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Allegato B
Seduta n. 145 del 17/4/2007
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
FASCIANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il centro abitato del comune di Tufillo (Chieti) vive una grave condizione di dissesto idrogeologico che ha causato il crollo di manufatti ed il lesionamento di edifici ad uso residenziale nella zona est dell'abitato; l'instaurarsi di movimenti franosi con lo scivolamento a valle di detriti e la caduta di blocchi di pietra, lungo la strada comunale Tufillo-Dogliola;
è stato effettuato in data 14 novembre 2006 sopralluogo da parte della Protezione civile, regione Abruzzo, Università degli Studi di Firenze, comune di Tufillo, nel cui verbale finale si indicano gli urgenti interventi da effettuare circa la messa in sicurezza dell'abitato;
è stato redatto apposito progetto preliminare delle opere da effettuare, da parte del tecnico incaricato dall'amministrazione comunale, che quantifica in euro 2.625.200,00 le risorse necessarie per il consolidamento di tutti i fenomeni di instabilità;
nell'ambito di tale quantificazione si individuano come urgenti ed improcrastinabili i seguenti interventi:
1) rimozione delle situazioni di pericolo immediato a tutela della pubblica incolumità, per una spesa complessiva di euro 90.000,00;
2) avvio degli interventi di consolidamento di maggiore urgenza, per una spesa complessiva di euro 800.000,00;
la regione Abruzzo al fine di contribuire ai primi immediati interventi ha disposto un primo finanziamento di euro 90.000,00 del tutto insufficienti a far fronte ai lavori suddetti -:
se non si intenda intervenire, con adeguate risorse, alla definitiva risoluzione delle gravi criticità del centro abitato di Tufillo.
(5-00945)
Interrogazioni a risposta scritta:
CONTENTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo in alcuni Comuni del territorio nazionale, detti «sperimentatori», vengono rilasciate carte d'identità di tipo elettronico;
il costo di attivazione di questi supporti magnetici è, però, molto più alto
rispetto agli oneri che pesano sui cittadini che vengono forniti di documento d'identità cartaceo;
la situazione ha del paradossale se si pensa che negli stessi Comuni «sperimentatori» si sarebbero già verificati i primi casi di utenti (in particolar modo anziani) che, di fronte a simili esborsi, solleciterebbero al personale municipale il rilascio di carte d'identità «tradizionali»;
il che finisce inevitabilmente col creare situazioni di disagio per gli uffici ma anche disparità tra i cittadini che risiedono nei centri abilitati all'attivazione dei supporti magnetici rispetto a quelli dei Comuni ai quali non è stato ancora esteso tale servizio;
si rende, pertanto, necessario un intervento del Governo volto a uniformare il servizio sull'intero territorio nazionale, evitando che i costi dell'operazione in parola gravino solamente sugli abitanti dei Comuni «sperimentatori» -:
quali interventi, anche di natura regolamentare, intendano porre in essere per affrontare la situazione qui denunciata e, comunque, per uniformare il trattamento tra cittadini che risiedono in Comuni abilitati al rilascio di carte d'identità magnetiche rispetto a quelli nei quali tale servizio non risulta essere ancora disponibile.
