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Allegato B
Seduta n. 152 del 7/5/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ACERBO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Abruzzo il Partito della Rifondazione Comunista è da tempo oggetto di atti intimidatori violenti come dimostrano i seguenti episodi verificatisi nel corrente anno 2006 e tutti di notte:
28 febbraio esplosione di una bomba carta davanti alla vetrina del circolo Prc di San Giovanni Teatino (Chieti);
13 ottobre imbrattato con una svastica il circolo Prc A. Granisci di Pescara;
31 ottobre incendio e notevole danneggiamento dello stesso circolo di Pescara;
25 novembre imbrattato con svastiche e croci celtiche la vetrata del circolo Prc di Montesilvano (Pescara);
a giudizio dell'interrogante, tali atti intimidatori non possono essere frutto di «ragazzate» a sfondo fascistoide ma sono da ricollegare all'attività politica del Prc e, segnatamente, all'impegno profuso nel contrastare ogni forma di cattiva amministrazione della cosa pubblica e di malaffare come, da ultimo, lo scandalo della Finanziaria regionale - Fira e dell'amministrazione di Montesilvano;
le Forze di Polizia risultano impegnate a fare piena luce su detti episodi ma a giudizio dell'interrogante, andrebbero adottate misure di controllo più adeguate alla gravità e - si teme - alla possibile reiterazione degli stessi -:
per sapere se il Ministro condivide l'analisi e il timore dello scrivente e, nel caso positivo, quali provvedimenti intende adottare di conseguenza.
(4-02005)
Risposta. - In relazione agli episodi menzionati dall'interrogante risulta che, effettivamente, le sedi del partito della Rifondazione Comunista indicate nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare in oggetto hanno subito, talune in più occasioni, episodi di danneggiamento.
In particolare, nella notte del 1o marzo 2006, la vetrata della porta d'ingresso della sezione di San Giovanni Teatino (Chieti) è stata mandata in frantumi per effetto dell'esplosione di un grosso petardo; non si sono verificati ulteriori atti di carattere vandalico ai danni di quella sede.
Viceversa, il circolo ubicato in piazza Grue a Pescara è stato oggetto, nella notte compresa tra il 13 ed il 14 di ottobre 2006, di scritte vergate con vernice rossa rappresentanti il simbolo della svastica e, in quella del 1o novembre 2006, di un attentato incendiario che ha causato gravi danni agli ambienti interni e alle suppellettili.
Il 25 novembre 2006, a Montesilvano (Pescara), sempre nelle ore notturne, ignoti hanno vergato sulla porta a vetri e sui muri limitrofi all'ingresso del circolo di «Rifondazione» alcune svastiche e croci celtiche ed, il successivo 30 dicembre 2006, hanno
tracciato, approfittando dell'oscurità, scritte dal contenuto offensivo.
Le Forze di polizia, coordinate dall'Autorità giudiziaria, stanno espletando approfondite indagini per assicurare alla giustizia i responsabili di tutti gli atti menzionati; inoltre è stata fortemente intensificata l'attività di prevenzione generale e di controllo del territorio, anche per le finalità di tutela delle sedi del «Partito della Rifondazione Comunista».
In conclusione, si assicura che tutti gli eventi che incidono negativamente sull'esercizio della libertà di opinione da parte di tutte le componenti politiche costituiscono oggetto di massima attenzione da parte delle Autorità di pubblica sicurezza e che, al fine di prevenire ulteriori analoghi episodi, le Forze di polizia dispongono e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, le misure per assicurare, da un lato, un più capillare controllo del territorio con priorità dei servizi di sorveglianza per la tutela degli obiettivi più esposti quali le sedi dei partiti, dall'altro, l'intensificazione dell'informazione preventiva per il monitoraggio costante delle attività svolte dagli aderenti ai gruppi politici più estremisti degli opposti schieramenti.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il servizio di trasporto ferroviario dovrebbe essere sviluppato per garantire una adeguata accessibilità di centri ad elevata vocazione turistica al fine di sostenerne lo sviluppo;
la città di Pompei rappresenta uno dei siti archeologici più famosi e visitati del mondo -:
se non ritenga opportuno intervenire affinché vengano previste maggiori fermate nella stazione di Pompei sulla linea già esistente.
(4-01358)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, con la quale si richiede di valutare l'opportunità di incrementare il numero di fermate nella stazione di Pompei, è opportuno premettere che la questione, riferendosi sostanzialmente a trasporti non inclusi nel contratto di servizio, inerisce alle autonome scelte commerciali dell'impresa ferroviaria.
La possibilità che i treni espressi notturni, inclusi nel contratto di servizio possano servire l'area turistica gravitante sulla città di Pompei appare, oltre che non in linea con la vocazione di tale servizio, volto ad assicurare la mobilità minima sulla lunga percorrenza, appare non coerente con i ridotti stanziamenti di bilancio che comportano una diminuzione piuttosto che un aumento dei collegamenti.
Nel dettaglio, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito quanto segue.
Con l'orario entrato in vigore dal 10 dicembre scorso, l'offerta ferroviaria di media/lunga percorrenza da/per la stazione in questione è articolata nel seguente modo:
una coppia di Eurostar Roma Termini-Salerno e viceversa;
una coppia di Eurostar Taranto-Roma Termini e viceversa;
una coppia di Intercity Plus Torino Porta Nuova-Salerno e viceversa;
una coppia di Intercity Milano Centrale-Salerno e viceversa (periodica venerdì-domenica);
una coppia di EXP notte Milano Centrale-Salerno e viceversa.
Da alcuni anni, inoltre, tale offerta viene incrementata in alcuni periodi dell'anno allo scopo di favorire il flusso di viaggiatori; le fermate periodiche inserite a tale scopo sono:
Eurostar 9378 Reggio Calabria-Roma Termini: la domenica dal 10 dicembre 2006 al 26 maggio 2007 e dal 9 settembre 2007 all'8 dicembre 2007;
Eurostar 9381 Roma Termini-Reggio Calabria: il sabato dal 28 maggio 2007 all'8 settembre 2007;
Eurostar 9388 Reggio Calabria-Roma Termini: il sabato e la domenica dal 25 maggio 2007 all'8 settembre 2007.
La società ferroviaria ritiene adeguata l'offerta dei collegamenti, come sopra descritti, tenuto conto dell'analisi dei dati di frequentazione. Tuttavia, una eventuale variazione di queste ultime sarà oggetto di opportuna valutazione.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
ALLASIA, FAVA, MONTANI e BRIGANDÌ. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stazione ferroviaria di Torino risulta interessata da imponenti lavori di ristrutturazione ed ammodernamento;
a quanto risulta agli interroganti, nell'ambito dei predetti lavori di ristrutturazione ed ammodernamento, le Ferrovie dello Stato e la società «Grandi Stazioni» stanno sollecitando uno spostamento del posto di polizia ferroviaria dall'attuale ubicazione, sul lato di via Sacchi, ad un sito individuato sul lato di via Nizza;
ad avviso degli interroganti tale trasferimento, ancorché interno alla stazione ferroviaria torinese, potrebbe essere foriero di non trascurabili conseguenze negative per la sicurezza dei viaggiatori, allontanando il presidio dalla testa dei binari, e contribuirebbe certamente ad aggravare il degrado della zona di via Sacchi -:
quale sia l'opinione del Governo in merito all'opportunità del riposizionamento del posto di polizia ferroviaria sito all'interno della stazione di Torino e se tale spostamento sia ritenuto funzionale rispetto all'obiettivo di garantire al meglio la sicurezza dei viaggiatori e degli abitanti di via Sacchi.
(4-02316)
Risposta. - La società «Grandistazioni», nell'ottica di un generale piano di riqualificazione della stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova, il 4 dicembre del 2006 ha consegnato al Compartimento Polizia ferroviaria per il Piemonte e la Valle d'Aosta, per le esigenze del Settore operativo, i nuovi locali ubicati in Via Nizza.
I cennati uffici, in uso dallo scorso mese di gennaio 2007, sono pienamente funzionali sotto il profilo della sicurezza e consentiranno a breve l'attivazione, all'interno della struttura, della nuova sala operativa compartimentale che si avvarrà di un complesso sistema di monitoraggio e controllo dei punti di accesso alla stazione ferroviaria, con l'utilizzo di 200 telecamere.
Il trasferimento degli uffici nella nuova struttura non ha determinato alcun tipo di difficoltà sotto il profilo operativo, né ha comportato conseguenze negative per la sicurezza dei viaggiatori, atteso che durante tutte le fasce orarie, sia diurne che notturne, sono assicurati servizi continuativi di prevenzione e controllo.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BELLANOVA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
da diverso tempo in alcune zone del paese di Presicce in provincia di Lecce non si sta effettuando il servizio di recapito postale;
questa situazione ha creato e crea gravi danni e notevoli disagi per la popolazione interessata;
nonostante ripetute richieste tese a ripristinare il regolare servizio di recapito postale, l'ente Poste ad oggi, non ha ancora provveduto a normalizzare la situazione che al contrario continua a peggiorare;
la situazione è ormai divenuta insostenibile, i cittadini sono esasperati -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché si provveda a ripristinare in modo definitivo sull'intero
territorio comunale di Presicce un adeguato e normale servizio di recapito postale.
(4-02286)
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno ricordare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni (delibera Cipe 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale, anche sotto il profilo della gestione del personale, materie che rientrano nell'ambito dell'autonomia della società la quale, tuttavia, è tenuta ad impostare i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità del servizio paragonabili a quelli degli altri Paesi europei.
Al Ministero delle comunicazioni - quale autorità di regolamentazione del settore postale - spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale; in particolare provvede all'accertamento del raggiungimento degli obiettivi di qualità da essa stessa definiti, riguardanti l'intero territorio nazionale per ciò che riguarda i tempi di recapito, per i servizi di posta standard, massiva, registrata e pacchi ordinari avvalendosi, ai fini del monitoraggio di tali servizi, della collaborazione di un organismo indipendente che fornisce con cadenza semestrale rapporti certificati sui risultati raggiunti, calcolati su base statistica, che sono resi pubblici nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Ciò premesso, in linea generale, riguardo ad alcuni disguidi lamentati nell'espletamento del servizio di recapito svolto da Poste italiane in alcune zone del comune di Presicce in provincia di Lecce la società Poste - interessata al riguardo - ha comunicato che l'ufficio postale di recapito di Presicce è articolato in tre zone, che fino al mese di luglio 2006 erano servite da tre operatori di ruolo.
Tuttavia, secondo quanto riferito, a causa dell'assenza per motivi di salute di due dei tre operatori addetti al recapito nella zona - il primo dal 9 luglio 2006 per maternità e l'alto dal 23 novembre 2006 per malattia - e per la scarsa conoscenza della logistica dei luoghi da parte del personale impegnato per la sostituzione delle unità assenti si è verificato in alcuni casi, qualche disagio.
A completamento d'informazione, infine, la stessa società ha riferito che l'azienda, fin dal 23 gennaio 2007, è intervenuta per favorire la completa normalizzazione dello svolgimento del servizio con l'applicazione, nell'ufficio postale in parola, di un'altra risorsa assunta con contratto a tempo determinato, portando così a quattro il numero degli operatori attivi sulle tre zone di recapito cui è ripartito il territorio in esame.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 21 gennaio 2004, con un ordine di servizio la Direzione Generale degli affari Generali - Risorse Umane ed Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha affidato ad interim la responsabilità della Direzione Provinciale del Lavoro (Dpl) di Lecce, per il periodo dal 2 febbraio 2004 al 31 maggio 2004, al dottor Onofrio Baldi, direttore del Servizio Politiche del Lavoro della Dpl di Bari, conservando l'incarico allora rivestito;
in data 19 aprile 2005 la Direzione Generale delle Risorse Umane ed Affari Generali - Divisione V, Sezione III del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha incaricato il dottor Cataldo Marzo della titolarità della Dpl di Lecce per il periodo dal 1 maggio 2005 al 31 dicembre 2006, stabilendo la contestuale cessazione dell'incarico all'epoca rivestito di titolare della Dpl di Brindisi;
in data 24 ottobre 2006 la Direzione Generale delle Risorse Umane ed Affari Generali - Divisione V, Area II del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
ha incaricato il dottor Antonio Marseglia, dirigente della Dpl di Brindisi fino al 31 dicembre 2006, della titolarità della Dpl di Lecce per il periodo dal primo gennaio 2007 al 30 giugno 2008;
la legge 17 agosto 2005, n. 168 «Conversione in legge con modificazioni, del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115, recante disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione. Disposizioni in materia di organico del personale della carriera diplomatica, delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso e proroghe di termini per l'esercizio di deleghe legislative», articolo 14-sexies dispone in fatto di incarichi dirigenziali: 1. All'articolo 19, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le parole: «non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale, il termini di cinque anni» sono sostituite con le seguenti «non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni»;
dal 2004 ad oggi la Dpl di Lecce si trova ad essere diretta da dirigenti con incarichi di permanenza media di un anno, un anno e mezzo;
la Dpl di Lecce svolge un ruolo importante sul territorio provinciale in considerazione degli ambiti di competenza di elevato rilievo -:
perché la recente nomina del dirigente della Direzione Provinciale del Lavoro di Lecce non è stata fatta tenendo in considerazione i parametri temporali stabiliti dalla nonna richiamata che prevedono una durata dell'incarico non inferiore a tre anni;
perché non si sia reputato opportuno affidare la titolarità della Dpl di Lecce ad un dirigente titolare;
se non si reputi opportuno intervenire affidando la direzione della Dpl di Lecce ad altro dirigente in grado di adempiere all'incarico garantendo maggiore continuità.
(4-02320)
Risposta. - L'incarico ad interim presso la Direzione provinciale del lavoro di Lecce è stato conferito al dottor Baldi limitatamente al periodo 2 febbraio 2004-31 maggio 2004, in attesa di individuare il nuovo dirigente cui conferire l'incarico di preposto.
Per quanto riguarda, invece, gli incarichi conferiti al dottor Cataldo Marzo ed al dottor Antonio Marseglia si precisa che, pur avendo gli stessi diritto ad un incarico ai sensi dell'articolo 20 del CCNL 2002/2005 personale dirigente Area I, non è stato possibile conferire loro detto incarico per il periodo di tempo minimo previsto dall'articolo 19, comma 2 del decreto legislativo n. 165/01, essendo i dirigenti in parola prossimi al collocamento a riposo per il raggiungimento del limite di età.
Peraltro, il blocco delle assunzioni previsto dalle leggi finanziarie per questi ultimi anni, ha impedito un turn over del personale con qualifica dirigenziale, con conseguente carenza di nuovi dirigenti con età anagrafica più giovane.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di Finanza di Milano, nell'ambito di una complessa operazione denominata «Khyber pass», tesa a contrastare una rete internazionale dedita allo spaccio di droga, ha eseguito, in data 18 ottobre 2006, 20 ordinanze di custodia cautelare;
le venti ordinanze hanno portato alla cattura di 7 narcotrafficanti in Italia, di cui cinque a Carpi, in provincia di Modena e due a Torino;
a Carpi avrebbe avuto sede la filiale italiana di quella che gli inquirenti hanno definito una vera e propria «rete bancaria informale ed illecita», gestita da pachistani e ramificata in tutto il mondo, in grado di gestire e trasferire enormi flussi
di denaro, dai due ai 4 milioni di dollari al giorno, in ogni parte del mondo;
gli inquirenti hanno definito questa rete bancaria illecita «filiera bancaria islamica», ipotizzando che chi controllava queste somme sarebbero fedeli di gruppi radicali islamici;
il referente italiano della rete di narcotrafficanti sarebbe un cittadino pachistano residente a Carpi, che aveva la sua base operativa in un negozio di barberia della città;
l'operazione «Khyber pass» sarebbe inoltre collegata al finanziamento della moschea islamica di Carpi e all'arresto del «tesoriere» di una associazione culturale di carpi di ispirazione sciita, che nell'anno 2002 venne sottoposta ad indagini in quanto ritenuta legata ad Al Qaida e sostenitrice della lotta islamica;
nel recente passato diversi centri dell'Emilia Romagna, come Modena e Reggio Emilia, sono stati al centro di inquietanti episodi riguardanti l'attività di extracomunitari legati a movimenti radicali islamici o finalizzati al reclutamento di soggetti sostenitori della lotta integralista islamica -:
se il Governo non intenda intervenire, per fare luce sul preoccupante insediamento, sul territorio dell'Emilia Romagna, di cellule criminali presumibilmente collegate al movimento integralista islamico;
se il Governo intenda assumere iniziative, per controllare e verificare che le numerose attività commerciali, presenti sul territorio dell'Emilia Romagna e gestite da cittadini extracomunitari, non celino funzioni ed obiettivi diversi da quelli per cui sono state aperte.
(4-01361)
Risposta. - L'operazione «Khyber Pass» è stata condotta dal Nucleo di polizia tributaria di Milano della Guardia di finanza, in collaborazione con organi di polizia stranieri, ed ha consentito di disarticolare una vasta organizzazione criminale attiva, oltre che in Italia, in molti Stati esteri di Europa, Asia, Oceania ed Americhe e dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti ed al conseguente riciclaggio dei proventi illeciti.
Nell'ambito dell'operazione sono state emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano 20 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di cittadini albanesi e di persone di origine indiana e pachistana, che hanno condotto alla cattura di 7 persone - 2 a Torino e 5 a Carpi - ed alla notifica di 4 provvedimenti cautelari nei confronti di soggetti già detenuti presso gli istituti penitenziari di Milano, Torino e Bologna. Sono altresì in corso le procedure per la notifica in Germania ed Albania di 4 ordinanze nei confronti di soggetti già arrestati nel corso di operazioni antidroga condotte in collaborazione con gli organi di polizia di quei Paesi, nonché le ricerche di ulteriori 5 persone, da tempo irreperibili in Italia e sfuggite all'arresto.
La complessa indagine, svoltasi nel nostro Paese nelle province di Milano, Torino, Bologna e Modena - ed in particolare a Carpi - ha consentito inoltre di sequestrare kg 136 di eroina e 11 di cocaina e di accertare che a Carpi aveva sede una «filiale» italiana di una rete bancaria illecita, gestita da cittadini pachistani, della quale non è stato confermato il collegamento con gruppi radicali islamici.
È stata inoltre documentata l'esportazione di 674.000 euro, provento del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, ed è stato accertato che il referente della rete di narcotrafficanti era un cittadino pachistano residente a Carpi ed esercente l'attività di parrucchiere.
Le attività investigative si sono concluse con l'arresto del «cassiere» dell'associazione culturale di ispirazione sciita Al Imamyya welfare organization di Carpi.
Nessun elemento è emerso in merito a presunti finanziamenti della moschea della città.
Relativamente alla presenza in Emilia-Romagna di «cellule criminali presumibilmente collegate al movimento integralista islamico», si segnala che, sin dalla metà degli anni '90, la regione è stata oggetto di costante attenzione investigativa da parte
delle forze dell'ordine, le quali hanno portato a termine varie operazioni nei confronti di ambienti estremistici islamici.
Si segnala, ad esempio, che, nel settembre 2006, nel contesto di un'indagine dei Carabinieri su un gruppo di maghrebini gravitanti su Bologna, attivi nella raccolta di fondi per il jihad e nel supporto logistico ad estremisti islamici, sono stati espulsi 5 cittadini tunisini, ricorrendo i presupposti previsti dall'articolo 3 del decreto-legge n. 144 del 2005, convertito dalla legge n. 155 del 2006, e dall'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998.
Inoltre, il 18 gennaio scorso, nel quadro di una più vasta attività infoinvestigativa concernente la possibile presenza in Italia di «mujaheddin» arabi ex combattenti nei Balcani, sono stati arrestati a Parma, per possesso di documenti falsi, due cittadini algerini provenienti dalla Bosnia-Erzegovina ed intenzionati a ricollocarsi in Europa.
Si precisa anche che la Guardia di finanza, nel quadro di un'iniziativa interforze attivata nell'ambito del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, ha in corso sul territorio nazionale, dal mese di agosto del 2005, uno specifico piano d'intervento volto al monitoraggio del settore del money transfer, attraverso l'esecuzione di controlli di natura amministrativa nei confronti di stranieri operanti nel settore, anche allo scopo di verificare l'osservanza della disciplina antiriciclaggio e la regolarità delle operazioni di trasferimento dei fondi onde accertare l'eventuale utilizzo del sistema per finanziare il terrorismo internazionale od altri illeciti.
In tale contesto, in Emilia-Romagna, dall'agosto 2005 sono stati controllati più di 50 obiettivi ed identificate oltre 200 persone, con il sequestro di un call center e la revoca della licenza per la gestione di un altro, nonché con il deferimento di 41 persone, in stato di arresto o di libertà, all'Autorità giudiziaria.
I predetti interventi si inquadrano, come accennato, in una specifica intensa attività preventiva interforze condotta a livello nazionale verso i luoghi di aggregazione delle comunità islamiche, quali call center, internet point, money transfer (ed altri), in cui maggiormente frequente è la presenza di stranieri gravitanti nell'area dell'integralismo islamico.
Nel corso del 2006, nel citato contesto, sono stati sottoposti a verifica oltre 10.000 obiettivi, con l'identificazione di circa 40.000 stranieri, 927 dei quali denunciati per inosservanza delle norme sul soggiorno sul territorio nazionale e 386 arrestati per vari reati.
Sono state avviate le procedure per l'espulsione per 1.088 stranieri, mentre altri 20 sono stati espulsi per motivi di ordine e sicurezza pubblica.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
sono stati resi noti in data 21 febbraio 2007 i dati rilevati dall'Istat riguardanti la violenza contro le donne in Italia;
l'Emilia Romagna risulta al primo posto nella classifica nazionale per casi di violenza contro le donne con il 38,2 per cento dei casi di violenza fisica o sessuale;
la Regione e gli enti territoriali dell'Emilia-Romagna hanno da tempo promosso significative iniziative volte alla promozione di politiche di genere, per le pari opportunità e contro le violenze sulle donne, anche attraverso appositi uffici e centri antiviolenza;
secondo quanto pubblicato sul sito della Regione, è stato firmato nel 2000 un protocollo d'intesa tra la Regione, l'Associazione dei Comuni, l'Unione delle province e le Associazioni operanti sul territorio sulla tematica della violenza contro le donne per individuare strategie comuni di contrasto al fenomeno;
la Regione ha promosso indagini conoscitive e ricerche sulla materia, producendo
pubblicazioni ed un «CD-ROM per un percorso di educazione antiviolenta...» -:
se siano a conoscenza dei fatti come sopra esposti;
se siano a conoscenza di ulteriori circostanze delle quali vogliano informare la Camera dei deputati;
quali siano le valutazioni sulle cause che determinano il triste primato dell'Emilia Romagna nella classifica nazionale relativa alle violenze sulle donne e se non si ravvisi la necessità di un approfondimento in proposito, al fine di contrastare il ripetersi di episodi che oltre a turbare l'ordine pubblico e la sicurezza, costituiscono una grave violazione dei diritti umani e civili delle donne vittime di violenze;
quali iniziative intendano promuovere per affermare efficaci politiche di prevenzione del fenomeno, anche attraverso un inasprimento delle pene per chi commetta reati contro le donne, al fine di ottenere una quanto mai auspicabile inversione di tendenza;
se esista un dato disaggregato riguardante la violenza sulle donne da parte di immigrati clandestini e non, come giudichi la circostanza che nelle comunità immigrate di religione islamica la stragrande maggioranza delle donne siano, a quanto risulta all'interrogante, di fatto trattate alla stregua di schiave e come intenda intervenire.
(4-02725)
Risposta. - In riferimento ai quesiti posti dall'interrogante si rappresenta quanto segue:
la ricerca dell'ISTAT, cui si fa riferimento nell'interrogazione è stata commissionata dal ministero per i diritti e le pari opportunità e presentata il 21 febbraio 2007. Essa affronta il tema della violenza e dei maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia. I dati riportati sono allarmanti: il 31,9 per cento delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni sono vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. La ricerca ha confermato che la maggioranza delle vittime subisce atti di violenza fisica e sessuale ripetuti, soprattutto ad opera del partner. I partner sono i responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate, ma anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro e i rapporti sessuali non desiderati ma subiti per paura delle conseguenze (circa il 70 per cento degli stupri è opera di partner) e il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro appare tanto più elevato tanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Fenomeno molto diffuso e preoccupante è poi lo stalking, cioè quei comportamenti persecutori ad opera del partner in seguito alla separazione, gravemente limitanti della libertà e della vita delle donne (circa il 20 per cento).
Per quanto attiene al quesito posto relativo alle valutazione sulle cause che determinano «il triste primato dell'Emilia Romagna nella classifica nazionale» (38,2 per cento), si evidenzia che tale dato non si discosta in modo significativo da quello di altre regioni (ad esempio Lazio 38,1 per cento o Lombardia 34,8 per cento), pur trattandosi di regioni che presentano caratteristiche socioeconomiche e culturali non omogenee tra di loro. Sempre a titolo di esempio può apparire preoccupante il dato di una regione piccola e apparentemente meno soggetta alle problematiche relative al disagio sociale e alla violenza come la Valle d'Aosta, la cui percentuale si attesta al 35 per cento circa. Dai dati disaggregati per regione colpisce che le Regioni del Sud Italia presentino tutte risultati inferiori al 30 per cento, abbassando significativamente la media nazionale. Trattandosi di una indagine basata sulle dichiarazioni volontarie del campione delle donne intervistate, si può presumere che vi sia una minore propensione delle donne meridionali a far emergere le situazioni di violenza subita. Pertanto non sembra emergere una specificità dell'Emilia Romagna in tema di violenza alle donne.
Peraltro, come rilevato anche dall'interrogante la regione Emilia Romagna risulta particolarmente attiva in tema di prevenzione
della violenza alle donne e servizi di accoglienza e assistenza alle vittime. Dai dati forniti dalla Regione stessa, sono operativi diversi centri antiviolenza regionali e altri soggetti attivi nel sociale. È inoltre in corso di pubblicazione una ricerca commissionata dalla Regione che rileva e analizza il dato sulla violenza alle donne nel corso del 2005, ma di cui sono già noti i risultati: le donne accolte o ospitate sono state in totale 1419, di cui 1271 dai centri antiviolenza e 148 da altri soggetti. Le donne a cui è stata fornita ospitalità in strutture protette perché in situazione di pericolo sono state in totale 109. Fra le donne accolte il 37 per cento circa sono risultate straniere e provenienti prevalentemente dai paesi dell'Est Europa e dall'Africa maghrebina e centrale.
In riferimento alle iniziative che il Governo intende assumere si ricorda che l'adozione di una normativa di contrasto verso ogni forma di violenza e molestia sessuale o di genere rientra a pieno titolo tra gli obiettivi prioritari del Governo. A tale proposito il Ministro per i diritti e le pari opportunità, insieme ai Ministri della giustizia e delle politiche per famiglia, ha assunto come prima iniziativa un disegno di legge sulla violenza, già presentato alle Camere, in particolare presso la Camera dei deputati in data 25 gennaio 2007 (Atto Camera 2169), che ha come obiettivo quello di attuare un intervento integrato e su più fronti e livelli a contrasto dei fenomeni di violenza sulla persona, specie nelle relazioni familiari e affettive.
Il testo presentato mira a predisporre e attivare una serie di misure di sensibilizzazione sociale e di prevenzione e, sul piano del riconoscimento di diritti individuali, viene effettuato un rilevante intervento innovativo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sul codice civile, al fine di assicurare riconoscimento e tutela, sostanziale e processuale, alle vittime di delitti accomunati dalla caratteristica di realizzare la prevaricazione sulla debolezza, determinata da molteplici ragioni, della parte offesa.
I piani sui quali si prevede un intervento integrato sono quattro: la predisposizione di misure di sensibilizzazione e prevenzione, il riconoscimento di diritti alle vittime di violenza, la tutela penale delle vittime di violenza, l'ampliamento della tutela processuale sia penale sia civile.
Per quanto riguarda l'attivazione di specifiche politiche educative sul tema, si prevede un intervento a tutto campo attraverso misure di sensibilizzazione e prevenzione, fissando tra gli obiettivi della formazione scolastica di ogni ordine e grado il pieno riconoscimento dei principi di pari dignità sociale, eguaglianza e non discriminazione per ragioni di genere, e attuando anche interventi formativi rivolti ai docenti.
Per quanto attiene ai servizi socio-sanitari, si prevedono anche in questo ambito interventi di specifica formazione del personale sanitario al fine di migliorare la capacità di riconoscimento degli episodi di violenza di genere e, nel contempo, di assicurare un intervento assistenziale e riabilitativo più adeguato alle esigenze delle donne vittime di violenze.
Per quanto attiene alla materia penale, in tema di violenza sessuale gli interventi previsti tenderanno ad una maggiore attenzione verso violenze commesse da chi abbia con la vittima un rapporto privilegiato, con particolare riferimento all'ambito familiare, poiché i rapporti che investono tale ambito si basano su relazioni di tipo fiduciario con conseguente abbassamento del livello di guardia nella vittima e comportano situazioni di particolare e deprecabile prevaricazione sulla parte offesa. Si propone di incidere anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l'effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni applicabili.
Di particolare interesse è la nuova fattispecie delittuosa che si intende introdurre al fine di dare una risposta alle situazioni di molestie continuative e minacce cui le donne sono frequentemente sottoposte. La previsione del nuovo delitto di «atti persecutori» intende assicurare un più efficace intervento repressivo rispetto a comportamenti vessatori, perduranti nel tempo e sovente precursori di più efferate aggressioni,
come messo in luce da numerosi fatti di cronaca. Il reato di stalking di cui si prevede l'introduzione consta sia nella reiterazione di condotte disturbanti, sia nella reiterazione ossessiva di intimidazioni, tali da sconvolgere la qualità di vita della donna o da porla in stato di soggezione o in grave disagio fisico o psichico, generando spesso timore per l'incolumità individuale propria o dei propri familiari.
Anche in materia processuale si prevedono misure miranti a rendere i giudizi più veloci ed efficaci e ad assicurare maggiore tutela e sostegno alla vittima, con possibilità per i soggetti istituzionalmente coinvolti nell'assistenza alle vittime dei delitti di violenza sessuale, in particolare per gli enti locali e i centri antiviolenza, di intervenire nel processo, offrendo così alla vittima un solidale affiancamento nel corso del processo stesso. Di particolare rilevanza è la disposizione che riconosce alla Presidenza del Consiglio dei ministri la possibilità di intervenire in giudizio nei procedimenti per delitti di violenza di genere o per ragioni discriminatorie.
Si ricorda inoltre che è stata avviata una iniziativa pubblicitaria nazionale di sensibilizzazione e di diffusione del numero verde di pubblica utilità 1522 «Antiviolenza Donna» dedicato al supporto, alla protezione e all'assistenza delle donne vittime di maltrattamenti e violenze. Peraltro il tema è inserito tra le priorità e le strategie del Piano delle iniziative previste per l'Anno europeo delle pari opportunità.
Rientra nell'ottica di un intervento complessivo a livello nazionale l'istituzione di un Osservatorio contro la violenza, come previsto dalla legge finanziaria, attraverso il quale si intende realizzare una rete integrata col privato sociale, dando vita al Registro dei centri anti-violenza presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, al fine di favorire lo scambio di informazioni con le istituzioni pubbliche e la gestione condivisa degli interventi del piano nazionale un carattere permanente e strutturato.
Per quanto riguarda la specifica situazione delle donne immigrate, i dati disaggregati richiesti dall'interrogante relativi alla violenza sulle donne da parte di immigrati clandestini e non, e specificamente la situazione di violenza alle donne nelle comunità islamiche, al momento non sono disponibili. Tuttavia si ricordano gli impegni assunti dal Governo relativi alla promozione di iniziative di sensibilizzazione e campagne informative finalizzate alla piena integrazione delle donne immigrate in Italia e l'avvio di un tavolo di consultazione che veda coinvolti, oltre alla Consulta islamica e le associazioni delle principali comunità presenti in Italia, anche le associazioni femminili di riferimento.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.
BIANCHI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi 20 mesi la locride è stata teatro di circa 30 omicidi che hanno ingenerato una stato di preoccupazione e di angoscia nelle popolazioni locali;
per molti casi di criminalità organizzata consumati nell'area non sono state ancora accertate le responsabilità;
le carenze di organico della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri potrebbero rallentare i procedimenti in corso e le esigenze di giustizia -:
quali iniziative intenda assumere per dotare la Procura della Repubblica di Locri del personale giudiziario ed amministrativo necessario a far fronte ai procedimenti ivi incardinati;
se non ritenga necessario procedere ad un'analisi puntuale del fenomeno criminoso nella locride al fine di rendere operative le necessarie misure di contrasto, ivi comprese quelle relative alla presenza più diffusa sul territorio delle forze di polizia con la connessa attività di prevenzione e di controllo.
(4-00585)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente che il personale
di magistratura togato previsto nell'organico della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri è composto, oltre che dal capo dell'ufficio, da 8 sostituti procuratori della Repubblica e non presenta, allo stato, alcuna vacanza.
Per quanto concerne la dotazione organica del personale amministrativo, sono previste 56 unità e sono presenti 46 dipendenti, considerati 2 soprannumerari, 1 operatore giudiziario B1 ed 1 ausiliario A1.
Delle attuali vacanze, alcune si riferiscono a posti aumentati o introdotti ex novo con decreto ministeriale 6 aprile 2001, in virtù del nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo, sottoscritto il 5 aprile 2000, in funzione delle procedure di riqualificazione del personale.
È, comunque, opportuno evidenziare che in data 1o settembre 2006 è stato pubblicato un interpello straordinario per la mobilità interna - ai sensi dell'articolo 19 dell'accordo 28 luglio 1998 - dove sono stati inclusi tutti i posti vacanti di cancelliere C1, compresi i tre della Procura di Locri. All'esito della procedura, i citati posti sono rimasti scoperti per mancanza di aspiranti.
Anche in occasione dell'individuazione delle sedi per l'assunzione di 99 cancellieri C1 - di cui 3 da destinare ai distretti di Catanzaro e Reggio Calabria, da attingere tra gli idonei del concorso a 443 posti di ufficiale giudiziario C1, come previsto dalla legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria per il 2005) - è stata inclusa la sede di Locri (un posto al Tribunale ed un posto alla Procura). Solo il posto del Tribunale è stato coperto.
Per quanto riguarda le nuove assunzioni, si rappresenta che la legge finanziaria per l'anno 2007 non prevede specifiche disposizioni che garantiscano all'Amministrazione di assumere personale delle Cancellerie e Segreterie giudiziarie e degli uffici notifiche esecuzioni protesti. La medesima legge prevede soltanto (articolo 1, comma 521) la possibilità di «stabilizzare» (cioè assumere a tempo indeterminato), previe prove selettive, il personale ex «lavoratori socialmente utili» che attualmente presta servizio a tempo determinato negli uffici della Amministrazione. Le relative procedure potranno essere avviate solo dopo che sarà comunicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione tra tutte le Amministrazioni interessate delle unità che potranno essere «stabilizzate» e del fondo per realizzare le relative assunzioni. Per le altre assunzioni a tempo indeterminato questa Amministrazione presenterà prossimamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della funzione pubblica, secondo le regole generali valide per tutte le Amministrazioni dello Stato, la richiesta di autorizzazione, così come fatto nell'anno 2006, e potrà essere autorizzata ad assumere il numero di unità di personale che sarà compatibile con le richieste delle altre Amministrazioni e con i fondi disponibili.
La legge finanziaria per il 2007 ha, inoltre, previsto anche una forte riduzione delle assunzioni a tempo determinato che possono essere effettuate dall'Amministrazione nell'anno in corso, la cui spesa complessiva non può superare il 40 per cento (anziché il 60 per cento come previsto per l'anno 2006) della somma sostenuta a pari titolo nell'anno 2003. È poi, comunque, necessaria la preventiva autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Per assicurare la funzionalità degli uffici in cui l'insufficienza del personale determina le maggiori criticità, assume particolare rilievo lo strumento dell'applicazione di personale in ambito distrettuale, ai sensi dell'articolo 18 dell'accordo sulla mobilità interna del personale, sottoscritto con le organizzazioni sindacali il 28 luglio 1998.
Tale istituto, infatti, consentendo al Procuratore generale della Repubblica di Reggio Calabria, nell'ambito del potere di vigilanza sugli uffici requirenti di propria competenza, di disporre applicazioni di personale sulla base della comparazione delle diverse esigenze rappresentate dagli uffici sottoordinati, costituisce di fatto il più rapido ed efficace strumento di redistribuzione delle risorse umane esistenti in ambito locale.
Peraltro, proprio in considerazione della rilevanza di tale istituto, l'allora Direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e
degli affari generali del Ministero emanò, in data 7 aprile 2000, la circolare n. 2/3-S-448, nella quale si chiarisce che il ricorso all'applicazione, in quanto connesso alle esigenze di copertura delle vacanze degli organici, è ammesso anche per periodi di tempo particolarmente lunghi, durante i quali deve essere assicurato, ove possibile, l'avvicendamento del personale - di cui al citato articolo 18, comma 4 - per evitare che il peso dell'applicazione gravi su un unico dipendente ovvero su un unico ufficio.
Per quanto concerne la situazione della pubblica sicurezza in Calabria, si forniscono i dati pervenuti dal Ministero dell'interno.
Nel territorio di Locri, nel periodo di tempo compreso tra gennaio 2004 e luglio 2006, sono stati commessi 32 omicidi.
In base alle risultanze delle indagini, per la maggior parte ancora in corso, 9 omicidi devono ritenersi riconducibili alla criminalità organizzata, mentre gli altri casi sono ascrivibili a moventi di natura diversa.
Tra gli eventi accaduti nel periodo in riferimento si ritengono di particolare rilievo, anche per le possibili ripercussioni che ne sarebbero potute derivare, gli omicidi di Giuseppe Cataldo (commesso il 15 febbraio 2005) e di Salvatore Cordì (commesso il 31 maggio 2005).
L'ipotesi investigativa che, allo stato, si ritiene più fondata è che l'uccisione di Cordì, in pieno centro di Sidereo, sia da inserire nell'ambito della sanguinosa e cruenta «faida di Locri», che da anni - fatta eccezione per alcuni periodi di tregua - ha visto contrapposte le due agguerrite cosche locresi, ossia quelle dei Cataldo e dei Cordì.
L'agguato teso a Salvatore Cordì, infatti, sarebbe la «risposta» all'omicidio di Giuseppe Cataldo, nipote di Giuseppe Cataldo, detenuto, capo dell'omonima cosca.
L'episodio più eclatante, nel periodo di riferimento, è stato l'omicidio di Francesco Fortugno, vice Presidente del Consiglio regionale della Calabria.
Dalle indagini, condotte dalla Polizia di Stato con la collaborazione dell'Arma dei Carabinieri, sembra che il luogo del delitto, un seggio elettorale costituito per le «Primarie» dell'Unione, non sia stato prescelto per la sua valenza simbolica, ma sia stato deciso dai sicari, che già da alcune settimane seguivano la vittima, cogliendo nella presenza della stessa in quella circostanza l'occasione propizia per agire, anche se non può escludersi che i mandanti abbiano inteso lanciare un «messaggio», al momento non meglio individuabile.
L'incessante attività investigativa condotta dalle forze di polizia, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, ha consentito di individuare sia gli esecutori materiali del grave fatto di sangue, sia i presunti mandanti dell'omicidio Fortugno.
In termini generali, si evidenzia che la recrudescenza delle fenomenologie criminali in Calabria è stata già oggetto di uno specifico programma d'intervento, approvato nel 2004, dal Ministro dell'interno, successivamente aggiornato in relazione agli scenari in atto.
Il programma è stato sviluppato attraverso l'adeguamento qualitativo del dispositivo di controllo del territorio, un dettagliato lavoro di mappatura della criminalità organizzata calabrese nell'ambito di un progetto di analisi condotto dalle strutture della Polizia criminale, nonché attraverso la costituzione, a Reggio Calabria di un gruppo di lavoro interforze coordinato dalla Direzione investigativa antimafia, che opera per l'attuazione di un'ampia «circolarità informativa» sul fenomeno criminale, anche nell'ottica di una attiva promozione di misure di prevenzione patrimoniali, rivelatesi un mezzo particolarmente efficace nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata.
Si segnala, anche, che il 30 maggio scorso è stato sottoscritto un Protocollo d'intesa tra il Presidente della Regione Calabria ed i prefetti di Reggio Calabria e di Catanzaro, in cui è stata convenuta la convocazione, almeno una volta l'anno, della Conferenza regionale delle Autorità di pubblica sicurezza, con la partecipazione del Presidente della Giunta regionale della Calabria, anche al fine di individuare strategie
di azione per l'intervento in settori di particolare rilevanza per il territorio.
Sulla base delle descritte linee d'intervento, l'azione svolta dalle forze di polizia sul piano operativo ha consentito di raggiungere significativi risultati nelle attività di contrasto alla «ndrangheta», a cominciare dalla positiva evoluzione dell'azione investigativa conseguente all'omicidio Fortugno, per il quale sono stati identificati e tratti in arresto i quattro presunti responsabili, unitamente ad altri cinque affiliati alla cosca «Cordì» dominante a Locri.
Dal mese di luglio 2004 a giugno 2006 in Calabria si rilevano:
l'arresto di oltre 6.000 persone, tra le quali 50 latitanti, di cui 5 inseriti nel Programma speciale di ricerca dei 30 latitanti più pericolosi;
la disarticolazione di 30 associazioni di tipo mafioso e di 19 sodalizi criminali dediti al traffico di stupefacenti;
la repressione di gravissimi episodi illeciti nel settore dei finanziamenti pubblici comunitari, nazionali e regionali;
la proposta di 467 misure di prevenzione personale e di 40 misure di prevenzione patrimoniale;
il contrasto alle coltivazioni illecite di «canapa indiana», anche con il sinergico impiego di mezzi aerei, con 400.000 piante individuate e sequestrate (pari a quasi il 70 per cento del dato nazionale);
l'istituzione, a Locri, del Reparto territoriale dell'Arma dei Carabinieri.
