puntuale dei danni, addebitando la bonifica dei luoghi alla società API, comunque responsabile dello sversamento;
se non si ritenga opportuno stabilire un risarcimento dei danni subiti dai territori interessati.
(4-03308)