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Allegato B
Seduta n. 148 del 23/4/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ADENTI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
fin dal regio decreto 31 agosto 1933 n. 1592 (Testo unico dell'istruzione superiore) è giuridicamente riconosciuta l'esistenza di alcune istituzioni, anche private, che, per statuto, si propongono il fine di ampliare l'accesso agli studi superiori e di assistere gli studenti nel corso degli studi universitari;
con l'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1995, relativo alla approvazione del piano triennale di sviluppo dell'Università per il triennio 1994/1996, si é espressamente previsto, nell'ambito delle misure concernenti le attività di orientamento, culturali e didattiche integrative, che «Per specifiche iniziative e programmi relativi ad attività di orientamento, culturali e didattiche integrative, nonché per l'attuazione delle altre norme previste in materia di diritto allo studio, da realizzarsi anche tramite Collegi Universitari legalmente riconosciuti, potranno essere concessi contributi alle Università» e in tal modo si è esplicitamente riconosciuto il ruolo «assolutamente complementare» dei Collegi rispetto alla specifica azione formativa realizzata dagli Atenei;
il comma 603 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» stabilisce che «Tutti i collegi universitari gestiti da fondazioni, enti morali, nonché enti ecclesiastici che abbiano le finalità di cui all'articolo 1, comma 4, primo periodo della legge 14 novembre 2000, n. 338, ed iscritti ai registri delle prefetture, sono equiparati ai collegi universitari legalmente riconosciuti»;
tale comma potrebbe comportare la suddivisione dei contributi ministeriali destinati ai 14 collegi attualmente legalmente riconosciuti dal ministero dell'università e della ricerca fra alcune centinaia di Istituzioni non fornite dei requisiti richiesti ai Collegi universitari riconosciuti e ne deriverebbe una vanificazione del significato del contributo stesso e una concreta difficoltà per i Collegi -:
se il Governo intenda estendere ad altre istituzioni oltre i 14 collegi attualmente legalmente riconosciuti l'accesso ai contributi previsti sul capitolo n. 1696 del bilancio di previsione del ministero dell'università e della ricerca con denominazione «contributo a favore dei Collegi universitari legalmente riconosciuti per lo svolgimento di attività culturale a carattere nazionale e internazionale» e, in caso affermativo, come intenda tutelare l'operato degli attuali 14 Collegi legalmente riconosciuti che subiranno una significativa riduzione di un contributo di significativa importanza per i loro bilanci.
(4-02120)
Risposta. - Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in essere, con il quale vengono poste questioni in merito all'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 603, della legge 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007), che equipara le strutture indicate nel comma medesimo ai collegi universitari legalmente riconosciuti.
Al riguardo, a parere del Ministero, ai fini di una corretta applicazione dei contenuti nella norma è necessario, in via preliminare, sia stabilire a quali fini è stata prevista l'equiparazione tra le due diverse categorie di enti, sia individuare, secondo precisi parametri, le connotazioni proprie dei «collegi universitari legalmente riconosciuti».
Allo stato attuale, pertanto, e fino alla conclusione delle verifiche avviate da questo Ministero medesimo non è possibile prevedere quali determinazioni potranno essere adottate in ordine all'accesso da parte delle strutture indicate nel citato comma 603 ai contributi previsti sul capitolo 1696 del bilancio di previsione del Ministero dell'università e della ricerca.
Peraltro, rispetto a tale eventuale interpretazione della norma citata, si ritiene di dover esprimere perplessità, considerato che le risorse del predetto capitolo non hanno ricevuto incrementi ma sono state anzi diminuite. Tali risorse corrispondono al contributo «storico» assegnato da questo Dicastero ai collegi universitari, sui quali esso ha esercitato la propria vigilanza e la competenza in merito al riconoscimento o all'estinzione della personalità giuridica fino all'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, che ha assegnato tali compiti alle Prefetture.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
ALESSANDRI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione a risposta scritta 4-01294 il sottoscritto interrogante ebbe a chiedere al Ministro in indirizzo quali fossero le sue valutazioni m merito al progetto relativo alla stazione TAV (Tratta alta velocità) di Reggio Emilia ed in particolare, considerato il continuo lievitamento dei costi, se non si ritenesse opportuno intervenire al fine di sospendere la realizzazione del progetto firmato dall'Ingeniere Calatrava Valls, realizzando unicamente il progetto di TAV e ridestinando i fondi non utilizzati agli obiettivi iniziali ovvero ad altri progetti per la provincia di Reggio Emilia relativi al potenziamento del trasporto pubblico ecologico ed al completamento/realizzazione delle infrastrutture già progettate da Anas ed enti locali;
secondo l'interrogante il Ministro non ha inteso rispondere puntualmente ed esaustitivamente a tale quesito, ma nel frattempo il sito internet www.ferroviedellostato.it nella sezione dedicata alle tratte regionali della Tav informa che nella tratta Milano-Bologna sono previste otto interconnessioni della nuova linea Tav con la linea storica ed in particolare con le stazioni di Piacenza, Parma, Modena al fine di permettere l'instradamento di alcuni treni ad alta percorrenza con detti nodi ferroviari;
diretta conseguenza di tale progettazione è il sostanziale declassamento della nuova stazione di Reggio Emilia che di fatto non assolverebbe più il ruolo di fermata medio-padana per limitarsi al servizio esclusivo per la provincia di Reggio Emilia -:
a questo punto si ritiene ancora più indispensabile un pronunciamento esaustitivo del Ministro interrogato in merito al progetto relativo alla stazione TAV di Reggio Emilia ed in particolare, considerato il continuo lievitamento dei costi, che per la stazione avrebbero già raggiunto gli 80 milioni di euro contro i 15,5 del progetto iniziale predisposto da Tav, se non si ritenga opportuno intervenire al fine di sospendere la realizzazione del progetto firmato dall'Ingeniere Calatrava Valls, realizzando unicamente il progetto di TAV e ridestinando i fondi non utilizzati agli obiettivi
iniziali ovvero ad altri progetti per la provincia di Reggio Emilia relativi al potenziamento del trasporto pubblico ecologico ed al completamento/realizzazione delle infrastrutture già progettate da Anas ed enti, locali.
(4-02408)
Risposta. - Ferrovie dello Stato Spa fa conoscere che la rete AV/AC Torino-Milano-Napoli assolve al proprio ruolo di nuovo collegamento veloce e ad Alta Capacità connettendo, attraverso le interconnessioni, aree esterne alla rete (con termine/origine nelle stazioni storiche) e inserendosi, con le stazioni AV/AC in linea, nei grandi terminali metropolitani (Torino, Bologna, Firenze, Roma) e in aree periurbane da valorizzare e trasformare in nuovi nodi nevralgici intermodali: Napoli Afragola, sulla Tratta Roma-Napoli e Reggio Emilia, sulla Tratta Milano-Bologna.
La decisione relativa alla realizzazione lungo la nuova linea Milano-Bologna di un fitto sistema di interconnessioni con la rete esistente, e di una fermata lungo la linea in posizione centrale rispetto all'area padana, risponde alla specifica esigenza del territorio emiliano di massimizzare la funzionalità e l'integrazione dell'AV/AC con le linee esistenti, anche estendendo i benefici del nuovo servizio ai bacini di utenza passeggeri e merci delle città intermedie, più ampi di quelli serviti direttamente dalla nuova linea nei suoi terminali metropolitani di Milano e Bologna.
La scelta dell'ubicazione delle otto interconnessioni e della fermata in linea a Reggio Emilia - ratificata dalla Conferenza di Servizi di approvazione del progetto definitivo nel 1997 (Milano-Parma) e 1998 (Parma-Bologna) - deriva da studi preliminari tesi ad individuare la migliore funzionalità del nuovo servizio. In particolare, la scelta di ubicare la fermata in linea a Reggio Emilia è stata compiuta dal Comitato di Garanzia istituito con l'Accordo Quadro del 1994 tra Ministero dei trasporti, TAV, RFI, Regione Emilia Romagna, sulla base di uno Studio di valutazione sui bacini d'utenza dell'area medio-padana, sviluppato tenendo conto della presenza sulla linea delle interconnessioni con la rete ferroviaria esistente. La scelta di Reggio Emilia come sede della fermata e come punto di confluenza di servizi di trasporto locale è stata compiuta sulla base della considerazione della centralità e dell'importanza di Reggio Emilia nel sistema trasportistico non solo dell'Emilia-Romagna ma anche della intera pianura padana.
Il progetto definitivo della stazione in linea, approvato nella Conferenza di servizi del 1998, ha contestualmente previsto che la nuova fermata fosse servita da nuove strade e parcheggi - costruite dagli enti territoriali - per consentire ai passeggeri del futuro servizio l'interscambio con altri mezzi di trasporto nell'ottica di far confluire a Reggio Emilia la linea veloce, la linea del Servizio Ferroviario Regionale Reggio Emilia-Guastalla, bus e pulmann locali nonché i flussi provenienti dall'adiacente autostrada A1.
Successivamente, l'occasione di riqualificazione territoriale e trasportistica collegata alla fermata in linea, per iniziativa del Comune di Reggio Emilia, è stata ulteriormente amplificata dall'affidamento all'architetto Santiago Calatrava del progetto della nuova stazione e dei tre ponti di scavalco dell'autostrada in un'ottica di armonizzazione e valorizzazione dell'area attraversata dalla nuova infrastruttura. L'obiettivo è di imprimere al territorio reggiano un forte segno architettonico e monumentale che valorizzi la nuova funzionalità trasportistica connessa all'AV/AC
L'intervento non comporta aggravi di costi e tempi previsti dal Gruppo FS per la linea AV/AC Milano-Bologna, come ratificato dall'accordo sottoscritto il 1o giugno 2004 tra Regione Emila-Romagna, Provincia e Comune di Reggio-Emilia, Consorzio ACT per la realizzazione del nuovo nodo intermodale.
Ferrovie dello Stato informa che, attualmente, oltre alle risorse TAV pari a 18,3 milioni di euro in valuta corrente, risultano stanziati 60,8 milioni di euro così ripartiti: 25,8 milioni di euro a carico della Regione Emilia Romagna (fondi ex articolo 8 decreto legislativo 422/97 e fondi ex legge 611/96) già previsti con l'accordo del 1o giugno 2004; 35 milioni di euro a carico del
Ministero delle infrastrutture (delibera CIPE del 17 novembre 2006 - finanziamenti al Programma di accelerazione per interventi strutturali prioritari nel centro-nord ex delibera CIPE n. 34 del 27 maggio 2005, voci Q.2.2 e R.1). Le risorse ad oggi disponibili sono quindi pari a 79,1 milioni di euro.
Ferrovie dello Stato fa presente, infine, che il progetto per il Nuovo nodo intermodale è completato ed è in fase di definizione finale l'importo complessivo. Gli eventuali extra oneri rispetto all'importo ad oggi finanziato verranno sostenuti, come previsto dall'accordo citato, dagli enti locali.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ANGELI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19 della legge n. 1185 del 21 novembre 1967, prevede l'esenzione del pagamento della tassa per il rilascio ed anche per il rinnovo del passaporto, per i cittadini italiani che risiedono stabilmente in Patria, nei casi previsti dalla legge citata «i cittadini che fruiscono di rimpatrio consolare, i cittadini che, all'estero, rientrino in Italia per prestare servizio militare, i cittadini che, ministri del culto o religiosi, siano missionari; i cittadini indigenti»;
vi sono diverse interpretazioni a suddetta legge, che viene applicata in modi diversi a discrezione delle rappresentanze territorialmente competenti;
l'introduzione dei passaporti biometrici, meglio noti al pubblico con il nome di passaporti elettronici, entrati in vigore il 26 ottobre 2006, prevede per il rilascio di questi un esborso di euro 44,66 per il libretto composto da 32 pagine ed euro 45,62 per quello composto da 48 pagine, che andrà sommato ai già presenti 40,29 euro versati per la tassa annuale;
presso gli uffici delle rappresentanze territorialmente competenti, atti a predisporre il rinnovo e/o rilascio del documento in oggetto, vi è come è noto e già ampiamente denunciato, una evidente carenza di personale, tale da far sì che i lavori di ordinaria amministrazione si svolgano a rilento -:
se il Governo intenda attivarsi per rendere gratuito il rilascio ed anche il rinnovo del passaporto per i cittadini italiani residenti all'Estero, nonché agli indigenti ed agli studenti;
se ritenga di dover adottare iniziative volte a garantire il pagamento dello stipendio con regolare contratto ai cosiddetti digitatori tramite le entrate ottenute dal rinnovo/rilascio dei documenti suddetti;
se intenda prendere provvedimenti al riguardo e se si quali.
(4-02072)
Risposta. - Come ricorda l'interrogante, l'articolo 19 della legge sui passaporti n. 1185 del 1967, prevede l'esonero da ogni spesa per il rilascio del passaporto a favore di alcune categorie di cittadini: emigranti, indigenti, missionari. Si ricorda peraltro che il pagamento della tassa annuale è dovuto solo qualora il titolare del passaporto lo utilizzi per recarsi in Paesi extra-europei.
L'Ufficio consolare deve quindi accertare la sussistenza dei requisiti per il rilascio gratuito del passaporto ai sensi della predetta legge. Viste le difficoltà interpretative che l'attuale normativa è suscettibile di comportare, si ritiene comunque opportuno procedere ad una revisione, attuabile per via amministrativa, che consenta una più agevole individuazione dei destinatari della norma. Resta inteso che gli indigenti hanno e continueranno ad ottenere gratuitamente il passaporto.
Per l'estensione delle ipotesi di gratuità ad altri soggetti, come gli studenti, come prospettato dall'onorevole interrogante, occorre invece una specifica legge decisa dal Parlamento, non potendosi procedere con semplice circolare.
Quanto alle altre domande si fa presente che:
le entrate ottenute dal pagamento dei libretti sono già destinate per legge (n. 43
del 2005) a coprire i costi per l'introduzione ed il mantenimento del passaporto elettronico;
le tasse annuali sul passaporto (sia quelle di rilascio che quelle periodiche), non possono essere destinate direttamente al pagamento all'estero del lavoro temporaneo (interinale): esse infatti afferiscono, per legge, in modo indifferenziato alle Entrate dello Stato, la cui destinazione è di volta in volta decisa dal Parlamento, e non dal Governo, con l'approvazione delle singole leggi di spesa. Ciò non esclude ovviamente la volontà e l'interesse prioritario del Governo a reperire i fondi per tale finalità.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
ARMOSINO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'INPS denuncia un calo degli Ispettori del Lavoro in relazione all'aumento delle aziende irregolari;
nel 2004 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha bandito un concorso pubblico (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 23 novembre 2004), per complessivi 795 posti di Ispettore del Lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per i suoi uffici periferici ubicati in sedici regioni;
la procedura concorsuale ha determinato 795 vincitori e 946 idonei non dichiarati vincitori, collocati nelle rispettive graduatorie regionali di partecipazione;
considerato che la lotta all'evasione fiscale rappresenta uno dei presupposti indispensabili per riportare, all'interno di un quadro normativo certo, somme utili ai fini del conseguimento degli obiettivi imposti dal Trattato di Mastricht -:
si chiede se il Governo ha intenzione di potenziare i servizi ispettivi, e se intende adottare iniziative normative, affinché il Ministero del lavoro e della previdenza sociale sia autorizzato ad assumere gli idonei della procedura concorsuale di cui sopra per la copertura delle carenze di organico nell'area funzionale C2 profilo professionale Ispettore del Lavoro.
(4-01148)
Risposta. - La procedura concorsuale menzionata nell'interrogazione si è conclusa con l'assunzione di tutti gli Ispettori del Lavoro risultati vincitori, assegnati agli Uffici operativi - Direzioni regionali e provinciali del lavoro, secondo la ripartizione regionale prevista dai bandi di concorso.
Per quanto riguarda l'assunzione degli idonei, si fa presente che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) all'articolo 1, comma 544 ha autorizzato questa Amministrazione:
«a) all'immissione in servizio fino a trecento unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici, per esami, a complessivi 795 posti di ispettore del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione».
Al successivo comma 545, infine, è stabilito che «per l'attuazione del comma 544, a decorrere dall'anno 2007 è autorizzata la spesa annua di 8,5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera a) e di 5 milioni di euro con riferimento al comma 544, lettera b).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
BELLOTTI e ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è compito dello Stato garantire la sicurezza e l'incolumità di ciascuna persona che circoli e soggiorni sul territorio nazionale;
l'efficienza della rete stradale, è uno degli strumenti per garantire la sicurezza degli utenti nonché lo sviluppo del sistema economico;
da quanto si evince, però, dall'articolo apparso nel sito internet www.lautoaffare.it, tratto dal giornale L'Arena, del 26 settembre 2006 «La Transpolesana è un film dell'orrore», sulla base di un'indagine svolta dalla polizia locale su disposizione del sindaco Gandini, la superstrada Transpolesana presenterebbe numerose irregolarità che renderebbero il percorso stradale pericoloso ed estremamente inefficiente;
la superstrada sarebbe costellata di segnali incongruenti (tra i quali quelli che prevedono il limite di 50 in prossimità dei distributore IP e quello di 40 posto al chilometro 35 ritenuti ingiustificati dalla polizia locale) e spesso accavallati in pochi metri, limiti di velocità altalenanti pur in presenza dello stesso fondo stradale, cartelli oscurati da una fitta vegetazione che li renderebbe invisibili, un manto stradale fortemente dissestato e cumuli di rifiuti abbandonati nelle piazzole di sosta e sulle corsie di emergenza;
l'indagine avrebbe registrato, tra l'altro, un aumento degli incidenti stradali, mortali, gran parte provocati dall'assenza di idonee condizioni di sicurezza;
il sindaco di Legnago, in occasione dell'incontro con i vertici dell'Anas, supportato dallo studio documentale redatto, avrebbe richiesto di «razionalizzare e riorganizzare quanto prima la segnaletica verticale nonché attuate quelle manutenzioni necessarie e sanare un quadro fortemente critico»;
la società avrebbe dichiarato che sarebbe in attesa dell'approvazione del piano triennale per dar corso a un pacchetto di opere per complessivi 6,9 milioni di euro da destinare al rafforzamento della segnaletica e al rifacimento della pavimentazione e delle sovrastrutture;
il quadro emerso dall'articolo apparso nel sito internet www.lautoaffare.it, tratto dal giornale L'Arena, del 26 settembre 2006 «La Transpolesana è un film dell'orrore», appare fortemente critico e necessita di seri e rapidi interventi tenuto conto che la superstrada Transpolesana, una delle dieci arterie più trafficate d'Italia, sarà collegata nel 2007 alla A13;
il fatto sopra descritto, inoltre, mette in rilievo uno dei problemi storici del nostro paese, la carenza di un sistema infrastrutturale efficiente; in un contesto internazionale molto competitivo quale quello in cui ci troviamo a vivere, tale assetto non può più essere tollerato -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure concrete di propria competenza intenda adottare affinché serie e tempestive misure vengano adottate per rendere efficiente e sicura la superstrada Transpolesana;
se sia intenzione del Governo adottare provvedimenti tesi a migliorare e razionalizzare la rete stradale nazionale, al fine di garantire l'incolumità degli utenti e favorire uno sviluppo economico del sistema Paese sempre più competitivo.
(4-01961)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'ANAS s.p.a. fa conoscere che lungo la strada statale Transpolesana, oltre all'attività di manutenzione ordinaria, sono in corso lavori di completamento e di adeguamento della sede stradale alle norme CNR tipo III con installazione di barriere di sicurezza centrali ed eliminazione degli incroci a raso inclusi nel 2o lotto, 3o stralcio da Oppiano a Legnago.
Per tale intervento è in atto un'azione costante di monitoraggio per la verifica dell'applicazione di tutti i sistemi di sicurezza atti a garantire idonee condizioni di transitabilità durante il corso delle lavorazioni. L'impresa appaltatrice è obbligata contrattualmente ad attuare un servizio di guardiania 24 ore su 24 che prevede la verifica ed il ripristino della segnaletica stradale al fine di mantenere le condizioni di sicurezza della circolazione stradale.
Il programma delle lavorazioni prevede la progressiva eliminazione di tutte le criticità esistenti lungo il tratto di arteria interessato.
In tale ottica si è già provveduto all'apertura al traffico di due sottopassi e di un cavalcavia eliminandosi così tre incroci a raso particolarmente critici esistenti lungo il tratto stradale interessato.
Nell'ambito del programma dei lavori, al fine di contenere il disagio per gli automobilisti, è prevista l'apertura al traffico di tratti di strada funzionali e completi in ogni loro parte fino al completamento previsto entro il mese di settembre del corrente anno.
In ordine alle osservazioni sulle condizioni di sicurezza della statale, l'ANAS rappresenta in via generale quanto segue:
in concomitanza dei cantieri vengono adottate segnaletiche provvisorie per consentire l'esecuzione dei lavori nel rispetto delle norme di sicurezza previste dal Codice della Strada;
la contestuale apertura di più cantieri di lavoro è legata ad esigenze di carattere logistico tese ad una rapida ultimazione dei lavori;
alcune limitazioni alla velocità sono state poste, per esigenze di sicurezza, in corrispondenza di tratti caratterizzati da fondi stradali in attesa di manutenzione;
ad ultimazione di tutti i lavori è prevista la sistemazione definitiva della strada.
La società stradale rappresenta infine di aver previsto interventi per la segnaletica e la pavimentazione, subordinatamente alle risorse finanziarie che si renderanno disponibili.
In merito quindi ai provvedimenti tesi a migliorare e razionalizzare la rete stradale nazionale, si ritiene opportuno fare riferimento al documento «infrastrutture prioritarie» predisposto dal Ministero delle infrastrutture e presentato lo scorso 16 novembre 2006 a seguito degli incontri tenutisi con tutte le Regioni italiane.
L'operazione di complessiva rivisitazione del 1o programma delle infrastrutture strategiche ha preso le mosse, innanzitutto, dalla volontà dell'attuale Governo di definire un quadro generale di scelte infrastrutturali per lo sviluppo del Paese che sia frutto di un processo di programmazione, condiviso e partecipato dalle Regioni e dagli enti locali e territoriali.
Partendo dal fondamentale insegnamento della Corte Costituzionale, reso con la nota sentenza n. 303 del 2003 proprio sulla Legge Obiettivo, si è costruito un utile e necessario percorso con incontri presso i governi regionali dove hanno assunto pieno risalto le istanze e i bisogni espressi dalle realtà territoriali.
Si sono così instaurati, al di là della ritualità dell'intesa da formalizzare in Conferenza Unificata, sedi e momenti di confronto, di comune ragionamenti, riflessioni e approfondimenti in una logica di responsabile, reciproca cooperazione.
Obiettivo comune, in quelle sedi, è stata la convinzione che una programmazione delle reti infrastrutturali destinata ad incidere profondamente sugli assetti territoriali di lungo periodo, oltre ad avere quale riferimento obbligato gli scenari transnazionali, debba nascere da un quadro di opzioni e di scelte in cui i diversi attori del governo del territorio possono riconoscere le proprie istanze, identità e vocazioni.
Ovviamente non si è trattato di una automatica registrazione di proposte e di alternative che avrebbero poi dato luogo ad una disarticolata serie di interventi sganciati da ogni rigorosa verifica di sostenibilità finanziaria.
Infatti, pur nel contesto di una programmazione condivisa e concertata, spetta al Governo assumere scelte responsabili per definire una visione strategica, argomentare il quadro delle decisioni adottate ed ottimizzare il processo di realizzazione degli interventi in funzione della disponibilità nel tempo delle risorse necessarie.
Le caratteristiche geografiche del territorio peninsulare e insulare italiano, la sua conformazione orografica e, ad un tempo, la densità insediativa, la qualità e il numero di centri urbani, impongono un'idea
dello sviluppo del territorio che guardi alle grandi armature infrastrutturali non solo in termini trasportistici, bensì come «opere territoriali». Vale a dire opere capaci di innescare - per la loro vocazione a radicarsi nel contesto in cui sono inseriti -, diffusi ed equilibrati processi di sviluppo sostenibile.
Il miglioramento e il potenziamento della dotazione infrastrutturale (in termini di reti e nodi, di plurimodalità e di logistica) e soprattutto dei grandi assi di collegamento (corridoi paneuropei e nazionali), costituiscono, con tutta evidenza, una prima condizione necessaria per prevenire fenomeni di marginalizzazione ed incrementare, di contro, la competitività territoriale.
D'altro canto, questa stessa condizione non appare di per sé sufficiente a perseguire quegli obiettivi. Ciò in quanto le grandi armature infrastrutturali, caratterizzate da un basso numero di nodi logistici (passeggeri e merci), sono pericolosamente orientate a far nascere nuove marginalità, nei territori non direttamente serviti, e per altro verso impoverire il profilo ambientale di quei territori che, pur attraversati dai fasci infrastrutturali, non si configurano come nodi del sistema.
Per questo i corridoi paneuropei e nazionali devono essere parte di un progetto di sviluppo dei territori che guarda con eguale attenzione sia alle aree più avanzate del Paese sia a quelle che ancora soffrono ritardi nei loro livelli di sviluppo.
In tal senso ogni sforzo deve essere compiuto per potenziare le connessioni delle grandi reti materiali e immateriali sia con i grandi centri urbani sia con quei territori urbanizzati di «secondo livello» su cui concentrare gli sforzi necessari per coniugare competitività e coesione.
In questo scenario, integrare la localizzazione delle infrastrutture e lo sviluppo del territorio nazionale significa potenziare le reti secondarie e il loro collegamento alle reti principali nonché favorire un accesso più equilibrato sul piano territoriale al traffico intercontinentale tramite un'adeguata distribuzione di porti e aeroporti, potenziamento il loro livello di servizio e di collegamento con il retroterra.
Questi indirizzi di politica territoriale e per le infrastrutture rappresentano i presupposti degli schemi di programmazione in corso di elaborazione da parte del Ministero delle infrastrutture alla cui definizione hanno concorso attivamente le Regioni, le Province, le Città ed il partenariato economico e sociale.
Le considerazioni esposte permettono di individuare tre linee programmatiche tra loro strettamente integrate e interagenti.
La prima linea programmatica riguarda lo sviluppo delle capacità di trasporto e logistiche dell'armatura infrastrutturale del territorio nazionale. Sviluppo di capacità che passa, necessariamente, attraverso il potenziamento e la messa a sistema: delle grandi direttrici strategiche e dei relativi nodi di rango internazionale e degli assi e dei corridoi di rilevanza nazionale e «transfrontaliera», con particolare attenzione ai corridoi tirrenico e adriatico ed alle loro diramazioni, alle trasversali peninsulari ed al potenziamento delle connessioni con l'Italia insulare.
La seconda linea programmatica affronta l'intreccio tra le grandi direttrici strategiche, le «reti lunghe», e i territori. Con essa sono definiti i criteri di azione e gli interventi necessari per trasformare le opere infrastrutturali in efficaci strumenti di sviluppo e di coesione territoriale. Questa linea programmatica ha costituito il perno della concertazione da tempo avviata tra Amministrazione centrale ed enti territoriali. L'obiettivo è quello di assicurare al processo di costruzione dei corridoi transeuropei una forte condivisione interistituzionale. Solo attraverso l'integrazione tra politiche nazionali, da un lato, e politiche regionali e locali, dall'altro, è possibile pervenire al rafforzamento dei sistemi territoriali e delle reti di città, nel contesto della progressiva unificazione dello spazio europeo.
Infine, la terza linea programmatica ha come obiettivo quello di dare risposta alle domande di accessibilità e di mobilità che provengono dalle due principali macroaree geografiche del Paese. Le regioni centro
settentrionali manifestano a chiare lettere l'insostenibilità di una situazione di vera emergenza infrastrutturale. D'altro canto, come è stato ribadito nel QSN e nel Dpef 2007-2011, è necessario orientare, potenziare e accelerare il processo di sviluppo territoriale delle regioni meridionali italiane per trasformarle nelle porte di accesso agli scambi da e verso la sponda meridionale del Mediterraneo. All'interno di questo secondo profilo, egualmente rilevanti diventano le specificità dei territori insulari.
Gli indirizzi programmatici sopra esposti definiscono contemporaneamente una strategia rivolta al Paese come insieme, come spazio comune, come dato unitario delle politiche nazionali di sistema. D'altro canto, è riconosciuta l'esistenza di due questioni valutate di rilevanza nazionale che, all'interno del quadro generale, richiedono di essere trattate.
La «Questione settentrionale» è rappresentata da un territorio urbanizzato sempre più esteso, fitto e irregolare, a cui si accompagna una domanda di accessibilità e di mobilità - per persone e merci - debolmente soddisfatta da un'offerta infrastrutturale con gravissimi deficit qualitativi e quantitativi, relativi sia alle connessioni con le «reti lunghe» - Corridoi europei, rotte aeree, rotte marittime ecc. - sia alla mobilità interna dei territori regionali e dei sistemi urbani.
Le diagnosi sviluppate da questo Ministero, ampiamente recepite dagli strumenti CE programmazione economica e finanziaria in corso di elaborazione, mettono in evidenza la crucialità, ai fini dello sviluppo del Paese, della soluzione di questo insostenibile conflitto tra domanda e offerta infrastrutturale, che si manifesta nelle regioni Centro settentrionali.
Il potenziamento di questi territori passa per la necessità di affrontare e risolvere i problemi della congestione e del complesso delle diseconomie esterne da essa derivate.
La «Questione meridionale» ha, negli scenari della globalizzazione, assunto termini nuovi. Il nuovo orientamento dei traffici mondiali ha attribuito al Mediterraneo una nuova centralità. Conseguentemente il Mezzogiorno non è più, potenzialmente, un'area marginale, ma può legittimamente aspirare al ruolo strategico di porta europea per i traffici con i paesi del Lontano e Medio Oriente e del Nord Africa.
Questa opportunità richiede l'individuazione di varchi di accesso - portuali e aeroportuali - e di reti di connessione con l'area continentale. L'infrastrutturazione del Mezzogiorno non significa, tuttavia, intervenire solo con grandi opere: strade, autostrade, porti e aeroporti, ma anche attraverso infrastrutture soft di contesto o di prossimità direttamente funzionali all'insediamento, al funzionamento e allo sviluppo del tessuto produttivo.
Occorre, in sintesi, contrastare l'eventualità che l'Italia divenga una semplice piattaforma di ingresso e di spostamento delle merci, fatto che porterebbe tra l'altro ad aumentare in alcune aree del Paese livelli di congestione già insostenibili. Al contempo, rimanere estranei al circuito logistico prodotto dalla globalizzazione significa pagarne gli svantaggi senza poterne utilizzare le potenzialità positive.
È necessario, dunque, considerare il nostro Paese come un solo spazio economico e di vita, all'interno del quale garantire collegamenti merci e passeggeri tra i principali capoluoghi - oggi, sia al Sud che al Nord, difficili quando non impossibili - e dove lavorare per una integrazione tra i diversi nodi del sistema dei trasporti, nel contesto di una compiuta, partecipata, organica visione delle trasformazioni che stanno interessando il territorio nazionale.
In coerenza con gli indirizzi strategici espressi, la proposta di programmazione degli interventi infrastrutturali per i prossimi anni rispetterà tre fondamentali criteri di individuazione e di scelta delle priorità:
1) la condivisione tra i livelli istituzionali nazionale, regionale e subregionale della gerarchia delle priorità di intervento;
2) la coerenza con il disegno generale di programmazione dello sviluppo del territorio nazionale, così come rappresentato dalla individuazione di alcuni ambiti territoriali strategici, che trova forza e autorevolezza
nell'essere la sintesi critica di un lavoro comune di scrittura tra Stato e Regioni;
3) lo stato di avanzamento e i livelli di sostenibilità, complessiva degli interventi, nonché la compatibilità delle scelte con le risorse effettivamente disponibili e i tempi individuati per il loro impiego, criterio a cui si è conformato il Documento di programmazione là dove, inizialmente, individuava lo «stato di consistenza» delle opere infrastrutturali «avviate», cioè di quelle che, comunque, necessitano di essere portate a compimento e rese fruibili, al fine di evitare, come ha sottolineato la Ragioneria Generale dello Stato, «la dispersione delle disponibilità finanziarie tra molti interventi la cui completa realizzazione rimarrebbe pregiudicata a causa della mancanza di fondi». Le opere qualificate come «avviate» sono al loro interno ordinate in: «cantierate», definite come priorità 0; «affidate», definite come priorità 1; «in gara», definite come priorità 2.
Oltre le definizioni, si tratta, in sintesi, di tornare ai principi fondamentali di corretta gestione della cosa pubblica, che possono utilmente essere adottati anche nelle scelte di programmazione degli investimenti in infrastrutture.
Il primo criterio di scelta ha riguardato il partenariato istituzionale Centro/Regioni, richiamato in Premessa.
In numerose occasioni di confronto e di dialogo, tuttora in corso, tra Regioni e Amministrazione centrale è andata progressivamente definendosi un'immagine condivisa del territorio italiano. Si è discusso di come la nuova programmazione degli investimenti in infrastrutture potesse corrispondere ad una vasta, pressante ed articolata domanda di accessibilità, di mobilità, di qualità, che i territori esprimono.
Le priorità di intervento individuate dalle Regioni - e riprese all'interno della proposta di programmazione - incardinano la visione generale ai territori regionali. La visione generale acquisisce, così, valenze ulteriori e si precisa. Si integrano in maniera più stringente anche le indicazioni provenienti dalle programmazioni di settore oltre che dai grandi quadri programmatici elaborati a livello europeo e nazionale, quali, ad esempio, le reti Ten e il Programma per le infrastrutture strategiche.
La riflessione avviata dal Ministero delle infrastrutture sui temi dell'azione territoriale e sui luoghi di concentrazione di questa, nella prossima programmazione, che ha avuto il suo focus nei lavori preparatori del QSN e che si è progressivamente alimentata dei contributi delle Regioni, ha portato all'individuazione di parti del territorio nazionale, dove è ipotizzabile si possano concentrare le funzioni di eccellenza dell'economia, della conoscenza e dell'innovazione. Sono le aree territoriali del Paese, che sostanziano il secondo criterio, capaci di raggiungere i più alti livelli di competitività e di eccellenza nell'offerta territoriale e nella produzione di ricchezza.
Si è configurata una definizione del territorio nazionale articolata in tre livelli:
Piattaforme transnazionali, attestate sui corridoi transeuropei, che rappresentano gli spazi di saldatura dell'Italia al sistema europeo;
Piattaforme nazionali, individuate sulle trasversali Tirreno-Adriatico, che rappresentano gli spazi di rafforzamento delle connessioni tra Corridoi transeuropei, nodi portuali ed armatura territoriale di livello nazionale;
Piattaforme interregionali, che integrano e completano le piattaforme nazionali, a sostegno dello sviluppo policentrico per il riequilibrio territoriale.
Il disegno generale di programmazione territoriale e settoriale integra e porta a sintesi critica sia le diagnosi di scenario su scala nazionale (dal Master Plan delle reti Ten dei trasporti e dei Corridoi al Piano generale dei trasporti e della logistica alla rete delle autostrade del mare), i programmi delle agenzie nazionali (Anas, Ferrovie dello Stato, Enac, Autorità portuali) e le proposte formulate dalle Regioni d'intesa con gli enti locali.
Resta, infine - terzo criterio di selezione e scelta delle priorità - la necessità di
rispettare stringenti obiettivi di qualificazione della spesa pubblica. L'efficacia attesa dall'intervento è stata relazionata ai parametri che meglio rappresentano la qualità del processo decisionale e di realizzazione.
La ricognizione degli interventi infrastrutturali - individuando le priorità su base regionale - dà riscontro - regione per regione - dello stato di consistenza delle opere in modo da consentire, attraverso l'analisi dello stato di avanzamento progettuale e del grado di copertura finanziaria, una puntuale valutazione dell'efficacia dell'intervento in termini di fattibilità tecnico-finanziaria e di rappresentatività economico-territoriale.
In questo quadro, il documento che si propone costituisce il primo fondamentale tassello del percorso fin qui delineato, restituendo in forma sintetica i quadri esigenziali delle priorità infrastrutturali individuate a livello regionale.
Spetta ora all'Amministrazione centrale, di concerto con le regioni, armonizzare i diversi quadri regionali per individuare un sistema integrato, coerente con le strategie di sviluppo nazionale, convincentemente fattibile in tempi certi e programmabili, compatibile con le risorse ragionevolmente disponibili, equilibrato e capace di rispondere ai diversi obiettivi programmatici generali e settoriali.
Il lavoro proposto, da un lato, disegna una strategia complessiva del Paese come dato unitario di politica nazionale di sistema, dall'altro, con la stessa intensità, richiede uno sforzo unitario dell'intero Governo per assicurare, nel corso dell'attuale fase di messa a punto della legge finanziaria e nei prossimi anni, lo sforzo adeguato di individuazione e di allocazione delle risorse finanziarie necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di adeguamento e di sviluppo infrastrutturale del territorio italiano.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BENZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Alserio, Como, sette consiglieri (cinque di maggioranza e due di opposizione) pari alla metà più uno dei Consiglieri assegnati, hanno presentato dimissioni in data 21 aprile 2006, configurandosi così nell'Ente l'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 1, lettera b) punto 3 TUEL;
la circostanza veniva il giorno successivo comunicata dalla segretaria Comunale al Prefetto di Como;
lo stesso 22 aprile 2006 quattro dei suddetti consiglieri revocavano le dimissioni, in difformità a quanto previsto dall'articolo 38, comma 8 del TUEL, che recita «le dimissioni dalla carica di Consigliere sono irrevocabili»;
nei giorni successivi i funzionari dell'Amministrazione Comunale approfondivano e esplicitavano alcune modalità relative alla presentazione delle dimissioni da parte di uno dei Consiglieri, il quale attestava di aver presentato e firmato l'atto di fronte a un dipendente Comunale, ma di non essere stato presente al momento della consegna del documento al personale addetto al Protocollo;
sulla base di tale circostanza, comunicatagli dalla Segreteria Comunale il Prefetto di Como dichiarava che non si configuravano le circostanze per lo scioglimento del Consiglio Comunale, essendo non valide le dimissioni presentate da un consigliere;
il Sindaco di Alserio ha proceduto alla surroga dei due consiglieri che non avevano ritirato le dimissioni, mentre non ha surrogato i quattro consiglieri che le
avevano ritirate, di conseguenza il Consiglio Comunale di Alserio funziona e delibera con la presenza di quattro consiglieri che, alla luce del TUEL, non hanno più titolo per svolgere questo ruolo -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa e se ritenga di intervenire perché sia ripristinata una situazione di chiarezza sulla corretta costituzione del Consiglio Comunale di Alserio, sulla legittimità dei quattro consiglieri non surrogati a farne parte, conseguenzialmente sulla
legittimità degli atti assunti dal 21 aprile in poi.
(4-02533)
Risposta. - L'istituto dello scioglimento dei consigli comunali per riduzione ultra dimidium indotta da dimissioni collettive ha già, in passato, richiesto un intervento chiarificatore del legislatore volto ad introdurre elementi di maggiore certezza in ordine ai presupposti di tale ipotesi dissolutoria.
L'attuale formulazione degli articoli 38 e 141, n. 3, lettera b) del testo unico 267/2000, così come risultanti dopo l'intervento di modifica di cui al decreto-legge 80 del 2004 convertito con legge 140/2004, ha in effetti diminuito le controversie interpretative; tuttavia, come si evince da una nutrita casistica, permangono tuttora dei punti problematici, in particolare per quanto concerne gli effetti da riconoscere alla manifestazione di volontà recessiva dei singoli consiglieri in presenza di vizi procedurali o formali tali da rendere invalido l'atto collettivo di dimissioni.
Nel caso del Comune oggetto dell'interrogazione, il 22 aprile 2006 la Prefettura Ufficio territoriale del Governo di Como riceveva da Segretario Comunale di Alserio la comunicazione delle contestuali dimissioni di sette consiglieri su dodici assegnati. Successivamente, sempre nella stessa giornata del 22 aprile, perveniva copia delle revoche delle dimissioni presentate da quattro dei predetti consiglieri.
Poiché l'articolo 38 del testo unico degli enti locali, nel testo novellato, prevede che le dimissioni debbano essere presentate personalmente ovvero tramite persona munita di delega autenticata, con nota del 24 aprile seguente la Prefettura chiedeva al Segretario Comunale di far sapere se le dimissioni dei consiglieri fossero state presentate nelle forme previste dalla norma citata.
In risposta, il 26 aprile lo stesso Segretario comunale precisava che soltanto sei consiglieri avevano presentato personalmente le contestuali ed immediate dimissioni; non così un settimo consigliere, che, oltre a non averle presentate personalmente al protocollo, non si era neppure avvalso delle forme alternative indicate dalla legge (atto autenticato presentato per il tramite di persona munita di delega anch'essa autenticata).
Da ciò discendeva che, nella fattispecie, non essendosi concretata l'ipotesi di riduzione ultra dimidium dell'organo consiliare per dimissioni contestuali della metà più uno dei consiglieri assegnati, non veniva a configurarsi alcuna ipotesi dissolutoria fra quelle previste dall'articolo 141 del testo unico e, pertanto, nessun provvedimento in tal senso poteva essere adottato dall'Amministrazione dell'Interno; circostanza che veniva formalmente comunicata all'ente con nota del Prefetto di Como del 27 aprile 2006.
Giova osservare, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza prevalente ed il parere del Consiglio di Stato n. 98193 del 30 agosto 2006, sono da ritenere invalide ed inefficaci a tutti gli effetti le dimissioni collettive presentate dalla maggioranza dei consiglieri in forma irrituale ai sensi dell'articolo 38, comma otto, del testo unico enti locali Ampia e costante giurisprudenza (TAR Basilicata n. 241 del 20 maggio 2003; TAR Campania n. 1011 dei 20 febbraio 2003, n. 846 del 29 gennaio 2004; TAR Puglia n. 3699 del 26 agosto 2004) ha infatti evidenziato la natura collettiva dell'atto di dimissioni dei consiglieri a fini dissolutori, «sorretto effettivamente da una volontà tipica, quella di pervenire alla dissoluzione dell'organo rappresentativo» (Consiglio di Stato sez. V, n. 6006 del 9 ottobre 2006).
In tale atto, pertanto, la volontà dei dimissionari è volta non già alla rinuncia alla carica fine a se stessa bensì ad essa quale strumento per realizzare, unitariamente e concordemente, l'intento comune dello scioglimento del consiglio.
Ne deriva che, secondo la giurisprudenza prevalente, la contestualità ed unitarietà dell'obiettivo impedisce di valutare alla stregua dell'articolo 38 del testo unico enti locali le manifestazioni di volontà dei dimissionari, che costituiscono, per l'elemento volontaristico e quello causale che le contraddistinguono, un atto collettivo; pertanto, l'invalidità di taluna di esse, che ne riduca il numero determinando il mancato raggiungimento del quorum della metà più uno dei consiglieri assegnati, non ha altra
conseguenza che il mancato effetto dissolutorio. In tali casi, non si dovrebbe procedere alla surroga, considerato che tale istituto è previsto per l'ipotesi di semplice rinuncia individuale alla carica e non già per l'ipotesi in cui il consigliere abbia inteso, attraverso le dimissioni congiunte con altri consiglieri, determinare la fattispecie dissolutoria.
Tali considerazioni sono state portate a conoscenza di alcuni consiglieri di minoranza del Comune sia nel corso di appositi colloqui in Prefettura, sia con una nota ufficiale in data 23 gennaio 2007 con la quale, rispondendo ad una segnalazione circa l'asserita illegittimità nella costituzione dell'organo assembleare consiliare, è stato ribadito l'univoco orientamento del Ministero dell'interno; ovvero quello di non dar corso, nel caso di fallimento del disegno unitario di provocare l'effetto dissolutorio per vizio di forma di alcuni degli atti di dimissioni, alla volontà dei dichiaranti di dimettere il mandato.
Per quanto riguarda, in generale, l'esigenza di un'uniforme e corretta applicazione dell'articolo 141, comma 1, lettera b) n.3 del testo unico, si precisa che essa resta ben presente all'attenzione del Ministero dell'interno, che peraltro già più volte ha avuto modo di occuparsene con circolari, pareri e risposte a quesiti.
Al riguardo, ferme restando le valutazioni del Parlamento sull'eventuale necessità di ulteriori interventi correttivi, il Ministero dell'interno ha intenzione di intervenire in sede di disegno di legge delega per la riforma del testo unico degli enti locali, con un articolo autonomo o con un emendamento da apportare alla disposizione esistente, per chiarire ulteriormente la norma in modo da favorirne una sempre più univoca e coerente applicazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
BERTOLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che lo scorso 3 luglio è deceduta una sedicenne di Novellara (Reggio Emilia), Greta Pavarini, vittima delle complicazioni legate ad un intervento chirurgico eseguito per affrontare un caso di peritonite, che non sarebbe stata evidenziata dalle visite mediche sostenute nei giorni precedenti;
la causa del decesso della ragazza non sembra legata direttamente alla peritonite, ma a un «tamponamento cardiaco», che potrebbe essere stato provocato dal catetere applicato fra spalla e braccio per favorire l'alimentazione della paziente senza ricorrere alle continue iniezioni;
sempre da notizie di stampa, risulterebbero coinvolti medici e paramedici che si sono occupati, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, delle cure della ragazza e al suddetto personale medico e paramedico sarebbero stati notificati degli avvisi di garanzia;
rimane fermo l'apprezzamento e la piena fiducia per il lavoro che sta svolgendo in merito la magistratura -:
se il Ministro in indirizzo non intenda procedere immediatamente a delle verifiche sull'accaduto;
quale sia il grado di adeguatezza o meno della struttura ospedaliera che ha accolto la ragazza;
in maniera dettagliata tutto il percorso che ha condotto, purtroppo, la ragazza alla morte;
in che data si è recata per la prima volta nell'ospedale di Guastalla, a che ora è stata visitata, chi era il medico o i medici che l'hanno visitata, cosa le hanno diagnosticato, che cure hanno prescritto;
il nome del medico che ha diagnosticato l'infezione virale invece che l'appendicite;
il comportamento del Direttore Generale dell'ospedale durante le cure impartite alla ragazza e, soprattutto, in seguito alla morte;
se al Governo risulti che siano state intraprese delle azioni in merito dall'assessore alla sanità della Regione Emilia Romagna il quale - consta all'interrogante - ha mantenuto un assoluto silenzio;
inoltre, che cosa intenda fare in merito il Ministro interrogato visto che quello descritto non è il primo caso di morte per interventi chirurgici definiti «banali» e che è inconcepibile ed assurdo che nel 2006, dopo tanti traguardi raggiunti dalla medicina nella cura e prevenzione di malattie, che sembrava non potessero essere mai curate, si debba morire di appendicite.
(4-00508)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi trasmessi dal Presidente della Regione Emilia-Romagna e relativi alla ricostruzione cronologica degli eventi e agli elementi più significativi del percorso assistenziale fornito alla paziente.
Nei due giorni precedenti al primo ricovero presso l'Ospedale di Guastalla, la paziente è stata visitata da quattro medici: il medico curante della madre, quello della ragazza stessa, un medico di continuità assistenziale ed il medico del pronto soccorso di Guastalla: Presso il pronto soccorso la paziente si era, infatti, presentata per la prima volta il giorno 21 giugno 2006 alle ore 17,45 riferendo sintomatologia epigastrica insorta il giorno stesso; dopo gli accertamenti del caso, la ragazza è stata dimessa, con invio al curante con diagnosi di epigastalgia.
In data 23 giugno la paziente si è presentata nuovamente al pronto soccorso alle ore 19,17, con dolori addominali diffusi e febbre. Dopo l'esecuzione di indagini diagnostiche e consulenza chirurgica, è stata ricoverata presso l'unità operativa di chirurgia generale, dove è rimasta degente fino alle ore 6,00 circa del 29 giugno.
Durante il ricovero, il quadro obiettivo e la sintomatologia clinica ponevano diversi dubbi diagnostici, che venivano esplorati con l'effettuazione di numerosi esami laboratoristici e radiologici, compresa la TAC.
Veniva, inoltre, effettuata, in data 28 giugno una laparotomia esplorativa che portava a individuare e, quindi, a trattare una peritonite saccata provocata da perforazione dell'appendice. Al termine dell'intervento veniva inserito un catetere in succlavia destra per favorire la ripresa della paziente mediante nutrizione parenterale ipercalorica.