Tuttavia, alla luce dei fenomeni criminosi più recenti, si stanno assumendo nuove iniziative per una risposta organica e strutturale ai problemi di sicurezza della regione. Oltre al varo, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, di una «cabina di regia» per le questioni economico-sociali e di sicurezza della Calabria, si darà corso, in tempi brevi, sulla falsariga di iniziative già assunte per Napoli, ad un rafforzato modello di sicurezza partecipata, da ricondursi ad un nuovo «Patto per la Calabria sicura», che veda il coinvolgimento diretto dei poteri locali nelle tematiche che attengono alla gestione della sicurezza.
Significativo, in proposito, è stato il vertice operativo del 13 novembre 2006 a Lamezia Terme, presieduto dal Ministro dell'interno, cui hanno partecipato i vertici degli uffici giudiziari e quelli delle forze dell'ordine a livello nazionale, regionale e provinciale.
In detta sede, oltre a dare immediato avvio ad interventi operativi finalizzati a contrastare, in modo pieno ed efficace, ogni tentativo di controllo del territorio da parte delle cosche, è stato posto l'obiettivo, d'intesa con i rappresentanti del Ministero della giustizia, di potenziare gli organici degli uffici giudiziari.
Si comunica, infine, che, alla data del 30 agosto 2006, il dispositivo delle tre forze di polizia presenti in Calabria risulta essere complessivamente pari a 11.471 unità, con un rapporto operatore-abitanti pari a 1/175, più favorevole del valore medio nazionale, che è pari ad un operatore ogni 256 abitanti.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
BUONTEMPO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la normativa che regola il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio della vigilanza privata (testo unico delle leggi di PS «RD 773/1931» e relativo regolamento di esecuzione «RD 635/1940») recita: chiunque ottenga una autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di P.S. ritenga di imporgli (articolo 9 RD 773/1931);
in particolare, fra le prescrizioni di cui sopra, rientrano anche quelle risultanti dall'approvazione prefettizia delle tariffe massime e minime che ogni singolo istituto di vigilanza può praticare ai propri clienti per ogni singola tipologia di servizio; tariffe, queste ultime, che devono essere indicate nel provvedimento autorizzatorio
rilasciato dalle prefetture territorialmente competenti (CFR. l'articolo 257 del RD 635/1940 recita «l'atto di autorizzazione deve contenere ..... l'approvazione delle tariffe»);
a fronte di tali prescrizioni normative, il sistema di approvazione delle tariffe dei servizi di vigilanza si fonda su due figure:
a) la «tariffa di legalità» che viene fissata con decreto ed in via generale dal prefetto per ogni provincia e che opera come valore medio di mercato - concertato con le associazioni di categoria - da cui gli istituti di vigilanza possono liberamente discostarsi, in ribasso o in rialzo, entro una fascia stabilita con il medesimo decreto prefettizio;
b) la tariffa «individuale» di ogni singolo istituto: ovvero quella che (in ossequio all'articolo 257 del RD 635/1940) è riportata nell'autorizzazione di ogni operatore della vigilanza e che quest'ultimo è stato autorizzato a praticare dal prefetto stesso nei confronti dei suoi clienti.
Il Ministero dell'Interno, con circolare 6 novembre 1999, consente a tutti gli istituti di vigilanza la possibilità di farsi autorizzare dal prefetto a praticare una loro tariffa individuale che sia inferiore a quella minima di «legalità» valevole nella stessa provincia; ciò previo apposito procedimento istruttorio condotto dagli uffici della prefettura su istanza di parte ed a condizioni che la nuova tariffa individuale approvata venga riportata nell'autorizzazione del singolo istituto interessato (cfr. sul punto consiglio di stato sez. VI, 4 ottobre 2002 n. 5253 che rileva: «la nuova modalità di approvazione della tariffa, superando il sistema fondato sulla previsione di un tariffario minimo inderogabile, ha eliminato la precedente rigidità, giacché è prevista una banda di oscillazione e la possibilità che, sulla base di apposita istruttoria, vengano approvati i tariffari dei singoli istituti anche al di sotto del livello più basso della suddetta banda»);
a seguito di tale distinzione, la più recente giurisprudenza amministrativa (superando un precedente orientamento), da un lato, ha confermato che le tariffe di legalità sono derogabili (previo l'espletamento della prescritta istruttoria) ma, dall'altro lato, ha espressamente statuito che le tariffe «individuali» sono invece del tutto vincolanti e non superabili in ribasso, pena - in caso contrario - l'inammissibilità delle relative offerte di gara.
Piu precisamente, in proposito è stato giudicato che, pur se le tariffe minime, stabilite in linea generale dal prefetto hanno perso la loro cogenza, permane la necessità che gli istituti di vigilanza pratichino, in sede di gara, le specifiche tariffe, approvate dal prefetto sulla base del parametro di riferimento, costituito dalle tariffe di legalità (consiglio di stato - sez. VI 23/01/2006 n. 180).
Non solo: la stessa giurisprudenza è ferma nel ritenere che «l'atto di approvazione delle tariffe, in quanto parte integrante del provvedimento autorizzatorio, continua ad essere necessario per il legittimo svolgimento del servizio di vigilanza (e) ...., a prescindere dalle previsioni contenute nel bando, ..... incide in modo diretto sul titolo che legittima l'espletamento dell'attività di vigilanza, non potendo non avere riflessi sull'offerta»; di modo che quest'ultima «potrà essere considerata valida solo se sottoposta positivamente al controllo prefettizio, che ne garantisce la serietà in relazione alla corretta gestione del servizio» (Cons. di stato, Sez. VI, 4 ottobre 2002 n. 5253 ove si sottolinea che gli «effetti vincolanti per gli istituti di vigilanza in sede di offerta nelle gare non riguardano ... le tariffe approvate in via generale dal Prefetto, ..., ma i singoli tariffari che le stesse imprese sottopongono all'autorità prefettizia per l'approvazione»);
d'altra parte, la già citata circolare ministeriale 8 novembre 1999 prevede che - a fronte del mancato rispetto da parte di un Istituto della propria tariffa individuale approvata - il prefetto avvii le ispezioni del caso con l'ausilio degli enti preposti (Inps - Guardia di finanza ecc.),
infliggendo per dette inadempienze, sanzioni che possono arrivare anche alla revoca della licenza (sul punto, tra le più recenti, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 2006, 2266 ove si evidenzia che «l'approvazione delle tariffe "individuali", oltre ad essere un elemento costitutivo indefettibile della licenza di pubblica sicurezza rilasciata ai sensi degli artt. 9 e 134 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza condiziona pure l'espletamento della stessa attività di vigilanza, al punto che il mancato rispetto dei minimi tariffari può comportare conseguenze sanzionatorie a carico degli istituti) tra le quali la revoca dell'assenso all'esercizio»);
ne consegue che l'eventuale affidamento di un appalto di vigilanza (pubblico o privato) ad un istituto che offra prezzi inferiori a quelli risultanti dall'applicazione della propria tariffa individuale, espone la stazione appaltante al concreto rischio che l'appaltatore - in corso d'opera - venga privato dal Prefetto di quel titolo autorizzativo che è ex lege (articolo 134 TULPS) la condizione indispensabile per l'esercizio dell'attività di vigilanza privata;
alcuni istituti di vigilanza privata operano con disinvoltura praticando prezzi inferiori alle proprie tariffe autorizzate -:
quali iniziative si intendano assumere per:
sollecitare la prefettura a sottoporre a verifica i vari contratti in essere evidenziando quelli non rispettosi delle normative inequivocabili previste;
sottoporre a revoca le autorizzazioni concesse alle imprese inandempienti.
(4-00223)
Risposta. - L'articolo 257 del regio decreto n. 635 del 1940, di approvazione del regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, dispone che i corrispettivi richiesti dalle imprese per i servizi resi nel settore della vigilanza privata siano approvati dal Prefetto competente per territorio con provvedimento che è parte integrante della licenza per l'esercizio della citata attività di vigilanza.
Anche per effetto di pronunce dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il sistema di approvazione delle tariffe è attualmente imperniato sulla cosiddetta «tariffa di legalità», con la quale il prefetto determina, entro margini di congruità preventivamente valutati, il corrispettivo di ciascuna tipologia di servizio, prevedendo, nell'ambito di tale corrispettivo, un'oscillazione percentuale fra un minimo ed un massimo, all'interno della quale è consentito ai singoli operatori di scegliere la propria tariffa, secondo valutazioni legate alla libera attività imprenditoriale.
La più recente giurisprudenza amministrativa sembra peraltro orientata a privilegiare, anche nel settore della vigilanza privata, indirizzi volti a salvaguardare una maggiore concorrenza all'interno del sistema. In particolare, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4816/2005, ha ritenuto che il vigente quadro normativo impone di «assegnare alle tariffe di legalità l'esclusiva valenza di canoni di congruità dei prezzi praticati dagli istituti, ai fini del controllo amministrativo sulla serietà ed affidabilità dell'impresa», con la conseguenza della «esclusione di ogni riflesso dell'osservanza dei limiti tariffari sulla validità (quantomeno sotto il profilo della loro ammissibilità alla competizione) delle offerte economiche - inferiori alla soglia minima consentita dall'atto di approvazione delle tariffe - presentate da imprese (debitamente autorizzate) in procedure indette per l'affidamento di pubblici servizi di vigilanza».
Peraltro, lo stesso Consiglio di Stato - con sentenza n. 5253/2002 - ha affermato che l'offerta economica inferiore alla soglia minima «potrà essere considerata valida solo se sottoposta positivamente al controllo prefettizio, che ne garantisce la serietà in relazione alla corretta gestione del servizio», atteso che «non è preclusa la possibilità che i singoli Istituti ottengano, a seguito di apposita istruttoria, l'approvazione di tariffe più basse, proposte dagli stessi anche in deroga alla banda di oscillazione,
indicata nel provvedimento prefettizio di approvazione della tariffa di legalità».
Sulla questione è anche pendente, presso la Corte di giustizia delle Comunità europee, una causa promossa dalla Commissione Europea contro lo Stato italiano per inadempimento degli obblighi comunitari in tema di concorrenza nella materia della vigilanza privata.
In relazione alle indicate criticità, questo Ministero ha avviato un tavolo di confronto con le Associazioni rappresentative degli istituti di vigilanza e con le Organizzazioni sindacali del personale interessato, al fine di addivenire ad un aggiornamento delle norme regolamentari in materia, considerato che gran parte di esse risalgono a disposizioni del regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1940, rimasto, sui punti qui in discussione, finora immutato.
Resta inteso che le modificazioni da apportare a quel testo non potranno tuttavia consentire strategie commerciali fondate sulla fornitura sottocosto di servizi di sicurezza sussidiaria, soprattutto ove dovessero risultare violati i diritti salariali e contributivi ed i requisiti di sicurezza prescritti, conformemente, del resto, alle direttive europee, che fanno comunque salvi i cennati aspetti.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CAMPA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il signor Romano Mosca, ex dipendente della Cassa depositi e prestiti, è stato ritenuto inabile al servizio lavorativo in data 15 gennaio 1991 dall'USL RM 11, con giudizio confermato dalla Commissione medica ospedaliera, per infermità contratte in servizio e per cause di esso;
il signor Mosca ha contratto infermità giudicate di ottava e settima categoria ai sensi della tabella A annessa al decreto del Presidente della Repubblica 834 del 1981, riconosciute risalenti fin dal 1985. Tale stato è durato fino al 14 gennaio 1991. Successivamente, le quattro patologie riscontrate al signor Mosca si sono aggravate, per cui il rapporto di lavoro è stato interrotto;
trattandosi di cessazione dal servizio per invalidità dipendente da causa di servizio (invalidità tale da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro), all'interessato è stata liquidata la pensione privilegiata ai sensi dell'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973;
risulta all'interrogante che nella delibera della Cassa depositi e prestiti del 25 ottobre 1994 (prot. n. 5367), che determina l'ammontare della pensione, non viene preso a base per il calcolo l'intero stipendio annuale. Sono infatti considerate solo 12 mensilità, escludendo, secondo l'interrogante, arbitrariamente la cosiddetta tredicesima e che analogo vizio viene ripetuto per la retribuzione individuale di anzianità (RIA), calcolata con riferimento a 12 mensilità;
infine, non viene minimamente presa in considerazione la indennità integrativa speciale (IIS). In proposito, vale la pena precisare che nel caso di quiescenza anticipata la indennità integrativa speciale va corrisposta in misura ridotta, così come previsto dal decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito dalla legge n. 79 del 1983, che - all'articolo 10 - statuisce che la misura della indennità integrativa speciale da corrispondere in aggiunta alla pensione o assegno sia determinata in ragione di un quarantesimo per ogni anno di servizio, prendendo per intero (40/40) l'importo dell'indennità spettante al personale collocato in pensione con la massima anzianità di servizio. Con successivo decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 49, convertito dalla legge n. 120 del 1986, all'articolo 10, il legislatore ha identificato, tassativamente, i casi che fanno eccezione alla regola generale. «Le disposizioni di cui ai primi quattro commi dell'articolo 10 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17,
convertito, con modificazioni nella legge 25 marzo 1983, n. 79, trovano applicazione in tutti i casi di pensionamento anticipato, ad eccezione dei casi di cessazione dal servizio per morte o per invalidità derivanti o meno da causa di servizio, purché tali da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro.»;
la situazione del Signor Mosca rientra pienamente nella ipotesi eccezionale prevista dalla legge, con la conseguenza che la indennità integrativa speciale avrebbe dovuto essere corrisposta in misura intera sul trattamento pensionistico a decorrere dalla data di collocamento a riposo;
la Cassa depositi e prestiti ha quindi evidentemente errato ad avviso dell'interrogante nel computo della pensione privilegiata;
la stessa Cassa depositi e prestiti - e successivamente l'INPDAP - esclude il diritto del signor Mosca alla pensione ordinaria. In tal senso, si potrebbe invocare la validità del principio posto dall'articolo 6 del Testo Unico n. 1092 del 1973, secondo il quale un periodo di lavoro che si presti a valutazione ai fini di quiescenza secondo ordinamenti obbligatori diversi è valutato una sola volta in base all'ordinamento prescelto dall'interessato. D'altra parte, occorre tener presente che nessun elemento normativo preclude esplicitamente la costituzione della posizione assicurativa in presenza di una pensione privilegiata e soprattutto che il servizio prestato assurge a mero valore di parametrazione economica per la determinazione del rateo pensionistico, che trova la sua giustificazione nell'invalidità causata dal servizio prestato. In altri termini, la titolarità di un rapporto pensionistico privilegiato non è di impedimento alla costituzione di una autonoma posizione assicurativa, in quanto il periodo di servizio svolto non è stato già «valutato» ai sensi dell'articolo 6 del T.U. n. 1092 del 1973 ma solo assunto come parametro contabile per la corresponsione di un trattamento correlato, da un lato, alla gravità della menomazione subita e, dall'altro, all'anzianità di servizio, che assume rilievo come dato di adeguamento del beneficio accordato agli anni trascorsi in servizio ed alla perdita di chance sul mercato del lavoro che la subita menomazione provoca, come riconosce la più recente giurisprudenza della Corte dei conti;
l'INPDAP è subentrato nelle competenze della Cassa per la liquidazione diretta delle pensioni aventi decorrenza dal 13 dicembre 2003, senza poter sottoporre a revisione i trattamenti da essa erogati, ma non direttamente liquidati;
il signor Mosca ha altresì chiesto di poter fruire di un accompagnatore, senza peraltro ottenere risposta positiva alle sue istanze;
occorre in ogni caso ristabilire un corretto rapporto tra la pubblica amministrazione e un cittadino divenuto inabile dopo trenta anni di servizio, la cui sicurezza economica è stata compromessa da una erronea applicazione della disciplina previdenziale vigente, garantendo - accanto alle tutele assistenziali - anche un equo indennizzo per l'infermità subita -:
se sia a conoscenza dei fatti appena descritti e quali iniziative si intendano assumere perché sia tempestivamente e correttamente riliquidato da parte della Cassa depositi e dall'INPDAP il trattamento pensionistico del signor Mosca e se non ritenga opportuno chiarire la natura indennitaria o reddituale della pensione privilegiata, prevenendo in tal modo costosi procedimenti contenziosi.
(4-00821)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, la Cassa depositi e prestiti S.p.A. ha comunicato quanto segue.
Al signor Romano Mosca è stata liquidata una pensione privilegiata di VI categoria, ai sensi degli articoli 43 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, a seguito del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia che ha comportato la dispensa dal servizio medesimo.
La suddetta pensione privilegiata è stata registrata, senza rilievi, dalla Corte dei conti in data 19 luglio 1995, registro 14, foglio 343.
La Cassa depositi e prestiti ha evidenziato che il trattamento pensionistico liquidato al signor Mosca è corretto, in quanto la retribuzione globale annuale presa a riferimento per il calcolo della sua pensione è quella prevista per tutti i trattamenti di quiescenza (ordinari o privilegiati) dei dipendenti civili dello Stato ed è costituita dall'importo della retribuzione individuale mensile per 12 mensilità, cui si aggiunge il rateo di tredicesima mensilità per le voci che sono corrisposte anche a tale titolo; tale importo si riferisce, quindi, a 13 mensilità ed è pensionabile nella misura dei 12/13.
La tredicesima viene liquidata dall'Inpdap secondo quanto previsto dall'articolo 94 del citato decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1973.
L'importo della indennità integrativa speciale erogato dall'Inpdap medesimo è quello previsto per un'anzianità contributiva pari a 40 anni di servizio.
La costituzione di una posizione assicurativa a latere della pensione privilegiata già corrisposta all'interessato non risulta compatibile con l'articolo 124 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1973, che prevede tale costituzione solo in caso di congedo senza aver acquisito il diritto a pensione per mancanza della necessaria anzianità di servizio.
Tale principio è stato ribadito dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti con sentenza n. 2/2005/QM del 17 giugno 2005, la quale ha escluso la possibilità di costituzione di una posizione assicurativa anche in presenza di pensione privilegiata.
La categoria di pensione privilegiata di cui gode il signor Mosca (VI cat. con ascrivibilità alla tab. A) non comporta l'attribuzione del cosiddetto assegno di accompagnamento, ex articolo 107 decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973; peraltro, l'istanza di un aggravamento avanzata dall'interessato, in data 5 maggio 1997, per l'attribuzione di un'eventuale nuova e superiore categoria di invalidità, non è stata ritenuta produttiva di effetti giuridici sul predetto trattamento privilegiato dal Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (parere n. 258/99 del 4 novembre 1999).
Non sussistono, dunque, allo stato attuale elementi di fatto e di diritto tali da indurre ad una revisione del trattamento di quiescenza spettante al signor Mosca.
La Cassa Depositi e Prestiti ha tenuto a precisare, infine, che sono sempre stati forniti all'interessato, direttamente o per il tramite di legale di sua fiducia, tutti i provvedimenti concernenti la materia in questione e i chiarimenti richiesti.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
CAPEZZONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari regionali e le autonomie locali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, prevede:
al comma 1, che «al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, in funzione della loro attività, con l'esclusione dei servizi pubblici locali, nonché nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici e privati, né in affidamento diretto, né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti»;
al comma 2, che «Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1»;
la legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, 1 supplemento ordinario al n. 52, del 29 dicembre 2006:
all'articolo 1, comma 1, primo periodo, istituisce un «sistema regionale» costituito da enti, aziende pubbliche e private, anche autonome, istituiti dalla Regione, enti del servizio sanitario regionale e società regionali, soggetti tutti elencati nell'allegato A;
nell'allegato A elenca gli enti costituenti il «sistema regionale», ovvero: a) enti dipendenti (Agenzia regionale per il lavoro, Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, Ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste, Istituto regionale lombardo di formazione per l'amministrazione pubblica, Istituto regionale di ricerca della Lombardia e Istituti per il diritto allo studio universitario); b) enti sanitari (Aziende sanitarie locali, Aziende ospedaliere e IRCCS pubblici); c) altri enti pubblici (Aziende Lombarde per l'Edilizia Residenziale, Consorzi di bonifica ed enti parco regionali); d) società a partecipazione regionale (CESTEC S.p.A., Finlombarda S.p.A., Infrastrutture Lombarde S.p.A., Lombardia Informatica S.p.A., Punti Energia S.c.a.r.L, Ferrovie Nord Milano S.p.A., Federfidi s.c. e Navigli Lombardi S.c.a.r.l); e) fondazioni istituite dalla Regione (Centro lombardo per l'incremento della floro-orto-frutticoltura, IREALP, Film Commission e Lombardia per l'ambiente);
all'articolo 1, comma 1, secondo e terzo periodo, autorizza la Giunta regionale ad aggiornare l'elenco di cui all'allegato A in occasione dell'approvazione di atti e provvedimenti istitutivi di nuovi soggetti ovvero modificativi o estintivi di quelli esistenti;
all'articolo 1, comma 2, lettera a), stabilisce che «i soggetti di cui al comma 1 (ovvero del "sistema regionale", ndr) svolgono le prestazioni a favore di ogni altro soggetto appartenente al sistema regionale al fine della produzione di beni e servizi strumentali alle attività degli stessi»;
pertanto, a termini della legge regionale in parola, soggetti di diritto privato a partecipazione pubblica quali, a mero titolo d'esempio, Lombardia Informatica S.p.A. e Infrastrutture Lombarde S.p.A. sembrerebbero poter svolgere ora prestazioni a favore di qualsiasi altro soggetto pubblico o privato del «sistema regionale», anche se diversi dall'Ente costituente o partecipante Regione Lombardia;
il comma 720 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), in vigore dal 1 gennaio 2007, intervenendo sull'articolo 13 del citato decreto-legge n. 233 del 2006, ha ulteriormente differito da 12 a 24 mesi il termine entro il quale le società individuate dal comma 1 - non modificato - devono cessare le attività non consentite;
inoltre il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, con la sentenza 31 gennaio 2007, n. 140, dovendo dare applicazione all'articolo 13, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 ha delimitato la portata del divieto, nel senso che lo stesso trovi applicazione anche in relazione a società al cui capitale sociale partecipino enti pubblici quali Camere di Commercio o anche altra società direttamente controllata dalla Regione. Tale interpretazione, secondo i giudici amministrativi, pare del tutto conforme alla ratio della legge che «non solo è volta a tutelare il principio di concorrenza e di trasparenza, ma anche - e soprattutto - quello di libertà di iniziativa economica che risulterebbe gravemente turbato dalla presenza (e dalla operativìta sul mercato) di soggetti che proprio per la presenza (diretta o mediata) della mano pubblica finiscono in sostanza con l'eludere il rischio di impresa. Tanto ciò è vero che il comma 3 dell'articolo 13 della legge n, 248 del 2006 (nel testo modificato dal comma 720 dell'articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), prevede che «al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1
cessano entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite», proprio per evitare il permanere di una situazione suscettibile di turbare la libera concorrenza tra le imprese»;
conseguentemente ad avviso dell'interrogante, la norma regionale in esame risulta confliggere apertamente con l'articolo 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223;
peraltro l'articolo 117, secondo comma, della Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato la competenza legislativa in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile (rispettivamente, lettere e) e l);
i termini per la proposizione della questione di legittimità costituzionale in via principale, ai sensi dell'articolo 127 Cost., sono scaduti il 27 febbraio 2007 senza che il Governo, per quanto a conoscenza dell'interrogante abbia impugnato tale disposizione della legge regionale della Lombardia -:
se il Dipartimento Affari Regionali del Governo sia a conoscenza della legge regionale n. 30 della Regione Lombardia;
quali valutazioni siano state formulate sulla legge regionale in parola;
se non ritengano, ove la mancata impugnazione non sia dipesa da una scelta politica del Governo, di riorganizzare il Dipartimento affari regionali in modo da garantire una maggiore efficacia nell'esercizio delle funzioni di contro sulla legislazione regionale.
(4-02854)
Risposta. - La legge della Regione Lombardia n. 30 del 27 dicembre 2006, recante «norme per l'attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria (Collegato 2007)» regolarmente istruita, è stata inviata a tutti gli Uffici legislativi delle Amministrazioni centrali competenti nelle materie contenute nello stesso provvedimento normativo, per l'esame di eventuali profili di illegittimità costituzionale, secondo la prassi di valutazione ormai consolidata negli anni.
Le suddette Amministrazioni non hanno sollevato alcun rilievo od osservazione sulle singole disposizioni, incluso, per quanto qui di interesse, il Ministero dello sviluppo economico, direttamente competente per la materia regolata dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248 (cosiddetto decreto Bersani).
Premesso tutto ciò, in ordine agli specifici rilievi evidenziati sulla compatibilità dell'articolo 1 della legge della Regione Lombardia, ed in particolare del comma 2 lettera a) (istituzione del sistema regionale), con quanto disposto dall'articolo 13 del «decreto Bersani» in tema di riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza, si rappresentano le seguenti ulteriori considerazioni.
Certamente la disposizione statale in questione pone, per gli apparati pubblici regionali e locali e per le società che a questi comunque fanno capo, un obbligo di operare esclusivamente con gli enti costituenti ed un divieto di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici e privati; l'effettività di tale obbligo è peraltro collegata a quanto disposto dal comma 3, dello stesso articolo 13, che prevedeva, nella formulazione originaria, entro dodici mesi dall'entrata in vigore del «decreto Bersani» la cessazione, da parte delle società comunque riferibili all'ente regionale o locale, delle attività non consentite, ossia di quelle suscettibili di violare i principi a tutela della concorrenza. Il suddetto termine, tuttavia, è stato differito dall'articolo 1, comma 720, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (finanziaria 2007), che ha rideterminato in 24 mesi l'obbligo di cessazione di attività non consentite. In sostanza il legislatore nazionale, pur ribadendo il termine di cessazione a tutela dei principi relativi al rispetto della concorrenza, ha comunque ritenuto di dover concedere un ulteriore spazio per la risoluzione dei complessi problemi che derivano da un lato dalla suddetta assoluta esigenza, e dall'altro dalla necessità di una opportuna dimensione temporale, necessaria per sciogliere il complesso
intreccio, istituzionale ed operativo, che riguarda l'esistenza e la concreta attività di organismi o società comunque di riferimento dell'ente regionale o locale.
A tale ottica temporanea può in definitiva ricondursi la portata dell'articolo 1 della legge della Regione Lombardia, che presenta caratteri di temporaneità anche in considerazione della sua collocazione (collegato alla finanziaria 2007), e che essendo in linea con il termine ultimo per la cessazione delle attività di cui sopra, non presentava contrasti con alcuna norma costituzionale, presupposto logico ed indefettibile per poter proporre questione di legittimità costituzionale dinanzi la Corte.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali: Linda Lanzillotta.
CARLUCCI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 26 luglio 2006 i viaggiatori del treno partito alle ore 15.16 da Taranto e diretto a Roma hanno vissuto una vera e propria odissea;
il treno, già partito con quaranta minuti di ritardo per cause imprecisate, dopo aver sostato un'ora nella stazione di Metaponto (Potenza), ha proseguito il viaggio ad un'andatura molto lenta a causa di un guasto alla motrice, fermandosi poi definitivamente a Battipaglia (Salerno). Qui il personale di Trenitalia ha informato i passeggeri, già provati dal caldo e dalla stanchezza, che il viaggio sarebbe proseguito fino a Roma su un autobus messo a disposizione da Trenitalia;
l'arrivo a Roma, distante circa cinquecento chilometri da Taranto, è avvenuto dopo ben dieci ore e mezzo di viaggio estenuante, alle ore 01,40 di notte, causando quindi enormi disagi ai viaggiatori;
l'episodio citato rispecchia la situazione - a giudizio dell'interrogante - di degrado gravissimo delle Ferrovie in Puglia e, in particolar modo, nella zona di Taranto -:
quali iniziative si intendano adottare per prevenire gravi disagi agli utenti, del tipo di quelli illustrati in premessa;
se intenda attivarsi perché sia verificata la qualità e l'affidabilità del servizio di trasporto offerto da Trenitalia che nonostante le continue rassicurazioni, presenta numerose lacune a livello soprattutto organizzativo e di manutenzione;
se non ritenga indispensabile intervenire presso Trenitalia affinché siano garantiti puntualità dei servizi, condizioni accettabili dei mezzi e affinché i cittadini che regolarmente pagano tariffe ben superiori alla qualità del servizio offerto, possano esercitare il loro diritto essenziale alla mobilità attraverso un trasporto ferroviario dignitoso ed efficiente, sia in Puglia sia in tutto il territorio nazionale.
(4-00913)
Risposta. - Nel rispondere all'interrogazione in esame si ritiene opportuno premettere che l'episodio segnalato si riferisce a trasporti non inclusi nel contratto di servizio difatti i treni del tipo intercity plus ricadono nell'ambito dei servizi oggetto di autonome scelte imprenditoriali da parte dell'impresa ferroviaria.
Da informazioni assunte da Trenitalia in ordine ai disagi occorsi ai passeggeri del treno intercity plus in partenza da Taranto e diretto a Roma Termini delle ore 15.16 in data 26 luglio 2006, è emerso quanto segue.
Il treno in questione ha posticipato la partenza dalla stazione di Taranto di 41 minuti per un ritardo, in arrivo, del treno corrispondente proveniente da Napoli, causato a sua volta, da un problema tecnico verificatosi sulla linea nel corso di lavori di potenziamento della stessa.
Per contenere il ritardo in partenza, sono state condotte con sollecitudine tutte le operazioni preliminari (pulizia, rifornimento eccetera), che pur richiedono in media circa 90 minuti.
A rallentare ulteriormente la marcia del treno sono intervenute condizioni meteorologiche avverse, nonché, un'avaria al locomotore che ha comportato una sosta di 50
minuti ed ha imposto una marcia a velocità ridotta fino alla stazione di Battipaglia.
Per consentire ai viaggiatori di proseguire il viaggio è stato attivato un servizio sostitutivo di bus; i passeggeri sono stati informati e assistiti sia a bordo del treno che nelle stazioni di Battipaglia e Napoli Centrale, nelle quali è stato organizzato un presenziamento speciale per l'accompagnamento agli autobus.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in pressoché tutti i Penitenziari e le Strutture del D.A.P. Italiane sono attive le mense (M.O.S.) per le oltre 45.000 uomini e donne del Corpo di Polizia Penitenziaria, ma ad esse sembra poter accedere solo il personale in turno di servizio, escludendo quanti - per gli orari applicati - cambiano turno proprio di servizio nel momento in cui normalmente si pranza o cena e che quindi sono tenuti al pagamento del pasto con una maggiorazione in percentuale fino al 5 per cento del costo del pranzo o cena disposta dall'Ufficio Beni e Servizio dei D.A.P.;
in molti casi (e la segnalazione vale soprattutto per la Regione Puglia e Basilicata, come é stato fatto rilevare anche dal Vicesegretario Generale Nazionale di categoria dell'O.S.A.P.P. - Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria che in Italia rappresenta il secondo Sindacato del Comparto all'interno della categoria di appartenenza con oltre 6000 aderenti), vengono segnalate comunque situazione incresciose nello stato delle mense di servizio accolte in locali spesso molto disadorni o inadeguati o, come nel caso di Turi di Bari - Lucera - Potenza e Matera - Brindisi ed ancora peggio presso II.PP. di Bari la cui entrata con scale di accesso non darebbe spazio a personale di misure corporea extralarge o locali privi di uscita di sicurezza se non da adiacenti terrazzi senza alcuna scala di fuga in caso di incidenti;
anche la qualità del cibo è spesso molto modesta, tenuto conto che l'Amministrazione paga per questi pranzi la somma di 4 (quattro) euro a persona, somma con la quale in un bar non si acquista più da tempo neanche un panino;
il ticket-restaurant che viene poi comunque generalmente considerato per i dipendenti statali ad un valore di 7,65 euro, ma alla Polizia Penitenziaria - quando si concede l'utilizzo dei ticket - buono pasto - per esso viene considerato un valore di soli 4,65 euro con una evidente e profonda discriminazione nei confronti di altri dipendenti pubblici e di appartenenti a Corpi di Polizia dello Stato -:
se l'Amministrazione non ritenga di dover effettuare una accurata ispezione per verificare la condizione di tutte le mense esistenti negli Istituti di detenzione e pena della Puglia e della Basilicata al fine di verificarne le condizioni igienico-sanitarie così come correttamente segnalate dall'O.S.A.P.P. con propria recente corrispondenza;
se non ritenga altresì di sciogliere il gruppo VISAG (Vigilanza sull'igiene e sicurezza dell'amministrazione della giustitzia) dimostratosi - a giudizio dell'interrogante - non in linea con i parametri disposti dall'Unione europea sulla «sicurezza - sulla salute come sull'igiene e sull'edilizia penitenziaria - come nel caso della struttura del penitenziario di Bari;
se non ritenga corretto permettere comunque il consumo di un pasto gratuito giornaliero a tutto il personale di polizia penitenziaria che svolga un normale turno di lavoro ai sensi dell'articolo 16 del contratto collettivo nazionale del lavoro decreto del Presidente della Repubblica 164/2002 così come disciplinato nella legge 121/81 di P.S.;
se non ritenga doveroso quantificare tale buono pasto con un ticket economicamente valutato come tutti gli altri dipendenti pubblici del Comparto Ministeri, dando facoltà poi al personale di Polizia Penitenziaria di poter optare - tenuto conto delle esigenze di servizio - tra l'utilizzo
di un ticket e di conseguenti servizi esterni o il consumo all'interno del posto di lavoro nei Bar/Spaccio - Sale Convegno gestite dall'Ente di Assistenza con una maggiorazione di valuta del 5 per cento rispetto al reale costo ordinario dei ticket;
se, più in generale non sia necessario considerare queste primarie necessità ottenendo maggiori dotazioni finanziarie a vantaggio del Corpo della Polizia Penitenziaria che svolge un delicatissimo ed indispensabile lavoro per l'intera comunità nazionale al servizio del Paese e degli Italiani.
(4-01313)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si rappresenta, preliminarmente, che il servizio mense obbligatorie di servizio è organizzato, nei confronti della Polizia penitenziaria, secondo quanto fissato dalla legge n. 203 del 18 maggio 1989, riguardante tutto il personale delle forze dell'ordine.
Per quanto attiene alla scarsa qualità dei cibi e alla carenza di pulizia ed igiene dei locali, si specifica che la composizione dei pasti ed i singoli menù sono stati predisposti da esperti nutrizionisti collaboratori o dipendenti della Consip S.p.A. Anche il capitolato delle prestazioni attinenti alla pulizia dei locali è stato elaborato dalla citata Consip.
Non risulta, peraltro, fondato l'assunto che il valore dei buoni pasto attribuito ai dipendenti pubblici ammonti a 7,65 euro; è infatti pari a 7 euro, mentre il controvalore del buono pasto di tutte le forze dell'ordine, e in generale del personale non contrattualizzato, è tuttora di 4,65 euro, perché ancora non elevato in sede di contrattazione.
Non risulta, invece, possibile concedere al personale della polizia penitenziaria la possibilità di scegliere se usufruire del buono pasto in luogo della mensa obbligatoria di servizio perché, si ribadisce, la costituzione delle mense obbligatorie di servizio è per l'Amministrazione un obbligo di legge e vi è ammesso il personale che svolge turni di servizio durante i quali non può allontanarsi dalla sede per consumare i pasti presso esercizi commerciali o la propria abitazione; infatti, si verrebbero a sguarnire i posti di servizio di notevole rilevanza per la sicurezza degli istituti penitenziari (in ciò è la ratio delle mense obbligatorie di servizio).
Per quanto concerne le condizioni igienico-sanitarie dei locali adibiti a mensa obbligatoria di servizio di alcuni istituti della Puglia e della Basilicata, dalle relazioni fatte pervenire dai rispettivi Provveditori regionali possono desumersi condizioni di diffusa normalità ed ordinario funzionamento. Per quanto riguarda, in particolare, l'istituto di Lucera è stato evidenziato che i locali destinati al servizio mensa sono stati oggetto di recente di ristrutturazione e adeguamento e che il personale del locale Comando compagnia dei Carabinieri usufruisce dell'anzidetto servizio dal 1o gennaio 2006 con piena e incondizionata soddisfazione. Anche presso la Casa circondariale di Bari sono stati realizzati lavori di ristrutturazione che hanno comportato la chiusura della mensa obbligatoria di servizio per alcuni anni. La stessa è stata riattivata, previa visita della competente azienda sanitaria locale e del Sindaco di Bari, a partire dal 1o maggio 2004 e, al momento, non si ravvisano anomalie o impedimenti al regolare esercizio.
In ordine, poi, al Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia, si ritiene opportuno evidenziare che il Servizio è stato istituito con decreto ministeriale 10 aprile 2000, per dare puntuale attuazione al combinato disposto dagli articoli 1, comma 2 e 23 comma 4 del decreto legislativo 626 del 1994, che, seppure in ritardo, ha recepito ben quattordici direttive comunitarie in materia di sicurezza sul lavoro.
Il Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia è articolato in un Ufficio centrale, con funzioni di consulenza ed orientamento dei nuclei regionali, e da sedici nuclei territoriali, istituiti presso ogni Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria, aventi competenza esclusiva ad effettuare, peraltro con i poteri di polizia giudiziaria, attività ispettiva nel relativo territorio regionale.
Già subito dopo la sua istituzione il Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia ha potuto conseguire, in molti casi, gli obiettivi previsti dalla ratio della norma istitutiva, così dimostrando la validità delle ragioni per cui è nato. Tali ragioni non possono identificarsi con la «immediata risoluzione» di tutti i problemi connessi con lo stato a volte insoddisfacente del patrimonio edilizio pubblico - e quindi dei luoghi di lavoro - dell'Amministrazione della giustizia.
I compiti e le funzioni del Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia sono quelli di monitorare le situazioni di maggior rilevanza in ordine all'esposizione dei pubblici dipendenti a seri rischi per la salute e l'igiene e promuovere - con il fondamentale strumento giuridico dell'autodichiarazione - la messa a norma dei luoghi di lavoro, avvalendosi, appunto, di un servizio interno, che, in attuazione degli articoli 1 e 23 del decreto legislativo 626 del 1994, assuma la competenza esclusiva sia dell'attività ispettiva che di quella repressiva.
Per quanto concerne il contenuto dell'interrogazione, che giudica il Servizio non in linea con i parametri disposti dall'Unione europea, si rappresenta che i parametri possono (e debbono) essere riferiti ai luoghi di lavoro e non al Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia.
Proprio detti parametri, relativi alla sicurezza ed alla salute dei luoghi di lavoro, hanno carattere oggettivo e tecnico-scientifico rispetto a quelli esplicitati dagli interroganti, che, su segnalazione sindacale, fanno menzione di «locali angusti ed addirittura molto disadorni».
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CARLUCCI, TOCCI e FIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 175 del 2005 ha finanziato interventi a tutela del patrimonio culturale ebraico italiano nel triennio 2005-2007 con uno stanziamento complessivo di 5 milioni di euro, che ha consentito lavori di restauro di notevole rilevanza;
più nel dettaglio, la legge sta finanziando lavori di restauro in una ventina di città in tutta Italia, dalla sinagoga medievale Scolanova di Trani al tempio di Cuneo, risalente al XV secolo;
tali interventi, di grande significato, rappresentano soltanto una prima tranche dei lavori che sarebbero necessari nei confronti di un patrimonio di grande valore storico, culturale, artistico, architettonico, che si arricchisce costantemente di nuove acquisizioni, grazie alle scoperte che continuano ad avvenire soprattutto nel sud d'Italia e nelle isole (per esempio, da ultimo, a Bova Marina ed a Reggio Calabria);
durante l'esame in seconda lettura dei disegno di legge finanziaria 2007, è stato presentato dagli interroganti l'ordine del giorno 9/1746-bis/B/36, accolto dal Governo, che impegna l'esecutivo a valutare ulteriori interventi di tutela a salvaguardia del patrimonio culturale ebraico -:
quali iniziative, anche a carattere legislativo, intenda assumere, al fine di garantire la prosecuzione nel triennio 2008-2010 degli interventi previsti dalla legge n. 175 del 2005.
(4-03283)
Risposta. - La legge n. 175 del 2005 ha stanziato un milione di euro per l'anno 2005 e due milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, da destinare ad interventi sui beni del patrimonio culturale ebraico.
In applicazione di detta legge il Ministero per i beni e le attività culturali ha predisposto ed approvato i piani annuali di spesa con l'indicazione degli interventi da realizzare, previo parere dell'Unione delle comunità ebraiche italiane.
I programmi relativi agli anni 2005 e 2006 sono in avanzato stato di realizzazione. Quelli per l'anno 2007 sono in attesa di essere avviati.
In sede di programmazione le richieste pervenute dalle Comunità ebraiche e dagli Uffici periferici del Ministero hanno ampiamente superato la somma disponibile.