(4-03296)
TONDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con deliberazione n. 1/97 (poi confermata con delibera 1/98) del 10 febbraio 1997 l'Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta e Bacchiglione adottava il progetto del Piano Stralcio per la sicurezza idraulica del medio e basso corso del fiume Tagliamento costituito dalla relazione, dalle norme d'attuazione e dagli elaborati cartografici;
tale Piano prevede alcuni tipi di intervento da effettuare nella zona compresa tra i Comuni di Forgaria nel F., Pinzano al T. Spilimbergo, S. Daniele del F. e Dignano, quali la realizzazione di una traversa in corrispondenza della cosiddetta Stretta di Pinzano, la creazione di casse di espansione nel tratto tra Pinzano e Spilimbergo destinate a raccogliere le acque delle piene in modo da impedire lo straripamento del fiume, la sistemazione del tratto finale del Tagliamento con la ricalibratura del canale scolmatore nella zona di La tisana;
con delibera n. 2/98 del 15 aprile 1998 il Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino adottava, misure di salvaguardia immediatamente vincolanti ex articolo 17 comma 6-bis legge n. 183 del 1989, destinate però, a tenore del provvedimento, ad avere efficacia permanente anche dopo la prevista approvazione del Piano stesso (approvato il 28 agosto 2000 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con la conferma dei vincoli apposti con la delibera del 1998);
tali misure introducevano un vincolo assoluto di inedificabilità nonché di compimento «di interventi antropici atti a modificare l'uso del territorio», vietando inoltre, «la costruzione di rilevati secondari a protezione di zone adibite a colture e comunque gli interventi che possano essere d'impedimento al deflusso delle acque nelle aree di naturale espansione»;
l'asportazione di materiali litoidi e la movimentazione d'inerti venivano consentite solo dietro rilascio di autorizzazione. Nelle aree adibite ad attività agricole, infine, erano vietate «le colture arboree, le colture che ostacolano il deflusso delle acque e la posa in opera di strutture anche di carattere provvisorio»;
l'articolo 17 della legge 18 maggio 1989 n. 183 (Valore, finalità e contenuti del piano di bacino) al comma 3 individua i contenuti del piano di bacino, suddividendoli grazie a numerose sottovoci: in particolare, alla lettere f) ed m) corrisponde
la previsione normativa del possibile contenuto vincolistico del piano stesso;
vi si prevede rispettivamente che il piano individui prescrizioni, vincoli ed opere finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente (lettera f) e che nel piano siano indicate le zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni «in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici» (lettera m);
il piano di bacino contenendo prescrizioni e vincoli nonché l'individuazione delle zone in cui applicarli, deve, nell'individuazione delle zone da assoggettare a tali limitazioni, rispondere a ben precisi criteri di valutazione connessi in primis alle «specifiche condizioni idrogeologiche» delle zone in questione e comunque finalizzati esclusivamente all'obiettivo fondamentale della conservazione del suolo (cui è dedicata la legge stessa) ed a tutela dell'ambiente;
sempre l'articolo 17 (come modificato dall'articolo 12 decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 398) al comma 6-bis prevede che, in attesa dell'approvazione del piano di bacino, l'Autorità di bacino, tramite il comitato istituzionale, possa adottare non meglio precisate misure di salvaguardia immediatamente vincolanti, riferite per altro ai contenuti dei cui alle lettere b), c), f), l) ed m) del comma 3 dello stesso articolo;
anche le misure di salvaguardia, pertanto, secondo la legge, possono introdurre vincoli ed indicare zone da assoggettare a vincoli, purché sempre nell'osservanza dei criteri e delle finalità sopra evidenziate;
in nessun punto la delibera di adozione del piano stralcio in questione chiarisce i modi e le ragioni in base ai quali la cosiddetta «zona di salvaguardia» è stata individuata, rinviando puramente e semplicemente alla cartografia la quale, d'altra parte, altro non è che la cartografia costituente il piano stralcio adottato;
unico elemento preso in considerazione al fine di delimitare l'area di salvaguardia è stato quello di individuarla come coincidente con un non meglio definito concetto di pertinenza fluviale (o idraulica) il quale non soltanto non trova giuridica definizione, ma è utilizzato in modo espresso dalla sporadica giurisprudenza sempre e soltanto in stretta connessione con il concetto di «demanialità» in quanto rarissimi procedimenti sul punto parlano di «pertinenza fluviale demaniale»;