Il decorso post-operatorio è risultato regolare fino alle ore 5,30 del 29 giugno, quando sono comparsi segni di shock. La paziente veniva prontamente assistita prima dal medico internista e poi, in rapida successione, dal rianimatone e dal cardiologo di guardia; quest'ultimo diagnosticava all'esame ecocardiografico un tamponamento cardiaco.
La ragazza veniva trasferita in unità coronarica, mentre contemporaneamente era allertata la cardiochirurgia dell'ospedale di Parma. Poiché subentrava però un arresto cardiaco venivano praticate immediatamente pericardiocentesi, rianimazione BLS, stabilizzazione emodinamica. Essendo in stato di coma, la paziente veniva ricoverata presso il servizio di rianimazione dell'ospedale di Guastalla. Venivano effettuate le indagini diagnostiche e le cure del caso fino alle ore 16,00 del giorno successivo, 30 giugno, quando la paziente era trasferita presso la rianimazione dell'ospedale «Santa Maria Nuova» per encefalopatia post-anossica da arresto cardiaco, ove decedeva il giorno 3 luglio 2006.
Le direzioni sanitarie dell'ospedale di Guastalla e del presidio ospedaliero aziendale, già informate degli eventi nella mattina del 29 giugno, dopo il ricovero in rianimazione, hanno costantemente seguito l'evolversi della situazione.
Contemporaneamente hanno provveduto alla verifica della documentazione sanitaria e del percorso assistenziale. Dopo il trasferimento avvenuto il 30 giugno, le direzioni suddette hanno tenuto costanti contatti con la direzione della unità operativa di anestesia e rianimazione dell'ospedale «Santa Maria Nuova» fino al giorno del decesso.
In un quadro di massima trasparenza e allo scopo di fare piena luce sui fatti e sulle cause del decesso, le due direzioni aziendali hanno concordato sulla necessità di presentare all'autorità giudiziaria il referto che
è stato inoltrato lo stesso giorno del decesso da parte del direttore della unità operativa di anestesia rianimazione dell'ospedale «Santa Maria Nuova».
Il giorno 4 luglio 2006, la Procura della Repubblica di Reggio Emilia ha disposto il sequestro della documentazione sanitaria che è stata immediatamente fornita in originale, assieme all'elenco e alle generalità di tutto il personale che aveva prestato assistenza in data 21 giugno e dal 23 al 30 giugno 2006 presso l'ospedale di Guastalla.
In data 6 luglio 2006 la Procura ha disposto l'accertamento tecnico irripetibile (autopsia) e inviato avvisi di garanzia a 8 medici dell'ospedale di Guastalla: le indagini disposte dall'autorità giudiziaria sono in corso.
La direzione sanitaria dell'ospedale di Guastalla ha, nel frattempo, disposto una indagine interna conclusasi con la redazione di 5 relazioni depositate presso la Procura della Repubblica di Reggio Emilia il 14 luglio 2006, in piena collaborazione con l'autorità giudiziaria e nell'intento di fare chiarezza sull'episodio e sulla individuazione di eventuali responsabilità.
La Regione ha seguito lo svolgersi dei fatti, tenendosi in continuo contatto con le aziende sanitarie reggiane, ed ha ritenuto, sulla base degli accertamenti svolti dall'azienda Usl, di escludere problematiche legate a carenze organizzative o a carenze o malfunzionamento di attrezzature, che avrebbero motivato, come avvenuto per altri casi, la nomina di una apposita commissione regionale. Al momento, a seguito dell'intervento della Procura della Repubblica, il Presidente della Regione Emilia-Romagna ritiene opportuno evitare interferenze, in quanto l'accertamento di eventuali responsabilità professionali, compito specifico dell'autorità giudiziaria, è prevalente rispetto ad ogni altro intervento.
Dopo aver sottolineato che è compito del servizio sanitario regionale contribuire con il massimo impegno affinché dall'accertamento dei fatti possa derivare quanto necessario per ottimizzare la sicurezza e l'efficacia delle prestazioni sanitarie, lo stesso Presidente ha assicurato la massima collaborazione del citato servizio, e, in particolare, delle Aziende sanitarie di Reggio Emilia, disponibili ad ogni iniziativa che, sulla base degli accertamenti in corso, si renda utile al fine di garantire la maggiore trasparenza in merito alla vicenda.
Relativamente alle iniziative adottate dal Ministero della salute in tema di sicurezza delle cure o, meglio, di gestione del rischio clinico (Risk Management), va preliminarmente osservato che le cause degli eventi avversi in ambito clinico assistenziale sono o l'errore umano, cioè del professionista sanitario durante un intervento chirurgico o nella somministrazione di un farmaco o di una terapia, o l'errore causato da inefficienza organizzative del sistema sanitario.
Va tuttavia precisato che, pur in presenza di un sistema perfetto e di medici e personale altamente competenti, è impossibile eliminare del tutto la teorica possibilità dell'errore.
Nell'attuale mandato governativo, il Ministero della salute, nella certezza che l'attivazione dei diversi livelli di responsabilità concorra al miglioramento della qualità dell'assistenza, ha già avviato le iniziative necessarie ad affrontare in maniera integrata i diversi aspetti della sicurezza dei pazienti con:
il monitoraggio degli eventi avversi;
l'emanazione di raccomandazioni;
le strategie di formazione;
il supporto per la gestione degli aspetti assicurativi e medico-legali.
In questa logica, opererà il «Centro di riferimento nazionale sulla sicurezza dei pazienti», istituito per la prima volta in Italia nello scorso mese di dicembre, in accordo con quanto attuato in altri Paesi europei ed extraeuropei ed in linea con le indicazioni di tutti gli organismi internazionali che si occupano di sanità.
Sulla base del Patto sulla salute, sancito con l'intesa tra Governo e Regioni del 5 ottobre 2006, è stato concordato con le Regioni di pervenire alla stipula di un accordo sul Programma nazionale per la promozione permanente della qualità nel servizio sanitario nazionale, che conterrà,
tra l'altro, un capitolo dedicato al tema della sicurezza dei pazienti.
Relativamente al monitoraggio, è stato predisposto un sistema per l'allarme sui cosiddetti eventi sentinella, cioè quegli eventi di particolare gravità che, una volta segnalati, devono essere oggetto di immediate analisi e verifiche per comprenderne le relative cause; il modello, già pronto, dovrà essere applicato in tutti gli ospedali.
È stato, inoltre, messo a punto il «Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità» (SIMES), che diventerà uno degli strumenti del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) e si stanno predisponendo una serie di indicazioni per la prevenzione degli errori nelle procedure, da diramare a tutte le ASL e agli ospedali.
In merito all'aspetto fondamentale della formazione degli operatori sanitari, sono stati infatti già elaborati diversi programmi e, soprattutto, uno specifico «Manuale di formazione sulla sicurezza e gestione del rischio clinico» a disposizione di tutti gli operatori italiani.
Va evidenziato, peraltro, che il problema della sicurezza deve essere affrontato con la partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati, in particolare pazienti e familiari.
Per questo obiettivo, sono in fase di realizzazione una serie di materiali informativi che saranno distribuiti negli ospedali e sono state avviate campagne di comunicazione rivolte ai cittadini sul rischio clinico e la sicurezza delle cure.
Non deve essere sottovalutato l'aspetto della comunicazione dell'errore, che è un diritto del paziente, un dovere delle organizzazioni sanitarie e rappresenta uno dei principali pilastri su cui costruire un approccio di sistema per la sicurezza dei pazienti e la gestione degli errori in sanità.
Al riguardo, è in via di pubblicazione da parte del Ministero della salute una raccomandazione specifica sulla comunicazione dell'errore secondo criteri innovativi che sono in linea con geli indirizzi degli altri Paesi europei.
La questione degli aspetti medico legali ed assicurativi dovrà essere regolamentata con una legge che abbia come obiettivi principali, tra l'altro, la garanzia di percorsi rapidi per il risarcimento del danno ai cittadini, la previsione di assicurazioni obbligatorie di copertura dei danni da parte delle ASL e degli ospedali e una più corretta segnalazione degli errori da parte degli operatori, prevedendo l'obbligatorietà della segnalazione ma garantendone contestualmente la riservatezza.
Sempre in tema di rischio, si sottolinea la realizzazione della «Prima conferenza europea sul risk managenaent» promossa dal Ministero della salute lo scorso mese di dicembre, che ha visto riuniti ad Arezzo i massimi esperti internazionali del settore per un proficuo scambio di esperienze e di linee di azione operativa.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Serafino Zucchelli.
BERTOLINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro egli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si apprende che il Sottosegretario al Ministero degli affari esteri parteciperà al Forum sociale mondiale che si terrà a Nairobi, in Kenia, dal 20 al 25 gennaio con tre rappresentanti;
il primo appuntamento del Forum sociale mondiale fu a Porto Alegre nel 2001;
da documenti assunti si evince come questo evento si configuri come la solita parata antiamericana, antiglobalista, antioccidentale, pseudo-pacifista, alternativa al World Economic Forum di Davos;
ad avviso dell'interrogante, al di là dei grandi proclami di principio, questo ormai annuale appuntamento, organizzato con cospicui fondi a carico anche dei contribuenti italiani, non risulta, nei suoi contenuti, in linea con la politica estera italiana ed è la vetrina di movimenti ed organismi che si ricollegano solo alle sinistre anche estreme;
sulla base dei documenti assunti, secondo l'interrogante, questo appuntamento mondiale viene spiegato e motivato con il solito banale ideologismo terzomondista
che non corrisponde alla realtà, ma che viene propinato a piene mani senza la minima corrispondenza storica, politica, economica e sociale solo per giustificare le usuali posizioni antioccidentali, anti mercato, anti USA e così via;
a quanto pare l'Italia ha contribuito con 400 mila dollari, di cui 300 mila dal Governo Prodi e 100 mila dagli enti locali e i delegati italiani saranno in vetta alla classifica come partecipazione -:
se siano a conoscenza delle circostanze come sopra esposte;
se siano a conoscenza di ulteriori particolari dei quali vogliano mettere a conoscenza la Camera dei Deputati;
se la partecipazione di un sottosegretario di Stato ad una manifestazione dai contenuti, a giudizio dell'interrogante, assolutamente non in linea con la politica estera del nostro paese, come storicamente indirizzata ed individuata, non sostanzi una grave discontinuità nella posizione dell'Italia nello scacchiere geopolitico internazionale e nello schieramento filo-occidentale in particolare;
se i finanziamenti a favore di tale manifestazione non risultino assolutamente in contrasto con la politica economica restrittiva dell'attuale esecutivo come risulta dalla legge Finanziaria 2007, la quale prevede enormi sacrifici per i contribuenti italiani.
(4-02258)
Risposta. - Il Forum sociale mondiale, sin dalla sua prima edizione di Porto Alegre nel 2001, ha sempre costituito un significativo momento di dibattito e di confronto sui principali temi della cooperazione e della solidarietà internazionali e ad esso prendono parte numerosissimi esponenti della società civile, delle organizzazioni non governative e degli enti locali di tutto il mondo.
Il Forum sociale mondiale che si è tenuto a Nairobi dal 20 al 25 gennaio 2007, il primo realizzato in Africa, ha assunto un particolare rilievo per il pieno coinvolgimento della società civile africana e di importanti delegazioni di enti locali, fra le quali particolarmente attiva e numerosa quella italiana, che hanno preso parte al Forum delle autorità locali.
Gli organizzatori hanno invitato il Viceministro degli affari esteri Patrizia Sentinelli, accompagnata da due collaboratori, a partecipare ai lavori del Forum sociale mondiale e la sua presenza a Nairobi è apparsa pienamente giustificata sia in ragione delle deleghe attribuitele (cooperazione allo sviluppo ed Africa sub-sahariana) che in considerazione dell'opportunità, nella chiara distinzione di ruoli e di responsabilità, di seguire da vicino un dibattito ricco ed articolato e di mantenere il contatto con realtà significative come quelle espresse dalla società civile e dal mondo della cooperazione decentrata.
Va inoltre sottolineato che la missione in Kenya effettuata dalla Viceministra Sentinelli dal 22 al 25 gennaio 2007 le ha consentito di intrattenere contatti con le massime autorità kenyote (Presidente della Repubblica Mwai Kibaki e Ministro degli affari esteri Raphael Tujn), intesi a rafforzare le relazioni tra Italia e Kenya, e di avere incontri, come quello con il Primo Ministro della Somalia Ali Ghedi, utili anche ad approfondire il ruolo dell'Italia in relazione alla crisi somala.
Si segnala che nel corso della sua permanenza a Nairobi, il Viceministro Sentinelli ha firmato con la controparte kenyota due accordi attuativi di altrettanti progetti di cooperazione, in campo agricolo e sanitario e per un importo complessivo di 12 milioni di euro, il cui finanziamento era stato concordato tra le parti nel corso della precedente legislatura.
Il Viceministro ha altresì siglato il regolamento di attuazione dell'accordo di conversione del debito del Kenya (42 milioni di euro in dieci anni), concluso a Roma il 27 ottobre 2006 e il cui ammontare sarà destinato a fini sociali, in particolare al risanamento degli slums di Nairobi. Di tale questione si è discusso anche nell'ambito nel Forum sociale, ottenendo apprezzamento per l'iniziativa italiana.
Si informa infine che si è facilitata la realizzazione di attività di comunicazione e interpretariato per il Forum sociale.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
BIANCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, provvede ad istituire la Scuola Superiore della Magistratura;
da fonti giornalistiche si apprende della esclusione della città di Catanzaro quale possibile sede della Scuola per i distretti ricompresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
tale notizia avrebbe suscitato la preoccupazione dell'amministrazione comunale e della popolazione per le quali la presenza della Scuola avrebbe costituito motivo di attenzione alle esigenze e alle criticità del territorio;
la presenza di una sede della Scuola in Calabria, e segnatamente a Catanzaro, rappresenterebbe un segnale alto della presenza dello Stato in un'area a forte incidenza della criminalità organizzata e posizionata geograficamente al centro dell'area del Mezzogiorno che ricomprende i distretti interessati -:
quali linee direttrici intenda intraprendere al fine di individuare la sede della Scuola Superiore della Magistratura per i distretti ricompresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.
(4-02225)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame rappresento quanto segue.
Effettivamente, con decreto del 30 novembre, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ho provveduto a modificare il precedente decreto interministeriale del 27 aprile, che individuava in Bergamo, Latina e Catanzaro le province dove ubicare le tre sedi della Scuola Superiore della Magistratura.
Tale scelta è stata in primo luogo effettuata - come indicato nel decreto - perché le filiali dell'Agenzia del demanio, appositamente interpellate dall'Amministrazione, hanno segnalato che in nessuna delle suindicate province esistono immobili demaniali idonei allo scopo previsto.
In secondo luogo, si è tenuto conto della circostanza - anch'essa menzionata nel decreto del 30 novembre - che le sedi di Latina e Catanzaro risultano decentrate. La seconda, in particolare, distante dalle grandi arterie, appare difficilmente raggiungibile sia in treno sia in aereo.
Il fatto che dette sedi non siano agevolmente raggiungibili comporta inevitabilmente maggiori costi a carico dell'Erario per viaggi e permanenze.
Sono state considerate, inoltre, esigenze di complessiva redistribuzione di occasioni e di risorse materiali e culturali, nell'ambito di un disegno di più ampio respiro, riguardante l'intero territorio nazionale (si pensi, tra l'altro, anche alle scelte riguardanti le ubicazioni delle strutture penitenziarie di nuova costruzione o delle quali è progettato l'ampliamento). In tale ambito si terrà conto dell'esigenza di manifestare la presenza attiva dello Stato in un territorio ad elevata incidenza della criminalità organizzata.
In definitiva, per i motivi esposti, ho ritenuto che occorresse procedere quanto meno alla sostituzione delle sedi di Latina e Catanzaro, optando rispettivamente per le città di Firenze e Benevento.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
BONELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 22 febbraio 2006 il prefetto di Roma nominava una commissione d'accesso presso il consiglio comunale di Ardea al fine «di verificare se dai collegamenti degli ex ed attuali amministratori comunali con la criminalità organizzata, emersi nel corso delle indagini di polizia, sia conseguita, quale effetto degli stessi, la
compromissione della libertà di autodeterminazione degli organi elettivi, del buon andamento e della trasparenza, nonché del regolare funzionamento dei servizi e delle funzioni dell'ente locale interessato»;
detta commissione dopo una proroga ha completato i suoi lavori con la presentazione di una relazione al Prefetto di Roma dott. Achille Serra;
il 23 maggio il «Corriere della Sera» pubblicava un dettagliato articolo che riferiva di un'indagine della procura di Velletri che vede coinvolti comandante della polizia municipale di Ardea, Domenico D'Amario, 61 anni, il presidente della commissione Finanza e tributi e consigliere comunale di Forza Italia, Nazareno Sperandio, di 39, il direttore dell'Ufficio tecnico comunale, l'architetto Raffaele Mancini, e un suo impiegato, Enzo Traietti, di 53 e 56 anni;
la procura avrebbe notificato un totale di 17 avvisi di garanzia per reati che vanno dall'associazione a delinquere, alla concussione, alla corruzione, all'abuso d'ufficio;
il 7 giugno di quest'anno, inoltre veniva disarticolata un'importante organizzazione di narcotrafficanti attiva in Ardea;
la Commissione parlamentare antimafia, nella precedente legislatura, nella sua Relazione conclusiva scrive a pag. 747: «ad Anzio e Nettuno si può segnalare la sfera d'influenza dell'organizzazione criminale facente capo alla famiglia Gallace originaria di Guardavalle (Catanzaro), insediatasi nel vicino comune di Nettuno (Roma) e dedita prevalentemente al traffico internazionale di sostanze stupefacenti ed al riciclaggio, riconducibile a cosche mafiose di area criminale calabrese [...];
il contesto investigativo ha evidenziato nella sfera della pubblica amministrazione della zona interessata l'inquinamento tipico delle organizzazioni mafiose [...];
gli accertamenti svolti [...] hanno confermato che le tentacolari radici che la criminalità organizzata ha da tempo costituito nella zona di Nettuno influenzavano pesantemente l'attività del Comune, finalizzandola al favoreggiamento di soggetti collegati direttamente o indirettamente con ambienti malavitosi;
sono infatti emersi rapporti di contiguità, parentele, frequentazioni e cointeressenze di natura economica di taluni pubblici amministratori e dipendenti del Comune con soggetti gravitanti nell'ambito della criminalità organizzata;
la gravità e la diffusione di tali ingerenze hanno indotto il Consiglio dei Ministri, su richiesta del Ministero dell'Interno, a deliberare lo scioglimento del Consiglio comunale di Nettuno e l'affidamento della gestione del Comune a una commissione straordinaria, decretati con provvedimento del Presidente della Repubblica in data 28 novembre 2005»;
esiste un contiguità territoriale tra Ardea e Nettuno che distano solo 15 km in linea d'aria;
nella città di Ardea operano solo due stazioni dei carabinieri operative dalle 8,00 alle 19,00, mentre risulta, da tempo approvato ma non attuato, un progetto per costituire una tenenza dell'arma -:
se il Ministro sia al corrente di questi fatti, e se conosca quali iniziative siano state intraprese in ordine ai fatti riportati in premessa, per colpire i legami tra malavita organizzata e politica nella realtà del litorale a sud di Roma;
se intenda decidere al più presto in merito alla relazione presentata dalla commissione d'accesso, e se intenda completare la procedura per costituire una tenenza dell'arma nel territorio di Ardea.
(4-00737)
Risposta. - Le vicende richiamate nell'interrogazione sono da tempo all'attenzione del Ministero dell'interno, che segue costantemente gli sviluppi delle attività investigative in corso nell'area dei litorale romano-pontino.
Nei casi in cui sono affiorati profili di contatto fra l'oggetto delle indagini e l'attività delle amministrazioni locali, sono stati avviati tempestivamente gli accertamenti finalizzati a fare piena luce sulle circostanze emerse ed a valutare l'eventuale sussistenza dei presupposti di legge per l'adozione dei provvedimenti di rigore a carico degli enti interessati; provvedimenti che, evidentemente, richiedono un solido impianto istruttorio che porti ad acclarare caso per caso l'effettiva permeabilità delle scelte dell'amministrazione alle influenze della criminalità e la conseguente compromissione dei livelli di legalità, trasparenza, indipendenza e buon andamento dell'azione amministrativa.
Nel caso di Nettuno, come noto, tali accertamenti hanno portato allo scioglimento del Consiglio comunale ed alla conseguente nomina di una commissione straordinaria per la gestione dell'ente, disposti con decreto del Presidente della Repubblica del 28 novembre 2005 ai sensi della vigente normativa in materia di infiltrazioni della criminalità organizzata negli enti locali.
Per quanto concerne, invece, l'amministrazione comunale di Ardea, cui fa specifico riferimento l'interrogante, si rappresenta che, a seguito dell'accesso ispettivo agli atti del Comune disposto dal Prefetto in data 22 febbraio 2006, non si sono rilevati elementi tali da giustificare l'avvio di un procedimento di scioglimento ex articolo 143 T.U.E.L.
Sulla base del lavoro della commissione d'accesso, che ha evidenziato una serie di violazioni di legge principalmente nel settore dell'edilizia, della vigilanza sull'abusivismo ed in alcune procedure d'appalto, si era peraltro ritenuto sussistessero concreti elementi per lo scioglimento del consiglio comunale per gravi e persistenti violazioni di legge ex articolo 141, comma primo, lettera a) del decreto legislativo 267 del 2000.
Il Prefetto aveva, pertanto, formulato formale diffida al Sindaco pro tempore al fine di rimuovere le irregolarità riscontrate dalla commissione d'accesso.
La diffida, come noto, costituisce il necessario presupposto per configurare la reiterazione e quindi, a pieno titolo, la persistenza delle violazioni di legge su cui fondare un eventuale provvedimento di scioglimento del consiglio comunale per gravi e persistenti violazioni di legge.
Nel frattempo, in data 12 febbraio 2007, undici componenti del corpo consiliare di Ardea, con atti separati contemporaneamente acquisiti al protocollo d'ente, hanno rassegnato le dimissioni contestuali a fini dissolutori, determinando così l'ipotesi di scioglimento dell'organo elettivo contemplata dall'articolo 141, comma primo, lettera b) n. 3 del medesimo decreto legislativo 267 del 2000.
Conseguentemente, il Prefetto di Roma con provvedimento del 16 febbraio 2007 ha decretato la sospensione del consiglio comunale ed avviato la procedura di scioglimento, che si è poi perfezionata con decreto del Presidente della Repubblica del 24 febbraio 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2007.
Il Comune di Ardea, quindi, risulta ora inserito fra gli enti che andranno alle urne nella prossima primavera per il rinnovo degli organi elettivi.
Relativamente, infine, al presidio dell'Arma dei Carabinieri attualmente operante nella predetta località, si conferma che è in programma la sua elevazione da Stazione a Tenenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
BONELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella scorsa legislatura, l'allora Presidenza del Consiglio dei ministri, e il Ministro dell'interno, si costituirono parte civile, nel processo, a Trieste, a carico di 14 giovani che il 20 marzo 2003 manifestarono davanti al consolato Usa del capoluogo giuliano;
si tratta di due procedimenti penali che riguardano una contestazione contro l'inizio dei bombardamenti americani in Iraq svoltasi davanti l'ambasciata americana e i disordini verificatisi presso la stazione ferroviaria di Trieste;
entrambi i procedimenti sono al primo grado, e per il primo si sono già svolte diverse udienze;
con l'atto di costituzione di parte civile dello Stato da parte del precedente Governo, è stata chiesta nei confronti dei 14 imputati, tra l'altro, «la condanna ad adeguata pena di giustizia» nonché «la condanna al risarcimento integrale dei danni patrimoniali e non patrimoniali» per reati plurioffensivi che hanno «cagionato allo Stato italiano grave nocumento», in termini di danno d'immagine anche internazionale subito dalla Repubblica italiana e dal Ministero dell'interno, nonché «danno patrimoniale subito dal Ministero dell'interno tenuto a corrispondere la retribuzione ai dipendenti assenti dal servizio per fatto illecito di terzi»;
il risarcimento richiesto dall'allora Presidenza del Consiglio dei ministri è pari a 100 mila euro, a cui si aggiunge il risarcimento di 50 mila euro più i danni patrimoniali, richiesto dal ministero dell'interno;
la costituzione di parte civile nel suddetto processo e la richiesta di risarcimento per danni di immagine dello Stato italiano riguardano in definitiva - secondo l'interrogante - fatti che attengono l'espressione del dissenso politico in relazione a gravi vicende internazionali; peraltro la suddetta manifestazione di Trieste, è stata solamente una delle tantissime iniziative pacifiste e manifestazioni che in Italia e all'estero hanno avuto luogo dall'inizio del conflitto in Iraq -:
se non si ritenga di revocare la costituzione di parte civile nel suddetto processo.
(4-03070)
Risposta. - In data 7 novembre 2006 si è svolta presso il tribunale di Trieste l'ultima udienza per i fatti occorsi il 20 marzo 2003 davanti all'agenzia consolare di Trieste, che vedeva 12 imputati, tutti appartenenti al «Movimento dei/delle disobbedienti» triestino ed isontino.
Dopo la riunione in camera di consiglio, durata quasi tre ore, il collegio ha emesso sentenza di condanna per tutti gli imputati ad eccezione di uno prosciolto dal reato di imbrattamento, per difetto di procedibilità.
Si precisa che tutti gli imputati sono stati, altresì, condannati in solido al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'interno da liquidarsi in sede civile, accogliendo, quindi, le richieste da parte del difensore dell'Avvocatura dello Stato, riconoscendo il «grave nocumento cagionato allo Stato per i reati plurioffensivi» nonché il «danno patrimoniale subito dal Ministero dell'interno tenuto a corrispondere le retribuzioni ai dipendenti assenti dal servizio per fatto illecito di terzi».
Per quanto concerne i fatti accaduti all'interno della stazione ferroviaria di Trieste in data 3 giugno 2004, allorquando un gruppo formato da una ventina di «disobbedienti» tentava, in più riprese, di sfondare il cordone delle forze dell'ordine per salire sul treno diretto a Roma senza pagare il biglietto, cagionando lesioni a cinque appartenenti alla Polizia di stato e ad un carabiniere, si segnala che i 21 appartenenti al sodalizio indagati dalla Divisione investigazioni generali e operazioni speciali (DIGOS) di Trieste, sono stati tutti rinviati a giudizio. La prima udienza dibattimentale, fissata presso il tribunale di Trieste per il 7 dicembre 2006 è stata rinviata al 15 maggio 2007.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
BORDO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 89 è una delle arterie stradali maggiormente trafficate della provincia di Foggia, poiché è la principale via di collegamento tra l'autostrada A14-Adriatica e i centri turistici del Gargano, la base aeronautica «Amendola», l'area industriale di Manfredonia;
uno studio commissionato dalla Provincia di Foggia ha fatto emergere che
sulla stessa statale 89, nel periodo 1993-2004, si sono verificati 482 incidenti, che hanno provocato 100 morti e 925 feriti;
per tutte queste ragioni, l'ANAS ha impegnato ingenti risorse nel parziale ammodernamento della SS89, consistito nell'allargamento della carreggiata, per portare le corsie da 2 a 4, nei tratti che vanno dalla circonvallazione di Foggia alla base aeronautica di «Amendola» e dallo svincolo della stazione balneare di Siponto all'area ASI di Monte Sant'Angelo, e nella realizzazione delle annesse complanari e degli spartitraffico;
il completamento dell'ampliamento, relativamente al tratto compreso tra la base aeronautica di «Amendola» e lo svincolo della stazione balneare di Siponto, era parte integrante del progetto di ammodernamento della strada statale 273, nel tratto che collega la strada statale 89 al Comune di San Giovanni Rotondo, polo di attrazione del turismo spirituale;
quest'ultimo progetto è stato, successivamente, accantonato per la sua eccessiva onerosità, fatta salva la parte che riguarda il completamento dell'ammodernamento della statale 89 nel tratto compreso tra la base aeronautica di Amendola e il primo svincolo per Manfredonia, che comprende anche il tratto che corre parallelo alla nuova zona industriale, nata con gli investimenti collegati all'attuazione del contratto d'area di Manfredonia;
il progetto-stralcio, dell'importo di circa 50 milioni di euro, è stato inserito nella convenzione tra la società ANAS SpA e la Regione Puglia già nel 2004, dove risultava nel novero delle opere a finanziamento ANAS;
il 10 marzo 2006 (delibera n. 112) la Giunta del Comune di Manfredonia ha approvato la progettazione definitiva dell'opera in questione, cui nel frattempo è stata sottratta la dote finanziaria che l'ANAS SpA avrebbe dirottato su altri progetti -:
se ed in quali termini l'ANAS SpA intenda procedere con la realizzazione dei completamento delle opere di ammodernamento della strada statale 89.
(4-02267)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa preliminarmente presente che l'ammodernamento della strada statale n. 89 dallo svincolo sud di Manfredonia all'aeroporto militare di Amendola consiste nell'adeguamento della strada esistente alla categoria B del decreto ministeriale 5 novembre 2001, ossia nella predisposizione di due corsie per senso di marcia, dello spartitraffico centrale e delle banchine laterali.
Tale intervento è stato inserito nei seguenti documenti di programmazione:
elenco delle priorità del Ministero delle infrastrutture;
bozza del programma ANAS 2007-2011, previsto dalla legge finanziaria 2007;
accordo preliminare per l'individuazione e la selezione degli interventi da inserire nei programmi nazionali di attuazione «Reti e Mobilità» del QSN 2007-2013, siglato dal Ministero delle Infrastrutture e dalla regione Puglia il 28 febbraio 2007. In esso, in particolare, sono stati assegnati 44 milioni di euro al lotto della strada statale n. 89.
Allo stato, l'ANAS ha provveduto a predisporre il progetto definitivo avviando le procedure per l'esame ed ai pareri previsti dalla normativa.
La società stradale fa infine sapere che effettuerà l'affidamento mediante la procedura dell'appalto integrato.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BRANDOLINI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
i commi 1180 e 1181 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 «finanziaria 2007» apportano modifiche all'articolo 9-bis comma 2 del decreto-legge n. 510 del 1996, convertito con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, laddove
ora si stabilisce che: «In caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato, in partecipazione con apporto lavorativo, i datori di lavoro privati ... sono tenuti a darne comunicazione al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione. La comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale e il trattamento economico e normativo applicato ...»;
al comma 2-bis è stabilito che: «in caso di urgenza connessa ad esigenze produttive, la comunicazione di cui al comma 2 può essere effettuata entro cinque giorni dall'instaurazione del rapporto di lavoro, fermo restando l'obbligo di comunicare entro il giorno antecedente al Servizio competente, mediante comunicazione avente data certa di trasmissione, la data di inizio della prestazione, le generalità del lavoratore e del datore di lavoro»;
è assoluto intendimento tutelare i rapporti di lavoro;
è volontà cercare di semplificare gli adempimenti per le aziende che vogliono operare nella legalità e nel pieno rispetto delle norme in materia di lavoro, evitando forme di economia sommersa e di concorrenza sleale;
per il completamento della procedura è necessaria l'emanazione di un apposito decreto mediante il quale deve essere istituzionalizzato un modello di comunicazione unificato valido per tutto il territorio nazionale e che valga ai fini dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e Questura;
manca un'esposizione di specifici casi di urgenza di cui al comma 2-bis, che possono consentire una preventiva parziale comunicazione di dati;
manca la previsione di norme che disciplinino la materia per settori produttivi particolari che non consentono una programmazione dell'attività produttiva, quali il settore dell'agricoltura e soprattutto, il settore del turismo e del commercio per il lavoro del fine settimana (sabato, serale e giorni festivi);
manca la previsione di norme che disciplinano la materia per i settori dell'agricoltura e del turismo nei quali, in particolari momenti dell'anno, vi sono picchi di lavoro stagionale, in cui anche gli addetti agli uffici personale, già oggi costretti a carichi di lavoro non programmabili a priori, dovendo effettuare decine o addirittura centinaia di assunzioni al giorno, facendo ricadere la responsabilità delle mancate comunicazioni in capo alle Associazioni o a chi si occupa della gestione del personale;
spesso i lavoratori stagionali giungono da altre regioni ed anche dall'estero e arrivano all'ultimo momento, per prendere servizio a distanza di poche ore, o il mattino del giorno stesso in cui devono iniziare l'attività lavorativa -:
se si intenda, come sarebbe auspicabile assumere iniziative normative per applicare il comma 2-bis per le assunzioni stagionali e per quelle di breve durata affinché «la comunicazione di cui al comma 2 possa essere effettuata entro cinque giorni dall'instaurazione del rapporto di lavoro, fermo restando l'obbligo di comunicare entro il giorno antecedente... la data di inizio della prestazione, le generalità del lavoratore e del datore di lavoro»;
derogare dalla disciplina generale nei casi in cui l'instaurazione del rapporto di
lavoro avvenisse in situazioni di emergenza ed, in particolare, per la sostituzione di lavoratori che si assentano improvvisamente per infortunio, malattia, eccetera prevedendo per lo stesso giorno di inizio del rapporto di lavoro l'obbligo della comunicazione di cui al comma 2-bis.
(4-02176)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame in oggetto, si comunica quanto segue. La legge n. 296 del 2006 all'articolo 1, commi 1180-1185 ha introdotto importanti modifiche alla previgente normativa in materia di comunicazioni obbligatorie. La finalità principale di tale revisione normativa è stata l'esigenza di introdurre procedure più rigorose che contrastino il lavoro irregolare specie in quei settori dove tale fenomeno appare più preoccupante. Come anche evidenziato nell'interrogazione la normativa prevede l'obbligo per tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, e per tutti i settori economici di comunicare i rapporti di lavoro instaurati e le principali trasformazioni intervenute secondo i tempi indicati nella norma stessa. In particolare le assunzioni devono essere comunicate al Centro per l'impiego il giorno prima dell'instaurazione.
Si tratta quindi di una comunicazione preventiva per avere la data certa della data di assunzione ed evitare comportamenti evasivi da parte dei datori di lavoro.
La norma comunque prevede la possibilità di attuare procedure particolari «in caso di urgenza connessa ad esigenze produttive». In questi casi la comunicazione potrà essere fatta entro i cinque giorni successivi.
Tenuto conto della necessità di definire meglio gli ambiti di applicazione della norma, la Direzione generale del mercato del lavoro di questo Ministero ha pubblicato due note esplicative (nota n. 13/SEGR/440 del 4 gennaio 2007 e nota n. 13/SEGR/0004746 del 14 febbraio 2007) per fornire elementi di chiarimento su vari aspetti.
Viene così chiarito che nei casi di urgenza, ossia quando l'assunzione viene effettuata «per evitare danni alle persone ed in tutti quei casi in cui sussistano motivate esigenze produttive, tecniche e organizzative che non consentano di procrastinare l'impiego dei lavoratori» sono previste procedure più flessibili. Tale procedura viene anche prevista in caso di assunzione per «forza maggiore» ovvero in caso di avvenimenti dì carattere straordinario.
In deroga all'obbligo di comunicazione preventiva, in questi due casi il datore di lavoro dovrà trasmettere la comunicazione nei cinque giorni successivi l'instaurazione del rapporto di lavoro.
I suddetti casi di urgenza e di forza maggiore sono stati ancora meglio chiariti nella nota del 14 febbraio scorso e nelle risposte ai quesiti fornite in apposito indirizzo di posta elettronica (CO@lavoro.gov.it) e pubblicate sul sito del Ministero tra le FAQ del settore dedicato alla Comunicazione obbligatoria. Tali risposte sono state pubblicate proprio per chiarire in modo esaustivo la normativa introdotta con la legge n. 299 del 2006.
Si fa presente che la normativa si applica a tutti i settori ivi compresi quelli dell'agricoltura e del turismo. Il legislatore infatti non ha voluto individuare settori esclusi dagli obblighi di cui alla norma. Ha voluto piuttosto regolamentare alcuni casi di flessibilità dell'obbligo, comunque richiesto anche se con una tempistica meno rigorosa (entro i cinque giorni successivi all'assunzione).
Si ritiene, inoltre, che i due settori richiamati nell'interrogazione sono tra quelli dove maggiormente, proprio per la tipologia e la specificità del lavoro, possono nascondersi forme di lavoro non dichiarato che il legislatore, con la normativa emanata, ha ritenuto di controllare e far emergere.
In fine, corre l'obbligo di evidenziare che le procedure definite e, in particolare, la comunicazione unica informatizzata, basata sul collegamento informatico tra i Centri per l'impiego, gli istituti previdenziali e gli uffici periferici del lavoro, potrà supportare e facilitare il compito dei datori di lavoro nella trasmissione delle informazioni necessarie.
Si tratta infatti di un sistema, definito in accordo con le Regioni e gli enti previdenziali, che consentirà quella circolazione e
condivisione di informazioni sui rapporti di lavoro in atto auspicata da tempo per avere una banca dati a fini statistici, ma soprattutto per avere la necessaria trasparenza del mercato del lavoro.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei trasporti. - Per sapere se non ritengano che l'eccessivo traffico di navi e imbarcazioni nello Stretto di Messina, che esperti e osservatori pongono a base del grave e doloroso incidente costato la vita a quattro persone e molti feriti, di cui alcuni gravi, rilanci la necessità e l'urgenza della realizzazione del Ponte sullo Stretto, che determinerebbe la riduzione dei collegamenti marini e dei rischi per la navigazione.
(4-02171)
Risposta. - In riferimento all'atto ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 23 gennaio 2007, si riferisce quanto segue.
Al fine della realizzazione del collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente l'articolo 2, comma 92 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito nella legge 24 novembre 2006, n. 286, come modificato ai sensi dell' articolo 1, comma 1155 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha previsto che le risorse finanziarie inerenti agli impegni assunti da Fintecna Spa nei confronti di Stretto di Messina Spa, una volta trasferite ad altra società controllata dallo Stato le azioni di Stretto di Messina Spa possedute da Fintecna Spa, siano attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze ed iscritte, previo versamento in entrata, in due distinti capitoli di spesa del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, denominati, rispettivamente, «Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia e in Calabria» e «Interventi di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria».
Lo stesso articolo 2 del richiamatato decreto-legge n. 286 del 2006, ha disposto, inoltre, al comma 93, come modificato dal citato articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che le risorse di cui al comma 92, nel rispetto del principio di addizionalità, siano assegnate per il 90 per cento alla realizzazione di opere infrastrutturali e per il 10 per cento ad interventi a tutela dell'ambiente e della difesa del suolo e che le stesse vengano destinate, per il 70 per cento, ad interventi nella regione Sicilia e, per la restante parte, ad interventi nella regione Calabria. In attuazione di quanto sancito dalle predette disposizioni legislative, le modalità di utilizzo delle predette risorse dovranno essere stabilite, per la parte relativa agli interventi infrastrutturali, con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Sicilia e Calabria, e, per la parte relativa agli interventi in materia ambientale, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Sicilia e Calabria.
In tal modo si è inteso consentire che le risorse attualmente stanziate vengano utilizzate per l'esecuzione di opere complementari destinate a soddisfare quelle esigenze territoriali ed infrastrutturali delle regioni Sicilia e Calabria di carattere prioritario.
Lo sviluppo economico del Mezzogiorno, come esposto nel programma di Governo, risulta fortemente penalizzato da una scarsissima accessibilità marittima, aerea e ferroviaria dell'area pertanto il potenziamento delle infrastrutture è ritenuto prioritario nell'ottica dello sviluppo unitario del Paese e della crescita dei rapporti euro-mediterranei.
Si rammenta, infine, che l'Assemblea della Camera dei Deputati nella risoluzione n. 6-00008 dell'11 ottobre 2006, esprimendo il proprio apprezzamento sull'adozione da parte dell'Esecutivo delle citate disposizioni normative, ha impegnato il Governo a proseguire lungo la strada intrapresa
in relazione ai sistemi viari, ferroviari e marittimi delle regioni Sicilia e Calabria con specifica attenzione al completamento dei lavori per l'ammodernamento della autostrada Salerno-Reggio Calabria e alle opere cosiddette «complementari» nella regione Sicilia.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BUCCHINO, FRIAS, GIANNI FARINA, NARDUCCI, BAFILE, FEDI, CINZIA MARIA FONTANA, RAZZI, SPERANDIO, LOCATELLI, IACOMINO, DIOGUARDI, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, CARUSO, MUNGO, OLIVIERI, DEIANA, DE CRISTOFARO, PROVERA, SMERIGLIO, MANTOVANI, SINISCALCHI, FRANCO RUSSO, ROCCHI, LICANDRO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SGOBIO, SOFFRITTI, CESINI, GALANTE, PAGLIARINI, BELLILLO, GAMBESCIA, ZANOTTI, PORETTI, BUGLIO, MELLANO, BELTRANDI, D'ELIA, TURCO, LUCÀ, DI GIROLAMO, DE ZULUETA, SANNA, RAMPI, PETTINARI, LIONELLO COSENTINO, TRUPIA, AURISICCHIO, BELLANOVA, COLASIO e VENTURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella circolare del 13 febbraio 2007, intitolata «Assistenza sanitaria ai cittadini provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria privi di assistenza sanitaria», il Ministero della salute ha ricordato che la posizione nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale dei cittadini rumeni e bulgari a seguito del passaggio al regime comunitario, è disciplinata dai Regolamenti comunitari n. 1408/71 e n. 574/72;
partendo da questa premessa il Ministero della salute informa «che i cittadini rumeni e bulgari che sono già iscritti al Servizio Sanitario Nazionale mantengono il diritto acquisito mentre coloro i quali regolarizzeranno la loro posizione attraverso la richiesta della carta di soggiorno, potranno iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale, mentre altri potranno accedere al Servizio Sanitario Nazionale a carico del Paese di origine»;
il Ministero della salute specifica inoltre che sul territorio italiano rimangono tuttavia cittadini rumeni e bulgari (non si conoscono i numeri ma non è azzardato ipotizzare che siano migliaia) i quali momentaneamente, per svariate ragioni, non sono in grado di regolarizzare la propria posizione assistenziale in Italia o nel Paese di origine e che fino al 31 dicembre 2006 avevano comunque usufruito delle prestazioni urgenti o essenziali così come previsto dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), grazie al rilascio del cosiddetto codice STP (Straniero Temporaneamente Presente). Si tratta di quelle persone che prima dell'entrata nell'Unione Europea di Romania e Bulgaria erano cittadini extracomunitari che si trovavano in una condizione di clandestinità nel territorio italiano;
queste persone, in virtù delle disposizioni del testo unico sull'immigrazione, potevano accedere alle cure di base facendosi rilasciare dalle ASL un tesserino sanitario provvisorio con validità di sei mesi e rinnovabile;
il Ministero della salute - d'accordo con il Ministero dell'interno -, per rispondere alle ASL che chiedevano chiarimenti sui comportamenti da adottare di fronte alle inderogabili domande di assistenza di questi cittadini che avendo acquisito la cittadinanza comunitaria rischiano paradossalmente di perdere la copertura sanitaria, ha stabilito (secondo gli interpellanti in maniera molto opportuna), nella circolare del 13 febbraio 2007, di prorogare l'uso del codice STP per cure urgenti ed essenziali, ancorché continuative, per l'anno in corso, ai cittadini rumeni e bulgari che ne erano in possesso al 31 dicembre 2006 e che attualmente sono ancora privi di altro titolo di accesso al servizio sanitario;
questa opportuna soluzione trova fondamento nell'articolo 1, comma 2, del
testo unico sull'immigrazione che assicura l'applicazione delle norme in esso contenute (in questo caso la concessione del codice STP) anche ai cittadini comunitari nel caso in cui tali norme siano ad essi più favorevoli;
purtroppo però la circolare del Ministero della salute omette di considerare, in ordine all'assistenza sanitaria, la posizione di quei cittadini rumeni e bulgari i quali erano clandestini al 31 dicembre 2006, non erano in possesso del codice STP, sono diventati ora cittadini comunitari e quindi non più potenzialmente aventi diritto a tale codice, e non in grado di regolarizzare i loro diritti assistenziali in Italia (i motivi di questa incapacità possono essere svariati: impossibilità di chiedere la carta di soggiorno in Italia, mancata iscrizione al servizio sanitario rumeno, impossibilità di documentare un reddito sufficiente al proprio sostentamento);
il rischio che migliaia di persone, cittadini comunitari, rimangano senza copertura sanitaria in Italia è palese -:
quali urgenti misure si intendano adottare:
a) per garantire che anche ai cittadini comunitari di nazionalità rumena e bulgara che non sono attualmente in grado di regolarizzare la loro posizione nei rapporti con il Servizio Sanitario Nazionale, sia concessa l'assistenza sanitaria per cure urgenti od essenziali;
b) per evitare discriminazioni in ordine alla concessione dell'assistenza sanitaria tra cittadini extracomunitari e cittadini comunitari adottando perciò il principio dell'applicabilità della norma più favorevole previsto dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998, testo unico concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, anche ai cittadini comunitari privi al 31 dicembre 2006 del codice STP;
c) per evitare soprattutto discriminazioni tra cittadini comunitari originari dello stesso Paese, cittadini rumeni o bulgari, evitando di adottare nella sfera dei diritti sanitari una logica burocratica che contrasta con lo spirito umanitario della nostra costituzione, dei regolamenti comunitari di sicurezza sociale e della normativa comunitaria sulla libera circolazione.
(4-03111)
Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto nell'atto parlamentare, è opportuno segnalare la recente modifica del quadro normativo comunitario intervenuta con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 27 marzo 2007, del decreto legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007 che ha recepito la Direttiva 2004/38 CE relativa al diritto di soggiorno dei cittadini comunitari in altro Stato.
Detta direttiva, al fine di evitare oneri eccessivi per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, condiziona il diritto di soggiorno dei cittadini comunitari al possesso dei seguenti requisiti:
per un periodo non superiore a tre mesi, i cittadini Ue hanno diritto di soggiornare senza alcuna condizione e formalità, salvo il possesso di un documento d'identità valido per (espatrio, secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza;
per periodi superiori ai tre mesi è stato riconosciuto il diritto di soggiorno, con relativa iscrizione anagrafica, senza obbligo di richiedere la carta di soggiorno (obbligo rimasto solo per i familiari extracomunitari di cittadini comunitari), quando:
a) è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;
b) dispone di risorse economiche sufficienti, nonché di una assicurazione sanitaria o altro titolo idoneo;
c) è iscritto presso un istituto pubblico, o privato riconosciuto, per seguirvi un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per sé e i propri familiari, di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo;
d) è familiare che accompagna o raggiunge un cittadino Ue che ha diritto a soggiornare ai sensi delle lettere precedenti. Di conseguenza dovranno essere verificate le ricadute della suddetta normativa sul decreto ministeriale 18 marzo 1999, recante norme in materia di «Assicurazione obbligatoria al Servizio sanitario nazionale dei cittadini comunitari residenti in Italia», il quale prevede che i cittadini comunitari che hanno la residenza in Italia e la Carta di soggiorno e che non hanno titolo a ricevere l'assistenza sanitaria a carico del Paese di provenienza, devono essere iscritti al Servizio sanitario nazionale, alla pari di un cittadino italiano.
Alla luce dell'imminente entrata in vigore del decreto legislativo citato, sembra opportuno rivedere quanto previsto dal decreto ministeriale, poiché, pur non essendo più obbligatorio il possesso della Carta di soggiorno, il cittadino comunitario, per soggiornare in Italia per un periodo superiore ai tre mesi, deve comunque dimostrare di essere fornito di un valido documento di riconoscimento, di disporre di risorse economiche e di essere titolare di un'assicurazione sanitaria. In mancanza di uno di questi requisiti non potrà richiedere la residenza e di conseguenza l'iscrizione a Servizio sanitario nazionale.
Il Ministero della Salute, con l'emanazione della circolare del 13 febbraio 2007, ha prorogato per l'anno in corso l'uso del codice STP per cure urgenti ed essenziali, ancorchè continuative, ai cittadini bulgari e romeni che ne erano in possesso al 31 dicembre 2006, privi momentaneamente per le loro condizioni di salute che impediscono forme di attività lavorativa, di altro titolo per l'accesso Servizio sanitario nazionale. In tal senso si è espresso anche il Ministero dell'Interno con una nota inviata alle Prefetture.