Riguardo al rifinanziamento della legge 175/2005 il Ministero si impegna ad una attenta valutazione in sede di predisposizione della manovra finanziaria 2008.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CIOFFI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono almeno 4 milioni gli italiani all'estero interessati stabilmente alla struttura composta da 116 uffici consolari di prima categoria e da 514 uffici onorari;
tale struttura consolare è stata riconosciuta come espressione di una realtà superata da decenni, data la presenza, a titolo di esempio, di 11 Consolati in Svizzera, 11 in Germania, 10 in Francia, 4 in Belgio e solo 3 in Cina e 2 in India, mentre non si dispone di un'adeguata struttura consolare e per i visti in sedi come Mosca, la Moldova o in paesi ad elevato flusso migratorio verso l'Italia come Capo Verde ed altri paesi della fascia sub-sahariana e dell'Asia;
la rete degli uffici consolari operanti nelle sedi di maggiore presenza italiana è chiamata oggi a fornire servizi rispondenti alle aggiornate esigenze dei connazionali residenti all'estero (oggi elettori del Parlamento italiano), ma anche delle imprese italiane, degli operatori economici, delle varie categorie professionali interessate agli scambi con l'estero, nonchè dei visitatori temporanei, e a fronte delle profonde trasformazioni intervenute nella natura e consistenza della presenza italiana nel mondo, la stessa rete deve essere rimodulata in modo conseguente e con attenzione prioritaria all'ottimizzazione delle risorse;
i più avanzati paesi dell'Unione Europa hanno ripensato la loro rete consolare, assegnandole principalmente compiti di informazione e promozione economica e culturale, trasformando i servizi consolari tradizionali secondo standard prestabiliti, informatizzando gli archivi e assicurando la trasmissione dei dati tra uffici periferici e centrali, accentrando i servizi in unità regionali attivabili dall'utente (cittadino o straniero) tramite call centers o via Internet, con pagamenti a mezzo di carte di credito e uso di servizi di corriere a pagamento, in un'ottica di copertura integrale dei singoli territori interessati, in molti casi risparmiando al pubblico di disagio doversi recarsi agli uffici consolari, spesso in altre città, al fine di mantenere un livello minimo soddisfacente di contatto con l'istituzione italiana, cosi fortemente richiesto;
le risorse assegnate al bilancio del Ministero degli affari esteri sono state finora prioritariamente destinate a ripetute operazioni di aggiornamento dell'anagrafe, in funzione della riforma elettorale per il voto postale dall'estero, mentre risulta ancora largamente carente l'opera di informatizzazione degli archivi, degli apparati e delle procedure di comunicazione telematica;
ogni decisione in ordine all'attesa opera di razionalizzazione della rete consolare deve essere ispirata a principi di economia ed efficienza nell'erogazione dei servizi -:
quali misure intenda assumere al fine di:
a) garantire i servizi consolari e dei visti in un'ottica di massima copertura del territorio;
b) migliorare la produttività e l'efficienza del personale, notoriamente il maggior fattore di costo e di rigidità del lavoro consolare e, conseguentemente:
c) espandere gli uffici informativi a beneficio dei connazionali più anziani, mediante il potenziamento dei servizi resi dai consoli onorari (oggi pesantemente tagliati sul piano delle risorse a fronte di un'erogazione di servizi in continuo aumento)
dai corrispondenti consolari, dagli sportelli di attenzione al pubblico nei comuni dei paesi europei, in collegamento con l'ufficio consolare di riferimento;
d) migliorare complessivamente l'efficienza mediante programmi che rendano possibile sopprimere gli archivi cartacei e attuare realmente il modulo «Sportello Unico», sulla base del criterio per cui ogni sportello in rete è in grado di svolgere tutte le pratiche di stato civile, cittadinanza, passaporti, consentendo al pubblico di rivolgersi al primo sportello libero e fare una sola coda;
e) sviluppare la gestione informatica a distanza delle pratiche, mediante la programmazione del volume nel tempo al fine di evitare le punte stagionali tipiche dell'estate e di fine anno, premessa indispensabile per l'ottimizzazione dell'impiego del personale;
se, coerentemente con le disposizioni della legge finanziaria 2007, i piani di revisione del numero e della distribuzione degli uffici all'estero faranno precedere ogni considerazione di chiusura e apertura, all'adozione di misure ispirate ai criteri sopradescritti, gli unici che possono fornire parametri oggettivi per l'assunzione di decisioni che andranno ad incidere profondamente nei diritti e negli interessi nazionali, ivi compresi quelli dei cittadini italiani residenti ed operanti all'estero.
(4-02745)
Risposta. - La rete consolare italiana sta attraversando una fase difficile, dovuta da un lato al contenimento delle risorse disponibili per il suo funzionamento, dall'altro all'incremento registratosi negli ultimi anni degli adempimenti a suo carico (basti pensare a quelli connessi all'esercizio del voto all'estero).
Alla luce di quanto sopra, il riassetto della rete consolare sarà valutato sulla base dell'effettivo carico di lavoro degli uffici nonché dell'ampiezza delle collettività italiane presenti nelle diverse circoscrizioni e dei servizi resi all'utenza. Si prevede, quindi, nel breve periodo, una rimodulazione del livello degli uffici, l'accorpamento di sedi e conseguenti modifiche delle circoscrizioni consolari, l'istituzione di cancellerie consolari presso le ambasciate in luogo di Consolati, ma anche aperture di nuovi uffici consolari di prima e, di seconda categoria (Consolati onorari), grazie ai margini di intervento offerti dai risparmi derivanti da tale ristrutturazione. In un'ottica di più ampio respiro, si punterà, inoltre, su forme di assistenza congiunta dei «cittadini europei» in sede UE, tanto all'interno quanto all'esterno dei Paesi dell'Unione europea.
Nel contempo all'interno delle strutture consolari si agirà potenziando i servizi esistenti attraverso il ricorso alle nuove tecnologie. In questa prospettiva è stato costituito un gruppo di lavoro incaricato di esaminare le modalità di applicazione delle innovazioni informatiche nell'erogazione dei servizi consolari e nelle procedure di lavoro.
Si tratta di un obiettivo ambizioso, da costruire per gradi, previa una ricognizione precisa dei servizi che si prestano alla trattazione telematica.
Per quanto riguarda i servizi, viene messo innanzitutto in rilievo l'aspetto della informazione, nel senso di rendere disponibili in modo chiaro e bilingue, nei siti web di cui ciascun Ufficio consolare è dotato, la maggior quantità possibile di elementi informativi sulle procedure (documenti necessari, formulari-tipo, costo eventuale, tempo medio di disbrigo, eccetera) previste per il trattamento di una pratica.
Ciò evita all'utente di recarsi personalmente al consolato per acquisire le informazioni, decongestiona i centralini telefonici e permette che l'interessato si presenti all'ufficio con una documentazione completa, evitando nuove visite per integrare gli atti.
A questo proposito, può affermarsi che la situazione attuale della rete consolare è soddisfacente; si è provveduto comunque a richiamare l'attenzione della rete stessa sull'assoluta necessità che i siti web siano uniformi nella veste grafica, completi con tutte le tipologie di pratiche da espletare e corredati della modulistica da scaricare (unificata almeno per Paese).
La seconda categoria di servizi presi in esame riguarda la possibilità per gli utenti di ottenere via internet degli appuntamenti per recarsi in consolato, al fine di decongestionare la quantità di richieste giornaliere.
Naturalmente, data la relativamente scarsa diffusione dello strumento informatico in larghe fasce della collettività, sono anche state prese in considerazione modalità di contatto con gli uffici consolari diverse da quella informatica, sul tipo dei «call center», a favore dell'utenza che ad essa non sa o non può ancora accedere. Da un punto di vista tecnico, comunque, la concessione on-line di appuntamenti non presenta particolari difficoltà (ed anzi alcune Sedi già la applicano correntemente), per cui se ne è raccomandata senz'altro l'adozione.
Un quadro più articolato emerge dall'esame delle possibilità di erogazione vera e propria di servizi ai connazionali per via telematica. Le criticità al riguardo si presentano sia sotto l'aspetto giuridico, che per gli strumenti tecnici necessari.
Dalla legislazione vigente emergono infatti alcuni limiti alla soluzione informatica per particolari categorie di servizi: non si può immaginare di rilasciare o rinnovare un passaporto on-line (semmai per posta, procedura già in corso in alcune sedi); non si può procedere a ricostruzioni di cittadinanza; non si possono redigere atti notarili; non si possono concedere sussidi monetari.
Resta invece adatto all'infomatizzazione il settore dello stato civile (anagrafe e certificati), per il quale, come evidenziato, sono state infatti individuate soluzioni in tal senso, suscettibili di ulteriori miglioramenti.
Una volta completata entro la fine del 2007 la realizzazione del SIFCO (Sistema Integrato delle Funzioni Consolari) che consentirà, tra l'altro, il completamento dell'anagrafe consolare unica degli italiani all'estero, a ciascuno degli iscritti sarà attribuito automaticamente dal sistema un codice identificativo, tipo P.I.N., che avrà funzioni di «password» per accedere ai dati del proprio fascicolo personale e ottenere informaticamente una serie di servizi.
L'accesso ai dati non comporterà, ovviamente, la possibilità di modificarli autonomamente ma permetterà il controllo dei dati stessi da parte dell'interessato e la facoltà di segnalare la necessità di eventuali aggiornamenti (si pensi solo all'indirizzo, che ha riflessi anche sul lato elettorale), ai quali provvederà il personale del Consolato, secondo le modalità correnti.
In conclusione, il risultato ideale cui si tende in prospettiva è «il Consolato a casa» cioè che l'utente possa, dal suo computer, chiedere e ottenere in via automatica servizi on-line, senza quindi doversi egli recare in Consolato e senza che gli addetti intervengano nella procedura, dedicandosi invece ad altre funzioni che richiedono necessariamente la presenza fisica del connazionale.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
COSTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le statistiche ufficiali rivelano che in Italia, nel 2005, complessivamente sono stati denunciati dai cittadini 2.579.124 crimini, il 6,7 per cento in più rispetto all'anno precedente;
il «Rapporto sulla situazione del Paese 2006» del CENSIS, contiene una statistica dalla quale si desume che il 30,8 per cento dei reati, 795.191 avviene nelle aree metropolitane di Milano, Roma, Torino e Napoli;
dallo stesso rapporto però si evince anche che l'incremento della paura e quindi delle denunce avviene, in una imprevista graduatoria, in province solo marginalmente interessate dalle cronache criminali: Ferrara (+20,9 per cento di reati denunciati in un anno), Perugia (+19,1 per cento dal 2004 al 2005), Pisa, Rovigo, Salerno, Viterbo, e, per quanto riguarda l'interrogante, la provincia di Cuneo;
nonostante sia indiscutibile l'impegno delle Forze dell'Ordine nella lotta alla criminalità, l'organico complessivo di queste risulta in provincia di Cuneo fortemente
sottodimensionato sia rispetto all'incremento dei reati che rapportato alla vastità ed alle caratteristiche del territorio, che rendono a volte poco efficace ed incisiva la lotta alla criminalità -:
se il Ministro non intenda, anche alla luce delle statistiche recenti e del «Rapporto» del CENSIS, affrontare con la massima urgenza il problema degli organici delle Forze dell'Ordine in provincia di Cuneo adeguandolo numericamente alle necessità derivanti dal repentino incremento dei reati e dalla vastità del territorio.
(4-02082)
Risposta. - Per contrastare l'incremento della criminalità che si è effettivamente registrato nella provincia di Cuneo, soprattutto nell'ultimo triennio, con particolare riferimento ai reati di tipo predatorio, le Forze di polizia definiscono e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, le strategie per l'ottimale impiego degli operatori sia nei servizi di prevenzione generale dell'intera area, sia in quelli di investigazione.
Per quanto riguarda i primi, oltre all'attività ordinaria di controllo del territorio da parte delle Forze di polizia territoriali, sono stati disposti anche servizi straordinari con l'impiego di reparti appositamente specializzati.
Tali strategie, volte a privilegiare una sempre più efficace «presenza dinamica» delle Forze di polizia sul territorio, nonché a dare una più incisiva risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini, hanno consentito nel corso del 2006 la denunzia in stato di libertà di 8.929 individui, di cui 3.331 di origine extracomunitaria, e l'arresto di altre 915 persone, di cui 480 extracomunitarie; sono state, inoltre, identificate 191.937 persone e sono stati controllati 133.243 veicoli.
Per quanto concerne l'attività di indagine, l'attacco ai gruppi criminali ha consentito di segnalare all'Autorità giudiziaria 13 persone per associazione a delinquere e sono stati colti segnali di miglioramento nell'individuazione dei responsabili di alcuni tra i «reati predatori», come la soluzione per oltre il 53 per cento dei casi di rapina e di circa il 95 per cento delle ricettazioni, rilevando, altresì, la complicità anche di elementi di nazionalità italiana.
Relativamente alla presenza delle Forze di polizia nel Cuneese, il Prefetto ha riferito che l'Arma dei Carabinieri dispone complessivamente di 898 militari che, distribuiti nei molteplici presidi territoriali dell'Arma, operano in modo capillare su tutto il territorio, e che è parimenti adeguato, il dispositivo della Guardia di Finanza, che può contare su 423 militari.
Per quanto riguarda infine la Polizia di Stato, la forza effettiva ripartita nei diversi uffici è di 362 appartenenti ai ruoli operativi rispetto ad un organico di 402 unità. Tuttavia, tale carenza si riduce in considerazione della contestuale presenza di 9 operatori dei ruoli tecnici e di 33 appartenenti all'Amministrazione civile dell'Interno che, per le esigenze di supporto logistico ed amministrativo, contribuiscono alla funzionalità delle strutture.
È comunque stata disposta a breve l'assegnazione di 4 operatori di polizia per le esigenze della Questura di quel capoluogo e ulteriori dotazioni potranno essere, di volta in volta, considerate secondo le esigenze di sicurezza e compatibilmente con le priorità anche delle altre aree distribuite sull'intero territorio nazionale, nell'ambito della pianificazione delle risorse finanziarie disponibili.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CREMA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il protrarsi di ambiti di incertezza del diritto, sulla questione dei controlli di parlamentari ai varchi aeroportuali, da sempre foriera di gravi rischi, ha assunto carattere di potenziale fonte di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 58 del 30 gennaio 2004 e la sentenza della Corte di cassazione 9 febbraio-9 marzo 2004, n. 10773;
a seguito della citata sentenza della Corte costituzionale n. 58 del 30 gennaio 2004, era stato accertato che non spettava all'autorità giudiziaria - e per essa alla forza pubblica - procedere alla perquisizione del locale recante l'indicazione di ufficio del deputato Maroni. La conseguente sentenza della Corte di cassazione ha mandato esenti da responsabilità penale gli inquisiti per resistenza a pubblico ufficiale, reato che per l'articolo 4 del decreto luogotenenziale n. 288 del 1944 non è applicabile «quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto (...) eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni»;
se si considera che la causa di giustificazione di cui al citato decreto luogotenenziale opera non soltanto per la resistenza a pubblico ufficiale (ma anche per la violenza o minaccia a pubblico ufficiale, a un corpo politico amministrativo o giudiziario, alle relative fattispecie aggravate, all'oltraggio ad un magistrato in udienza ovvero ad un corpo politico amministrativo o giudiziario), si comprende quale effetto potenzialmente dirompente possa discendere da una tale nuova interpretazione della disciplina penale esistente. La gravità del dictum della Suprema Corte non è nell'applicazione del nostro ordinamento dell'antico precetto secondo cui è lecito respingere la violenza con la violenza: le eccezioni al divieto generale di tutela arbitraria delle proprie ragioni risalgono al diritto romano e tra di esse assume preminente rilievo la situazione legittima che giustifica appunto l'uso della forza in contrapposto alla forza. La gravità di tale proclamazione risiede nel fatto che per la prima volta esso è applicato in un ambito di potenziale conflitto tra poteri dello Stato, tale essendo stata la vicenda che ha dato luogo alla pronuncia della Corte costituzionale: una materia - quella della tutela dagli «atti invasivi» ad opera della guarentigia costituzionale di cui all'articolo 68, secondo comma della Costituzione - in cui i confini tra il lecito e l'illecito sono vaghi, per cui si accresce enormemente il rischio di incidenti;
in più sedi e ripetutamente è stato sostenuto che quello dei controlli dei parlamentari ai varchi aeroportuali è ambito coperto dalla guarentigia del divieto di perquisizione senza autorizzazione della Camera di appartenenza, di cui all'articolo 68, secondo comma della Costituzione; a questo scopo in Senato il presidente Mancino ed il presidente Pera, nelle scorse due legislature, affrontarono formalmente la questione, investendone la Giunta competente;
il 27 luglio 2004, il sottoscritto interrogante - che pure a titolo personale condivideva tale tesi - ritenne preferibile affrontare la questione come «riferibile a considerazioni di status e di riguardo dovuto ai rappresentanti diretti della sovranità popolare non meno che ai componenti dell'esecutivo che sicuramente sono - di fatto o di diritto - esenti». In quella sede la Presidenza della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato propose di prevedere in via generale e astratta l'inclusione, tra i soggetti di cui al punto 4.1.3 dell'allegato al Regolamento (CE) 2320/2002, di tutti i rappresentanti della Nazione, adeguando di conseguenza sia le prescrizioni gerarchiche agli agenti di polizia, sia le istruzioni delle competenti autorità aeroportuali ai loro dipendenti, sia i disciplinari con le ditte a contratto investite del servizio di controllo;
il controllo mediante portale magnetico per la rilevazione dei metalli, ai varchi aeroportuali, non esclude la possibilità di provvedere all'ispezione manuale dei passeggeri controllati, sia quando l'allarme si attiva sia a campione su coloro che non fanno scattare l'allarme (ai sensi del punto 4.1 dell'allegato al Regolamento (CE) 2320/2002, che istituisce norme comuni per la sicurezza dell'aviazione civile);
il punto 4.1.3 dell'allegato al Regolamento (CE) 2320/2002 prevede già che le competenti autorità possano stabilire quali categorie di persone devono essere sottoposte a speciali procedure di controllo e quali debbano essere esentate dal controllo
del bagaglio a mano. Nella relazione alla proposta di regolamento di modifica (COM (2003) 566 definitivo) la Commissione europea spiegava che quella regola è stata desunta dal documento 30 della European civil aviation conference (ECAC) relativo alle norme sulla sicurezza nella navigazione aerea; la Commissione proseguiva dichiarando che (nonostante la previsione del punto 4.3.2 dell'allegato, concernente il bagaglio a mano) «sfortunatamente, la regola che consente tale esenzione non è stata inserita al punto 5, che riguarda il bagaglio registrato dei passeggeri esentati dai controlli. Per assicurare la coerente applicazione del Regolamento questo errore deve essere rettificato»;
il 20 maggio 2004 è entrato in vigore il Regolamento (CE) 849/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004: esso, facendo seguito alla citata proposta COM (2003) 566 def., prevede - sotto forma di modifica dell'allegato al Regolamento (CE) 2320/2002 - l'inserimento di un punto 5.3 così strutturato: «Esenzioni. Il bagaglio a mano delle persone di cui al punto 4.1, paragrafo 3, può essere sottoposto a procedure di controllo speciali o esentato dal controllo»;
normative internazionali e comunitarie - ulteriormente specificate dal Regolamento sopra citato - attribuiscono alle autorità nazionali la possibilità di esentare dal controllo del bagaglio alcune categorie di passeggeri (la citata relazione della Commissione europea li qualifica in via esemplificativa come «i passeggeri VIP»);
nella pratica quotidiana è evidente che le autorità italiane esercitano questa facoltà nei confronti di taluni soggetti istituzionali, senza per questo rendere noti i criteri di scelta impiegati ed anzi alimentando il sospetto di decisioni assunte caso per caso, senza una formalizzazione coerente con le disposizioni di sicurezza imposte a livello comunitario;
la privatizzazione dei servizi aeroportuali comporta che di queste delicate tematiche siano investiti, in fase attuativa, soggetti neppure appartenenti all'Amministrazione pubblica, e comunque non tenuti a conoscerne le implicazioni ordinamentali ed i profili di tutela costituzionale, con decisioni spesso casuali, improvvisate quando non addirittura arbitrarie. I corpi di polizia ed equiparati, pure presenti nei locali aeroportuali, non paiono confortati da un contesto di istruzioni gerarchiche atto a precisare in modo univoco i comportamenti da tenere;
considerato altresì che il 23 maggio 2005 il Ministro dell'interno pro tempore così rispondeva al presidente Pera, che gli aveva sottoposto la questione dopo ulteriori casi sollevati da parlamentari in Aula:
«Illustre Presidente,
mi riferisco alla Sua lettera con cui, in relazione alla questione della compatibilità dello status di parlamentare con l'effettuazione dei controlli ai varchi aeroportuali, sollevata dal Sen. Turroni nella seduta dell'Aula di Palazzo Madama dell'8 marzo scorso, ha chiesto di conoscere la posizione del mio Dicastero al riguardo.
In merito il Regolamento CE 2320/2002, e successive modifiche, prevede che i controlli aeroportuali vengano effettuati prima dell'ingresso nelle aree sterili e a bordo degli aeromobili su tutti i passeggeri e sui bagagli a mano.
Attesa l'evidente portata generale di tale disposizione, il Comitato Interministeriale per la Sicurezza dei trasporti Aerei (CISA) - che siede presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - non ha ritenuto di individuare speciali categorie di persone da sottrarre alle procedure di controllo, come sembrerebbe consentire la normativa comunitaria.
Anche altri Paesi europei sembrano avere scelto una strada di estrema prudenza non prevedendo alcuna deroga, come la Francia, ovvero limitandola ad un numero ristretto di soggetti istituzionali, come la Germania che ha esentato dai controlli, tra gli altri, il Presidente del Parlamento, i Capigruppo parlamentari ed i Presidenti dei Parlamenti dei Lander.
Ovviamente, ciò non toglie che possano essere riservate ai deputati e ai senatori
facilitazioni che rendano più spediti i controlli, in relazione all'obiettiva esigenza di un trattamento differenziato per motivi inerenti all'incarico parlamentare.
In questo senso, si potrebbe pensare all'attivazione di varchi dedicati, la cui istituzione, tuttavia, comporterebbe una formale modifica del Programma Nazionale di Sicurezza (PNS) con la conseguente necessità che i Presidenti di Senato e Camera investano della problematica il citato Comitato Interministeriale.
Giuseppe Pisanu» -:
quali normative regolino la materia, sotto forma sia di prescrizioni gerarchiche agli agenti di polizia, sia di istruzioni delle competenti autorità aeroportuali ai loro dipendenti, sia di disciplinari con le ditte a contratto investite del servizio di controllo;
se alla luce del Regolamento (CE) 849/2004 non si ritenga necessario prevedere in via generale e astratta l'inclusione, tra i soggetti di cui al punto 4.1.3 dell'allegato al Regolamento (CE) 2320/2002, di tutti i rappresentanti della Nazione ai sensi dell'articolo 67 della Costituzione, ponendo termine a discriminazioni che, adducendo ulteriori incarichi svolti, si traducano nei fatti in preferenze accordate in ragione dell'appartenenza politica;
se, a completamento dell'iniziativa prefigurata dal Ministro pro tempore, non si ritenga di proporre una formale modifica del Programma Nazionale di Sicurezza, nel senso sopra esposto, specificando esplicitamente quali siano le categorie che rientrano nella possibilità di deroga all'ispezione manuale, ed escludendo altresì espressamente soggetti non contemplati dalla deroga, a partire dagli accompagnatori dei parlamentari per proseguire con tutti coloro che non sono investiti della funzione per la quale si giustifica la deroga;
se, per tutti questi delicati profili di intersezione con la guarentigia parlamentare, non si ritenga di dare esplicita conferma della responsabilità non soltanto formale del posto di polizia aeroportuale sull'esercizio di potestà pubbliche nell'ambito della funzione di vigilanza e controllo ai varchi.
(4-02128)
Risposta. - Le modalità di effettuazione dei «controlli di sicurezza dei passeggeri e dei loro bagagli a mano» sono individuate nel Programma nazionale di sicurezza (P.N.S.) che viene approvato dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.) su deliberazione del Comitato Interministeriale per la sicurezza dei trasporti aerei e degli aeroporti (C.I.S.A.), istituito presso il Ministero dei trasporti.
La scheda n. 1 del documento contempla nel dettaglio, al punto 4.2, le modalità di controllo dei viaggiatori, anche con specifico riferimento al «controllo mediante portale magnetico» ed alla «ispezione manuale dei passeggeri». Tali prescrizioni risultano in linea con le previsioni del Regolamento (CE) n. 2320/2002, menzionato dall'interrogante.
Il citato P.N.S. individua, inoltre, particolari procedure di controllo nei riguardi di diplomatici, con ciò dando piena attuazione alle previsioni della legge 9 agosto 1967, n. 804, recante la ratifica ed esecuzione delle «Convenzioni sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, e dei Protocolli connessi, adottati a Vienna rispettivamente il 18 aprile 1961 ed il 24 aprile 1963».
In relazione ai quesiti posti dall'interrogante circa esenzioni dai controlli nei confronti di appartenenti ai due rami del Parlamento, ovvero la loro eventuale sottoposizione a «speciali procedure di controllo», il menzionato C.I.S.A., interpellato dal Ministero dei Trasporti, ha reso noto che, allorquando disciplinò la materia, ritenne di non individuare eccezione alcuna nei soggetti da sottoporre ai controlli di sicurezza poiché, di fatto, chiunque può, anche involontariamente, divenire veicolo per l'accesso di oggetti pericolosi all'interno delle aree sterili o a bordo di un velivolo.
Tale principio di fatto è stato richiamato da una successiva regolamentazione europea (reg. 1138/2003) che ha stabilito che chiunque accede alle zone ristrette aeroportuali
debba essere assoggettato agli stessi controlli dei passeggeri. Ciò ha comportato che anche l'autorità di polizia o doganale che opera in ambito aeroportuale viene sottoposta allo screening.
Quanto alle ispezioni sulla persona richiamate nell'interrogazione, le procedure prevedono che, ove effettuate da operatore privato, se il passeggero per qualsiasi valido motivo ritenga di non sottoporvisi, può richiedere che alle stesse proceda la Polizia di Stato e se necessario ai fini della privacy che ciò avvenga in apposita area riservata, presente su ogni scalo.
La costituzione di eventuali eccezioni dovrà essere sottoposta al C.I.S.A. per le dovute modifiche alle procedure e direttive in atto, dandone comunicazione motivata alla Comunità Europea e tenendo comunque presente gli eventuali risvolti ai fini della sicurezza.
In merito alle osservazioni circa la responsabilità spettante al posto di polizia aeroportuale sull'esercizio di potestà pubbliche nell'ambito della funzione di vigilanza e del controllo ai varchi, si rappresenta che le procedure di controllo per passeggeri e bagagli presso gli scali aerei nazionali sono contemplate dal regolamento approvato con decreto interministeriale del 29 gennaio 1999, n. 85, recante norme di attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge n. 9 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 217 del 1992, in materia di affidamento in concessione dei servizi di sicurezza.
Detto regolamento, nel disciplinare le tipologie dei controlli da affidare ai privati, prevede espressamente all'articolo 2 che i servizi in argomento debbano essere svolti «sotto la vigilanza dell'ufficio della Polizia di Stato presso lo scalo aereo, che assicura gli interventi che richiedono l'esercizio di pubbliche potestà».
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
EVANGELISTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la casa circondariale di Prato è, in ordine di grandezza, il secondo dei 19 istituti della Toscana dopo quella di Sollicciano a Firenze;
la struttura si presenta con: 2 sezioni di alta sicurezza, 1 padiglione circondariale per imputati in attesa di primo giudizio, 1 padiglione per reati sessuali, una sezione di studenti;
nella struttura vengono svolte attività di pulizia e cucina, di agricoltura gestita da cooperative, di raccolta differenziata secondo progetto con A.S.M., nonché attività scolastica estesa alla scuola media superiore, si è, inoltre in attesa di nuove commesse per attività lavorative su richiesta esterna;
dal punto di vista organizzativo nella struttura sono presenti 2 psicologi, 1 criminologo, 4 educatori con un responsabile all'educazione, assistenti sociali che sono disponibili tre volte a settimana, 284 agenti ed ispettori su un organico previsto di 354 elementi oltre all'assistenza sanitaria di base;
allo stato attuale sono presenti 385 detenuti, prima dell'indulto l'istituto ne ospitava oltre 600 e la situazione era disastrosa, ma si prevede che tra breve la situazione ritornerà allo stato quo ante;
la dirigenza, pertanto, ritiene l'organico attualmente presente, seppure valutato di ottima professionalità e supportato da circa 400 unità di volontari, insufficiente in previsione dell'aumento notevole di detenuti -:
se il Ministro, onde evitare il ritorno al sovraffollamento degli istituti di pena con le conseguenti gravi difficoltà, non ritenga necessario adottare iniziative normative perché vengano emanati opportuni provvedimenti che prevedano pene sostitutive per i reati minori;
se, inoltre, non reputi necessario provvedere affinché vengano erogati contributi alle strutture penitenziarie per la manutenzione e per il potenziamento del personale.
(4-01162)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta, preliminarmente, che presso la Casa circondariale di Prato, a fronte di una previsione organica di 345 unità di polizia penitenziaria, ne sono amministrate 283, mentre alla data del 9 febbraio 2007 erano presenti 431 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 326 posti.
Al fine di incrementare, più in generale, le dotazioni organiche del personale di polizia penitenziaria, sono state avviate le procedure di reclutamento di seguito indicate:
1) assunzione di personale nei ruoli degli ispettori e commissari;
2) assunzione a tempo indeterminato di personale femminile nel ruolo degli agenti ed assistenti;
3) assunzione dei volontari in ferma breve nelle Forze armate, con possibilità d'immissione al termine di detta ferma, nelle carriere iniziali delle stesse Forze armate, delle forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Per quanto riguarda l'assunzione di personale nei ruoli degli ispettori e commissari, si comunica che in attuazione dell'articolo 19, comma 4, della legge n. 448 del 2001, nella Gazzetta ufficiale - 4a Serie Speciale - «Concorsi ed esami» n. 22, del 18 marzo 2003, sono stati pubblicati i concorsi pubblici per l'assunzione di personale di seguito indicati:
a) 271 unità (260 uomini e 11 donne) di allievo vice ispettore del Corpo di polizia penitenziaria.
Nel corso dell'anno 2005 si è provveduto ad ultimare gli accertamenti psicofisici ed attitudinali degli aspiranti, ivi compresi i candidati non idonei per i quali è intervenuto un provvedimento cautelare favorevole del tribunale amministrativo regionale da loro adito.
Tenuto conto dei numerosi ricorsi proposti da aspiranti dichiarati non idonei alla prova preliminare, si è in attesa di una pronuncia univoca del Consiglio di Stato, ai fini della prosecuzione dell'attività concorsuale;
b) 298 unità di vice commissario/commissario del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria.
In data 16 settembre 2005, 165 unità di vice commissari in prova sono state avviate, per la frequenza della prevista attività formativa, della durata di dodici mesi, presso la Scuola di formazione e aggiornamento del Corpo di polizia e del personale dell'Amministrazione penitenziaria di San Pietro Clarenza (Catania). Al riguardo, 144 unità, hanno svolto, con esito positivo, gli esami di fine corso e sono stati assegnati alle rispettive sedi di servizio;
c) per i posti residui in attuazione dell'articolo 19, comma 4, della legge n. 448 del 2001, nella Gazzetta ufficiale - 4a Serie Speciale - «Concorsi ed Esami» n. 43, del 9 giugno 2006, è stato pubblicato il concorso pubblico a 133 posti di vice commissari in prova. La predetta procedura è nella fase iniziale.
Per quanto riguarda l'assunzione a tempo indeterminato di personale maschile e femminile nel ruolo degli agenti ed assistenti, si comunica che con decreto del Presidente della Repubblica del 6 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - Serie Generale - n. 221 del 22 settembre 2005, è stata autorizzata l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria, di 180 unità.
L'assunzione di cui sopra è così suddivisa:
46 unità di agenti di polizia penitenziaria maschile (volontari in ferma breve delle Forze armate di cui ai bandi già emanati «3o bando dell'anno 2001»): vedasi di seguito punto 3, lettera a);
11 unità di allievo agente di polizia penitenziaria femminile (volontarie in ferma breve reclutate a mente dell'articolo 2, comma 3, lettera b), della legge 18 giugno 1999, n. 186) (bando di concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a Serie Speciale - «Concorsi ed Esami», n. 81 dell'11 ottobre 2005).
I predetti aspiranti, in data 29 dicembre 2005, sono stati avviati presso la Scuola di formazione di Verbania per la frequenza del previsto corso di formazione della durata di dodici mesi. Al termine del predetto corso, in data 9 febbraio 2007, sono stati assegnati alle loro sedi di servizio:
14 unità di allievo agente di polizia penitenziaria femminile (volontarie in ferma breve reclutate a mente dell'articolo 2, comma 3, lettera b), della legge 18 giugno 1999, n. 186) - bando di concorso pubblicato nella Gazzetta ufficiale - 4a Serie Speciale - «Concorsi ed Esami», n. 10 del 7 febbraio 2006. Le predette aspiranti, in data 27 aprile 2006, sono state avviate presso la Scuola di formazione di Sulmona (Aquila) per la frequenza del previsto corso di formazione della durata di dodici mesi. Al termine del predetto corso, previsto, presumibilmente, nel mese di aprile 2007, saranno immesse nel ruolo degli agenti ed assistenti del Corpo di polizia penitenziaria.
Con decreto del Presidente della Repubblica del 28 aprile 2006, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - Serie Generale - n. 117 del 22 maggio 2006, è stata autorizzata l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria di 30 unità di agenti di sesso femminile. Al riguardo, nella Gazzetta ufficiale - 4a, Serie Speciale - «Concorsi ed Esami», n. 70 del 15 settembre 2006 è stato pubblicato il concorso pubblico, per titoli ed esami, a ventisette posti di allievo agente di polizia penitenziaria femminile, riservato alle volontarie in ferma prefissata di un anno (VFP 1) delle Forze armate e nella Gazzetta ufficiale - 4a Serie Speciale - «Concorsi ed Esami», n. 76 del 6 ottobre 2006 è stato pubblicato il concorso pubblico, per titoli, ad un posto per l'accesso al gruppo sportivo Fiamme azzurre del Corpo di polizia penitenziaria femminile.
Le candidate vincitrici, in data 28 dicembre 2006, sono state avviate presso la Scuola di Roma - via di Brava, per la frequenza del previsto corso di formazione il cui termine è previsto nel mese di gennaio 2008.
Per quanto riguarda l'assunzione dei volontari in ferma breve nelle Forze armate, con possibilità d'immissione al termine di detta ferma, nelle carriere iniziali delle stesse Forze armate, delle forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si comunica quanto segue:
a) 3o bando dell'anno 2001: nel mese di novembre dell'anno 2004, si sono concluse le visite di verifica del mantenimento dei requisiti psico-fisici ed attitudinali di cui all'articolo 13, comma 3, del bando di concorso. Nello stesso periodo, il competente ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha provveduto a trasmettere alla Direzione generale del personale militare Ministero della difesa l'elenco definitivo degli aspiranti giudicati idonei ai suddetti accertamenti. La predetta Direzione generale ha trasmesso al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria la prevista graduatoria. Al riguardo, i primi 46 aspiranti inseriti nella stessa, in data 29 dicembre 2005, sono stati avviati presso le Scuole di Sulmona (AQ) e Verbania per la frequenza del corso della durata di dodici mesi. Al termine del predetto corso, in data 9 febbraio 2007, sono stati assegnati alle loro sedi di servizio;
b) 6o bando dell'anno 2004: nel mese di settembre 2004 si sono conclusi gli accertamenti psicofisici ed attitudinali, di cui all'articolo 7, comma 3, del bando di concorso, ai quali hanno partecipato 500 aspiranti. Nel mese di novembre 2004, il competente ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha provveduto a trasmettere, al Ministero della difesa - Direzione generale del personale militare, l'elenco degli aspiranti giudicati idonei ai suddetti accertamenti (circa 200 unità). Gli aspiranti giudicati idonei, utilmente collocati nella prevista graduatoria (228 unità, di cui 208 di sesso maschile e 20 di sesso femminile), saranno incorporati nell'anno 2008 a seguito di preventiva autorizzazione degli organi competenti, secondo le normative vigenti;
c) 7o bando dell'anno 2005: nel mese di settembre 2005, si sono conclusi gli accertamenti psicofisici ed attitudinali di
cui all'articolo 7, comma 3, del bando di concorso. Nel mese di novembre 2005, il competente ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha provveduto a trasmettere, al Ministero della difesa - Direzione generale del personale militare, l'elenco degli aspiranti giudicati idonei ai suddetti accertamenti.
Gli aspiranti giudicati idonei, utilmente collocati nella prevista graduatoria (15 unità, di cui 10 di sesso maschile e 5 di sesso femminile) saranno incorporati nell'anno 2009 a seguito di preventiva autorizzazione degli organi competenti secondo le normative vigenti.
Infine, si segnala che l'articolo 1, comma 525, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha autorizzato l'Amministrazione penitenziaria all'assunzione - nell'anno 2007 - nel ruolo degli agenti ed assistenti del Corpo di polizia penitenziaria degli ex agenti ausiliari di leva del Corpo stesso (reclutati ai sensi dell'articolo 6 della legge 30 novembre 2002, n. 356 e dell'articolo 50, comma 12, della legge 23 dicembre 2000, n. 388) nel limite di 500 unità e comunque entro il limite di spesa annua pari a 15 milioni di euro. Al riguardo, la competente Direzione generale dello stesso Dipartimento ha predisposto il relativo decreto ministeriale previsto dal comma 525 per la definizione dei requisiti e delle modalità per le suddette assunzioni, nonché per la definizione dei criteri per la formazione della graduatoria e delle modalità abbreviate del corso di formazione.
Successivamente, si provvederà alla pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale - 4a Serie Speciale - «Concorsi ed Esami» del previsto bando di concorso per titoli.
Per quanto concerne la struttura di Prato, si rappresenta che la Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi del competente Dipartimento ha preso atto degli interventi, di seguito elencati, segnalati dal Provveditore regionale della Toscana:
riqualificazione sistemi di sorveglianza interna ed esterna, risanamento garitte e camminamento del muro di cinta;
ristrutturazione caserma ed alloggi demaniali;
attuazione del nuovo regolamento, con la creazione di servizi annessi alle celle e sistemazione delle sale colloqui;
realizzazione sala di attesa per visitatori adiacente al block house;
realizzazione tettoia ricovero automezzi.
Pertanto, compatibilmente con le risorse finanziarie che saranno assegnate, si provvederà a redigere il programma di edilizia penitenziaria 2007-2009 secondo le priorità indicate dai vari provveditorati regionali.
In ordine, poi, alle iniziative legislative in corso volte ad evitare il ripetersi del fenomeno di sovraffollamento carcerario, si fa presente che, a parte i disegni di legge di iniziativa parlamentare, sono in corso i lavori della Commissione per la riforma del codice penale, istituita con decreto in data 27 luglio 2006 e presieduta dall'onorevole Giuliano Pisapia.
Uno dei temi principali all'attenzione della Commissione è proprio quello della ridefinizione del sistema sanzionatorio, in modo che si preveda la possibilità per il giudice di infliggere pene anche diverse da quelle carcerarie, ma, al contempo, in grado di assicurare il massimo di effettività della pena.
Analogamente, sul versante processuale, con decreto in pari data, è stata istituita una Commissione per la riforma del codice di procedura penale, presieduta dal professor Giuseppe Riccio.
La Commissione dovrà riformare il codice di rito alla ricerca di un punto di equilibrio tra i principi costituzionali di «ragionevole durata» del processo e del «giusto processo», onde consentire la realizzazione di un sistema processuale rapido, efficiente e garantito.
I lavori delle Commissioni, che hanno avuto immediatamente inizio, dovranno concludersi entro il 31 luglio 2007 con la stesura dei rispettivi schemi di legge delega ed entro il 31 marzo 2008 mediante la
stesura dei testi dei necessari decreti legislativi, ove il Parlamento approvasse le deleghe.
L'auspicata attuazione dei due progetti di riforma dovrebbe consentire di realizzare un diritto penale sostanziale moderno e un processo penale snello e rispettoso dei diritti e delle garanzie del cittadino, contribuendo a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e, comunque, soddisfacendo quelle esigenze di prevenzione sociale da cui, pur nel rispetto del principio di «residualità» del sistema penale, uno Stato moderno non può prescindere.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
EVANGELISTI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Poste di Firenze, in data 17 ottobre 2006 ha convocato le organizzazioni sindacali e le R.S.U. per comunicare l'imminente chiusura del Centro Postale Operativo di Pistoia in cui negli anni passati erano occupati 200 dipendenti ed attualmente ce ne sono ancora 65;
tale decisione scaturisce probabilmente da una particolare politica di accentramento e di accorpamento dei servizi per cui, sembra già nei prossimi giorni, si vogliano trasferire determinate lavorazioni (reparti arrivi, promoposta regionale, autisti) presso la sede del centro meccanizzato postale di Sesto Fiorentino;
circa due anni or sono, nel 2004, l'Azienda ha tentato un'azione analoga, da cui è scaturito un accordo scritto e ben preciso in seguito al quale si portava su Pistoia la lavorazione di tutto il promoposta regionale (stampe commerciali) tutelando in tal modo il livello occupazionale, senza slittare in ulteriori tagli;
tale accordo si è reso possibile grazie all'intervento dei Sindacati Unitari e alle R.S.U. fatto in forte sinergia con le istituzioni locali, la Provincia, la Prefettura e il Sindaco;
da tali interventi è scaturito un accordo ufficiale con Poste italiane in cui si ribadiva l'importanza di determinate lavorazioni e addirittura l'intenzione di potenziarle;
sembra contraddittorio che a distanza di due anni l'Azienda Poste che è una SpA di proprietà pubblica, voglia vanificare il lavoro fatto non ottemperando più agli accordi fatti in sede istituzionale;
la tutela sociale dei lavoratori è primaria soprattutto rispetto a scelte aziendali che portando avanti un progetto di spostamento delle lavorazioni così come sono attualmente, ovvero con un mero spostamento di sede senza alcuna conseguenza produttiva per l'Azienda, potrebbero non essere del tutto utili e redditizie;
non è giusto, inoltre, che i lavoratori postali di Pistoia si trovino in notevoli difficoltà dovendo percorrere ogni giorno 60 km senza avere nemmeno diritto al rimborso spese, tanto più che il livello occupazionale di Pistoia ha tutti i presupposti per essere tutelato e anche rafforzato -:
se il Ministro non ritenga di dover accertare le notizie sopra riportate e non voglia farsi parte attiva intervenendo presso le sedi competenti per evitare il rischio occupazionale che si potrebbe verificare negli uffici postali di Pistoia.