nel caso di specie, invece, come ammette la stessa delibera in questione, si tratta in gran parte di proprietà private alle quali dunque il concetto giuridico di pertinenza fluviale demaniale non si attaglia;
e d'altra parte la scienza idraulica chiarisce che la pertinenza fluviale è zona finitima al corso d'acqua che costeggia l'alveo inteso quest'ultimo come letto o alveo attivo ovvero di perimetro solido entro la superficie bagnata dalle acque in piena dopo lo straripamento (rimanendone escluse le proprietà private);
la cartografia allegata al piano ed alla delibera di adozione delle misure di salvaguardia ha pertanto, secondo l'interrogante intesi in senso tecnico esorbitato rispetto ai più ristretti limiti demaniali che qualora fossero stati avrebbero dovuto condurre ad una ancor più ridotta perimetrazione dell'area di salvaguardia;
l'Amministrazione ha vincolato comunque «l'intero corso del Tagliamento comprese le aree golenali» senzafare in concreto alcuno studio delle specifiche condizioni idrogeologiche che l'articolo 17, comma 3, lettera m) pone in materia chiara e vincolante e pertanto arbitraria ed immotivata appare all'interrogante la delimitazione delle aree da assoggettare a misure di salvaguardia nella delibera di adozione, nonché nella cartografia costituente il piano stralcio adottato;
tale arbitrarietà è secondo l'interrogante causa dell'eccessiva gravosità dei vincoli applicati a tali aree, vincoli che non solo comportano l'assoluta inedificabilità ma che impediscono ai privati proprietari dei terreni finanche di usare e godere, del bene stesso, ovvero di esercitare i più elementari diritti dominicali sugli stessi;
vietare l'apposizione di strutture precarie, come i tubi per l'irrigazione o le serre, significa rendere impossibile l'attività orticola che si pratica su tali fondi ed ostacolare irrimediabilmente le specie seminative (che solo apparentemente sono consentite nelle aree in questione);
vietare la coltura arborea significa imporre i tagli delle esistenti e numerose piantagioni di noci e ciliegi già esistenti e collegate a misure di interventi CEE; impedire l'ampliamento di strutture fisse e alla sistemazione di recinti comporta l'impossibilità di mantenere gli esistenti allevamenti e tanto più di svilupparli, con conseguenziale blocco di ogni progetto di sviluppo agrituristico esistente nell'area;
posto che secondo l'articolo 17 comma 6 legge n. 183 del 1989 l'adozione delle misure di salvaguardia ne prescrive l'immediata vincolatività nonché l'efficacia «sino all'approvazione del piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni»;
la delibera di adozione n. 2/98 all'articolo 1 richiama testualmente la surricordata previsione normativa ma il suddetto articolo 1 è invece in netto contrasto con una delle premesse della delibera stessa e cioè quella che, richiamando la salvaguardia dell'intero corso del Tagliamento da qualsiasi edificazione o diverso utilizzo rispetto all'uso idraulico, precisa che ciò dovrà valere «almeno fino a che non verranno realizzate le previsioni di piano» e ciò proprio attraverso l'adozione delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 17 comma 6-bis;
questo significa che, nelle intenzioni dell'Autorità di Bacino, vincoli e le prescrizioni posti attraverso le misure di salvaguardia non sono affatto temporaneamente circoscritti, ma sono invece sostanzialmente ancorati alla compiuta realizzazione delle previsioni di piano, il completamento delle quali nemmeno in ipotesi può essere immaginato entro i tre anni dall'adozione delle misure di salvaguardia, tanto più che la relazione allegata al piano stralcio prevede un tempo di realizzazione delle casse di espansione di almeno 6 anni;
ulteriore conferma della illimitatezza temporale dei vincoli scaturenti dalle misure di salvaguardia giunge da altra premessa alla delibera di adozione, laddove si considera l'opportunità di «uniformare» la normativa di salvaguardia sia nella fase transitoria, fra adozione e approvazione, che nella fase a regime: in altre parole per i vincoli introdotti con le misure di salvaguardia adottate con la delibera n. 2/98 non è stato realmente previsto un termine finale di durata ma si è al contrario sostanzialmente anticipato, senza previsione di indennizzo alcuno, il contenuto del piano di bacino solo adottato, così da assicurare, sì, cautelativamente gli obiettivi, ma senza garantire i privati coinvolti rispetto alle conseguenze irreparabilmente dannose della salvaguardia, lasciando quest'ultima fase priva di una reale soluzione di continuità posto che i vincoli e le prescrizioni previsti dal piano nella fase a regime (e dunque destinati a durare definitivamente) sono assolutamente gli stessi;