Le situazioni di disagio rappresentate dagli onorevoli interpellanti saranno affrontate nell'ambito di una regolamentazione specifica da concertare con i Ministeri competenti e con le Regioni alla luce di quanto sopra rappresentato. In via transitoria le Asl possono valutare specifiche situazioni che giustifichino l'applicazione della norma più favorevole, cosi come previsto dall'articolo 1 comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
CASSOLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sono trascorsi 14 mesi da quando Gianluca Congiusta è stato assassinato a Siderno (Reggio Calabria) il 24 maggio del 2005;
gli omicidi commessi nella Locride in circa 20 mesi (dal 17 settembre 2004 al 26 aprile del 2005) sono complessivamente 28;
a essi va aggiunta la scomparsa a S. Ilario dello Ionio di un operaio di 41 anni, del quale non si hanno più notizie dal 13 agosto 2005;
si è giunti all'arresto di presunti assassini soltanto in cinque casi, cioè nel 18 per cento dei casi;
non è accettabile che solo in questa zona martoriata d'Italia continui a perpetuarsi una tale drammatica situazione;
inoltre, il trasferimento del giudice Giuseppe Creazzo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ad altro incarico, potrebbe rallentare ulteriormente le indagini in corso -:
se non reputi opportuno un monitoraggio dei procedimenti penali aventi ad oggetto gli omicidi commessi nella Locride, al fine di accertare quali e quante attività investigative siano rimaste oggi in essere;
se e quando verrà inviato un sostituto procuratore aggiunto, presso il tribunale di Locri;
quali misure si intendano adottare affinché i calabresi, in materia di sicurezza e giustizia, abbiano tutti i diritti garantiti dalla Carta costituzionale per i cittadini italiani.
(4-01409)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, deve premettersi che il territorio della Locride è sede di numerose e agguerrite cosche della criminalità organizzata, terra di transito di cocaina ed eroina, dove attentati ed intimidazioni sono continui.
Nel triennio 2004-2006 si sono verificati 29 fatti omicidiari, con 33 vittime.
Più in particolare, nel 2004, in 6 episodi criminosi sono state uccise 7 persone, nel 2005, in 18 episodi, 21 persone, nel 2006, in 5 episodi, 5 persone.
Nonostante le obiettive difficoltà delle indagini, in diversi casi si è giunti all'identificazione degli autori dei delitti Le indagini, infatti, hanno condotto all'arresto dei presunti autori di 3 omicidi del 2004, 6 del 2005 ed 1 del 2006.
Alcuni tra gli arresti hanno riguardato i due omicidi che hanno destato maggiore allarme sociale: l'omicidio del Vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria onorevole Francesco Fortugno e l'omicidio del giovane imprenditore Gianluca Congiusta. I soggetti accusati di esseri gli autori del delitto Fortugno sono stati arrestati tra il 21 marzo 2006 ed il 21 giugno 2006; quelli del delitto Congiusta il 10 gennaio 2007.
L'attività della magistratura e delle forze di polizia, in effetti, è notevole ed incessante.
Tuttavia, sono note le difficoltà che incontra l'azione degli organi investigativi nei territori dove è più forte la presenza della criminalità organizzata. La paura e la conseguente, diffusa omertà, la scarsa collaborazione dei familiari delle vittime e la personalità delle vittime stesse, che, in più casi, appaiono collegate o non distanti dagli ambienti criminali, costituiscono altrettanti ostacoli per l'azione degli inquirenti.
In tale quadro, assume particolare rilevanza l'istituzione del Reparto territoriale dei carabinieri di Locri che, con un organico complessivo di 472 unità, inquadra le Compagnie di Locri, Bianco e Roccella Jonica ed ha alle dipendenze un Nucleo operativo, con una forza di 41 militari, interamente proiettato verso le attività di indagine di polizia giudiziaria, secondo un modello già adottato con successo in altre aree sensibili della Campania e della Sicilia. Infatti, il nuovo Comando consente una più incisiva e unitaria azione investigativa, oltre che una visione globale delle esigenze di controllo del territorio, ottimizzando l'impiego delle risorse disponibili.
La grave situazione dell'ordine pubblico nella Locride ed in tutto il territorio calabrese è stata inoltre fronteggiata con un programma specifico dedicato al territorio, approvato dal Ministro dell'interno nell'anno 2004, che ha, poi, subito sviluppi consistenti, in particolare:
nell'aggiornamento qualitativo del dispositivo di controllo del territorio, specialmente nella Locride, attraverso i reparti di Prevenzione crimine della Polizia di Stato e le Compagnie d'intervento operativo dell'Arma dei Carabinieri;
nella priorità della mappatura dettagliata della criminalità organizzata calabrese nell'ambito del progetto Macro in corso di esecuzione da parte della Direzione centrale della Polizia criminale;
nell'ambito delle misure di sicurezza patrimoniali, nella messa in atto di nuove e più penetranti strategie con la costituzione, a Reggio Calabria, di un gruppo di lavoro interforze, coordinato dalla Direzione investigativa antimafia, per la condivisione delle informazioni relative alle «indrine» presenti sul territorio.
L'attività degli organi investigativi và, infine, a breve incrementata con l'istituzione della Sezione operativa Atpi (Baschi verdi) della Guardia di finanza, presso la sede di Siderno, articolata in due squadre da dieci militari.
Per quanto concerne, invece, la copertura degli organici della magistratura, l'organico togato della Procura della Repubblica presso il tribunale di Locri (composto, oltre che dal capo dell'ufficio, da 8 sostituti procuratori della Repubblica) non presenta, allo stato, alcuna vacanza. L'organico magistratuale togato del tribunale di Locri (composto, oltre che dal suo Presidente, da 3 Presidenti di sezione e 22 giudici, 2 dei quali con funzioni di giudice del lavoro)
presenta, allo stato, la vacanza di uno solo dei posti di presidente di sezione. Tale vacanza risulta, peraltro, pubblicata dal Consigli superiore della magistratura in data 24 febbraio 2006.
Deve, a questo proposito, rilevarsi che è in fase di elaborazione un decreto-legge contenente misure urgenti in materia di copertura degli uffici giudiziari e di contrasto alla criminalità organizzata, che interesserà, tra l'altro, anche il territorio della Locride.
In merito, infine, al quesito inerente l'istituzione di un posto di procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Locri, si fa presente che tale richiesta non può essere soddisfatta in base alle vigenti disposizioni normative e all'attuale organico magistratuale togato.
L'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario prevede, infatti, la possibilità di istituire posti semidirettivi «in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto ogni dieci sostituti addetti all'ufficio», fatte salve le specifiche necessità delle Direzioni distrettuali antimafia.
È, comunque, allo studio di questo Ministero una proposta di provvedimento legislativo che modifichi la suddetta proporzione tra sostituti procuratori e procuratore aggiunto, onde consentire l'istituzione del posto semidirettivo in alcune realtà territoriali particolarmente esposte a gravi fenomeni criminali.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Vice-Consolato italiano a Valencia (Spagna) versa in condizioni difficili: infatti, negli ultimi anni si è verificata una crescita esponenziale della domanda di servizi consolari, attribuibile, in special modo, all'arrivo massivo di connazionali dall'Argentina (circa 5.000);
gli uffici consolari non riescono, pertanto, a soddisfare le domande dei connazionali e per ovviare alla carenza di personale, il Vice-Consolato ha riorganizzato la distribuzione dei servizi accogliendo solo 10 pratiche al giorno, generando, così, delle code che iniziano alle 5 del mattino per ottenere il diritto d'accesso agli uffici (non prima delle ore 10);
i servizi erogati risultano, a causa di tali ragioni, inefficienti (ad esempio, per rinnovare un passaporto si aspettano mediamente 4 mesi con gravi conseguenze soprattutto per il tessuto imprenditoriale italiano che ha la necessità di spostarsi);
diventa sempre più necessario che i cittadini possano usufruire di un sistema organizzativo moderno ed efficiente in grado di soddisfare in tempi rapidi le diverse e molteplici necessità -:
se sia a conoscenza delle difficoltà evidenziate in premessa e se non ritenga utile riorganizzare le strutture, aumentare il numero del personale, concedere al Vice-Consolato di Valencia l'autonomia necessaria a soddisfare il crescente numero di richieste, senza dover passare per Barcellona.
(4-01515)
Risposta. - Quello di Valencia è un Consolato onorario, dipendente dal Consolato generale di Barcellona. Trattandosi di un ufficio consolare di seconda categoria, non è possibile adibirvi personale di ruolo o a contratto del Ministero degli Affari esteri.
L'ampiezza della delega attribuita ad un consolato onorario in materia di servizi da erogare è definita da apposito Decreto ministeriale, sulla base delle esigenze di servizio indicate dall'Ufficio di prima categoria sovraordinato ed esclude, anche per ragioni di sicurezza il rilascio di passaporto che, pertanto, deve essere rilasciato dal competente Consolato generale a Barcellona, determinando attese più lunghe del normale.
La decisione di aprire un ufficio consolare di prima categoria e di adibirvi il necessario personale è legata d'altra parte alle note difficoltà di bilancio, che pur a fronte di un incremento della domanda di
servizi consolari rendono possibile l'apertura di nuovi uffici nella rete diplomati-coconsolare solo nel più ampio contesto di una razionalizzazione della rete stessa e a fronte di precisi e limitati casi prioritari.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
circa cinque mesi fa la famiglia D'Arco (residente in Italia) ha perso i contatti con il capofamiglia Alfonso D'Arco, cittadino italiano che lavora da anni, in qualità di architetto, in Eritrea;
alcuni parenti del signor D'Arco hanno saputo di una sua presunta incarcerazione ad Asmara;
prima del Natale scorso, la notizia era stata direttamente confermata dall'ambasciata italiana in Eritrea che si era interessata alla vicenda facendo visita in carcere al signor D'Arco tramite un funzionario. In particolare, l'ambasciata aveva comunicato alla famiglia D'Arco che la prigionia durava da ormai più di cinque mesi, in attesa dello svolgimento di alcune indagini;
secondo l'iter procedurale eritreo, durante questa fase di indagini «preimputazione», il detenuto non ha alcuna possibilità di difesa; la nomina di un difensore sembra infatti essere ammessa solo dopo la formulazione dell'accusa. Peraltro, non sembra possibile prevedere quali saranno i tempi di attesa e le indagini in corso potrebbero protrarsi anche per diversi mesi, durante i quali il detenuto rimarrebbe prigioniero, senza sapere neanche il perché;
una volta formulata l'accusa, il tribunale chiamato a decidere delle sorti del signor D'Arco sarebbe un tribunale militare (sembrerebbe infatti che i tribunali civili abbiano cessato di funzionare da qualche tempo). Sembra che l'unico modo per permettere al signor D'Arco di uscire di prigione, ma non di lasciare il paese, sia quello di versare una cauzione;
si è a conoscenza che le condizioni di salute del signor D'Arco (che compirà 61 anni a settembre) appaiono pessime;
la situazione è stata già denunciata dalla stampa italiana qualche tempo fa attraverso articoli apparsi sia sul quotidiano la Repubblica (edizione di Genova) sia sul Secolo XIX del 15 gennaio 2007;
la famiglia D'Arco, ha ritenuto di mantenere un certo riserbo sulla questione per evitare di nuocere al familiare detenuto; tuttavia, a questo punto il protrarsi lento dell'iter procedurale eritreo sta ledendo i diritti civili e umani dell'imputato -:
se sia a conoscenza del caso citato in premessa e di quali notizie il ministero sia in possesso riguardo le indagini in corso; se non ritenga eventualmente di voler assumere informazioni al riguardo ai fine di chiarire maggiormente la situazione e, possibilmente, indurre un intervento volto a garantire i diritti umani del signor D'Arco.
(4-02885)
Risposta. - Il signor Alfonso D'Arco, di professione architetto e da tempo residente ad Asmara, e stato tratto in arresto dalle autorità di polizia eritree il 18 ottobre 2006 perché ritenuto implicato in un'inchiesta giudiziaria sul settore edilizio di quel Paese. Ad oggi nessuna accusa formale è stata ancora formulata nei confronti del connazionale.
Venuta a conoscenza dell'arresto, l'Ambasciata ad Asmara, oltre a prendere contatto con i familiari del connazionale, si è da subito attivata al fine di garantire al signor D'Arco ogni possibile assistenza. La Rappresentanza ha, in particolare, svolto diverse visite consolari all'interessato al fine di monitorarne le precarie condizioni di salute, intervenendo presso le Autorità carcerarie affinché al connazionale fosse assicurato un adeguato trattamento sanitario.
Quanto alla vicenda giudiziaria del signor D'Arco, la stessa Rappresentanza ha intrapreso numerosi passi presso le competenti
Autorità locali perché fossero resi noti i capi d'imputazione contestati al connazionale e, da ultimo, perché al signor D'Arco siano quanto meno concessi, in ragione del deterioramento del suo stato di salute, gli arresti domiciliari. Si è tuttora in attesa di un riscontro da parte eritrea.
La Sede ha, altresì, svolto opera di sensibilizzazione presso le istanze ritenute opportune onde consentire, data la dichiarata indisponibilità economica della famiglia, il reperimento dei fondi necessari al pagamento della cauzione, pari a circa 200.000 euro, richiesta per il rilascio dell'interessato. Nel contempo, si è provveduto a chiedere una riduzione di detta somma ma sinora senza ottenere una risposta in senso positivo.
Si fa, infine presente, che l'Ambasciata ad Asmara continua con la dovuta fermezza a intervenire presso le autorità locali onde vedere tutelati i diritti fondamentali del signor D'Arco, quali il diritto a vedere formalizzati i reati imputati allo stesso e la possibilità di essere adeguatamente assistito da un legale difensore, nonché la concessione di un regime carcerario compatibile con lo stato psico-fisico dell'interessato.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
CASTAGNETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dal combinato disposto dei commi 10 e 11 dell'articolo 110, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) si desume che non sono deducibili i componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati, ai sensi del decreto ministeriale 23 gennaio 2002, modificato dal decreto ministeriale 22 marzo 2002. Tuttavia, qualora i componenti negativi di reddito siano separatamente indicati nella dichiarazione, e sempre che il contribuente fornisca all'amministrazione finanziaria le prove indicate nel menzionato comma 11 (svolgimento di un'attività commerciale effettiva o effettivo interesse economico all'effettuazione delle transazioni), la deduzione è ammessa, in deroga alla previsione del comma 10;
la separata indicazione dei componenti negativi costituisce, quindi, condizione autonoma e necessaria, anche se non sufficiente, ai fini della deducibilità degli stessi, come peraltro già precisato nella risoluzione 46/E del 16 marzo 2004 dell'Agenzia delle entrate;
nel caso in cui i costi non siano stati separatamente indicati in dichiarazione, al contribuente non è consentito correggere la dichiarazione, avvalendosi delle procedure previste dall'articolo 2, commi 8 e 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Dalla correzione della dichiarazione non discende né una rettifica del reddito a favore del fisco, né una rettifica dello stesso a favore del contribuente. La separata indicazione dei costi, realizzata eventualmente in sede di rettifica della dichiarazione non determina quindi un aumento della base imponibile del contribuente (presupposto per l'applicazione del comma 8 dell'articolo 2), né una riduzione della stessa (presupposto per l'applicazione del comma 8-bis, come si desume dalla Circolare 6/E del 25 gennaio 2002);
la ratio della norma recata dal citato articolo 110, comma 11, è quella di predisporre le condizioni necessarie perché il monitoraggio delle operazioni intercorse con paesi a regime fiscale privilegiato possa effettuarsi costantemente e con la medesima efficacia;
in caso di correzione della dichiarazione (che non dà luogo a rettifica né in aumento né in diminuzione del reddito), «il contribuente può rimediare all'omissione attraverso la presentazione di una nuova dichiarazione, integrativa, nella quale sono indicati separatamente i costi, senza particolari limiti di tempo, ma a condizione che non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche» (Agenzia delle entrate nella risoluzione 17 gennaio 2006 n. 12/E);
al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha altresì evidenziato che qualora la dichiarazione in rettifica, effettuata prima dell'avvio dell'attività di controllo, venga presentata nei termini di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997, il contribuente può avvalersi dell'istituto del ravvedimento operoso; in tal caso l'ammontare minimo della sanzione da versare è ridotto di un quinto. Di contro, qualora la correzione della dichiarazione non sia più consentita, perché già avviata l'attività di accertamento, gli Uffici procederanno al recupero a tassazione dei costi non separatamente indicati e, pertanto, indebitamente dedotti;
risulta all'interrogante che molti operatori, studi professionali ed associazioni in sede di mera compilazione del modello Unico non hanno inserito, per pura dimenticanza o leggerezza, tali costi tra le variazioni in aumento ed in diminuzione, rendendo così queste spese indeducibili;
una serie di imprese si trovano ora escluse dalla condizione di non poter presentare una dichiarazione integrativa per questa omissione, in quanto sono state oggetto di verifica fiscale, con pesanti conseguenze sul piano economico -:
se il Governo non ritenga opportuno intervenire in merito, anche con un'apposita iniziativa legislativa, se necessario, per risolvere la questione in modo favorevole a quei contribuenti interessati, responsabili unicamente di un semplice errore formale.
(4-01532)
Risposta. - La problematica posta dall'interrogante, concernente le deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi afferenti ad operazioni intercorse con imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori a regime Fiscale privilegiato (c.d. «paradisi fiscali») ha trovato, per effetto delle modifiche introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), adeguata soluzione.
Infatti, il comma 11, ultimo periodo, dell'articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917, vigente prima delle modifiche apportate dalla legge finanziaria per il 2007, fissava la regola secondo cui la deduzione delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati era « ... comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontaci dedotti».
Il legislatore è intervenuto in materia con i commi 301, 302 e 303 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ridisegnando le regole di deducibilità dei componenti negativi di cui trattasi ed il relativo regime sanzionatorio.
In particolare, è rimasta ferma la regola che impone di indicare separatamente nella dichiarazione dei redditi le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni poste in essere con imprese domiciliate in Stati o territori a regime fiscale privilegiato; tuttavia, con la soppressione dell'ultimo periodo del comma 11, dell'articolo 110 del Testo unico delle imposte sui redditi, la conseguenza della mancata indicazione non è più l'indeducibilità dei menzionati componenti negativi.
Infatti, tramite l'inserimento del comma 3-bis nell'articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, è stata istituita una apposita sanzione, consistente nel pagamento di una somma « ... pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000».
Pertanto, l'inosservanza dell'adempimento relativo alla separata indicazione di detti oneri non rende i costi indeducibili ma comporta unicamente l'irrogazione, a carico del contribuente inadempiente, delle sanzioni previste al nuovo comma 3-bis dell'articolo 8 del predetto decreto legislativo n. 471 del 1997.
Inoltre, il legislatore ha avuto cura di dettare la disciplina di diritto intertemporale stabilendo che la menzionata sanzione si applica anche alle violazioni commesse
in data antecedente al 1 gennaio 2007 - data di entrata in vigore della legge finanziaria - sempre che il contribuente fornisca la prova richiesta dall'articolo 110, comma 11, del Testo unico delle imposte sui redditi. In tal caso resta comunque ferma l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 8, comma 1, del citato decreto legislativo n. 471 del 1997.
Fermo restando che per beneficiare della deducibilità dei costi non indicati separatamente in dichiarazione occorre fornire la prova di cui al citato articolo 110, comma 11 del Testo unico delle imposte sui redditi, con riferimento alla sanzione applicabile la modifica normativa fa riferimento a due fattispecie diverse.
In particolare, nel caso in cui la violazione sia stata contestata a seguito di accessi, ispezioni o verifiche dell'amministrazione finanziaria, è applicabile solo la sanzione proporzionale di cui al nuovo comma 3-bis del citato articolo 8.
Nel caso in cui, invece, il contribuente non abbia subito accessi, ispezioni o verifiche, egli potrà presentare dichiarazione integrativa; in tal caso sarà applicata la sola sanzione in misura fissa prevista dal citato articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997.
Si segnala, infine, che l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 11 del 16 febbraio 2007, ha, fra l'altro, fornito opportuni chiarimenti in proposito.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.
GIORGIO CONTE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la Provincia di Vicenza è nota alla cronaca nazionale per un alto tasso di produttività e di forza lavoro con una notevole e crescente presenza di cittadini extracomunitari;
i servizi offerti alla popolazione, in particolare quelli legati ad istituti ed enti dello Stato, spesso si rivelano inadeguati al tessuto sociale in costante trasformazione;
tra questi il servizio della Filiale di Vicenza di Poste Italiane SpA merita una segnalazione al ministero competente per la precarietà e per il rischio collegato alla sicurezza dei lavoratori e degli utenti; ci si riferisce in particolare all'ufficio postale di via Mentana del comune capoluogo, che versa nel mancato rispetto di ogni norma in tema di sicurezza e risulta assolutamente inadeguato per un servizio dignitoso;
malgrado le opportune ed insistenti segnalazioni da parte del Comune di Vicenza e della Circoscrizione competente alla Direzione della Filiale, non si registra alcun riscontro a significare un evidente disinteresse alla questione sollevata. Troppo spesso l'utenza e la cittadinanza si rivolge all'amministrazione comunale e alla politica in genere anche per la risoluzione di questi problemi e in stato di disagio ed imbarazzo si rivolge all'interrogante perché formuli un atto di sindacato ispettivo -:
l'ufficio postale «Vicenza 7» ubicato in via Mentana serve l'intera popolazione della Circoscrizione 5 del Comune di Vicenza, un quartiere che raggiunge ora oltre 15.000 cittadini, oltre alle imprese e al bacino comunque gravitante sulla zona nord del capoluogo berico;
tale ufficio postale risulta completamente privo di qualsiasi dotazione di sicurezza, nell'assoluto spregio di ogni norma in merito, presentando peraltro l'unico varco di ingresso/uscita con apertura verso l'interno;
i locali risultano assolutamente sottodimensionati, sia per l'utenza che per lo spazio riservato agli operatori, con ripercussioni sulla sicurezza, funzionalità, salubrità e privacy dell'ambiente stesso;
l'offerta di sportelli è insufficiente per servire la popolazione e le attività di bacino e la stessa localizzazione dell'ufficio non presenta idonei spazi di parcheggio;
la conformazione dell'ufficio, privo di spazi di attesa, vede spesso la fila di
utenti svilupparsi addirittura nello spazio esterno -:
se risulti che la Direzione di Filiale competente sia effettivamente sensibilizzata sull'argomento, stante l'assenza di riscontro citata in premessa;
quali siano le soluzioni studiate per risolvere i problemi strutturali dei locali dell'ufficio postale «Vicenza 7»;
quali siano i tempi per l'attuazione di tali soluzioni, nel pieno rispetto delle norme in materia di sicurezza;
quali altri provvedimenti la Direzione intenda adottare per offrire un servizio conforme agli standard di Poste Italiane SpA.
(4-01605)
Risposta. - Si ritiene opportuno ricordare che gli aspetti organizzativo-gestionali di Poste italiane spettano agli organi statutari della società medesima, la quale individua il tipo ed il numero delle risorse ritenuti necessari a garantire il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale: dislocazione degli uffici, numero degli sportelli, modalità tecniche ritenute idonee a soddisfare la richiesta di servizi da parte dell'utenza.
Ciò premesso in linea generale, per quanto concerne la particolare situazione dell'ufficio postale ubicato in via Mentana a Vicenza la società Poste - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare cui si risponde - ha precisato che le problematiche evidenziate sono note all'azienda che, condividendo la necessità di provvedere all'eliminazione delle criticità strutturali esistenti nell'ufficio in questione, ha già posto in essere alcune iniziative propedeutiche al superamento delle attuali difficoltà.
L'ufficio postale di Vicenza 7, infatti, è stato inserito - secondo quanto comunicato da Poste italiane - nel piano di interventi Lay-out 2008 che, tuttavia, è intendimento della medesima società anticipare gli ultimi mesi del corrente anno.
I lavori previsti determineranno l'ampliamento della superficie disponibile che passerà dagli attuali metri quadrati 98 a circa mq 155, consentendo alla clientela ed al personale applicato di usufruire di ambienti più ampi e confortevoli e di aprire anche una sala consulenza.
In più i locali verranno adeguati alla normativa vigente in materia di sicurezza (legge n. 626 del 1994) e saranno dotati di tutte le misure di sicurezza attive e passive previste dalla tipologia di allestimento prescelto; saranno, infime create strutture di accesso e di funzione di servizi adatte alla categoria dei clienti disabili.
In merito a tale ultimo aspetto la società ha sottolineato che in attesa dell'avvio dei lavori, già dallo scorso 1 dicembre 2006, l'ufficio in argomento è stato munito di un'apposita pedana per facilitare l'accesso ai clienti diversamente abili.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
dopo almeno quindici anni di attesa, il prossimo mese di marzo dovrebbero ripartire i lavori di allargamento e di messa in sicurezza della strada statale n. 552 «del passo del Monte Rest»;
l'intervento di sistemazione della pericolosa arteria viaria rischierebbe, però, degli ulteriori ritardi dovuti alla presenza in loco dei badino idroelettrico di Redona, sito tra i Comuni di Tramonti di Sotto e di Tramonti di Sopra (Pordenone) e attualmente gestito da un'impresa privata che opera nel settore della produzione energetica;
in particolare, stando all'appello lanciato dalle due Amministrazioni Comunali della Val Tramontina, si correrebbe il rischio di veder rallentati i lavori di carreggiata a causa del livello eccessivamente alto del limitrofo lago;
una situazione analoga si è, in effetti, registrata nel corso del 2004, allorché i cantieri allestiti lungo la statale n. 552
subirono dei ritardi notevoli anche a causa del mancato svuotamento dell'invaso idrico;
la risoluzione della vertenza risulta di oggettiva complessità, in quanto occorre conciliare interessi di pari importanza ma tra loro dissonanti (leggasi, nello specifico, esigenze idriche e irrigue della pianura pordenonese, interessi economici per la produzione di energia elettrica e aspettative della popolazione locale di godere al più presto di una strada priva di insidie);
pertanto, si rende quanto mai necessaria e urgente un'azione del ministero interrogato volta a chiarire il quadro della situazione lamentata in Val Tramontina e tale da coinvolgere, quanto meno, l'Anas, titolare dei lavori di allargamento della statale insieme alla Provincia di Pordenone -:
se intenda occuparsi in prima persona della pratica relativa ai lavori di allargamento e di messa in sicurezza della strada statale n. 552 «del passo del Monte Rest»;
nello specifico, se intenda, anche attraverso i vertici regionali dell'Anas, mediare con le Autorità locali del pordenonese e con l'impresa che gestisce il bacino di Redona affinché lo sfruttamento dello stesso invaso a scopi energetici e irrigui non ritardi l'intervento di messa in sicurezza della strada statale n. 552, atteso da almeno quindici anni dalla popolazione della Val Tramontina.
(4-02381)
Risposta. - L'ANAS spa ha fatto conoscere che i lavori di sistemazione e miglioramento della strada statale n. 552 «del Passo del Rest» nei comuni di Tramonti di Sopra e Tramonti di Sotto (Pn) sono stati affidati direttamente dalla Provincia di Pordenone all'impresa Monti spa di Auronzo di Cadore a seguito di convenzione stipulata il 19 ottobre 2006 tra la Provincia e l'ANAS.
I ruoli di responsabile del procedimento, di direttore dei lavori, di controllo tecnico contabile ed amministrativo, di coordinamento per la sicurezza ed il collaudo finale dell'opera saranno, tuttavia, effettuati da personale ANAS.
La direzione lavori, unitamente alle amministrazioni regionali e locali, si sono già attivate per risolvere le criticità derivanti dall'invaso artificiale di Redona di pertinenza della ditta Edison spa di Bolzano ricordate nell'interrogazione.
Il superamento di tali criticità, conclude l'ANAS, consentirà di riprendere i lavori che, di dà assicurazione, potranno essere riavviati entro breve termine.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
DE CRISTOFARO e DIOGUARDI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sabato 30 settembre 2006, alle ore 12 si è svolta l'inaugurazione del plesso ospedaliero di Boscotrecase che dovrebbe servire la città di Torre Annunziata e i comuni viciniori, contestualmente alla chiusura dell'ospedale civile che da circa 140 anni offriva ai cittadini i servizi sanitari fondamentali;
questa nuova struttura ha ben meritato l'appellativo di «ospedale fantasma» visto che i lavori per la sua realizzazione furono avviati nel 1965, interrotti nel 1972, ripresi nel 1984 e poi ancora bloccati, ricominciati e bloccati di nuovo nel 2002, con evidente danno per il bilancio e la sanità pubblici;
il nuovo plesso ospedaliero malgrado l'enfasi con la quale è stata accolta la sua apertura, soprattutto da parte dei dirigenti della Asl Na 5 e dei rappresentanti delle istituzioni, non è attualmente in grado di sostituirsi alla precedente struttura per carenze tecniche palesi e lacune di attuazione di alcune importanti prestazioni sanitarie;
l'ospedale di Boscotrecase presenta tra l'altro gravi carenze infrastrutturali quali la mancanza di un'agevole via di accesso dato che l'unica strada che collega il centro di Torre Annunziata al plesso, via
Sepolcri, è interrotta per i lavori di adeguamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e che per raggiungere l'ospedale è necessario attraversare un dedalo di strade con un aggravio di tempi di percorrenza incompatibile con eventuali emergenze;
la nuova struttura pubblica, inaugurata in nome dell'efficienza e della modernità è priva di alcune attrezzature ormai indispensabili per la diagnostica quali la Tac e tale servizio dovrà ancora essere affidato in convenzione a privati, con un ulteriore aggravio del bilancio sanitario regionale;
non si è provveduto ad un'adeguata campagna di informazione degli utenti che ancora si recano presso la sede del vecchio nosocomio il quale, del resto, pur nella carenza di organico e nella atavica inefficienza amministrativa avrebbe potuto e potrebbe ancora continuare a svolgere la sua funzione di presidio pubblico almeno per quei reparti che nel corso degli anni hanno garantito prestazioni di ottimo livello come ad esempio i reparti di Cardiologia e di Ostetricia, ed avere un giusto utilizzo come presidio di pronto soccorso d'urgenza;
è necessario che siano tenute nella giusta considerazione le legittime esigenze della cittadinanza di una struttura ospedaliera efficiente e adeguata alla complessità del territorio nonché rispondente alle necessità di presidio sanitario d'urgenza come ancora potrebbe essere la vecchia struttura dell'Ospedale Civile -:
se non intenda disporre l'accesso presso la Asl competente, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge n. 37 del 1989, per verificare le cause del ritardo.
(4-01661)
Risposta. - Si comunicano preliminarmente le informazioni pervenute dal Direttore generale della Asl Napoli 5.
Dal 30 settembre 2006, tutte le attività assistenziali in precedenza erogate dall'ospedale di Torre Annunziata sono state trasferite al Presidio ospedaliero di Boscotrecase, presso il quale è stata prevista l'attivazione di un Presidio di primo soccorso territoriale connesso alla rete del Servizio «118», al fine di non privare il centro storico della città di un Servizio di emergenza.
È stato precisato che, per l'occasione non è stata predisposta alcuna cerimonia inaugurale, e l'attivazione è stata preceduta da una capillare campagna informativa rivolta a tutta la cittadinanza e alle Istituzioni.
La dismissione del vecchio ospedale di Torre Annunziata, ospitato in una struttura conventuale del sedicesimo secolo, è motivata dalla mancata conformità ai requisiti previsti dalle norme regionali e statali in materia di strutture sanitarie, garantiti, invece, nella nuova struttura.
Il Direttore generale ha sottolineato la maggiore qualità ed efficacia della risposta assistenziale offerta ai cittadini in quanto le attrezzature già presenti sono state per lo più sostituite e rinnovate ed è all'attenzione dei competenti Servizi e Settori aziendali l'ulteriore potenziamento del parco tecnologico.
Lo stesso Direttore generale ha confermato che, a circa tre mesi dall'apertura del nuovo nosocomio, non è stato segnalato alcun disservizio o ritardo assistenziale, precisando che i dati sull'attività del nuovo ospedale riflettono la situazione di un presidio funzionante ed in piena attività.
Relativamente a quanto richiesto nell'interrogazione parlamentare merito all'eventuale accesso da parte del Ministero della salute presso la Asl Napoli 5, si segnala che il decreto ministeriale 17 giugno 2006, di attuazione dell'articolo 1, comma 288, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) ha istituito presso questo Ministero il Siveas (Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria), che dovrà coordinare tutte le attività dei vari organismi di controllo con programmi annuali, proposti dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), e approvati dal Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
Gli obiettivi prioritari sono la verifica che ai finanziamenti erogati alle Regioni corrispondano effettivi servizi per i cittadini e che tali servizi aderiscano a criteri di efficienza ed appropriatezza.
Le attività del Siveas si articoleranno prioritariamente in poteri di accesso del Ministero presso le strutture sanitarie pubbliche, nella potestà di verifica dell'erogazione effettiva dei Lea (compresa la verifica dei relativi tempi di attesa), e nel monitoraggio del raggiungimento ciascuna Regione degli obiettivi di salute pubblica propri del Servizio sanitario nazionale.
In data 2 febbraio 2007, il Ministro della salute ha insediato il gruppo di lavoro al quale partecipano esperti e centri consulenza, allo scopo di assicurare il supporto al suddetto Sistema.
Fra gli ambiti d'intervento del Siveas, si evidenzia in particolare la verifica dei tempi di attesa nelle Aziende Sanitarie per l'erogazione delle prestazioni sanitarie urgenti e dei livelli di spesa, con una attenzione specifica ad alcuni indicatori come, ad esempio, le convenzioni con strutture sanitarie private e l'acquisto di beni e servizi ad un prezzo più elevato rispetto al costo medio.
Si sottolinea che un ulteriore obiettivo del Sistema sarà quello del monitoraggio dei tempi di esecuzione dei lavori di costruzione o ammodernamento degli ospedali e delle altre strutture sanitarie.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
DI GIOIA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
con numerose interrogazioni precedenti, l'interrogante aveva chiesto al Ministro competente di intervenire con la massima sollecitudine nei confronti di Poste Italiane spa per far aprire, come preventivato, un ulteriore ufficio postale nella città di Lucera oltre a quello di Via Firenze e di Piazza San Giacomo, insufficienti per il fabbisogno della città;
nonostante le assicurazioni avute dal Governo nel corso della XIV legislatura, nessun cambiamento si è verificato e la situazione si è aggravata ulteriormente, tanto che nel mese di aprile 2005 c'è stato l'ennesimo appello del sindacato pensionati CISL, categoria più penalizzata, per chiedere l'apertura di un'altra sede a Lucera, per un più regolare disbrigo delle pratiche postali;
la situazione è nel più totale caos, ed in vista del periodo estivo, come è già accaduto, spesso le persone anziane in fila per ritirare la pensione vengono colte da malore, ed è facile assistere anche a litigi e discussioni;
ad oggi, nonostante le assicurazioni a livello istituzionale, nulla di concreto è avvenuto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione critica permanente dell'ufficio Postale di Lucera e se si sia provveduto a mettere in moto la macchina organizzativa per concretizzare le promesse finora illusorie fatte da Poste Italiane per risolvere definitivamente la questione a Lucera e provincia.
(4-02167)
Risposta. - Si ritiene opportuno ricordare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni (delibera CIPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale, che rientra nell'ambito dell'autonomia della società, la quale, tuttavia, è tenuta ad impostare i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità del servizio paragonabili a quelli degli altri Paesi europei.
Al Ministero delle comunicazioni - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale; in particolare provvede all'accertamento del raggiungimento degli obiettivi di qualità da essa stessa definiti, riguardanti
l'intero territorio nazionale per ciò che riguarda i tempi di recapito, per i servizi di posta standard, massiva, registrata e pacchi ordinari avvalendosi, ai fini del monitoraggio di tali servizi, della collaborazione di un organismo indipendente che fornisce con cadenza semestrale rapporti certificati sui risultati raggiunti, calcolati su base statistica; che sono resi pubblici nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Ciò premesso in linea generale, riguardo alla richiesta formulata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, relativa all'apertura di un terzo ufficio postale a Lucera, in provincia di Foggia, oltre a quelli di via Firenze e piazza San Giacomo, si è provveduto ad interessare la società Poste italiane, la quale ha reso noto che il nuovo ufficio postale, ubicato ad una distanza di circa 1.500 metri dagli altri due uffici postali succitati - munito di quattro sportelli bancoposta, uno postale, una sala di consulenza e una postazione Atm -, ristrutturato e reso moderno e confortevole, oltre che più tutelato dal punto di vista della sicurezza, sarà aperto al pubblico, presumibilmente, entro la fine del mese di marzo 2007.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
DI GIOIA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
sul tratto della strada statale n. 90, che collega i comuni del Subappennino Irpino e Dauno con Foggia e Benevento, si registrano gravi danni, causati da una frana;
tale situazione determina l'isolamento dei comuni del Subappennino Irpino e Dauno -:
quale sia la ragione per cui i lavori per la normalizzazione della viabilità non abbiano ancora avuto inizio;
se ritenga d'intervenire per l'allargamento e l'ammodernamento del tratto della strada statale n. 90.
(4-02827)
Risposta. - Il territorio del Comune di Montaguto (Avellino) è interessato da un movimento franoso riattivatosi alla prima metà del mese di gennaio 2005.
L'ANAS SpA ha fatto conoscere che dai primi sopralluoghi effettuati è stato accertato che il fenomeno coinvolge una striscia di terreno lunga ml. 4000 circa per una larghezza media di ml. 100. Nel tempo, il fenomeno è continuato favorito anche dalle avverse condizioni meteorologiche avvicinandosi sempre più alla strada statale n. 90 e coinvolgendo l'infrastruttura parzialmente.
Al fine di garantire la continuità del traffico, l'ANAS ha provveduto a far asportare il materiale che invadeva la sede stradale riducendone la sezione.
Tale intervento di rimozione di materiali è stato effettuato fino al 26 aprile 2006 quando, in fase di sopralluogo congiunto con gli enti locali interessati, la Prefettura di Avellino e il Dipartimento nazionale e regionale della protezione civile, avendo constatato che l'evento franoso rappresentava un alto rischio per la circolazione stradale, si è deciso di vietare il transito sulla statale in questione tra i km 42+700e 43+100.
Il successivo mese di maggio, veniva dichiarato lo stato di emergenza e, in data 13 luglio 2006, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la protezione civile, ha nominato il Presidente della Regione Campania commissario delegato per far fronte agli interventi urgenti.
Dai primi giorni del mese di settembre 2006, in considerazione del notevole rallentamento del fenomeno franoso per le favorevoli condizioni atmosferiche, si è consentito di utilizzare in condizioni di sicurezza la variante provvisoria di breve termine realizzata nelle immediate adiacenze della zona interessata dalla frana.
Nelle more dell'ultimazione dei lavori di realizzazione della variante a medio termine e delle risultanze delle indagini geologiche e geotecniche necessarie ed indispensabili per impostare la progettazione di una variante definitiva al tratto di strada coinvolto dalla frana, è stata consentita la ripresa della circolazione stradale, a senso unico alternato regolamentato da impianto semaforico, a tutti gli automezzi esclusi gli autocarri.
La viabilità, nei termini sopra, descritti, è stata consentita fino al 15 febbraio 2007 quando, sempre a causa delle avverse condizioni atmosferiche, il movimento franoso si è riattivato coinvolgendo la sede stradale con conseguente rischio per l'utenza.
Il Commissario delegato, nel corso di una riunione tenutasi presso la Prefettura di Avellino il 22 febbraio 2007, ha comunicato l'inizio a breve di un'attività intesa all'asportazione di circa 100.000 mq di materiale di frana.
L'ANAS, per quanto di competenza, sta studiando le possibili varianti all'attuale tracciato stradale ed ha redatto un progetto preliminare dell'intervento che verrà adesso trasmesso al Dipartimento della Protezione Civile per l'adozione dei successivi provvedimenti.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
DI GIROLAMO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 574 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1959, n. 420 esentava dal pagamento del pedaggio autostradale i veicoli di soccorso nell'espletamento del relativo specifico soccorso;
l'articolo 373 comma 2 lettera C del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 operava una restrizione in quanto limitava l'esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per le sole ambulanze con targa CRI;
ulteriore modifica è stata operata dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1993, n. 575 che ha disposto che vengano esentate dal pagamento del pedaggio autostradale «le ambulanze con targa CRI, nonché i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio e provvisti di apposito contrassegno approvato con decreto del Ministro dei Trasporti e dei Lavori Pubblici». Il successivo decreto è stato emanato il 15 aprile 1994;
il servizio 118 di soccorso ha iniziato ad operare sul territorio nazionale successivamente all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992, con notevoli difformità da regione a regione e la piena operatività si è raggiunta solo nella seconda metà degli anni '90, come chiarito da parte del Ministero dei lavori pubblici con circolare 5 agosto 1997, n. 3973. L'intenzione del legislatore in quell'epoca era quella di favorire l'attività di volontariato svolta nello specifico settore dell'emergenza prevedendo l'esecuzione del pagamento del pedaggio per la CRI ed altri organismi similari (di volontariato) che coprivano la gran parte degli interventi in caso di soccorso;
in caso di incidente autostradale, in genere comportanti gravi conseguenze per la salute dei viaggiatori in considerazione delle condizioni del traffico e velocità in cui avvengono, vengono allertati più mezzi di soccorso;
mentre quelli delle associazioni di volontariato e della CRI hanno l'esonero dal pagamento, quelli del 118, ovvero quelli del sistema pubblico di emergenza, oltretutto in genere forniti di professionalità e mezzi tecnici più idonei, sono costretti a pagare il pedaggio;
questo comporta spesso un ingresso «forzato» in autostrada (tramite passaggio illegittimo nella corsia Telepass o sollevamento forzoso della sbarra della corsia) o comunque una perdita di tempo prezioso per ritirare il biglietto;
si evidenzia non solo una disparità di trattamento per funzioni identiche, oltretutto a carico del servizio pubblico che ha l'obbligo istituzionale di garantire il soccorso, ma anche un nocumento per la tempestività dei soccorsi e quindi per la salute pubblica -:
se non si ritenga necessario intervenire attraverso una norma interpretativa del dispositivo di legge che consenta anche a tutti i mezzi del servizio 118 di poter essere esentati dal pagamento del pedaggio.
(4-02224)
Risposta. - In riferimento all'esenzione del pagamento del pedaggio sulla rete autostradale italiana per i veicoli di Soccorso stradale della Croce Rossa, delle Associazioni di volontariato ed organismi similari si forniscono i seguenti chiarimenti.
In via preliminare, l'ANAS SpA informa che, come sostenuto nell'atto ispettivo, non esiste una convenzione tra la Società autostrade per l'Italia e la Regione Sicilia relativamente all'esenzione dei pedaggi in Sicilia.
Tale esenzione è disciplinata dall'articolo 373 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada che al comma 2, lettera c), stabilisce che la stessa debba essere concessa a «veicoli con targa CRI, nonché i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio e provvisti di apposito contrassegno approvato con decreto del Ministero dei Lavori Pubblici».
In considerazione della difformità di interpretazione del citato articolo, l'ex Ministero dei lavori pubblici, ora delle infrastrutture, ha emanato in data 5 agosto 1997 una circolare interpretativa che puntualizza i requisiti necessari per l'esenzione dal pagamento del pedaggio.
In particolare la suddetta circolare ha precisato che il veicolo:
1) deve essere immatricolato a nome di associazioni di volontariato o di organismi similari non aventi scopo di lucro;
2) deve essere adibito al soccorso;
3) deve essere impegnato nell'espletamento del relativo specifico servizio;
4) deve essere provvisto dell'apposito contrassegno.
L'assenza anche di una sola delle condizioni suddette, non dà luogo all'esenzione dal pedaggio autostradale.
La Circolare ANAS n. 1020/60 stabilisce, inoltre, che per dimostrare il diritto all'esenzione i conducenti dei veicoli devono compilare il «biglietto di viaggio» da consegnare al personale di esazione e che il transito di questi veicoli deve avvenire su porte presidiate dall'operatore.
Le sopraccitate disposizioni non si applicano ai transiti in condizioni di emergenza (lampeggiante e sirena attivati) in questi casi la normativa stabilisce che il personale addetto alle porte di esazione si deve limitare a rilevare solo il numero di targa ai fini di successive verifiche e, quindi, agevolare un passaggio rapido.
Per quanto riguarda le stazioni ad elevata automazione, in cui le porte non sono presidiate dal personale addetto, la società autostrade informa che il veicolo esente da pedaggio deve transitare presso le porte self service e ViaCard comunicando all'addetto al controllo, per mezzo dell'interfono adibito all'assistenza, di essere esente da pedaggio a norma di legge.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
circa cinque mesi fa le figlie, che vivono a Torino e Genova, hanno ha perso i contatti con Alfonso D'Arco, cittadino italiano che lavora da anni quale architetto in Eritrea;
il fratello del D'Arco, per primo, ha cercato di avere sue notizie ed ha così saputo che il nostro connazionale è incarcerato ad Asmara;
prima del natale scorso, la notizia è stata direttamente confermata dall'ambasciata italiana in Eritrea che si è interessata al caso e che ha fatto visita al nostro connazionale in carcere tramite un suo funzionario;
in particolare, l'ambasciata ha fatto sapere che Alfonso D'Arco è prigioniero da ormai più di cinque mesi in attesa che siano svolte le indagini, soltanto al termine delle quali potrà essere formulata un'accusa, individuata un'imputazione, ancora ad oggi sconosciuta sia ufficialmente che ufficiosamente;
l'ambasciata Italiana avrebbe anche spiegato alla famiglia che, secondo l'iter
procedurale eritreo, durante questa fase di indagini «pre-imputazione» il detenuto non ha alcuna possibilità di difesa;
la nomina di un difensore sembra infatti essere ammessa solo dopo la formulazione dell'accusa e, tra l'altro, non sembra possibile prevedere quali saranno i tempi di attesa; le indagini in corso potrebbero protrarsi anche per diversi mesi, durante i quali il D'Arco rimarrebbe prigioniero, senza sapere neanche le ragioni di tale detenzione;
una volta formulata l'accusa, il tribunale chiamato a decidere delle sorti dell'imputato sarebbe un tribunale militare, dal momento che sembrerebbe che i tribunali civili abbiano cessato di funzionare da qualche tempo;
allo stato attuale delle cose pare che l'unico modo per permettere al D'Arco di uscire di prigione, ma non di lasciare il paese, sia quello di versare una cauzione elevata a tal punto da rendere impercorribile per la famiglia questa via di risoluzione; non si comprende per quale ragione ci si permetta di chiedere una cauzione pari a 210.000 euro senza formulare ufficialmente un capo d'accusa;
tra l'altro, come rilevato dal funzionario dell'ambasciata in occasione della visita resa al detenuto, pare che le condizioni di salute del D'Arco - che compirà 61 anni a settembre - siano pessime.
la situazione è stata già denunciata dalla stampa italiana qualche tempo fa (sono usciti alcuni articoli, sull'inserto di Genova de la Repubblica e sul Secolo XIX del 15 gennaio 2007); dopo quegli articoli, i congiunti del D'Arco hanno interrotto ogni rapporto con la stampa, poiché è stato vivamente sconsigliato loro di creare clamore mediatico sulla questione;
tuttavia, il protrarsi lento dell'iter procedurale eritreo sta ledendo i diritti civili ed umani di una persona, per di più di un cittadino italiano -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto, quali ulteriori informazioni siano in grado di fornire e quali provvedimenti intendano assumere al fine di tutelare i diritti umani e civili di un cittadino italiano all'estero in seria difficoltà e pericolo e salvare la famiglia dalla disperazione e da una logorante impotenza.
(4-02908)
Risposta. - Il Signor Alfonso D'Arco, di professione architetto e da tempo residente ad Asmara, è stato tratto in arresto dalle autorità di polizia eritree il 18 ottobre 2006 perché ritenuto implicato in un'inchiesta giudiziaria sul settore edilizio di quel Paese. Ad oggi nessuna accusa formale è stata ancora formulata nei confronti del connazionale.
Venuta a conoscenza dell'arresto, l'Ambasciata ad Asmara, oltre a prendere contatto con i familiari del connazionale, si è da subito attivata al fine di garantire al signor D'Arco ogni possibile assistenza. La Rappresentanza ha, in particolare, svolto diverse visite consolari all'interessato al fine di monitorarne le precarie condizioni di salute, intervenendo presso le Autorità carcerarie affinché al connazionale fosse assicurato un adeguato trattamento sanitario.