(4-01491)
Risposta. - Occorre anzitutto far presente che gli aspetti organizzativo-gestionali della società Poste italiane spettano agli organi statutari della società medesima, la quale individua il tipo ed il numero delle risorse ritenuti necessari a garantire il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale: dislocazione degli uffici, numero degli sportelli, modalità tecniche considerate idonee a soddisfare la richiesta di servizi da parte dell'utenza.
Il Ministero delle comunicazioni è legato alla società Poste da un contratto di programma che assicura al Ministero stesso - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - una potestà di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale, ma non consente al Governo di intervenire nella gestione dell'azienda.
Ciò premesso in linea generale, per quanto concerne la specifica questione prospettata nell'atto parlamentare in esame, la società Poste ha comunicato che la chiusura del centro operativo postale (CPO) di Pistoia - peraltro non ancora attuata - rientra nell'ambito del progetto nazionale «Nuova Rete» riguardante la riorganizzazione della rete dei centri di smistamento.
Tale progetto prevede, come avviene ormai a livello europeo, la concentrazione delle lavorazioni di smistamento della corrispondenza in centri di lavorazione dotati di impianti ad elevata tecnologia, in grado di svolgere meccanicamente le lavorazioni in precedenza effettuate manualmente in stabilimenti di minori dimensioni, con l'obiettivo di contenere i costi di gestione e di migliorare la qualità di esecuzione del servizio in quanto le strutture di maggiori dimensioni e tecnologicamente più attrezzate possono fronteggiare con maggiore facilità le oscillazioni delle quantità dei volumi di traffico che sono tipiche del processo postale.
Stando a quanto riferito dalla società Poste l'iniziale previsione stabiliva le chiusure dei centri di smistamento di Prato e di Pistoia a partire dal 2004, data di attivazione del centro di meccanizzazione postale (CMP) di Firenze ma, mentre il CPO di Prato è stato chiuso, quello di Pistoia sta attualmente continuando la lavorazione in J + I del corriere postale proveniente dall'extracomprensorio (mentre le altre lavorazioni sono trattate dal CIT di Firenze) ed effettua lavorazioni di «consolidamento» per gli uffici di recapito del prodotto promoposta.
Tali lavorazioni residue presso il centro di Pistoia verranno presto trasferite a Firenze mentre i locali del CPO di Pistoia che in tal modo saranno liberati potranno essere utilizzati per ospitare l'ufficio di recapito cittadino (UDR), un centro primario di distribuzione (CPD) che servirà gran parte del territorio provinciale ed un centro di lavorazione UNEP per la trattazione degli atti giudiziari consegnati a Poste italiane a seguito della convenzione stipulata con il Ministero della giustizia.
L'intervento in programma, che sarà oggetto di trattativa sindacale, prevede inoltre che nei locali del CPO di Pistoia rimangano oltre alle attività già citate (UDR, CPD e UNEP), anche le attività di accettazione per la corrispondenza inviata a grandi clienti e la funzione di transit point.
Quanto alle unità ivi applicate Poste italiane ha precisato che alcune continueranno ad essere applicate al suddetto centro per lo svolgimento delle attività sopra ricordate, mentre le rimanenti saranno avviate ad un percorso di formazione ed addestramento per poter essere ricollocate presso altre strutture aziendali.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
FABRIS. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 28 luglio 2006 il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento ha approvato il testo della legge n. 5 del 2006, recante disposizioni in merito al «Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino», pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione del 16 agosto n. 33, suppl. n. 2;
la competenza della Provincia Autonoma di Trento in materia di istruzione è ripartita-concorrente, ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica. 31 agosto 1972, n. 670 recante lo «Statuto della Regione Trentino-Alto Adige»;
l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica del 15 luglio 1988, n. 405, e successive modifiche, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in Provincia
di Trento», stabilisce che la Provincia Autonoma di Trento può disciplinare gli Organi Collegiali delle Istituzioni scolastiche nel rispetto dei principi fondamentali delle norme dello Stato;
dette norme sono contenute nel decreto legislativo n. 297 del 1994, Titolo I - Capo I - Sezioni I e II, recante il «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione»;
alcuni degli articoli della predetta legge regionale n. 05 del 2006, appaiono suscettibili di censura per violazione diretta ed indiretta della Carta costituzionale;
segnatamente:
a) l'articolo 24, comma 5, della legge regionale n. 05 del 2006, configura una subordinazione del Consiglio dei docenti rispetto al Consiglio dell'Istituzione scolastica, laddove il decreto legislativo n. 297 del 1994, stabilisce in maniera inequivocabile la sfera di attribuzione e di indipendenza di ciascun Organo scolastico rispetto all'altro;
b) l'articolo 22, comma 3, della legge regionale n. 05 del 2006, prevede la possibilità di nominare componenti esterni e senza definizione di numero, quali componenti del Consiglio dell'Istituzione scolastica, laddove il decreto legislativo n. 297 del 1994, espressamente prevede che gli Organi Collegiali delle istituzioni scolastiche siano composti esclusivamente da componenti interni all'istituzione scolastica e con predeterminazione di consistenza numerica;
c) l'articolo 35, comma 7 della legge regionale n. 05 del 2006, nell'ambito della definizione del Piano provinciale per il sistema educativo relativo alla distribuzione delle istituzioni scolastiche, prevede che si debba tener conto della distribuzione sul territorio delle istituzioni paritarie, con l'evidente conseguenza che l'apertura, il mantenimento o la chiusura di una scuola pubblica sarà subordinato alla presenza sul territorio di una scuola paritaria, laddove, invece, l'articolo 33, comma 2, della Costituzione, sancisce l'obbligo della Repubblica di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi;
d) l'articolo 76, primo comma, della legge regionale n. 05 del 2006, dispone che la Provincia promuove interventi a favore delle istituzioni paritarie con concessione di contributi in conto gestione, nonché contributi per l'acquisto e il rinnovo di arredi e attrezzature didattiche, in violazione dell'articolo 33, comma 3, della Costituzione, che stabilisce il diritto di Enti e privati ad istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato -:
se il Governo abbia adito la Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 127, primo comma, al fine di promuove una questione di legittimità costituzionale relativamente ai summenzionati articoli della legge regionale n. 05 del 2006 e in caso negativo, per quali motivi.
(4-01433)
Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare in esame si rappresenta che la legge n. 5 del 7 agosto 2006 della Provincia Autonoma di Trento, recante la disciplina sul «sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino», è stata inviata al Dipartimento per gli affari regionali, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 127 della Costituzione.
In sede di istruttoria sono stati sollevati da alcune Amministrazioni statali rilievi che hanno riguardato, in particolare, l'articolo 22, laddove prevedeva la possibilità per i membri esterni di partecipare alle riunioni del Consiglio d'istituto in numero anche preponderante ai componenti interni, in violazione dell'articolo del decreto legislativo n. 297 del 1994, che stabilisce precise regole per il funzionamento dei Consigli d'istituto, e l'articolo 24, laddove si creavano i presupposti per una subordinazione del Collegio dei docenti nei confronti del Consiglio d'Istituto, in violazione dell'articolo 7 del citato decreto legislativo, che sancisce il principio della indipendenza degli organi scolastici. Detti rilievi hanno formato oggetto di un'apposita comunicazione alla Provincia di Trento.
Il Presidente della Provincia, con lettera del 10 ottobre 2006, nel fornire i chiarimenti in ordine alle disposizioni censurate, ha sottolineato di essere disponibile ad apportare correttivi e perfezionamenti al testo della legge provinciale, utili a chiarire i profili rappresentati in modo da renderne trasparenti le finalità ed i contenuti in coerenza con le indicazioni ricevute.
Il Governo, pertanto, nella seduta del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2006, valutato favorevolmente l'impegno della Provincia, ha deliberato la non impugnazione della legge in premessa enunciata.
Per completezza di informazione, si soggiunge che, il 5 dicembre 2006, nel corso di una riunione di coordinamento svoltasi presso il Dipartimento per gli affari regionali, il rappresentante del Ministero della pubblica istruzione ha evidenziato il proprio apprezzamento nei confronti di una disposizione del disegno di legge finanziaria 2007 della suddetta Amministrazione, con la quale sono stati superati i rilievi formulati precedentemente nei confronti della legge provinciale n. 5 del 2006.
Tale disegno di legge è stato tramutato dalla Provincia Autonoma di Trento in data 29 dicembre 2006 nella legge n. 12, recante «Bilancio di previsione della Provincia Autonoma di Trento per l'esercizio finanziario 2007 e pluriennale 2007/2009», il cui articolo 72 ha modificato, nei sensi richiesti, gli articoli 22 e 24 della più volte menzionata legge n. 5 del 2006.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali: Linda Lanzillotta.
FEDI, BUCCHINO, GIANNI FARINA e NARDUCCI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 36, comma 22, del decreto legge n. 223 del 2006, convertito con la legge n. 248 del 4 agosto 2006, aveva rimodulato le deduzioni relative alla «no tax area» per i residenti all'estero, abolendo così tale beneficio per l'anno 2006;
tale disposizione implicava il recupero degli eventuali importi a debito dei pensionati entro il 2006, anno fiscale di competenza;
l'Inps aveva disposto la lavorazione dei pagamenti delle pensioni interessate dalla nuova norma nel corso del mese di settembre per l'esigenza di avviare il recupero delle somme indebitamente riscosse sin dalla prima rata in pagamento nel mese di novembre;
decine di migliaia di pensionati italiani residenti all'estero, compresi molti soggetti i quali avrebbero avuto invece diritto alla detassazione in Italia in virtù di convenzioni bilaterali, hanno subito nel mese di novembre una sostanziale riduzione dell'importo delle loro pensioni senza conoscerne il motivo;
con l'entrata in vigore del decreto legge 262 del 3 ottobre 2006, articolo 3 comma 7, è stata ripristinata la «no tax area» per i pensionati residenti all'estero e l'inps ha predisposto una nuova ricostituzione delle pensioni interessate da queste disposizioni di legge;
con la rata di dicembre 2006, l'Inps dovrà restituire ai pensionati non residenti in Italia le somme trattenute nel mese di novembre effettuando un conguaglio positivo. Tali somme erano state addebitate in quanto l'elaborazione delle pensioni per i residenti all'estero, da pagare nel mese di novembre, era già stata completata in rispetto della legge n. 248, prima dell'entrata in vigore della legge n. 262 del 3 ottobre 2006;
l'avvicendarsi di norme contrastanti e la loro confusa applicazione ha creato notevoli disagi tra i nostri connazionali residenti all'estero;
alcune sedi dell'Inps hanno impropriamente agito da sostituto d'imposta tassando alla fonte le pensioni anche in presenza di richiesta di detassazione da parte dei pensionati residenti all'estero e nonostante quanto stabilito dalle Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali che prevedono di norma la
tassazione da parte dello Stato di residenza e la detassazione in Italia;
è auspicabile che tutte le sedi dell'Inps e di altri Enti previdenziali italiani applichino in maniera uniforme quanto previsto dalla normativa in vigore sulle regole di tassazione e sulle procedure per evitare la doppia imposizione fiscale ed informino inoltre tutti i pensionati italiani residenti all'estero dei loro diritti e doveri in materia fiscale -:
quali iniziative intendano adottare il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, affinché:
1) i pensionati residenti all'estero siano informati adeguatamente in merito ai loro diritti e ai loro doveri fiscali sanciti dalla normativa nazionale e/o dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali;
2) i pensionati residenti all'estero siano informati in merito alle procedure previste da ciascuna Convenzione per evitare la doppia imposizione fiscale ed in particolare alla obbligatorietà, pena la doppia imposizione fiscale, di compilare gli specifici formulari per la detassazione delle pensioni, per l'eventuale credito di imposta da richiedere ad uno dei Paesi contraenti e/o per il rimborso di tasse impropriamente pagate;
3) le Convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali siano applicate in maniera propria ed uniforme da parte degli Enti previdenziali italiani, in modo da evitare imposizioni illegittime, da più pensionati segnalate, sia sulle pensioni che, come spesso succede, sugli arretrati di pensione;
4) siano uniformate sulla base del modello OCSE le previsioni di tali Convenzioni relative alla tassazione delle pensioni, in modo tale da omogeneizzare e facilitare l'applicazione delle stesse;
5) i cittadini italiani residenti all'estero siano informati in maniera adeguata e tempestiva in merito alle implicazioni fiscali che l'eliminazione della «no tax area» ed il passaggio dalla deduzioni alla detrazioni d'imposta avranno sui loro rapporti fiscali con lo Stato italiano.
(4-01856)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, si riferisce quanto comunicato dall'INPS.
La determinazione della base imponibile, e conseguentemente dell'imposta, dei non residenti (articolo 3 del TUIR) aveva subito una modifica attraverso il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (articolo 36, comma 22) convertito in legge n. 248 del 4 agosto 2006, che privava i non residenti del beneficio fiscale della no tax area.
La circolare dell'Agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006 chiariva, inoltre, che tale modifica doveva ritenersi efficace a partire dall'inizio del 2006.
Successivamente, l'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, collegato fiscale alla Finanziaria (corrispondente all'articolo 2, comma 24, della legge n. 286 del 24 novembre 2006, di conversione del decreto), stabiliva che a tutto il periodo d'imposta 2006 si applicava la versione vigente al 3 luglio 2006, rinviando la modifica all'1 gennaio 2007 (da questa data, per effetto dell'entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la norma che prevedeva la deduzione è stata abrogata).
L'Istituto, in qualità di sostituto d'imposta, ha agito di conseguenza applicando, inizialmente, il blocco della no tax area a decorrere dall'1 gennaio 2006, secondo quanto disposto dal decreto-legge, n. 223 e dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 28/E (disposizione applicata esclusivamente ai pensionati che non avevano chiesto l'applicazione delle Convenzioni per evitare la doppia imposizione fiscale e, pertanto, assoggettati a tassazione anche se con imponibile basso).
Successivamente ha predisposto, con la rata di pagamento di dicembre 2006, il ripristino della no tax area ed il rimborso di quanto trattenuto a novembre, informando le Sedi con messaggio n. 29902 del 9 novembre 2006 e gli interessati con un
comunicato stampa del 27 ottobre 2006.
È stato precisato, relativamente all'operato di «alcune sedi dell'INPS» che hanno tassato alla fonte le pensioni anche in presenza di richiesta di detassazione da parte dei pensionati residenti all'estero, che verranno effettuate dall'Istituto le verifiche di competenza presso le proprie Sedi periferiche.
Per quanto riguarda uniformità e chiarezza applicativa della normativa in vigore sulle regole di tassazione e sulle procedure per evitare la doppia imposizione fiscale l'Istituto, agendo in qualità di sostituto d'imposta, si attiene alle disposizioni impartite dall'Agenzia delle entrate a cui, pertanto, è demandato il compito relativo all'uniformità e chiarezza dell'applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali.
Per quanto attiene l'informazione da dare ai pensionati residenti all'estero dei diritti e doveri in materia fiscale, l'Istituto, a seguito della delibera del CIV n. 4 del 6 marzo 2001, ha predisposto, nell'anno 2002, una campagna informativa sulle possibilità di applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali diretta ai:
Consolati e Patronati, inviando una comunicazione contenente, per l'informativa da dare ai pensionati, un modulo di detassazione, un modulo per le detrazioni fiscali (allora vigenti), un foglio di avvertenze esplicativo sulla tassazione;
Pensionati, inviando in allegato all'OBISM (prospetto riassuntivo del certificato di pensione) una informativa in materia;
Cepa e Ministero degli esteri, inviando un'apposita comunicazione.
Nell'anno 2004 l'Istituto ha, inoltre, predisposto l'inserimento sul suo sito Internet (www.Inps.it) della modulistica (mod. EP/I 1, 2, 3, 4) attinente le domande di applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali, ampliandone e aggiornandone il foglio NOTE.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
FEDI, BAFILE, NARDUCCI e BUCCHINO. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il ministero della pubblica istruzione è in procinto di rivedere i criteri per la formulazione della graduatoria delle candidature utili per l'assegnazione delle supplenze, ivi compresa l'attribuzione dei punteggi;
tale revisione dovrebbe portare ad una definitiva formulazione di tale graduatoria;
il ministero della pubblica istruzione, attraverso l'Ufficio IV della Direzione Generale per gli Affari Internazionali dell'Istruzione Scolastica del Dipartimento per l'Istruzione, rende disponibili ogni anno dei posti di assistenti di lingua italiana all'estero presso scuole di vario ordine e grado;
si ritiene lesiva dei nostri interessi nazionali, ai fini della diffusione di lingua e cultura italiane in tutto il mondo, ed in particolare in quei paesi dove è forte la presenza di comunità italiane e dove è comunque forte la richiesta per l'apprendimento della lingua italiana, l'esclusione dei Paesi extra-UE da queste tipologie di iniziative;
sono in vigore Accordi culturali e Protocolli esecutivi con vari Paesi extra-UE;
da alcuni anni, in molti Paesi extra-UE, tra i quali ad esempio l'Australia, sono in corso esperienze riconducibili, nel merito, al programma degli assistenti di lingua italiana -:
quali misure intendano adottare per un opportuno riconoscimento, in termini di punteggio ai fini della graduatoria, del periodo passato all'estero come insegnante o supporto all'insegnamento della lingua italiana, e quali misure si intendono adottare per estendere tale possibilità anche ai programmi e progetti in corso in Paesi extra-UE.
(4-02517)
Risposta. - Si fa riferimento alla interrogazione in esame riguardante le graduatorie per l'assegnazione delle supplenze su posti di assistente di lingua italiana all'estero nelle scuole di ogni ordine e grado, con esclusione dei Paesi extra Unione europea, e si comunica quanto segue.
Le problematiche poste dall'interrogante riguardano due aspetti diversi della medesima questione: l'attribuzione di punteggio nelle graduatorie di istituto per le supplenze temporanee a quanti hanno svolto attività di assistenti di lingua italiana nei Paesi stranieri e la previsione di posti di assistente di lingua italiana limitata ai soli Paesi appartenenti alla Unione europea.
In merito al primo aspetto si fa presente che il servizio prestato come assistente di lingua presso scuole di Paesi comunitari e di altri Paesi esteri, è valutabile nelle graduatorie di reclutamento del personale docente costituite presso ciascuna scuola statale secondo la tabella di valutazione annessa al relativo Regolamento che è stato recentemente oggetto di modifiche e, in data 13 febbraio 2007, è stato inviato al Consiglio di Stato per il prescritto parere.
Riguardo allo scambio di assistenti di lingua questo Ministero cura la selezione e lo scambio con i sette Paesi con i quali gli attuali accordi bilaterali ed i relativi protocolli esecutivi lo prevedono, sostanzialmente in termini di reciprocità.
Il numero di assistenti di lingua, annualmente ospitati in Italia, è subordinato alla disponibilità finanziaria dell'apposito capitolo di bilancio e risulta, per tale limite, ampiamente inferiore alle richieste che pervengono dalle scuole italiane.
Si rileva, peraltro, che buona parte delle richieste riguardano l'ambito della lingua inglese, mentre il numero di assistenti proposti dal Regno Unito e dall'Irlanda risulta molto più modesto.
Va precisato, comunque, che il Ministero, orientato ad ampliare il numero di Paesi con i quali scambiare assistenti di lingua, in particolare con quelli di lingua inglese e spagnola, ha già proposto al Ministero degli affari esteri, in occasione del rinnovo di alcuni protocolli esecutivi con Paesi extra europei, l'inserimento ex novo dello scambio di assistenti di lingua.
La concreta attuazione di tale orientamento e la misura in cui potrà essere praticato sono subordinate sia alla verifica dell'interesse da parte di scuole degli altri Paesi ad avere assistenti di lingua italiana sia ad un corrispondente incremento delle disponibilità finanziarie che tengano conto delle maggiori spese che i candidati dovrebbero affrontare per viaggi di trasferimento più impegnativi.
Già dal prossimo anno scolastico è previsto l'avvio di uno scambio di assistenti di lingua con la Repubblica elvetica.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
FITTO, SANZA e LAZZARI. - Al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella primavera del 2007 si svolgeranno le elezioni amministrative che, per la città di Lecce, assumono particolare rilevanza dovendosi votare per l'elezione del sindaco, in un clima di crescente tensione politica e sociale ed in una regione in cui vi è un grande equilibrio tra opposti schieramenti; è pertanto opportuno che la campagna elettorale si svolga nel massimo della correttezza e della trasparenza e che la competizione sia tenuta fuori dagli eventi istituzionali;
viceversa il 5 gennaio 2007 la Federazione italiana gioco calcio regionale (settore giovanile e scolastico) ha organizzato un incontro con annessa conferenza stampa al Cineteatro don Bosco a Lecce, preannunziando di voler realizzare in quell'area un centro sportivo e invitando alla manifestazione il presidente della regione onorevole Vendola, quello della provincia, Pellegrino ed altri rappresentanti delle istituzioni pubbliche, ma non il sindaco della città, onorevole Poli Bortone; peraltro era presente il candidato sindaco della sinistra onorevole Rotundo;
l'incontro si è trasformato di fatto in una vetrina elettorale della sinistra, stravolgendo il significato della manifestazione; peraltro è inspiegabile che la Federazione non abbia invitato alcuno dell'attuale amministrazione comunale, trattandosi dell'istituzione più direttamente coinvolta nel progetto, deputata a rilasciare le diverse concessioni;
il sindaco della città ha pubblicamente espresso il suo disappunto con una lettera ai vertici nazionali e regionali dell'organizzazione, dichiarandosi sorpresa che la FIGC abbia prestato il fianco a parate elettorali -:
se non ritenga opportuno, nell'esercizio dei propri poteri di vigilanza sul CONI, approfondire i motivi per i quali la Federazione italiana gioco calcio regionale pugliese abbia agito nel modo descritto in premessa e se non intenda emanare direttive che assicurino l'assoluta neutralità politica di tutte le federazioni sportive e la par condicio tra gli esponenti politici invitati alle manifestazioni sportive.
(4-02215)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame con la quale gli interroganti chiedono notizie in merito alla partecipazione del Dr. Manlio Incardona - Presidente del comitato regionale Puglia settore giovanile della FIGC - all'incontro tenutosi presso il Cineteatro Don Bosco di Lecce in data 5 gennaio 2007, si informa che quest'ultimo ha partecipato alla riunione in qualità di invitato e non di organizzatore dell'evento.
Il Sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive: Giovanni Lolli.
FORMISANO. - Al Ministro per i diritti e le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a circa un anno dalla sua approvazione, la legge 9 gennaio 2006, n. 7, che vieta le pratiche di mutilazione genitale femminile in Italia, non è stata ancora pienamente applicata;
tale legge, oltre a prevedere sanzioni specifiche per coloro che praticano questo tipo di interventi, include nel suo dispositivo attività di informazione e prevenzione;
sono almeno quaranta i Paesi in cui è diffusa la pratica delle mutilazioni sessuali sulle bambine e l'Africa sub-sahariana, da est ad ovest, e l'area di maggiore diffusione: ogni anno due milioni di piccole vittime vanno ad aggiungersi ai centotrenta milioni di donne che vivono col marchio di questa ferita;
recentemente tra le comunità di immigrati in Europa e Nord America sono stati segnalati molti casi e l'Italia è ormai il primo Paese europeo con il più alto numero di donne infibulate: sono infatti quasi trentamila le donne immigrate che hanno subito una mutilazione genitale e circa cinquemila bambine rischiano la stessa sorte;
secondo quanto denunciato dalla somala Lul Osman Mohamed, consigliere della Consulta degli immigrati del comune di Roma, rappresentante delle pari opportunità, farebbero parte della Commissione sulle pratiche di mutilazione genitale femminile, costituita presso i Ministeri degli esteri, pari opportunità, salute ed istruzione, solo esperti italiani, a volte poco informati, e non anche immigrati direttamente interessati -:
quali iniziative si intenda intraprendere per monitorare questo fenomeno e dare finalmente attuazione alla legge antinfibulazione;
se non sia necessario adottare ulteriori misure di informazione e prevenzione nei riguardi di questa disumana forma di violenza femminile, nonché misure di tutela della dignità delle molte donne sottoposte a queste pratiche;
se non sia opportuno, ai fini di una migliore applicazione della normativa, interpellare le comunità straniere in Italia e
coinvolgere le donne immigrate che operano nel nostro Paese per fermare la pratica delle manipolazioni genitali femminili.
(4-02019)
Risposta. - In riferimento alle problematiche evidenziate nell'interrogazione parlamentare, si precisa innanzitutto che non esistono dati che individuino l'Italia come il paese europeo con il più alto numero di donne infibulate. In assenza di rilevamenti statistici, vi è infatti un'obiettiva difficoltà a quantificare l'estensione del fenomeno, sia in relazione al numero di donne che hanno subito tale pratica, sia in relazione al numero di bambine a rischio di escissione. Sono stati condotti vari studi per stimare entrambi gli aspetti del fenomeno, la metodologia attualmente più diffusa è quella di prendere in considerazione le comunità presenti sul territorio provenienti dai vari paesi interessati a queste pratiche e ipotizzare che queste comunità possano adottare gli stessi comportamenti di quelle in patria. Questo metodo tuttavia non porta a risultati certi, perché diverse e difficilmente misurabili sono le variabili in grado di influenzare il comportamento dei migranti e, di conseguenza, il loro grado di attaccamento alle pratiche tradizionali una volta che si siano confrontati con il paese di accoglienza. Sebbene dunque non esistano dati certi circa l'incidenza del fenomeno nel nostro Paese e anche se il problema riguarda un numero limitato di persone, questo non ne riduce la gravità. Tali pratiche rappresentano infatti una violazione dei diritti fondamentali delle donne e delle fanciulle, che l'Italia contrasta attivamente nel quadro della propria azione di promozione della condizione femminile e di lotta ad ogni forma di discriminazione e violenza e sul piano nazionale e sul piano internazionale.
In attuazione dell'articolo 2 della legge 9 gennaio 2006, n. 7 è attiva dal 16 novembre 2006, presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, la Commissione per la prevenzione e il contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile. Della commissione fanno parte i rappresentanti delle Istituzioni competenti, in base a quanto individuato dalla legge n. 7 del 2006, esperti di chiara fama, fra cui medici che operano all'interno di strutture sanitarie, riconosciute come centri di eccellenza dall'Organizzazione mondiale della sanità, nonché esponenti di associazioni di immigrati, in particolare associazioni di donne migranti provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili.
In merito alle iniziative di monitoraggio, la competenza in materia viene affidata dalla legge 9 gennaio 2006, n. 7 al ministero della salute cui si fa espresso rinvio.
In relazione al processo di attuazione della legge contro l'infibulazione, si rappresenta che, in data 15 dicembre 2006, è stato elaborato e approvato dalla Commissione per la prevenzione e il contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile il Piano programmatico operativo allo scopo di indicare appositi programmi volti alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale, indicando ambiti d'azione e linee d'intervento per realizzare i compiti fissati dall'articolo 3 della suddetta legge. Il Piano prevede lo sviluppo e l'attuazione di tre attività principali:
Analisi di contesto: il Dipartimento per diritti e le pari opportunità si è impegnato a condurre un'indagine conoscitiva di tipo qualitativo e partecipativo, coinvolgendo sia rappresentanti del settore della tutela dei diritti e della salute delle donne che testimoni privilegiati appartenenti alle varie etnie dai paesi a rischio di MGF, al fine di effettuare una ricognizione dei sistemi di valori, dei significati culturali e delle percezioni della problematica delle MGF e i loro processi di cambiamento, determinati dall'esperienza migratoria, nonché allo scopo di definire la strategia di comunicazione e gli strumenti più appropriati per migliorare e garantire l'accesso ai servizi di tutela e di informazione, sulla salute sessuale e riproduttiva in generale e sulle MGF in particolare, ai cittadini provenienti dai paesi a rischio MGF e per favorire l'abbandono definitivo di tali pratiche tra le comunità coinvolte;
Campagne informative e di sensibilizzazione: sono state previste e programmate dal Dipartimento per i diritti e le pari opportunità campagne di comunicazione, informazione e sensibilizzazione che inseriscano le MGF nel più generale contesto dei diritti umani, in particolare del diritto alla salute sessuale e riproduttiva delle donne, con lo scopo di far acquisire e accrescere la consapevolezza nelle donne immigrate del diritto inalienabile della persona alla sua integrità fisica.
Le campagne di sensibilizzazione si articoleranno nella programmazione di attività culturali, nell'organizzazione di eventi specifici, nella diffusione di prodotti audiovisivi e nella predisposizione e diffusione di specifico materiale informativo.
Per quanto attiene alla programmazione di eventi, è bene ricordare che il 6 febbraio 2007, in occasione della giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili, il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità ha organizzato un convegno dal titolo Oltre le MGF, una questione di diritti, cui sono intervenuti esperti di fama internazionale, nonché esponenti delle associazioni, provenienti da diverse parti del mondo, che da anni sono impegnate nel contrasto alle pratiche di mutilazione genitale femminile. Il convegno è stato accolto dall'associazionismo e dalle comunità di immigrati come un importante momento di scambio e confronto nel quadro complessivo dell'impegno del nostro Paese nella lotta al fenomeno.
In relazione al materiale informativo, infine, si precisa che verrà redatto in più lingue, in modo da risultare comprensibile per tutti i destinatari considerati e sarà reso disponibile presso i luoghi in genere deputati alla ricezione del flusso di migranti, regolari e irregolari. Sono altresì previste iniziative di distribuzione affidate a operatori e mediatori culturali, al fine di raggiungere in modo più capillare e mirato le comunità interessate;
Formazione e aggiornamento: al fine di garantire la massimizzazione della riuscita degli interventi di contrasto e di prevenzione delle MGF sul territorio italiano e considerando le varie culture ed etnie cui ci si rivolge, saranno organizzati moduli di aggiornamento e specializzazione di mediatori, che saranno preferibilmente donne migranti.
Sono inoltre previsti percorsi di formazione e sensibilizzazione nelle scuole al fine di generalizzare e rafforzare l'informazione e la sensibilizzazione sulla salute sessuale e riproduttiva all'interno delle attività già esistenti dei Centri Territoriali Permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta.
Come si evince dalla breve sintesi riportata delle azioni previste nel Piano, il dipartimento per i diritti e le pari opportunità non si limita a interpellare le comunità straniere interessate, ma ha previsto il loro attivo coinvolgimento in tutte le fasi di sviluppo del piano.
Sul piano internazionale, l'impegno italiano per la lotta alle mutilazioni genitali è stato recentemente riaffermato in occasione dell'ultima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo status della donna (CSW), svoltasi a New York dal 28 febbraio all'11 marzo 2006.
Importante forum di dialogo e di confronto multilaterale sulla tutela e la promozione dei diritti delle donne, la Commissione sullo Status delle Donna è stata creata dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc) nel 1946, come organismo parallelo alla Commissione sui Diritti Umani. La partecipazione italiana nell'ultima sessione della Commissione ha seguito essenzialmente due linee: ribadire l'importanza dell'impegno italiano nella lotta alle pratiche tradizionali che colpiscono l'integrità fisica di donne e bambine, ricordando la collaborazione italiana con i Governi, l'Unicef e la società civile e le organizzazioni non governative; esprimersi a favore di un maggiore impegno internazionale nella battaglia contro le mutilazioni genitali, riconoscendo altresì i meriti della Unfpa (United Nations Population Fund) dell'Unifem (United Nations Development Fundfor Women) per il grande lavoro svolto in questo delicato campo.
Inoltre, nell'ambito delle attività di cooperazione allo sviluppo proprie del Ministero degli affari esteri, è da rimarcare il notevole impegno profuso negli ultimi anni
dal nostro Paese nella lotta alle pratiche di mutilazione genitale femminile, conformemente a quanto previsto dall'articolo 7 della legge 9 gennaio 2007, n. 7.
L'impegno della Cooperazione Italiana sul tema è iniziato peraltro ben prima dell'approvazione della legge in questione, come dimostra anche il fatto che la Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo abbia co-finanziato, già nel 1998, il progetto di informazione dal titolo «Campagna di informazione contro le mutilazioni genitali delle bambine africane in Italia» promosso dalla Ong Aidos, con un contributo di lire 119.568.000.
Nel periodo fra il 2004 e il 2006 inoltre, l'Italia ha speso la somma di 3.990.000 euro, così ripartiti:
due contributi volontari all'Unicef di 1,8 milioni di euro ciascuno, nell'ambito del programma «Global Child Protection Strategy», per la componente «Lotta alla violenza sui minori - mutilazioni genitali femminili (MGF)»;
un altro contributo volontario all'Unicef di 390.000 euro per il programma di lotta alle mutilazioni genitali femminili in Kenya.
È infine da sottolineare che la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo co-finanzia ogni anno numerose campagne di formazione informazione sui temi particolarmente sensibili per lo sviluppo sotto il profilo socio-economico, molti dei quali legati alle tematiche di genere.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.
FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
oramai da diversi anni non viene effettuata alcuna significativa attività di manutenzione ordinaria e straordinaria all'interno della struttura carceraria di Piacenza, la qual cosa è facilmente riscontrabile visitando i reparti detentivi e la sala che ospita la mensa -:
se e quali iniziative intenda assumere affinché siano realizzati gli interventi di manutenzione di cui detta struttura abbisogna e che non appaiono più ulteriormente procrastinabili.
(4-02157)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta, preliminarmente, che, per quanto riguarda l'ordinaria manutenzione presso gli istituti penitenziari, i Provveditorati regionali, nell'ambito dei finanziamenti disposti dalla competente Direzione generale ed in piena autonomia, in ossequio al principio del decentramento amministrativo, provvedono a distribuire le relative risorse presso gli istituti delle rispettive regioni.
Per quanto concerne, in particolare, la casa di Piacenza, si comunica che la Direzione generale beni e servizi ha preso atto degli interventi di seguito elencati, segnalati dal Provveditorato regionale dell'Emilia Romagna:
adeguamento dei locali block house e controllo 1o ingresso;
ristrutturazione ed adeguamento dei reparti detentivi al nuovo regolamento sull'ordinamento penitenziario - decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 - con revisione degli impianti termico ed idrico-sanitario;
adeguamento alle vigenti normative dell'impianto elettrico e speciale;
rifacimento delle coperture piane causa infiltrazioni di acqua.
Pertanto, compatibilmente con le risorse finanziarie che saranno assegnate, si provvederà a redigere il programma di edilizia penitenziaria 2007/2009 secondo le priorità indicate dai vari Provveditorati regionali.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
GALANTE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
i signori Mariola Domenico e Piccioni Francesca hanno inoltrato alla sede dell'INPDAP
di Arezzo con nota del 6 luglio 2006 prot. 02030133 la richiesta di mutuo ipotecario della loro prima casa come nucleo familiare recentemente costituito;
in base a quanto previsto dal Regolamento INPDAP hanno venduto i rispettivi monolocali e sottoscritto un rogito di acquisto dell'abitazione con un compromesso del costo di 22 mila euro;
dopo aver più volte contattato i dirigenti INPDAP per aver notizie i signori Mariola e Piccioni hanno potuto constatare quanto segue:
1) la domanda da loro formulata rientra tra quelle ammesse al finanziamento perché pervenuta prima del 7 luglio 2006;
2) per inspiegabili motivi non è certo quando verrà definita e quindi quando verrà erogato il mutuo;
se entro novembre non avranno di fatto l'esigibilità del mutuo i suddetti, che al momento si trovano fuori casa, perderanno l'anticipo di 22 mila euro;
risulta all'interrogante che in questa spiacevole condizione si trova un rilevante numero di associati che hanno presentato domanda per il mutuo ipotecario prima del 7 luglio 2006 -:
come il Ministro, secondo le proprie prerogative, intenda intervenire presso l'INPDAP, segnatamente presso l'istituto denominato «Mutui Ipotecari», al fine di risolvere i gravi disagi recati agli associati all'istituto, dovuti ai ritardi di gestione delle pratiche ammesse all'istituto stesso.
(4-01231)
Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in esame, inerente i mutui ipotecari edilizi eroganti dall'Inpdap, si comunica quanto segue.
La Gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali - Inpdap istituita ai sensi dell'articolo 1, comma 245, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è finanziata con un contributo sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, ai sensi del comma 242 dello stesso articolo 1, pari allo 0,35 per cento.
La gestione ai sensi dell'articolo 5 del Decreto di attuazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 463 del 28 luglio 1998 ha propria autonomia economico finanziaria.
Le entrate provenienti dal versamento del contributo obbligatorio dello 0,35 per cento assicurano un apporto finanziario di circa 400 milioni di euro annuo, mentre il bilancio della Gestione supera i 2 miliardi di euro per la erogazione di prestazioni creditizie e sociali.
Il processo di cartolarizzazione, deciso nella legge finanziaria del 2003, aveva azzerato, alla data del 1o gennaio 2004, ed, a partire dal bilancio di tale anno, i rientri derivanti dalle quote di ammortamento delle prestazioni creditizie erogate.
Di conseguenza l'Istituto, al fine di provvedere all'erogazione delle ordinarie prestazioni creditizie e sociali previste dal citato decreto ministeriale n. 463 del 1998, fruisce oltre che delle entrate contributive dianzi citate, delle risorse versate alla Tesoreria unica derivanti dalla cartolarizzazione dei crediti.
Il bilancio di previsione delle uscite della Gestione negli anni 2004/2006 ha previsto circa un miliardo e mezzo per erogazioni di prestiti a tassi agevolati, 400 milioni di euro per l'erogazione di mutui ipotecari edilizi, circa 150 milioni per prestazioni sociali a giovani, figli e orfani, di iscritti e pensionati ed ad anziani e, per l'anno 2006, ulteriori 250 milioni di euro per la costruzione di alloggi in cooperative di pubblici dipendenti.
Premesso che l'articolo 1 del Regolamento vigente per la erogazione dei mutui ipotecari edilizi prescrive che le domande possano essere soddisfatte nell'ambito delle disponibilità previste in bilancio, si precisa che la domanda di mutui ipotecari edilizi nel corso dell'anno 2006 ha registrato una eccezionale espansione.
Infatti, nel corso dell'anno 2006, sono pervenute altre 10.000 domande ed alla data del 30 novembre 2006 risultano già rogitati altri 7.300 mutui, di gran lunga
superiori al numero complessivo dei rogiti stipulati nell'intero 2005 pari a circa 2.800.
Pertanto, lo stanziamento, che era previsto nel bilancio della Gestione per i mutui ipotecari edilizi ed ammontava a 400 milioni di euro, si è rivelato insufficiente in considerazione della eccezionale domanda di mutui ipotecari.
L'eccezionale afflusso di circa 8.500 domande - solo nel periodo 1o gennaio 2006-31 agosto 2006 - è stato determinato dagli incrementi, del Tasso ufficiale di Sconto disposti nel corso dell'ultimo anno dalla BCE, il caro affitti, i bassi tassi di interesse praticati dall'Istituto (3,20 per cento tasso fisso e 2,90 per cento tasso variabile) allo scopo di aiutare i lavoratori per l'acquisto della prima casa, l'accelerazione del processo di dismissione del patrimonio pubblico con il ricorso dei conduttori ai mutui ipotecari ed in generale la forte tensione di carattere abitativo e il conseguente massiccio aumento delle richieste per l'acquisto della prima casa di abitazione.
Allo scopo di soddisfare il maggior numero di utenti, sono state individuate ulteriori risorse stornandole da altri capitoli del bilancio della Gestione, tra i quali quello destinato alla costruzione di alloggi in cooperative di pubblici dipendenti (dal momento che le cooperative che avevano presentato la richiesta di finanziamento non avevano prodotto l'intera documentazione necessaria), e da quello relativo alla concessione dei piccoli prestiti e dei prestiti pluriennali.
Tale iniziativa ha consentito di poter direttamente elevare a circa 1.000 milioni di euro il budget finalizzato all'erogazione per i mutui edilizi ipotecari, stanziamento che il Consiglio di Amministrazione dell'Istituto con delibera n. 382 del 3 ottobre 2006 ha ulteriormente integrato per altri 300 milioni di euro e quindi le risorse destinate alla prestazione sono state nel 2006 oltre 1.300 milioni.