ne conseguirebbe, secondo l'interrogante, la violazione dell'articolo 42 della Costituzione non soltanto nella parte in cui la norma al secondo comma riconosce la proprietà privata e ne garantisce il godimento ma sopra tutto laddove al terzo comma si prevede l'espropriabilità della proprietà privata per motivi di interesse generale nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo;
nella fattispecie i vincoli, posti fin dal momento di adozione delle misure di salvaguardia e perpetuati dalla pianificazione di bacino a regime, hanno per l'interrogante natura sostanzialmente ablatoria comprimendo i diritti dei singoli
fino al punto di inibire agli stessi il legittimo sfruttamento del terreno e delle sue risorse e ciò in dispregio dell'articolo 832 del codice civile;
la stessa delibera di adozione in contesto, all'articolo 4 sancisce inoltre l'obbligo per i Sindaci dei Comuni interessati non solo a non emanare atti abilitativi edilizi in contrasto con i vincoli imposti, ma anche ad assumere i conseguenti (ai vincoli) provvedimenti inibitori e sanzionatori in tal modo paralizzando di fatto e di diritto ogni attività produttivo-economica nel territorio: infatti per tal previsione. Ogni progetto di sviluppo in itinere è destinato ad «abortire»; ogni coltura o preesistente attività agricola la cui esistenza, mantenimento o miglioramento comporti di realizzare opere (anche precarie e provvisorie) rientranti tra quelle vietate dalle misure di salvaguardia, dovrà essere impedita direttamente dalle amministrazioni comunali nell'esercizio dei poteri inibitori e sanzionatori contemplati dall'articolo 4;
la radicalità della compressione del diritto dominicale nella fattispecie (tale da ridurre ed in certi casi da annullare il valore economico degli immobili interessati) unita all'indeterminatezza del tempo di efficacia degli stessi vincoli comporterebbe dunque a detta dell'interrogante l'illegittimità di tali vincoli, in quanto, in contrasto anche con norme costituzionali, «comporta l'assoluta inedificabilità in via definitiva, o anche in via temporanea, ma senza alcuna prefissione del termine finale di durata, in assenza della corresponsione di un indennizzo»;
nella zona presa in considerazione le colture sono diversificate: seminativi (mais, orzo, soia e medicali) colture arboree, con precise specializzazioni qualificanti di frutteti di vario tipo, e prati. Oltre a ciò, è da considerarsi anche il fatto che tutta la zona interessata dal progetto delle casse di espansione è classificata zona «Friuli Grave Doc» per quanto riguarda la coltura della vite. L'applicazione immediatamente vincolante delle misure di salvaguardia così gravose adottate non tiene conto del reale stato dei luoghi e degli effettivi sacrifici imposti ai privati, causando agli stessi, fin dall'anno 1998 ingenti danni, sia per fatti illegittimi che per fatti legittimi (indennizzo all'effetto dei vincoli ed indennizzo espropriativo, e risarcimento da inerzia);
ed in particolare tali vincoli impediscono ai proprietari dei fondi interessati l'accesso ai Piani di Sviluppo Rurale e tutte le misure comunitarie a sostegno dell'agricoltura, unici mezzi questi che permettono alle Aziende Agricole di rimanere nel mercato, danni il cui risarcimento i privati hanno per l'interrogante diritti a pretendere e dei quali le Istituzioni e gli Enti responsabili dovranno rispondere -:
come intenda intervenire nella fattispecie per colmare una lacuna e di adozione del piano stralcio (approva e in via definitiva con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 agosto 2000 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 69 del 23 marzo 2001) al fine di prevedere un indennizzo per l'effetto compressivo del diritto di proprietà originato dai vincoli adottati nell'anno 1998 e per tutti i danni conseguenti ai privati per tale fatto sia per il periodo pregresso che per quello futuro, nonché l'indennizzo di esproprio che tenga conto della reale situazione dei luoghi e delle attività produttive.
(4-03300)