Quanto alla vicenda giudiziaria del signor D'Arco, la stessa Rappresentanza ha intrapreso numerosi passi presso le competenti Autorità locali perché fossero resi noti i capi d'imputazione contestati al connazionale e, da ultimo, perché al signor D'Arco siano quanto meno concessi, in ragione del deterioramento del suo stato di salute, gli arresti domiciliari. Si è tuttora in attesa di un riscontro da parte eritrea.
La Sede ha, altresì, svolto opera di sensibilizzazione presso le istanze ritenute opportune onde consentire, data la dichiarata indisponibilità economica della famiglia, il reperimento dei fondi necessari al pagamento della cauzione, pari a circa 200.000 euro, richiesta per il rilascio dell'interessato. Nel contempo, si è provveduto a chiedere una riduzione di detta somma ma sinora senza ottenere una risposta in senso positivo.
Si fa, infine presente, che l'Ambasciata ad Asmara continua con la dovuta fermezza intervenire presso le autorità locali onde
vedere tutelati i diritti fondamentali del signor D'Arco, quali il diritto a vedere formalizzali i reati imputati allo stesso e la possibilità di essere adeguatamente assistito da un legale difensore, nonché la concessione di un regime carcerario compatibile con lo stato psico-fisico dell'interessato.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
FABRIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è prossima la scadenza del mandato del Presidente del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, magistrature amministrative e contabili particolarmente rilevanti nel nostro ordinamento per la tutela dei diritti dei cittadini e del pubblico danaro;
in virtù della vigente normativa il Presidente del Consiglio dei ministri chiede, con adeguato anticipo, agli organi di autogoverno delle predette magistrature di designare il candidato alla nomina da parte del Consiglio dei ministri a Presidente;
come noto, per il Consiglio di Stato la designazione riguarda l'attuale Presidente aggiunto, dottor Mario Egidio Schinaia;
per la Corte dei conti, invece, s'intenderebbe procedere con l'indicazione a Presidente di un candidato in luogo dell'attuale Presidente aggiunto;
per realizzare tale obiettivo occorrerebbe introdurre una norma con la quale si stabilisce che il magistrato a cui mancano meno di 4 anni dal pensionamento non può ricoprire incarichi direttivi;
tale sarebbe la situazione in cui si troverebbe l'attuale Presidente aggiunto -:
se non ritenga inopportuno che il Governo adotti un'iniziativa normativa in tal senso e che vada invece mantenuta la normativa attuale.
(4-01471)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, il Consiglio di Stato, appositamente interpellato al riguardo, ha comunicato che, ai sensi dell'articolo 21 della legge 27 aprile 1982, n. 186, aggiunto dall'articolo 13 della legge 21 luglio 2000, n. 205, la nomina a Presidente di sezione del Consiglio di Stato e quella a Presidente di tribunale amministrativo regionale «può non essere disposta nei confronti di magistrati il cui periodo di permanenza in servizio, fino al collocamento a riposo per raggiunti limiti d'età, sia inferiore a tre anni dalla data di conferimento dell'incarico».
Nella pratica il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, al quale compete di deliberare la nomina articolo 13 comma 2, della stessa legge n. 186), non si è mai avvalso della predetta facoltà («può non essere disposta»).
Per quanto attiene alla nomina del Presidente del Consiglio di Stato, il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ha sempre espresso parere favorevole alla nomina del presidente di sezione di maggiore anzianità di ruolo e, di recente, del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, posto istituito dall'articolo 6-bis, comma 2, della legge 26 febbraio 2004, n. 45.
Per quanto riguarda, infine, la Corte dei conti si fa presente che nel corso del Consiglio dei ministri del 19 gennaio 2007, è stata deliberata la nomina a Presidente della Corte medesima del Presidente aggiunto dottor Tullio Lazzaro.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
FABRIS. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il Registro Italiano Dighe (R.I.D.) istituito ai sensi dell'articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, a seguito della soppressione del Servizio Nazionale Dighe della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a sua volta promanante dal Servizio Dighe del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, svolge attività istituzionale
di vigilanza delle grandi dighe ricadenti sul territorio nazionale, nonché di supporto alle Prefetture, in materia di Protezione Civile, per le condizioni di rischio connesse alla presenza di dighe sul territorio, ai sensi della Legge 24 febbraio 1992, n. 225;
con l'articolo 45 del decreto-legge 3 ottobre 2006 n. 262 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 230 del 3 ottobre 2006 - è stata prevista la soppressione del Registro Italiano Dighe, ed il passaggio di competenze al Ministero delle Infrastrutture, attraverso un regolamento non ancora adottato;
con tale vacatio regolamentare si configura il rischio di una riduzione delle suddette attività di controllo sulla costruzione e di vigilanza sulla sicurezza delle Dighe (circa 550 sul territorio nazionale), e pertanto l'incremento della pericolosità delle stesse sulle popolazioni insediate nei territori a valle -:
quali interventi urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di impedire la contrazione dell'attività di controllo e di vigilanza conseguente alla soppressione del Registro Italiano Dighe nelle more di un atto regolamentare che definisca in via definitiva il passaggio delle competenze al Ministero delle Infrastrutture.
(4-02759)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che le disposizioni legislative richiamate nell'interrogazione cui si risponde - articolo 2, comma 171 del decreto-legge n. 262 del 2006 - proprio allo scopo di evitare ogni soluzione di continuità nello svolgimento dei compiti istituzionali di controllo e vigilanza delle dighe, stabiliscono espressamente che l'attività facente capo agli uffici periferici del Registro Italiano Dighe in materia, tra l'altro, di vigilanza sulla costruzione e sull'esercizio delle dighe, continua ad essere esercitata presso le sedi e gli uffici già individuati ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2003, n. 163 recante regolamento concernente l'organizzazione, i compiti ed il funzionamento del Registro italiano dighe.
Ciò fino all'adozione del regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture con il quale si provvederà alla definizione dell'assetto organizzativo e funzionale delle strutture centrali e decentrate dell'amministrazione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
FASOLINO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il servizio ADSL (internet veloce) rappresenta uno strumento indispensabile per il lavoro e lo studio oltre che per attività ricreative e di svago le quali ultime rappresentano un momento altrettanto importante nella vita di giovani e meno giovani;
i comuni che ne sono sprovvisti vengono di fatto relegati in posizione marginale e subalterna rispetto agli altri che possono fruirne;
per gli USA il servizio ADSL costituisce di già una vecchia tecnologia mentre per molti comuni d'Italia rappresenta ancora un sogno irraggiungibile;
gli utenti costretti a utilizzare collegamenti lenti ed onerosi vengono di fatto scoraggiati a navigare in rete;
il Comune di Novi Velia in Provincia di Salerno, è una meta turistico-religiosa di eccezionale richiamo nell'ambito dei territori campani perché sede di un Santuario tra i più antichi e prestigiosi di tutta l'Italia meridionale e Novi Velia è ricca, tra l'altro, di bellezze naturali ricadenti nel Parco del Cilento oltre che sede di emergenze architettoniche nel suo perimetro urbano. Ciò nonostante è tuttora sprovvista del servizio ADSL -:
quali iniziative intenda attivare nei confronti di Telecom Italia Spa, che di fatto esercita il monopolio nel campo della installazione delle componenti tecniche relative all'ADSL, perché Novi Velia venga
dotata del servizio di Internet veloce e possa recuperare il divario che la divide dalle altre comunità d'Italia e d'Europa.
(4-02389)
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno anzitutto premettere che per la fornitura dei collegamenti Adsl non esiste alcun obbligo, né condizione di fornitura del servizio a carico degli operatori, in quanto i collegamenti a larga banda esulano dall'ambito del servizio universale, unica fattispecie per la quale possono essere imposti agli operatori obblighi del servizio.
D'altra parte è noto che il Ministero delle comunicazioni ha adottato ogni possibile iniziativa allo scopo di aumentare la diffusione di tale mezzo trasmissivo ed eliminare il digital divide, come dimostrano sia l'erogazione di contributi per i contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad Internet, sia i finanziamenti previsti per gli investimenti effettuati dalla società Infratel.
Con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) sono state ulteriormente incrementate le risorse specificamente destinate al finanziamento degli interventi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completamento del programma di sviluppo della larga banda nel mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della società Infratel Italia, prevedendo lo stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nonché l'assegnazione di ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2009 allo stesso Ministero delle comunicazioni per le suddette finalità.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2006 è stato istituito il Comitato per la diffusione della larga banda sul territorio nazionale - del quale fa parte, tra gli altri, anche il Ministro delle comunicazioni - con l'obiettivo strategico di garantire, nell'arco della legislatura, l'accesso alla larga banda a tutti i cittadini in ogni parte del territorio.
Ciò a dimostrazione del fatto che lo sviluppo del servizio Adsl rappresenta, per il Governo, una priorità.
La società Telecom, interessata in merito ai piani di copertura del servizio Adsl, nel precisare che gli stessi vengono definiti tenendo conto sia dell'entità della clientela da raggiungere, sia delle difficoltà realizzative legate al territorio in cui il servizio medesimo deve essere portato, allo scopo di ottenere una sua rapida diffusione nella maggior parte delle aree del paese, ha comunicato di non aver pianificato, almeno per l'immediato futuro, l'estensione delle linee Adsl nella località Novi Velia.
Da parte sua la società Infratel - società costituita a seguito della convenzione fra il Ministero delle comunicazioni e la società Sviluppo Italia ai sensi dell'articolo 6 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259 del 2003) - ha fatto presente che sebbene il comune in questione non sia ricompreso tra i comuni campani nei quali si sta procedendo alla copertura in banda larga attraverso l'implementazione della rete in fibra ottica, ricadenti quindi tra quelli interessati dalle prime fasi di intervento attuativo, ne è stata prevista la copertura nel prosieguo dell'attuazione, che sarà effettuata con tecnologie wireless.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
GALANTE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto appreso da un quotidiano toscano, il Centro trasfusionale di Sansepolcro in provincia di Arezzo, uno dei migliori d'Italia per efficienza e numero di donatori di sangue (2.500 circa), potrebbe chiudere entro il prossimo primo di novembre;
tutto il sangue prelevato dalle donazioni effettuate dai volontari a Sansepolcro verrebbe prelevato e inviato alla centrale Asl di Arezzo per la sua lavorazione, comportando così una riduzione del numero dei sanitari locali;
a quanto risulta all'interrogante, nei prossimi giorni sono previste riunioni della direzione Asl con il personale sanitario
dell'ospedale di zona biturgense per annunciare presuntivamente questi tagli, senza discutere preventivamente di eventuali situazioni alternative parimenti importanti;
nonostante le rassicurazioni del sindaco di Sansepolcro, sempre dal primo novembre pare che il centro trasfusionale non godrà più dei turni pomeridiani, notturni e festivi;
la cosa più grave è che in questo clima di incertezza, non esistano comunicazioni precise per l'utenza su dove reperire i servizi sanitari, dei quali i cittadini hanno ovviamente diritto -:
se e come il Ministro, secondo le proprie prerogative, intenda operare al fine di evitare la probabile chiusura del centro trasfusionale di Sansepolcro, garantendo così sia i livelli occupazionali della struttura sanitaria che i livelli essenziali di assistenza.
(4-01312)
Risposta. - La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Arezzo ha comunicato che la notizia pubblicata sul quotidiano toscano, citata nell'interrogazione relativa alla paventata cessazione dell'attività del Centro trasfusionale dell'ospedale di Sansepolcro non corrisponde a vero, secondo le precisazioni fornite dalla Direzione generale dell'azienda Usl n. 8.
In particolare, non sono state realizzate né programmate modifiche organizzative, sia in merito alla localizzazione territoriale sia agli orari di attività, tali da diminuire per i donatori l'accessibilità al Centro trasfusionale.
Al contrario, l'Azienda sanitaria, di concerto ed in stretta collaborazione con le associazioni dei donatori, ha inteso garantire, a parità di personale presente, un incremento dell'attività di aferesi per la produzione di plasma e un prolungamento dell'orario di accesso ai donatori (attualmente, è dalle ore 8,00 alle ore 10,00). La modifica programmata garantirà, invece, l'accesso, per il sangue intero, fino alle ore 11,00 e, per il plasma, fino alle ore 12,00, in considerazione dell'elevato numero di donatori afferenti al Centro di Sansepolcro.
È stata, inoltre, riorganizzata l'attività di separazione degli emocomponenti, prevedendo la centralizzazione di un'attività tecnica che non comporta modifiche nella localizzazione territoriale dei servizi trasfusionali, ma, al contrario, consentirà il potenziamento dell'attività del Centro trasfusionale. Il sangue «lavorato» viene poi restituito integralmente sulla base delle necessità evidenziate dal singolo ospedale.
La suddetta Direzione ha evidenziato un'ulteriore e importante modifica organizzativa, ossia la «validazione a distanza», che è un sistema finanziato dalla Regione Toscana dal 2002, che consente al medico validatore, mediante la tracciabilità totale come richiesto dalla vigente normativa, di visualizzare l'immagine e l'esito delle prove di compatibilità effettuate da un tecnico in altra zona dell'Azienda.
L'intero programma di riorganizzazione interna, peraltro, è stato unanimemente condiviso in occasione della riunione del Comitato trasfusionale dell'Azienda, Usl n. 8, svoltasi il 21 ottobre 2006 alla presenza del Direttore sanitario aziendale, del Direttore dell'ospedale di Sansepolcro, del Direttore della Unità ospedaliera medicina, del trasfusionale nonché delle associazioni Avis e Fratres dei donatori di sangue ricomprese nell'Azienda sanitaria fra, le quali quelle di Sansepolcro. In tale occasione, le associazioni dei donatori, oltre ad approvare l'impostazione complessiva della riorganizzazione, hanno anche manifestato l'impegno a fornire in modo capillare la giusta informazione ai donatori e agli associati. L'Avis, in particolare, ha ricordato che nell'assemblea regionale tenutasi a Grosseto nell'aprile dello scorso anno, è stata evidenziata la necessità di un cambiamento nel mondo trasfusionale toscano, prendendo a modello quanto proposto dall'Azienda Sanitaria di Arezzo.
Lo stesso coordinatore dell'Avis Regionale Toscana ha confermato il pieno appoggio all'operato dell'Azienda, auspicando che anche le altre Aziende toscane intraprendano lo stesso cammino.
La complessiva riorganizzazione sanitaria dell'Ospedale di Sansepolcro non solo per gli aspetti relativi alla Medicina trasfusionale, è stata oggetto del protocollo d'intesa, siglato il 29 novembre 2006 tra la Regione Toscana, l'Azienda citata, la Comunità montana della Valtiberina Toscana e la Conferenza dei sindaci della Valtiberina, nel quale è previsto che la medicina trasfusionale dell'ospedale di Sansepolcro mantenga la propria attività ed il proprio organico. Il Direttore generale dell'Azienda sanitaria, infine, ha precisato che, in data 17 ottobre 2006, è stato diffuso un comunicato stampa nel quale veniva smentita l'ipotesi di chiusura del Centro trasfusionale di Sansepolcro illustrando, al contempo, i contenuti del progetto regionale, che prevede, peraltro, la prima concreta applicazione dei principi della telemedicina nel territorio aretino, lasciando invariati i punti di donazione sangue ed emocomponenti e la disponibilità degli stessi in tutti gli ospedali.
Un secondo comunicato stampa è stato diffuso in data 23 ottobre 2006, al fine di illustrare i contenuti dell'incontro con le associazioni dei donatori, ed anche in questa occasione è stata smentita qualsiasi ipotesi di chiusura del Centro trasfusionale di Sansepolcro.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
GIORDANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il dottor Danilo Nuccetelli, medico e assessore alla Sanità del Municipio di Roma Centro Storico, nel marzo 2006 ha perso un fratello di 60 anni, morto per una embolia polmonare da trombosi venosa profonda (TVP) degli arti inferiori, dopo essere stato sottoposto ad una operazione complessa, ma a prognosi comunque benigna;
da accertamenti effettuati dallo stesso dottor Nuccetelli, in merito alle modalità, negli ospedali di Roma, della profilassi della TVP, sarebbe emerso che in tutta la città di Roma in un solo ospedale (e in un unico reparto), ovvero il San Camillo Forlanini - Unità di Chirurgia Generale I, vengono applicate integralmente le linee guida del settore riconosciute a livello internazionale;
la corretta profilassi della TVP in chirurgia si fonda su tre passaggi: la valutazione del rischio tromboembolico per ogni paziente e per ogni intervento chirurgico, la somministrazione prima e dopo l'intervento di anticoagulanti (generalmente eparina a basso peso molecolare), l'uso prima, durante e dopo l'intervento di mezzi meccanici di prevenzione (calze elastiche antitrombo, dispositivi per la compressione pneumatica intermittente, filtri cavali);
nella città di Roma, risulta che nessun ospedale dispone di una scheda di valutazione del rischio tromboembolico, e che gli anticoagulanti, quando somministrati, vengono forniti al paziente spesso solo dopo l'intervento chirurgico (e quindi in maniera impropria);
inoltre i mezzi meccanici di prevenzione, pure previsti nelle linee guida riconosciute a livello internazionale, salvo rare eccezioni, sono completamente ignorati;
da accertamenti che è stato possibile effettuare, parrebbe che tale allarmante situazione sia riscontrabile anche a livello regionale e nazionale, eccetto alcune isole di efficienza nelle regioni del nord (ad esempio a Torino, Ospedale San Giovanni Battista; a Milano, Ospedale San Carlo Borromeo);
gli studi sul tema hanno acclarato ormai da anni che negli interventi di cosiddetta «chirurgia maggiore» (tutti gli interventi sull'addome, sul torace, eccetera) effettuati su soggetti ad alto rischio (età maggiore di 60 anni, oppure età maggiore di 40 anni con cancro, eccetera) la frequenza di embolia polmonare fatale va dallo 0,8 all'1 per cento: dati allarmanti se si tiene conto che una corretta profilassi esclude di fatto il rischio di embolia polmonare -:
se sia a conoscenza dei fatti sopradescritti;
se non ritenga grave che, nonostante il rigore delle linee guida internazionali sul tema, l'inadeguatezza della profilassi della trombosi venosa profonda possa compromettere il diritto alla salute dei cittadini;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per porre fine a tale grave situazione e, in particolare, se intenda adottare iniziative affinché si provveda in tempi celeri ad un adeguamento della profilassi della TVP nel nostro Paese alle linee guida internazionali.
(4-01813)
Risposta. - La malattia tromboembolica, che include due manifestazioni cliniche, trombosi venosa profonda ed embolia polmonare una delle principali cause di morbilità e mortalità ospedaliera.
Per trombosi venosa profonda Tvp si intende l'ostruzione o l'occlusione trombotica di una vena del sistema venoso profondo, più frequente a livello degli arti inferiori (90 per cento dei casi). Un trombo può distaccarsi dalla sua sede primitiva, risalire l'albero farro venoso e arrivare al microcircolo polmonare, causando una embolia polmonare Ep.
L'incidenza di Ep è pari a circa 65.000 casi l'anno in Italia, oltre 100.000 casi in Francia, 65.000 casi tra, i pazienti ospedalizzati in Inghilterra e Galles, 500 mila casi annui negli Stati Uniti.
La letalità per Ep non trattata si aggira attorno al 30 per cento, ma può essere ridotta, con appropriata terapia anticoagulante, fino al 2-8 per cento.
La Tvp e l'Ep rappresentano temibili complicanze per i pazienti ospedalizzati, in particolar modo per quelli chirurgici, a causa dell'interazione tra stasi venosa, danni vascolari, attivazione dei fattori della coagulazione ed immobilità; infatti, la dilatazione venosa intraoperatoria riduce il flusso sanguigno nelle vene, causandone la cosiddetta stasi venosa.
Allo stesso tempo, la dilatazione venosa può provocare microlesioni nella parete venosa che, in presenza di stasi, attivano piastrine, fattori della coagulazione ed altri prodotti trombogenici dei tessuti danneggiati.
L'interazione di questi fattori, combinata al trauma della procedura chirurgica ed all'immobilità post-operatoria, aumenta il rischio di sviluppo di trombi nel sistema venoso.
Il rischio di andare incontro a Tvp per i pazienti chirurgici non sottoposti a profilassi varia in base alla tipologia degli interventi; più precisamente il rischio è del 25 per cento per i pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia generale, urologia, ginecologia e neurochirurgia, del 50 per cento nei politraumatizzati, del 50-60 per cento per gli interventi ortopedici, fino al 65 per cento nei casi di protesi di anca e ginocchio.
Per i pazienti affetti da patologie non chirurgiche e non sottoposti a profilassi, quelli colpiti da ictus hanno la probabilità del 63 per cento di andare incontro a Tvp, mentre tale rischio è del 25 per cento nei pazienti colpiti da infarto del miocardio, del 5-15 per cento per quelli affetti da neoplasie, del 15-20 per cento per i soggetti affetti da scompenso cardiaco, broncopeumopatie croniche ostruttive riacutizzate, sindrome nefrosica, policitemia vera e piastrinosi.
Anche diverse condizioni acquisite aumentano la coagulabilità del sangue, favorendo la Tvp: neoplasie, obesità, immobilizzazione della durata superiore a quattro giorni, soprattutto negli anziani, gravidanza, puerperio, sindromi mieloproliferative, policitemia vera, terapia estroprogestinica e sindrome nefrosica, scompenso cardiaco congestizio, accidenti cerebrovascolari e l'anestesia.
Le linee guida più accreditate per il rischi tromboembolico legato all'atta operatorio, come quelle proposte dalla Consensus conference on antitbrombotic therapy, classificano i pazienti in quattro livelli di rischio (basso, moderato, alto ed altissimo rischio di Tvp), identificati in base al tipo di intervento ed alle caratteristiche del paziente. Tale suddivisione permette di modulare l'intensità dei trattamenti preventivi, che includono la mobilizzazione precoce, l'impiego di farmaci anticoagulanti del tipo dell'eparina e di mezzi meccanici come le calze compressive.
Le raccomandazioni ad utilizzare o meno un particolare trattamento sono bilanciate
sul rapporto tra potenziali benefici e potenziali rischi emorragici.
Pertanto, è possibile ridurre il rischio di Tvp, ma non azzerarlo e devono essere considerati attentamente i rischi emorragici connessi agli stessi trattamenti preventivi. In questo senso, la Tvp rientra nella più ampia problematica del rischio clinico che può essere previsto e gestito (risk management) per migliorare la qualità e la sicurezza del paziente.
Relativamente alle iniziative adottate dal Ministero della salute in tema di sicurezza delle cure o, meglio, di gestione del rischio clinico (rik management), va preliminarmente osservato che le cause degli eventi avversi in ambito clinico assistenziale sono o l'errore umano, cioè del professionista sanitario durante un intervento chirurgico o nella somministrazione di un farmaco o di una terapia, o l'errore causato da inefficienze organizzative del sistema sanitario.
Va tuttavia precisato che, pur in presenza di un sistema perfetto e di medici e personale altamente competenti, è impossibile eliminare del tutto la teorica possibilità dell'errore.
Nell'attuale mandato governativo, il Ministero della salute, nella certezza che l'attivazione dei diversi livelli di responsabilità concorra al miglioramento della qualità dell'assistenza, ha già avviato le iniziative necessarie ad affrontare in maniera integrata i diversi aspetti della sicurezza dei pazienti con:
il monitoraggio degli eventi avversi;
l'emanazione di raccomandazioni;
le strategie di formazione;
il supporto per la gestione degli aspetti assicurativi e medico-legali.
In questa logica, opererà il «Centro di riferimento nazionale sulla sicurezza dei pazienti», istituito per la prima volta in Italia nello scorso mese di dicembre, in accordo con quanto attuato in altri Paesi europei ed extraeuropei ed in linea con le indicazioni di tutti gli organismi internazionali che si occupano di sanità.
Sulla base del Patto sulla salute, è stato poi concordato con le Regioni di pervenire alla stipula di un accordo sul Programma nazionale per la promozione permanente della qualità nel Servizio sanitario nazionale, che conterrà, tra l'altro, un capitolo dedicato al tema della sicurezza dei pazienti.
Relativamente al monitoraggio, è stato predisposto un sistema per l'allarme sui cosiddetti eventi sentinella, cioè quegli eventi di particolare gravità che, una volta segnalati, devono essere oggetto di immediate analisi e verifiche per comprenderne le relative cause; il modello, già pronto, dovrà essere applicato in tutti gli ospedali.
È stato, inoltre messo a punto il «Sistema Informativo per il Monitoraggio degli errori in Sanità» (Simes), che diventerà uno degli strumenti del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (Nsis).
Saranno predisposte una serie di indicazioni per la prevenzione degli errori nelle procedure (al momento ne sono state già realizzate 3 e se ne stanno ultimando altre 12) che verranno diramate in tutte le Asl e gli ospedali.
In merito all'aspetto fondamentale della formazione degli operatori sanitari, sono stati infatti già elaborati diversi programmi specifici e, soprattutto, uno specifico «Manuale di formazione sulla sicurezza e gestione del rischio clinico» a disposizione di tutti gli operatori italiani.
Va evidenziato, peraltro, che il problema della sicurezza deve essere affrontato con la partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati; in particolare pazienti e familiari. Per questo obiettivo, sono in fase di realizzazione una serie di materiali informativi che saranno distribuiti negli ospedali e sono state avviate campagne di comunicazione rivolte ai cittadini sul rischio clinico e la sicurezza delle cure.
Non deve essere sottovalutato l'aspetto della comunicazione dell'errore, che è un diritto, del paziente, un dovere delle organizzazioni sanitarie e rappresenta uno dei principali pilastri su cui costruire un approccio di sistema per la sicurezza dei pazienti e la gestione degli errori in sanità.
Al riguardo, è in via di pubblicazione da parte del Ministero della salute una raccomandazione
specifica sulla comunicazione dell'errore, secondo criteri innovativi che sono in linea con gli indirizzi degli altri Paesi europei.
La questione degli aspetti medico legali ed assicurativi dovrà essere regolamentata con una legge che abbia come obiettivi principali, tra (altro, la garanzia di percorsi rapidi per il risarcimento del danno ai cittadini, la previsione di assicurazioni obbligatorie di copertura dei danni da parte delle Asl e degli ospedali e una più corretta segnalazione degli errori da parte degli operatori, prevedendo l'obbligatorietà della segnalazione ma garantendone contestualmente la riservatezza.
Sempre in tema di rischio, si sottolinea la realizzazione della «Prima conferenza europea sul risk management» promossa dal Ministero della salute lo scorso mese di dicembre, che ha visto riuniti ad Arezzo i massimi esperti internazionali del settore per un proficuo scambio di esperienze e di linee di azione operativa.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
GIULIETTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 6 giugno 2006 alla Teksid di Crescentino è avvenuto un incidente con conseguente inquinamento ambientale;
questo fatto è solo l'ultimo di una serie di gravi episodi di inquinamento ambientale a cui si devono aggiungere i numerosi e altrettanto gravi incidenti sul lavoro accaduti in questi ultimi anni;
le organizzazioni sindacali del settore denunciano da tempo l'obsolescenza dello stabilimento di Crescentino che non garantisce più i requisiti minimi di sicurezza per i lavoratori e anche per i cittadini dei Comuni circostanti l'opificio;
rimane, sempre a detta delle organizzazioni sindacali, del tutto insufficiente il confronto con l'Azienda sul futuro dello stabilimento di Crescentino sia sul mantenimento delle attività produttive, sia sul futuro occupazionale dei lavoratori;
per queste ragioni le organizzazioni sindacali, ritengono necessario attivare con tutte le Istituzioni un serrato confronto con l'Azienda -:
se non ritenga di farsi promotore di una riunione in questo senso.
(4-00385)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Vercelli presso lo stabilimento Teksid S.p.A. di Crescentino (Vercelli), Società appartenente al settore metallurgico che produce particolari fusi in ghisa destinati prevalentemente all'industria automotive.
L'incidente accaduto in data 6 giugno 2006 presso lo stabilimento è stato causato dalla rottura di un cuscinetto del rotore dell'impianto di aspirazione fumi del cubilotto di uno dei due forni di fusione per la produzione di ghisa. Nella circostanza la Direzione tecnica, valutata l'impossibilità di riparazione diretta del guasto, con impianto in esercizio, decideva immediatamente di fermare il sistema di aspirazione fumi con conseguente avviamento delle operazioni di «fine fusione in emergenza» del cubilotto e l'allontamento, a scopo preventivo, del personale dalle linee di lavorazione.
Tale procedura è stata effettuata in circa tre ore, tempo durante il quale sono avvenute emissioni anomale in atmosfera dei fumi di combustione, che sono stati prontamente monitorati dalla locale ARPA senza che si rilevassero conseguenze significative per la popolazione e per le coltivazioni.
In merito alle problematiche relative alla sicurezza dei lavoratori, i rappresentanti dei lavoratori, presenti durante l'effettuazione della ispezione, hanno concordemente dichiarato che la società in argomento è sempre stata particolarmente attenta alle problematiche connesse alla sicurezza fornendo, peraltro, piena disponibilità in materia.
La situazione relativa all'andamento infortunistico non ha subito modifiche di
rilievo, in particolare negli ultimi mesi non si sono verificati infortuni gravi.
Recentemente nell'azienda è stato effettuato un intervento di miglioramento dell'impianto di aspirazione fumi, ultimato in data 19 febbraio 2007, con il quale sono stato aumentate le resistenze meccaniche dei supporti delle giranti di aspirazione, con monitoraggio automatico e continuo delle vibrazioni dei cuscinetti.
È stata, inoltre, realizzata una condotta di by pass di emergenza tra le aspirazioni del cubilotto 1 e del cubilotto 2.
Per quanto riguarda l'andamento gestionale dell'azienda, si fa presente che esso è costantemente negativo, nonostante siano stati messi in atto interventi di ristrutturazione mirati a ridurre i costi e investimenti di consistenti risorse finanziarie, destinate principalmente allo sviluppo/ottimizzazione dei processi produttivi e, in particolare, al processo di automazione degli impianti.
Nel contempo, anche al fine di contenere i costi di struttura e gestire le ricadute occupazionali, la società ha fatto ricorso, in più occasioni, alla mobilità ai sensi della legge 223 del 1991.
Tutti gli interventi sopra indicati si sono rivelati, tuttavia, non sufficienti a risanare la situazione e l'andamento della gestione si è purtroppo confermato negativo anche nel 2006, sebbene con perdite notevolmente inferiori all'anno precedente.
In considerazione dell'obsolescenza degli impianti di produzione, anche a fronte di consistenti piani di investimento, così come richiesto dalle OO.SS., non sarebbe possibile raggiungere un andamento positivo dello stabilimento.
Per tutto ciò in data 6 marzo 2007 è stato sottoscritto tra la Società le Organizzazioni sindacali e le RSU un accordo che prevede, a partire dalla fine del mese di luglio 2007, la chiusura dell'attività produttiva dell'impresa in argomento.
Nello stabilimento di Crescentino continuerà ad operare un centro logistico che provvederà all'immagazzinamento ed alla spedizione dei prodotti in arrivo da altre unità produttive del settore Teksid.
In Crescentino, oltre al Polo logistico continueranno ad essere ubicati la Direzione Generale e le Staff Centrali di settore ed, inoltre, opererà la Direzione dell'Area Europa-Far East e le risorse ad essa dedicate, in particolare la Direzione Tecnica e Sperimentazione.
I dipendenti che non opereranno nel sito di Crescentino verranno collocati in mobilità o ricollocati in aziende del Gruppo Fiat.
Si fa presente infine, che nell'accordo è stato convenuto che l'Azienda e le OO.SS. si attiveranno nei confronti della Regione Piemonte e degli Enti Locali affinchè questi favoriscano la ricerca di imprenditori interessati ad avviare nuove attività nell'attuale sito Teksid di Crescentino, attivando da subito contatti con coloro che già hanno manifestato interesse e realizzino, inoltre, tutti gli interventi diretti a favorire lo sviluppo e la qualfiicazione di tali attività.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
LA LOGGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella sontuosa cornice della Reggia di Caserta, con grande impiego di mezzi e di personale pubblico ed in particolare di addetti alla sicurezza, si è svolto il vertice della maggioranza -:
quali siano stati i costi vivi per la finanza pubblica che sono stati sostenuti per questa riunione svoltasi lontano dalle sedi istituzionali e con partecipanti anche estranei alle stesse; in particolare a quanto siano ammontate le spese per gli straordinari e le trasferte del personale impiegato, le spese per le scorte, le auto di servizio e per la parte «alberghiera» della riunione;
come si concili tale spreco di risorse pubbliche con le ristrettezze di bilancio e con i sacrifici pesantissimi imposti dalla Finanziaria 2007 su tutti i contribuenti italiani.
(4-02226)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame si premette, innanzitutto, che il Governo ha ritenuto di incontrarsi presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione di Caserta non per tenere un vertice di maggioranza, bensì per una riunione seminariale di Governo e per una riunione formale del Consiglio dei Ministri, fuori della sede istituzionale.
Gli oneri finanziari sono stati ridotti, poiché le riunioni si sono tenute nella sede della predetta Scuola, ove i Ministri hanno anche pernottato nelle stanze spartane utilizzate dai frequentatori dei corsi.
E gli incontri con la stampa si sono svolti nell'aula magna della Scuola, senza costi aggiuntivi e senza sfarzosità scenografiche e di apparati.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
LISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella mattinata di martedì 26 settembre alcune zone della Puglia sono state oggetto di un violentissimo nubifragio e di una tromba d'aria che hanno creato serissimi danni;
sulla costa ionica, e in particolare a Gallipoli, sono stati distrutti alcuni stabilimenti balneari e su tutto il litorale si sono verificati danni alle darsene e alle strutture di accoglienza turistica;
in modo particolarmente pesante è stata colpita la regione del Salento, nella quale è rimasta bloccata la circolazione ferroviaria, è saltata l'elettricità, si sono verificati danni ad un viadotto ed a numerosi edifici, sono stati sradicati alberi, spezzati pali elettrici e telefonici, circolazione e ventiquattro famiglie sono rimaste senza casa;
in seguito ai danni registrati nel settore agricolo, nel quale il fortissimo vento arrivato a superare i cento chilometri orari ha danneggiato seriamente numerose aziende agricole e sono stati sradicati moltissimi ulivi, la Coldiretti ha annunciato di voler chiedere la dichiarazione dello stato di calamità naturale alla Regione Puglia -:
se non intenda avviare la procedura per la deliberazione dello stato di emergenza come prevista dall'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
(4-03060)
Risposta. - Nei giorni tra il 25 e il 27 settembre 2006 la Puglia è stata interessata da precipitazioni intense che, in particolare, nelle giornate 26 e 27, hanno superato valori di 190 mm/48 ore, come preannunciato dagli avvisi della Veglia meteo del Dipartimento della protezione civile.
L'evento meteorologico ha provocato dissesti di varia entità e numerosi allagamenti, che hanno richiesto l'intervento del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco, nonché frane e smottamenti che hanno interessato le province di Bari e di Brindisi.
Sono stati, inoltre, segnalati problemi alla viabilità, fra Casamassima e Gioia del Colle e lungo il litorale tra Monopoli e Polignano, allagamenti nelle campagne, danni alle abitazioni e, in particolare, dal pomeriggio del 26 settembre alla mattinata del 27 settembre, a Gioia del Colle circa duemila persone sono rimaste senza energia elettrica.
Successivamente, la regione Puglia, con nota del 2 ottobre 2006, ha inoltrato la richiesta per la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo della legge n. 225 del 1992.
Con tale nota sono state segnalate forti raffiche di vento e intense precipitazioni che hanno provocato lo sradicamento di alberi, l'ostruzione di numerosi tratti viari e ferroviari, danni alle autovetture, alle abitazioni private, agli istituti scolastici e alle strutture commerciali, nonché il ferimento di numerose persone nei territori dei comuni di Lecce, San Donato di Lecce, San Cesario, Gallipoli, Tuglie, Parabita, Aradeo, Calimera, Campi Salentina, Galatina, Melissano, Taviano, Leverano e Ugento.
Per quanto riguarda la provincia di Taranto, i fenomeni alluvionali hanno interessato
principalmente i comuni di Taranto, San Giorgio Jonico, Faggiano, Pulsano, Monteiasi, nonchè Martina Franca, Grottaglie, Montemesola, Sava e Manduria dove si sono verificati allagamenti di immobili pubblici e privati, di tratti di strade comunali urbane, extraurbane, provinciali e statali.
A seguito della richiesta della regione Puglia, il Dipartimento della protezione civile si è immediatamente attivato per effettuare un sopralluogo, congiuntamente ai rappresentanti della regione e degli Enti locali maggiormente coinvolti, al fine di acquisire i necessari elementi di valutazione per la delibera dello stato di emergenza.
Nel corso del sopralluogo, avvenuto il 12 ottobre 2006, il predetto Dipartimento ha constatato la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992 e, pertanto, ha comunicato gli esiti dell'istruttoria esperita alla regione, rappresentando successivamente, con nota del 13 novembre 2006, la carenza di risorse finanziarie statali da destinare, eventualmente sopperibili con mezzi finanziari tratti dal bilancio regionale.
Infatti con l'articolo 20, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 recante «disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale» e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 luglio 2006, è stato ridotto, per l'anno 2006, il Fondo della protezione civile per un importo complessivo di circa 70 milioni di curo, con conseguente limitata disponibilità di risorse finanziarie da destinare alle situazioni emergenziali.
Allo stato, la regione Puglia non ha confermato il proprio intendimento di dare ugualmente seguito alla richiesta relativa alla dichiarazione d'emergenza.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
LONGHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'Inail ha venduto in Genova un immobile di sua proprietà sito in Viale Brigate Partigiane civico 14;
per tutte le unità vendute il valore unitario (euro/mq) si discosta lievemente o è uguale al valore caratteristico (euro/mq) -:
per quale motivo l'unità identificata al 422-15-104-200 di fronte ad un valore caratteristico di euro 2.330,00 abbia un valore unitario di soli euro 1.631,00.
(4-01643)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame l'INAIL ha comunicato che la valutazione dell'immobile sito in Genova, V.le Brigate Partigiane n. 14 è stata effettuata, come statuisce la legge, dall'Agenzia del territorio che in data 18 aprile 2005 ha stilato la relazione di stima dell'edificio in questione.
Le metodologie adottate fissano il valore di mercato, che è determinato adottando il metodo estimativo sintetico-comparativo consistente sostanzialmente nel formare una scala di prezzi noti di beni analoghi o assimilabili all'immobile oggetto di stima e nell'inserire tale immobile nel gradino della scala che presenta maggiori analogie con esso.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
LOMBARDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Centro Europeo di Drammaturgia con sede legale a Potenza è un Ente di produzione teatrale istituito dalla Provincia di Potenza e riconosciuto con apposito DPGR dalla Regione Basilicata e dal Ministero competente dal 1992 e, da tale data, ininterrottamente sovvenzionato;
il suddetto Centro è destinatario di apposito contributo ministeriale ai sensi e
per gli effetti dell'Art. 14 del decreto ministeriale 21 dicembre 2005;
questo Centro è in regola con la normativa contenuta sia nel citato decreto ministeriale 21 dicembre 2005, che in quella adottata dalla Circolare applicativa della Direzione Generale Dipartimento per lo Spettacolo dal Vivo e lo Sport n. 9204/s dell'8 marzo 2006;
nonostante abbia mantenuto inalterato il numero dei lavoratori scritturati (34), abbia la disponibilità adeguata per una città come Potenza, sia in regola con il versamento degli oneri previdenziali ed assistenziali, garantisca un servizio al territorio lucano (sostenendo l'occupazione anche attraverso il settore della formazione), abbia una continuità artistica e tecnica annuale e sia in regola con i consuntivi di attività (trasmessi puntualmente al Dipartimento innanzi citato), dal 2004 il suddetto Centro ha subito una riduzione del finanziamento Ministeriale pari a circa il 70 per cento;
per l'anno 2006 al suddetto Centro di Drammaturgia è stato liquidato il 50 per cento del contributo anno 2005 in ragione di 25mila euro mentre l'assegnazione definita dal Ministero sempre per lo stesso anno è di soli 20mila euro; per questo motivo la relativa pratica dovrà essere oggetto di riesamina dalla competente Commissione Prosa;
per l'effetto dell'applicazione dei parametri quantitativi utilizzati dal Ministero per l'assegnazione del contributo anno 2006 al Centro Europeo di Drammaturgia spetterebbero oltre 100mila euro;
se non ritenga opportuno riesaminare, già nella prossima Commissione Consultiva per la Prosa, la pratica del Centro Europeo di Drammaturgia nel rispetto dell'applicazione dei parametri per la quantificazione del finanziamento, contenuti nel decreto ministeriale 21 dicembre 2005, scongiurando per questa via un drastico taglio dei posti di lavoro di giovani occupati che penalizzerebbe una regione già fortemente disagiata e con un altissimo tasso di disoccupazione.
(4-01888)
Risposta. - Nella seduta del 26 luglio 2006 la Commissione consultiva per il teatro ha esaminato l'istanza di contributo presentata dal Centro europeo drammaturgia di Potenza per l'anno 2006.
In quell'occasione la Commissione ha espresso parere favorevole all'assegnazione a favore del Centro di un contributo di euro 20.000,00. L'attività del centro è stata valutata «troppo circoscritta e autoreferenziale» e poco diffusa sul territorio nazionale.
Il Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, di conseguenza, ha recepito il parere espresso dalla Commissione con proprio provvedimento in data 2 agosto 2006.
Occorre precisare che, ai sensi dell'articolo 6 comma 3 decreto ministeriale del 21 dicembre 2005, la valutazione qualitativa formulata dalla Commissione può determinare una variazione in aumento ovvero in diminuzione della valutazione quantitativa.
Nella fattispecie in esame la valutazione qualitativa ha determinato una diminuzione della base quantitativa dei dati preventivi anno 2006, forniti dal Centro europeo drammaturgia.
L'istanza in questione è stata successivamente riesaminata. Il contributo già assegnato per l'anno 2006 pari a euro 20.000,00 è stato rideterminato - su conforme parere della Commissione nella seduta del 1o dicembre 2006 - in euro 25.000,00, pari all'anticipazione già erogata per l'anno 2006 al Centro in oggetto.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Elena Montecchi.
MARINELLO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha bandito un concorso riservato, per titoli di servizio e professionali,
a 10 posti di dirigente di seconda fascia, come pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale del 25 luglio 2006;
l'articolo 5 e l'articolo 10, della legge 15 luglio 2002, n. 145 recante «Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato», prevedono che con regolamento ministeriale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della predetta legge, sarebbero state varate le norme di attuazione nonché le procedure, le modalità di attuazione e l'organizzazione per l'assunzione dei dirigenti;
fonti del Ministero della funzione pubblica dichiarano che attualmente le procedure per il suddetto concorso sarebbero sospese -:
se corrisponda al vero che il Ministero predetto abbia sospeso le procedure del concorso in questione;
in caso affermativo quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministero del lavoro e della previdenza sociale a sospendere le procedure del concorso e come si intenda rispettare gli interessi legittimi dei partecipanti al concorso.
(4-01523)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue.
Sulla Gazzetta Ufficiale - 4a serie Speciale - Concorsi ed Esami n. 56 del 25 luglio 2006 è stato pubblicato il decreto direttoriale del 18 luglio 2006, con il quale è stato indetto il concorso riservato, per titoli di servizio e professionali a 10 posti di dirigente di seconda fascia.
Successivamente è stata nominata la commissione esaminatrice che ha iniziato la valutazione dei titoli prodotti dai candidati in data 12 ottobre 2006.
I predetti lavori si sono conclusi lo scorso 9 novembre con la trasmissione degli atti e della relativa graduatoria di merito alla Direzione competente, la quale una volta terminati gli adempimenti di legge in ordine al controllo dei suddetti atti, ha predisposto il provvedimento di approvazione della graduatoria finale di merito. Detto provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - 4a Serie Speciale - Concorsi ed Esami n. 95 del 15 dicembre 2006.
I vincitori del concorso in parola hanno già firmato il contratto nella nuova qualifica di dirigente ed hanno preso servizio, dal 1o marzo 2007, presso le sedi loro assegnate.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
MARINELLO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
i lavori di messa in sicurezza e di manutenzione degli importanti viadotti della strada statale 115 «occidentale sicula», denominati: «Belice» e «Carabollace» che collegano la parte orientale a quella occidentale della Regione siciliana che include le province di Ragusa, Siracusa, Trapani e Agrigento è necessario programmarli celermente;
l'esecuzione degli svincoli connessi alle bretelle laterali produrranno notevoli difficoltà per i residenti delle contrade interessate alla costruenda opera, perché sembra che i previsti sensi di marcia non tengano assolutamente conto delle comprensibili esigenze degli stessi cittadini residenti;
in particolare lo stato dei lavori di manutenzione e di ammodernamento delle bretelle laterali che collegano il comune di Sciacca al bivio di San Bartolo, procedono con lentezza esasperante e nel periodo natalizio i lavori nei cantieri sembra siano stati addirittura sospesi;
tutto ciò ha generato disagi per la circolazione e vivo allarme per la cittadinanza di Sciacca -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per assicurare una accelerazione dei lavori citati in premessa, al fine di arrivare in tempi brevi al completamento delle opere.
(4-02193)
MARINELLO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
gli interventi di manutenzione sulla strada statale 115 da parte dell'ANAS, nel comune di Sciacca, stanno causando forti disagi e scontento fra i cittadini e gli agricoltori delle zone interessate, a causa dei lavori effettuati all'innesto nella zona Scunchiapani per quanto attiene la viabilità verso il centro abitato;
le diverse riunioni organizzate dal Comitato di quartiere «Piana Scunchiapani», dalle associazioni degli agricoltori, nonché dai rappresentanti dell'amministrazione del comune di Sciacca, hanno evidenziato i gravi problemi che gli interventi in corso stanno provocando;
attualmente infatti è preclusa la possibilità di potersi immettere sulla corsia che conduce verso il centro cittadino a causa della segnaletica orizzontale e verticale collocata dall'ANAS -:
se non ritenga dover intervenire presso l'ANAS affinché si possa risolvere tale situazione di grave disagio per la viabilità interessata, in considerazione che il prossimo 30 gennaio è stata indetta una conferenza di servizi e che pertanto tale occasione, potrebbe costituire la sede idonea per definire la questione nel migliore dei modi, per realizzare le opere stradali citate in premessa evitando disagi per i cittadini.
(4-02283)
MARINELLO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'avvenuta chiusura al traffico da parte dell'ANAS, dello svincolo sulla strada statale 115 per le località di Sant'Anna, Caltabellotta e Burgio, facenti parte del Comune di Sciacca in provincia di Agrigento, sta destando preoccupazione per le comunità interessate;
in particolare risulta evidente che centinaia di agricoltori nel periodo della raccolta e della commercializzazione delle arance, si troveranno in difficoltà, non potendo percorrere l'importante tratto stradale;
fermo restando che l'ANAS deve provvedere ad una corretta ed indispensabile esecuzione dei lavori, per tale motivo non può certamente bloccare questa importante arteria stradale, in quanto ciò si ripercuoterebbe negativamente sulle aziende agricole, con relativi danni all'economia -:
quali siano i motivi per i quali l'ANAS ha recentemente sospeso la prosecuzione dei lavori di questa fondamentale arteria stradale;
se non ritenga dover intervenire urgentemente affinché si provveda ad una celere ripresa dei lavori, la cui sospensione rischia di ripercuotersi negativamente sulle aziende agricole locali, in quanto le deviazioni in loco sono tali da ostacolare gravemente la circolazione per i cittadini e in particolare per gli operatori economici.
(4-02284)
Risposta. - In merito alle interrogazioni parlamentari in esame riguardanti la strada statale 115 «Sud Occidentale Sicula», si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per quanto concerne i viadotti denominati del Belice e Carabollace che collegano la parte orientale a quella occidentale della Regione Sicilia, la società ANAS informa che è stato avviato uno studio preliminare indispensabile per valutare lo stato dei manufatti e le modalità tecniche d'intervento. Una volta terminato lo studio e valutate le necessità economiche occorrenti, sarà possibile inserire gli interventi nella programmazione della società medesima. Nel frattempo, le strutture stradali sono mantenute nella loro funzionalità con interventi di ordinaria manutenzione e, nei tratti interessati dai viadotti Carabollace e Belice, il transito veicolare si svolge con la sola limitazione della velocità di 50 Km/h.