Per quanto attiene poi il caso dei Signori Mangiola Domenico (non Mariola) e Piccioni Francesca l'Inpdap ha precisato che la Sede provinciale di Arezzo, in data 10 novembre 2006, ha erogato loro il mutuo ipotecario edilizio di euro 156.000,00 e di conseguenza, per quanto accertato, non risulta che gli interessati abbiano subito alcun pregiudizio dalla situazione dianzi illustrata.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
GALANTE e LICANDRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
dall'anno 1946 in Italia è attiva in tutto il territorio nazionale l'organizzazione cattolica denominata «Opus Dei»;
le molte testimonianze provenienti da ex appartenenti all'organizzazione, da ultimo raccolte anche nel libro denuncia «Opus dei segreta», di Ferruccio Pinotti, documentano l'utilizzo all'interno dell'opera di metodi barbari di mortificazione corporale: tra questi la punizione con la cosiddetta «disciplina» ogni sabato pomeriggio; l'obbligo per i numerari di indossare almeno per due ore al giorno il «cilicio», sorta di cintura metallica, munita di punte orientate verso l'interno con lo scopo di infliggere dolore; l'obbligo per le numerarie di dormire su una tavola di legno;
l'Opus Dei pare adottare dei metodi particolarmente aggressivi per il reclutamento dei propri adepti, iniziati a queste attività già da minorenni e inseriti nell'opera senza essere messi a conoscenza di tutte gli oneri derivanti dall'appartenenza alla stessa;
nell'ultima finanziaria è stato inserito un emendamento che equipara ai fini dell'ottenimento dei finanziamenti per l'edilizia universitaria le residenze universitarie pubbliche a quelle private, molte delle quali sono gestite dall'Opus Dei e sono solitamente utilizzate come centri di reclutamento di nuovi adepti;
l'Opus Dei limita la libertà individuale degli appartenenti sotto diversi profili, fino al punto di vietare la lettura da parte degli aderenti dei libri inseriti in un apposito indice;
i numerari e le numerarie dell'opera, pur svolgendo un lavoro continuativo per la stessa, non percepiscono alcun guadagno né sono soggetti ad alcun contributo previdenziale, essendo anzi tenuti a versare ogni propria entrata all'organizzazione stessa -:
se, alla luce della disciplina vigente in materia di rapporti con la Chiesa cattolica, il Governo non ritenga di poter intraprendere misure volte a tutelare la libertà di autodeterminazione dei singoli nell'adesione a gruppi e a movimenti religiosi, e a monitorare il rispetto della normativa in materia di tutela del lavoro anche da parte di tali gruppi e movimenti;
se inoltre, più in generale, intenda fare opera di sensibilizzazione e di formazione culturale tesa a valorizzare in ogni situazione e circostanza il rispetto del proprio e dell'altrui corpo, come forma elementare di rispetto della vita umana.
(4-02586)
Risposta. - L'Opus Dei è un'organizzazione governata dal diritto canonico, dalle norme della legislazione generale della Chiesa, dai propri statuti e dalla costituzione apostolica Ut sit, emanata dal papa Giovanni Paolo II il 28 novembre 1982, con la quale (caso unico finora) essa è stata eretta in «prelatura personale».
Tale status è disciplinato dai canoni 294-297 del codice di diritto canonico del 1983. Le prelature personali, in sostanza, sono circoscrizioni ecclesiastiche previste dal Concilio Vaticano II e dal diritto canonico, istituite per svolgere, con flessibilità, peculiari attività pastorali. La caratteristica di «personalità» le distingue dalle prelature territoriali: mentre queste ultime sono legate ad un determinato territorio, le prelature personali sono invece legate ad un «popolo» che condivide una stessa missione o vocazione, motivo per cui i fedeli delle prelature personali continuano a far parte delle diocesi o chiese locali in cui hanno il domicilio.
L'Opus Dei - la cui Curia prelatizia ha attualmente sede a Roma in Villa Tevere - è, quindi, da considerare a tutti gli effetti un'istituzione della Chiesa cattolica facente parte della struttura gerarchica, ricadente sotto la diretta giurisdizione dello Stato del Vaticano e, come tale, sottratta alla giurisdizione dello Stato italiano.
Dal punto di vista dell'ordinamento nazionale, assume peraltro rilievo il decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1990 n. 285, emanato su proposta, del Ministero dell'Interno udito il Consiglio di Stato, con il quale è stata conferita alla Prelatura dell'Opus Dei la personalità giuridica quale ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Essa risulta iscritta nel registro delle persone giuridiche (istituito presso la cancelleria del Tribunale di Roma, e successivamente, dal 2000, trasferito per competenza alla Prefettura di Roma) da cui risultano gli elementi identificativi dell'ente, le norme di funzionamento ed i poteri degli organi rappresentativi, quali si ricavano dai suoi statuti già vagliati dagli organi statali e da essi riconosciuti coerenti con le disposizioni dell'ordinamento italiano.
Da tali statuti si evince che i fedeli della prelatura hanno in particolare onore le esigenze dell'ascetismo cristiano ed in questo senso vanno lette quelle pratiche di «mortificazione corporale» cui fa riferimento l'interrogante e che la Prelatura propone alla libera adesione dei fedeli, così come propone loro talune indicazioni di lettura.
Trattandosi di pratiche che vengono da questi ultimi liberamente assunte o vissute non diversamente da altre indicazioni del magistero pastorale, non sembra che, nel caso in specie, ricorrano i presupposti per invocare misure volte a tutelare la libertà d'autodeterminazione delle persone.
La libertà di aderire o meno a tali indirizzi, oltre ad essere garantita a livello costituzionale come espressione di un più generale diritto alla libertà religiosa, trova infatti tutela anche a livello concordatario
nell'articolo 2 dell'Accordo di Villa Madama del 18 febbraio 1984, che assicura alla Chiesa cattolica ed agli enti che ne costituiscono la struttura gerarchica «la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa di evangelizzazione e di santificazione», in particolare assicurando «la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica».
Proprio la dimensione volontaristica che sta dietro all'opera svolta dai fedeli dell'Opus Dei fa sì che non si possa assimilare l'attività svolta dai cosiddetti «numerari» ad un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore, mancando sia l'elemento dell'imprenditorialità del datore di lavoro, sia quello della subordinazione ed esclusività del rapporto, sia infine quello della corrispettività finalizzata al percepimento di un salario o altra utilità.
Come riferito dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, infatti, funzionari di quell'amministrazione hanno accertato che tutti i fedeli della prelatura provvedono alle proprie necessità personali e familiari per mezzo del loro lavoro professionale ordinario, senza intrattenere rapporti di tipo lavorativo alcuno con l'Opus Dei. Gli stessi fedeli ed cooperatori dell'organizzazione provvedono, inoltre, alle spese connesse alle esigenze della prelatura, che attengono essenzialmente alla formazione ed al sostentamento del clero ed al funzionamento delle sedi e delegazioni della curia prelatizia.
Quanto infine alle cosiddette «residenze universitarie», esse non risultano gestite dalla prelatura bensì da enti di natura fondazionale o associativa, civilmente riconosciuti come persone giuridiche che, di fatto, hanno scelto di affidare la formazione umana e spirituale dei propri residenti all'Opus Dei piuttosto che ad altre istituzioni.
Le residenze, avendo natura di collegi universitari legalmente riconosciuti o equiparati, rientrano nella previsione dell'articolo 1, commi 603 e 604, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (finanziaria 2007) ai fini delle esenzioni e dei benefici previsti dalla legislazione vigente.
Il Ministro dell'interno: Giuliano Amato.
GARAGNANI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che;
si fa riferimento alla situazione creatasi a Bologna per effetto del progettato attentano alla Basilica di San Petronio di Bologna nei giorni immediatamente precedenti le elezioni politiche -:
se le recenti espulsioni di quattro immigrati marocchini dalla città di Bologna siano da collegarsi al progettato attentato ed in più se risulti al Governo che siano stati identificati fiancheggiatori, collegamenti con determinati ambienti nazionali ed extracomunitari e se siano state adottate tutte le misure indispensabili per garantire la sicurezza di Bologna.
(4-01177)
Risposta. - L'interrogante nel corso della replica ad una sua interpellanza, di contenuto analogo all'attuale interrogazione a risposta scritta, svolta presso l'Assemblea della Camera dei Deputati il 6 marzo 2007 dal Sottosegretario onorevole Lucidi, chiedeva maggiori garanzie da parte del Governo per assicurare più sicurezza ai cittadini bolognesi dinanzi ai movimenti dell'estremismo islamico.
Nel premettere che questa Amministrazione da tempo rivolge al fenomeno in questione grande attenzione investigativa e preventiva, si rappresenta, in particolare, che nel solo anno 2006 l'attività preventiva nella città di Bologna si è concretizzata nell'esecuzione di tre operazioni straordinarie di controllo di luoghi di aggregazione - quali call center, internet point, macellerie islamiche e money transfert - sovente interessate da attività info-investigative di settore.
La sola Polizia di Stato, in tale ambito, ha controllato 58 diversi obiettivi identificando complessivamente 180 persone.
Sul fronte propriamente investigativo, sin dalla metà degli anni '90, in Emilia Romagna sono state portate a termine, in varie fasi, operazioni di polizia conclusesi con l'arresto di numerosi sospetti estremisti islamici, successivamente giudicati e condannati per reati comuni essendo i fatti loro ascritti commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 438 del 2001 che ha introdotto la punibilità dell'associazione con finalità di terrorismo internazionale.
A testimonianza dell'incessante impegno profuso dalle forze dell'ordine nel contrasto della minaccia terroristica di matrice integralista islamica, va ricordata l'operazione che il 18 gennaio 2007, nel quadro di una più vasta attività info-investigativa inerente la possibile presenza in Italia di mujaheddin arabi, ex combattenti nel conflitto interetnico in Bosnia, ha condotto all'arresto nella città di Parma, per possesso di documenti falsi, di due cittadini algerini provenienti dalla Bosnia ed intenzionati a ricollocarsi in Europa.
Si precisa inoltre che, nella provincia di Bologna, proseguono in questo settore specifici approfondimenti investigativi coordinati dalla locale Procura Distrettuale tesi a verificare attualità e consistenza dell'attivismo di altri soggetti d'interesse, già evidenziati in passato per le simpatie verso la causa integralista.
Per quanto attiene alla vicenda relativa ai quattro cittadini tunisini citati nell'interrogazione, si sottolinea che le indagini relative sono state avviate dal Reparti operativi speciali dei Carabinieri sin dal 2001 e si sono concluse nel febbraio del 2006 nel mento in cui la Procura della Repubblica di Bologna ha formulato al G.I.P. richiesta di ordinanza di custodia cautelare in carcere complessivamente nei confronti di 18 indagati, tra i quali i 4 tunisini.
A tal proposito il giudice per le indagini preliminari di Bologna, il 12 aprile del 2006, nel respingere le richieste di custodia cautelare per carenza del requisito della «gravità indiziaria richiesta dall'articolo 273 c.p.p.», ha tuttavia espressamente riconosciuto la pericolosità sociale di alcuni degli indagati e, a seguito di ciò è stata avviata, a cura del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri, la procedura per l'adozione del provvedimento di espulsione dal territorio nazionale per motivi di sicurezza nei confronti dei quattro stranieri in questione.
Successivamente, l'esecuzione dei relativi provvedimenti di espulsione, è stata, però, sospesa in via cautelare dalla Corte europea dei dritti dell'uomo adita dagli stessi stranieri.
Si ribadisce, comunque, che non si rilevano sull'argomento oggetto dell'interrogazione elementi tali da poter collegare l'adozione dei provvedimenti di espulsione emessi il 4 settembre 2006 nei confronti dei quattro cittadini tunisini con le indagini relative alle progettualità terroristiche ipotizzate verso la Basilica di San Petronio a Bologna.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
GASPARRI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 5 gennaio 2007 è stata costituita l'associazione Pendolari Sannio Terra di Lavoro;
l'associazione si prefigge lo scopo di rappresentare le esigenze degli utenti dei collegamenti ferroviari tra Benevento-Caserta e Roma presso tutti gli Enti che hanno competenza sulle attività di indirizzo e di coordinamento nel settore dei trasporti da e per i capoluoghi di Sannio e Terra di Lavoro;
dall'11 dicembre 2006 il collegamento che portava lavoratori e studenti nella Capitale in tempi compatibili con la maggior parte delle esigenze è stato penalizzato, essendo stato sostituito un treno Intercity con un Interregionale, più lento, meno affidabile e meno puntuale del precedente;
dall'11 dicembre ad oggi il treno Interregionale ha fatto registrare ritardi che vanno dai 15 minuti ai 70/80 minuti in casi straordinari;
l'interrogante vuole evidenziare inoltre le partenze del treno al limite della sicurezza, le porte del treno non funzionanti, i riscaldamenti inesistenti, locomotori che vanno in blocco, interruzioni lungo il percorso che fanno accumulare notevoli ritardi;
il 6 febbraio 2007 a Villa Literno è andato in blocco il locomotore del treno Interregionale che parte alle ore 5,18 da Benevento ed i viaggiatori sono stati trasbordati su un treno Intercity proveniente da Napoli, il locomotore del quale è andato in blocco a Sezze Romano;
nella fattispecie i pendolari partiti da Benevento alle 5,18 sono arrivati a Roma alle ore 10,20, impiegando così cinque ore per un viaggio che richiede, in tempi e condizioni normali, un tempo molto minore;
l'associazione Pendolari Sannio Terra di Lavoro in data 6 febbraio 2007 ha dovuto svolgere opera di mediazione con i pendolari i quali, esasperati dalle vicende sopra esposte, intendevano procedere al blocco della circolazione dei treni nella stazione di Villa Literno -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali iniziative intenda assumere affinchè sia ripristinato dagli organi competenti, in tempi brevi, il servizio del treno Intercity Sannio.
(4-02739)
Risposta. - In merito all'interrogazione indicata in oggetto, si evidenzia che i servizi di trasporto passeggeri sulla linea Benevento-Roma, sono erogati dall'impresa ferroviaria in regime di autonomia gestionale, ovvero senza contributi pubblici e senza interferenza sulle modalità di declinazione dell'offerta.
Tanto premesso, risulta che la decisione della società ferroviaria di sopprimere, con l'orario entrato in vigore il 10 dicembre 2006, la coppia di intercity 674/679 Sannio è dovuta al numero ridotto di viaggiatori e dei dati negativi di redditività.
L'alternativa offerta, prevista nell'attuale orario, è costituita da un nuovo servizio regionale, sempre nella fascia mattutina, istituito d'intesa con la Regione Campania. Per il rientro pomeridiano, l'attuale collegamento regionale 2419 in partenza da Roma, via Formia, è attestato a Benevento. Inoltre nella stessa fascia oraria precedentemente assicurata dall'Intercity 679, la società ferroviaria ha confermato l'Eurostar 9355, già largamente utilizzato dalla clientela pendolare per il rientro a Benevento.
Inoltre, sempre a decorrere dal 10 dicembre è stata istituita la fermata a Telese del Treno ok Roma-Bari, con fermate già previste a Caserta e Benevento.
Ferrovie dello Stato s.p.a. ha anche riferito che i ritardi subiti dal collegamento regionale istituito a dicembre sono migliorati sensibilmente ed in ordine alla qualità del materiale rotabile impiegato ha assicurato un quotidiano monitoraggio che consenta, ad eccezione di inconvenienti occasionali ed imprevedibili, un valido standard di servizio.
Peraltro, su richiesta della clientela, a partire dal 5 marzo scorso, è stata inserita, in aggiunta alla composizione del treno in questione, una ulteriore carrozza di 1a classe fruibile dai viaggiatori in possesso del titolo di viaggio per la 2a.
Infine, si precisa che i servizi di trasporto di interesse regionale, a seguito dell'attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999, non sono più di diretta competenza dello Stato ma sono oggetto di diretta regolazione da parte delle Regioni tramite appositi Contratti di Servizio stipulati con Trenitalia s.p.a.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
GRIMOLDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Consap (Federazione dei sindacati di polizia) ha più volte cercato di portare
all'attenzione delle Autorità preposte la grave carenza di risorse umane e tecnologiche del Commissariato di pubblica sicurezza che ha sede a Fermo;
il predetto Commissariato, destinato peraltro a diventare sede di Questura, avrebbe serie difficoltà nella gestione del personale, che lamenterebbe collocazioni non rispondenti alle specifiche esperienze professionali, né alle qualifiche e ai ruoli di appartenenza;
detta criticità avrebbe creato una serie di incomprensioni tra il personale del settore delle Volanti e la Dirigenza, tanto da provocare, in data 5 ottobre 2006, un'accesa discussione tra il dirigente del Commissariato in parola e l'Ispettore Capo di Polizia, successivamente ricoverato al Pronto Soccorso di Fermo;
il malcapitato Ispettore sarebbe stato «reo» di richiesta di trasferimento collettivo, insieme ad altri 14 colleghi, che operano nel settore delle Volanti, il cui scopo era quello di manifestare contro le continue e «storiche» violazioni delle norme che regolano i rispettivi diritti normativi ed economici, ripetutamente rappresentate dalla locale segreteria provinciale della Consap al Questore di Ascoli Piceno -:
se non ritenga opportuno intervenire presso le Gerarchie preposte, al fine di ristabilire la necessaria serenità sul lavoro tra i dipendenti e la dirigenza, motivandone sempre di più l'attaccamento al servizio;
in che modo intenda attivarsi per risolvere la carenza dell'organico del personale del Ruolo Agenti ed Assistenti della Polizia di Stato, al fine di poter collocare sul territorio un idoneo numero di equipaggi di Volante per il controllo del territorio, istituendo, altresì, l'attesissimo «Poliziotto di Quartiere» ponendo così fine all'impiego del personale in compiti di profilo inferiore rispetto alla qualifica posseduta -:
se non ritenga opportuno procedere nell'immediato ad un graduale potenziamento delle risorse umane e di mezzi, nonché di strumenti operativi proporzionati alle esigenze dell'istituenda Questura.
(4-01674)
Risposta. - Presso il Commissariato di pubblica sicurezza di Fermo (Ascoli Piceno) prestano attualmente servizio 54 appartenenti ai ruoli operativi della Polizia di Stato, con ben 18 dipendenti in più rispetto alla previsione organica di 36 unità.
La funzionalità della struttura - che dispone di 21 personal computer e di 11 stampanti e per la quale sono in corso di assegnazione ulteriori 4 personal computer, 3 stampanti e 2 scanner - viene inoltre assicurata anche da 7 dipendenti dell'Amministrazione civile dell'Interno, che contribuiscono per le esigenze di supporto logistico e amministrativo.
Inoltre, nel corrente anno è stata prevista anche in quel Comune l'attivazione del servizio di polizia di prossimità denominato «Poliziotto di quartiere», con assegnazione di tre operatori di polizia appositamente formati.
Si precisa che la prospettata elevazione a livello di «Questura» del Commissariato di pubblica sicurezza di Fermo non trova al momento oggettivi elementi di riscontro.
Infatti, l'articolo 5 della legge n. 147 del 2004, istitutiva della provincia di Fermo, fa esplicito rinvio all'articolo 21, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000, secondo cui la creazione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di nuove articolazioni periferiche dell'Amministrazione statale nell'ambito della neo-provincia.
Inoltre, l'articolo 1, comma 425, della legge finanziaria 2007 ha prefigurato un percorso temporale e tecnico per la eventuale ridefinizione degli ambiti territoriali degli uffici periferici dell'Amministrazione dell'Interno, ivi comprese le Questure, sulla base, fra l'altro, di parametri che dovranno essere adeguatamente valutati in coerenza con la revisione dell'ordinamento degli enti locali.
Alla luce di quanto sopra e considerato, altresì, che gli eventuali potenziamenti degli organici permanenti devono, di volta in
volta, anche tenere in debita considerazione le esigenze di sicurezza di altre aree distribuite sull'intero territorio nazionale, tra l'altro nell'ambito della pianificazione delle risorse finanziarie disponibili, non sembra, al momento, possibile accogliere la richiesta di incremento degli organici del Commissariato di pubblica sicurezza di Fermo.
Secondo quanto riferito dal Prefetto di Ascoli Piceno in merito all'episodio segnalato dall'interrogante il dirigente del Commissariato di pubblica sicurezza di Fermo ha riunito, il 3 ottobre 2006, il personale addetto al servizio delle «Volanti», comunicando un loro diverso impiego nelle turnazioni di servizio, necessario per assicurare l'espletamento dei servizi di vigilanza sul territorio, nonostante le frequenti assenze per malattia.
Poiché successivamente alla riunione 15 dipendenti hanno presentato domanda di trasferimento presso altro ufficio non operativo della Polizia di Stato, il dirigente ha convocato, per chiarimenti, l'ispettore di polizia ritenuto il promotore dell'iniziativa. Al termine del colloquio, quest'ultimo si è recato presso il pronto soccorso dell'ospedale cittadino, che ha diagnosticato uno «stato di ansia», con prognosi di 5 giorni, senza peraltro disporre alcun ricovero.
Da tale episodio è scaturita una nota di protesta della segreteria generale dell'organizzazione sindacale a cui l'ispettore è aderente.
Il Questore di Ascoli Piceno ha immediatamente disposto un'indagine conoscitiva, che ha accertato una situazione diversa da quella segnalata nella doglianza sindacale.
In particolare, è emerso che nel corso della riunione del 3 ottobre nessuno dei dipendenti aveva sollevato obiezioni o rilievi sui nuovi turni di servizio; la richiesta di trasferimento collettivo è giunta pertanto del tutto inaspettata.
Inoltre, è emerso che il colloquio fra il dirigente e il promotore dell'iniziativa di protesta non ha mai avuto toni accesi; è stato accertato che i turni di servizio richiesti al personale risultano pienamente conformi alle vigenti regole contrattuali e che non si sono mai verificate «omissioni o ritardi» nella concessione di periodi di congedo e di riposo legittimamente chiesti dagli operatori nei servizi di «Volante».
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
HOLZMANN. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il materiale rotabile in provincia di Bolzano è assai vetusto e richiederebbe la sua sostituzione;
la provincia autonoma di Bolzano ha a propria disposizione ampie risorse finanziarie e potrebbe intervenire in sinergia con Trenitalia;
la vicina provincia di Trento ha già acquistato alcuni treni e li ha affidati in gestione a Trenitalia per le tratte locali, in particolare quella della Valsugana;
al fine di assicurare il più efficace coordinamento tra le attività dell'amministrazione statale e di quella provinciale, il decreto del Presidente della Repubblica n. 527 del 1987 ha istituito un comitato provinciale di coordinamento delle comunicazioni e dei trasporti -:
se intenda intervenire, per quanto di sua competenza, per favorire la stipulazione di adeguate convenzioni che consentano l'acquisto di nuovo materiale rotabile da assegnare alle tratte della provincia di Bolzano, destinate al trasporto locale.
(4-01255)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, sulla qualità del materiale rotabile in circolazione sulle tratte della provincia di Bolzano, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito quanto segue.
Il materiale in questione è composto da 19 moderni locomotori del tipo E 464, specificatamente progettati per il servizio regionale, immessi in servizio negli ultimi 6 anni. Il parco trainato è costituito da carrozze media distanza a vestiboli centrali, di cui 18 semipilota.
La società ferroviaria ritiene che tale dotazione destinata ai servizi provinciali di
Bolzano sia sufficientemente adeguata a servire l'attuale domanda della clientela.
Tuttavia, in considerazione del trend di incremento viaggiatori registrato nell'ultimo biennio, nonché della prospettiva di un progetto di cadenzamento dei servizi, attualmente in esame presso la Provincia autonoma, è emersa l'esigenza di un rinnovo/incremento del materiale rotabile.
Detta esigenza sarà oggetto di approfondito esame in sede di stipula del nuovo contratto di servizio con la Provincia.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
HOLZMANN. - Al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
in data odierna il quotidiano Alto Adige dà notizia dell'esistenza di una Carta dell'Europa distribuita dal servizio EuropaDirect della Comunità Europea;
il succitato cartellone, in italiano e a pagamento in tutto il territorio Ue, contiene le bandiere nazionali e dati di varia natura inerenti la dimensione, la popolazione, la ricchezza e i nomi originali delle regioni di ogni paese europeo;
per quanto riguarda l'Italia, accanto alla Lombardia e al Veneto, appare, in modo inspiegabile, l'errata denominazione Trentino-Sudtirol;
l'articolo 116 della Costituzione italiana definisce tra le Regioni italiane l'esistenza del Trentino Alto Adige;
a parere dell'interrogante, tale iniziativa editoriale offende i sentimenti e la cultura del gruppo italiano residente in Alto Adige -:
quali iniziative intenda adottare in ambito europeo per far sì che si proceda alla corretta dizione geo-politica della regione Trentino Alto Adige.
(4-02006)
Risposta. - Pur non disponendo di sufficienti elementi per individuare con precisione la Carta geografica dell'Europa cui l'interrogante si riferisce, è stato possibile accertare che in più di un'occasione la Commissione europea ha pubblicato e diffuso materiali (sia cartacei che on line) destinati al grande pubblico recanti la cartina geografica dell'Italia con la denominazione Trentino-Sudtirol.
Appare doveroso precisare che all'articolo 116 della Costituzione italiana, dall'interrogante stesso richiamato nell'atto parlamentare, come modificato in base alla legge di revisione costituzionale n. 3 del 2001 che ha ripreso la denominazione contenuta nel secondo Statuto speciale della Regione Autonoma del 1972, il nome ufficiale della Regione è Trentino-Alto Adige/Sudtirol (seppur vero che alla 131 della stessa Costituzione la dizione tedesca è omessa ed appare solo il nome Trentino Alto Adige).
Ciò premesso, si ritiene comunque opportuno che il nome della Regione in questione sia riportato in maniera completa, dunque comprensivo del termine Alto Adige. In tal senso si è già provveduto a dare opportune istruzioni alla Rappresentanza permanente d'Italia preso l'Unione europea affinché compia un passo presso i competenti Servizi della Commissione, richiedendo che la denominazione Trentino-Alto Adige/Sudtirol appaia in tutti i materiali e cartine geografiche pubblicati e diffusi dalla stessa, sia in formato cartaceo che on-line. Ciò anche in analogia a quanto già avviene per la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
JANNONE e GREGORIO FONTANA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di sabato 2 dicembre si sono verificati incidenti tra le tifoserie contrapposte prima della partita Roma-Atalanta. Tre sostenitori bergamaschi, mentre venivano scortati sugli autobus dalle forze dell'ordine, sono stati colpiti con oggetti contundenti, ed uno tra loro versa in gravi condizioni;
dalle dichiarazioni e dagli esposti agli atti degli uffici della questura di Bergamo depositati da un avvocato civilista, Marco Saita, testimone degli eventi, sembrerebbe che le forze dell'ordine abbiano agito con comportamenti aggressivi e repressivi nei confronti dei tifosi bergamaschi, senza che ve ne fosse motivo alcuno;
dal racconto di alcuni tifosi parrebbe inoltre che i sostenitori atalantini siano stati costretti a passare in mezzo a due file di agenti che avrebbero inferto numerosi colpi di manganello, senza alcuna motivazione, prima di farli entrare nella stazione ferroviaria -:
quali indagini il Ministro intenda intraprendere per verificare l'attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni e quali misure si intendano adottare nei confronti degli eventuali responsabili delle forze dell'ordine;
quali siano stati i motivi che hanno spinto le forze dell'ordine ad intervenire e se risulta dal resoconto dei dirigenti responsabili che si siano registrati abusi di sorta.
(4-01879)
Risposta. - In occasione dell'incontro di calcio «Roma - Atalanta», disputatosi allo Stadio Olimpico di Roma il 2 dicembre 2006, si è registrato l'arrivo nella capitale, con il mezzo ferroviario, di circa un migliaio di tifosi bergamaschi.
Intorno alle ore 20,00, dopo i previsti controlli presso la Stazione Tiburtina - durante i quali le forze dell'ordine hanno rinvenuto e sequestrato numerosi oggetti atti ad offendere (coltelli, catene, materiale pirotecnico eccetera) - i sostenitori dell'Atalanta sono stati accompagnati sotto scorta allo stadio, a bordo di nove autobus della locale azienda di trasporti.
Sulla Via Olimpica, nei pressi di un cavalcavia, gli automezzi sono stati fatti oggetto di un fitto lancio di sassi e petardi. Nella circostanza i tifosi dell'Atalanta, ricorrendo ai sistemi automatici d'emergenza, hanno fermato tre autobus in coda alla colonna al fine di scendere ed entrare in contatto con gli aggressori.
Le forze di polizia al seguito si sono tempestivamente frapposte e sono riuscite a disperdere gli assalitori, ricorrendo anche all'utilizzo di alcuni lacrimogeni.
Nel corso dei brevi tafferugli, tre sostenitori bergamaschi hanno riportato ferite da arma da taglio; altri, per risentimento e spirito di rivalsa, hanno danneggiato quattro autobus.
Al termine dell'incontro la tifoseria bergamasca è stata nuovamente accompagnata alla stazione ferroviaria, con un servizio di scorta adeguato allo stato di tensione che si era determinato in precedenza.
Durante il tragitto di ritorno il movimento della colonna di autobus è stato più volte interrotto a causa delle intemperanze dei sostenitori dell'Atalanta i quali, alla vista di supporters avversari o - anche - di semplici passanti o avventori, hanno tentato di aprire le porte degli automezzi per discenderne, costringendo la forza pubblica ad interventi immediati finalizzati a scongiurare qualsiasi tipo di turbativa all'ordine e alla sicurezza pubblica.
Raggiunto il piazzale antistante la Stazione Ostiense, al cui ingresso era stato preventivamente disposto un idoneo servizio di protezione con altri contingenti della forza pubblica, un folto gruppo di sostenitori atalantini ha raggiunto di corsa l'androne della struttura dove erano presenti numerosi viaggiatori.
Si è reso pertanto necessario un breve intervento di contenimento per fermare i tifosi più agitati ed evitare che potessero essere recati danni a persone od a cose.
Alla partenza del treno, alcuni sostenitori bergamaschi si sono, infine, resi protagonisti di un fitto lancio di pietre e di artifizi pirotecnici, dai finestrini del convoglio, all'indirizzo degli operatori di polizia.
Nel corso degli avvenimenti, agenti della DIGOS di Bergamo hanno costantemente collaborato con il personale impiegato nei servizi di ordine pubblico.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
LICASTRO SCARDINO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
il professor Carlo Mazzotta, in servizio presso l'Istituto Tecnico Commerciale «A. Olivetti» di Lecce, ha presentato presso il Ministero della pubblica istruzione un'istanza di computo della retribuzione professionale docenti (compenso individuale accessorio nella tredicesima mensilità);
il CCNL/2003 comparto scuola all'articolo 75 - struttura della retribuzione - prevede un trattamento fondamentale ed un trattamento accessorio e all'articolo 79, comma 1, recita testualmente «gli incrementi stipendiali di cui all'articolo 75 hanno effetto integrante sulla 13ma mensilità...»;
con sentenza n. 726 del 10 dicembre 2003 il giudice del Lavoro del Tribunale di Pisa, nell'ambito di una causa di lavoro iscritta al n. 388/2003 RGC, su ricorso presentato da dipendenti del Ministero di Grazia e Giustizia, ha riconosciuto, a tutti gli effetti, il Compenso Individuale Accessorio quale elemento fisso e continuativo da computare nel pagamento della 13ma mensilità, in misura pari alla normale retribuzione;
a giudizio dell'interrogante, alla luce di quanto in premessa risulta da elementi inequivoci che il professor Mazzotta sia creditore, nei confronti del Ministero in questione, delle differenze retributive tra le tredicesime mensilità già liquidate a decorrere dal 2002 e quanto avrebbe dovuto percepire se nel calcolo fosse stato inserito il Compenso individuale accessorio, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria a decorrere dal mese di dicembre 2002 -:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
quali azioni, nell'ambito dei propri poteri, intenda intraprendere per chiarire la vicenda segnalata e, quali siano lemodalità e i tempi con cui intenda provvedere per tutelare i diritti del ricorrente.
(4-02194)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente la richiesta presentata dal docente menzionato nell'atto di sindacato ispettivo, volta ad ottenere il computo della retribuzione professionale docente nel calcolo della tredicesima mensilità.
A sostegno della richiesta viene richiamata la sentenza n. 726 del 10 dicembre 2003, con la quale il Tribunale di Pisa ha accolto il ricorso presentato da dipendenti del Ministero della Giustizia per l'inclusione nella tredicesima dell'indennità di amministrazione; a tale proposito, l'interrogante chiede di conoscere se il Ministero sia a conoscenza della questione e quali azioni intenda intraprendere per chiarire la vicenda segnalata.
Al riguardo, si comunica quanto segue.
La problematica oggetto dell'interrogazione è nota da tempo al Ministero che già in data 27 luglio 2004 in materia inviò alle Direzioni Scolastiche Regionali la nota prot. n. 1820, diffusa anche sul sito Intranet dell'Amministrazione, informando di non riscontrare utili elementi per prendere in considerazione le istanze in argomento.
In particolare, nella suddetta nota, oltre al principio secondo il quale le sentenze hanno efficacia esclusivamente tra le parti interessate, veniva ricordato il divieto di estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato posto dall'articolo 23, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per il triennio 2002-2004, facendo peraltro presente che il Ministero della giustizia aveva proposto appello avverso la sopra citata sentenza.
Nella stessa nota, inoltre, per quanto concerne specificamente il personale del comparto scuola, si faceva presente che la materia è espressamente disciplinata dal vigente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto «Scuola» che, all'articolo 81, commi 2 e 3, prevede che la retribuzione professionale docente ed il compenso individuale accessorio siano corrisposti per 12 mensilità. Inoltre, l'articolo
78 del medesimo Contratto collettivo nazionale di lavoro dispone, al comma 2, che l'importo della tredicesima mensilità è pari al «trattamento fondamentale» spettante, costituito dallo stipendio tabellare per posizioni stipendiali e da eventuali assegni ad personam; conseguentemente non rientrano nell'importo della tredicesima le diverse voci del trattamento accessorio, tra le quali sono compresi la retribuzione professionale dei docenti ed il compenso individuale accessorio del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA).
Per completezza, va aggiunto che la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) - articolo 1 comma 132 - ha prolungato al triennio 2005-2007 il divieto di estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle pubbliche amministrazioni.
Della questione è stata successivamente interessata anche la Presidenza del Consiglio dei ministri che, con nota del Dipartimento della Funzione Pubblica del 29 aprile 2005, ha espresso orientamento negativo ricordando la vigenza del suddetto divieto di estensione del giudicato e facendo anche presente che la Corte di appello di Firenze, su appello del Ministero della difesa, ha riformato una sentenza (n. 728/2003) analoga a quella emessa dal Tribunale di Pisa, a cui si fa riferimento nell'interrogazione.
Inoltre, l'Aran, con nota del 5 settembre 1996 indirizzata all'Avvocatura generale dello Stato e, per conoscenza, alla competente Direzione Generale di questo Ministero, ha reso noto il testo integrale di una interpretazione autentica ex articolo 64 del decreto legislativo n. 165/2001, degli articoli 75 e 78 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 2003 (inclusione nella tredicesima mensilità della retribuzione professionale docenti, causa di lavoro n. 1327/05 c/MIUR), che l'Agenzia medesima aveva trasmesso al Giudice del Lavoro di Campobasso su richiesta dello stesso.
Tornando alla sentenza del Tribunale di Pisa n. 726/2003, come già detto prima, il Ministero della Giustizia ha a suo tempo proposto appello avverso la stessa sentenza. Al riguardo, da una ricerca fatta sulla rete Internet, risulta che la Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 10 luglio 2004, ha riformato la sentenza del Tribunale di Pisa del 10 dicembre 2003 rigettando la domanda proposta da dipendenti del Ministero della Giustizia, intesa ad ottenere le differenze retributive derivanti dalla inclusione della indennità di amministrazione nella tredicesima mensilità. Avverso questa sentenza della Corte di Appello di Firenze i lavoratori soccombenti hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione la quale, con sentenza Sez.Un. n. 14698 del 13 luglio 2005, si è definitivamente pronunciata sulla questione respingendo il ricorso.
Allo stato, dunque, non ricorrono le condizioni per potere accogliere la richiesta oggetto dell'interrogazione.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
MADERLONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con la deliberazione n. 79 del 12 dicembre 2005, il Consiglio Comunale del comune di Folignano, in provincia di Ascoli Piceno ha adottato il Piano Regolatore Generale in adeguamento al PPAR;
il Sindaco ha partecipato alle discussioni e alle relative votazioni, nonostante risulterebbe incompatibile, in quanto egli è comproprietario di una vasta area che risulterebbe trasformata nella sua destinazione urbanistica come proposto nel P.R.G. adottato;
nella citata deliberazione del Consiglio Comunale, il voto del Sindaco è stato decisivo per addivenirvi, in quanto è stata approvata con 9 voti favorevoli e 8 contrari, in evidente violazione della lettera e dello spirito dell'articolo 78, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, così come anche rilevato e denunziato, nella medesima sede, dai Consiglieri di opposizione;
come più volte ribadito dal Consiglio di Stato (per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 3
settembre 2001, n. 4622; cfr anche Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2000, n. 6596), l'obbligo di astensione e di allontanamento dei consiglieri comunali, qualora siano portatori di interessi personali, che possano determinare posizioni di conflittualità in ordine alle decisioni da assumere, prescinde dall'apprezzamento in concreto di un vantaggio, essendo sufficiente a determinare tale obbligo, qualsiasi interesse proprio che possa risultare in conflitto con la realizzazione dell'interesse pubblico, essendo irrilevante il fine specifico della realizzazione dell'interesse privato ed in concreto pregiudizio dell'amministrazione pubblica;
l'eventuale approvazione definitiva del PRG di specie, che ha come ultima scadenza il 15 gennaio 2007, realizzerebbe un precedente, in forza del quale altre amministrazioni comunali risulterebbero legittimate a procedervi sussistendo vizi di incompatibilità e per di più costituirebbe una disparità nei confronti delle amministrazioni che hanno approvato lo strumento urbanistico rimuovendo le eventuali condizioni della incompatibilità di cui trattasi;
alcuni consiglieri comunali si sono rivolti al Prefetto di Ascoli Piceno chiedendo l'annullamento straordinario della delibera del consiglio comunale ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo n. 267 del 2000 -:
come valuti le circostanze evidenziate in premessa e quali urgenti iniziative voglia assumere al fine di porre rimedio ad un provvedimento che, qualora non radicalmente riconsiderato nel merito e nella procedura, potrebbe produrre un inaccettabile precedente.
(4-01775)
Risposta. - Sui fatti segnalati dall'interrongante la Prefettura UTG di Ascoli Piceno ha svolto approfonditi accertamenti interpellando il Comune di Folignano in ordine all'approvazione della delibera consiliare n. 79 del 12 dicembre 2005 con la quale è stato adottato il piano regolatore generale (di cui l'ente era sprovvisto) in adeguamento al piano paesistico ambientale regionale.
Il Comune ha osservato che il nuovo strumento urbanistico destina le proprietà del Sindaco e dei suoi parenti e/o affini a zona agricola (per la maggior parte) ovvero a verde pubblico (una particella), sopprimendo di fatto la facoltà edificatoria dei proprietari e non recando loro, quindi, alcun vantaggio.
Dagli accertamenti condotti dalla Prefettura di Ascoli Piceno, risulta inoltre che l'Amministrazione provinciale - cui la pianificazione era stata trasmessa per il parere di conformità agli strumenti urbanistici sovraordinati ai sensi dell'articolo 26 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 - ha espresso al riguardo un parere di massima favorevole con alcuni rilievi, alla luce del quale il Comune dovrà ora decidere se approvare definitivamente il piano accogliendo integralmente i rilievi ovvero formulare a sua volta delle controdeduzioni.
Avverso la delibera di adozione del piano regolatore in argomento, un singolo proprietario ha adito il TAR Marche proponendo un ricorso fondato su motivi di illegittimità dell'atto analoghi a quelli fatti propri dai consiglieri di minoranza nella richiesta di annullamento straordinario ex articolo 138 del decreto legislativo n. 267 del 2000 avanzata a questo Ministero.
A quest'ultimo riguardo, pur riconoscendo l'oggettiva ed indubbia rilevanza delle questioni sollevate, si deve tuttavia osservare che il rimedio invocato dall'opposizione consiliare non può trovare applicazione nella fattispecie concreta.
L'annullamento governativo straordinario, infatti, costituisce istituto di natura eccezionale, che può essere azionato a tutela dell'unità dell'ordinamento solo quando questa sia concretamente minacciata, ed è un potere che trae origine dall'obbligo gravante sul Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, di assicurare il mantenimento di indirizzo politico, nel quadro di unità ed indivisibilità della Repubblica, di cui all'articolo 5 della Carta (cfr. parere Consiglio di Stato, sez. I, 2 aprile 2003, n. 1313).
La mera illegittimità di un atto, quindi, non costituisce di per sé elemento sufficiente per procedere all'annullamento straordinario ove tale illegittimità non costituisca oggettiva e concreta lesione della suddetta unità ordinamentale.
In questo senso è orientata la prassi costante di questo Ministero nel proporre l'annullamento ex articolo 138 limitatamente a fattispecie di particolare gravità, relative ad atti che introducano un vulnus dell'ordinamento perché contrarie a norme e principi fondamentali; ciò in quanto tale potere di annullamento costituisce non già una forma di controllo sugli atti di ultima istanza bensì un atto di alta amministrazione attraverso il quale garantire la coerenza e unitarietà dell'ordinamento repubblicano nel rispetto dei princìpi costituzionali di autonomia e decentramento.