Per quanto riguarda l'esecuzione dei lavori di eliminazione degli attraversamenti a raso tra il km 99+000 ed il km 117+350 e di realizzazione delle opere di svincolo
lungo la S.S. 115 medesima, nel tratto compreso tra il bivio di San Bartolo e Sciacca, l'ANAS riferisce che si tratta di lavori per la realizzazione di strade complanari ricadenti al di fuori della sede della statale che non ne è quindi interessata. Eventuali interferenze sull'attuale assetto stradale che si dovessero presentare durante il corso dei lavori potranno essere concordate con gli enti competenti al fine di ridurre al minimo i disagi per l'utenza.
Infine, in riferimento allo svincolo sulla S.S. 115 in località Sant'Anna, l'ANAS comunica di averne disposto la preclusione al traffico dal 22 al 30 gennaio 2007 a causa dei lavori in corso sulla strada provinciale 36. Durante il periodo di chiusura, la società stradale ha provveduto ad indicare localmente, tramite l'apposizione di segnaletica provvisoria, la viabilità alternativa da percorrere consistente nella strada statale 386 e nelle strade provinciali 37 e 10 aperte al transito senza alcuna limitazione. L'ANAS riferisce, infine, che i lavori di sistemazione dello svincolo in argomento sono in corso di ultimazione.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
MELONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ormai da diverse settimane sono stati resi noti i risultati della prima prova d'esame per l'iscrizione all'albo degli avvocati;
in alcuni distretti - si pensi a quello di Napoli solo per fare un esempio - dall'entrata in vigore della riforma si è registrato un progressivo aumento della percentuale dei non ammessi agli orali;
più in generale occorre evidenziare che il numero dei candidati che supera le prove scritte cambia in maniera radicale a secondo dell'ubicazione, a nord o a sud dell'Italia, delle commissioni addette alla correzione;
tale circostanza si evince da un altro dato esemplificativo, anch'esso allarmante: nel 2004 la Corte di appello di Brescia ammise alla prova orale solo il 27 per cento dei messinesi; quest'anno gli elaborati di Messina sono stati corretti a Reggio Calabria e la percentuale degli ammessi è salita a quasi il 70 per cento;
è necessario scongiurare la possibilità che si stia alimentando una competizione fra i futuri professionisti del nord e quelli del sud;
da più parti si sostiene che l'attuale sistema di correzioni non consenta una corretta valutazione delle potenzialità e capacità dei candidati;
lo scorso anno molti praticanti accertarono che i propri compiti, pur non riportando alcun tipo di correzione, furono giudicati insufficienti dalla commissione esaminatrice;
in alcuni casi sembrerebbe che le commissioni esaminatrici abbiano dedicato pochissimi minuti per la correzione del singolo atto, un tempo così breve che non sarebbe sufficiente nemmeno per terminare una prima lettura dell'elaborato -:
quali iniziative intenda adottare per rendere noti i criteri di valutazione delle prove scritte adottati dalle commissioni esaminatrici;
per quali motivi anche quest'anno tempi e modi di correzione siano stati così approssimativi;
se non ritenga necessario adottare le opportune iniziative sul piano normativo per riformare la disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense - di cui alla legge n. 180 del 2003 e al decreto legislativo n. 115 del 1992 - nel senso di prevedere lo svolgimento di una prova preselettiva nonché l'istituzione di una commissione unica nazionale, così come previsto per l'accesso in magistratura.
(4-01638)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
I criteri di valutazione delle prove scritte dell'esame di avvocato sono determinati,
secondo quanto previsto dall'articolo 1-bis, comma 9, della legge 18 luglio 2003 n. 180, dalla Commissione centrale presso il Ministero della giustizia, nominata per ciascuna prova di esame con decreto del Ministro prima dell'inizio delle prove scritte.
Il verbale della Commissione, contenente i criteri di valutazione in argomento, viene trasmesso, a cura del segretario della Commissione, a tutte le sottocommissioni di esame per il tramite del Presidente delle rispettive Corti di appello.
Ciascuna sottocommissione trasmette successivamente alla Commissione centrale, prima dell'inizio delle operazioni di correzione degli elaborati, il verbale della riunione con cui sono stati recepiti i criteri di valutazione sopra indicati.
Per la sessione 2005 degli esami la Commissione, con circolare del 19 dicembre 2005, ha formulato i seguenti criteri per la valutazione degli elaborati scritti:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell'esposizione, con conseguente dimostrazione da parte del candidato della propria capacità di argomentare in maniera corretta e compiuta;
b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici, da inquadrare nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento vigente;
c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà con relativo collegamento sistematico;
e) dimostrazione, relativamente all'atto giudiziario, della padronanza delle tecniche di persuasione, nonché della consapevolezza del rispetto di termini e formule previsti a pena di nullità;
f) proprietà di linguaggio ed uso di appropriata terminologia giuridica;
g) rispetto della grammatica, della sintassi e dell'opportunità di chiarezza ortografica.
Per quanto concerne eventuali iniziative sul piano normativo, si fa presente che, su proposta del Ministro della giustizia, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 1o dicembre 2006, ha approvato il disegno di legge recante: «Delega al Governo per la riforma delle professioni intellettuali», delega da esercitarsi entro diciotto mesi dalla entrata in vigore della legge.
Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, commi 1 e 4, il Governo dovrà disciplinare anche le modalità di accesso alla professione, tenuto conto delle specificità delle singole attività professionale, nel rispetto tra gli altri, dei seguenti principi direttivi:
mantenere l'esame di Stato per quelle professioni il cui esercizio può incidere sui diritti costituzionalmente garantiti o riguardanti interessi generali meritevoli di tutela, secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità;
disciplinare le modalità dell'esame di Stato in modo da assicurare l'uniforme valutazione dei candidati su base nazionale e la verifica del possesso delle competenze tecniche necessarie per la specificità delle singole professioni;
prevedere che le commissioni giudicatrici siano composte secondo regole di imparzialità e di adeguata qualificazione professionale, limitando a meno della metà la presenza di membri effettivi e supplenti appartenenti agli ordini professionali, limitando alla sola presidenza, in concorso con altri soggetti professionali e nel rispetto delle attuali previsioni normative, la possibilità di nomina di magistrati ordinari;
individuare le modalità che assicurino la terzietà dei commissari e l'oggettività delle valutazioni e la loro omogeneità sul territorio in caso di previsione di procedure decentrate;
garantire una adeguata pubblicità all'avvio delle procedure di abilitazione.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MENIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la «Direttiva sui diritti dello straniero nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno» del Ministro dell'interno, 5 agosto 2006, stabilisce all'articolo n. 2 che «Lo straniero in possesso del permesso di soggiorno, ancorché scaduto, e della ricevuta di presentazione dell'istanza di rinnovo, ha la facoltà di lasciare il territorio dello Stato e di farvi regolare rientro, alle condizioni più volte reiterate con le circolari del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Permangono, invece, le limitazioni e le condizioni alla circolazione nell'ambito dell'area Schengen, regolate dalla disciplina internazionale»;
il Ministro degli affari esteri ha disposto che le rappresentanze diplomatico-consolari informino di quanto sopra le competenti autorità presso i rispettivi Paesi di accreditamento;
secondo quanto risulta al sottoscritto, le autorità slovene, pur avendo ricevuto la sopra ricordata comunicazione da parte della nostra Ambasciata a Lubiana, abbiano rifiutato e continuino a rifiutare di dare applicazione a tale normativa, non permettendo ai soggetti interessati di attraversare la Slovenia per fare rientro in Italia (per esempio romeni) che si erano recati, nel rispetto della normativa italiana, in patria per visitare la famiglia;
tale mancata applicazione comporta anche danni non irrilevanti in numerosi casi ad aziende italiane, che per il mancato ritorno sul posto di lavoro di propri dipendenti (regolarmente usciti dall'Italia) non possono disporre della propria forza lavoro -:
se la procedura adottata nell'adozione della normativa, al di la di un male applicato senso di solidarietà nei confronti dei lavoratori extracomunitari, sia stata quella corretta, ed abbia previsto la consultazione con i partners europei, con le rappresentanze diplomatico-consolari e la Farnesina;
quali misure intenda adottare il Governo italiano per ottenere il rispetto della propria normativa, o se si ritenga possibile che la Slovenia applichi o meno tale normativa sulla base della propria valutazione;
se tale problematica sia stata rappresentata nel corso dei recentissimi incontri bilaterali Italia-Slovenia, eventualmente quali azioni siano state intraprese per porvi rimedio;
se di tale situazione sia stata informata la UE, ed in caso negativo il motivo di tale omissione.
(4-01945)
Risposta. - La «Direttiva sui diritti dello straniero» e la successiva circolare del Ministero dell'interno nr. 400/C/2006/400272/P/12.214.3.2, che autorizzano l'uscita e il rientro in territorio nazionale, senza necessità di visto di reingresso per gli stranieri in attesa di rinnovo di permesso di soggiorno, evidenziano come i beneficiari di tale disposizione non siano abilitati al transito attraverso il territorio di Paesi Schengen. Tale disposizione chiarisce come la portata del provvedimento abbia valenza puramente interna, senza alcun riflesso sul diritto degli stranieri in oggetto alla circolazione in ambito comunitario.
La Slovenia, che non applica al momento la Convenzione Schengen è - al pari dei «nuovi» Stati Membri - destinataria della Decisione n. 895/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006, che introduce un regime semplificato ai soli fini del transito, per il controllo delle persone alle frontiere esterne degli Stati in questione. La predetta Decisione stabilisce che i nuovi Stati membri possono riconoscere unilateralmente come equipollenti ai propri visti nazionali, al solo fine del transito attraverso il proprio territorio, i visti di breve soggiorno, i visti nazionali, nonché i permessi di soggiorno rilasciati dagli Stati Membri che già applicano integralmente l'Acquis Schengen. In altri termini, in base alla vigente normativa comunitaria, gli stranieri residenti in Italia possono transitare, per un periodo non superiore a 5 giorni attraverso il territorio
sloveno unicamente se in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità o di un visto italiano.
È evidente che la semplice ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno italiano non possa in alcun modo essere considerata da un altro Stato Membro equipollente al permesso di soggiorno stesso ma che ad essa debba essere attribuito un valore puramente interno, senza alcun riflesso sul diritto alla libera circolazione sancito dall'articolo 22 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e dalla menzionata Decisione n. 895/2006/CE.
La Slovenia, in quanto Stato membro dell'Unione europea non ancora applicante integralmente l'Acquis Schengen, è tenuta all'osservanza dell'articolo 1, comma 1 del Reg.(CE) n. 539/2001. Ove consentisse, pertanto, l'attraversamento delle proprie frontiere a cittadini extracomunitari sottoposti ad obbligo di visto mediante l'esibizione di documentazione diversa da un visto sloveno, incorrerebbe in una grave violazione delle disposizioni comunitarie, esponendosi al concreto rischio dell'avvio di una procedura di infrazione. In tale contesto, la posizione assunta dalle Autorità slovene appare condivisibile e pienamente in linea con le disposizioni comunitarie.
Il Ministero degli affari esteri, come evidenzia anche l'Onorevole interrogante, ha provveduto, per il tramite delle proprie rappresentanze diplomatiche a dare ampia informazione alle autorità dei Paesi terzi in merito alle disposizioni contenute nella Direttiva in oggetto. Tale diffusione è unicamente finalizzata a chiarire alle autorità dei Paesi di accreditamento che i propri cittadini, il cui permesso di soggiorno è in corso di rinnovo, sono legittimati a far rientro in Italia senza doversi munire di uno specifico visto di «reingresso». In alcun modo tale informativa alle sedi è volta a richiedere che Stati terzi adeguino le proprie normative interne per consentire l'ingresso o il transito attraverso il proprio territorio di cittadini di altri Paesi al solo fine di dare attuazione ad una disposizione interna italiana.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
MEREU. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di calore di questi giorni rallenta l'efficienza delle centrali elettriche e spinge condizionatori e ventilatori ai massimi livelli di consumo, con il rischio in molte zone del Paese di un blackout;
nelle scorse settimane un guasto improvviso in una centrale Enel ha lasciato al buio buona parte della Sicilia, con gravi conseguenze per le imprese della regione, in particolare dell'industria dei microprocessori ST di Catania, la cui produzione si svolge a ciclo continuo e i cui danni sarebbero superiori ai diecimila milioni di euro, con una ricaduta sul marginale operativo lordo del terzo trimestre di circa mezzo punto percentuale;
per non sovraccaricare ulteriormente la rete, Terna, il gestore della trasmissione nazionale di energia elettrica, ha fatto ricorso nei giorni scorsi ad una serie di interruzioni temporanee di fornitura nei confronti di alcune aziende del Nord Italia;
i distacchi sono stati volutamente distribuiti tra i titolari di «contratti interrompibili», ossia imprese che ottengono sconti sulle forniture energetiche in cambio di una disponibilità alle interruzioni;
tali sospensioni hanno colpito inizialmente molte imprese del Trentino Alto Adige e della Lombardia, con tagli per circa 220 megawatt, alle quali si sono aggiunte successivamente interruzioni nei confronti di alcune importanti industrie friulane, tra le quali stabilimenti siderurgici e acciaierie, che sono rimaste senza elettricità per quasi due giorni interi e che sono state costrette a ridurre l'attività o addirittura a sospenderla;
nonostante si tratti di clienti interrompibili, che quindi già mettono in preventivo eventuali sospensioni, queste sono state così massicce da causare gravi danni alle aziende coinvolte;
molti imprenditori del Nord est si sono rivolti direttamente all'Autority
per l'energia chiedendo le ragioni di tali sospensioni che, nonostante le forniture di energia elettrica a queste aziende siano regolate da contratti interrompibili, non appaiono determinate da quelle situazioni di emergenza o di particolare rilievo che contrattualmente dovrebbero giustificarle, ma si ripetono anche in condizioni di sostanziale normalità;
per far fronte al notevole aumento delle forniture elettriche ai clienti domestici per combattere il grande caldo, sono circa 800 i megawatt di potenza che Terna ha dovuto tagliare nei giorni scorsi al fine di mantenere i consumi nazionali al di sotto della soglia critica di 55.900 megawatt, che avrebbe segnato il nuovo record storico italiano rispetto ai 55.600 Mw raggiunti a fine giugno, rischiando seriamente di mandare in tilt una rete ancora in corso di ripotenziamento;
nonostante i superconsumi privati per mitigare l'afa, i gestori di Terna assicurano che la situazione non è cosi critica essendo al primo livello nella scala della pericolosità elettrica nazionale, ben lontano dal cosiddetto «allarme rosso» che prevede un ricorso massiccio alle interruzioni senza preavviso o, addirittura, ad un razionamento con interruzioni a rotazione anche alle utenze domestiche;
la società di distribuzione elettrica nazionale sostiene altresì che le centrali e la rete lavorano con relativa tranquillità, a parte momentanei incidenti, affermando che rispetto al 2003 (anno delle interruzioni programmate e del blackout nazionale di settembre) sono entrate in servizio o sono state ripotenziate centrali elettriche a gas e che la rete ha triplicato il suo margine teorico di riserva -:
quali provvedimenti intenda intraprendere per evitare il susseguirsi di ulteriori massicce sospensioni che costituiscono un duro colpo per l'operatività e la competitività delle imprese, nonché per la tenuta occupazionale;
quali iniziative intenda adottare per evitare che il forte aumento di consumo domestico nella stagione estiva non solo possa mettere in crisi le industrie italiane, ma anche determinare il rischio di mandare in tilt la rete nazionale e causare un blackout generale.
(4-00875)
Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, anche sulla base degli elementi forniti dalla Società Terna S.p.A, si rappresenta quanto segue.
Il sistema elettrico italiano presentava per il periodo estivo 2006, in base alle valutazioni previsive sullo stato del sistema, effettuate nei mesi antecedenti, una situazione complessiva non preoccupante.
La riprova che la situazione non fosse critica si è avuta il 27 giugno 2006, quando si è registrata la punta estiva con un fabbisogno complessivo pari a 55.619 megawatt. Nonostante l'incremento dei consumi rispetto all'anno precedente nel giorno della punta vi era un margine di riserva adeguato a garantire il funzionamento in sicurezza del sistema elettrico italiano, senza la necessità di approntare alcun tipo di intervento.
A partire da lunedì 24 luglio 2006 si è verificata una situazione di carenza di energia elettrica che ha interessato tutta l'Europa, dovuta a condizioni climatiche eccezionali che hanno incrementato i consumi e ridotto le capacità produttive delle centrali di vari Paesi, come dimostrato dalle tensioni di prezzo registrate su tutte le borse europee dell'energia
In particolare, nei giorni 25, 26 e 27 luglio 2006, si è registrata in Italia:
un'elevata domanda di energia;
una forte riduzione delle importazioni e un consistente incremento dell'export di energia, cui si sono aggiunti eventi eccezionali quali:
avarie di alcuni impianti superiore alla media;
un incremento, rispetto ai valori standard stagionali, del numero di impianti di produzione disponibili che non hanno garantito una capacità produttiva pari alla
loro capacità nominale come, ad esempio, le centrali termoelettriche in presenza di elevate temperature dell'acqua rilasciata dopo il ciclo di raffreddamento.
In ragione delle criticità evidenziate, il sistema elettrico nazionale non disponeva di adeguati margini di riserva nelle ore di maggior utilizzo.
Al fine di garantire la copertura del fabbisogno, sono state adottate tutte le misure necessarie, quali il ricorso alla riserva esistente e ad acquisti di energia nelle borse europee.
In particolare, Terna S.p.a. in qualità di concessionaria delle attività di trasmissione e dispacciamento, in virtù del decreto ministeriale 20 aprile 2005, ha provveduto a:
massimizzare l'ufficio della capacità produttiva disponibile in Italia;
acquistare l'energia disponibile sui mercati europei per reintegrare, almeno parzialmente, la riduzione delle importazioni.
Nonostante gli acquisti dall'estero di quantitativi di energia, nell'esercizio in tempo reale non vi erano adeguati margini di riserva nelle ore di maggior utilizzo e Terna, quindi, per fronteggiare la criticità emersa, ha dovuto provvedere all'interruzione della fornitura di energia elettrica ai soggetti titolari di contratti di interrompibilità al fine di evitare maggiori rischi per il sistema.
Il distacco della fornitura è avvenuto solo nei confronti di alcuni utenti interrompibili e per il tempo necessario alla ricostituzione di adeguati margini di riserva, coerentemente con quanto previsto dalla normativa di settore e nel rispetto delle condizioni definite nei contratti stipulati dai clienti industriali che hanno presentato richiesta di prestare, a fronte di una remunerazione economica, il servizio di interruzione del carico.
Con riferimento all'affermazione contenuta nell'atto in esame, secondo la quale il «susseguirsi di massicce sospensioni costituiscono un duro colpo per l'operatività e la competitività delle imprese», si fa presente che le interruzioni di fornitura, come sopra evidenziato, hanno riguardato solo alcune imprese, localizzate in aree limitate del Paese. Non si è trattato, pertanto, di massicce sospensioni quanto di mirate interruzioni, anche in termini di durata, non ai consumatori finali bensì ad alcune imprese che prestano il servizio di interrompibilità su base volontaria e che ricevono per questo un corrispettivo economico.
Dalla ricostruzione dei fatti svolta, si osserva, quindi, che la situazione critica verificatasi nei citati giorni di luglio 2006 non ha in alcun modo determinato «il rischio di mandare in tilt la rete nazionale e causare un black out generale» come ipotizzato nell'atto medesimo.
Con riferimento all'estate 2007, tenuto conto della significativa carenza di risorse idriche, già segnalata dal Dipartimento della protezione civile con nota del 28 febbraio 2007 e oggetto di circolare da parte del Presidente del Consiglio il 13 marzo 2007, nonché della vulnerabilità strutturale del parco di generazione presente nel territorio del bacino idrografico del Po, è stato convocato presso il Ministero, per il corrente mese di marzo, un tavolo di lavoro con i soggetti pubblici interessati che avrà lo scopo di prevenire situazioni di crisi nei prossimi mesi, definire un piano coordinato di utilizzo delle risorse idriche e individuare le necessarie misure correttive.
Inoltre, per il prossimo mese di maggio è stata programmata la convocazione dell'Unità di coordinamento per la sicurezza del sistema elettrico, al fine di verificare l'efficacia delle misure adottate e l'eventuale necessità di nuovi provvedimenti.
Infine, considerato il carattere strutturale e non solo congiunturale della scarsità delle risorse idriche, è stata avviata un'attività di coordinamento con la società Terna e i produttori di elettricità, affinché vengano individuate e proposte possibili soluzioni strutturali al problema della riduzione della capacità produttiva in conseguenza di criticità idriche, anche attraverso l'adozione di specifici interventi impiantistici che potrebbero contribuire a rafforzare la sicurezza del sistema nazionale e, al contempo, a dare maggiore flessibilità al parco generazione.
Il Ministro dello sviluppo economico: Pier Luigi Bersani.
MINARDO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i dipendenti delle poste assunti con contratto trimestrale nella vertenza contro l'amministrazione delle poste hanno avuto ragione dal Tribunale del Lavoro;
il Tribunale ha sentenziato la riassunzione dei lavoratori risarcendoli dello stipendio non corrisposto, relativo al periodo di sospensione da parte dell'Ente poste;
dopo tale sentenza sono iniziate quelle che secondo l'interpellante sono angherie nei confronti di diversi ricorrenti i quali sono stati messi in servizio con trasferimenti che potrebbero sembrare appositamente studiati per creare disagi ai lavoratori e alle loro famiglie destinandoli fuori provincia e fuori regione, quindi parecchio lontano dal comune di residenza;
Poste italiane ed i sindacati hanno sottoscritto un accordo che all'interpellante appare un ricatto:
i ricorrenti possono essere regolarizzati a condizione che restituiscano gli emolumenti per i periodi in cui non hanno prestato servizio e rinuncino ad ogni vertenza in materia di ruolo, trasferimento e anzianità -:
interpellante si chiede come possa un'azienda pubblica fare uscire dal proprio bilancio soldi, che sono quelli restituiti regolarmente ai dipendenti e nel contempo farli rientrare e soprattutto da chi sono gestiti;
se non ritenga di dover procedere ad un'indagine interna per verificare ciò che sta accadendo, secondo l'interrogante in termini di ricatti e soprusi, all'interno dell'ente poste spa nei confronti di tutti i ricorrenti e dei dipendenti.
(4-02021)
Risposta. - Si ritiene opportuno premettere che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni il Governo non ha il potere d'intervenire nella gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Tuttavia, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la società Poste Italiane la quale, ha comunicato quanto segue.
Le questioni riguardanti le problematiche dei lavoratori a tempo determinato, assunti nel corso degli anni partendo dal 1997, e la gestione delle vertenze che ne sono derivate, sono riconducibili alla politica delle assunzioni seguita nel periodo compreso tra gli anni 1997 e il 2002 anni in cui la scelta del ricorso ad assunzioni a termine fu concepita al fine di perseguire l'obiettivo della trasformazione da ente pubblico economico a società per azioni e per fronteggiare, in conformità con gli obiettivi di risanamento imposti dal primo piano d'impresa, il processo di ristrutturazione e di riorganizzazione. L'attuazione di tale processo doveva comunque tenere conto dello squilibrio nella collocazione delle risorse umane presenti in azienda e dell'impossibilità di raggiungere intese a livello sindacale sul tema della redistribuzione del personale sul territorio.
Secondo quanto riferito, la questione si sta sviluppando sia sul piano giudiziario sia su quello sindacale.
Sul piano giudiziario, la società Poste Italiane sostiene che sta proseguendo nella gestione del contenzioso residuo, con particolare riferimento all'andamento delle controversie dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione che sarebbe intervenuta su circa cento ricorsi in tema di contratto a termine e avrebbe prevalentemente pronunciato sentenze con rinvio, enunciando principi di diritto sostanzialmente favorevoli, in molti casi, alle tesi aziendali specie in tema di «causali» esigenze eccezionali connesse alla ristrutturazione e riorganizzazione aziendale.
Sul piano gestionale la medesima società ha riferito di avere progressivamente ridotto, a partire dal 2003, il ricorso alle assunzioni con contratto a tempo determinato e di avere ricercato il raggiungimento di un assetto occupazionale caratterizzato
da maggiore stabilità, anche in ragione della necessità di elevare il livello qualitativo degli addetti.
A completamento d'informazione, infine, la concessionaria ha richiamato l'accordo sindacale raggiunto nel gennaio 2006 che determina una modalità di consolidamento del rapporto di lavoro mediante la sottoscrizione libera e volontaria di un verbale di accordo individuale che contiene la rinuncia al contenzioso e garantisce all'azienda l'effettivo recupero degli importi economici liquidati per i periodi non lavorati.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stampa toscana del 4 novembre 2006 riporta la clamorosa denuncia della CISL Vigili del Fuoco della Toscana, secondo la quale gli stessi mezzi in dotazione non sarebbero più in grado di funzionare per l'impossibilità di pagare carburante che non verrebbe più erogato perché l'amministrazione sarebbe insolvente;
la denuncia in questione evidenzia un problema che mette a repentaglio l'operatività di un servizio essenziale ed alimenta l'insicurezza dei cittadini-:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per assicurare operatività ed efficienza ai Vigili del Fuoco della Toscana.
(4-01516)
Risposta. - I fatti evidenziati nell'atto di sindacato ispettivo dall'interrogante, sono in stretta relazione con la più ampia problematica della progressiva decurtazione delle risorse destinate alla gestione dei mezzi operativi di soccorso tecnico urgente su tutto il territorio nazionale, cui si è assistito nel corso degli ultimi anni.
Peraltro, nonostante l'indicata situazione, non sono stati, fino ad oggi, segnalati casi di blocco di automezzi di soccorso o di chiusura di sedi di servizio.
Si è comunque consapevoli del fatto che, in tali circostanze, la carente disponibilità di fondi nel settore può comportare difficoltà per l'operatività stessa dei Comandi provinciali dei vigili del fuoco.
Per tali ragioni, la situazione è attentamente seguita dal Dipartimento dei Vigili del fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa civile, per il quale la gestione dei mezzi di soccorso tecnico urgente costituisce una delle principali voci di bilancio cui riservare, in via prioritaria, ogni possibile soluzione nell'ottica di future integrazioni delle dotazioni finanziarie che sono, ad oggi, certamente inferiori rispetto alle esigenze operative.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
MIGLIORI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'11 gennaio 2006, approfittando del trasferimento verso i locali di un corso di formazione professionale gestito dall'Arci in Montelupo Fiorentino, è evaso dall'ospedale psichiatrico giudiziario il pluriomicida Nicolini;
si tratta dell'ultima di una serie di evasioni verificatesi con similari modalità, nell'arco di venti mesi, dall'ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino -:
se non si rilevi l'opportunità di sospendere, alla luce di quanto accaduto, i corsi di formazione esterni al carcere;
se non si ritenga necessario accertare eventuali responsabilità in merito ai fatti sopra segnalati.
(4-00310)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che l'internato Carlo Nicolini fu autore, nel 1995, dell'omicidio dei genitori. Egli venne ritenuto non imputabile, poiché incapace di intendere e volere al momento dei fatti a causa di una grave infermità.
Internato nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino fin dal 23 novembre 1995, viene sottoposto alle cure
del caso, avuto anche riguardo ad altra patologia da cui risulta affetto.
Dopo un percorso trattamentale interno, previa proposta del Gruppo osservazione e trattamento al Magistrato di sorveglianza competente, ha cominciato, fin dal 2003, a fruire di licenze orarie.
Nel suo caso è stato avviato un programma di trattamento e di riabilitazione che prevede, in tempi successivi, la frequenza di un Centro esterno all'Istituto, denominato «La Casa del Drago», frutto di un progetto comune tra Direzione dell'Ospedale psichiatrico giudiziario, il Comune di Montelupo Fiorentino e l'Associazione Arci che ne gestisce le attività.
In tale Centro, entrato in funzione nel 2004 e presso cui si svolgono numerose attività di formazione, risocializzazione e riabilitazione psichiatrica, è possibile realizzare percorsi individuali di trattamento che rendono possibile il reinserimento degli internati in strutture dei competenti Dipartimenti di salute mentale, all'atto della revoca della misura di sicurezza.
Le attività in tale Centro sono realizzate con il concorso di operatori sanitari e coordinate dal personale dell'equipe di trattamento, che segue costantemente i progressi dei singoli internati.
Alle suddette attività concorrono, con funzioni di supporto, anche volontari e operatori di corsi di laurea di psicologia e riabilitazione psichiatrica dell'Università di Firenze e Pisa, che svolgono in tale struttura il proprio percorso formativo di tirocinio.
L'allontanamento del Nicolini si è verificato in un momento di concomitante impegno degli operatori con altri pazienti.
Le ricerche sono state immediatamente attivate e condotte con il concorso del personale di polizia penitenziaria e, successivamente, delle altre forze di polizia.
Il Nicolini è stato ritrovato dopo circa 12 ore, mentre vagava infreddolito, durante la notte, nelle immediate vicinanze del Centro (si era allontanato di poco più di 1 chilometro) ed è stato riaccompagnato nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino.
A seguito dell'accaduto, i responsabili del Centro, in accordo con la Direzione dell'Ospedale psichiatrico giudiziario hanno adottato tutte le più opportune cautele, per rendere più sicura la permanenza degli internati presso il Centro.
Si specifica inoltre che gli allontanamenti verificatisi dallo stesso Centro sono due. In data 17 novembre 2005, infatti, un detenuto, ricoverato in Ospedale psichiatrico giudiziario ai sensi dell'articolo 148 del codice penale, si era allontanato per un periodo di 48 ore. Lo stesso si era poi spontaneamente presentato alla portineria dell'Istituto.
A fronte di tali episodi si deve tuttavia segnalare che nel corso del 2005 sono state concesse ben 3.122 licenze o permessi di uscita dall'Istituto, per un totale di 66 pazienti che ne hanno frequentato le attività.
Pertanto la media di «fughe» o allontanamenti è di appena lo 0,007 per cento delle licenze fruite.
In ogni caso la risposta organizzativa, attraverso il miglioramento delle attività di selezione dei pazienti ammessi alle uscite esterne ed alle attività del Centro, ha dato finora buoni risultati: è stata modificata l'impostazione degli spazi del Centro per consentire una maggiore sorveglianza da parte degli operatori; è stato ridotto il numero massimo di pazienti ammessi quotidianamente; sono stati individualizzati i trattamenti di pazienti con problematiche che richiedono un costante accompagnamento.
Si ritiene opportuno sottolineare come l'attività terapeutica attuata nell'Ospedale psichiatrico giudiziario è basata non solo su una metodologia prettamente, o esclusivamente, farmacologica e «manicomiale», ma tesa a ricostituire quelle indispensabili autonomie e capacità individuali di riabilitazione sociale e psichiatrica negli internati, con il concorso della comunità esterna che, attraverso le istituzioni (Regione, Provincia, Comune), l'associazionismo ed il volontariato, concorre a rendere l'Ospedale psichiatrico giudiziario più adeguato alle esigenze di cura e di recupero.
Alla luce di ciò, la Direzione non ha pertanto ritenuto necessario far sospendere
tali attività, che rappresentano un utilissimo ed indispensabile strumento di riabilitazione psichiatrica e di risocializzazione.
Tali interventi adattati alle caratteristiche del paziente ed alla necessità di ripercorrere una strada di graduale riavvicinamento alla vita esterna, rendono di fatto realizzabile con maggior coerenza il mandato connesso agli articoli 27 e 32 della Costituzione, secondo i quali «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato» e «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica n. 418/93 reca norme sugli incarichi dei Magistrati amministrativi, ai sensi dell'articolo 58, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
il comma 2, dell'articolo 2, dei citato decreto del Presidente della Repubblica recita: «Gli incarichi non possono essere conferiti né autorizzati quando l'espletamento degli stessi, tenuto anche conto delle circostanze ambientali, sia suscettibile di determinare una situazione pregiudizievole per l'indipendenza e l'imparzialità del magistrato, o per il prestigio e l'immagine della magistratura amministrativa»;
lo stesso decreto del Presidente della Repubblica al comma 3 dell'articolo 2, prevede che il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa autorizzi il conferimento di incarichi sulla base di criteri oggettivi e previamente adottati dopo la valutazione della natura e del tipo di incarico e la sua compatibilità con l'attività di Istituto;
il Presidente della Giunta Regionale della Calabria, Agazio Loiero, in data 20 aprile 2005, con decreto del Presidente della Repubblica n. 69, ha nominato a Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta Regionale e ad interim di Segretario Generale della stessa Giunta Regionale, il dottor Nicola Durante, magistrato presso il TAR della Campania - Sezione 2 - Sede Staccata di Salerno;
dal controllo delle sentenze emesse dal TAR della Campania - Sezione 2 - Sede Staccata di Salerno, successive alla data del 20 aprile 2005, risulta la presenza, quasi costante, alle udienze tenute sia pubbliche che nelle Camere di Consiglio, del dottor Nicola Durante -:
se non ritenga necessario ed urgente verificare la compatibilità tra l'incarico regionale e l'attività di magistrato amministrativo del dottor Nicola Durante e ove ritenga, che l'espletamento contemporaneo dei due incarichi assunti dal dottor Nicola Durante determini una situazione pregiudizievole per l'indipendenza e l'imparzialità dello stesso magistrato, se non intenda promuovere azioni disciplinari.
(4-01305)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si fa presente che, ai sensi dell'articolo 4, lettera f), delle «norme generali per il conferimento o l'autorizzazione di incarichi non compresi nei compiti e doveri d'ufficio dei magistrati amministrativi» approvate dal Consiglio di presidenza nella seduta del 18 dicembre 2001, «non può essere conferito od autorizzato alcun incarico ai magistrati che... facciano parte di un tar o di una sezione staccata ovvero del Consiglio di giustizia amministrativa, qualora l'amministrazione interessata all'incarico sia un ente od un organo regionale od infraregionale la cui attività ricada nell'ambito della competenza giurisdizionale degli stessi (tale criterio, salvo particolari situazioni locali ed ambientali, non trova applicazione per gli incarichi di docenza e per le commissioni di concorso) (allegati disponibili presso il servizio assemblea).
Pertanto, come ha riferito la Presidenza del Consiglio di Stato, non esiste alcuna incompatibilità tra l'incarico (Segretario generale
della Giunta regionale della Calabria) e l'attività di magistrato svolta dal Primo referendario Nicola Durante presso la sezione seconda della sede staccata di Salerno del tribunale amministrativo regionale della Campania.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
NESPOLI e CASTIELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sono di recentissima attualità i casi di decessi da legionella nella Regione Campania ai danni di un commerciante 47enne e di un medico 56enne;
la legionella pneumophila è il microrganismo maggiormente responsabile delle infezioni negli ambienti di vita e di lavoro;
dai dati pubblicati dall'Istat e dal Censis si evince che su circa 70.470.726 giornate di degenza (dati 2003) il 25-30 per cento è rappresentato da ricoveri, per infezioni. Considerando l'ipotesi minore (25 per cento) ed un costo di degenza media tra i 600 e 700 euro/die;
su circa 18 milioni di giornate di degenza in meno, potremmo avere un risparmio stimato di 11 miliardi di euro. Ma considerando che i pazienti di cui ai predetti ricoveri impropri necessitassero comunque di prestazioni diagnostiche mediche e terapeutiche, possiamo ragionevolmente ritenere che si sarebbe potuto ottenere un reale risparmio non inferiore al 50 per cento di quanto sopra ipotizzato. Cioè tra i 5 ed i 6 miliardi di euro;
ciò accade nonostante trecento controlli antilegionella sono stati effettuati dall'inizio dell'anno ad oggi nelle strutture sanitarie campane;
nel trenta per cento dei rilievi sono stati riscontrati valori di concentrazione del batterio superiori ai limiti di sicurezza;
l'attività della Regione Campania in tale specifico settore è prettamente improntata all'attuazione di interventi di bonifica laddove si siano riscontrati casi di elevate cariche coloniche del batterio;
è invece auspicabile la costante manutenzione di tutte le strutture pubbliche e di quelle sanitarie in particolare onde garantire elevati standard di sicurezza;
nella seduta del 5 ottobre 2006 rep. n. 2636 la Conferenza Permanente per i Rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome ha sottoscritto delle linee guida per la definizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione;
recenti casi di individuazione del batterio sono stati riscontrati su alcuni treni italiani;
le strutture pubbliche e sanitarie devono in particolare concretizzare interventi di manutenzione preventiva oltre che correttiva, volti ad eliminare o prevenire le possibili avarie dei sistemi aeraulici e delle condotte idriche con conseguente sprigionamento di batteri patogeni che, inalati, possono causare gravi e letali infezioni alle vie respiratorie;
lungi da predisporre meri documenti d'intesa per la salvaguardia della salute dei cittadini della Campania sarebbe più opportuno che tali scritti si traducessero in attività concrete di prevenzione e bonifica degli impianti aeraulici e idrici, possibili veicoli di trasmissione del batterio;
le linee guida devono convertirsi in veri e propri atti normativi regionali per attuare severe misure sanzionatorie in ipotesi di violazione delle misure di prevenzione e manutenzione dei condotti aeraulici e idrici -:
quali interventi il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la concreta attuazione delle linee guida approvate nella seduta della Conferenza tra Stato, Regioni e Province Autonome in data 5 ottobre 2006 rep. n. 2636.
(4-01817)
Risposta. - La legionella pneumophila è un batterio presente prevalentemente negli ambienti naturali, caratterizzati dalle acque
dolci; l'uomo, attraverso le sue attività, ha trasferito questo batterio in numerosi ambienti artificiali che fungono da disseminatori.
Gli impianti di distribuzione dell'acqua calda di alberghi, ospedali, abitazioni, strutture sportive, acque termali, fontane decorative, dispositivi per la respirazione assistita, possono essere fonti di trasmissione del microrganismo, soprattutto quando l'acqua viene spruzzata in forma di aerosol.
Inoltre, fonti di contagio rilevanti sono le torri di raffreddamento o condensatori evaporativi di grandi, impianti di condizionamento, che possono causare epidemie di notevole entità, in quanto, in assenza di un'adeguata manutenzione di queste strutture, la legionella può moltiplicarsi, diffondendosi sotto forma di aerosol.
Tale microrganismo può trovarsi nell'acqua stoccata in serbatoi di treni, se questa non viene adeguatamente trattata; la possibilità di contagio attraverso questa fonte, peraltro, non è mai stata documentata nella letteratura scientifica internazionale.
Inoltre, non esiste alcun dato nella stessa letteratura scientifica di settore in grado di dimostrare che la legionella sia il microrganismo maggiormente responsabile delle infezioni negli ambienti di vita e di lavoro.
Sin dai primi casi e dalle prime epidemie verificatesi in Italia alla fine degli anni '70 - inizio anni '80, le istituzioni sanitarie hanno preso coscienza di questa nuova patologia e il Ministero della salute, di concerto con l'Istituto superiore di sanità (Iss) e le Regioni e Province Autonome, ha adottato una serie di iniziative per la sorveglianza ed il controllo della legionellosi.
Fin dal 1983 è stato istituito presso l'Istituto Superiore di Sanità Registro nazionale di sorveglianza della legionellosi, nel quale vengono notificati tutti i casi di legionellosi diagnosticati in Italia.
Nel 2000 sono state pubblicate le «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi», primo documento di riferimento in Italia nel quale vengono indicate le norme per il controllo e la prevenzione della legionellosi al fine di fornire indirizzi e criteri generali, utili a uniformare sul territorio nazionale i principi diagnostici, i metodi di notifica e le procedure di controllo dell'infezione.
Tali linee guida sono attualmente in fase di revisione e aggiornamento, nella quale è ricompresa anche la revisione della circolare ministeriale del 29 dicembre 1993 «Sorveglianza delle legionellosi».
I principali obiettivi di vigilanza della legionellosi (decreto ministeriale 15 dicembre 1990) e del Registro nazionale già citato sono:
monitorarne la frequenza sia dal punto di vista epidemiologico che clinico-nosologico, con particolare attenzione ai fattori di rischio;
identificare eventuali variazioni nell'andamento della malattia;
identificare cluster epidemici di legionellosi dovuti a particolari condizioni ambientali, al fine di evidenziare i fattori di rischio ed interrompere la catena di trasmissione;
attivare appropriate misure di controllo.
Riguardo ai recenti casi di legionellosi diagnosticati e notificati, i dati raccolti indicano che sia l'andamento della malattia sia le caratteristiche dei pazienti (rapporto maschi/femmine, distribuzione per età, occupazione lavorativa, ecc.) sono molto simili a quelli degli anni precedenti (nel 2005, 869 notifiche, 826 casi confermati e 43 casi presunti; nel 2004, 604 notifiche, 552 casi confermati e 52 casi presunti; nel 2003, 617 notifiche, 571 casi confermati e 46 casi presunti; nel 2002, 639 notifiche, 586 casi confermati e 53 casi presunti).
L'incremento progressivo del numero di casi notificati negli ultimi dieci anni (90 casi circa nel 1997, oltre 300 casi nel 2005), è sicuramente da attribuire ad una maggiore attenzione da parte dei medici e all'utilizzo sempre più frequente di test diagnostici adeguati (come la rilevazione dell'antigene urinario).
L'incidenza della legionellosi in Italia si mantiene su 10 casi per milione di popolazione,
analogamente a quanto si riscontra mediamente in Europa.
Nel febbraio 2005 sono state pubblicate le «Linee guida recanti indicazioni ai laboratori con attività di diagnosi microbiologica ed ambientale della legionellosi», le quali prevedono una suddivisione in ordine gerarchico dei laboratori che effettuano diagnosi di legionellosi sulla base dei requisiti che devono possedere: laboratori di base, laboratori di riferimento regionale e laboratorio di riferimento nazionale.
Sempre nel febbraio 2005 sono state pubblicate le «Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico ricettive e termali», le quali si ispirano alle linee guida europee ed offrono ai direttori di strutture turistico-ricettive elementi di giudizio per la valutazione del rischio - legionellosi, nonché norme di comportamento per ridurre al minimo tale rischio.
In questo documento vengono indicati gli elementi più efficaci per ridurre/prevenire la contaminazione da legionella nelle strutture turistico-ricettive; tali norme possono essere applicate anche alla tutela della salute del cittadino sia nelle strutture sanitarie che in qualsiasi altro edificio pubblico o privato.
Inoltre, l'Istituto Superiore di Sanità ha realizzato, con specifici finanziamenti del Ministero della salute, il progetto di ricerca «Controllo della legionellosi e metodi di bonifica in sanità», finalizzato a valutare l'efficacia di alcuni sistemi di disinfezione.
Parallelamente al sistema di sorveglianza dei casi italiani, nell'ambito dell'«European working group for legionella infections» (Ewgli), è operativo un programma di sorveglianza internazionale che, per il nostro Paese, fa capo all'Istituto Superiore di sanità questo programma è stato avviato nel 1986 e coordinato, fino al 1993, dal «National bacteriology laboratory» di Stoccolma e, successivamente, dall'Health protection agency» (Hpa) Communicable disease surveillance centre (Cdsc) di Londra.
Il sistema raccoglie informazioni relative ai casi di malattia dei legionari associati ai viaggi, che si verificano nei cittadini dei 36 paesi partecipanti al programma; il sistema di sorveglianza italiano comunica allo Ewgli i dati relativi ai casi di legionellosi, contratta da cittadini italiani sia durante viaggi in Italia che all'estero, e da cittadini stranieri che hanno soggiornato in Italia.
Un ulteriore documento concernente «Linee guida per la definizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione» (predisposto da un gruppo tecnico istituito dal Ministero della salute), ha acquisito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni la veste giuridica di Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano provvedimento 5 ottobre 2006), prevedendone il recepimento nei regolamenti regionali.
Peraltro, sono già previste sanzioni penali di varia entità a chi non si attiene a tali linee guida, poiché in assenza di altri documenti ufficiali o atti normativi, devono essere considerate come lo «stato dell'arte» in materia di legionella; pertanto, un datore di lavoro, un direttore sanitario di un ospedale o un gestore di struttura turistico-ricettiva termale deve attenersi ad esse per la salvaguardia della salute dell'ospite, del paziente o di terze persone che vengono a frequentare una qualsiasi struttura pubblica.
Si precisa che la Corte di Cassazione ha sancito che le leggi in materia di sicurezza e di igiene del lavoro (come ad esempio il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626) sono ispirate dalla necessità di tutelare l'incolumità non solo dei lavoratori, ma anche delle persone che si trovino comunque nei luoghi di lavoro.
Quindi il gestore della struttura turistico-ricettiva o il direttore sanitario di un ospedale, nel caso in cui si sia verificata la legionellosi, deve rispondere dell'inosservanza non solo delle linee guida sul controllo e la prevenzione della legionellosi, ma anche del decreto legislativo suddetto.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
PAOLETTI TANGHERONI, BERTOLINI e LICASTRO SCARDINO. - Al Ministro
dell'interno, al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
allo scopo di pubblicizzare una propria iniziativa, in occasione della Giornata Mondiale della Lotta all'AIDS, finalizzata all'utilizzo del preservativo come mezzo di contenimento delle malattie a trasmissione sessuale, il Gruppo Rebeldia realizzava una locandina con testi e contenuti blasfemi ed offensivi del sentimento religioso;
la locandina, relativa ad una festa organizzata dal Gruppo Rebeldia nella sua sede di via Cesare Battisti 51 in Pisa, con un chiaro riferimento alla ricorrenza dell'Immacolata Concezione, recava il titolo «Aspettando la festa della Madonna ..... usa il preservativo» ed una foto raffigurante l'effige di una Madonnina di Lourdes avvolta in un profilattico;
l'atto blasfemo ha suscitato profonda indignazione in città non solo tra i cattolici ma anche tra i laici e gli atei rispettosi di ogni credo religioso;
la locandina, contraddistinguendosi per particolare cattivo gusto, e trivialità intendeva deliberatamente offendere il sentimento religioso collettivo proprio a ridosso di una delle feste più importanti dedicate alla Madonna;
tale locandina, riprodotta in numerose copie, veniva affissa abusivamente sui muri cittadini e in spazi dell'ateneo pisano;
l'episodio potrebbe creare seri problemi sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico per le minacciate ritorsioni della popolazione locale all'iniziativa del Gruppo Rebeldia -:
se il Ministro abbia notizie in merito o se sia a conoscenza di ulteriori particolari di cui voglia mettere al corrente la Camera dei deputati o intenda porre in essere delle iniziative che siano dirette a tutelare la sicurezza e l'ordine pubblico seriamente minacciato dall'iniziativa suesposta.
(4-01991)
Risposta. - Sui fatti indicati dall'interrogante, la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Pisa ha riferito che, effettivamente, nell'ultima decade del mese di novembre 2006, gli organi competenti di quell'Amministrazione comunale avevano rilevato nel capoluogo l'affissione di alcune copie di una locandina, formato A4, prive delle necessarie autorizzazioni, con le quali si preannunciava un'iniziativa del movimento dei disobbedienti di Pisa «Gruppo Rebeldia».
In particolare, il 1o dicembre 2006 - in occasione della giornata mondiale della lotta all'AIDS - il citato movimento aveva organizzato presso la propria sede un incontro dal titolo «Facciamo la festa al virus», pubblicizzando l'evento con una locandina, affissa per le vie cittadine, che raffigurava l'immagine sacra della Madonna di Lourdes avvolta in un profilattico.
I relativi stampati sono stati immediatamente rimossi e si è dato avvio al procedimento sanzionatorio amministrativo a carico dei responsabili.
L'iniziativa del gruppo antagonista è stata oggetto, altresì, di un esposto presentato il successivo 8 dicembre 2006 dai consiglieri di minoranza della locale Amministrazione comunale alla Procura della Repubblica di Pisa, per l'ipotesi di reato di «vilipendio della religione dello Stato», ritenendo l'immagine del volantino blasfema ed offensiva del sentimento religioso dominante.
La stessa Prefettura ha comunque assicurato che nè l'iniziativa del gruppo Rebeldia, né la locandina e gli articoli di stampa sopra citati, hanno fatto registrare direttamente o indirettamente significativi riflessi sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
PELLEGRINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
sabato 26 agosto 2006 il professor Giovanni Aloj è morto presso l'ospedale di
Torre Annunziata (Napoli), dove lavorava, colto da un malore in seguito ad una lite col parente di un paziente;
l'episodio può essere considerato una vera e propria «morte bianca», perché maturata in un contesto sociale e lavorativo difficile, dove ogni giorno professionisti seri e preparati devono fare i conti con una situazione insostenibile;
l'episodio ha posto l'accento, ancora una volta, sulle difficili condizioni sociali in cui sono costretti a lavorare molti medici in ospedali cosiddetti «di frontiera», come quello di Torre Annunziata (Napoli) o come il Cardarelli di Napoli, il più grande ospedale del Sud;
il proliferare di aggressioni, atti di maleducazione ed altri pericoli quotidiani influisce anche sulla qualità dei servizi sanitari offerti -:
quali iniziative intendano adottare per tutelare la professionalità dei medici che lavorano in questi ospedali e per garantire a tutto il personale sanitario sicurezza e serenità sul lavoro.
(4-01059)
Risposta. - Si risponde all'atto parlamentare in esame a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base degli elementi pervenuti dalle autorità sanitarie regionali della Campania.
In merito al decesso del professor Aloj è stato precisato che presso il Presidio ospedaliero di Torre Annunziata era in funzione un posto di polizia, presidiato dalle ore 8,00 alle ore 20,00 ed in alcuni giorni dalle ore 8,00 alle ore 14,00; la vigilanza era assicurata da due guardie giurate nell'arco delle 24 ore.
Il Pronto soccorso del nosocomio è stato già oggetto nel passato di episodi di intolleranza da parte dell'utenza, sfociati in vere e proprie aggressioni, sedate solo dal tempestivo intervento del personale Polstato, presente sul posto, nonché dagli equipaggi del locale Commissariato con l'ausilio dell'Arma dei Carabinieri.
Dal 30 settembre 2006 tutte le attività assistenziali dell'ospedale di Torre Annunziata sono state trasferite presso il Presidio ospedaliero di Boscotrecase, nel quale è stata prevista l'attivazione di un Presidio di primo soccorso territoriale, connesso alla rete del «118», al fine di non privare il centro storico della città di Torre Annunziata del servizio per le emergenze sanitarie.
Al momento, la nuova struttura ospedaliera di Boscotrecase, come riferito dal Direttore sanitario, è sorvegliata da tre guardie giurate, che si alternano nell'arco delle 24 ore.
Lo stesso Direttore ha sottolineato l'attuale maggiore vigilanza nei confronti di eventuali presenze di facinorosi; inoltre il servizio di Pronto soccorso, che ha un ingresso separato con accesso diretto alla strada, è presidiato in forma fissa da una guardia giurata.
È stato, inoltre, precisato che l'attività di contrasto alla micro e macrocriminalità, dispiegata sul territorio da parte delle forze dell'ordine, si è costantemente mantenuta a livelli sempre molto elevati, anche in considerazione della domanda crescente di sicurezza che proviene da parte dei cittadini.
In tale contesto la massima attenzione è stata riservata anche ai nosocomi della provincia, disponendo l'intensificazione dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio, soprattutto in prossimità delle strutture ospedaliere.
Al fine di elevare il livello di sicurezza delle strutture ospedaliere, la Regione Campania ha sensibilizzato le aziende sanitarie locali ad intervenire direttamente, mediante l'installazione di sistemi di videosorveglianza, privilegiando le aree ospedaliere ritenute più a rischio. Tali sistemi dovranno prevedere anche il collegamento diretto con le sale operative delle forze dell'ordine, per una vigilanza più efficace e tempestiva dei pazienti, dei loro familiari e degli operatori sanitari.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
PICANO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il comune di Ferentino, con i suoi circa 21.000 abitanti, è un'importante realtà del frusinate;
in tale comune sono da numerosi anni presenti due uffici postali;
la dislocazione di tali uffici postali è storicamente quella di uno nel centro del comune e l'altro vicino alla stazione;
questa dislocazione è stata rivista da poche settimane, con lo spostamento dell'ufficio postale vicino alla stazione sulla Via Casilina, a ridosso del comune, in una zona già carica di attività commerciali e a traffico intenso;
per evitare tale spostamento vennero raccolte circa un anno fa 2000 firme di cittadini e 50 sottoscrizioni di aziende;
tali firme, seppur consegnate all'autorità competente, non ebbero un esito positivo;
suddetto spostamento ha provocato disagi alla popolazione del comune, che, abituata a servirsi in un ufficio postale sito in una zona tranquilla e a bassa concentrazione di traffico, si è ritrovata a doverne utilizzare uno locato in una zona fortemente trafficata e ad elevato numero di incidenti;
gran parte della popolazione ha l'esigenza del ripristino dell'ufficio postale ove era sito sino a poche settimane or sono;
queste stesse persone sono consapevoli che tale esigenza nuocerebbe ai residenti della Via Casilina, strada ove è locato ora l'ufficio postale, e richiederebbe quindi l'apertura di un terzo ufficio, possibilmente nel luogo ove era presente sino a poco tempo fa, ritenendo necessari, per un paese di 21.000 abitanti tre uffici di tale fattura;
il comune sarebbe disposto a cedere in comodato d'uso uno o più locali nella zona della stazione per adibirli ad ufficio postale -:
quali misure ha intenzione di adottare il Governo affinché siano soddisfatte le esigenze di diverse migliaia di cittadini di questo importante comune in provincia di Frosinone.
(4-01579)
Risposta. - Al riguardo si ritiene anzitutto opportuno premettere che gli aspetti organizzativo-gestionali della società Poste italiane spettano gli organi statutari della società medesima, la quale individua il tipo ed il numero delle risorse ritenuti necessari a garantire il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale: dislocazione degli uffici, numero degli sportelli, modalità tecniche considerate idonee a soddisfare la richiesta di servizi da parte dell'utenza.
Il Ministero delle comunicazioni è legato alla società Poste da un contratto di programma che assicura al Ministero stesso - quale autorità di regolamentazione del settore postale - una potestà di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale, ma non consente al Governo di intervenire nella gestione dell'azienda.
Ciò premesso in linea generale, per quanto concerne la specifica questione della dislocazione degli uffici postali nella località di Ferentino la società Poste, interessata in proposito, nel confermare che nella località in questione sono presenti due uffici, ha precisato quanto segue.
L'ufficio postale di Ferentino propriamente detto è attivo con orario articolato su doppio turno, è dotato di 7 sportelli e di una sala conferenze ed è temporaneamente ospitato in comodato d'uso presso la locale associazione dei commercianti, in quanto la sede abituale è attualmente interessata da lavori di ristrutturazione.
L'altro ufficio, in precedenza ubicato in località Ferentino stazione, è stato riposizionato a circa 4 Km dalla vecchia ubicazione in una zona che - come riferito anche dall'interrogante è caratterizzato da un'elevata concentrazione di attività lavorative ed industriali e dove la stessa amministrazione comunale starebbe dislocando tutti i servizi di pubblica utilità destinati ai cittadini; stando a quanto comunicato da Poste italiane l'ufficio, inoltre, risulterebbe servito da un'area di parcheggio riservata.
La medesima società ha precisato che nella stessa zona è stato posizionato anche l'ufficio di recapito che serve il territorio
comunale e le zone limitrofe e che, per tale collocazione logistica, sarebbe in grado di offrire un servizio di consegna della corrispondenza più rapido.
Quanto alla richiesta di procedere all'attivazione di un terzo ufficio postale nel comune in argomento, Poste italiane ha comunicato di ritenere che, al momento, il rapporto tra domanda ed offerta dei servizi sia in linea con la media nazionale.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO e CRAPOLICCHIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 21 aprile 2006, sono state assunte al protocollo del Comune di Alserio in provincia di Como, contestuali dimissioni della metà più uno dei consiglieri (Stefano Colzani, Claudio Luciano, Giovanni Fruci, Luca Pinato e Giuseppe Nisselino per la maggioranza, Giuliano Pontiggia e Salvatore Rocca della minoranza);
le dimissioni del consigliere comunale Giuseppe Nisselino, presentate personalmente e dallo stesso sottoscritte davanti al dipendente comunale Alessandro Culotta, non sono state ritenute valide, in quanto lo stesso consigliere non era presente all'atto dell'apposizione del timbro di protocollo;
questo presunto vizio di forma ha permesso all'Amministrazione comunale guidata da Flavio Venturi di rimanere in piedi, tanto che il giorno dopo Colzani, Fruci, Pinato e Pontiggia hanno ritirato le dimissioni;
il sindaco ha dovuto quindi procedere alla surroga solo di Claudio Luciano, a cui è subentrata Franca Mauri, e di Salvatore Rocca, a cui è subentrato Enrica Baragiotta;
gli altri consiglieri sono invece tornati al proprio posto, nonostante, come sostengono le minoranze, le dimissioni degli altri sei consiglieri comunali fossero da ritenersi valide e, pertanto, si rendeva necessario provvedere alle relative surroghe;
durante l'ultima assemblea pubblica del 2006, i consiglieri comunali Marco Anzani, Angelo Sarandrea, Franca Mauri e Giuseppe Nisselino hanno dichiarato di ritenere che il Consiglio Comunale del Comune di Alserio è illegittimamente costituito e di conseguenza tutti gli atti deliberati dopo la data del 21 aprile 2006 nulli;
la vicenda del comune di Alserio tra prese di posizione e dubbie ritrattazioni è molto travagliata, i gruppi di minoranza hanno preso le distanze, ritenendo doveroso partecipare solo alle sedute di consiglio comunale, al fine di svolgere il proprio mandato elettorale, astenendosi però dal votare le proposte di delibera presentate all'ordine del giorno, a tutela della propria posizione di consiglieri legittimamente eletti e chiamati a far parte dell'organo collegiale, arbitrariamente «ricostituito» nella totale mancanza di rispetto della normativa vigente;
a giudizio degli interroganti, il comune di Alserio vive in una situazione di assoluta instabilità politico-istituzionale a causa di una amministrazione comunale che si regge su dimissioni stranamente non ritenute valide, altre regolarmente presentate e poi improvvisamente ritrattate, su surroghe effettuate ed altre inspiegabilmente no -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto accaduto nel Comune di Alserio dal 21 aprile 2006 ad oggi;
se non ritenga di verificare se sussistano le condizioni per adottare i provvedimenti previsti dall'articolo 141 del testo unico degli enti locali decreto legislativo 267 del 2000 in materia di scioglimento del consiglio comunale.
(4-02219)
Risposta. - L'istituto dello scioglimento dei consigli comunali per riduzione ultra dimidium indotta da dimissioni collettive ha già, in passato, richiesto un intervento chiarificatore del legislatore volto ad introdurre
elementi di maggiore certezza in ordine ai presupposti di tale ipotesi dissolutoria.
L'attuale formulazione degli articoli 38 e 141, n. 3, lettera b) del testo unico n. 267 del 2000, così come risultanti dopo l'intervento di modifica di cui al decreto-legge n. 80 del 2004 convertito con legge n. 140 del 2004, ha in effetti diminuito le controversie interpretative; tuttavia come si evince da una nutrita casistica, permangono tuttora dei punti problematici, in particolare per quanto concerne gli effetti da riconoscere alla manifestazione di volontà recessiva dei singoli consiglieri in presenza di vizi procedurali o formali tali da rendere invalido l'atto collettivo di dimissioni.
Nel caso del Comune oggetto dell'interrogazione, il 22 aprile 2006 la Prefettura Ufficio territoriale del Governo di Como riceveva dal segretario comunale di Alserio la comunicazione delle contestuali dimissioni di sette consiglieri su dodici assegnati. Successivamente, sempre nella stessa giornata del 22 aprile, perveniva copia delle revoche delle dimissioni presentate da quattro dei predetti consiglieri.
Poiché l'articolo 38 del testo unico degli enti locali, nel testo novellato, prevede che le dimissioni debbano essere presentate personalmente ovvero trae persona munita di delega autenticata, con nota del 24 aprile 2006 la Prefettura chiedeva al segretario comunale di far sapere se le dimissioni dei consiglieri fossero state presentate nelle forme previste dalla norma citata.
In risposta, il 26 aprile 2006 lo stesso segretario comunale precisava che soltanto sei consiglieri avevano presentato personalmente le contestuali ed immediate dimissioni; non così un settimo consigliere, che, oltre a non averle presentate personalmente al protocollo, non si era neppure avvalso delle forme alternative indicate dalla legge (atto autenticato presentato per il tramite di persona munita di delega anch'essa autenticata).
Da ciò discendeva che, nella fattispecie, non essendosi concretata l'ipotesi di riduzione ultra dimidium dell'organo consiliare per dimissioni contestuali della metà più uno dei consiglieri assegnati, non veniva a configurarsi alcuna ipotesi dissolutoria fra quelle previste dall'articolo 141 del testo unico e, pertanto, nessun provvedimento in tal senso poteva essere adottato dall'Amministrazione dell'interno; circostanza che veniva formalmente comunicata all'ente con nota del Prefetto di Como del 27 aprile 2006.
Giova osservare, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza prevalente ed il parere del Consiglio di Stato n. 98193 del 30 agosto 2006, sono da ritenere invalide ed inefficaci a tutti gli effetti le dimissioni collettive presentate dalla maggioranza dei consiglieri in forma irrituale ai sensi dell'articolo 38, comma 8, del testo unico degli enti locali. Ampia e costante giurisprudenza (Tribunale amministrativo regionale Basilicata n. 241 del 20 maggio 2003; Tribunale amministrativo regionale Campania n. 1011 del 20 febbraio 2003, n. 846 del 29 gennaio 2004; Tribunale amministrativo regionale Puglia n. 3699 del 26 agosto 2004) ha infatti evidenziato la natura collettiva dell'atto di dimissioni dei consiglieri a fini dissolutori, «sorretto effettivamente da una volontà tipica, quella di pervenire alla dissoluzione dell'organo rappresentativo» (Consiglio di Stato, sezione V, n. 6006 del 9 ottobre 2006).
In tale atto, pertanto, la volontà dei dimissionari è volta non già alla rinuncia alla carica fine a se stessa bensì ad essa quale strumento per realizzare, unitariamente e concordemente, l'intento comune dello scioglimento del consiglio.
Ne deriva che, secondo la giurisprudenza prevalente, la contestualità ed unitarietà dell'obiettivo impedisce di valutare alla stregua dell'articolo 38 del Testo unico degli enti locali le manifestazioni di volontà dei dimissionari, che costituiscono, per l'elemento volontaristico e quello causale che le contraddistinguono, un atto collettivo; pertanto, l'invalidità di taluna di esse, che ne riduca il numero determinando il mancato raggiungimento del quorum della metà più uno dei consiglieri assegnati, non ha altra conseguenza che il mancato effetto dissolutorio. In tali casi, non si dovrebbe procedere alla surroga, considerato che tale istituto è previsto per l'ipotesi di semplice
rinuncia individuale alla carica e non già per l'ipotesi in cui il consigliere abbia inteso, attraverso le dimissioni congiunte con altri consiglieri, determinare la fattispecie dissolutoria.
Tali considerazioni sono state portate a conoscenza di alcuni consiglieri di minoranza del Comune sia nel corso di appositi colloqui in Prefettura, sia con una nota ufficiale in data 23 gennaio 2007 con la quale, rispondendo ad una segnalazione circa l'asserita illegittimità nella costituzione dell'organo assembleare consiliare, è stato ribadito l'univoco orientamento del Ministero dell'interno; ovvero quello di non dar corso, nel caso di fallimento del disegno unitario di provocare l'effetto dissolutorio per vizio di forma di alcuni degli atti di dimissioni, alla volontà dei dichiaranti di dimettere il mandato.
Per quanto riguarda, in generale, l'esigenza di un'uniforme e corretta applicazione dell'articolo 141, comma 1, lettera b) n. 3 del testo unico si precisa che essa resta ben presente all'attenzione del Ministero dell'interno, che peraltro già più volte ha avuto modo di occuparsene con circolari, pareri e risposte a quesiti.
Al riguardo, ferme restando le valutazioni del Parlamento sull'eventuale necessità di ulteriori interventi correttivi, il Ministero dell'interno ha intenzione di intervenire in sede di disegno di legge delega per la riforma del testo unico degli enti locali, con un articolo autonomo o con un emendamento da apportare alla disposizione esistente, per chiarire ulteriormente la norma in modo da favorirne una sempre più univoca e coerente applicazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
PIRO e PISCITELLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 25 settembre numerosi organi di stampa nazionali hanno reso nota una preoccupante vicenda, quella di Mariana Donchenova che, partita dalla Francia dove trascorre lunghi periodi di studio e lavoro, arrivando in Italia per assistere il fidanzato in attesa di un intervento chirurgico, è stata accompagnata al Centro di permanenza temporanea di Ragusa, in quanto sprovvista di permesso di soggiorno;
la vicenda ha rivelato aspetti preoccupanti e irragionevoli, in quanto Mariana Donchenova, archeologa e direttrice del più importante museo di Varna in Bulgaria e ricercatrice in Francia, di passaggio nel nostro Paese, si è trovata, pur non essendo intenzionata ad entrare clandestinamente, né a violare le leggi italiane, a subire lo stesso trattamento riservato a un'immigrata clandestina;
apprendiamo, sempre dagli organi di stampa, che il caso si è risolto il giorno dopo, il 26 settembre, anche grazie al clamore sollevato dalla stampa: l'archeologa è stata trasferita da Ragusa fino all'aeroporto di Catania per prendere il volo diretto a Roma per ritornare, finalmente, nel suo Paese, in Bulgaria, come sollecitato dal legale dell'interessata;
la segnalata vicenda avrebbe potuto avere degli esiti ancora più drammatici. Al già paradossale incidente burocratico del trasferimento nei Cpt per la mancanza del permesso di soggiorno, poteva aggiungersi quello dei tempi di attesa per rendere effettiva l'espulsione: l'articolo 13 del vigente Testo unico sull'immigrazione prevede infatti un periodo di tempo fino a 60 giorni, qualora venga presentato ricorso al decreto di espulsione;
l'assurdo incidente purtroppo si aggiunge ad altri episodi avvenuti nel recente passato che hanno visto coinvolti professionisti, imprenditori, ricercatori bloccati o messi in difficoltà a circolare liberamente nel nostro Paese, a causa di restrizioni, impedimenti burocratici previsti dalla legislazione italiana e, nel caso in esame, di vuoti normativi circa la cosiddetta immigrazione «qualificata»; tutti elementi che rischiano di porsi in palese contrasto con le previsioni in tema di libera circolazione in Europa contenute nel Trattato di Schengen -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per ovviare a tali inconvenienti che
rischiano di ledere l'immagine del nostro Paese in Europa;
se non intenda opportuno intervenire, anche mediante l'adozione di rinnovati strumenti legislativi, in grado di dirimere la questione dell'immigrazione qualificata e della differenziazione dei visti.
(4-01089)
Risposta. - Effettivamente risulta che la dottoressa Doncheva Mariana Ivanova, cittadina bulgara, è stata trattenuta dal 23 al 26 settembre 2006 presso il Centro di Permanenza Temporanea di Ragusa e poi rimpatriata a seguito di provvedimento di espulsione convalidato da parte della competente Autorità Giudiziaria.
Si precisa che la presenza della dottoressa Doncheva sul territorio nazionale è stata verificata per la prima volta da militari della compagnia carabinieri di Pitigliano nel corso di uno specifico controllo.
Dagli accertamenti è risultato che l'interessata, pur essendo provvista di passaporto, era priva del necessario titolo di soggiorno e dunque si trovava in posizione irregolare sul territorio nazionale.
In particolare la signora Doncheva ha dichiarato di essere entrata in territorio italiano, proveniente da Ventimiglia, il 9 settembre 2006 e di non aver chiesto entro gli otto giorni successivi, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, il titolo di soggiorno per la permanenza in Italia necessario anche per i cittadini appartenenti a Paesi non assoggettati all'obbligo del visto.
Per i suesposti motivi il Prefetto di Grosseto, accertata la posizione irregolare, ha emesso nei confronti della cittadina bulgara il decreto di espulsione seguito dall'accompagnamento presso il Centro di permanenza di Ragusa, resosi necessario per l'indisponibilìtà di un vettore o di un altro mezzo di trasporto idoneo al rimpatrio.
A seguito della convalida del provvedimento da parte del Giudice di Pace la dottoressa Doncheva è stata rimpatriata con destinazione Sofia.
Quanto alle iniziative normative da intraprendere in materia di immigrazione, si fa presente che i Ministri dell'Interno e della Solidarietà sociale stanno lavorando ad un provvedimento di riforma dell'attuale Testo unico sull'immigrazione.
Le nuove disposizioni mirano a promuovere l'immigrazione regolare, favorendo l'incontro tra domanda e offerta di lavoro di cittadini stranieri.
L'intento del Governo è quello di differenziare i canali di ingresso tra lavoratori anche in base al loro livello di qualificazione professionale, così da determinare le condizioni per una più agevole integrazione lavorativa e socio economica degli stranieri nel nostro Paese.
Nell'ambito di questa riforma saranno anche riviste le norme in materia di concessione dei visti, espulsione e trattenimento degli stranieri.
Per quanto concerne, poi, i soggiorni inferiori a tre mesi (cosiddetti permessi brevi), il recente decreto-legge 15 febbraio 2007, n.10, ha accolto all'articolo 5, comma 2, l'emendamento che sostituisce articolo 5 della legge Bossi-Fini.
La nuova formulazione cita: «Per i soggiorni inferiori a tre mesi lo straniero dichiara la sua presenza all'ufficio di polizia di frontiera al momento dell'ingresso sul territorio nazionale ovvero, entro otto giorni, al questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del ministro dell'Interno».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
PISICCHIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il drammatico episodio di cronaca relativo allo studente barese deceduto a seguito di una caduta dall'ottavo piano di un caseggiato ha rivelato, a seguito delle indagini della magistratura, che il giovane aveva spiccato il volo in stato di ottundimento indotto dall'assunzione di sostanze allucinogene;
il giovane, secondo le rilevazioni fatte dagli inquirenti, aveva, infatti, assunto semi essiccati dell'Ipomea Violacea, detta
anche Argyreia Nervosa, sostanza psicotropa che provoca effetti simili a quelli indotti da un potente allucinogeno, conosciuto in sigla come LSD;
tali sostanze producono, per la presenza dei LSA un effetto di alterazione tale da indurre nell'assuntore l'impressione di essere usciti dal proprio corpo, di guardarlo dall'esterno, di poter volare e fornisce un'alterazione spazio-temporale della realtà;
i semi essiccati della pianta, una comune pianta da ornamento presente spesso negli appartamenti, sono stati acquistati dal giovane in un «oxy bar», locale pubblico con regolare licenza, dove i clienti possono assumere ossigeno in combinazione con particolari fragranze;
sta di fatto che i semi della pianta, se masticati lungamente secondo le indicazioni fornite dagli addetti dell'oxy bar, provoca lo stato di alterazione che ha portato all'estremo gesto il giovane barese -:
se il Ministro non ritenga di intervenire tempestivamente anche con iniziative normative per eliminare dal mercato - dove oggi possono essere acquistati liberamente - i semi essiccati dell'Ipomea Violacea, per tutelare l'incolumità dei nostri giovani.
(4-01144)
Risposta. - È opportuno precisare che l'Ipomoea Violacea e l'Argyreia Nervosa non sono denominazioni di una stessa pianta, ma costituiscono due distinte specie vegetali della famiglia delle Convolvulaceae.
Sono piante molto comuni che crescono spontanee ovunque: nei loro semi si riscontra la presenza, in bassa percentuale, di un amide dell'acido lisergico (LSA) dalle proprietà allucinogene.
La sostanza LSA si trova già inserita nella tabella I delle sostanze stupefacenti allegata al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza», ma non lo sono i semi, per cui è vietato produrre, importare, detenere e commercializzare LSA senza le autorizzazioni contemplate nel decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, mentre non vi sono restrizioni sui semi di Ipomoea o di Argyreia (le piante adulte non contengono principi attivi).
Occorre far presente che, secondo i criteri stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ai fini dell'inserimento nella tabella I degli stupefacenti di una sostanza o dei prodotti naturali che la contengono, è necessario che la sostanza produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle già inserite nella tabella, mentre i prodotti naturali (piante, foglie, semi) devono provocare gravi effetti psicotici, quali allucinazioni o distorsioni sensoriali, o devono essere sfruttati per la produzione di sostanze da immettere sul mercato illecito.
Per tali motivi, può accadere che non tutti i prodotti naturali che contengono sostanze inserite nella tabella I degli stupefacenti siano a loro volta iscritti in tabella.
La quantità di LSA contenuta nei semi di Convolvulaceae è ridotta (circa lo 0,14 per cento nei semi di Argyreia e 0,02 per cento quelli di Ipomoea); la quantità di semi che si possono ingerire senza andare incontro a spiacevoli effetti, frequenti nelle assunzioni di derivati dell'acido lisergico (nausea, vomito), di fatto non consente di assumere LSA in dosi consistenti.
A seguito di alcuni recenti eventi avversi provocati dall'ingestione di semi delle piante in questione, che sono in libera vendita plesso esercizi commerciali «specializzati» quali gli Ecosmartshop o gli Oxibar, è stata inviata una prima richiesta di parere, in data 18 marzo 2005, all'Istituto superiore di sanità (all'epoca organo competente per la procedura di aggiornamento delle tabelle). Secondo L'Iss non vi erano elementi sufficienti per esprimersi sulla presunta pericolosità per la salute pubblica.
In data 13 giugno 2006, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha inviato alla Direzione generale competente di questo Ministero una segnalazione relativa a sospette
reazioni avverse dopo ingestione di semi di Argyreia nervosa. A seguito di tale segnalazione, l'Ufficio centrale stupefacenti di questo Ministero ha ritenuto di dover riproporre la procedura di inserimento dei semi in tabella I, acquisendo il parere del Consiglio superiore di sanità; si ricorda che la legge 21 febbraio 2006, n. 49 di modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ha escluso la necessità di acquisire in merito il parere dell'Iss.
Pertanto in data 29 gennaio 2007, è stata inviata al Consiglio superiore di sanità (Css) una relazione al fine di consentire all'organo consultivo di esprimere, in una delle prossime sedute, il proprio parere in merito ai seguenti punti:
1) l'opportunità o meno dell'inserimento in tabella I dei semi di Argyreia nervosa ed Ipomoea violacea;
2) la legittimità di poter vendere tali semi liberamente (a prescindere dalla espressa menzione in tabella 1), in quanto contengono LSA (arride dell'acido lisergico), sostanza già iscritta in tabella I;
3) più in generale se sia necessario iscrivere comunque nelle tabelle una pianta o parte di essa, che contenga una sostanza già iscritta in tabella o se tale condizione è già sufficiente a ritenere la pianta sottoposta alla normativa in materia di stupefacenti.
Si precisa, peraltro, che secondo il parere riguardante analoga questione espresso dal Css nella seduta del 28 aprile 2005, «la presenza di stupefacenti non può essere ammessa in prodotti di libera vendita, dal momento che nessuna legge autorizza una soglia minima di tali sostanze».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2006 ha riconosciuto un bonus di 1000 euro per tutti i cittadini italiani e comunitari nati nel 2005 e nel 2006;
nel gennaio 2006 la Presidenza del Consiglio ha inviato ai nuovi nati una lettera invitandoli alla riscossione del bonus;
questa lettera è stata inviata, per errore, anche a bambini stranieri;
i genitori dei bambini stranieri, espressamente invitati dal Presidente del Consiglio, hanno riscosso il bonus presso l'ufficio postale indicato nella lettera. Secondo stime non ufficiali, la lettera sarebbe stata inviata per errore a circa 600.000 nuovi nati stranieri, ed il bonus sarebbe stato riscosso da circa 3.000 famiglie straniere;
con una nota del 21 aprile 2006 il ministero dell'economia ha comunicato le modalità di restituzione del bonus erroneamente corrisposto;
il 21 luglio 2006 il consiglio dei ministri ha annunciato un provvedimento con il quale il ministero dell'economia rinuncia a chiedere la restituzione dei bonus bebè erroneamente incassati da cittadini extracomunitari;
seppur tale provvedimento (finora solo annunciato) ponga fine alla questione delle restituzioni, condonando le somme, lascia aperto un problema ben più grave: le conseguenze penali della vicenda. Chi ha erroneamente ritirato il bonus, come ha fatto rilevare l'Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori) fin dallo scorso 26 luglio, sarà infatti perseguito per diversi reati che vanno, a seconda dell'interpretazione data dalle singole procure della Repubblica, dall'appropriazione indebita, alla indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, alla falsità ideologica - reato punito con la reclusione fino a due anni - e alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche - reato punito con la reclusione da uno a sei anni. Ciò comporterà esborsi ben più onerosi di mille euro per pagare le spese di giudizio ed il rischio di una pesante condanna penale;
diverse procure della Repubblica (Cuneo, Perugia, Rovigo, Verona, Varese, Treviso, Firenze) hanno già provveduto ad inviare gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari per questi reati, atto prodromico all'instaurazione di un processo penale;
alle conseguenze penali dell'accaduto si aggiungono quelle relative alle condizioni di soggiorno in Italia. Infatti, l'esistenza di un procedimento penale a proprio carico per questo tipo di reato è motivo ostativo al rilascio della carta di soggiorno, ed una eventuale condanna ne è motivo di revoca. I «colpevoli» dunque non potranno mai più richiedere la carta di soggiorno, titolo decisamente più garantistico rispetto al permesso di soggiorno che deve essere rinnovato ogni anno ed è sempre imprescindibilmente legato ad un contratto di lavoro;
in buona sostanza, le conseguenze dell'errore della Presidenza del Consiglio rischiano di ricadere su chi, in buona fede, ha presentato un modulo sul quale era prestampata la autocertificazione di cittadinanza italiana. La buona fede di chi ha riscosso il bonus è incontestabile, avallata dalla lettera ricevuta che ha indotto in errore i riceventi. Questi ultimi peraltro si sono recati all'ufficio postale muniti di documento di identità dal quale chiaramente si evince la cittadinanza: qualsiasi operatore di sportello avrebbe potuto (e dovuto) verificare la mancanza del requisito. Da un punto di vista generale, questo errore porterà all'instaurazione di circa 3.000 processi penali, che contribuiranno alla (già grave) congestione dei tribunali penali, pagati con i soldi dei contribuenti, esattamente come le 600.000 lettere inviate -:
in che modo il Governo intenda porre rimedio agli errori commessi dalla presidenza del Consiglio, tenuto conto della gravità delle conseguenze penali della vicenda, che si ripercuoterebbero altresì sulle modalità del soggiorno in Italia;
se sia intenzione del Governo adottare un provvedimento legislativo d'urgenza che escluda le conseguenze penali dell'accaduto, sia per i processi già terminati che per quelli in corso, e con quale tempistica.
(4-00937)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si fa presente, che l'articolo 1, commi 331 e seguenti della legge n. 266 del 2005 prevede l'attribuzione di un assegno di euro 1.000,00 per ogni bambino nato o adottato nell'anno 2005 e per ogni bambino, secondogenito od ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato, nell'anno 2006.
La somma in questione può essere riscossa dall'esercente la patria potestà sul bambino, purché in possesso dei seguenti requisiti: a) cittadinanza italiana o comunitaria, b) residenza in Italia, e) reddito del nucleo familiare non superiore ad euro 50.000,00, riferito all'anno precedente la nascita o l'adozione.
Le procedure amministrative, per l'individuazione dei beneficiari e l'erogazione della somma, hanno avuto inizio, com'è noto, nel mese di gennaio 2007, con l'invio, della comunicazione sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (unitamente al modulo d'autocertificazione dei requisiti previsti dalla legge, da riempire a cura dell'esercente la patria potestà sul minore) ai bambini nati nel 2005, i cui dati risultavano dagli archivi dell'anagrafe tributaria. A regime, le comunicazioni agli aventi diritto contengono, parimenti, sia il modulo per autocertificare i requisiti richiesti dalla legge, che l'indicazione dell'ufficio postale ove è possibile riscuotere la somma.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 333, della legge n. 266 del 2005, è stata affidata alla Società Sogel la gestione delle procedure di individuazione dei bambini e di inoltro delle comunicazioni per la riscossione (tramite Poste Italiane).
La comunicazione è stata inviata a tutti i bambini (senza alcuna distinzione di nazionalità e di censo) nati in Italia nell'anno 2005, i cui nominativi - dotati di codice fiscale - erano disponibili presso gli archivi dell'anagrafe tributaria.
Numerosi soggetti extracomunitari, ricevuta la lettera e compilata l'autocertificazione (dichiarando in modo non veritiero il possesso del requisito della cittadinanza) hanno indebitamente, riscosso la somma presso gli uffici postali. Solo alcuni, appurato l'errore, hanno provveduto, spontaneamente, alla restituzione, secondo le modalità indicate dal competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze.
La disponibilità immediata dei nominativi e degli indirizzi di residenza dei bambini ha consentito alla predetta Amministrazione di concludere la procedura di invio delle comunicazioni entro il mese di gennaio 2006, termine previsto dalla legge per i nati nel 2005. Tempi tanto ristretti, però, (si consideri che la norma è entrata in vigore il primo gennaio 2006) non hanno consentito una preventiva trattazione dei dati disponibili e la conseguente estrapolazione unicamente dei nominativi di soggetti figli di cittadini italiani, con il risultato che le lettere in questione hanno raggiunto anche bambini non legittimati al godimento del beneficio, in quanto il genitore difettava del requisito della cittadinanza, oppure, in qualche caso, del requisito del reddito.
Con riferimento ai nati od adottati nell'anno 2006, invece, grazie ad una maggiore disponibilità di tempo, si è potuto avviare una collaborazione con i Comuni di nascita che, attraverso un'apposita procedura, comunicano periodicamente alla Sogei i nominativi dei figli dei cittadini italiani nati secondogeniti od ulteriori (per ordine di nascita), ovvero adottati.
Articoli apparsi sulla stampa hanno denunciato l'incresciosa situazione di numerosi immigrati extracomunitari che, avendo, erroneamente, dichiarato il requisito della cittadinanza, versano nella condizione di dover restituire la somma indebitamente percepita, oltre al pagamento della sanzione amministrativa che ammonta a 3.000,00 euro, pari al triplo della somma stessa (articolo 316-ter, comma 2 del codice di procedura penale).
Al fine di attenuare le polemiche suscitate dalla vicenda, nel corso del Consiglio dei Ministri del 21 luglio 2006, è stato diramato un comunicato stampa con il quale il sottosegretario Enrico Letta ha dichiarato che gli extracomunitari, che hanno indebitamente riscosso la somma del cosiddetto «bonus bebé», non sono tenuti alla restituzione della stessa all'Amministrazione.
Alla luce di tale situazione, il competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di chiarire la posizione di numerosi soggetti, i cui verbali di accertamento di violazione della normativa de qua sono stati inviati, dalla Guardia di Finanza, alla procura della Repubblica ed all'ufficio stesso, per il seguito di competenza (emanazione dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento ex legge n. 689 del 1981), ha formulato un quesito all'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, finalizzato, segnatamente, a conoscere se la violazione dell'articolo 316-ter, comma 2 del codice di procedura penale, rientri tra le fattispecie coperte dall'indulto.
L'Ufficio adito ha comunicato, con nota del 3 ottobre 2006, che la violazione in questione «è da qualificarsi nei termini di illecito amministrativo e non come reato. Pertanto, la violazione non sarebbe coperta dall'indulto, che concerne esclusivamente i reati commessi entro il 2 maggio 2006».
La configurazione giuridica della violazione in argomento come illecito amministrativo e non come reato sembra, dunque, ad un primo esame della normativa, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 25 luglio 1988, n. 225 - recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» - sollevare il soggetto extracomunitario indagato, dal rischio di eventuali conseguenze negative sul rilascio della carta di soggiorno. Tuttavia, proprio al fine di evitare l'insorgere di problemi, si evidenzia che l'articolo 1, commi 1287, 1288 e 1289 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), prevede, rispettivamente, la non ripetibilità delle somme erogate (a titolo di bonus bebé) in favore di soggetti sprovvisti del requisito di cittadinanza italiana ovvero comunitaria, l'inefficacia delle ordinanze-ingiunzioni, ex articolo 18 della legge n. 689 del 1981, emesse nei confronti dei medesimi soggetti
e l'estinzione dei procedimenti di opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni, instaurati dai soggetti, cui al citato comma 1287.
La normativa richiamata ha, pertanto, sanato la situazione dei soggetti indicati nel comma 1287, unicamente sotto il profilo civilistico. Nulla si è, invece, disposto con riferimento ai procedimenti penali instaurati.
Risulta, invero, che numerosi soggetti extracomunitari siano stati rinviati a giudizio per i reati di cui agli articoli 81, 483 e 640-bis del codice di procedura penale, per aver, mediante presentazione di dichiarazione sostitutiva di certificazione (falsamente attestante la cittadinanza italiana o di altro paese della Comunità Europea), indotto in errore il personale dell'Ufficio postale ed indebitamente riscosso l'assegno del bonus bebé, di cui alla legge n. 266 del 2005.
L'Amministrazione dell'Economia e Finanze ha provveduto a comunicare all'Avvocatura dello Stato di non ritenere opportuno costituirsi parte civile nei procedimenti penali de quibus, atteso che alla luce della normativa, di cui ai commi 1287 e seguenti della legge n. 296 del 2006, qualsiasi azione, sia restitutoria delle somme erogate in favore degli imputati, che risarcitoria non avrebbe alcuna possibilità di successo.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
RAISI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
lunedì 3 luglio 2006, è morta, all'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, la giovane Greta Pavarini cittadina di Novellara pare, a seguito, di una complicazione verificatasi dopo un'operazione per una peritonite che non sarebbe stata individuata con tempestività;
l'Autorità giudiziaria di Reggio Emilia ha aperto un'inchiesta sull'episodio sopra riportato;
valutando inidonea la qualità dell'attività degli operatori sanitari dell'Ospedale di Guastalla che, per primi, hanno preso in cura la signorina Greta Pavarini;
le Autorità regionali sanitarie dell'Emilia Romagna hanno fatto calare un silenzio che l'interrogante ritiene, particolarmente grave sul grave fatto di mala sanità, quasi volessero far passare in sordina quanto accaduto -:
se non ritenga opportuno avviare un'indagine interna per valutare l'attività dell'ospedale di Guastalla sia sull'episodio specifico sia, più in generale, sullo standard dei servizi prestati, principalmente nelle emergenze del pronto soccorso che richiedono almeno un minimo di oculatezza e di preparazione.
(4-00515)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi trasmessi dal Presidente della Regione Emilia-Romagna e relativi alla ricostruzione cronologica degli eventi e agli elementi più significativi del percorso assistenziale fornito alla paziente.
Nei due giorni precedenti al primo ricovero presso l'Ospedale di Guastalla, la paziente è stata visitata da quattro medici: il medico curante della madre, quello della ragazza stessa, un medico di continuità assistenziale ed il medico del Pronto soccorso di Guastalla. Presso il Pronto soccorso la paziente si era, infatti, presentata per la prima volta il giorno 21 giugno 2006 alle ore 17,45 riferendo sintomatologia epigastrica insorta il giorno stesso; dopo gli accertamenti del caso, la ragazza è stata dimessa, con invio al curante con diagnosi di epigastalgia.
In data 23 giugno 2006 la paziente si è presentata nuovamente al pronto soccorso alle ore 19,17, con dolori addominali diffusi e febbre. Dopo l'esecuzione di indagini diagnostiche e consulenza chirurgica, è stata ricoverata presso l'Unità Operativa di chirurgia generale, dove è rimasta degente fino alle ore 6,00 circa del 29 giugno 2006.
Durante il ricovero, il quadro obiettivo e la sintomatologia clinica ponevano diversi dubbi diagnostici, che venivano esplorati
con l'effettuazione di numerosi esami laboratoristici e radiologici, compresa la TAC.
Veniva, inoltre, effettuata, in data 28 giugno una laparotomia esplorativa che portava a individuare e, quindi, a trattare una peritonite saccata provocata da perforazione dell'appendice. Al termine dell'intervento veniva inserito un catetere in succlavia destra per favorire la ripresa della paziente mediante nutrizione parenterale ipercalorica.
Il decorso post-operatorio è risultato regolare fmo alle ore 5,30 del 29 giugno, quando sono comparsi segni di shock. La paziente veniva prontamente assistita prima dal medico internista e poi, in rapida successione, dal rianimatore e dal cardiologo di guardia; quest'ultimo diagnosticava all'esame ecocardiografico un tamponamento cardiaco.
La ragazza veniva trasferita in unità coronarica, mentre contemporaneamente era allertata la cardiochirurgia dell'Ospedale di Parma. Poiché subentrava però un arresto cardiaco venivano praticate immediatamente pericardiocentesi, rianimazione BLS, stabilizzazione emodinamica. Essendo in stato di coma, la paziente veniva ricoverata presso il servizio di rianimazione dell'Ospedale di Guastalla. Venivano effettuate le indagini diagnostiche e le cure del caso fino alle ore 16,00 del giorno successivo, 30 giugno 2006, quando la paziente era trasferita presso la Rianimazione dell'Ospedale «Santa Maria Nuova» per encefalopatia post-anossica da arresto cardiaco, dove decedeva il giorno 3 luglio 2006.
Le Direzioni sanitarie dell'Ospedale di Guastalla e del Presidio ospedaliero aziendale, già informate degli eventi nella mattina del 29 giugno 2006, dopo il ricovero in rianimazione, hanno costantemente seguito l'evolversi della situazione.
Contemporaneamente hanno provveduto alla verifica della documentazione sanitaria e del percorso assistenziale. Dopo il trasferimento avvenuto il 30 giugno 2006, le Direzioni suddette hanno tenuto costanti contatti con la direzione della unità operativa di anestesia e rianimazione dell'Ospedale «Santa Maria Nuova» fino al giorno del decesso.
In un quadro di massima trasparenza e allo scopo di fare piena luce sui fatti e sulle cause del decesso, le due Direzioni aziendali hanno concordato sulla necessità di presentare all'autorità giudiziaria il referto, che è stato inoltrato lo stesso giorno del decesso da parte del Direttore della Unità operativa di Anestesia Rianimazione dell'Ospedale «Santa Maria Nuova».
Il giorno 4 luglio 2006, la Procura della Repubblica di Reggio Emilia ha disposto il sequestro della documentazione sanitaria che è stata immediatamente fornita in originale, assieme all'elenco e alle generalità di tutto il personale che aveva prestato assistenza in data 21 giugno 2006 e dal 23 al 30 giugno 2006 presso l'Ospedale di Guastalla.
In data 6 luglio 2006 la Procura ha disposto l'accertamento tecnico irripetibile (autopsia) e inviato avvisi di garanzia a 8 medici dell'Ospedale di Guastalla: le indagini disposte dall'Autorità Giudiziaria sono in corso.
La Direzione Sanitaria dell'Ospedale di Guastalla ha, nel frattempo, disposto una indagine interna conclusasi con la redazione di 5 relazioni, depositate presso la Procura della Repubblica di Reggio Emilia il 14 luglio 2006, in piena collaborazione con l'autorità giudiziaria e nell'intento di fare chiarezza sull'episodio e sulla individuazione di eventuali responsabilità.
La Regione ha seguito lo svolgersi dei fatti, tenendosi in continuo contatto con le Aziende sanitarie reggiane, ed ha ritenuto, sulla base degli accertamenti svolti dall'Azienda Usl, di escludere problematiche legate a carenze organizzative o a carenze o malfunzionamento di attrezzature, che avrebbero motivato, come avvenuto per altri casi, la nomina di una apposita commissione regionale. Al momento, a seguito dell'intervento della Procura della Repubblica, il Presidente della Regione Emilia-Romagna ritiene opportuno evitare interferenze, in quanto l'accertamento di eventuali responsabilità professionali, compito specifico dell'autorità giudiziaria, è prevalente rispetto ad ogni altro intervento.
Dopo aver sottolineato che è compito del Servizio sanitario regionale contribuire con
il massimo impegno affinché dall'accertamento dei fatti possa derivare quanto necessario per ottimizzare la sicurezza e l'efficacia delle prestazioni sanitarie, lo stesso Presidente ha assicurato la massima collaborazione del citato Servizio, e, in particolare, delle Aziende sanitarie di Reggio Emilia, disponibili ad ogni iniziativa che, sulla base degli accertamenti in corso, si renda utile al fine di garantire la maggiore trasparenza in merito alla vicenda.
Relativamente alle iniziative adottate dal Ministero della Salute in tema di sicurezza delle cure o, meglio, di gestione del rischio clinico (Risk Management), va preliminarmente osservato che le cause degli eventi avversi in ambito clinico assistenziale sono o l'errore umano, cioè del professionista sanitario durante un intervento chirurgico o nella somministrazione di un farmaco o di una terapia, o l'errore causato da inefficienze organizzative del sistema sanitario.
Va tuttavia precisato che, pur in presenza di un sistema perfetto e di medici e personale altamente competenti, è impossibile eliminare del tutto la teorica possibilità dell'errore.
Nell'attuale mandato governativo, il Ministero della Salute, nella certezza che l'attivazione dei diversi livelli di responsabilità concorra al miglioramento della qualità dell'assistenza, ha già avviato le iniziative necessarie ad affrontare in maniera integrata i diversi aspetti della sicurezza dei pazienti con:
il monitoraggio degli eventi avversi;
l'emanazione di raccomandazioni;
le strategie di formazione;
il supporto per la gestione degli aspetti assicurativi e medico-legali.
In questa logica, opererà il «Centro di riferimento Nazionale sulla sicurezza dei pazienti», istituito per la prima volta in Italia nello scorso mese di dicembre, in accordo con quanto attuato in altri Paesi europei ed extraeuropei ed in linea con le indicazioni di tutti gli organismi internazionali che si occupano di sanità.
Sulla base del Patto sulla salute, sancito con l'intesa tra Governo e Regioni del 5 ottobre 2006, è stato concordato con le Regioni di pervenire alla stipula di un accordo sul Programma Nazionale per la promozione permanente della Qualità nel Servizio Sanitario Nazionale, che conterrà, tra l'altro, un capitolo dedicato al tema della sicurezza dei pazienti.
Relativamente al monitoraggio, è stato predisposto un sistema per l'allarme sui cosiddetti eventi sentinella, cioè quegli eventi di particolare gravità che, una volta segnalati, devono essere oggetto di immediate analisi e verifiche per comprenderne le relative cause; il modello, già pronto, dovrà essere applicato in tutti gli ospedali.
È stato, inoltre, messo a punto il «Sistema Informativo per il Monitoraggio degli errori in Sanità» (SIMES), che diventerà uno degli strumenti del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) e si stanno predisponendo una serie di indicazioni per la prevenzione degli errori nelle procedure, da diramare a tutte le ASL e agli ospedali.
In merito all'aspetto fondamentale della formazione degli operatori sanitari, sono stati infatti già elaborati diversi programmi e, soprattutto, uno specifico «Manuale di formazione sulla sicurezza e gestione del rischio clinico» a disposizione di tutti gli operatori italiani.
Va evidenziato, peraltro, che il problema della sicurezza deve essere affrontato con la partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati, in particolare pazienti e familiari.
Per questo obiettivo, sono in fase di realizzazione una serie di materiali informativi che saranno distribuiti negli ospedali e sono state avviate campagne di comunicazione rivolte ai cittadini sul rischio clinico e la sicurezza delle cure.
Non deve essere sottovalutato l'aspetto della comunicazione dell'errore, che è un diritto del paziente, un dovere delle organizzazioni sanitarie e rappresenta uno dei principali pilastri su cui costruire un approccio di sistema per la sicurezza dei pazienti e la gestione degli errori in sanità.
Al riguardo, è in via di pubblicazione da parte del Ministero della Salute una raccomandazione specifica sulla comunicazione
dell'errore, secondo criteri innovativi che sono in linea con gli indirizzi degli altri Paesi europei.
La questione degli aspetti medico legali ed assicurativi dovrà essere regolamentata con una legge che abbia come obiettivi principali, tra l'altro, la garanzia di percorsi rapidi per il risarcimento del danno ai cittadini, la previsione di assicurazioni obbligatorie di copertura dei danni da parte delle ASL e degli Ospedali e una più corretta segnalazione degli errori da parte degli operatori, prevedendo l'obbligatorietà della segnalazione ma garantendone contestualmente la riservatezza.
Sempre in tema di rischio, si sottolinea la realizzazione della «Prima conferenza europea sul risk management» promossa dal Ministero della Salute lo scorso mese di dicembre, che ha visto riuniti ad Arezzo i massimi esperti internazionali del settore per un proficuo scambio di esperienze e di linee di azione operativa.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Serafino Zucchelli.