Tali considerazioni appaiono tanto più valide ed attuali dopo la riforma del titolo V della Costituzione che, ispirandosi al principio di equiordinazione fra lo Stato e le altre dimensioni rappresentative della Repubblica, porta conseguentemente ad escludere ogni intervento autoritativo dell'amministrazione statale sugli enti locali se non in presenza di gravi, persistenti e reiterate violazioni di legge.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MARTINELLO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
diversi articoli apparsi sul quotidiano nazionale Il Gazzettino il 10 e 11 gennaio 2007 hanno contribuito a sollevare l'attenzione dell'opinione pubblica su un grave problema che riguarda i cittadini italiani che praticano l'attività venatoria presso i confini italo-sloveni;
i cacciatori italiani denunciano la sparizione e l'uccisione dei loro cani in territorio sloveno, oltre che l'atteggiamento apparentemente omertoso adottato dalle autorità competenti slovene a tale proposito;
è oramai noto che ai cacciatori sloveni è stato impartito l'ordine di abbattere i cani che circolano senza padrone nelle zone di confine;
negli ultimi anni si sono infatti moltiplicate le denunce di sparizione di cani da parte di cittadini italiani i quali, non vedendo tornare a casa il proprio cane da caccia, ne lamentano il fatto alle polizie dei due Paesi;
a fronte di ciò, si è dovuta purtroppo constatare l'assenza di collaborazione da parte delle autorità slovene le quali adottano un atteggiamento secondo l'interrogante incomprensibile, distaccato e di assoluta indifferenza rispetto a queste gravi sparizioni ed uccisioni;
la tensione è salita proprio quando, dopo non aver più ricevuto notizie in merito al ritrovamento degli animali, alcuni cacciatori italiani hanno rinvenuto le carcasse dei loro cani abbattuti in suolo sloveno con il collare asportato;
i cittadini italiani che praticano l'attività venatoria e che posseggono uno o più cani da caccia sono tenuti all'osservanza di rigorose norme concernenti la tenuta dei propri animali: tra queste ricordiamo l'applicazione del contrassegno di identificazione (microchip) come previsto dalla legge n. 281 del 1991, il possesso del certificato di idoneità attestante la docilità del cane, come previsto dalla legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 56 del 1986, la copertura assicurativa per eventuali danni a terzi, cose o animali, il collare con i riferimenti del proprietario;
l'atteggiamento tenuto dalle autorità slovene su simili atti di inciviltà quali l'uccisione dei cani, colpevoli solo di aver superato la linea di confine, è intollerabile, soprattutto se consideriamo che questo Paese è parte integrante dell'Unione europea e che quindi ne dovrebbe recepire i disposti in materia di libertà di transito e di collaborazione transfrontaliera -:
quali iniziative il Ministro abbia intenzione di adottare affinché simili atti barbarici non abbiano più a ripetersi ed
affinché i cacciatori italiani che si trovano a svolgere l'attività venatoria al confine tra i due Paesi possano essere tutelati.
(4-02180)
Risposta. - Al termine di un accurato esame delle denunce ed esposti pervenuti al consolato Generale d'Italia a Capodistria, nulla risulta circa i fatti lamentati dall'interrogante nell'atto parlamentare in parola. Si segnala al riguardo che, in assenza di elementi circostanziati precisi (luoghi, tempi o, altro) relativi ai fatti lamentati, ed in assenza, altresì, di una istanza rivolta ai predetti Uffici dai cacciatori italiani danneggiati o da una loro Associazione, questo Ministero non può formalmente interpellare le Autorità slovene competenti.
Si informa tuttavia che il Capo dell'Autorità slovena competente per territorio (Unità Amministrativa di Tolmino) opportunamente contattato per le vie brevi dal Consolato Generale a Capodistria, ha segnalato che pur non essendo personalmente a conoscenza di dette vicende ha comunque informato che, da contatti tenuti con la polizia competente, non risulterebbe altro che la restituzione di uno o due cani dispersi oltre frontiera da parte della polizia slovena ai loro proprietari italiani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
MELLANO. - Al Ministro della giustizia al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il ministro Mastella che, rispondendo in data 11 ottobre 2006, al question time, ha iniziato a fornire dati e numeri precisi sull'attività che svolge la Cassa delle Ammende: sui progetti approvati e non approvati, sull'ammontare delle cifre che riguardano il finanziamento dei progetti stessi, ed ha espresso l'impegno di dare completa trasparenza all'operato di questo importante istituto;
il magistrato Francesco Gianfrotta, nel corso di un convegno tenutosi a Torino il 10 giugno 2006, dal titolo: «Verso politiche penitenziarie regionali», ha dichiarato: «....certamente non c'è, non emerge dalla lettura dei verbali delle riunioni della Cassa delle Ammende, una discussione sulla congruità dei costi del singolo progetto, e neppure una discussione più generale sulla eventuale opportunità di pianificare la spesa, ad esempio annualmente. I progetti vengono esaminati e valutati uno per uno; ma non si può dire neppure che ci sia superficialità o faciloneria nel finanziamento dei progetti finanziati. Non è così. Lo dimostra il fatto che molti progetti non vengono approvati e su altrettanti si richiede un supplemento di istruttoria. Quello di cui non c'è traccia è la programmazione della spesa ....... nonostante si dica in qualche passaggio della corrispondenza che ho potuto esaminare, che si vuole evitare l'esperienza del passato di finanziamenti a pioggia, di fatto è proprio questo quello che è capitato, oserei dire, in modo ineluttabile ...... è difficile evitare i finanziamenti a pioggia, cioè la casualità nella spesa pubblica, se non c'è progettualità politica».
per quanto riguarda il Regolamento della Cassa delle Ammende, approvato a febbraio del 2004, il Presidente Gianfrotta ha detto: «...Poiché nel regolamento di esecuzione sono indicati ed istituiti degli organi che non sono previsti nella legge istitutiva, che è quella del 1932, si ritiene di proporre una modifica di questa legge all'ufficio legislativo del Ministero della Giustizia ........la modifica comprende la previsione di una indennità di carica corrisposta annualmente e commisurata agli importi di bilancio, il cui ammontare dovrà essere stabilito con delibera del consiglio di amministrazione, approvata dal ministro della Giustizia previo parere favorevole del ministro dell'Economia. Francamente non so se questo punto rifletta una necessità per il migliore assolvimento delle finalità istituzionali della Cassa delle Ammende.»;
in occasione di un convegno organizzato dal Gruppo «Radicali - Lista Emma Bonino» e tenutosi presso il Consiglio
Regionale del Piemonte, nel novembre del 2003, il Direttore Generale dell'Esecuzione Penale Esterna del DAP, Consigliere Riccardo Turrini, dichiarò che uno dei problemi che giustificavano la totale inattività della Cassa delle Ammende era la partecipazione a titolo gratuito dei componenti il consiglio di amministrazione alle sedute del consiglio stesso, a fronte di grandi responsabilità derivanti dal dover gestire somme importanti -:
dovesia possibile reperire i bilanci preventivi e consuntivi della Cassa delle Ammende relativi agli anni 2004, 2005 e 2006;
quali siano i progetti e programmi approvati dal Consiglio di Amministrazione della Cassa delle Ammende sino ad oggi, chi i destinatari, quali le finalità specifiche;
se il Governo non ritenga necessario ed urgente addivenire a una revisione del Regolamento interno della Cassa delle Ammende, tenendo in debita considerazione i rilievi formulati nella premessa, nel question time dell'11 ottobre, nella precedente interrogazione presentata su questo tema ed ancora in attesa di risposta e nell'ordine del giorno 9/00525-BIS/038 fatto proprio dal Governo in sede di approvazione della legge di indulto.
(4-01827)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che i bilanci di previsione e consuntivi della Cassa delle Ammende relativi agli anni 2004, 2005 e 2006 possono essere reperiti mediante apposita richiesta fatta direttamente alla Cassa delle Ammende ovvero presso il Ministero del tesoro e delle finanze - Ufficio centrale di bilancio presso il Ministero della giustizia.
Ad oggi, il Consiglio di amministrazione della Cassa delle ammende ha approvato 37 progetti, tutti in corso di attuazione, così denominati:
1 - la «Rete che Cura», presentato dalla Direzione generale dei detenuti e trattamento del dipartimento;
2 - P.E.R.L.A., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria dell'Abruzzo e Molise;
3 - IMMINTEGRA, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Toscana;
4 - I.L.D.E. presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Calabria;
5 - Sezione custodia attenuata, presentato dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto;
6 - Orientamento lavorativo, presentato dalla Casa circondariale di Lauro;
7 - Lavoro penitenziario teatro e scuola, presentato dalla Casa circondariale de L'Aquila;
8 - ECOTAXI, presentato dall'Ufficio di esecuzione penale esterna di Roma;
9 - Formazione impresa commerciale e agricola, presentato dalla Casa circondariale di Napoli Poggioreale;
10 - P.R.I.M.O., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Puglia;
11 - STELLA, presentato dalla C.R. di Eboli;
12 - Lavori IS ARENAS ARBUS, presentato dall'Ente assistenza del personale dell'amministrazione penitenziaria;
13 - Miglioramento opportunità reinserimento, presentato dalla direzione generale dell'Esecuzione Penale Esterna del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
14 - INFOLIBRO, presentato dalla C.R. di Porto Azzurro;
15 - Interventi occupazionali detenuti in misura alternativa, presentato dall'Ufficio di esecuzione penale esterna di Firenze;
16 - La Casa di Fido, presentato dalla Casa circondariale di Terni;
17 - Laboratorio lavorazione marmi, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Calabria;
18 - OIKOS, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Calabria;
19 - Hansel & Gretel, presentato dalla Casa circondariale di Imperia;
20 - Verso ... Al di là del Muro, presentato dalla Casa circondariale di Lecce;
21 - Drammaturgia Penitenziaria, presentato dalla direzione generale detenuti e trattamento del D.A.P.;
22 - Verso una nuova identità, presentato dalla casa circondariale di Bari;
23 - Verso una nuova identità, presentato dalla Casa circondariale di Lecce;
24 - L.I.S.O.L.A., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Lombardia;
25 - InseriRETE, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Sicilia;
26 - Para-cadute, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Campania;
27 - Borse lavoro..., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Calabria;
28 - I.N.D.U.L.T.O., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna;
29 - INSIEME, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria delle Marche;
30 - V.I.P.I.N., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria del Veneto, Trentino, Friuli;
31 - PRO.IN, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Liguria;
32 - Percorsi di integrazione..., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Basilicata;
33 - SALVAGENTE, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Toscana;
34 - Ricomincio da qui, presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria del Lazio;
35 - Azione di reinserimento sociale..., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria del Piemonte, Valle d'Aosta;
36 - P.I.A., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria dell'Abruzzo;
37 - IN.C.I.P.T., presentato dal Provveditorato regionale per l'amministrazione penitenziaria della Puglia.
Riepilogando, quindi, ad oggi gli impegni finanziari deliberati dalla Cassa delle ammende, in attuazione del disposto di cui all'articolo 129, II e III comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 2000, ammontano, complessivamente, a 12.366.619,41 euro.
Con riguardo all'opportunità di procedere ad una revisione del Regolamento interno alla Cassa delle ammende, occorre precisare che lo stesso Consiglio di amministrazione, sin dal momento della sua approvazione (18 febbraio 2004), evidenziò la necessità di una futura integrazione del Regolamento, soprattutto con riguardo alla materia della valutazione dei progetti presentati da soggetti privati.
In data 17 luglio 2006, infatti, il Consiglio di amministrazione ha deliberato una disciplina integrativa per tale ultima tipologia di progetti ed è all'ordine del giorno della prossima seduta una ulteriore integrazione, con riguardo alle modalità di rendicontazione delle spese effettuate in sede di attuazione dei progetti approvati e finanziati dalla Cassa.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MENIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con precedente atto di sindacato ispettivo, l'interrogante ebbe modo di occuparsi del signor Giacomo Scotti per chiedere se come, attraverso la doppia cittadinanza italiana e croata e una falsa residenza a Trieste, potesse godere di benefici previdenziali, sanitari, etc. pur risiedendo a Fiume;
Giacomo Scotti è un napoletano che, da comunista, scelse la strada inversa agli esuli che se ne andavano da Fiume per essere liberi e italiani, e si stabilì nel 1947 nel capoluogo quarnerino scegliendo di essere jugoslavo;
fu parte attiva del partito comunista jugoslavo e della sua opera molto raccontano gli esuli da Fiume... Dedicò poesie a Tito, il maresciallo infoibatore d'italiani, con versi come quelli sotto riportati:
«Tito, un uomo come noi.
si scriveva sui muri Tito Tito
nome probito
gridato anche da noi stirpe italiana
nelle battaglie della libertà
Lo abbiamo avuto padre nelle disgrazie
per lui abbracciavamo i popoli come fratelli anche nell'ombra della solitudine.
Domani i posteri forse ci invidieranno la nostra presenza con Tito.»;
negli anni scorsi ha dedicato la sua attività di «storico» a negare e giustificare lo sterminio delle foibe, quelle che, in un suo famoso intervento chiama le «cosiddette foibe istriane»: secondo lui (che scrive un libello intitolato «Foibe e fobie») si tratta di invenzioni della propaganda della destra nazionalista italiana cui si rammarica aderisca ora anche la sinistra italiana. In proposito afferma che «queste mistificazioni non fanno certamente onore ai vivi che vedono travolta la realtà dei fatti, né fanno onore ai morti. Dietro c'è una voglia di giustificazione del tradimento, del collaborazionismo e dei crimini di guerra commessi dai fascisti»;
si apprende dalla «Voce del popolo» di Fiume che Giacomo Scotti è stato insignito dal Presidente della Repubblica, Napolitano, del titolo di «Commendatore dell'Ordine della Stella del solidarietà» con la motivazione di aver dato «per circa sessant'anni un costante e significativo contributo alla tutela, alla promozione e alla creazione della cultura italiana in Croazia e Slovenia, soprattutto nel campo delle letteratura e della saggistica storica...»;
a parere dell'interrogante, tanto più nell'imminenza del 10 febbraio, Giorno del Ricordo degli infoibati e degli esuli d'Istria, Fiume e Dalmazia, la vicenda appare inqualificabile e palesemente offensiva nei confronti di quest'ultimi -:
quale soggetto abbia assunto l'iniziativa di attivare la procedura per il conferimento del titolo di Commendatore a Scotti;
quale membro del governo abbia controfirmato l'atto;
se non intenda proporre il riesame del caso ai fini dell'eventuale revoca dell'atto stesso.
(4-02755)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si comunica che l'iniziativa del conferimento dell'Onorificenza di Commendatore dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana al signor Giacomo Scotti è stata avviata dall'Ambasciatore d'Italia a Zagabria, su motivata segnalazione del locale Istituto Italiano di Cultura e inserita dal Consiglio dell'Ordine stesso tra le proposte da presentare all'approvazione del Ministro degli Affari Esteri.
Il decreto di conferimento è stato firmato dall'onorevole Ministro degli Affari esteri il 17 ottobre 2006 e controfirmato dal Signor Presidente della Repubblica.
Si fa, infine, presente che la revoca del conferimento non è attualmente all'esame della competente Commissione.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
MINARDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
desta allarme la paventata soppressione di un cospicuo numero di Tribunali che comprenderebbe anche la struttura giudiziaria di Mestica; provvedimento previsto da una normativa contenuta nel decreto-legge sulla Giustizia che comprende la chiusura dei tribunali che hanno in organico meno di 14 magistrati;
in base alla normativa il tribunale di Modica rischierebbe la soppressione perché ha in organico 11 Magistrati;
tale struttura giudiziaria è stata inaugurata appena 3 anni fa, è moderna e funzionale, comprende un vasto comprensorio che racchiude le città di Modica, Ispica, Scicli e Pozzallo e per la quale il Ministero della Giustizia ha speso ingenti somme;
a giudizio dell'interrogante, è indispensabile agire per il sostegno ed il potenziamento delle istituzioni giudiziarie come il Tribunale di Modica, frutto di una tradizione giuridica plurisecolare -:
se il Governo intenda rivedere tutta la normativa relativamente all'organico nei tribunali e prevedere invece il potenziamento dello stesso nella struttura giudiziaria di Modica, che peraltro potrebbe essere ampliata anche a livello comprensoriale, fatto che rappresenterebbe la soluzione più adeguata alle esigenze di un territorio sempre in crescita che non deve essere penalizzato o indebolito e danneggiato da provvedimenti che privano la città di Modica ed il suo comprensorio di un'importante struttura e allontanano il cittadino dalla giustizia.
(4-00602)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che l'istituzione e la soppressione di uffici giudiziari, al di fuori dei casi tassativamente previsti (che riguardano le sezioni distaccate di Tribunale e gli uffici del Giudice di pace), non sono disposte con atto amministrativo ma con atto avente forza di legge e, pertanto, possono essere effettuate esclusivamente a segno di una iniziativa legislativa.
Si rassicura l'interrogante che, allo stato, non soltanto non è in corso alcuna specifica iniziativa legislativa per la soppressione del Tribunale di Modica ma, più in generale, valutate approfonditamente le attuali necessità organizzative degli uffici giudiziari e le soluzioni che è possibile fornire ad esse, non sussiste l'intenzione di proporre norme di revisione della «geografia giudiziaria» riguardanti le sedi di Tribunale.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
NESPOLI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la situazione sui treni italiani non sembra cambiare. Ad un anno dalle zecche e dalle cimici trovate su alcune vetture, la sporcizia rimane sempre la compagna di viaggio di numerosi passeggeri;
questo quanto emerge da un'ispezione a sorpresa effettuata dalla società che gestisce il traffico passeggeri delle Ferrovie, che ha ingaggiato ispettori esterni e ha dato il via ai controlli sulle 13 aziende che lo scorso novembre hanno vinto gli appalti. Il risultato è da rabbrividire: questa volta non sono stati trovati animali, ma nessuna delle 261 carrozze ispezionate ha superato l'esame. La mancanza di pulizia è oscillata tra il 40 e il 70 per cento, con punte che hanno raggiunto il 100 per cento: 48 treni hanno infatti ottenuto il peggior voto possibile, «prestazione non resa»;
ciò significa che i treni sono ripartiti sporchi, cosi come erano arrivati in stazione. Una situazione che ha spinto Trenitalia
ad inviare alle società interessate dalle ispezioni una lettera in cui si minaccia la rescissione del contratto. Anche per non gettare al vento i 630 milioni di euro investiti per le operazioni di restyling e bonifica su 1.700 carrozze, avviate dopo lo scandalo cimici e zecche. Come se non bastasse, gli addetti alle pulizie che dovevano rimettere in sesto i treni fermi alla stazione di Napoli sono stati sorpresi addormentati sui sedili di prima classe. A Palermo, invece, i responsabili dell'organizzazione del lavoro non sono neppure stati trovati;
al loro posto, cosi come a Reggio Calabria o a Milano, a Lecce o a Genova, solo sporcizia e disorganizzazione: sanitari divelti o impresentabili, cartacce strabordanti dai portarifiuti e torsoli di mela tra i sedili, pavimenti neri più della pece e graffiti ancora freschi del tutto ignorati. I controlli hanno preso il via lo scorso maggio. Sei le regioni finora interessate: Calabria e Campania, Liguria e Lombardia, Puglia e Sicilia. La situazione più critica è stata riscontrata al Sud. Maglia nera a Napoli: su 29 delle 39 carrozze ispezionate gli addetti alle pulizie non sono neppure saliti. A Lecce la proporzione è stata di sei su 40, a Reggio Calabria di 5 su 29, a Palermo di 3 su 14;
appare un po' meno vergognosa la situazione al nord Milano e Genova in testa, anche se anche in queste città gli standard di pulizia previsti dal contratto non sono stati raggiunti. Trenitalia ha minacciato di rescindere i contratti. Così che in attesa delle nuove ispezioni, a Napoli è stato richiamato il personale messo frettolosamente in cassa integrazione e le prime teste dei responsabili di coordinamento fantasma sono saltate. La speranza è che non succeda quello che è accaduto in Calabria: l'impresa già licenziata da Trenitalia ha presentato ricorso, ha abbassato, se possibile, ancora di più la qualità del servizio e impedito alla nuova ditta di prendere il suo posto -:
se il Ministro, di fronte a questo scenario, intenda, fornire tutti i dati disponibili sulla gravissima situazione denunziata.
(4-00846)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che Trenitalia s.p.a. ha posto in essere una serie di iniziative volte ad incrementare adeguatamente gli standard di pulizia del materiale rotabile anche attraverso l'intensificazione dei controlli di qualità sui treni della media e lunga percorrenza.
Per i treni del trasporto regionale, a partire dal 2006 è stato programmato un maggior numero di interventi, con un incremento anche dell'impegno economico.
Inoltre, sono stati verificati i processi produttivi delle imprese che svolgono il servizio di pulizia con lo scopo di individuare i fattori critici alla base del mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità. Gli esiti sono stati, poi, oggetto di confronto con le imprese medesime nelle sedi contrattualmente previste, al fine di concordare ed avviare le opportune azioni correttive.
La società ferroviaria ha assicurato che l'attività di controllo e di verifica della qualità delle prestazioni continuerà ad essere svolta in modo costante anche attraverso rilevazioni periodiche della soddisfazione della clientela.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
OLIVIERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a quanto risulta all'interrogante nella struttura penitenziaria di Genova Pontedecimo sono fermi, ormai da anni, i lavori di ristrutturazione finanziati direttamente da questo Ministero e finalizzati alla realizzazione di un moderno e polifunzionale centro clinico modello, attrezzato anche per il ricovero di pazienti detenuti/e portatori/trici di handicap motori;
tali lavori, infatti, iniziati nel 2002 per un importo ammontante a circa 3
miliardi di lire sono stati poco dopo sospesi per il fallimento della ditta appaltatrice;
le conseguenze della sospensione dei lavori sono molto pesanti poiché i locali nei quali si svolgono le attività mediche ed infermieristiche sono completamente inagibili a causa dei lavori iniziati e non finiti, tutte le attività sanitarie sono svolte in anguste stanze/magazzino del tutto inadeguate a tale utilizzo;
questa situazione è ulteriormente aggravata dalla cronica mancanza di fondi che impedisce un corretto utilizzo delle risorse mediche umane a disposizione dell'istituto e compromette il corretto svolgimento delle terapie con l'impossibilità dell'acquisto della totalità dei farmaci richiesti -:
quali iniziative si intenda assumere per far cessare questa assurda situazione.
(4-00550)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che la proposta di realizzare un centro diagnostico terapeutico presso la casa circondariale di Genova Pontedecimo era nata dalla necessità di operare una ristrutturazione edilizia del Centro clinico della casa circondariale di Genova Marassi, ormai vetusto, nonché dalla inadeguatezza di detta struttura alle esigenze sanitarie della popolazione detenuta ligure.
Venne, pertanto, deciso di trasformare il centro clinico di Genova Marassi in infermeria attrezzata, con appositi lavori di ristrutturazione, e di realizzare un nuovo centro clinico nell'Istituto di Genova Pontedecimo.
Nel 2003 il Provveditore regionale della Liguria cominciò a manifestare perplessità circa l'opportunità di realizzare due strutture sanitarie penitenziarie nella stessa città, tenuto conto del bacino di utenza della Regione, non così elevato da richiedere la presenza di due impianti sanitari di elevato livello, e delle difficoltà di reperire le professionalità necessarie ad assicurare la funzionalità delle suddette strutture. Il Provveditore suggerì invece, come più opportuna, l'utilizzazione del reparto in corso di ristrutturazione a Pontedecimo.
Nell'aprile del 2004, a seguito del fallimento della ditta appaltatrice dei lavori per la creazione del Centro diagnostico terapeutico di Pontedecimo, si tenne una riunione presso il competente dipartimento di questo Ministero per valutare l'opportunità di realizzare due strutture sanitarie penitenziarie nella stessa città.
Il fallimento della ditta che stava effettuando i lavori per la realizzazione del CDT di Pontedecimo, peraltro realizzati per l'80 per cento, poneva il problema di ridefinire il programma dell'Amministrazione, dovendo decidersi se procedere a nuovi ingenti investimenti per stipulare un contratto con altra ditta per il completamento dei suddetti lavori edilizi.
L'esame della problematica tenne conto di molteplici aspetti, attinenti soprattutto al quadro dei servizi sanitari penitenziari sull'intero territorio nazionale e al tipo di collaborazione che si stava realizzando in ogni regione con il Servizio sanitario nazionale.
Inoltre, si considerò che in Piemonte era funzionante un centro clinico utilizzato in sede regionale e a Torino era attivo un efficiente reparto detentivo ospedaliero presso l'ospedale «Le Molinette»; la Lombardia registrava la presenza di due centri clinici, uno presso la casa circondariale di San Vittore e l'altro presso la Croce rossa di Opera, e di un buon reparto detentivo presso l'ospedale San Paolo di Milano; l'Emilia Romagna aveva riaperto il reparto di I livello per disabili non autosufficienti; la Toscana utilizzava il centro annesso alla casa circondariale di Pisa; nel Lazio era attiva la sala operatoria di Regina Coeli.
Tra l'altro, la circostanza che i lavori edili nella casa circondariale di Pontedecimo fossero stati effettuati nella misura dell'80 per cento, rendeva possibile, come emerso nel corso della riunione citata in premessa, l'immediata utilizzazione della struttura per la detenzione, secondo l'indicazione fornita dal Provveditore. Si programmò inoltre l'attivazione di un reparto
per detenuti disabili, nonché un reparto per l'osservazione psichiatrica.
Tenuto conto, quindi, che la nuova struttura sanitaria di Genova avrebbe atteso solo alle necessità della popolazione detenuta della regione, considerati, altresì, gli ulteriori finanziamenti che si sarebbero dovuti effettuare e visto che la situazione organizzativa globale dell'assistenza sanitaria penitenziaria era modificata, per i motivi anzidetti la struttura di Marassi, opportunamente ristrutturata, parve sufficiente ad assicurare i bisogni della popolazione detenuta del territorio.
Per quanto riguarda, inoltre, il servizio sanitario dell'istituto di Genova Pontedecimo, questo viene assicurato da un medico incaricato, da medici del servizio integrativo di assistenza sanitaria - il cui monte ore è articolato in 14 ore nei giorni feriali e 18 ore nei giorni festivi - e da infermieri che ruotano per un arco di 18 ore nei giorni feriali e 18 ore nei giorni festivi. È garantita, poi, in Istituto, l'assistenza per le seguenti branche specialistiche: psichiatria (per 30 ore mensili con due accessi settimanali), odontoiatria (1 accesso settimanale), ginecologia e pediatria a richiesta. In Istituto è poi presente il servizio tossicodipendente per il trattamento dei tossicodipendenti, composto da due medici per 16 ore settimanali, uno psicologo per 16 ore settimanali, 1 assistente sociale per 20 ore settimanali e uno specialista infettivologo a richiesta. Il servizio tossicodipendente fornisce il metadone per la terapia sostitutiva ed i farmaci antiretrovirali.
Così come avviene per l'Istituto di Genova Marassi, l'Istituto di Pontedecimo si avvale, in caso di necessità, dei reparti di detenzione istituiti presso l'ospedale San Martino con la seguente disponibilità: per il reparto ordinario vi sono 8 posti letto (di cui, al bisogno, 2 utilizzati per le donne), per il reparto infettivi vi sono 4 posti letto. Nel I semestre del 2006, presso i citati reparti sono state ricoverate 14 donne e nessun uomo, con una media di sei giornate di ricovero ciascuna.
Le visite mediche vengono effettuate nei 5 ambulatori dislocati in ciascuna sezione; le visite specialistiche vengono effettuate in alcuni locali nel Reparto «infermeria».
La spesa farmaceutica, per il I semestre 2006, ha inciso per il 2,56 per cento sul totale delle spese sanitarie sostenute in quel periodo; il budget assegnato per il corrente anno sul capitolo di bilancio 1764 (Organizzazione del servizio sanitario) è di 246.393 euro.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi si è avuta notizia dell'arresto in Eritrea, nella città di Asmara, del dottor Alfonso D'Arco, Architetto che da anni frequenta per lavoro il Paese africano;
è stato reso noto, inoltre, che la detenzione è in corso da ormai più di cinque mesi per ragioni ancora sconosciute. In tutto questo tempo la famiglia non è mai riuscita a comunicare con il dottor D'Arco e continua a non avere notizie certe circa il suo stato di salute e la vicenda che lo riguarda;
il dottor D'Arco si trova privato della possibilità di nominare un difensore perché il codice eritreo non prevede l'esercizio di tale facoltà sino a quando non saranno terminate le indagini che lo riguarderebbero e non sarà formulata l'accusa a suo carico. Si tratta pertanto di una persona lasciata in balìa di eventi imprevedibili;
quando l'accusa sarà resa pubblica, il tribunale chiamato a giudicare sul dottor D'arco dovrebbe essere quello militare (data la temporanea sospensione dei tribunali civili);
le notizie che girano intorno a questo caso incrementano lo stato d'ansia dei familiari in quanto avvolte da un'aura di mistero costante, compresa quella relativa
alla richiesta di una cauzione di 210.000 euro per uscire di prigione, ma non dal paese -:
quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere al fine di assicurarsi che, nel rispetto della normativa e della sovranità del paese africano, siano garantiti i diritti personali del cittadino italiano Alfonso D'Arco e se non ritenga di dover sollecitare le autorità di quel paese a rendere noti i motivi della detenzione.
(4-02934)
Risposta. - Il Signor Alfonso D'Arco, di professione architetto e da tempo residente ad Asmara, è stato tratto in arresto dalle Autorità di Polizia eritree il 18 ottobre 2006 perché ritenuto implicato in un'inchiesta giudiziaria sul settore edilizio di quel Paese. Ad oggi nessuna accusa formale è stata ancora formulata nei confronti del connazionale.
Venuta a conoscenza dell'arresto, l'Ambasciata ad Asmara, oltre a prendere contatto con i familiari del connazionale, si è da subito attivata al fine di garantire al Signor D'Arco ogni possibile assistenza. La Rappresentanza ha, in particolare, svolto diverse visite consolari all'interessato al fine di monitorarne le precarie condizioni di salute, intervenendo presso le Autorità carcerarie affinché al connazionale fosse assicurato un adeguato trattamento sanitario e condizioni di detenzione compatibili con il suo stato psico-fisico.
Quanto alla vicenda giudiziaria del Signor D'Arco, la stessa Rappresentanza ha intrapreso, di concerto con questo Ministero, numerosi passi ad alti livelli presso le competenti Autorità locali perché siano resi noti i capi d'imputazione contestati al connazionale e al Signor D'Arco siano quanto meno concessi, in ragione del deterioramento della sua salute, gli arresti domiciliari.
Si è da ultimo svolto un intervento fondato su argomentazioni di carattere umanitario e sulla forte preoccupazione per la perdurante assenza di una formalizzazione delle accuse, non mancando di sottolineare la rilevanza che il caso ha ormai assunto in Italia sia a livello istituzionale che di opinione pubblica.
La Sede ha, altresì, svolto opera di sensibilizzazione presso le istanze ritenute opportune onde consentire, data la dichiarata indisponibilità economica della famiglia, il reperimento dei fondi necessari al pagamento della cauzione, pari a circa 200.000 euro, richiesta per il rilascio dell'interessato. Nel contempo, si è provveduto a chiedere una riduzione di detta somma. A quanto recentemente appreso, le Autorità eritree starebbero esaminando tale ipotesi.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
PATARINO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 26 maggio 2004, l'interrogante, con interrogazione a, risposta scritta, n. 4-10158, rifacendosi a notizie di stampa apparse sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno del 22 marzo 2004, secondo le quali molti lavoratori appartenenti al Ministero della giustizia (Tribunale e Corte d'Appello di Taranto) sarebbero risultati affetti da gravi patologie dipendenti dalla inalazione o assorbimento di sostanze nocive, presenti nei suddetti luoghi di lavoro, interessava il Ministro in indirizzo perché, dopo aver predisposto i dovuti accertamenti, assumesse i più opportuni provvedimenti;
a tutt'oggi gli operatori della giustizia continuano a sostenere di essere ancora costretti a lavorare in ambienti malsani e a subire gli effetti negativi sull'organismo;
a quanto risulta all'interrogante, una dipendente del Ministero della giustizia con la qualifica di cancelliere C 1, in servizio alla Procura Generale della Repubblica presso la corte d'appello di Lecce-sezione distaccata di Taranto, per fare valere i propri diritti, in data 12 luglio 2005, è stata addirittura costretta a presentare un esposto;
a seguito di tale esposto la Direzione generale dell'ARPA Puglia, in data 29
agosto 2005 inviava nota, prot. n. 11898 all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), Dipartimento provinciale di Taranto e, per conoscenza al legale della dipendente al sottoscritto, con la quale trasmetteva la copia dell'esposto dell'avvocato in questione, pregando il dipartimento provinciale ARPA di Taranto ad assicurare tutta la collaborazione, eventualmente richiesta dall'Ente, per gli accertamenti del caso;
in data 13 settembre 2005, l'ISPESL - Dipartimento di Taranto, con nota. prot. n. 5169 precisava al direttore generale dell'ARPA, e, per conoscenza al legale della dipendente che l'Istituto «non esercita attività di Vigilanza in materia di ambienti di lavoro, né esegue d'ufficio accertamenti in tal senso», aggiungeva, altresì, «tuttavia se codesta D.G. intende avvalersi dell'ISPESL, l'attività di consulenza può essere svolta con le tariffe stabilite dal Decreto 7 luglio 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2005, parte prima» -:
se non intenda intervenire con le più opportune e urgentiper individuare ed attivare gli organi competenti abilitati ad effettuare le più approfondite indagini, al fine di accertare:
a) l'esistenza, di apparecchiature emittenti radiazioni ionizzanti, all'interno delle strutture giudiziarie richiamate;
b) l'eventuale grado di nocività;
c) la qualità delle apparecchiature;
d) le finalità;
e) la data di installazione;
f) le caratteristiche tecniche;
g) l'ubicazione;
h) l'eventuale sorgente radioattiva.
(4-01323)
Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, si fa presente quanto segue.
Il Presidente della sezione distaccata di Taranto della Corte di appello di Lecce ha comunicato che la verifica dell'esistenza di apparecchiature emittenti radiazioni ionizzanti, pur richiesta da un cancelliere C1 della Procura Generale, è stata estesa anche agli altri uffici della stessa sede (Sezione distaccata di Corte di appello e Tribunale di sorveglianza).
L'esito delle indagini eseguite al riguardo dall'Azienda regionale per la protezione ambientale della Puglia - Dipartimento provinciale di Taranto, trasmesse con nota del 29 novembre 2006, come riferito anche dalla Procura generale, è tranquillizzante.
Infatti, nella relazione tecnica trasmessa con la citata nota del 29 novembre 2006 ed eseguita dal Servizio di protezione individuale e collettiva su richiesta del Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell'Azienda sanitaria locale TA/1, in cui si riportano altresì i dati delle analisi effettuate, si conclude che «le indagini eseguite evidenziano che i livelli di intensità dei campi elettromagnetici e delle radiazioni ionizzanti sono nettamente inferiori ai livelli più cautelativi issati dalle normative vigenti».
Il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, poi, su richiesta della Procura generale presso la Corte d'appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto, ha provveduto a depositare in data 4 dicembre 2006 una relazione dettagliata, nella quale conclusivamente si afferma che: «... non sussistono rischi di esposizione ai raggi X ... sono assenti sorgenti radioattive così come definite dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 230 del 1995 e successive modificazioni.
Nella citata relazione viene riferito che nel palazzo di giustizia sito in Taranto, al Quartiere Paolo VI - viale Cannata, vengono utilizzate 2 macchine radiogene.
Le macchine radiogene sono utilizzate per il controllo bagagli: un'operazione di assoluta importanza nell'ambito della sicurezza ed incolumità della popolazione contro atti di vandalismo, pirateria e terrorismo.
I citati impianti sono sistemati rispettivamente presso le aule bunker 1 e 2 della Sezione distaccata di Taranto della Procura generale della Repubblica della Corte d'appello di Lecce.
L'impiego delle due apparecchiature è iniziato dopo l'11 agosto 1995, a seguito del rilascio del benestare da parte dell'esperto qualificato incaricato. La detenzione e l'impiego vennero comunicati agli enti pubblici interessati e precisamente all'azienda Usl Ta/1 - Servizio di igiene pubblica di Taranto ed all'ispettorato provinciale del lavoro di Taranto.
L'apparecchio di costruzione della Gilardoni è denominato Fep. Color. La sorgente radiogena è costituita da un monoblocco raggi X, con incorporato:
generatore ad alta frequenza;
sistema di raffreddamento;
contenitore piombato.
Il bagaglio da sottoporre a controllo, posto su un nastro trasportatore, passa attraverso un tunnel entro il quale viene ripresa l'immagine latente che è trasformata in immagine visiva mediante fotodiodi, memorizzata ed inviata sul monitor televisivo, posto su di una consolle mobile e posizionabile in modo opportuno.
Sulla stessa consolle sono installati i pulsanti di comando per alimentare e pilotare l'apparecchiatura.
Sulla consolle è, altresì, applicato un dispositivo di blocco, a chiave asportabile, per impedire l'uso dell'apparecchio a persone non autorizzate. Il tunnel (che contiene il tubo a RX ed il bagaglio da esaminare) è carenato in tutta la sua superficie, fino al pavimento, con lamiera di ferro di 1,5 mm di spessore, rivestita, all'interno, con lamiera di piombo di almeno mm 1 di spessore.
L'ingresso e l'uscita del tunnel sono schermati con strisce di gomma piombifera equivalenti a mm 0,5 di piombo.
La fase del controllo bagagli dura mediamente 15 secondi.
Per i due impianti in questione il suddetto Responsabile ha riferito che si possono escludere rischi di irraggiamento esterno superiori ai limiti fissati per le persone del pubblico, in considerazione di modalità di impiego, carico di lavoro e distanza esistente tra la macchina e gli operatori addetti. Infatti gli addetti, generalmente operatori delle forze dell'ordine, operano a circa 50 centimetri dalla macchina (posizione da cui assorbono radiazioni paragonabili al fondo naturale). I rischi dovuti all'emissione dei raggi è limitata al tunnel interno della stessa macchina radiogena.
Da quanto sopra discende che per il personale dipendente dalla Procura generale non sussistono rischi di esposizione a raggi X, poiché il posto di lavoro è a circa 50 metri dall'apparecchiatura, non vengono svolte operazioni a contatto delle macchine e il tunnel è schermato con circa 2 mm di piombo equivalente.
Le apparecchiature vengono controllate con periodicità semestrale dal punto di vista della protezione contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti e sono coperte da un contratto di manutenzione, espletato dallo stesso fornitore, onde garantire il massimo grado di efficienza in considerazione della loro particolare utilizzazione.
L'Avvocato generale della Sezione distaccata di Taranto ha, inoltre, riferito che il medico competente, a seguito di esposto da parte di una dipendente di detto ufficio in data 8 luglio 2002, poi rinnovato in data 16 luglio 2003, ebbe ad affermare che «...nel ribadire come la sorveglianza sanitaria ai fini della prevenzione ambientale rappresenti, in generale e più in dettaglio nel caso specifico, un obbligo per il datore di lavoro, cui lo stesso deve ottemperare con la consulenza del medico competente e del Responsabile del servizio prevenzione e protezione, non è però possibile escludere sin d'ora che la dipendente non possa, nonostante la messa in opera di tutti gli strumenti adatti alla bonifica ambientale, andare comunque incontro a crisi asmatiche, a quel punto a concentrazioni di allergene estremamente basse e quindi ineliminabili ed ininfluenti, proprio a causa di quella iperattività bronchiale che è il determinante essenziale della crisi asmatica, ad esempio causate dallo sbalzo di temperatura outdoor/indoor, pur in presenza delle migliori condizioni microclimatiche realizzabili». Lo stesso medico, con altra nota del 18 giugno
2004, riferiva poi che «... non è mai giunta alla sua osservazione, da alcun dipendente o organizzazione sindacale, segnalazione alcuna circa anche il solo semplice sospetto dell'esistenza di situazioni che potessero determinare gravi patologie rinvenienti da inalazione o assorbimento di sostanze dannose».
Il Presidente del tribunale di Taranto ha, poi, per la parte di competenza, comunicato che non esiste alcuna apparecchiatura emittente radiazioni ionizzanti nel Tribunale di Taranto, precisando, inoltre, che gli Uffici della procura generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, di cui si fa menzione nella interrogazione parlamentare, sono ubicati al Quartiere Paolo VI, a circa undici chilometri di distanza dalla sede del Tribunale di Taranto.
Il Presidente e l'Avvocato generale della Sezione distaccata di Taranto hanno conclusivamente segnalato che le non conformità nelle materie di cui al decreto legislativo n. 626 del 2004 sono sempre state segnalate al Comune di Taranto ed alla Provincia di Taranto, rispettivamente competente per la manutenzione del palazzo di giustizia e proprietaria della struttura, e che sono stati altresì diffidati con nota del 18 luglio 2002, ex articolo 4 detto decreto legislativo, il Comune e la Provincia di Taranto, affinché diano corso ai lavori necessari a mettere detti uffici nelle condizioni di svolgere l'attività giudiziaria in locali idonei e funzionali.
Per quanto riguarda i sistemi di sicurezza presenti, comprendenti apparecchiature emittenti radiazioni ionizzanti, è stato riferito che sono state applicate le norme per la protezione dei lavoratori e della popolazione contro i rischi derivanti dall'uso pacifico delle radiazioni ionizzanti anche mediante affissione di appositi cartelli sulle macchine.
Con controlli periodici è stata garantita adeguatamente la sicurezza degli impianti e la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti, secondo figurazione delle valutazioni stabilite dall'esperto qualificato, e si è proceduto secondo norma per quanto attiene al rischio sanitario delle medesime radiazioni; ex articolo 6 del decreto legislativo n. 230 del 1995, i lavoratori che utilizzano le apparecchiature sono stati classificati «non esposti a radiazioni».