RAITI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 26 febbraio 1987, n. 49 che disciplina la cooperazione internazionale dell'Italia prevede:
a) all'articolo 1, comma 5, che «gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo non possono essere utilizzati, direttamente o indirettamente, per finanziare attività di carattere militare»;
b) all'articolo 18, comma 1, che «il personale inviato all'estero per compiti di cooperazione [...] non può in alcun caso essere impegnato in operazioni di polizia o di carattere militare»;
c) all'articolo 34, comma 2, che i volontari in servizio civile o i cooperanti «in nessun caso possono essere impegnati in operazioni di polizia o di carattere militare»;
tali norme legislative potrebbero costituire un serio pregiudizio per missioni umanitarie da effettuare in aree dove sono in corso conflitti e dove a vario titolo sono presenti reparti militari delle nostre Forze Armate;
si segnala, a tal proposito, che la creazione di un apposito organismo presso il ministero della difesa, oltre a ovviare ad alcuni inconvenienti causati dalle disposizioni contenute nella predetta normativa, contribuirebbe a dare piena attuazione dell'articolo 11 della Costituzione -:
se non ritenga opportuno prevenire le limitazioni imposte dalle predette disposizioni legislative costituendo, presso il ministero della difesa, un comitato direttivo permanente ovvero una direzione generale civile, che si occupi esclusivamente di interventi umanitari, sia di carattere di cooperazione che di emergenza, a favore di popolazioni civili dei paesi in cui sono in corso conflitti;
se non ritenga opportuno che tale specifica struttura, che dovrebbe assumere carattere permanente, venisse formata, a livello dirigenziale e di coordinamento, solo da personale civile, proveniente dal mondo professionale e scientifico, con riconosciuta esperienza nel campo della cooperazione e delle emergenze umanitarie, e che operativamente inquadrasse i volontari del servizio civile, limitando l'impiego di personale o mezzi militari solo ad eccezionali necessità logistiche.
(4-01066)
Risposta. - L'interrogazione in esame nel citare la legge n. 49 del 1987 pone la questione dell'opportunità di «costituire presso il Ministero della Difesa un apposito organismo che si occupi esclusivamente di interventi umanitari, sia di carattere di cooperazione che di emergenza a favore delle popolazioni dei paesi in cui sono in corso conflitti».
In via preliminare, nell'esaminare la legge n. 49 del 1987, si rivela che il suo campo di applicazione è la sola cooperazione allo sviluppo e non la cooperazione internazionale in senso ampio.
Ciò premesso, all'articolo 1 di predetta norma sono indicate in maniera dettagliata e inequivocabile le attività proprie della
cooperazione allo sviluppo, nell'ambito delle quali sono programmati e realizzati gli interventi dell'Italia nei paesi in via di sviluppo, secondo priorità geografiche e settori definiti in una programmazione annuale sottoposta al controllo parlamentare.
Al fine di evitare un utilizzo non appropriato delle risorse umane e finanziarie dedicate all'attività di cooperazione allo sviluppo, all'interno della legge n. 49 del 1987 sono state previste alcune disposizioni ad hoc, riportate tra l'altro dall'interrogante nelle premesse (articolo 1, comma 5, articolo 18, comma 1 e articolo 34, comma 2).
Tali indicazioni permettono di differenziare il ruolo delle Forze armate da quello del personale preposto alla cooperazione, anche nei casi in cui le attività svolte dai predetti avvengano negli stessi contesti territoriali.
Ciò posto, non si ravvisa il paventato rischio che il dettato normativo della legge n. 49 del 1987 possa arrecare pregiudizio alle missioni umanitarie né tanto meno che possa impedire la piena attuazione dell'articolo 11 della Costituzione, concorrendo le attività di cooperazione allo sviluppo ai processi di democrazia e di pace presso i paesi beneficiari.
L'esigenza di un più efficace coordinamento fra l'azione militare e quella civile nel contesto delle «Operazioni di Supporto alla Pace» nelle quali esse sono coesistenti e sinergiche - come per l'Afghanistan - è fortemente avvertita e intensamente discussa in vari fori internazionali. Nella NATO, ad esempio, la tematica è attualmente dibattuta sia a livello dei meccanismi di cooperazione sul terreno che a livello di pianificazione strategica.
L'istituzione di un organismo presso il Ministero della difesa, per il coordinamento di interventi umanitari nei paesi in situazioni di conflitto, non è opportuna, in quanto gli ambiti di intervento militare e civile sono ben diversificati nelle loro finalità e modalità di azione.
Le stesse Organizzazioni umanitarie attive nei teatri di operazione non mancano spesso di sottolineare di ritenere funzionale ai propri compiti che la loro attività venga percepita dalle popolazioni beneficiarie come autonoma rispetto all'azione militare.
Si sottolinea, inoltre, che le attività inerenti i progetti di cooperazione sono nettamente distinte da quelle riconducibili nell'ambito delle Operazioni civili-militari (CMO), ossia di cooperazione civile-militare, la cui condotta è uno strumento di primaria importanza per accrescere la sicurezza della Forza in teatro e delle popolazioni presenti, guadagnare il consenso e, auspicabilmente, l'appoggio della popolazione e delle Autorità locali.
Gli interventi di cooperazione politico-militare si manifestano attraverso opere di assistenza umanitaria, concorso alla ricostruzione, supporto logistico e consulenza nel ripristino delle istituzioni statali e per facilitare il processo di normalizzazione civile.
In tale contesto, non sussiste né può sussistere alcuna commistione di autorità e risorse finanziare tra i due Dicasteri interessati, gli Esteri per i progetti di cooperazione e la Difesa per le CMO. Ritenendo comunque auspicabile un raccordo civile-militare sempre più efficace, in un'ottica di «sistema» che favorisca le sinergie.
Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.
RAMPELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 20 gennaio 2006 l'interrogante ha appreso la notizia di un grave episodio di intimidazione avvenuto in Istria ai danni della comunità italiana;
secondo quanto riferisce Il Piccolo del 16 gennaio, in località Sissano, un piccolo villaggio nei pressi del comune di Lisignano, un gruppo di ragazzi ha danneggiato e imbrattato la sede locale della Comunità degli Italiani, ristrutturata di recente anche grazie al sostegno finanziario del governo italiano e dall'Università Popolare di Trieste;
la notizia è stata poi opportunamente divulgata dal coordinatore della Mailing List Histria - MLH, un gruppo di discussione
presente da qualche anni sul web al fine di preservare e tutelare l'identità culturale istriana, fiumana e dalmata;
il gesto intimidatorio, di chiara matrice nazionalista, è solo l'ultimo - in ordine di cronaca - di una lunga serie di atti vandalici nei confronti della minoranza italiana residente in Croazia -:
se non ritenga opportuno contattare con urgenza - anche per il tramite del Ministero degli esteri - il Ministro dell'interno del governo croato, signor Ivica Kirin, affinché prenda gli opportuni provvedimenti nei confronti dei responsabili di questi continui episodi di violenza nonché le necessarie iniziative per tutelare la sicurezza degli italiani residenti in Istria.
(4-02317)
Risposta. - L'atto vandalico nei confronti del Palazzo della «Comunità degli Italiani» (ristrutturato pochi anni fa grazie alle sovvenzioni del Governo Italiano per il tramite dell'Unione Italiana e dell'Università Popolare di Trieste) di Sissano, piccolo borgo del Comune di Lusignano, si è verificato nella notte del 14 gennaio scorso. Secondo le prime ricostruzioni, i responsabili si sarebbero arrampicati fino al tetto distruggendo diverse tegole e mandando in frantumi anche una vetrata. La facciata del Palazzo è stata inoltre imbrattata con una frase volgare di chiara connotazione nazionalista. In base ad una prima stima i danni ammonterebbero a circa 8 mila euro. I responsabili non sono stati ancora individuati (diversamente da quanto affermato dal «Piccolo» nell'edizione del 16 gennaio u.s.).
Il Presidente della Comunità degli Italiani di Sissano, Paolo Demarin, ha denunciato il fatto alle Autorità di Polizia. Sia il Presidente della Giunta Esecutiva dell'Unione Italiana, Maurizio Tremul, che l'On. Furio Radin - il quale siede nel Parlamento croato in rappresentanza della Minoranza italiana e mantiene rapporti costanti con le nostre rappresentanze diplomatico-consolari in loco, hanno fatto appello alle Autorità croate affinché i responsabili vengano prontamente individuati ed assicurati alla giustizia.
Come noto, nell'Istria croata si concentra la più larga parte della nostra Minoranza autoctona in Slovenia e Croazia (oltre 25.000 persone su 30.000 complessive). La tutela della nostra Minoranza è oggetto di costante attenzione da parte di questo Ministero, per il tramite delle sue rappresentanze diplomatico-consolari.
Va peraltro segnalato come nella Regione Istriana viga il bilinguismo amministrativo italiano-croato. Numerose municipalità istriane hanno adottato nei propri statuti comunali il bilinguismo integrale (18 complessivamente, tra cui Pola, Rovigno, Buie, Umago, Cittanova, Dignano, Parenzo). Inoltre, va ricordato come l'attuale Governo croato, guidato dal Primo Ministro Ivo Sanader, leader dell'HDZ (Comunità Democratica Croata), benefici dell'appoggio esterno dell'On. Radin, parlamentare eletto in rappresentanza della Minoranza. Ciò a seguito della firma di un accordo di programma contenente precise garanzie da parte croata in materia di tutela della nostra Minoranza.
Il sostegno a favore della Minoranza si articola attraverso una serie di disposizioni nomiative - Legge 193/2004, Leggi 72 e 73 -, per un ammontare annuale, nel triennio 2004-2006, di 4.560.000,00 euro. A tale strumento va aggiunto l'impegno finanziario, attualmente di 2.674.000,00 euro, a favore dell'Università Popolare di Trieste che opera nell'interesse della Comunità italiana nell'intera ex Jugoslavia (di cui alla legge 960/82).
La Regione Friuli-Venezia Giulia, dal canto suo, contribuisce con un'erogazione di 1.032.913,00 euro a favore della nostra Minoranza in applicazione alla legge Regionale 79/1978.
Nel quadro di una particolare attenzione della Farnesina verso l'Istria e in un'ottica di graduale rafforzamento della presenza nei territori di tradizionale insediamento italiano, sono stati aperti due Vice Consolati Onorari nel 2004, a Pola, principale città istriana e a Buie, centro dell'ex Zona B. In Istria si indirizza una ampia quota delle risorse finanziarie che l'Italia dedica
alla tutela della propria Minoranza autoctona (circa 8 milioni di euro annui).
Rilevo peraltro che l'atto parlamentare in parola fa riferimento al fatto che una serie di episodi, lesivi dei diritti fondamentali della persona e delle minoranze, siano da porre in riferimento, direttamente o indirettamente, al processo di adesione della Croazia all'Unione Europea. Il Consiglio Europeo di Copenhagen (1993) ha esplicitamente affermato che il pieno rispetto di tali diritti, ed in tale ambito la tutela delle minoranze, è un criterio fondamentale per stabilire l'idoneità di Paesi potenziali candidati a far parte dell'Unione.
Segnalo, infine, che l'argomento sarà oggetto di specifico approfondimento nel quadro del negoziato di adesione della Croazia (capitolo 23) e che in tale contesto non si mancherà di svolgere una puntuale azione di sensibilizzazione, affinché da parte croata venga assicurato un rigoroso rispetto dell'acquis comunitario.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
REALACCI. - Al Ministro della salute, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il carcinoma polmonare è una neoplasia la cui incidenza e mortalità sono in aumento in tutto il mondo e, nel corso dell'ultimo decennio, questa neoplasia è diventata uno dei principali problemi sociosanitari dei paesi industrializzati e segue in modo diretto l'epidemia del fumo di tabacco. Le stime più recenti sull'incidenza nel mondo, parlano di circa un milione di nuovi casi/anno, con tassi per 100.000 abitanti che variano molto da un'area geografica all'altra, in rapporto alle variazioni temporali del consumo di tabacco;
nei paesi occidentali, il carcinoma polmonare è la prima causa di morte per tumore maligno negli uomini di età superiore ai 35 anni e la terza nelle donne fra 35 e 70 anni. In entrambi i sessi l'incidenza maggiore si osserva nella fascia di età compresa tra i 35 e i 70 anni, con picco tra i 55 e i 65. Negli stati membri dell'Unione Europea, il tumore polmonare rappresenta negli uomini il 21 per cento di tutti i casi di neoplasia e il 29 per cento di tutte le morti per cancro; nelle donne tali percentuali sono rispettivamente dell'8 e del 4 per cento. Purtroppo, una valutazione delle tendenze della mortalità per cancro del polmone in Europa, indica un aumento atteso del 10-15 per cento ogni 5 anni per il sesso maschile e del 15-30 per cento per quello femminile;
negli Stati Uniti il tumore polmonare rappresenta la prima causa di morte per tumore maligno nella donna (superamento della mortalità per carcinoma mammario dal 1987); l'andamento dell'incidenza è, attualmente, esponenziale e parallelo a quanto rilevato nel sesso maschile, ma, rispetto a questo, ritardato nel tempo di circa 20 anni; esattamente il periodo necessario affinché la donna iniziasse l'abitudine al fumo come l'uomo. Dati recenti, che riguardano in particolare alcune zone degli Stati Uniti, parrebbero indicare che la tendenza al continuo incremento si stia arrestando;
per motivi culturali e sociali, l'abitudine al fumo, nella popolazione femminile europea, italiana in particolare, è iniziata in ritardo rispetto agli Stati Uniti; tuttavia, dai dati epidemiologici riportati sopra, risulta chiaro che, anche in Europa, in assenza di campagne informative, educative e di prevenzione efficaci, nel prossimo futuro assisteremo al realizzarsi dello stesso evento;
alcuni studi sembrano suggerire una maggiore suscettibilità della donna ai cancerogeni derivanti dalla combustione della sigaretta. Da tali studi è possibile evincere che le donne con tumore del polmone, rispetto agli uomini con la stessa neoplasia hanno: fumato meno (31 versus 52 pacchetti/anno), frequentemente mai fumato, sono più giovani, e tendono a sviluppare un adenocarcinoma. Questi studi dimostrano
che, a parità di abitudine al fumo, la donna ha un rischio di sviluppare un tumore del polmone che è da 1,2 a 1,7 volte maggiore rispetto all'uomo. Il problema del tumore del polmone nella donna è una attualità, e poco è possibile dedurre dal passato dove questa neoplasia era di scarsissimo rilievo epidemiologico e clinico;
esistono tuttavia, fra i due sessi, differenze biologiche, ormonali, genetiche che possono essere alla base di una diversa suscettibilità a sviluppare tumori del polmone;
le differenze biologiche consistono in un diverso metabolismo della nicotina nella donna rispetto all'uomo oltre ad una serie di complesse interazioni fra cancerogeni del tabacco e fattori biologici, genetici ed ormonali che possono, verosimilmente, spiegare le differenze nel rischio di sviluppare un tumore del polmone che esistono fra uomo e donna. Tuttavia, la natura precisa di queste interazioni è, tutt'ora, oggetto di studi in corso;
è opinione universalmente condivisa che porre la donna al centro di campagne di informazione e prevenzione primaria rappresenti il mezzo più efficace per il futuro controllo di questa neoplasia nel nostro continente. La donna affronta con maggiore consapevolezza «i problemi di salute»: i programmi di prevenzione, screening e diagnosi precoce che hanno visto la centralità della donna hanno, frequentemente, esitato in successi. La donna, inoltre, ha un rapporto peculiare con l'altra fascia a rischio: i giovani. Dati epidemiologici dimostrano che l'abitudine al fumo dei genitori condiziona fortemente il comportamento dei figli: tuttavia, il comportamento della madre sembra essere un fattore critico: sono più numerosi i figli fumatori di sole madri fumatrici (31,3 per cento) che non di padri fumatori (22 per cento). Questa influenza è più forte in caso di figlie femmine che aumentano del 15 per cento se a fumare è la madre rispetto al padre;
partendo da questi presupposti, è stata costituita un'associazione AIDA, nata per iniziativa di un gruppo di professioniste, che da tempo affrontano le problematiche inerenti la patologia polmonare neoplastica nel sesso femminile, e che hanno ritenuto importante concretizzare le proprie idee in una associazione che possa servire da mezzo per divulgarle e renderle note nel nostro paese. In particolare, recentemente AIDA, ha organizzato un convegno per sottolineare come sia fondamentale, nel settore della prevenzione primaria, la programmazione di campagne informative ed educative dirette alla popolazione femminile e con una specifica enfasi nei confronti dei giovani;
l'educazione nelle scuole, inoltre, può rappresentare un importante passo per la prevenzione della malattia, che vede nell'abitudine al fumo uno dei principali fattori di rischio -:
quali iniziative intendano mettere in campo sul fronte dell'informazione, dell'educazione, della prevenzione e della ricerca rispetto a questa grave patologia, ponendo la donna al centro dell'attenzione per il ruolo che essa svolge nella società e nella famiglia.
(4-01759)
Risposta. - A completamento del quadro epidemiologico riportato dall'interrogante, riferito soprattutto ai dati relativi all'Unione europea e agli Stati Uniti, si precisa che, per l'Italia, l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha segnalato che nel periodo 1970-2010 si osserva per gli uomini una decisa riduzione della mortalità e dell'incidenza di nuovi casi già a partire dagli anni `90, più precoce e più accentuata nelle regioni del Centro-Nord (dove i livelli erano storicamente più alti) rispetto al Meridione.
Tale inversione di tendenza è senz'altro frutto delle campagne di prevenzione e degli interventi legislativi di regolamentazione del fumo che si sono susseguiti a partire dagli anni '70 e che hanno provocato una notevole riduzione del numero di fumatori.
Nelle donne tali iniziative sicuramente non hanno prodotto l'inversione di tendenza osservata nel sesso maschile, in quanto i livelli di mortalità e incidenza dei tumori sono ancora molto inferiori rispetto
a quelli riscontrati negli uomini, anche se tale forbice si va riducendo.
In particolare, nel 2005 per il tumore del polmone è stato stimato un tasso di incidenza grezzo pari a 97 per 100.000 negli uomini, contro circa il 23 per 100.000 nelle donne (Tabella allegata disponibile presso il Servizio Assemblea).
Per lo stesso anno si stima che la mortalità per tumore del polmone nelle donne risulti ancora inferiore a quella per il tumore della mammella (8500 decessi contro 5500 circa rispettivamente), ma che abbia abbondantemente superato quella per tumore dello stomaco (3070 decessi attesi), divenendo la terza causa di morte nell'ambito delle patologie tumorali, dopo mammella e colon-retto.
I dati epidemiologici rilanciano l'opportunità di realizzare azioni di informazione e sensibilizzazione sui danni da fumo di sigaretta, mirate in modo specifico al mondo femminile.
Questo Ministero ha istituito un tavolo di lavoro interministeriale per la definizione di un piano denominato «Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari», che ha l'obiettivo, nel breve periodo, di migliorare le condizioni di vita dei cittadini e, nel lungo periodo, di ridurre il peso delle malattie croniche sulla società e sul sistema sanitario, attraverso interventi sui principali fattori di rischio, fra i quali il fumo di tabacco.
Le strategie d'indirizzo e l'ipotesi d'intervento sono la protezione dal fumo passivo, la prevenzione dell'iniziazione a1 fumo dei giovani e l'aiuto alla disassuefazione dal fumo.
Sono pertanto previste azioni di intersettorialità con altre Amministrazioni statali (Ministeri della pubblica istruzione, dell'economia e delle finanze, politiche per la famiglia), con le Regioni, le aziende sanitarie locali, le società scientifiche, gli operatori sanitari e le associazioni di categoria.
Si segnala, inoltre, che in data 2 febbraio 2007 il Ministro della salute ha insediato la «Commissione consultiva sulle dipendenze patologiche», costituita con l'obiettivo di mettere a punto un piano d'azione per il 2007 per contrastare non solo l'uso di droghe, ma anche l'uso e l'abuso di sostanze legali (alcool, fumo, psicofarmaci) che provocano forme di dipendenza comportamentale e conseguenti danni alla salute.
La Commissione, rappresentativa dei soggetti istituzionali e scientifici e degli operatori sociali che si occupano ai vari livelli di tali problematiche, interverrà in ambiti diversi, quali, tra gli altri, l'educazione alla salute, la prevenzione secondaria e terziaria, la formazione degli operatori sanitari, l'individuazione dei livelli essenziali di assistenza da garantire ai soggetti affetti da forme di dipendenza patologica e le linee d'indirizzo, d'intesa con le Regioni, sulla organizzazione dei servizi socio-sanitari sul territorio.
Nel quadro di una collaborazione interministeriale, i Ministri della salute e della pubblica istruzione in data 5 gennaio 2007 hanno siglato un Protocollo d'intesa mirato alla prevenzione delle patologie croniche e a contrastare alcuni fenomeni tipici dell'età giovanile, da realizzarsi attraverso interventi di educazione alla salute, allo scopo di diffondere la cultura della salute e di migliorare la qualità della vita delle giovani generazioni.
L'Iss è impegnato da anni nella lotta al tabagismo attraverso l'Osservatorio fumo, alcol e droga, istituito con gli obiettivi di programmare interventi a carattere nazionale che affrontino il tema del «fumo» in chiave strategica, di integrare le competenze istituzionali, di monitorare gli interventi effettuati e valutare il raggiungimento dei risultati.
Da sei anni è attivo, presso l'Osservatorio, il Telefono verde contro il fumo (TVF) 800554088, un servizio di counselling telefonico sulle problematiche legate al fumo di tabacco, finalizzato a dare informazioni scientifiche sugli effetti prodotti dal tabacco, sulle terapie possibili e sugli aspetti legislativi, fornire notizie sui centri antifumo presenti nel territorio nazionale, orientare l'utente a riconoscere le risorse personali, familiari e territoriali, realizzare campagne di sensibilizzazione, sostenere e facilitare un lavoro di rete tra i servizi e svolgere attività di formazione e di ricerca.
Il servizio è rivolto a tutta la popolazione, e, in particolare, ai fumatori e ai loro familiari per indirizzarli e sostenerli nel percorso di dissuasione dall'abitudine del fumo, ai non fumatori per indicare le forme di tutela dal fumo passivo, agli operatori socio sanitari per fornire materiale scientifico, informativo e divulgativo ed alle istituzioni per programmare interventi di prevenzione e promozione della salute.
Il Tvf è in costante contatto con i servizi sanitari, in particolare con i centri antifumo del Servizio sanitario nazionale, quali necessari interlocutori per un lavoro coordinato di rete che viene costantemente aggiornato.
L'Osservatorio è impegnato su più fronti anche nella produzione e continua distribuzione di materiale informativo, sul quale si forniscono le opportune precisazioni.
Sul fronte dell'informazione/prevenzione attraverso:
una guida pratica per smettere di fumare «Smettere di fumare......una questione che mi sta a cuore» che è uno strumento che fornisce indicazioni, consigli e strategie per chi vuole smettere di fumare, offrendo un percorso personalizzato, basato su evidenze scientifiche;
le Linee guida cliniche per promuovere la cessazione dell'abitudine al fumo, rivolte a tutti gli operatori sanitari, ma in particolar modo ai medici di medicina generale che, per il rapporto privilegiato che possono instaurare con i propri assistiti, hanno l'opportunità di realizzare, nel corso della loro attività ambulatoriale, brevi interventi mirati a tale obiettivo. Le Linee guida, pubblicate per la prima volta nel 2002, sono state pubblicate in una seconda edizione, di aggiornamento della precedente;
le Carte del rischio per broncopneumopatia cronica ostruttiva e tumore al polmone, per fornire alla popolazione la consapevolezza dei danni causati dall'abitudine al fumo, e ai medici uno strumento efficace per quantificare il rischio dello sviluppo, tra i propri pazienti, delle patologie correlate al tabagismo. Sulla base della carta del rischio, infatti, è possibile stimare, in base al numero di sigarette fumate quotidianamente, all'età ed al sesso, il rischio di sviluppare, nei successivi 10 anni di vita, una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) o un carcinoma polmonare.
Sul fronte dell'educazione/prevenzione attraverso la distribuzione di materiali didattici alle scuole primarie e secondarie:
agli studenti delle scuole medie inferiori (ultime 2 classi) e superiori, di età compresa tra i 14 ed i 19 anni, è rivolto il kit «Venditori di fumo», che avvalendosi di materiale multimediale, ha l'obiettivo di sensibilizzare e avvicinare i giovani alle problematiche connesse al tabagismo. L'iniziativa, partita già da un anno, continua con l'invio del materiale alle scuole che ne fanno richiesta.
I materiali didattici possono essere inseriti all'interno di progetti che gli insegnanti realizzano nella propria scuola; la possibilità di avere a disposizione del materiale gratuito e specifico può facilitare l'insegnante a sviluppare la progettazione dell'intervento nelle sue diverse fasi. Il percorso didattico proposto all'interno del kit si basa su un approccio educativo attivo e partecipativo, dove la flessibilità dell'uso del materiale serve proprio per costruire itinerari calibrati sul tipo di scuola ed integrati nell'attività didattica, con una particolare attenzione al lavoro di gruppo quale strategia partecipativa di apprendimento.
Alle scuole elementari invece è indirizzato il kit antifumo «fumotto» che costituisce uno strumento semplice e divertente, che ha lo scopo di informare e sensibilizzare i più piccoli, attraverso un linguaggio fatto prevalentemente di immagini, sui danni che il tabacco provoca alla salute e soprattutto ad alcuni organi (cuore, polmoni, ecc.).
Sul fronte della ricerca/prevenzione attraverso:
il progetto Mild (Multicentric italian lung cancer detection) promosso dall'Istituto
nazionale tumori di Milano in collaborazione con l'Iss ed esteso a tutto il territorio italiano, per offrire ai fumatori un programma di prevenzione della mortalità da cancro del polmone correlata all'abitudine al fumo; si rivolge a persone ad alto rischio di tumore polmonare (forti fumatori o ex-fumatori che abbiano smesso di fumare da meno di dieci anni, di età compresa tra i 49 e i 75 anni).
Il Mild prevede, oltre ad una attività di prevenzione primaria e secondaria, anche una attività di ricerca sui marcatori biologici. La ricerca svolta sui campioni di sangue e sul respiro, rivolta alla caratterizzazione biologica individuale, consente sia di riconoscere precocemente forme pre-tumorali sia di individuare chi è predisposto geneticamente ad ammalarsi di tumore, personalizzando l'intervento diagnostico secondo le caratteristiche individuali, con minore sofferenza per il paziente.
Da quanto sopra precisato emerge che la lotta al fumo è un tema di assoluta centralità nell'ambito delle politiche sanitarie del Paese e costituisce un impegno concreto dell'attività del Ministero della salute.
Al riguardo, si segnala come l'istituzione del Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm), struttura creata con l'obiettivo di attuare interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica, ha dato ulteriore impulso all'azione di prevenzione del tabagismo.
Gli ambiti specifici di intervento della Direzione operativa del Ccm, ricomprendono, nell'ambito della promozione degli stili di vita, la prevenzione dei danni alla salute dovuti all'esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco.
È stata elaborata una «Strategia per la prevenzione dei danni del fumo», che definendo gli ambiti di azione a livello nazionale e locale, evidenzia la necessità di un approccio al problema «fumo» non esclusivamente sanitario, ma che tenga anche conto degli aspetti sociali, economici, ambientali; è necessaria, inoltre, la cooperazione e il coordinamento con le altre istituzioni e amministrazioni.
La strategia prevede lo sviluppo di azioni a tre livelli: sui «fumatori passivi» a tutela della loro salute, sui «non fumatori» per evitare l'iniziazione al fumo e sui «fumatori attivi» per favorire la disassuefazione, con l'obiettivo finale di diminuire l'incidenza della mortalità e delle patologie fumo correlate.
È stata affidata alle Regioni Emilia Romagna e Veneto, rispettivamente, la realizzazione di un piano nazionale di formazione sul tabagismo, rivolto ai referenti della programmazione regionale e agli operatori pubblici e del privato sociale, e lo sviluppo di un'azione di supporto alle disposizioni legislative in materia di tutela dei non fumatori, attraverso l'attività di monitoraggio dell'applicazione delle stesse da parte delle Aziende Sanitarie.
Relativamente alla particolare attenzione al mondo femminile, è stata di recente stipulata una convenzione fra il Ccm e la Regione Veneto, per la diffusione a livello nazionale di un progetto per prevenire l'abitudine al fumo e per favorirne la dissuasione, rivolto alle donne in età fertile o in gravidanza.
Tale progetto prevede una specifica formazione al counselling antitabagico delle ostetriche e degli altri operatori sanitari che, nei più diversi contesti, si relazionano con il «pianeta donna» e con le relative specificità di salute e benessere.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
RIVOLTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia, attraverso la Protezione Civile, la cooperazione diretta e la cooperazione decentrata, è intervenuta con ingenti fondi economici per contribuire alla ricostruzione delle infrastrutture edilizie, economiche e sociali dei Paesi colpiti dallo tsunami nello scorso dicembre 2005;
una gran parate di questi aiuti hanno avuto come destinazione lo Sri Lanka, Paese oggetto anche di una sanguinosa guerriglia locale e teatro di atti di terrorismo;
è condivisa volontà del Governo e del Parlamento attuare gli interventi necessari nel rispetto di usi e abitudini locali e, soprattutto, con la tutela della salute delle popolazioni oggetto degli interventi -:
se il Ministro è a conoscenza del fatto che per alcuni interventi di cooperazione, ed in modo particolare quelli realizzati attraverso fondi della Provincia di Milano, nella costruzione di scuole in località Negombo e nella ricostruzione di case nel villaggio di Kalamulla, entrambi in Sri Lanka, sia stata usato amianto, addirittura in grandi quantità, per tetti e pavimenti;
se al Ministro risulta che rappresentanti delle ONG coinvolte abbiano chiesto l'intervento di rappresentanti del Governo dello stesso Sri Lanka per l'inaugurazione degli edifici e che ciò non sia stato ottenuto proprio come forma di protesta di tale Governo contro l'utilizzo di materiali pericolosi nella costruzione degli edifici.
(4-02663)
Risposta. - L'intervento citato dall'interrogante, mirato alla costruzione di scuole in località Negombo e alla ricostruzione di case nel villaggio di Kalamulla, è stato attivato e portato avanti dalla Regione Lombardia quale iniziativa autonoma, senza alcun finanziamento da parte del Ministero degli affari Esteri - Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
SANGA, MISIANI e LOCATELLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane i cittadini di numerosi comuni della Valle Brembana (Provincia di Bergamo) hanno segnalato alle loro Amministrazioni comunali le pesanti riduzioni di orari di apertura degli Uffici postali causate dall'ennesima riorganizzazione che Poste Italiane SpA sta attuando;
la popolazione residente nei piccoli paesi di montagna è prevalentemente costituita da persone anziane, molto spesso non munite di automezzi;
i cittadini di questi paesi trovano negli uffici postali uno dei pochi servizi pubblici di cui possono beneficiare non solo per le abituali operazioni postali ma, in special modo per la riscossione delle pensioni e per i depositi di risparmio;
quasi nessuno dei comuni di piccole dimensioni dispone di uno sportello bancario e, pertanto, l'ufficio postale diventa un punto di riferimento indispensabile, soprattutto oggi che, da parte di Poste Italiane, sono stati attivati nuovi e importanti servizi all'utenza;
le poste rappresentano per i territori montani risposte e servizi essenziali sia ai bisogni di una popolazione che ha maggior difficoltà a spostarsi, sia alle imprese che operano in questi territori fortemente disagiati;
interi paesi con economia prevalentemente turistica rimarrebbero fortemente penalizzati dalla chiusura a giorni alterni di tali uffici e i conseguenti disagi sarebbero aggravati dalla limitatezza dei collegamenti di trasporto pubblico;
la tutela e il rispetto dei cittadini e la valorizzazione dell'economia montana vanno perseguite con una politica che sappia coniugare i parametri «aziendali» di gestione delle Poste con la necessità di mantenimento in forma capillare sul territorio dei servizi svolti dagli Uffici postali;
si ravvisa l'importanza di mantenere sul territorio un servizio pubblico efficiente e di garantire il ruolo sociale che questa impresa pubblica è chiamata a svolgere in tutte le zone d'Italia, in particolare in quelle meno favorite dalla concentrazione delle attività;
si evidenzia che se dovesse prevalere da parte di Poste Italiane una logica meramente «aziendalistica» i piccoli comuni, che rappresentano il 72 per cento dei comuni italiani, potrebbero ritrovarsi
senza uffici postali, incrinando così il ruolo istituzionale svolto da Poste Italiane attraverso l'offerta di servizi essenziali e la raccolta del risparmio dei cittadini;
le organizzazioni sindacali hanno espresso a più riprese il disagio per la politica adottata dalla direzione provinciale di Bergamo di Poste Italiane -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per evitare che queste «riorganizzazioni» messe in atto da parte di Poste Italiane interferiscano gravemente con la qualità di vita dei cittadini che risiedono nei comuni della Valle Brembana e, più in generale, nei piccoli comuni montani della Provincia di Bergamo.
(4-02086)
Risposta. - Si ritiene opportuno ricordare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni (delibera CIPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale che rientrano nell'ambito dell'autonomia della società, cui, tra l'altro, spetta l'individuazione degli uffici postali, del numero degli sportelli, delle risorse e delle modalità tecniche necessarie per materie che rientrano nell'ambito dell'autonomia della società, la quale, tuttavia, è tenuta ad impostare i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità del servizio paragonabili a quelli degli altri Paesi europei.
Al Ministero delle comunicazioni - quale Autorità di regolamentazione del settore postale -, ai sensi del decreto legislativo n. 261 del 1999 come modificato dal decreto legislativo n. 384/03, spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale.
L'obbligo di fornire il servizio universale «in tutti i punti del territorio secondo criteri di ragionevolezza» ai sensi dell'articolo 3, del decreto legislativo n. 261 del 1999, pur con l'individuazione delle «particolari situazioni delle isole minori e delle zone rurali e montane» di cui al decreto legislativo n. 384 del 2003, si è dimostrato non idoneo a conseguire una oggettiva valutazione della diffusione e della razionale localizzazione sul territorio nazionale dei punti di accesso alla rete postale pubblica ed, in particolare, degli uffici postali.
Per superare tale criticità sono state comparate le vigenti norme del settore postale con quelle relative agli altri Paesi dell'Unione Europea individuandone i criteri adottati per la determinazione dei punti di accesso alla rete postale pubblica.
Nel nuovo contratto di programma 2006-2008 - in corso di approvazione - si intende garantire l'efficienza del servizio postale senza ridurre la capillarità della rete soprattutto nei centri più piccoli e nelle aree geograficamente svantaggiate, prevedendo, d'intesa con Poste Italiane s.p.a., sentito il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, i parametri relativi alla distribuzione degli uffici postali e del servizio sul territorio, nonché, gli orari di apertura degli sportelli in relazione alle effettive prestazioni richieste dalla clientela ed ai tempi di erogazione del servizio.
In tale ottica è in fase di istituzione un tavolo di confronto con la medesima società Poste Italiane ed i rappresentanti delle istituzioni locali e dell'utenza al fine di affrontare tutte le problematiche connesse alla rimodulazione degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali e di individuare soluzioni che, pur tenendo conto dell'esigenza aziendale di mantenere l'equilibrio economico, risultino adeguate a soddisfare le richieste dell'utenza nei diversi contesti e situazioni locali.
Tutto ciò premesso in linea generale, riguardo alle iniziative di razionalizzazione realizzate da Poste Italiane s.p.a. nei confronti degli uffici postali ubicati nei comuni della Val Brembana, la società Poste - interessata al riguardo - ha comunicato quanto segue.
La rimodulazione degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali connessa alla riorganizzazione del servizio di recapito a seguito del superamento della figura dell'operatore polivalente, ha interessato solamente
undici dei trentotto Comuni di Averara, Carona, Foppolo, Fondra, Mezzoldo, Moio dè Calvi, Omica, Valleve, Valnegra, Peghera e Valtorta.
Secondo quanto riferito, nell'ambito di tale rimodulazione dell'assetto organizzativo aziendale è stata prevista la riorganizzazione degli uffici postali gestiti da operatori polivalenti che svolgono, durante la giornata lavorativa, sia la prestazione di sportello sia quella di recapito. La rimodulazione prevede una diversa articolazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici postali coinvolti, nel rispetto dei reali volumi di traffico registrati. Per effetto di tale processo può verificarsi che detti uffici postali, anziché essere aperti per poche ore al giorno, garantiscono, limitatamente ad alcuni giorni della settimana, un servizio a tempo pieno, mantenendo e, in taluni casi, aumentando, il numero di ore di apertura al pubblico nell'arco della settimana.
Nel caso dei Comuni in esame - stando a quanto comunicato - il provvedimento adottato a partire dai mesi estivi dello scorso anno, non ha determinato variazioni significative nell'offerta dei servizi. Si è passati dall'apertura quotidiana degli uffici postali limitata a poche ore, al tempo parziale verticale articolato su tre giorni a settimana con orario pieno (dal lunedì al venerdì 8,30-14,00 ed il sabato fino alle ore 12,30).
A completamento d'informazione la concessionaria ha precisato che, al fine di non arrecare disagio alla popolazione, il nuovo assetto organizzativo - concordato preliminarmente con i Sindaci dei Comuni interessati - garantisce, grazie all'alternanza dei giorni di chiusura degli uffici postali, la presenza di un ufficio postale aperto a pochi chilometri di distanza da un ufficio postale chiuso.
La società Poste Italiane ha, infine, reso noto che gli uffici postali di Vedeseta e Roncobello, appartenenti alla medesima comunità montana, pur non essendo gestiti in passato da operatori polivalenti, a far data dal 4 dicembre 2006, sono stati interessati dal medesimo provvedimento di rimodulazione, a causa degli scarsissimi flussi di traffico registrati (circa dieci operazioni al giorno).
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
SGOBIO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'ipotesi di tagliare gli uffici postali dislocati nei piccolissimi comuni del nostro Paese, causata dalla scarsità del lavoro in centinaia di piccolissimi comuni, dove, secondo Poste Spa, garantire il servizio non avrebbe ritorni economici accettabili, sta sollevando numerose reazioni di sindacati, partiti politici e associazioni che, giustamente, si sono detti contrari a privare il territorio di una presenza così importante;
a parere dell'interrogante, nei piccoli comuni d'Italia, gli uffici postali sono spesso l'unico servizio pubblico di cui dispongono e come tali rappresentano un presidio essenziale per lo sviluppo e il futuro del territorio -:
se non ritenga opportuno e urgente intervenire presso i soggetti interessati, nell'intento di scongiurare quanto deciso dai vertici aziendali, che, attraverso il suddetto processo di rimodulazione rischia di privare moltissimi cittadini italiani di un importante ed essenziale servizio pubblico, senza dubbio, per molti di loro, il più immediato collegamento con il mondo esterno.
(4-01507)
Risposta. - Si ritiene opportuno premettere che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni (delibera CIPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale, anche sotto il profilo della gestione del personale, materie che rientrano nell'ambito dell'autonomia della società, la quale, tuttavia, è tenuta ad impostate i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento
dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità adeguati.
Al Ministero delle comunicazioni - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale, tra i quali è previsto quello di assicurare che tale servizio venga effettuato su tutto il territorio nazionale secondo criteri di ragionevolezza.
Tale indeterminatezza normativa - sia a livello comunitario (direttiva 97/67/CE), sia a livello nazionale (decreto legislativo n. 261/1999 di recepimento della predetta direttiva) - in merito alla indicazione di criteri puntuali di accesso alla rete postale ed alla distribuzione degli uffici sul territorio non ha consentito finora di intraprendere azioni efficaci circa il rispetto degli obblighi di fornitura del servizio universale.
Per il superamento della problematica il Ministero ha condotto uno studio analitico e comparativo delle normative di regolamentazione del settore postale negli altri Paesi dell'Unione europea con particolare riferimento ai criteri adottati per la determinazione dei punti di accesso alla rete postale pubblica.
Ciò al fine di poter disporre di ogni utile elemento per l'adozione di un futuro provvedimento volto a regolamentare in maniera certa la dislocazione sul territorio degli uffici postali e delle cassette postali.
Relativamente alla questione in esame si significa che nel nuovo contratto di programma, in corso di approvazione, si intende garantire l'efficienza del servizio postale senza, tuttavia, intaccare la capillarità della rete soprattutto nei centri più piccoli e nelle aree geograficamente svantaggiate. In particolare lo schema di contratto di programma prevede che siano individuati - nel periodo di vigenza del contratto - d'intesa con la società, e sentito il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, i parametri relativi alla distribuzione degli uffici postali e dei servizi sul territorio, l'orario di apertura degli sportelli in relazione alle prestazioni richieste ed ai tempi di erogazione del servizio, in coerenza con gli impegni assunti dalla società Poste nella Carta della qualità.
In tale ottica è in fase di istituzione un tavolo di confronto con la società Poste stessa ed i rappresentanti delle istituzioni locali e dell'utenza al fine di affrontare tutte le problematiche connesse alla rimodulazione degli orari di apertura del pubblico degli uffici e di individuare soluzioni che, pur tenendo conto dell'esigenza della società di mantenere l'equilibrio economico, risultino adeguate a soddisfare le richieste dell'utenza nei diversi contesti e situazioni locali.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
SCOTTO e IACOMINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il presidio ospedaliero «A. Maresca» di Torre del Greco è l'unica struttura ospedaliera dell'area vesuviana costiera immediatamente a sud di Napoli con un bacino di utenza di circa 300.000 abitanti e rientra nell'ambito dell'A.S.L. NA 5;
il PO Maresca versa in gravi condizioni per una serie di motivi tra i quali si segnalano:
numero di posti letto non adeguato al bacino di utenza (l'ospedale possiede n. 112 posti letto di cui solo 24 per la medicina);
assenza sul territorio di assistenza sociale e sedi appropriate di accoglienza per senza tetto, gracili mentali, portatori di handicap, eccetera;
area di emergenza in condizioni di totale abbandono, con aumento del rischio personale/professionale;
in particolare, per quest'ultimo settore, che svolge un compito estremamente delicato per la salute pubblica, si segnalano le seguenti gravi deficienze:
carenza di personale sanitario e parasanitario con grave carico di lavoro, difficoltà del personale a godere ferie,
impossibilità ad avviare l'attività di triage, con ulteriore disagio del paziente e aumentata difficoltà lavorativa;
personale più esposto a rischio di aggressioni per la carenza di personale di Guardie Giurate e di Pubblica Sicurezza (il drappello è presente solo in alcune ore diurne);
lavori di ristrutturazione dei locali non completati (vedi Habitat del codice rosso);
igiene degli ambienti poco garantita da turni non sufficienti delle squadre di pulizia;
scarso numero di sedie a rotelle e di barelle a disposizione;
scarso personale specialistico (esempio ORL e ortopedico) con aggravio del lavoro sul personale di P.S.;
numero di linee telefoniche non sufficiente e maldistribuito (con gravi difficoltà per le richieste di aiuto);
la situazione precedentemente descritta costituisce motivo di grave frustrazione professionale per il personale e, soprattutto, di grave preoccupazione per i rischi conseguenti per la salute dei cittadini che hanno bisogno di interventi di pronto soccorso e/o di cure ospedaliere -:
quali interventi urgenti si intendano attivare per garantire adeguate o quantomeno minime condizioni di sicurezza nel P.O. «Maresca» al fine di rendere effettivo un fondamentale diritto costituzionale dei cittadini qual è il diritto alla salute.
(4-00872)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame sulla base degli elementi pervenuti, attraverso la Prefettura di Napoli - Ufficio territoriale del Governo, dal Direttore Generale dell'ASL Napoli 5.
Presso l'Ospedale «A. Maresca» di Torre del Greco (Napoli) sono attivi 122 posti letto, dei quali 24 sono dedicati alla medicina generale.
Attualmente, con la recente assegnazione di medici dell'emergenza territoriale, è in via di soluzione il problema della carenza del personale medico, sia per l'area Emergenza e Pronto soccorso che per quella di Chirurgia.
La movimentazione interna degli infermieri professionali, secondo quanto precisato dalla Direzione Sanitaria del Presidio, ha ottimizzato le risorse e limitato i disagi legati alle difficoltà di arruolamento del personale, ed, inoltre, la gestione delle ferie del personale è oggetto di attenta programmazione, tenendo conto delle esigenze di servizio.
L'attività di Triage avrà inizio a seguito del completamento della ristrutturazione dei locali del Pronto Soccorso, prevista in tempi brevi, in quanto è da ultimare solo la ristrutturazione della superficie destinata ai codici rossi.
Il Direttore Generale suddetto, nel sottolineare che non rientra nelle specifiche competenze di una Azienda Sanitaria alcuna tipologia di assistenza nei confronti delle fasce deboli, ha comunicato che è comunque operativa, presso il Distretto Sanitario di Torre del Greco, la R.S.A. «Villa delle Terrazze», struttura residenziale a gestione diretta per l'assistenza agli anziani, anche con problemi legati a demenze.
Inoltre, l'organo di vertice aziendale ha confermato il massimo impegno al fine della corretta operatività delle strutture, evidenziando la particolare attenzione posta al mantenimento di adeguati livelli di igiene.
Dopo la conclusione dei lavori presso il Pronto soccorso, le attività di ortopedia e otorinolaringoiatria verranno ubicate in locali prospicienti al pronto soccorso, in modo da evitare disagi ai pazienti e favorire cosi rapide consulenze al personale in servizio.
L'Ufficio Tecnico dell'Azienda, inoltre, ha provveduto alla razionalizzazione della rete di telefonia.
Per le problematiche di ordine pubblico, il Direttore generale ha evidenziato che, recentemente, è stata sospesa l'operatività del drappello di Polizia ospedaliero.
Tale iniziativa rientra nell'ottica di una definitiva riorganizzazione del sistema di
controllo del territorio e della prevenzione, favorendo la presenza operativa del personale di polizia sulla strada e riducendo le attività burocratiche, per recuperare quindi risorse umane ed ottimizzare i servizi sul territorio.
Sono stati pertanto ridotti nel numero e nel personale addetto i drappelli presso gli Ospedali, nei quali, comunque, l'attività di vigilanza viene assicurata da Istituti di vigilanza privata.
È stato precisato, peraltro, come l'attività dei drappelli citati si esprima sostanzialmente in una mera ricezione dell'atto, fonte dell'eventuale «notizia criminis», e della sua successiva trasmissione agli Uffici di Polizia competenti per la trattazione.
Nell'ipotesi che presso gli Ospedali si presentino persone con ferite da arma da fuoco e da taglio o in caso di decessi per cause non naturali, l'attività di indagine viene espletata dagli organi in servizio di controllo sul territorio ed, in una fase successiva, dagli organi investigativi.
Negli orari notturni gli interventi vengono assicurati, in caso di turbativa di ordine pubblico o fatti violenti, dalle pattuglie in servizio, alle quali sono state impartite disposizioni specifiche per dare priorità a tale tipologia di richiesta.
Inoltre, al fine di accrescere il livello di sicurezza delle strutture ospedaliere regionali, le AA.SS.LL. sono state sollecitate a predisporre progetti per l'installazione di sistemi di video sorveglianza, privilegiando le aree ospedaliere ritenute più a rischio.
Relativamente all'Azienda citata dagli interroganti, il progetto dovrà attribuire priorità all'area di Pronto soccorso, prevedendo anche il collegamento diretto del sistema di videosorveglianza con la sala operativa delle forze dell'ordine.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
SPINI e BANDOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è morosa verso il Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi per complessivi 150 milioni di euro (2005-2006) e non pare previsto alcun stanziamento per coprire i 130 milioni di euro per il 2007;
il6-7marzo 2007 sisvolgerà ad Oslo la riunione sul secondo rifinanziamento del Fondo (2008-2010);
se l'Italia in quella sede dovesse essere ancora morosa, rischia di non poter mantenere il seggio unico nel consiglio di amministrazione -:
quali siano le intenzioni del Governo per adempiere a questo impegno di grande importanza politica, sociale, economica e umanitaria.
(4-02604)
Risposta. - È attualmente all'esame della Commissione Esteri della Camera dei deputati un disegno di legge, presentato dall'onorevole Leoni, volto a prevedere l'istituzione di un fondo di finanziamento per garantire la copertura del contributo italiano annuale al fondo.