Contro le radiazioni ionizzanti, infine, l'esperto qualificato, al fine di realizzare la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione, espleta il servizio di controllo e la sorveglianza fisica della radioprotezione con cadenza semestrale.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ROCCO PIGNATARO. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 19 e il 20 luglio 2006 sul treno regionale 12501 in servizio tra Foggia e Bari si è sviluppato un incendio;
solo per un caso fortuito, le persone che viaggiavano a bordo del treno non hanno riportato danni;
il panico ingenerato dell'incendio avrebbe potuto comportare conseguenze ben maggiori di quelle effettivamente prodottesi;
specialmente nel periodo estivo, il numero dei viaggiatori, tra pendolari e turisti, aumenta considerevolmente;
ai soliti disagi imputabili, ad avviso dell'interrogante, a carenze organizzative di Trenitalia ora si aggiungono anche problemi, ben più seri, relativi alla sicurezza del trasporto viaggiatori;
la Puglia e in generale tutto il Mezzogiorno scontano in tema di infrastrutture e trasporti notevoli disagi dovuti ai forti ritardi accumulati dal precedente Governo -:
se l'onorevole Ministro interrogato intenda attivarsi perché si accerti quali siano le cause che hanno prodotto l'incendio sul suddetto treno regionale; quali siano le iniziative che intenda intraprendere al fine di prevenire incidenti di tal
fatta e, infine, quali siano le azioni che intenda porre in essere al fine di verificare la qualità e l'affidabilità del servizio di trasporto offerto da Trenitalia in Puglia con particolare con riguardo alla tratta Foggia-Bari.
(4-00667)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, sulla base della normativa vigente, il sistema di gestione della sicurezza della circolazione ferroviaria viene esercitato dal Ministero dei trasporti con le seguenti modalità:
1. funzioni di vigilanza a livello di sistema e di controllo operativo diretto, espletate rispettivamente dal Ministero e dal Gestore dell'Infrastruttura, secondo un modello che si definisce a cascata:
al Ministero è riservata una funzione di vigilanza sul settore ferroviario nel suo complesso, ed è specificamente affidata la vigilanza sull'operato del Gestore dell'Infrastruttura in merito all'applicazione degli standard e norme di sicurezza in conformità a quanto previsto all'articolo 10 del decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 188;
al Gestore dell'Infrastruttura è invece affidata la responsabilità del controllo della circolazione in sicurezza dei convogli, della manutenzione e del rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria ai sensi dell'articolo 11 comma 2 del decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 188, nonché il controllo sul rispetto, da parte delle imprese ferroviarie, degli standard e delle norme di sicurezza e delle disposizioni e prescrizioni anche ai fini del mantenimento del certificato di sicurezza da parte di queste ultime (articolo 10 commi 2 e 6 del decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 188);
2. l'attività autorizzativa, approvazione e certificazione ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138T «Atto di Concessione», ricade oggi sotto la responsabilità del gestore dell'Infrastruttura ed è:
finalizzata al rilascio del certificato di sicurezza alle Imprese Ferroviarie ai sensi dell'articolo 10 commi 2, 3 e 4 del decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 188, (attestazione di capacità professionale del personale operativo delle imprese ferroviarie, approvazione tecnica del materiale rotabile);
finalizzata all'apertura al pubblico esercizio di linee o tratte di linee ferroviarie, nonché all'autorizzazione alla messa in servizio di sistemi di controllo e di sicurezza connessi alla circolazione dei convogli;
3. l'attività investigativa (a parte quella di competenza degli organi giudiziari, relativa all'individuazione di responsabilità civili e penali) è condotta dal Ministero attraverso apposite commissioni d'inchiesta ministeriali per gli eventi incidentali di rilievo, al fine di accertarne le cause tecniche; per la conduzione delle indagini il Gestore dell'Infrastruttura è obbligato a fornire ogni supporto che sia ritenuto necessario, oltre ad effettuare proprie indagini ed a tenere sotto controllo fenomeni ed anomalie che dovessero essere giudicati come possibili precursori di eventi incidentali, in relazione a quanto previsto all'articolo 8 comma 2 del decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138T «Atto di Concessione».
Tale assetto organizzativo dovrebbe essere superato dal recepimento della Direttiva 49/2004/CE, con l'istituzione di un organismo per la sicurezza, che, sostanzialmente, dovrà svolgere i compiti in materia di sicurezza oggi propri del gestore dell'infrastruttura ed i compiti in materia di approvazione delle norme oggi propri del Ministero, e di un organismo investigativo.
In particolare, i compiti del Ministero consistono nella vigilanza sull'applicazione degli standard e delle norme di sicurezza da parte del gestore dell'Infrastruttura - sulla base delle informazioni da esso fornite ai sensi dell'articolo 7 comma 2 lettere a), c) e d) del decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138T (piano operativo annuale della sicurezza, disposizioni e prescrizioni, certificati di sicurezza rilasciati alle Imprese Ferroviarie, banca dati Sicurezza) - verificando anche che il Gestore dell'Infrastruttura, nell'ambito dei propri poteri ispettivi
e di controllo sulle imprese ferroviarie, ne curi l'attuazione, da parte delle imprese.
Tale configurazione è stata ribadita dal più volte citato articolo 10 del decreto legislativo 188/2003 che, nel disciplinare la materia del certificato di sicurezza, ha confermato che al Ministero compete la definizione degli standard e delle norme di sicurezza su proposta del gestore dell'Infrastruttura e la vigilanza sulla loro applicazione, venendo così ad attribuire al medesimo Ministero una funzione di supervisione sulle attività del gestore dell'Infrastruttura ivi comprese quelle svolte nei confronti delle imprese ferroviarie di riscontro sulla congruenza rispetto agli standard fissati ed agli indirizzi prefissati.
L'azione di vigilanza del Ministero riguarda quindi i processi di «autostrutturazione» adottati dal gestore dell'Infrastruttura attraverso la valutazione dell'attività di quest'ultimo nel campo operativo, organizzativo e normativo, e attraverso la verifica della continuità dell'azione di presidio della sicurezza della circolazione ferroviaria, in relazione a quanto previsto dall'articolo 7 comma 2 lettera b) del citato «Atto di Concessione».
In relazione al descritto quadro normativo, pertanto, pur non competendo al Ministero l'espletamento diretto di una attività di controllo sistematica, è riconosciuto il potere di richiedere, al gestore, sulla base delle informazioni acquisite, tutti gli atti necessari per poter correttamente espletare i compiti di vigilanza e per effettuare, se necessario, controlli diretti per la verifica di situazioni particolari, come previsto dall'articolo 8 comma 2 dell'«Atto di Concessione».
Ciò premesso, per quanto specificatamente riguarda l'incendio del treno regionale 12501 avvenuto nella stazione di Bari zona industriale, le risultanze delle indagini tecniche svolte da Ferrovie dello Stato ed acquisite dal Ministero dei trasporti hanno consentito di escludere che l'incendio si sia potuto sviluppare dall'esterno in considerazione delle condizioni della sottocassa della carrozza, dell'integrità dei cavi elettrici, delle pasticche freno e dei dischi freno, i quali non presentavano segni di riscaldamento.
Conseguentemente, risulterebbe che l'incendio si sia verificato all'interno della carrozza di coda, originandosi dalla zona centrale della carrozza stessa e che, successivamente, le fiamme si siano propagate verso l'esterno della vettura interessando oltre ai finestrini anche il rivestimento in pellicolatura delle pareti sottostanti.
Circa le cause specifiche, la società ferroviaria ha rilevato che la distruzione provocata dalle fiamme degli interruttori magnetotermici posti a protezione delle varie derivazioni impiantistiche della carrozza non ha consentito di stabilire l'eventualità di un corto circuito elettrico quale causa dell'incendio né di escludere l'ipotesi di un'azione dolosa.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
PISICCHIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore della nuova normativa europea sui controlli di sicurezza nelle aerostazioni si sono accentuate alcune procedure di verifica del contenuto del bagaglio a mano dei passeggeri;
tali procedure, tuttavia, hanno reso ancora più vulnerabili le condizioni della privacy, non meno meritevoli di tutela delle ragioni superiori della sicurezza;
in particolare è da ritenersi lesiva del diritto alla riservatezza del cittadino l'esibizione in pubblico di medicinali ed effetti personali -:
se i ministri interrogati non ritengano di intervenire per porre rimedio a tale situazione prendendo ad esempio le soluzioni adottate in alcuni aeroporti europei, che hanno allestito appositi spazi separati e al riparo dal pubblico per consentire agli addetti alla sorveglianza di effettuare le necessarie operazioni di controllo.
(4-01506)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che lo stato di costante minaccia incombente nel trasporto aereo civile e l'attuale stato di crisi internazionale comportano necessariamente il continuo adeguamento alla normativa comunitaria ed internazionale in materia, al fine di mettere in atto tutte le misure volte a prevenire situazioni di pericolo.
Peraltro, la globalizzazione del tipo di trasporto implica che anche le norme che disciplinano la materia debbano essere armonizzate; ed infatti, le procedure e modalità dei controlli di security nei confronti dei passeggeri e dei loro bagagli adottate in Italia sono le medesime in essere nei Paesi della Comunità, essendo state tutte previste da Regolamenti Ue o da Standard ICAO.
È, tuttavia, possibile che le condizioni di privacy dei singoli cittadini in qualche caso possano essere rese vulnerabili e per tale motivo le disposizioni in materia prevedono che, qualora si verifichi una tale situazione, il passeggero può chiedere che i controlli sulla sua persona o sul suo bagaglio vengano effettuati in postazioni remore, isolate dal resto delle aree a ciò dedicate e presenti in ogni aeroporto, anche alla presenza, se necessario, di personale medico.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
PROIETTI COSIMI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
tra le clausole generali di viaggio previste dal contratto di trasporto stipulato dal concessionario di un servizio di linea pubblico o privato vi è il divieto assoluto di parlare al conducente;
tale divieto risponde all'esigenza di non distrarre il conducente durante le operazioni di guida, così da garantire l'incolumità dei passeggeri;
a tale principio si rifà il disposto dell'articolo 173, comma 2, del nuovo codice della strada, che, espressamente, vieta, durante la marcia, l'uso di apparecchi radiotelefonici e l'uso di cuffie sonore;
l'articolo 173 consente, tuttavia, l'utilizzo degli apparecchi radiotelefonici nel caso in cui si ricorra all'ausilio della funzione «viva voce» o a strumenti radiotelefonici dotati di auricolare;
intrattenere una conversazione telefonica mediante l'ausilio dell'auricolare o del viva voce non riduce il rischio di distrazione per il conducente, con conseguente messa a repentaglio dell'incolumità dei passeggeri;
non si può non constatare come esista una evidente contraddizione tra il divieto di parlare al conducente e la possibilità, a questi riconosciuta, di partecipare a conversazione telefonica per mezzo di apparecchi dotati di auricolare -:
quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di escludere la categoria dei conducenti di linea dai soggetti autorizzati all'uso degli apparecchi radiotelefonici con l'ausilio della funzione «viva voce» o dotati di auricolare e se non ritenga opportuno inasprire per i conducenti di linea le sanzioni già previste per i contravventori dell'articolo 173, comma 2, del nuovo codice della strada.
(4-01437)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che l'articolo 173, comma 2, del Codice della Strada, nel far divieto ai conducenti di usare, durante la marcia, apparecchi radiotelefonici ovvero cuffie sonore, esonera dall'osservanza di tale prescrizione alcuni conducenti tra i quali quelli dei veicoli adibiti al trasporto di persone per conto terzi.
La ratio legittimante l'esclusione come sopra evidenziata deve rinvenirsi nella necessità che i conducenti in parola possano essere continuamente e prontamente contattati dalla centrale operativa al fine di essere informati su ogni evenienza che comporti modifiche al percorso di linea.
Pertanto, si ritiene necessario che la facoltà accordata a tali conducenti sia esercitata nei ben ristretti limiti derivanti dalla ratio legis. Esula, evidentemente, da detti limiti l'uso delle cuffie sonore come parimenti
l'uso indiscriminato - o fuori delle ragioni di servizio come sopra indicate - degli apparecchi telefonici.
Tuttavia, è all'esame la possibilità di prevedere espressamente che anche i conducenti in questione siano ricondotti nel novero dei soggetti tenuti ad utilizzare apparecchi in viva voce o auricolari. Detta previsione potrebbe essere inserita tra le modifiche al Codice della Strada, di cui al disegno di legge Nicolais.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
RAITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con legge n. 359 del 1992 è stata disposta la trasformazione in società per azioni dell'INA, Istituto Nazionale delle Assicurazioni, in precedenza ente pubblico economico;
successivamente, dal 1 ottobre 1993, è stata operata una scissione dalla quale è derivata la nascita della Consap S.p.a., Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici, con la veste di beneficiaria demandata allo svolgimento delle funzioni assicurative pubbliche;
le attività oggi svolte dalla Consap provengono da concessioni del ministero delle attività produttive, del ministero dell'economia e delle finanze e del ministero dell'interno;
tra le attività in concessione di quest'ultimo ministero vi è quella della gestione del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura;
a molte imprese del meridione viene rifiutata da parte degli assicuratori privati la copertura sui macchinari di loro proprietà;
da parte di diverse associazioni sono pervenute all'interrogante delle sollecitazioni circa il perdurare di uno stato di disservizio con pesanti ritardi nella erogazione dei fondi di cui sopra;
le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, cui il fondo si rivolge, rappresentano dei soggetti molto sensibili e, il più delle volte, in reale «stato di bisogno»;
sono pervenute segnalazioni che certificano la disponibilità delle somme da erogare da parte della Consap a fronte di ritardi di mesi e mesi nelle disposizioni di accredito da parte della stessa Consap;
molte imprese meridionali sono costrette a comprare in leasing i macchinari, solo perché la società di leasing riesce a coprire l'assicurazione;
il ritardo nel trasferimento dei suddetti fondi gestiti dalla Consap - risulta all'interrogante - costituisce un aggravio alla già delicata situazione in cui versano i soggetti de quo;
la gestione del fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura dovrebbe avvenire nella maniera più trasparente e sollecita possibile;
bisogna garantire alle imprese meridionali la possibilità di stipulare contratti di assicurazione alle attrezzature -:
se risultino a conoscenza dei fatti, se non ritengano di dover verificare per quale motivo i fondi vengono erogati con grave ritardo e se non ritengano che la Consap debba gestire un fondo di garanzia assicurativa per le imprese a cui viene rifiutata la copertura da parte delle imprese assicurative private.
(4-01920)
Risposta. - È necessario, preliminarmente, precisare che la Consap S.p.A. è concessionaria del Ministero dell'interno per la gestione del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura. Il rapporto è regolato da un apposito atto di concessione, recentemente rinnovato per il triennio 2006-2009, che regola, tra l'altro, i pagamenti da effettuarsi a cura della Consap S.p.A. in esecuzione dei decreti emessi dal Commissario straordinario
del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura su conforme delibera del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura.
I pagamenti in questione sono di due tipi: per le vittime di estorsione, la Consap eroga un'elargizione (da reimpiegare in attività economiche di tipo imprenditoriale entro un anno dal relativo incasso) direttamente a favore del beneficiario, a mezzo di assegno circolare tratto su una banca di primaria importanza.
Per le vittime dell'usura, alle quali il beneficio di solidarietà spetta sotto forma di mutuo decennale senza interessi, la Consap adotta una procedura diversa. Contatta il beneficiario perché scelga la banca sulla quale depositare l'importo concesso a mutuo; dispone, presso la banca stessa, l'accensione del relativo, specifico conto corrente vincolato all'ordine Consap. Stipula, quindi, con il beneficiario, presso l'ufficiale rogante della Prefettura competente, il contratto di mutuo che riporta l'indicazione del suddetto conto corrente. Accredita sullo stesso conto corrente l'importo che è stato concesso a titolo di mutuo; dispone, infine, su richiesta del beneficiario, i vari pagamenti in favore dei creditori di quest'ultimo, come previsti nel piano di investimento del mutuo, istruito dalla Prefettura su richiesta dell'istante ed approvato dal Comitato di solidarietà.
Ai sensi dell'atto di concessione, la Consap deve dare esecuzione ai decreti del Commissario entro 30 giorni dalla relativa ricezione. Detto termine è stato sempre ampiamente rispettato sin dal 2000, anno di inizio del rapporto concessorio. In tal senso soccorrono anche le procedure informatiche in uso presso la Consap, che si basano su criteri di evidenziazione dei decreti da eseguire, tali da escludere l'ipotesi di mancata osservanza del termine per casuale omissione della Consap stessa.
A tutt'oggi la Consap ha erogato circa 700 elargizioni in favore di vittime di estorsione nel tempo medio pro-capite di 15 giorni solari intercorrenti tra la data di ricezione del decreto e la disposizione del relativo pagamento alla filiale romana della banca, ove è depositato il conto del Fondo di solidarietà per il successivo inoltro alle singole filiali di destinazione.
Tale termine può essere ritenuto soddisfacente, considerati anche i vincoli derivanti dalla riservatezza che, per legge e per concessione, grava su ogni soggetto, dato o circostanza inerente i Fondi di solidarietà, gestiti per conto del Ministero dell'interno.
Diversa si presenta l'elaborazione dei dati per l'esecuzione dei decreti concessivi di mutuo, sia per l'articolazione della descritta procedura, sia per il fatto che i pagamenti a favore dei creditori del mutuatario sono molteplici e vengono richiesti, in tempi diversi, dal mutuatario.
Comunque, ad oggi la Consap ha stipulato circa 600 atti contrattuali ed ha disposto, nell'ultimo quadriennio, quasi 2.200 ordini di pagamento.
Risulta che alla Consap sono pervenuti legittimi solleciti da parte delle vittime o delle Associazioni che le rappresentano, ma non formali rimostranze di merito.
In particolare, va precisato che i rapporti tra la Consap e i beneficiari, laddove non avvengano per via epistolare, gravitano su segreterie telefoniche che consentono un puntuale riscontro delle richieste, salvo casi del tutto eccezionali (in tutto non più di una decina) nei quali, a seguito delle verifiche effettuate, il procrastinarsi del pagamento è risultato ascrivibile alla sopravvenienza di oggettivi disguidi, riconducibili per lo più al beneficiario (quali, ad esempio, l'errata indicazione dei dati che lo riguardano) e comunque sempre tempestivamente risolti.
D'altronde, la procedura di erogazione dei benefici del Fondo di solidarietà - peraltro strettamente regolata dalla legge ed il cui ultimo passaggio è costituito dai pagamenti effettuati dalla Consap - si caratterizza per una complessa articolazione, con procedimenti che riguardano anche le Autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza competenti per territorio.
Infatti, l'istanza di accesso al Fondo deve essere presentata presso la Prefettura competente per territorio e da questa esclusivamente istruita, sia dal punto di vista della sussistenza dei requisiti (alcuni dei quali connessi a circostanze esterne, come lo
stato dei giudizi penali sottostanti), sia da quello della quantificazione dell'indennizzo.
Dopo l'istruttoria, l'istanza viene dalla Prefettura trasmessa al Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, il quale in caso positivo delibera tempestivamente la concessione del mutuo, subordinando peraltro l'emanazione del decreto concessivo all'assolvimento di determinate ed imprescindibili incombenze - sempre stabilite per legge - da parte della vittima (ad esempio, la dichiarazione di impegno a impiegare la somma concessa in attività imprenditoriale o la redazione dei piani di investimento e ammortamento dei mutui, successivamente da acquisirsi ed istruirsi a cura delle Prefetture competenti). Infine, il decreto viene trasmesso alla Prefettura competente per la notifica al beneficiario, alla competente Autorità giudiziaria ed alla Consap per l'esecuzione.
Tenuto conto, comunque, che la procedura di determinazione ed erogazione dei benefici del Fondo di solidarietà prevede il passaggio della pratica tra amministrazioni ed uffici diversi della stessa Amministrazione, con tempi tecnici non più di tanto comprimibili, appare opportuno osservare come i competenti uffici di questo Ministero e della Consap siano in continuo raccordo tra di loro per velocizzare al massimo le varie fasi della procedura stessa ed eliminare eventuali residue «sacche» di vischiosità del sistema, via via adottando, spesso sulla base di considerazioni dettate dall'esperienza progressivamente formatasi in materia, gli accorgimenti del caso.
Sotto questo profilo ci si è interessati anche delle procedure che coinvolgono le Prefetture. Difatti dalla fine del prossimo mese di maggio verranno costituiti dei «mini-pool», nuclei di esperti, coordinati dal Prefetto, composti dalle forze di polizia, con il compito di seguire le vittime dell'usura, dal momento della denuncia alla conclusione del processo, in tutte le fasi, fino all'accesso al fondo di solidarietà.
Perché la iniziativa abbia la maggiore efficacia possibile sono stati predisposti appositi moduli di formazione per i referenti locali delle forze di polizia e delle prefetture presso la Scuola superiore dell'Amministrazione dell'interno. Tali moduli avranno come destinatari anche le fondazioni e le associazioni antiracket e antiusura.
Tutto questo anche con l'obiettivo di evitare che si ripetano diversità fra una provincia e l'altra o errori nelle fasi procedimentali che, di fatto, rallentano l'attività del Comitato di solidarietà competente a decidere sulle domande trasmesse.
Sulla base di quanto esposto, non sembra allo stato degli atti sostenibile l'ipotesi di una mancanza di trasparenza nella gestione del Fondo di solidarietà da parte della Consap e di ritardi che si verificherebbero nell'erogazione dei benefici di legge.
Infine, per doverosa completezza, sul tema si sta valutando l'opportunità di un intervento legislativo che, come auspicato dall'interrogante potrebbe attribuire alla Consap S.p.A, la gestione di un Fondo di garanzia assicurativa a favore degli imprenditori vittime del racket e dell'usura, ai quali viene rifiutata la copertura da parte delle assicurazioni private.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
RAITI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale n. 85 del 2005, attuando le disposizioni della legge n. 143 del 2004, disciplina l'attivazione presso le università di corsi speciali rivolti a docenti della scuola (dell'infanzia e primaria e secondaria di 1 e 2 grado) che erano sprovvisti del diploma di abilitazione all'insegnamento, permettendo a questi ultimi di conseguire detta abilitazione;
per motivi riguardanti le singole Università e anche a causa del ritardo nel fornire i chiarimenti necessari si sono determinate situazioni differenziate sul territorio nazionale cosicché i corsi organizzati dalle varie regioni hanno avuto una diversa durata e, quindi avranno una diversa conclusione;
in due note di chiarimenti del dicembre 2006, il Ministero dell'università e della ricerca, ha dato indicazioni per rimodulare
i corsi abilitanti speciali a norma del decreto ministeriale n. 85 del 2005 affinché abbiano su tutto il territorio nazionale una durata omogenea ed una contestuale conclusione a garanzia di parità di trattamento per tutti i discenti;
nelle stesse note si comunica che le direzioni scolastiche regionali procederanno alla nomina delle commissioni per gli esami finali a gennaio 2008 per la scuola secondaria di 1 e 2 grado ed a marzo 2008 per gli abilitanti all'insegnamento nella scuola dell'infanzia e primaria;
si tratta di una soluzione che risponde ai criteri di omogeneità, ma che secondo l'interrogante di fatto elude la norma del decreto ministeriale che stabiliva il termine dei corsi entro l'anno accademico 2005/2006 (maggio-giugno 2007);
inoltre con l'attuazione del disposto dalle note di cui sopra si trovano ad essere fortemente penalizzati tutti quei corsisti che hanno terminato il corso nei termini stabiliti dal decreto ministeriale n. 85 del 2005 e che, a causa delle diverse velocità con le quali, a livello nazionale, vengono attuate le norme nazionali, devono aspettare ancora per poter lavorare -:
se il Ministro interrogato non ritenga procedere ad ulteriori approfondimenti della situazione illustrata in epigrafe, per rispondere alle esigenze di migliaia di lavoratori che hanno l'unica colpa di voler vedere rispettata la legge n. 143 del 2004.
(4-02201)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare citata in oggetto, riguardante la disomogeneità della data di attivazione e della durata dei corsi abilitanti da parte delle Università, previsti dalla legge n. 143/2004, con conseguente attestazione del titolo, da parte dei docenti in date differenziate.
Si fa presente, come è già a conoscenza dell'interrogante, che la competente Direzione Generale dell'Università del MIUR, al fine di evitare disparità di trattamento tra i discenti, con l'acquisizione di titoli abilitanti in tempi diversi nelle varie realtà territoriali, ha invitato tutte le Università a fissare la data degli esami finali, per tutti gli ordini di scuola, entro il mese di marzo 2008.
Come precisato da questo Ministero, con nota del 19 dicembre 2006, tutti i docenti iscritti nei corsi speciali potranno inserirsi con riserva nelle graduatorie permanenti di terza fascia in occasione del prossimo aggiornamento con decorrenza 1o settembre 2007 e che si procederà allo scioglimento della stessa alla data di conseguimento dell'idoneità o abilitazione.
Si ricorda, comunque, che la legge 296/2006 (Finanziaria 2007), nel prevedere la trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento dall'anno scolastico 2007/2008, ha di fatto garantito a tutti coloro che a tale data si inseriranno in dette graduatorie, anche con riserva, la nomina a tempo indeterminato successivamente al conseguimento dell'abilitazione, sulla base delle disponibilità annualmente accertate.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
RAITI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da più di tre anni la caserma dei Carabinieri del Comune di Terme Vigilatore (Messina), per inagibilità dei locali, è stata di fatto trasferita presso la sede della Caserma dei Carabinieri del Comune di Furnari, pensando ad una sistemazione temporanea che però si è protratta nel tempo a causa di veti incorciati, pastoie burocratiche, rimpalli delle responsabilità che hanno di fatto allontanato la prospettiva della restituzione a Terme Vigliatore della sua Caserma;
al di là delle responsabilità politiche e amministrative di questa incresciosa situazione, l'unica certezza è che a rimetterci sono, come troppo spesso accade, i cittadini e il Comune che in pochissimo
tempo, nell'arco di due anni, ha perso la sua autonomia decisionale affidata da circa un anno ad una Commissione straordinaria, che a giudizio dei suoi abitanti non è riuscita a porre le basi per uno sviluppo ordinato;
come è facilmente immaginabile la mancanza di un presidio da parte delle Forze dell'ordine nel territorio del Comune di Terme Vigliatore ha portato ad una recrudescenza dei fenomeni criminosi: si sono moltiplicati episodi delinquenziali: intimidazioni, incendi a scopo di estorsione, condizionamenti della criminalità locale e barcellonese sulle attività produttive (quali vivaismo fiorente, artigianato, piccola impresa, turismo) che hanno gravato pesantemente sul territorio, rallentandone il suo naturale rilancio;
al culmine del paradosso, il Comune di Terme Vigliatore ha visto sciogliere il suo Consiglio Comunale per condizionamenti mafiosi, ma al tempo stesso rischia di perdere l'unico suo valido presidio, costituito dalla Caserma dei Carabinieri;
fonti di stampa (Cronaca di Messina della Gazzetta del Sud del 14 gennaio 2007) preannunciano che nel nuovo piano di riordino della presenza dell'arma nel comprensorio non sarebbe più prevista la presenza di una caserma dei CC in questo Comune. Terme Vigliatore verrebbe a cadere sotto la giurisdizione di una nuova Caserma che dovrebbe sorgere a Sant'Antonino, frazione del Comune di Barcellona, sede di un Comando di Compagnia;
se questo rispondesse a verità il vasto e complesso territorio continuerebbe ad essere terreno di scorrerie di bande, malfattori, estorsori, piccoli criminali dediti allo spaccio di droga, al furto con scasso;
il piano di riordino della presenza dell'Arma sul territorio in oggetto non appare assolutamente organico, tanto che il Comune di Rodì Milici, sempre secondo la fonte giornalista sopra citata, fino ad oggi sotto la giurisdizione dei militari di Terme Vigliatore, passerebbe sotto il controllo di quella di Castroreale, comune montano con non più di 300 anime, non agevolmente raggiungibile e a circa 20 chilometri da Rodì -:
se non ritenga opportuno intervenire affinché il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri riveda tale ventilato piano di razionalizzazione, che penalizzerebbe pesantemente questo Comune, compromettendone gli obiettivi di un futuro e ordinato sviluppo economico, politico e sociale.
(4-02207)
Risposta. - Il Comando generale dell'Arma ha assicurato che non è allo studio alcuna ipotesi di soppressione della Stazione dei Carabinieri sita nel Comune di Terme Vigliatore (Messina) e che i sei militari ivi in forza sono solo provvisoriamente ospitati in altro limitrofo presidio territoriale esclusivamente per l'inagibilità della vecchia sede.
Al riguardo, la «Commissione Straordinaria», incaricata della provvisoria gestione dell'amministrazione di quel Comune a seguito dello scioglimento degli organi elettivi ai sensi della normativa antimafia, si è tempestivamente attivata per l'individuazione e l'inserimento nel piano regolatore generale di quel Municipio dell'area sulla quale edificare la nuova struttura ospitante la caserma, di cui è già stata commissionata la progettazione.
Parallelamente, detto organismo ha individuato, d'intesa con il Comando provinciale dell'Arma dei Carabinieri, due immobili di proprietà comunale ove poter provvisoriamente ricollocare in tempi più prossimi la Stazione. Tuttavia, anch'essi necessitano di interventi strutturali di adeguamento alle esigenze funzionali del Comando, i cui oneri saranno a carico del bilancio di quel Comune.
Nell'immediato, è stato posto a disposizione dell'Arma un locale, ubicato all'interno dell'edificio ospitante il Municipio, al fine di soddisfare la domanda di sicurezza dei cittadini residenti almeno con la presenza di un presidio di prossimità.
Per quanto concerne la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica di quel territorio, la stessa rimane alla costante
attenzione dei menzionati militari dell'Arma che continuano a svolgervi servizi di prevenzione generale indipendentemente dal temporaneo spostamento di sede.
A conferma dell'efficacia raggiunta dagli stessi, l'andamento della delittuosità ha visto addirittura un dimezzamento dei reati pari a quasi il 50 per cento dagli 80 riscontrati nel 2005, si è scesi ai 41 verificati nel 2006.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
RONCONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
parte delle somme destinate al conto corrente della Corte di appello di Perugia presso la Banca d'Italia sono state pignorate da persone che hanno ottenuto risarcimenti, non ancora pagati, a causa della irragionevole durata dei processi nei loro confronti;
tali pignoramenti sono relativi alle cause previste dalla legge Pinto che prevede appunto un'equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo, in seguito a questa legge ogni anno ai giudici di Perugia giungono migliaia di richieste di risarcimento e di queste l'ottanta per cento vengono accolte;
nel 2005, anno in cui il totale dei danni non ancora liquidati ammontava a circa quattro milioni di euro, alcuni di coloro che hanno vinto la causa hanno ottenuto il pignoramento di somme, anche se non ingenti, confluenti sul conto corrente della Banca d'Italia;
per i fondi destinati alla legge Pinto, la corte di appello di Perugia, che è seconda solo a Roma per il numero di richieste di risarcimento trattate, si rivolge al ministero della giustizia mano a mano che i procedimenti vengono portati a termine, in questo modo i soldi confluiscono sul conto corrente destinato agli uffici giudiziari-:
quali provvedimenti intenda intraprendere per regolarizzare il flusso delle richieste di risarcimento per non mettere a serio rischio il funzionamento della Corte di appello umbra e, inoltre, se non ritenga del tutto inaccettabile la recente proposta di cercare sponsor privati per ovviare al collasso degli uffici giudiziari, proposta che metterebbe in pericolo la garanzia del, principio costituzionale della terzietà del giudice.
(4-01479)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente che il Ministero della giustizia non è titolare del capitolo di bilancio 1264 deputato ai pagamenti da effettuarsi ai sensi della cosiddetta «legge Pinto»: i relativi fondi, infatti, vengono assegnati dal Ministero dell'economia e delle finanze. L'assegnazione in questione non avviene mai ad inizio anno: nell'anno 2005, l'assegnazione è stata effettuata nel mese di aprile, mentre nel 2006 è stata effettuata nel mese di luglio, con un conseguente slittamento dei tempi di pagamento già in arretrato.
Il ritardo nell'assegnazione dei fondi è causa del proliferare delle procedure esecutive, in quanto non consente di rispettare il termine dei 120 giorni imposto alle pubbliche amministrazioni dalle disposizioni vigenti per l'esecuzione della sentenza (articolo 147 della legge n. 388 del 2000). Pertanto, la dilazione nell'assegnazione dei fondi a questo Ministero determina l'avvio delle procedure esecutive, con conseguente pignoramento delle somme giacenti sui capitoli di tutte le articolazioni ministeriali.
Il ritardo in questione incide negativamente anche con riferimento ai decreti di condanna ex lege «Pinto» emessi successivamente al 1o giugno 2005, per i quali sono competenti le Corti d'Appello.
Va, infatti, precisato che per snellire l'azione amministrativa e soddisfare più prontamente i diritti dei cittadini, venne stabilito, con circolare interna datata 27 aprile 2005, di coinvolgere direttamente nella procedura anche le strutture periferiche, decentrando il servizio di emissione dei mandati di pagamento ed affidandolo alle singole Corti d'Appello.
Tuttavia, le stesse Corti d'Appello, delegate al pagamento, non possono adempiere
fino a che il loro capitolo di spesa non viene dotato dell'assegnazione, che si realizza mediante trasferimento dei fondi con ordine di accreditamento della Direzione generale.
Per quanto riguarda più specificamente la Corte di Appello di Perugia, si riferiscono i dati relativi agli anni 2005 e 2006.
Prima del 31 maggio 2005, allorché la competenza era del Ministero, la Corte di Appello di Perugia ha emesso 1.885 decreti, per un totale di 6.890.018,05 euro, dei quali ne sono stati pagati 1.017, per 4.074.351,77 euro. Nello stesso periodo di tempo sono stati eseguiti 665 pignoramenti per 2.130.980 euro. Restano ancora da liquidare 203 decreti per 684.686 euro.
Nel periodo successivo al 1o giugno 2005, fino al 31 dicembre 2006 la Corte, di Appello di Perugia ha emanato 612 decreti per 2.544.099 euro, di cui 6 pagati nel 2005 per 31.635 euro. Dei decreti emessi nel 2005, 164 sono stati pagati nel 2006, per un totale di 1.088.998 euro. Sempre nel corso dell'anno 2005, sono stati compiuti 134 pignoramenti per 502.437 euro, mentre restano da liquidare (senza pignoramento) 256 decreti per 693.171, 59 euro.
Nel corso del 2006 la Corte di Appello di Perugia ha emesso 849 decreti per 3.247.155 euro; ne sono stati pagati 82 per 602.142,01 euro, mentre sono stati eseguiti 71 pignoramenti per 171.043 euro. Restano ancora da liquidare senza pignoramenti 709 decreti per 2.233.428,19 euro.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
SALERNO. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Susa il corso Luciano Couvert è caratterizzato dal superamento del torrente Cenischia che a mezzo di un ponte antichissimo di origine romanica la cui sommità si restringe in modo tale da consentire il transito soltanto ad un veicolo per volta;
tale ponte non è disciplinato da alcuna regolamentazione semaforica con il frequente verificarsi di pericolose sovrapposizioni simultanee di veicoli i quali sono costretti a fare retromarcia se non a scontrarsi;
fatto ancor più grave, sulla base di un lato del ponte è ubicato un complesso scolastico statale elementare popolato e frequentato da oltre 350 bambini che quotidianamente si recano a scuola percorrendo pericolosamente a piedi tale ponte;
il pericolo che quotidianamente corrono i bambini che si recano a scuola si moltiplica proprio nei casi, numerosissimi, in cui si verifica il simultaneo attraversamento di due veicoli;
fortunatamente fino ad oggi nessun incidente grave si è ancora verificato nonostante la cittadinanza abbia più volte avviato raccolte firme per regolamentare tale ponte e/o riservarlo a zona pedonale stante l'intensa fruizione da parte di un delicatissimo pubblico quale è quello dei bambini;
occorre ritenere prioritaria la salute e la sicurezza dei cittadini e in particolare degli oltre 350 bambini che più di ogni altro sono esposti a rischi gravi e quotidiani di incolumità -:
se non intenda avviare ogni accertamento di sua competenza sulla viabilità in tale zona di Susa per verificare se tale ponte possa continuare ad essere sprovvisto, come lo è oggi, di regolamentazione semaforica o di altro genere;
se stante la prioritaria salvaguardia della sicurezza degli oltre 350 bambini, non ritenga di attivarsi al fine di escludere ogni transito automobilistico del ponte riservando lo stesso al solo attraversamento «pedonale».
(4-02186)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, nella quale si evidenziano le condizioni della circolazione nel Comune di Susa, in via generale si osserva che ai sensi dell'articolo 6, comma 4 lettera b) e dell'articolo 7 comma 1 lettera a) del nuovo Codice della strada (decreto legislativo
n. 285 del 1992), l'ente proprietario della strada, o il Comune, secondo che si tratti di circolazione fuori ovvero all'interno dei centri abitati, può stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente, per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade.
Nel caso in esame, la necessità di regolamentare la circolazione sul ponte che scavalca il torrente Cernischia, da attuare previa ordinanza motivata ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del citato codice, può essere effettivamente realizzata vietando del tutto la circolazione veicolare ex articolo 6, ovvero disponendo la circolazione a senso unico alternato ex articolo 110 del regolamento di esecuzione ed attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 495/1992) mediante idoneo impianto semaforico.
A tale riguardo, il Ministero ha già provveduto a richiedere un sopralluogo agli organi periferici, onde acquisire ulteriori elementi di valutazione e sollecitare l'ente proprietario all'adozione dei relativi provvedimenti di competenza.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con la circolare n.11/2001, il Ministero del Lavoro ha inteso fornire chiarimenti riguardo alle visite sanitarie di minori e apprendisti previste dalle leggi n. 25/1955, n. 977/1967 (così come modificata dai decreti 345/1999 e 262/2000), in relazione alla sorveglianza sanitaria ai sensi del decreto legislativo 626/94;
la circolare precisa che, in seguito all'entrata in vigore del decreto legislativo 345/99, gli adolescenti adibiti alle attività lavorative soggette alle norme sulla sorveglianza sanitaria previste dal titolo I, capo VI del decreto legislativo 626/94 devono essere sottoposti ai soli controlli previsti dall'articolo 16 comma 2 del decreto legislativo 626/94 (accertamenti preventivi e visite periodiche) effettuati dal medico competente. Se gli adolescenti non sono invece soggetti alla sorveglianza sanitaria ai sensi del decreto legislativo 626/94, le visite mediche sono di competenza di un medico del servizio sanitario nazionale, a cura e spese del datore di lavoro, in conformità all'articolo 8 comma 3 e alle successive modificazioni;
nel caso gli apprendisti maggiorenni non siano adibiti alle norme sulla sorveglianza sanitaria di cui al titolo I, capo VI del decreto legislativo 626/94, la sola normativa di riferimento è «data dal combinato disposto degli articoli 4 legge 25/55 e 9 del relativo regolamento per l'esecuzione, (decreto del Presidente della Repubblica 1668/56), che sancisce l'obbligo di una visita medica preventiva gratuita presso la struttura pubblica territorialmente competente».
nel caso, invece, di apprendisti maggiorenni adibiti ad attività soggette a sorveglianza sanitaria; sono da considerarsi oltre agli artt. 4 e 9 sopra citati, anche il decreto legislativo 626/94, che, nel definire il proprio ambito di applicazione, vi include, all'articolo 2 lett. a), i lavoratori con rapporti di lavoro anche speciali e quindi anche gli apprendisti. Alla luce della normativa vigente sussiste l'obbligo di due accertamenti sanitari, volti entrambi a verificare l'idoneità alla mansione specifica alla quale deve essere adibito il lavoratore;
per gli apprendisti minorenni, invece, è previsto un solo accertamento sanitario ad opera del medico competente -:
se non ritenga opportuno trattandosi di minori adottare iniziative, anche normative, al fine di rendere omogeneo il sistema degli accertamenti sanitari, affinché siano messe in evidenza quelle patologie non conclamate, non conosciute o sottovalutate che potrebbero pertanto emergere o aggravarsi con conseguente aggravio di costi umani sociali ed economici.
(4-01309)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, avente per oggetto le visite mediche finalizzate alla tutela della salute dei minori avviati, al lavoro, si evidenzia che, è stato erroneamente interpretato il senso sia della specifica normativa sia della circolare n. 11/2001.
Infatti, l'interrogazione sollecita l'adozione di misure di maggior tutela soprattutto a favore degli apprendisti minorenni, ritenendo che gli stessi siano, ad oggi, sottoposti ad una sola visita medica ad opera del medico competente.
Al riguardo si fa presente che tutti i minori, apprendisti o meno, devono essere sottoposti a visita medica preassuntiva al fine valutare la loro idoneità all'attività lavorativa cui saranno adibiti (articolo 8, comma 1 della legge n. 977/67 e successive modifiche e articolo 4 della legge n. 25/55).