L'Italia risulta al momento in debito verso il fondo globale per 150 milioni di euro, di cui 20 residui del contributo 2005, e 130 pari all'intero contributo 2006. Si dovranno inoltre versare al fondo 130 milioni come quota per l'anno 2007.
Il Presidente del Consiglio ha assicurato, in occasione dell'ottavo vertice dell'Unione africana, tenutosi a gennaio ad Addis Abeba, e ribadito in febbraio al Senato, che l'Italia ha preso l'impegno di onorare il debito nei confronti del fondo globale.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende che la Reggiani Macchine di Grassobbio (Bergamo), azienda che produce macchine da stampa, a breve avvierà le procedure di mobilità per circa 40 dipendenti;
a quanto risulta all'interrogante, la motivazione del ridimensionamento e della
conseguente riduzione di personale, a parere dei vertici dell'impresa, è dovuta alla necessità dell'azienda stessa di avviare un piano di rilancio costituito da un nuovo processo tecnologico, passando da una tecnologia di tipo tradizionale a quella digitale;
la Reggiani ha attualmente un organico di 170 dipendenti e la riorganizzazione andrà a colpire tutti i reparti, in particolare quello dell'officina meccanica;
secondo quanto previsto dall'azienda sembra che solo 18 dei 40 lavoratori in esubero siano in età pensionabile e che solo per alcune professionalità sarà possibile il ricollocamento in TESMEC, altra azienda del gruppo -:
se siano a conoscenza della situazione illustrata in premessa e quali, iniziative i Ministri intendano assumere in proposito, al fine di tutelare i lavoratori interessati.
(4-01316)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione Provincale del Lavoro di Bergamo.
La società Reggiani Macchine S.p.A., con sede legale ed operativa a Grassobbio (Bergamo), via Zanica 17/O, appartenente al comparto industria meccanotessile attualmente ha un organico di 168 dipendenti.
Da circa quattro anni la società, a causa di un rallentamento degli ordinativi di macchine tradizionali non compensate da macchine digitali e da una inflessione del mercato di settore è interessata da una crisi economica costante e diffusa.
Nonostante i brevi periodi di ripresa attraverso il lancio sul mercato di macchine a stampe digitali, che hanno integrato il calo della domanda di quelle a stampa tradizionali, il volume delle ordinazioni ha, poi, avuto un ulteriore caduta verticale dall'ottobre 2005 al maggio 2006, per cui l'azienda si è vista costretta a fare ricorso alla CIGO per 3 mesi.
I progetti di riconversione hanno richiesto notevoli investimenti e la macchina digitale da pochi anni commercializzata è risultata costosa soprattutto per gli alti costi di avviamento presso il cliente dovuti alla messa in produzione del nuovo prodotto.
Le ripercussioni del mercato hanno inciso anche sull'impatto occupazionale, affrontato negli ultimi anni con l'utilizzo di strumenti alternativi ai normali ammortizzatori sociali, tra cui il distacco e successivo trasferimento del personale in Tesmec (n. 10 unità tra impiegati ed operai).
Nonostante gli investimenti tecnologici, la crisi economica-finanziaria divenuta ormai strutturale ha indotto la società ad avviare trattative sindacali, per la gestione del personale in esubero corrispondente a 39 unità (di cui 12 lavoratori diretti ed 8 indiretti del reparto officina, 5 del reparto montaggio, 4 reparto assistenza post-vendita, 10 area amministrativa/commerciale).
La Reggiani Macchine a seguito della procedura di riduzione del personale, avviata in data 16 ottobre 2006 e relativa a n. 39 lavoratori, in data 12 dicembre 2006 ha sottoscritto il verbale di accordo sindacale concordando quanto segue
la possibilità di ricollocare all'interno della società e del gruppo n. 14 lavoratori, di cui n. 1 part-time, individuati in relazione alle specifiche professionalità ed alle esigenze tecnico produttive delle aziende interessate. Per n. 1 lavoratore è stata propiziata la possibilità rioccupazionale in aziende esterne;
la riduzione del personale e la contestuale messa in mobilità di n. 24 dipendenti (n. 6 impiegati e n. 18 operai) a partire dal 31 dicembre 2006 (ultimo giorno lavorativo) e gradualmente fino al 31 dicembre 2007.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza sindacale del 29 giugno 2006 viene chiuso al traffico in data
30 giugno 2006 il cavalcavia denominato n. 164, sito nel comune di Osio Sopra (Bergamo) in via Papa Giovanni XXII, per procedere ai lavori di ampliamento dell'autostrada A4, che sarebbero dovuti terminare entro novembre 2006;
contestualmente viene predisposta da parte dell'impresa esecutrice dei lavori «Pavimental», presumibilmente in accordo con la P.L. di Osio Sopra (Bergamo), una segnaletica stradale di cantiere, la quale di fatto devia tutto il traffico da via Papa Giovanni XXII sede di numerose attività commerciali, in altre direzioni, isolando di fatto gli esercizi menzionati;
nei mesi successivi alla chiusura del cavalcavia i lavori procedono molto lentamente, tanto che i commercianti allarmati chiedono udienza al Sindaco, il quale li accoglie in data 5 settembre 2006;
durante l'incontro gli stessi espongono le proprie preoccupazioni, proponendo soluzioni pubblicitarie alternative, utili a ridurre le perdite economiche e in data 11 settembre 2006 illustrano la situazione alla Giunta comunale, chiedendo di sollecitare alla Società autostrade l'ultimazione dei lavori;
ad ottobre 2006 viene varato il nuovo cavalcavia, ma subito dopo i lavori si fermano per cause sconosciute ai commercianti, che a fine ottobre invitano l'Amministrazione comunale a dare spiegazioni e a fornire una data ufficiale di ultimazione lavori;
a metà novembre 2006, dopo numerosi solleciti, viene installato un cartellone poco leggibile con l'indicazione delle attività commerciali presenti lungo la via, ma la viabilità rimane la stessa e i benefici intangibili;
in data 20 novembre 2007 la società SPEA, incaricata della progettazione dell'opera a firma del Direttore dei Lavori, comunica al Comune di Osio Sopra che i lavori saranno ultimati entro gennaio 2007;
in data 1 dicembre 2006 nell'incontro tra società Autostrade, il comune, i commercianti ed i rappresentanti di categoria, vengono spiegate le cause dei ritardi, confermando l'ultimazione dell'opera entro il 30 gennaio 2007, salvo eventi eccezionali;
in data 30 gennaio 2007 il notiziario locale annuncia che in seguito ad un incontro tra l'amministrazione di Osio Sopra e la società Autostrade tenutosi, presso l'ufficio del Prefetto di Bergamo, il cavalcavia n. 164 sarà ultimato entro la fine di febbraio -:
se non ritengano di verificare i fatti, in modo da assicurare che la riapertura del cavalcavia avvenga effettivamente entro febbraio 2007;
se intendano intervenire presso la Società Autostrade al fine di far erogare un adeguato rimborso per i danni economici subiti dai commercianti, almeno per il periodo in cui i lavori sono stati protratti.
(4-02560)
Risposta. - Il cavalcavia n. 164 in comune di Osio Sopra (Bergamo) che attraversa l'autostrada A4 Milano-Brescia, è stato interessato da sette interferenze (1 metanodotto SNAM, 1 fogna e 1 impianto di illuminazione del Comune di Osio, 1 linea elettrica ENEL, 1 azotodotto della società Italiana Acetilene e derivati, 1 gasdotto ENEL Rete Gas e 1 linea telefonica Telecom) per la cui rimozione la società concessionaria Autostrade per l'Italia a dicembre 2003 ha contattato e sollecitato, a seguito dell'approvazione del progetto in Conferenza di Servizi, direttamente gli enti titolari di tali interferenze.
Il Comune di Osio Sopra, titolare dell'interferenza fognaria e della linea di illuminazione, a seguito di successivi solleciti da parte del concessionario autostradale, ha infine chiesto una riprogettazione del cavalcavia per la riduzione della pendenza delle rampe.
Tale ridefinizione del progetto, posta in essere da Autostrade per l'Italia, ha necessariamente comportato la riprogrammazione
dei lavori ed il conseguente slittamento dei tempi previsti.
Alla fine di gennaio 2007 è pertanto intervenuta la rimozione totale delle interferenze con l'avvio del completamento dei lavori propedeutici all'apertura al traffico avvenuta, come annunciato, lo scorso 16 febbraio 2007.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ULIVI e MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della linea ferroviaria Firenze-Bologna esiste una galleria, lunga ben 18 km, che inizia a Vernio e termina a San Benedetto Val di Sambro, che è la più lunga galleria ferroviaria a doppio binario esistente in Europa e purtroppo assai famosa per essere stata sede, nell'agosto del 1974, di un gravissimo attentato al treno Italicus che vi stava transitando;
è da tempo che le autorità locali, di concerto con quelle nazionali, cercano di organizzare una rete di soccorsi efficace ed efficiente in grado di intervenire immediatamente nel caso malaugurato di incidente all'interno della galleria;
nonostante la disponibilità teoricamente mostrata nel trovare una soluzione alternativa alla soluzione ottimale che sarebbe un distaccamento di Vigili del Fuoco nei pressi dell'imbocco della galleria, si ripropone più allarmante il problema a causa della situazione che si va delineando in Val di Bisenzio con l'apertura dei cantieri per i lavori relativi a modifiche strutturali alla Strada Regionale ex strada statale 325 che si traduce in vari ostacoli al transito dei soccorsi come già osservato nel corso di esercitazioni della protezione civile;
la pista di atterraggio per elicotteri attualmente in fase di ultimazione a Vernio da parte di Rete Ferroviaria Italiana e la necessità di un distaccamento dei Vigili del Fuoco, che potrebbero direttamente gestirla 24 ore su 24, appaiono ora essenziali per un intervento fattivo e rapido in caso di incidente -:
se il Ministro in indirizzo non intenda valutare di nuovo la possibilità di reperire risorse economiche che permettano la dotazione organizzativa, infrastrutturale e strumentale per dotare l'imbocco della galleria di un distaccamento ad hoc dei Vigili del Fuoco.
(4-01419)
Risposta. - Il traforo ferroviario dell'Appennino, la cosiddetta «Direttissima», riveste un'importanza strategica nei collegamenti tra l'Italia centrale e quella settentrionale ed è attraversata giornalmente da centinaia di treni passeggeri e merci anche pericolose.
Tutto ciò crea dei problemi anche di sicurezza e questo ha portato le Prefetture di Bologna e Prato a realizzare, nell'ottobre del 2003, un manuale per gli interventi di emergenza. Esso, pur costituendo un utilissimo strumento operativo in caso di necessità, non può essere considerato un vero e proprio piano di emergenza. Infatti la struttura e gli impianti della galleria non consentono di rendere possibili i soccorsi negli scenari più gravi.
Per questo motivo la presenza di un distaccamento dei Vigili del fuoco all'imbocco della galleria consentirebbe di abbreviare notevolmente i tempi di intervento in caso di emergenza, consentendo anche l'impiego di personale appositamente addestrato e di attrezzature specialistiche.
Tuttavia, da uno studio correlato al progetto «Soccorso in 20 minuti», non è emersa la necessità di istituire un distaccamento permanente dei Vigili del fuoco nel Comune di Vernio. Questa decisione scaturisce dalla considerazione che l'attuale traforo della linea ferroviaria Firenze-Bologna perderà di importanza in quanto, nel 2008, è prevista la realizzazione del nuovo traforo collegato alla costruzione della nuova linea «TAV».
In ogni caso si fa presente che il Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Prato sta per essere dotato di un automezzo «bimodale» per interventi all'interno di tunnel ferroviari.
Alternative finalizzate ad una rapida soluzione del problema potrebbero riguardare la realizzazione di un presidio di Vigili del fuoco finanziato con i proventi di un consorzio tra gli enti locali interessati ovvero l'avvio di procedure relative all'apertura di un distaccamento volontario per sopperire alle esigenze del Comune di Vernio e di quelli limitrofi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
VANNUCCI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. - Per sapere - premesso che:
in data 17 dicembre 2006 si è svolto contemporaneamente in sette comuni della Valmarecchia, in territorio della regione Marche e precisamente nei comuni di Novafeltria, Talamello, San Leo, Pennabilli, Maiolo, Casteldelci, Sant'Agata Feltria un referendum consultivo ai sensi dell'articolo 132, 2 comma della Costituzione nel quale si chiedeva ai cittadini di esprimersi sulla volontà di distaccare i sette comuni della regione Marche alla regione Emilia Romagna con aggregazione dalla provincia di Pesaro Urbino a quella di Rimini;
il referendum ha ampiamente superato il quorum previsto, si sono infatti espressi a favore 9.211 votanti su 16.410 aventi diritto pari al 56,13 per cento;
i risultati del referendum sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2006;
la procedura prevista dall'articolo 132, 2 comma della Costituzione prevede che il Governo e precisamente il Ministro degli interni nei 60 giorni successivi alla pubblicazione dei risultati presenti al Parlamento un disegno di legge costituzionale teso a dare attuazione alla volontà espressa sul quale il Parlamento si esprima dopo aver assunto i pareri previsti compresi quelli delle regioni interessate (ai sensi dell'articolo 45, 4 comma legge 352/70);
i 60 giorni previsti sono trascorsi il 26 febbraio 2006 -:
quali siano le ragioni del ritardo rispetto alla tempistica prevista;
se vi siano previsioni sui tempi di presentazione;
se esistano eventuali impedimenti;
quali siano infine le reali intenzioni del Governo sulla materia.
(4-02788)
Risposta. - Il Consiglio dei ministri, in data 5 aprile 2007, ha approvato il disegno di legge concernente il distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabili, Sant'Agata Feltria, San Leo e Talamello dalla Regione Marche è la loro aggregazione alla Regione Emilia Romagna, ai sensi dell'articolo 132, seconda comma, della Costituzione.
Il ritardo che si è registrato nella presentazione del disegno di legge (il termine di sessanta giorni previsto all'articolo 45 della legge n. 352 del 1970 è scaduto il 26 febbraio 2007) è dipeso dall'esigenza che il governo ha avvertito di compiere un approfondimento sulla problematica dei distacchi di comuni dalle regioni di appartenenza. Questo fenomeno, infatti, come è noto, ha assunto negli ultimi tempi una notevole consistenza, e ha dato luogo a discussioni. Da qui la necessità, di cui il Governo si è fatto carico, di una più generale riflessione sulle problematiche applicative poste dall'articolo 132 della Costituzione, rimaste in definitiva irrisolte, nonostante la riforma del 2001.
Questa riflessione, sollecitamente svolta dal Governo, ha portato alla elaborazione di un apposito disegno di legge costituzionale di riforma dell'articolo 132 nel quale si vuole chiarire in sostanza che il procedimento di distacco dei comuni deve consentire il coinvolgimento delle popolazioni del più ampio ambito territoriale che risente del mutamento delle circoscrizioni amministrative. In particolare, si prevede nel disegno di legge che il referendum previsto dall'articolo 132 deve riguardare la popolazione di ciascuna delle due province
interessate, quella di provenienza e quella di destinazione.
In ordine all'ulteriore iter del disegno di legge di distacco dei comuni di cui all'interrogazione, il Governo si rimetterà alle decisioni che il Parlamento vorrà assumere in ordine ai rapporti tra il disegno di legge in oggetto e quello di riforma dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, che ho poc'anzi in sintesi richiamato.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 21 settembre 2006 l'archeologa bulgara Mariana Dontcheva, direttrice del museo archeologico di Varna, è stata portata al cpt di Ragusa, ove è stata costretta a rimanere per cinque giorni;
l'ingresso operativo dell'Italia nel sistema di Schengen, il 26 ottobre 1997, secondo il quale qualunque cittadino straniero già proveniente da località situata all'interno dello spazio Schengen, può varcare la frontiera interna italiana in qualunque luogo, senza che si proceda al controllo delle persone, considerando per «Frontiere interne» quelle che 15 Paesi hanno in comune all'interno dello spazio Schengen, e cioè le loro frontiere terrestri comuni, i loro aeroporti adibiti al traffico interno, i loro porti marittimi per i collegamenti regolari di passeggeri in provenienza o a destinazione esclusiva di altri porti situati nel territorio delle Parti contraenti, senza scalo in porti situati al di fuori di tali territori»;
Mariana veniva da Parigi, e i 15 Paesi che applicano la Convenzione, ovvero lo «Spazio Schengen», sono: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e, per l'appunto, Francia;
il livello culturale e professionale della dottoressa, che tra l'altro parla correttamente sei lingue, e il fatto che avesse con sé una valida carta d'identità, rende inconcepibile tale «trattamento»;
le ripercussioni psico-fisiche e soprattutto morali, che la dottoressa Dontcheva ha subìto per questo essere finita vittima di tale equivoco come scrive la stessa Mariana nel suo diario del 24 settembre 2006, ultimo giorno di fermo: «I giornali italiani parlano di me! Questo mi aiuta, sono davvero grata alla stampa». Sembra quindi essere stata necessaria la mobilitazione della stampa per risolvere in tempi accettabili il caso;
la presenza sempre maggiore di stranieri nel nostro paese, non solo legata ad emergenze umanitarie o esodi dai paesi in via di sviluppo, ma relativa anche al potenziamento di scambi culturali con gli altri paesi tra i quali con quelli che stanno entrando in Europa, come la Bulgaria stessa;
l'immagine pubblica dell'Italia agli occhi degli altri paesi nel nostro territorio è stata danneggiata, relativamente al rispetto dei diritti degli stranieri che si trovino a passare nel nostro territorio nazionale -:
quali ragioni abbiano portato a tale errore, ovvero, quali gravi evenienze di ordine pubblico abbiano spinto ad un tale trattamento nei confronti di Mariana Dontcheva, senza un adeguato controllo che questo caso avrebbe necessitato;
quali misure il Governo intenda prendere affinché episodi di questo tenore non si ripetano e se non si ritenga di adottare iniziative normative per le modifiche dell'attuale normativa in materia di immigrazione, portando a realizzazione le linee programmatiche del Governo, rese note in campagna elettorale e recentemente riconfermate dal Ministro dell'interno, Giuliano Amato.
(4-01133)
Risposta. - Effettivamente risulta che la dottoressa Doncheva Mariana Ivanova, cittadina bulgara, è stata trattenuta dal 23 al 26 settembre 2006 presso il Centro di
Permanenza Temporanea di Ragusa e poi rimpatriata a seguito di provvedimento di espulsione convalidato da parte della competente Autorità Giudiziaria.
Si precisa che la presenza della dottoressa Doncheva sul territorio nazionale è stata verificata per la prima volta da militari della compagnia carabinieri di Pitigliano nel corso di uno specifico controllo.
Dagli accertamenti è risultato che l'interessata, pur essendo provvista di passaporto, era priva del necessario titolo di soggiorno e dunque si trovava in posizione irregolare sul territorio nazionale.
In particolare la signora Doncheva ha dichiarato di essere entrata in territorio italiano, proveniente da Ventimiglia, il 9 settembre u.s. e di non aver chiesto entro gli otto giorni successivi, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, il titolo di soggiorno per la permanenza in Italia necessario anche per i cittadini appartenenti a Paesi non assoggettati all'obbligo del visto.
Per i suesposti motivi il Prefetto di Grosseto, accertata la posizione irregolare, ha emesso nei confronti della cittadina bulgara il decreto di espulsione seguito dall'accompagnamento presso il Centro di permanenza di Ragusa, resosi necessario per l'indisponibilità di un vettore o di un altro mezzo di trasporto idoneo al rimpatrio.
A seguito della convalida del provvedimento da parte del Giudice di Pace la dottoressa Doncheva è stata rimpatriata con destinazione Sofia.
Quanto alle iniziative normative da intraprendere in materia di immigrazione, si fa presente che i Ministri dell'interno e della solidarietà sociale stanno lavorando ad un provvedimento di riforma dell'attuale testo unico sull'immigrazione.
Le nuove disposizioni mirano a promuovere l'immigrazione regolare, favorendo l'incontro tra domanda e offerta di lavoro di cittadini stranieri.
L'intento del Governo è quello di differenziare i canali di ingresso tra lavoratori anche in base al loro livello di qualificazione professionale, così da determinare le condizioni per una più agevole integrazione lavorativa e socio economica degli stranieri nel nostro Paese.
Nell'ambito di questa riforma saranno anche riviste le norme in materia di concessione dei visti, espulsione e trattenimento degli stranieri.
Per quanto concerne, poi, i soggiorni inferiori a tre mesi (cosidetti permessi brevi), il recente decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, ha accolto all'articolo 5, comma 2, l'emendamento che sostituisce articolo 5 della legge Bossi-Fini.
La nuova formulazione cita: «Per i soggiorni inferiori a tre mesi lo straniero dichiara la sua presenza all'ufficio di polizia di frontiera al momento dell'ingresso sul territorio nazionale ovvero, entro otto giorni, al questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
ZANELLA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito delle aree di mitigazione ambientale del Passante autostradale di Mestre previste nel progetto definitivo dell'opera, che sommano a circa 890.000 metri quadri, secondo quanto dichiarato dall'ANAS s.p.a., sono previsti più tipi di interventi quali: area filtro con una doppia siepe alberata lungo l'asse stradale che prevede la messa a dimora ogni 100 metri lineari di 20 alberi di media grandezza ed 80 cespugli; area di fitodepurazione con specifiche essenze di canneto ed alberatura; area di forestazione con l'impianto di circa 34.000 alberi di prima grandezza. Dovrebbero essere messe a dimora circa 57.000 alberature di 1 e 2 grandezza nonché 51.000 cespugli. Nel progetto definitivo approvato sono previste barriere antirumore artificiali per un'estensione di oltre 20 chilometri e oltre 16 chilometri per quelle in verde. Tutti gli interventi menzionati sono finanziati nell'ambito del progetto del Passante di Mestre (atto Senato, risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 014 all'interrogazione 4-00233 presentata da Donati);
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha istituito una apposita commissione per il monitoraggio continuo dell'intervento e la verifica delle prescrizioni impartite dalla Commissione speciale VIA;
ogni giorno transitano sulla Tangenziale di Mestre circa 150.000 veicoli e di questi circa il 30 per cento è costituito da automezzi pesanti. Ogni anno il volume complessivo di traffico aumenta, con tassi che negli scorsi anni si aggiravano al 4,5 per cento;
il danno subito dagli abitanti in relazione al carico impattante dell'infrastruttura è ancora sottovalutato nonostante la ricaduta in termini di inquinamento atmosferico ed acustico sulla città e in misura maggiore nelle zone più vicine alla tangenziale sia ampiamente descritta da numerose rilevazioni empiriche nonché da studi modellistici del Dipartimento Provinciale di Venezia dell'ARPAV;
recentemente è stato raggiunto un accordo tra Società Autostrade di Venezia e Padova, Regione Veneto, Comune di Venezia e Provincia di Venezia, per la realizzazione di opere di mitigazione ambientale per un importo di euro 18.000.000;
le opere di mitigazione ambientale finora realizzate lungo la tratta di tangenziale in concessione ad Autovie Venete, non sono sufficienti al raggiungimento di un'accettabile riduzione del danno patito da tutti i residenti nella zona. Dalle analisi fonometriche eseguite sulla tratta di Autovie vi sono situazioni al di sopra dei limiti di legge sia dentro che fuori della fascia di rispetto: in relazione ai riscontri empirici della variazione della situazione acustica correlata all'apertura della terza corsia, va osservato che quattro rilevazioni effettuate in due punti della tangenziale dal Dipartimento Provinciale di Venezia dell'ARPAV prima e dopo l'attivazione della terza corsia, ove non erano state installate barriere fonoassorbenti, hanno evidenziato un peggioramento del rumore di circa 0,5-1 dB (via Delle Querce gennaio 2003 e maggio 2004, via Goito gennaio 2003 e luglio 2004);
secondo la Valutazione di inquinamento acustico effettuata dal Dipartimento Provinciale di Venezia dell'ARPAV in via Terraglietto n. 192/H nel periodo 12-19 marzo 2004. L'esito indica una media settimanale di 57 dB diurni e 52,5 notturni; questa posizione è a 370 metri circa dall'asse della tangenziale e a 170 circa metri dallo svincolo Terraglio; in base alla zonizzazione acustica, al momento della misurazione non ancora in vigore, ma attualmente approvata dal Comune di Venezia, questa zona è classificata come area prevalentemente residenziale, per la cui classe (classe II) la legge prevede i limiti di 55 dB diurni e 45 notturni; in ragione della collocazione di questa area e del ricettore ove è stata effettuata la rilevazione (al fondo di ramificazione cieca di via Terraglietto), si può ritenere che la fonte principale, se non esclusiva, di inquinamento acustico, tanto più nelle ore notturne, sia la tangenziale che scorre ad est in rilevato a 6-7 metri sopra il livello campagna; peraltro alcuni abitanti della zona lamentano un peggioramento del rumore dopo l'attivazione della terza corsia;
la Valutazione di inquinamento acustico effettuata dal Dipartimento Provinciale di Venezia dell'ARPAV in via Eridesio n. 8 nel periodo 24 marzo-1 aprile 2004, sottolinea che nella zona del cavalcavia A4-362 di via Eridesio dal lato ovest, come ricavabile dalla tabella analitica delle misurazioni per i diversi orari, i 60 dB sono frequentemente superati nella fascia tra le 5 e le 7 del mattino. Nel progetto definitivo di Autovie Venete per la terza corsia erano previste le barriere, ma sono state stralciate nelle opere esecutive;
le valutazioni del Dipartimento Provinciale dell'ARPAV hanno ampiamente dimostrato che il traffico transitante in Tangenziale è la prima fonte di produzione primaria di PM10 emesso da veicoli; queste valutazioni hanno altresì evidenziato come vi sia un gradiente addizionale
di inquinamento nelle fasce immediatamente adiacenti all'infrastruttura. A dimostrazione di questo, i dati dei monitoraggi dell'aria effettuati da ARPAV in zona Borgo Forte tra novembre e dicembre 2003 mostrano 26 giorni di superamento dei limiti (con i limiti in vigore dal 2005 diventerebbero 29) su 43 giorni di monitoraggio, il 60 per cento. Più elevati di tutte le altre centraline della città (rispettivamente 14 giorni in via A. Da Mestre, 16 al Parco Bissuola, 20 in via Circonvallazione); analogamente la media (73 microgrammi/metrocubo) è la più alta;
per meglio inquadrare la situazione, va ricordato che Autovie Venete ha presentato nel novembre del 2000 un proprio progetto di terza corsia per la tratta di propria competenza (dallo svincolo Terraglio-Mestre Est al «nodo di Alemagna») inviandolo alla Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) nazionale; quindi lo ha ritirato per evitare le prescrizioni del Ministero dell'ambiente e ha fatto eseguire i lavori per la terza corsia a Società delle Autostrade di Venezia e Padova, che aveva un proprio progetto per la terza corsia messo in esecuzione senza V.I.A., completandoli, per quanto riguarda gli interventi di messa in sicurezza stradale e di bonifica ambientale, sulla base di un nuovo progetto esecutivo; questo progetto «esecutivo» ricalcava, ad eccezione della rinuncia all'allargamento del sedime stradale per un tratto di circa 1,5 km, il precedente progetto «definitivo» inviato al Ministero e quindi accantonato. Le suddette prescrizioni del Ministero prevedevano, tra l'altro, «che gli interventi di mitigazione dell'impatto acustico in corrispondenza delle aree abitate a nord e a sud della direttrice autostradale dovranno essere aggiornati in considerazione dei seguenti criteri: (...) 2) all'esterno della fascia autostradale dovranno essere adottati e rispettati i limiti massimi derivanti dalla zonizzazione acustica del territorio, se adottata dalla competente amministrazione comunale e nel caso che la zonizzazione acustica non sia ancora stata adottata, dovranno essere concordati con l'Amministrazione Comunale competente i criteri di classificazione del territorio ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997 ed i relativi massimi di esposizione; 3) gli interventi di mitigazione a tutela degli insediamenti presenti al di fuori della fascia di rispetto dovranno essere dimensionati adottando i valori di qualità di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997; 4) la previsione dei livelli sonori nella situazione post operam dovrà assumere dati di input relativi alle caratteristiche quantitative e qualitative dei flussi di traffico dimensionalmente coerenti con quelle stesse previsioni evolutive che giustificano l'urgenza dell'intervento in progetto»;
secondo quanto risulta all'interrogante, potrebbe verificarsi che Autovie Venete, dopo aver incassato decine di milioni di euro di utili negli ultimi anni, si stia apprestando a lasciare in eredità ai nuovi gestori, probabilmente ANAS, le spese per le opere di mitigazione ambientale lungo la tangenziale che dovranno essere attuate nei dovuti termini di legge;
il decreto ministeriale 29 novembre 2000 prevede 18 più 18 mesi per l'individuazione delle zone critiche e per la predisposizione dei piani di contenimento del rumore e quindi 15 anni per il raggiungimento degli obiettivi di risanamento per le infrastrutture esistenti. Dove vengono realizzate nuove infrastrutture o potenziate quelle esistenti, invece, gli interventi di mitigazione dovrebbero essere contestuali, ma in questo caso, con la realizzazione della III corsia Autovie ha utilizzato a suo vantaggio il fatto che non veniva allargato il sedime - se non a tratti per le piazzole di sosta - in quanto la III corsia è stata realizzata sulla preesistente corsia di emergenza. Infatti, come già indicato nel testo, sono state posizionate sì delle barriere acustiche in occasione della realizzazione della III corsia, ma in misura insufficiente (550 metri per lato) e ridotta nell'esecuzione rispetto allo stesso progetto definitivo di autovie e ancor più rispetto alle indicazioni che aveva dato il Ministero dell'ambiente;
forse Autovie potrà lasciare un'infrastruttura che non necessita cogentemente a termini di legge urgenti interventi di mitigazione ambientale, ma pur sempre un'infrastruttura sulla quale a fronte dei ricavi realizzati, è stato investito ben poco in termini ambientali e che, per il danno arrecato negli anni alla qualità dell'ambiente e della vita degli abitanti, continuerà a costituire un vulnus nel territorio e quindi ad essere oggetto di perdurante contestazione da parte dei cittadini anche per i gestori a venire oltre che per gli enti locali -:
se il Governo sia a conoscenza di questa difficile situazione e del danno che ne deriva ai cittadini della zona;
se il Governo non ritenga necessario fare chiarezza sull'esecuzione senza V.I.A. dei lavori della terza corsia (dallo svincolo Terraglio-Mestre Est al «nodo di Alemagna») compiuti da parte della Società delle Autostrade di Venezia e Padova, e completati da Autovie Venete per quanto riguarda gli interventi di messa in sicurezza stradale e di bonifica ambientale, evitando le prescrizioni del Ministero dell'ambiente;
se il Governo, visti i disagi causati alla popolazione e la spesa pubblica già sostenuta, non intenda intervenire per chiedere che sia fatta luce sulle inadempienze di Autovie Venete rispetto al mancato raggiungimento di un'accettabile mitigazione ambientale e relativa riduzione del danno.
(4-02233)
Risposta. - L'ANAS S.p.a. fa conoscere che il progetto definitivo degli interventi di mitigazione ambientale della Tangenziale Ovest di Mestre, presentato dalla Società Autostrade Venezia-Padova S.p.a. è stato approvato il 28 settembre 2005 dall'ANAS che, successivamente e nelle more del perfezionamento del 1o atto aggiuntivo alla convenzione vigente, ha autorizzato la società concessionaria ad avviare le procedure di gara per l'appalto integrato.
La progettazione esecutiva e l'appalto dei lavori sono stati affidati, a seguito di gara esperita dalla Concessionaria il 20 maggio 2006, all'impresa S.A.C.A.I.M. S.p.a. per l'importo di euro 10.772.152,58 al netto del ribasso d'asta del 31,319 per cento e al lordo degli oneri per la sicurezza, pari a euro 300.000,00 e delle spese per la progettazione esecutiva, pari a euro 170.000,00.
La Società VE-PD, nel dicembre 2006, ha trasmesso ad ANAS il progetto esecutivo che prevede l'esecuzione di tre categorie di lavoro (idraulico, acustico e ambientale), con la suddivisione del cantiere in sette aree di lavoro in funzione della accessibilità e delle caratteristiche idrauliche, per una durata complessiva dei lavori fissata in 420 giorni naturali e consecutivi.
La copertura degli oneri finanziari, stimati in euro 15.316.120,09, di cui euro 11.106.488,09 per lavori a corpo al netto degli oneri della sicurezza e della progettazione, è prevista mediante erogazione di un contributo pubblico da parte della Regione Veneto, della Provincia di Venezia e del Comune di Venezia per complessivi euro 6.637.000,00. Il restante importo, pari a euro 8.679.120,39, risulta a carico della Società Concessionaria.
Il progetto esecutivo è stato approvato da ANAS con provvedimento 16 marzo 2007 mentre il concreto avvio dei lavori è legato alla anticipazione della quota a suo carico da parte della Concessionaria.
L'accordo in tal senso troverà definizione in sede di stipula della convenzione unica prevista dalla normativa intervenuta nel settore autostrade (articolo 2, commi 82 e seguenti del decreto-legge n. 262/2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286/2006 e successive modifiche e/o integrazioni).
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Uganda, paese dell'Africa orientale, soffre da 21 anni a causa della dittatura del generale Yoweri Museveni e a causa della guerra civile in corso nel nord;
una piccola speranza di pace era nata nell'estate 2006, con le trattative tra il governo ed i ribelli del Lord's Resistance Army (LRA), iniziate a Juba (Sudan). È molto probabile, però, che questi colloqui falliscano miseramente per tre diversi motivi;
il mandato di cattura internazionale, emesso dal Tribunale penale internazionale dell'Afa, che minaccia i quattro più importanti comandanti dei ribelli;
la mancanza di una chiara volontà di pace da parte del presidente-dittatore Museveni, che ha più volte violato le regole degli accordi di pace;
l'intenzione delle autorità politiche sudanesi di usare la forza contro i ribelli del LRA, che, per questo motivo, hanno abbandonato i colloqui di Juba e si sono rifugiati in Congo;
inoltre, dopo 20 anni, è stato finalmente reso noto il rapporto di Scotland Yard sull'omicidio Kayiira: nel 1987 il ministro ugandese Andrew Kayiira fu arrestato ed incriminato, ma i magistrati lo assolsero con formula piena. Il presidente Museveni disse che, sebbene il Tribunale lo avesse scagionato, egli aveva le prove della colpevolezza del dottor Kayiira. Pochi giorni dopo, il ministro fu assassinato. Il dittatore dell'Uganda si rivolse allora alla polizia inglese, affinché risolvesse il caso e Scotland Yard indagò a lungo. Per 20 anni, però, del rapporto finale della polizia inglese non si seppe nulla. Ecco che oggi questo documento viene fuori e le responsabilità di Museveni e dei suoi uomini vengono alla luce: è stato il dittatore ugandese ad ordinare l'assassinio d'Andrew Kayiira;
l'esercito ugandese ha recentemente impedito un comizio del Partito democratico, durante il quale si voleva render noto il «rapporto Kayiira»;
per quanto riguarda le modifiche costituzionali, Museveni nel 2006 ha corrotto la maggior parte dei parlamentari (200) con 5 milioni di scellini a testa, affinché il Parlamento eliminasse il limite di due mandati presidenziali, in modo da potersi presentare per la terza volta;
le elezioni presidenziali del 2006 furono truccate, come testimoniò il rapporto degli osservatori del Parlamento europeo, ed il dittatore vinse, anche se con un calo notevole di voti rispetto al 2001. Proprio questo calo di consensi lo sta spingendo ad un'altra «riforma» costituzionale: l'elezione del presidente della Repubblica a maggioranza relativa e non a maggioranza assoluta. Poiché poi gli anni avanzano anche per lui, ecco il tocco finale: abolizione del limite massimo d'età per diventare presidente;
è segnalata, inoltre, la presenza di bambini soldato nell'esercito ugandese, la corruzione dilagante, la tortura sistematica degli oppositori politici, gli stupri perpetrati dai soldati di Museveni nei campi per sfollati del nord;
il dittatore ugandese è anche responsabile della guerra in Congo (1998-2003), che ha causato oltre 3 milioni di morti. L'Uganda, che invase il Congo insieme al Rwanda, è già stata condannata dalla Corte di giustizia dell'Aja a pagare 10 miliardi di dollari al popolo congolese per risarcire le devastazioni causate dalla guerra e per restituire le ricchezze rubate dai militari ugandesi, tra cui il fratello di Museveni, il generale Salim Salehù;
nel 2006 gli Stati Uniti, il Regno Unito, l'Olanda, la Norvegia ed altri paesi hanno decretato delle sanzioni contro l'Uganda -:
se il Governo non ritenga necessario ed urgente, alla luce di questi terribili fatti, rifiutare ogni eventuale sostegno ad un dittatore sanguinario come Yoweri Museveni, prendendo delle misure tali da colpire il suo governo, senza avere ricadute negative sul popolo ugandese, come: un embargo totale della vendita d'armi all'Uganda; il divieto di soggiorno in Italia per Museveni, i suoi familiari ed i suoi ministri, come è già stato deciso nel 2006 dal governo degli Stati Uniti; il congelamento dei conti bancari, in Italia ed in Europa, per il dittatore ed i suoi; il richiamo in Italia, per consultazioni, dell'ambasciatore italiano a Kampala; la richiesta
al governo britannico di svolgere in altra sede il vertice del capi di governo del Commonwealth previsto per quest'anno in Uganda.
(4-02582)
Risposta. - Circa i negoziati in corso di svolgimento tra il governo ugandese ed il movimento del Lord's Resistance Army con la mediazione del governo del sud Sudan, va osservato che e difficoltà che i colloqui di pace incontrano, peraltro comuni ad esercizi di tale delicatezza nel continente africano, sono riconducibili a diversi fattori. Fra questi vi sono sicuramente le difficoltà tecniche della mediazione e da ultimo la rigidità mostrata dai ribelli su alcuni punti specifici, come il luogo dei negoziati e le garanzie di immunità dalla giurisdizione internazionale.
A tale ultimo riguardo va aggiunto che la messa in stato d'accusa dei capi dello LRA da parte della Corte penale internazionale, ed in particolare del suo leader Joseph Kony, si spiega con la particolare brutalità dei metodi impiegati dal movimento, che ha fatto uso sistematico del sequestro di bambini e del loro arruolamento coatto nei ranghi della ribellione.
Da ultimo, va segnalato che, con lo scadere della tregua, lo scorso 28 febbraio 2007, il Presidente Museveni ha annunciato che le forze governative attaccheranno i ribelli laddove questi dovessero entrare in territorio ugandese; ci si augura che, grazie anche alle pressioni della Comunità internazionale, questo rischio di nuovi scontri armati possa essere evitato.
Circa l'evoluzione istituzionale in Uganda, l'Unione europea è da tempo impegnata in un serrato dialogo politico con le autorità ugandesi che ha come oggetto principale quello dell'evoluzione in senso democratico del sistema politico del paese. Anche a seguito delle sollecitazioni di parte comunitaria si è giunti negli ultimi anni ad alcuni significativi risultati, come l'introduzione di un effettivo multipartitismo e l'adozione di standard di una certa trasparenza nelle consultazioni elettorali.
A tale riguardo va precisato che il giudizio formulato dalla missione di osservazione dell'Unione europea sulle elezioni presidenziali di febbraio 2006 è stato alquanto articolato, ma sostanzialmente incline a giudicare le irregolarità registrate non decisive sul risultato delle elezioni stesse, che hanno visto la vittoria di Museveni. Caso mai, l'intervento dell'Unione europea è stato particolarmente forte, e critico nei confronti del regime di Kampala, durante i mesi precedenti le elezioni, quando il candidato di opposizione Besigye fu arrestato con motivazioni apparse ai più pretestuose. In tale circostanza i paesi comunitari giunsero a sospendere il sostegno diretto al bilancio in favore dell'Uganda. Va peraltro aggiunto che tale forma di assistenza non è attualmente in uso da parte dell'Italia, la cui cooperazione con l'Uganda ha carattere esclusivamente umanitario ed è concentrata nelle regioni settentrionali colpite dal conflitto.
Circa il ruolo dell'Uganda nelle vicende regionali, ed in particolare quelle della Repubblica Democratica del Congo, la Comunità internazionale è unanime nel sottolineare le ambiguità dell'atteggiamento ugandese e ad esortare il governo di Kampala a collaborare pienamente al processo di pace nella RDC. In tal senso, il positivo completamento del processo elettorale Congolese costituisce un risultato di grande importanza ottenuto anche grazie al forte impegno della Comunità internazionale ed in primis dell'Unione europea.
Alla luce di quanto precede, si ritiene che l'atteggiamento da mantenere nei confronti dell'Uganda debba continuare ad ispirarsi ad un dialogo critico condotto assieme ai partner comunitari, strategia che, come sopra illustrato, ha favorito il conseguimento di alcuni significativi risultati nella complessa situazione del paese. Si ha ragione di ritenere che l'adozione di misure più drastiche renderebbe più difficile lo svolgimento di un'azione costruttiva nelle varie questioni in cui l'Italia è impegnata, anche sul piano finanziario, a cominciare dai negoziati di pace per il Nord Uganda.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Piccolo, il 16 gennaio 2007, presso la località di Sissano, piccolo borgo del comune di Lisignano (Istria), attualmente in territorio croato, alcuni vandali hanno sensibilmente danneggiato la locale sede della Comunità degli Italiani, recentemente ristrutturata grazie ai fondi messi a disposizione dal nostro Governo nazionale;
tale atto violento rientra nel novero di numerose azioni di vandalismo compiute di recente ai danni della minoranza italiana residente in Istria, a Fiume, nel Quarnaro ed in Dalmazia;
innanzitutto la lapide posta con regolare permesso dalla «Famiglia Parentina» nel cimitero di Parenzo nell'ottobre del 2001 a ricordo degli italiani trucidati nelle foibe, viene fatta abbattere nel gennaio del 2002 dall'allora sindaco della città; successivamente a Montona d'Istria il 22 marzo 2002 ignoti distruggono una croce ed una targa commemorativa che sorgevano sul bordo di una cava di bauxite posti a ricordo di alcuni giovani montonesi e di altre persone non identificate che furono tutte trucidate nel maggio 1945; nel luglio del 2004 in circostanze poco chiare un incendio manda letteralmente in fumo la sede della Comunità degli Italiani di Zara devastandone completamente i locali;
più recentemente questi episodi si sono fatti più frequenti: nell'ottobre del 2005 viene nuovamente colpita la Comunità di Zara con la distruzione dell'insegna della sede associativa; nel dicembre dello stesso anno alcuni ignoti balordi strappano il tricolore dalla sede della Comunità degli Italiani di Spalato;
vittima di alcuni atti di teppismo è anche la Scuola Media Superiore Italiana di Pola nel corso del mese di marzo 2006;
nell'aprile 2006 proseguono questi barbari atti vandalici con il danneggiamento di una segnaletica bilingue (italiano-croato) all'incrocio delle strade Umago-Buie-Cittanova-Capodistria mentre nell'agosto 2006 è il tricolore della Comunità Italiana di Parenzo a subire le conseguenze di un'insensata intolleranza nazionalistica;
infine nel mese di novembre 2006 viene selvaggiamente danneggiata la sede della Comunità degli Italiani di Pola suscitando da più parti una crescente indignazione;
durante questa ennesima provocazione avvenuta presso la località di Sissano il 16 gennaio, pare che i colpevoli siano stati anche identificati perché si sarebbero fermati sul posto ad attendere spavaldamente la Polizia che, in passato, non risulta essere intervenuta in modo tempestivo -:
se il Governo sia al corrente di tale situazione e del suo allarmante progressivo peggioramento;
se il Governo non ritenga opportuno intraprendere un dialogo con le autorità del posto al fine di realizzare un'attività di monitoraggio congiunta di tale situazione;
quali azioni intenda attuare il Governo di fronte a questa evidente minaccia a sfondo etnico, a tutela della minoranza italiana che vive in Croazia.
(4-02732)
Risposta. - La questione segnalata nell'atto parlamentare in parola è già nota a questo Ministero. L'atto vandalico nei confronti del Palazzo della «Comunità degli Italiani» (ristrutturato pochi anni fa grazie alle sovvenzioni del Governo Italiano per il tramite dell'Unione Italiana e dell'Università Popolare di Trieste) di Sissano, piccolo borgo del Comune di Lusignano, si è verificato nella notte del 14 gennaio scorso. Secondo le prime ricostruzioni, i responsabili si sarebbero arrampicati fino al tetto distruggendo diverse tegole e mandando in frantumi anche una vetrata. La facciata del Palazzo è stata inoltre imbrattata con una frase volgare di chiara connotazione nazionalista. In base ad una prima stima i danni ammonterebbero a circa 8 mila euro. I responsabili non sono stati ancora individuati (diversamente da quanto affermato dal Piccolo nell'edizione del 16 gennaio 2007).
A seguito dell'inqualificabile gesto, il Presidente della Comunità degli Italiani di Sissano, Paolo Demarin, ha denunciato il fatto alle Autorità di Polizia. Sia il Presidente della Giunta Esecutiva dell'Unione Italiana, Maurizio Tremul, che l'onorevole Furio Radin - il quale siede nel Parlamento croato in rappresentanza della Minoranza italiana e mantiene rapporti costanti con le nostre rappresentanze diplomatico-consolari in loco -, hanno fatto appello alle Autorità croate affinché i responsabili vengano prontamente individuati ed assicurati alla giustizia.
Come noto, nell'Istria croata si concentra la più larga parte della nostra Minoranza autoctona in Slovenia e Croazia (oltre 25.000 persone su 30.000 complessive) e la tutela della nostra Minoranza è oggetto di costante attenzione da parte di questo Ministero, per il tramite delle sue rappresentanze diplomatico-consolari.
Va peraltro segnalato come nella Regione Istriana viga il bilinguismo amministrativo italiano-croato. Numerose municipalità istriane hanno adottato nei propri statuti comunali il bilinguismo integrale (18 complessivamente, tra cui Pola, Rovigno, Buie, Umago, Cittanova, Dignano, Parenzo). Inoltre, va ricordato come l'attuale Governo croato, guidato dal Primo Ministro Ivo Sanader, leader dell'HDZ (Comunità Democratica Croata), benefici dell'appoggio esterno dell'onorevole Radin, parlamentare eletto in rappresentanza della Minoranza. Ciò a seguito della firma di un accordo di programma contenente precise garanzie da parte croata in materia di tutela della nostra Minoranza.
Il sostegno a favore della Minoranza si articola attraverso una serie di disposizioni normative - legge 193/2004, leggi 72 e 73 -, per un ammontare annuale, nel triennio 2004-2006, di 4.560.000,00 euro. A tale strumento va aggiunto l'impegno finanziario, attualmente di 2.674.000,00 euro, a favore dell'Università Popolare di Trieste che opera nell'interesse della Comunità italiana nell'intera ex Jugoslavia (di cui alla legge 960/82).
La Regione Friuli-Venezia Giulia, dal canto suo, contribuisce con un'erogazione di 1.032.913,00 euro a favore della nostra Minoranza in applicazione alla legge Regionale 79/1978.
Nel quadro di una particolare attenzione della Farnesina verso l'Istria e in un'ottica di graduale rafforzamento della presenza nei territori di tradizionale insediamento italiano, sono stati aperti due Vice Consolati Onorari nel 2004, a Pola, principale città istriana e a Buie, centro dell'ex Zona B. In Istria si indirizza una ampia quota delle risorse finanziarie che l'Italia dedica alla tutela della propria Minoranza autoctona (circa 8 milioni di euro annui).
Segnalo, infine, che l'atto parlamentare in parola fa riferimento al fatto che una serie di episodi, lesivi dei diritti fondamentali della persona e delle minoranze, siano da porre in riferimento, direttamente o indirettamente, al processo di adesione della Croazia all'Unione europea. Il Consiglio Europeo di Copenhagen (1993) ha esplicitamente affermato che il pieno rispetto di tali diritti, ed in tale ambito la tutela delle minoranze, è un criterio fondamentale per stabilire l'idoneità di Paesi potenziali candidati a far parte dell'Unione. Le segnalo, quindi, che l'argomento sarà oggetto di specifico approfondimento nel quadro del negoziato di adesione della Croazia (capitolo 23) e che in tale contesto non si mancherà di svolgere una puntuale azione di sensibilizzazione, affinché da parte croata venga assicurato un rigoroso rispetto dell'acquis comunitario.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.