In seguito, quindi, gli stessi saranno visitati, preventivamente e periodicamente, dal medico competente dell'azienda nei casi espressamente previsti dal decreto legislativo n. 626/94; invece nel caso in cui non vi sia l'obbligo della sorveglianza sanitaria i minori dovranno essere visitati con periodicità almeno annuale da un medico del Servizio sanitario nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
SCOTTO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la TAU nasce nel 1980 su iniziativa di un gruppo di esperti in tecnologie di automazione, con l'obiettivo di sviluppare un nuovo approccio sull'ingegneria dei sistemi di produzione, unendo conoscenze di ingegneria di fabbricazione e di processo con esperienza nei campi dell'automazione e dei sistemi informativi, con sedi iniziali a Milano e Bergamo;
nel 1990 a seguito dell'acquisizione di una grossa commessa per la Norvatis Pharma (all'epoca Ciba) a Torre Annunziata, il management delibera l'apertura di una sede «napoletana» all'interno del comprensorio della Ciba in una zona oggetto delle agevolazioni dei contratti d'area. La sede di Torre nasce come entità legale separata con il nome di «Pda Impianti» e come società per azioni; la PdA cresce sia in autonomia, che in fatturato e in risorse umane sino al 2000, anno nel quale raggiunge le 35 unità circa;
negli anni novanta i mercati di riferimento del gruppo TAU-PdA sono sostanzialmente la logistica, il farmaceutico e l'alimentare, ma anche la siderurgia;
in questo scenario sulla PdA vengono «rigirate» tutte le commesse relative ai magazzini automatici, commesse gestite in realtà dalle sedi di Milano e Bergamo;
intanto, cresceva una grossa cultura relativamente ai sistemi di smistamento aeroportuale, ai sistemi informativi per la gestione della produzione, alla siderurgia e ai processi relativi ai mangimifici e ai plastifici;
nel 2000 le società (TAU e PdA) vengono acquistate da Siemens S.p.A. ed incorporate nella divisione Industrial Solution & Services (di seguito I & S) una delle più piccole, in termini di fatturato, della Siemens Italia;
la Siemens provvede quasi da subito ad una fusione tra TAU e PdA: questa ultima viene incorporata nella prima e cessa di esistere; i dipendenti di Torre diventano quindi da dipendenti PdA, dipendenti TAU;
in quegli anni accade inoltre che attraverso varie comunicazioni alla TAU viene proibito di attivarsi commercialmente sul mercato del farmaceutico e dell'alimentare in quanto di competenza di altra divisione Siemens e l'azienda (TAU) ripiega allora sui mercati propri della divisione Siemens cui fa capo (I&S) e si specializza ancor di più nella siderurgia cominciando inoltre ad esplorare i mercati del cemento e dell'acqua;
la sede di Torre, in particolare, diviene centro di competenza sui sistemi di gestione idrica e di telecontrollo delle reti idriche;
nel 2004 per iniziativa della casa madre (Germania) viene dato a Siemens Italia mandato di attivarsi per ridurre le entità legali, che li spinge a decidere quali aziende incorporare e quali vendere: per TAU sembra prospettarsi l'ipotesi incorporazione ma l'operazione per gli eccessivi costi della stessa non va in porto;
il 17 luglio 2006, Trombetta invia alle RSU di Torre la lettera in cui comunica la chiusura della sede di Torre Annunziata e la conseguente messa in mobilità dei ventisei dipendenti della sede stessa;
le motivazioni di tale decisione sono sorprendenti: si dice che la sede chiude perché il mercato alimentare e quello farmaceutico non sono stati sviluppati, ma va ricordato che questi mercati erano stati vietati alla società locale in via ufficiale già nel 2001; non esiste altra ragione economico finanziaria (l'azienda tra le altre cose ha avuto negli anni risultati positivi e migliori della divisione cui fa capo) che giustifichi l'operazione di dismissione della sede di Torre: mentre la Siemens chiude Torre, acquista nel pavese una azienda, la Sernagiotto SpA, per sostituire il know how dell'azienda di Torre Annunziata nei sistemi idrici;
il disegno, a giudizio dell'interrogante e dei lavoratori, è quello di scippare al sud questo eccesso di conoscenza e di riportarlo alle sedi di Bergamo/Milano e alla sede Sernagiotto SpA di Pavia -:
se intendano intervenire a tutela dei lavoratori e dei livelli occupazionali.
(4-01029)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in esame dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Napoli è emerso quanto segue.
La S.p.A. TAU Controllo Processi attualmente occupa 39 dipendenti presso la sede di Milano e 9 presso la filiale di Bergamo.
L'unità operativa già sita in Torre Annunziata (Napoli), oggetto dell'interrogazione, si occupava di progettazione e costruzione di apparecchiature per l'automazione integrata e relativa assistenza ai clienti nonché della ricerca applicativa per impianti industriali ed aveva un organico di 26 dipendenti di cui due donne aventi la qualifica di impiegate, mentre il restante personale era in possesso di diploma di laurea e/o di perito industriale.
Detta unità operativa, che ha cessato l'attività il primo ottobre u.s. con la collocazione in mobilità di tutto il personale dipendente nasceva, storicamente, per le sue competenze nel campo della logistica e per servire, localmente, alcuni clienti del settore farmaceutico ed alimentare nonché per allargare il business al Sud con l'acquisizione di nuovi clienti e sviluppare nuove opportunità.
Gli obiettivi di un significativo sviluppo, nonostante gli sforzi, non si concretizzarono in volumi stabili.
Il responsabile della società ha riferito che negli ultimi anni si era assistito ad una costante riduzione della presenza TAU in questi mercati storici con la perdita di molti clienti significativi dell'area senza acquisirne dei nuovi ed il fatturato diretto era sceso al punto di dover spostare su Torre Annunziata commesse acquisite a Milano nonché molte attività di «service».
Ciò aveva compromesso le performance economiche, ulteriormente amplificate dalla perdita di fatturato del settore logistico, solo in parte dovuta alla contrazione del mercato di riferimento.
L'andamento dei risultati di bilancio della società ha evidenziato, per gli anni dal 2001 al 2005, perdite crescenti a cui la sede in questione ha contribuito in maniera notevole. Come pure è stato fatto rilevare che una redditività operativa fortemente negativa, unita nell'ultimo anno, ad una lievitazione dei costi di commessa rispetto a quanto pianificato pari al 40
per cento aveva comportato una costante riduzione della presenza TAU nei mercati storici.
Tra l'altro è stato accertato che l'ottanta per cento del volume di affari della società viene sviluppato al Nord.
Alla luce di quanto sopra riferito si era reso necessario per la società procedere alla chiusura dell'unità operativa di Torre Annunziata (Napoli) al fine di attuare una concentrazione delle attività e del personale nella sede centrale di Milano per ridurre i costi di gestione e favorire il flusso delle informazioni con l'ottimizzazione delle risorse.
Pertanto in data 27 settembre 2006 presso il Servizio politiche del lavoro di Napoli della Giunta regionale della Campania si è svolto l'incontro per l'esperimento dell'esame congiunto ai sensi dell'articolo 4, commi 6 e 7 della legge n. 223/91 nonché dell'articolo 3 comma 2 del decreto legislativo 469/97.
Durante l'incontro le parti hanno convenuto la collocazione in mobilità, a decorrere dal 1o ottobre 2006 dei 26 dipendenti; la ricollocazione professionale per un numero massimo di 13 lavoratori all'interno delle aziende aventi come azionista di riferimento la S.p.A. Siemens nonché dimissioni incentivate al personale.
Al termine della procedura solo quattro dipendenti hanno accettato la ricollocazione all'interno delle aziende della capogruppo Siemens trasferendosi a Milano ed a Genova con un bonus di euro 13.000,00 mentre al restante personale è stato già corrisposto, a titolo di incentivazione all'esodo e quale integrazione al T.F.R., un importo lordo pari alla differenza tra l'85 per cento della normale retribuzione ordinaria annua netta e quanto erogato annualmente dall'INPS a titolo di indennità di mobilità.
L'onere economico sostenuto dalla società al termine dell'operazione, e stato di circa euro 900.000,00 oltre euro 75.000,00 per il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
SGOBIO e DE ANGELIS. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il 5 luglio scorso, a Montesano sulla Marcellana, in provincia di Salerno a causa probabilmente di un corto circuito, ma non si esclude un gesto doloso, all'interno di una piccola fabbrica di materassi, è scoppiato un violento incendio;
al momento del violento incendio all'interno del laboratorio c'erano il titolare e quattro donne, due di loro, che da pochi mesi lavoravano in fabbrica, sono rimaste uccise, una delle quali aveva soltanto 15 anni;
a tutt'oggi, gli inquirenti stanno cercando di fare chiarezza sulla posizione lavorativa delle quattro donne;
il giorno dopo la tragedia, il sindacato di categoria ha proclamato due ore di sciopero, per commemorare le due vittime e richiamare l'attenzione sulla necessità di un maggiore controllo in tema di sicurezza sul lavoro;
a parere dell'interrogante, il suddetto incidente mortale è la tragica conseguenza della mancanza di norme anche minime di sicurezza, di orari di lavoro senza nessun controllo e di utilizzo di manodopera in nero;
sempre a parere dell'interrogante è quanto mai opportuno che si metta a punto una strategia di contrasto, controllo e prevenzione del fenomeno delle morti sul lavoro che coinvolga le Regioni, gli enti locali e gli organi preposti dello Stato;
quanto è accaduto è l'ennesima, ulteriore e tragica conferma che il tema della sicurezza sul posto di lavoro, del diritto dei lavoratori a non dover mettere a rischio la propria vita per portare a casa un salario, troppo spesso misero, sia una grande priorità nazionale;
secondo i dati Inail, nella sola regione Campania, nel corso del 2005, hanno perso la vita sul lavoro 79 persone e 33.245 sono state le vittime di infortuni gravi e se si considerano i dati relativi al
periodo compreso tra il 2002 ed il 2005, i morti sul lavoro nella stessa regione Campania sono stati 300, quelli colpiti da infortunio 137.152 -:
se e quali atti di sua competenza ritenga opportuno mettere in campo al fine di potenziare il numero degli ispettori preposti al controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro, prevedere maggiori finanziamenti, mettere mano alla legislazione in materia di politiche del lavoro, intervenendo radicalmente sulla precarietà e sui contratti atipici, tutelando a dovere i diritti e la sicurezza dei lavoratori, facendo emergere le sacche di lavoro nero presenti nel nostro Paese e intensificando energicamente la lotta al lavoro minorile.
(4-00513)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame dagli accertaménti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Salerno, è emerso quanto segue.
Preliminarmente occorre precisare che nel Vallo di Diano, non sono mai esistiti grandi mobilifici e che l'economia dei comuni facenti parte del Vallo (15) si basa soprattutto su un'agricoltura piuttosto povera, sull'allevamento di bestiame, sul commercio e sul turismo.
Solo recentemente, soprattutto nel comune di Polla, stanno sorgendo industrie di modeste dimensioni che vanno ad affiancarsi a quella più tradizionale della lavorazione del latte.
La ditta Maceri Biagio, quale piccolo imprenditore, svolgeva l'attività di produzione di materassi è cuscini in uno scantinato di un palazzo di tre piani, nel comune di Montesano sulla Marcellana.
Per detta produzione il Maceri si serviva di n. 3 macchine cucitrici, n. 1 macchina tagliacuci e di una pistola ad aria compressa collegata ad un compressore e utilizzata soprattutto per spruzzare la colla, diluita con appositi solventi, fra gli strati di lattice sovrapposti.
Non risulta che siano state effettuate comunicazioni al comune di Montesano s. M. nè al competente ufficio sanitario (A.S.L. Salerno 3).
Per la sua attività il predetto Maceri si avvaleva, al momento dell'incidente, di cinque lavoratrici in nero (una sesta era assente dal lavoro dal 17 giugno 2006). Di queste, quattro erano presenti nei locali in data 5 luglio 2006, quando si è verificato l'incendio e due di esse hanno tragicamente perso la vita.
Le lavoratrici venivano retribuite in ragione di euro 2,50-3,00 all'ora e lavoravano mediamente per n. 4-5 giorni alla settimana a seconda della richiesta di prodotto da parte dei clienti del Maceri.
Gli accertamenti hanno evidenziato che il predetto Maceri si è reso responsabile delle seguenti infrazioni:
ha omesso di istituire i regolamentari libri di matricola e di paga;
ha omesso di istituire il registro degli infortuni;
ha omesso di trasmettere al competente Centro per l'impiego le comunicazioni di assunzione relative ai lavoratori occupati;
ha omesso di consegnare ai lavoratori, all'atto della loro assunzione, la prescritta comunicazione contenente tutte le notizie relative al rapporto di lavoro;
ha retribuito i dipendenti senza il prospetto di paga e senza rispettare il CCNL;
ha omesso di denunciare all'INAIL, entro 24 ore, l'infortunio di cui trattasi;
ha omesso di denunciare all'autorità di Pubblica Sicurezza, entro due giorni, l'infortunio mortale occorso alle due lavoratrici;
ha ammesso al lavoro una minore senza il preventivo accertamento sanitario;
ha omesso di versare, ai competenti istituti, i contributi ed i premi di assicurazione, senza peraltro provvedere ad accendere le relative posizioni assicurative.
Pertanto la Direzione provinciale del lavoro di Salerno ha adottato, nei confronti del responsabile, tutte le procedure, di propria
competenza, previste dalla legge ed ha provveduto ad informare la competente autorità giudiziaria (Procura della Repubblica presso il tribunale di Sala Consilina).
È però necessario ricordare che, con la riforma sanitaria (articolo 21 legge n. 833 del 1978), i compiti in precedenza svolti dall'ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, sono stati attribuiti alle Aziende sanitarie locali e, solo alcune competenze residuali (radiazioni ionizzanti, Ferrovie dello Stato) sono rimaste al ministero del lavoro e della previdenza sociale che le esercita tramite le Direzioni provinciali del lavoro.
Gli ispettori del lavoro svolgono, comunque come polizia giudiziaria, indagini ispettive ogniqualvolta vengano espressamente delegati dal magistrato che si occupa del singolo caso.
Solo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 412 del 1997 «Regolamento recante l'individuazione delle attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati...» sono state individuate le attività (essenzialmente l'edilizia) per le quali la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro può essere esercitata anche dai servizi ispezione del lavoro delle Direzioni provinciali del lavoro.
Si fa presente, comunque, che il Governo, con alcuni importanti provvedimenti, ha introdotto una serie di misure volte a contrastare il lavoro nero e a promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro. Infatti, oltre all'articolo 36-bis della legge 4 agosto 2006, n. 248 che ha posto particolare attenzione alla sicurezza dei lavoratori nei cantieri edili, la legge finanziaria per il 2007 ha dato il proprio importante contributo in tal senso. Quest'ultima valorizza i comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES) e i piani territoriali di emersione, che saranno coordinati da una cabina di regia nazionale.
Ha inoltre previsto l'adozione, da parte del Ministro del lavoro, di un programma speciale di interventi e l'istituzione di un fondo per l'emersione del lavoro irregolare con dotazione annua pari a 10 milioni di euro per il finanziamento di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivino processi di emersione.
Sono inoltre quintuplicati gli importi delle sanzioni amministrative previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
È opportuno ricordare tra le novità della legge finaniziaria anche a procedura, prevista dall'articolo 1, commi 1192 - 1201, volta alla regolarizzazione e al riallineamento contributivo dei lavoratori, per i rapporti di lavoro non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e quella relativa alla stabilizzazione del personale precario prevista all'articolo 1, commi 1202 a 1210, oltre ad una serie di importanti misure volte a scoraggiare l'utilizzo di contratti caratterizzati dalla precarietà.
Inoltre, con specifico riferimento al problema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro il Consiglio dei Ministri nella riunione del 16 febbraio 2007 ha approvato il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riassetto normativo e la riforma della salute e sicurezza sul lavoro». Il Governo è consapevole che per ottenere risultati efficaci in termini di prevenzione, oltre al miglioramento del quadro giuridico dovrà affiancarsi l'intensificazione dell'attività di sensibilizzazione sull'argomento.
In questa ottica è stata organizzata anche la «Seconda Conferenza nazionale salute e sicurezza sul lavoro» che si è tenuta a Napoli (Città della Scienza, Bagnoli) il 25 e 26 gennaio 2007.
Questa Conferenza, dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, ed in particolare dedicata alle due donne decedute nell'incidente avvenuto nel comune di Montesano sulla Marcellana, oggetto della presente interrogazione, ha rappresentato un importante momento di riflessione e di confronto tra governo, istituzioni, regioni, parti sociali e operatori del settore, su un tema che rappresenta un'assoluta priorità per l'Italia.
L'obiettivo condiviso è rappresentato dalla tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, in un contesto caratterizzato
dalle radicali trasformazioni delle realtà produttive e delle forme contrattuali.
Dalla Conferenza è emerso che le priorità di un'efficace strategia di lotta agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali sono una grande campagna di diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro, la lotta al lavoro sommerso e irregolare, ed al lavoro precario.
In conclusione la Conferenza ha prodotto utili convergenze per decisioni condivise, nella comune consapevolezza che il lavoro non sicuro rappresenta una vera e propria minaccia alla convivenza civile, contro la quale le istituzioni e l'intera società devono reagire per affermare il valore etico e politico della salute e della sicurezza sul lavoro.
Per poter ottenere una riduzione del fenomeno infortunistico, i suddetti interventi normativi e l'attività di sensibilizzazione dovranno certamente essere accompagnati da più specifiche campagne informative in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, nonché da un incremento della vigilanza, vigilanza che è comunque legata al numero degli ispettori tecnici disponibili sia nelle Direzioni provinciali del lavoro che nelle Aziende sanitarie locali.
Per quanto di competenza e, inoltre, intenzione di questa amministrazione valorizzare al massimo l'attività di vigilanza effettuata dagli ispettori del lavoro e dai, Nuclei dei carabinieri incardinati negli uffici periferici del Ministero, in sinergia con gli organi ispettivi degli Enti previdenziali e delle altre amministrazioni.
Questo, Ministero ha avviato dà tempo una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del Ministero e di un aumento dei contingenti di idoneo personale, per il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi ispettivi. In tale ambito sono stati emanati bandi per 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici destinati alle strutture territoriali (Direzione regionali e provinciali del lavoro), già conclusi, con l'immissione in servizio della totalità dei candidati vincitori, e anche degli idonei per i posti resisi disponibili per rinunce nel frattempo intervenute.
Nell'ambito della valorizzazione delle professionalità dell'area della vigilanza, sono stati portati a termine processi di riqualificazione per il personale per i profili di accertatore del lavoro, ispettore del lavoro, ispettore del lavoro coordinatore e ispettore tecnico coordinatore, anche questi da impegnare per potenziare la vigilanza.
Inoltre, la legge finanziaria 2007 al comma 544 ha autorizzato il ministero del lavoro e della previdenza sociale all'immissione in servizio fino a 300 unità di personale risultato idoneo al concorso, di cui si è detto sopra, e all'immissione nei ruoli di destinazione finale e al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione.
A tal proposito si fa presente che sono in corso le procedure propedeutiche all'assunzione del personale risultato idoneo al concorso.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende che la Coab di Lallio (Bergamo), Cooperativa agricola bergamasca del settore avicolo, consorziata con il Gruppo Amadori, ha manifestato l'intenzione di chiudere l'attività;
uno dei motivi, oltre a quello di una grave crisi che, oramai da parecchi mesi, colpisce l'azienda e tutto il comparto avicolo, sarebbe la scadenza del contratto di affitto del sito produttivo di Lallio prevista per il febbraio del 2007;
per tutto l'organico dell'azienda (114 addetti), a metà del mese di novembre, è stata aperta la procedura di mobilità che, tra l'altro, impone ai sindacati di cercare una soluzione, con i vertici dell'azienda,
nel tempo massimo di 75 giorni (45 in sede sindacale + 30 in sede istituzionale);
a quanto risulta all'interrogante, l'assemblea dei lavoratori della Coab, tenutasi nella giornata di mercoledì 29 novembre, ha respinto l'offerta della società, circa le sei mensilità proposte loro quale incentivo all'esodo, ritenendola inadeguata;
l'obiettivo dei sindacati è, ora, quello di cercare di ottenere la Cassa integrazione straordinaria per almeno un anno che, sommato ai 3 anni di mobilità e considerata l'età anagrafica dei dipendenti, potrebbe far arrivare molti di loro all'età pensionabile;
attualmente i lavoratori si stanno recando ancora in azienda, anche se lavorano a ciclo ridotto, ma i vertici dell'azienda hanno già annunciato che a partire da questa settimana potrebbero non arrivare più animali da macellare, quindi terminare l'attività -:
se siano a conoscenza della situazione illustrata in premessa e quali interventi urgenti, visti i tempi oramai strettissimi, i Ministri intendano adottare in proposito, al fine di tutelare i lavoratori della Coab.
(4-01795)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, a conclusione degli accertamenti esperiti dalla Direzione provinciale del lavoro di Bergamo è emerso quanto segue.
La «Co.A.B. Società Agricola Bregamasca con sede legale ed operativa in Lallio (Bergamo), è socia di una cooperativa di 2o grado, denominata Gesco Consorzio Cooperativo Società Cooperativa Agricola, consorziata del Gruppo Amadori; opera nel settore dell'agricoltura ed ha come attività principale la macellazione del pollame, la lavorazione delle carni avicole e la commercializzazione del pollame vivo.
A maggio 2006 la Co.A.B. comunicava ufficialmente di voler procedere alla chiusura dell'attività entro il 31 maggio 2006, adducendo come motivazioni, da un lato il calo della produzione dovuto al fenomeno dell'aviaria subito nel corso del 2005-2006 e, dall'altro, la scadenza, l'8 febbraio 2007, del contratto di affitto di ramo d'azienda dello stabilimento sito in Lallio.
Dal giugno 2006, a seguito di accordi con la società, i predetti lavoratori hanno beneficiato di un periodo di cassa integrazione ordinaria; il 28 agosto 2006 è cessato l'utilizzo della cassa integrazione e sono riprese le attività produttive di macello e spedizione.
Dalla metà di settembre alla metà novembre l'attività è ripresa a regime produttivo ridotto, con personale al completo, salvo 30-35 persone che hanno rassegnato le dimissioni.
A metà novembre è stata aperta la procedura di mobilità; sono seguiti, nei 45 giorni successivi, in sede sindacale, una serie di incontri tra i sindacati e i vertici dell'azienda.
In particolare, nell'incontro del 29 novembre 2006, durante la fase sindacale, l'assemblea dei lavoratori della Co.A.B. ha respinto l'offerta della società di sei mensilità quale incentivo all'esodo e le due proposte avanzate dai sindacati non sono state accolte dalla Società neppure durante la successiva fase istituzionale.
Il 15 gennaio 2007 e il 18 gennaio 2007, rispettivamente presso la provincia di Bergamo e presso gli Uffici della Regione la Co.A.B. ha difatti ribadito la volontà di non concedere la cassa integrazione straordinaria e ha insistito nella proposta di concedere la mobilità, il pagamento dell'indennità di preavviso e il pagamento di una o due mensilità.
La vertenza Co.A.B/Amadori si è conclusa positivamente il 26 gennaio 2007 presso la sede della regione Lombardia con il raggiungimento di un accordo che prevede il pagamento immediato di quanto segue:
indennità di mancato preavviso contrattuale;
4 mensilità Inps per dipendenti under 50enni;
5 mensilità Inps per dipendenti da 50 anni in avanti;
trattamento di fine rapporto.
È prevista poi la consegna della lettera di licenziamento da parte dell'azienda, il pagamento della indennità di mobilità (1, 2 ovvero 3 anni a seconda dell'età anagrafica dei dipendenti: under 40, 50 e dai 50 anni), la firma dei verbali individuali, la gestione del passaggio di alcuni dipendenti ad altre società del gruppo Amadori e la definizione delle posizioni inerenti il personale assunto dal Gesco Consorzio.
Attualmente si sta svolgendo la fase della gestione tecnica dei contenuti dell'accordo, nonché la gestione degli adempimenti burocratici per la cessazione dell'azienda nei confronti dei centri pubblici per l'impiego e delle sedi territoriali INPS.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la Gendex Dental Systems, azienda sita a Cusano Milanino, che produce apparecchiature elettromedicali per radiologia dentale, sia in procinto di chiudere l'attività;
la Gendex, con un organico di circa 70 unità, è di proprietà della Danaher Corporation, multinazionale americana con sede a Washington Dc;
l'azienda ha un gruppo di progettazione all'avanguardia nel campo della radiologia dentale, con collaborazioni prestigiose anche a livello universitario; -:
se siano a conoscenza della situazione illustrata in premessa e quali interventi i Ministri intendano adottare in proposito, al fine di tutelare i lavoratori della Gendex.
(4-01796)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Milano e emerso quanto segue.
In data 28 novembre 2006 la Gendex Dental Systems S.r.l., con sede in Cusano Milanino, di proprietà di una Corporate avente sede negli Stati Uniti d'America, ha attivato la procedura di cessazione dell'attività, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge n. 223 del 1991, con riferimento a tutti i 68 lavoratori dipendenti dalla sede di Cusano Milanino.
Si fa presente che la Gendex Dental Systems S.r.l. è una società operativa negli Stati Uniti con una unità produttiva avente le medesime caratteristiche di quella ubicata in Italia.
Pertanto, in un'ottica di razionalizzazione dei carichi di lavoro ed al fine di concentrare in un unico sito l'intera attività produttiva e di sviluppo, la stessa, secondo quanto risulta dal verbale di accordo sottoscritto con le organizzazioni sindacali, ha deciso di assorbire le attività svolte in Italia nella sede principale sita in Chicago. Tutto ciò allo scopo di razionalizzare il business, creare un unico centro di sviluppo ed innovazione dei prodotti ed ottimizzando in tal modo i costi di ricerca e produzione, nonché riducendo i costi delle attività di direzione, coordinamento e controllo.
A ciò si deve aggiungere, secondo quanto sostenuto dai rappresentanti della società in sede di confronto, che: «i competitors a livello globale stanno attuando una politica estremamente aggressiva non solo sui prezzi di vendita ma anche sulla velocità di risposta all'innovazione dei prodotti».
Queste sono le motivazioni, che risultano dal verbale di accordo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, per le quali la società ha ravvisato la necessita far cessare l'attività in Italia e concentrare i processi di sviluppo ed industrializzazione nella sede americana.
La società ha fatto, inoltre, presente che la situazione economico-finanziaria non consente, l'utilizzo di eventuali attribuzioni patrimoniali diverse da quelle gia previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva.
Si rappresenta, infine, che in data 14 dicembre 2006, presso la Sede di Assolombarda è stato raggiunto un accordo tra la medesima società, le organizzazioni sindacali,
territoriali e le RSU per la messa in mobilità dei 68, dipendenti della suddetta unità produttiva, a partire dal 1o gennaio 2007, con le gradualità connesse alle esigenze tecnico organizzative di dismissione industriale nonché di quelle produttive in relazione all'ultimazione delle commesse produttive residue, entro il 30 giugno 2007, esercitando la facoltà di proroga e deroga dei termini previsti dal comma IV, dell'articolo 8, della legge n. 236 del 1993.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
STUCCHI e TREMAGLIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da fonti giornalistiche si apprende la notizia che sabato sera (2 dicembre), al termine della partita di calcio Roma-Atalanta, tenutasi presso lo Stadio Olimpico, si siano verificati dei fatti incresciosi che hanno coinvolto i circa 1.100 tifosi bergamaschi che si erano recati nella capitale per assistere all'evento;
risulta all'interrogante che i tifosi, diretti alla stazione ferroviaria di Ostiense, ospitati su 9 pullman, siano stati costretti, dalla Polizia in tenuta antisommossa, a scendere dai rispettivi autobus e siano stati malmenati con manganelli sembra, apparentemente, senza alcun motivo e senza che questi avessero in alcun modo provocato la reazione degli agenti delle forze dell'ordine;
dal racconto di alcuni tifosi, testimoni dei fatti (come riportato sul quotidiano Eco di Bergamo del 4 dicembre - pagina 9), sembra che questi, dopo essere stati fatti scendere dai pullman per raggiungere i binari, sarebbero stati costretti a passare in mezzo a due file di agenti che avrebbero sferrato numerosi colpi di manganello prima di farli entrare in stazione;
tra i tifosi erano presenti anche tre agenti della Digos di Bergamo che, a quanto si apprende, avrebbero cercato di impedire l'azione dei colleghi di Roma, visto il clima di tensione già alto a causa, anche, dell'accoltellamento, avvenuto prima dell'avvio della partita, ai danni di 3 supporter orobici, per mano di ultras romanisti -:
se il ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali interventi urgenti intenda adottare nei confronti degli agenti che si sono resi responsabili di queste aggressioni, al fine di fare chiarezza sulla questione e far in modo che fatti di questo tipo non si verifichino ancora nel futuro, nei confronti di persone che nulla hanno fatto per innescare una simile reazione.
(4-01854)
Risposta. - In occasione dell'incontro di calcio «Roma-Atalanta», disputatosi allo Stadio Olimpico di Roma il 2 dicembre 2006, si e registrato l'arrivo nella capitale, con il mezzo ferroviario, di circa un migliaio di tifosi bergamaschi.
Intorno alle ore 20,00, dopo i previsti controlli presso la Stazione Tiburtina - durante i quali le forze dell'ordine hanno rinvenuto e sequestrato numerosi oggetti atti ad offendere (coltelli, catene, materiale pirotecnico eccetera) - i sostenitori dell'Atalanta sono stati accompagnati sotto scorta allo stadio, a bordo nove autobus della locale azienda di trasporti.
Sulla Via Olimpica, nei pressi di un cavalcavia, gli automezzi sono stati fatti oggetto di un fitto lancio di sassi e petardi. Nella circostanza i tifosi dell'Atalanta, ricorrendo ai sistemi automatici d'emergenza, hanno fermato tre autobus in coda alla colonna al fine di scendere ed entrare in contatto con gli aggressori.
Le forze di polizia al seguito si sono tempestivamente frapposte e sono riuscite a disperdere gli assalitori, ricorrendo anche all'utilizzo di alcuni lacrimogeni.
Nel corso dei brevi tafferugli, tre sostenitori bergamaschi hanno riportato ferite da arma da taglio; altri, per risentimento e spirito di rivalsa, hanno danneggiato quattro autobus.
Al termine dell'incontro la tifoseria bergamasca è stata nuovamente accompagnata alla stazione ferroviaria, con un servizio di
scorta adeguato allo stato di tensione che si era determinato in precedenza.
Durante il tragitto di ritorno il movimento della colonna di autobus è stato più volte interrotto a causa delle intemperanze dei sostenitori dell'Atalanta i quali, alla vista di supporters avversari o - anche - di semplici passanti o avventori, hanno tentato di aprire le porte degli automezzi per discenderne, costringendo la forza pubblica ad interventi immediati finalizzati a scongiurare qualsiasi tipo di turbativa all'ordine e alla sicurezza pubblica.
Raggiunto il piazzale antistante la Stazione Ostiense, al cui ingresso era stato preventivamente disposto un idoneo servizio di protezione con altri contingenti della forza pubblica, un folto gruppo di sostenitori atalantini ha raggiunto di corsa l'androne della struttura dove erano presenti numerosi viaggiatori.
Si è reso pertanto necessario un breve intervento di contenimento per fermare i tifosi più agitati ed evitare che potessero essere recati danni a persone od a cose.
Alla partenza del treno, alcuni sostenitori bergamaschi si sono, infine, resi protagonisti di un fitto lancio di pietre e di artifizi pirotecnici, dai finestrini del convoglio, all'indirizzo degli operatori di polizia.
Nel corso degli avvenimenti, agenti della DIGOS di Bergamo hanno costantemente collaborato con il personale impiegato nei servizi di ordine pubblico.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
TOCCI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
circa la scuola primaria, l'articolo 6 del decreto legislativo n. 59 del 2004 prevede che sono iscritti alla classe prima i bambini che compiono 6 anni entro il 31 agosto dell'anno di riferimento. Al comma 2, la medesima disposizione prevede che possono essere iscritti anche i bambini che compiono 6 anni entro il 30 aprile dell'anno successivo;
l'interpretazione più sensata della legge porta a ritenere che per le famiglie è obbligatorio iscrivere i bambini di 6 anni a scuola, mentre non è obbligatorio iscrivere quei bambini che non hanno ancora 6 anni. Quest'ultima è solo una facoltà;
i genitori che esercitano tale facoltà - secondo una lettura ragionevole della norma - non vantano un diritto pieno all'iscrizione del bambino a scuola, altrimenti sarebbero messi sullo stesso piano dei bambini dell'obbligo (v. Tar Lazio, sezione III-quater, 26 aprile 2006). L'esercizio della facoltà dell'anticipo scolastico dà ingresso invece a un interesse legittimo che deve conciliarsi con gli altri interessi e in particolare con le risorse disponibili della scuola prescelta. Se i posti di questa non sono sufficienti ad accogliere tutte le domande, la scuola - secondo l'articolo 10 del decreto legislativo n. 297 del 1994 - può stabilire dei criteri di preferenza (in tal senso v. anche Cons. Stato, VI sezione, 30 agosto 2006);
alcuni genitori, in contrasto con la scuola statale «C. Ferrini» di Roma (II municipio), affermano che i criteri dettati dalla scuola, che non ha posti sufficienti, non possono basarsi sull'età dei bambini anticipatari: secondo la tesi dei genitori i bambini nati da settembre a dicembre dell'anno di riferimento (e che hanno frequentato 3 anni di scuola materna) non potrebbero essere per ciò solo preferiti a quelli nati da gennaio ad aprile dell'anno successivo. In pratica, secondo i genitori la scuola dovrebbe preferire il bambino più piccolo e con minore scolarità a costo di far frequentare al bambino più grande il 4 anno di scuola materna se ciò discendesse dagli altri ordinari criteri fissati dall'istituto scolastico (come per esempio la casuale viciniorietà della residenza alla scuola entro il medesimo limite territoriale);
questa tesi - secondo l'interrogante - contrasta con la legge. L'articolo 2 del decreto legislativo 59/04 prevede che la scuola dell'infanzia duri 3 anni. Inoltre, l'indirizzo espresso dal Ministro sinora è stato quello di eliminare la possibilità di anticipo della scuola dell'infanzia, per la
quale comunque già la circolare n. 93 del 2005 stabiliva che, tra gli anticipatari, dovevano essere preferiti quelli che compiono 3 anni il 31 dicembre dell'anno di riferimento rispetto a quelli che compiono 3 anni nell'anno successivo. Analogo ragionamento dovrebbe valere per la scuola primaria;
i genitori, che lamentano la loro esclusione, inoltre, non subirebbero affatto il grave danno che assumono, giacché nelle more del giudizio i bambini potrebbero frequentare la prima classe nella vicina scuola «U. Bartolomei» di Roma (II municipio) che ha posti liberi;
è di vitale importanza per il buon andamento e l'autonomia gestionale della scuola «Ferrini» - come di tutte le scuole italiane - che il ministero chiarisca la propria posizione, giacché altrimenti le famiglie che esercitano la facoltà di anticipo scolastico si troveranno a non poter decidere se o meno quelle che già mandano bambini più grandi alla scuola materna possono continuare a frequentare la scuola elementare. Senza contare che si corre il rischio, l'anno venturo, di avere classi prime con bambini di 7 anni (nati a ottobre o novembre 2000) e bambini di 5 anni e 4 mesi (nati ad aprile 2002) -:
quale interpretazione intenda fornire al riguardo e quale valutazione ne dia.
(4-02012)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente i criteri di iscrizione alla scuola primaria degli alunni che si avvalgono della facoltà di iscrizione anticipata - prevista dall'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo) 19 febbraio 2004, n. 59 - nell'ipotesi di eccedenza di domande di iscrizione rispetto alla disponibilità dei posti nella scuola richiesta. A tal proposito l'interrogante prendendo lo spunto da un contrasto insorto tra alcuni genitori e il Dirigente del 38o Circolo didattico «C. Ferrini» di Roma, chiede di conoscere l'orientamento interpretativo del Ministero della suddetta norma.
Come è noto, l'articolo 6 citato, relativo alle iscrizioni nella scuola primaria, prevede che «Sono iscritti al primo anno della scuola primaria le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto dell'anno di riferimento» (comma 1).
Lo stesso articolo prevede inoltre che «Possono essere iscritti al primo anno della scuola primaria anche le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento» (comma 2).
Il primo comma, dunque, disciplina il dovere di iscrizione dei minori che compiono sei anni di età entro il 31 agosto che precede il nuovo anno scolastico, mentre il secondo comma disciplina la facoltà di iscrizione alla scuola primaria dei minori che compiono sei anni di età dopo detto termine e comunque entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento.
Questa distinzione tra obbligo e facoltà di iscrizione costituisce la premessa per i chiarimenti richiesti.
Si conviene con l'interrogante sul fatto che i genitori che esercitano la facoltà dell'anticipo prevista dalla norma non vantano un diritto perfetto all'iscrizione del bambino alla scuola; essi vantano, invece, un interesse legittimo che deve conciliarsi con altri interessi tutelati dall'ordinamento, ed in particolare con le risorse disponibili della scuola prescelta (in tal senso si è espresso anche il TAR del Lazio - Roma - Sezione III Quater - nell'ordinanza n. 2446/2006).
Pertanto, laddove vi sia eccedenza di domande di iscrizione rispetto alla disponibilità dei posti, la precedenza di iscrizione spetta agli alunni obbligati all'interno dell'ambito territoriale identificato, secondo i criteri definiti dal Consiglio di circolo.
Più complessa appare la situazione degli alunni non soggetti all'obbligo che esercitano la facoltà di iscrizione, anticipata, cioè i bambini che compiono sei anni di età dopo il 31 agosto e comunque entro il 30 aprile successivo.
Con riguardo a questi bambini, che si trovano in situazione di anticipo, il Consiglio di Stato, Sezione VI, nell'ordinanza n. 4494 del 30 agosto 2006, citata nell'interrogazione,
ha ritenuto che una volta esercitata l'opzione non possono introdursi, ai fini della graduazione del titolo all'iscrizione, criteri fondati sull'età anagrafica del bambino, posto che la normativa di riferimento accomuna gli alunni anticipatari in una categoria unitaria senza operare distinzioni all'interno di essa; ha ritenuto pertanto il Consiglio di Stato che anche per gli alunni anticipatari la graduazione ai fini dell'iscrizione in relazione alle disponibilità del Circolo prescelto deve avvenire in base agli ordinari criteri previsti per gli allievi che assolvono in via ordinaria l'obbligo scolastico, dunque senza discriminazione fondata sulla data di nascita all'interno della categoria degli alunni anticipatari. Va precisato che, relativamente a quest'ultimo aspetto, l'ordinanza n. 4494/2006 del Consiglio di Stato ha riformato la sopra menzionata ordinanza del TAR Lazio n. 2446/2006.
Conseguentemente, come affermato nella suddetta ordinanza n. 4494/2006 del Consiglio di Stato, nell'ambito dei criteri definiti dai Consigli di circolo, non può esservi discriminazione, in base all'età all'interno della categoria degli alunni anticipatari, nati, cioè, dopo il 31 agosto. A questi si applicano in via ordinaria gli stessi criteri di precedenza definiti autonomamente dai Consigli di circolo e applicati prioritariamente agli alunni soggetti all'obbligo.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Attanasio Alessio e Francavilla Ciro, sono detenuti presso la Casa circondariale di Viterbo, nella sezione «Area riservata» in regime di cui all'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario;
il Magistrato di Sorveglianza di Viterbo, Dott.ssa Albertina Carpitella, a seguito del reclamo presentato da Attanasio Alessio, con provvedimento del 15 dicembre 2005, anche in considerazione del fatto che «l'effettivo configurarsi di un regime continuativo di isolamento al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 33 O.P. ed in spregio dei principi costituzionali dell'umanità e della rieducatività della pena rende illegittima la permanenza dell'Attanasio nell'area riservata della CC di Viterbo ed impone l'accoglimento del reclamo», ha disposto «che l'Amministrazione Penitenziaria provveda a consentire all'Attanasio l'esercizio del diritto alla socialità eliminando l'attuale condizione di effettivo isolamento»;
e, con provvedimento del 4 maggio del 2006, a seguito del reclamo presentato da Francavilla Ciro, anche in considerazione del fatto che non «vi sono ragioni di sicurezza ed ordine interni che lo riguardino ed è stato trasferito nell'area riservata solo per «fare numero» e consentire una forma minima di socialità agli altri due detenuti», ha disposto «che l'Amministrazione Penitenziaria ripristini nei suoi confronti le condizioni detentive preesistenti all'emissione del provvedimento di assegnazione dell'area riservata»;
tra il 21 novembre e il 3 dicembre 2004 una delegazione del Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT) del Consiglio d'Europa ha visitato alcuni penitenziari italiani, tra cui i reclusi in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P. della Casa di reclusione di Parma;
il 23 agosto 2005, Silvia Casale, Presidente del CPT, inviava un rapporto al Governo italiano - chiedendo di dare una risposta dettagliata sulle misure adottate a seguito del suo rapporto - nel quale, tra l'altro, al punto 84, si poteva leggere «Il caso di un detenuto «41-bis» incontrato dalla delegazione merita un'attenzione del tutto particolare. Quest'ultimo era stato messo in una zona detta «riservata» (area riservata) su decisione del Procuratore specializzato nella lotta contro la mafia sin dal febbraio 2001. Dal suo arrivo nella Casa di reclusione di Parma nel febbraio 2003, detto detenuto è stato internato in una cella situata in un corridoio separato, al pianterreno dell'edificio «41-bis», internato
di fatto in isolamento. Una tale situazione è inaccettabile. Il CPT raccomanda che delle misure immediate siano prese in vista di mettere fine alla privazione prolungata di contatti umani di questo detenuto internato in «area riservata».»;
nel gennaio 2006 il «Comitato Interministeriale dei Diritti Umani» del Ministero degli Affari esteri trasmetteva le risposte e, a riguardo del detenuto trattenuto in isolamento nel carcere di Parma in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P., scriveva che «il 20 gennaio 2005 detto detenuto è stato trasferito nel carcere di Viterbo» -:
se il detenuto incontrato dalla delegazione del CPT nella Casa di reclusione di Parma è Attanasio Alessio;
qual'è il fondamento giuridico in ragione del quale il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) non ha applicato la decisione del magistrato di sorveglianza di Viterbo.
(4-00686)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in oggetto indicata, si comunica che la delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura, durante la visita al reparto «41-bis» della casa di reclusione di Parma, avvenuta il 26 e 27 novembre 2004, ha incontrato un numero consistente di detenuti, tra i quali anche Alessio Attanasio.
Ciò premesso, dagli atti in possesso della competente Direzione generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non è possibile rilevare se le osservazioni contenute nel rapporto finale, inviato dal Presidente del Comitato al Governo italiano nell'agosto del 2005, siano riferite effettivamente alla condizione del citato ristretto.
In merito, poi allo speciale regime detentivo previsto dall'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, si fa presente che lo stesso non produce, nelle sue applicazioni penitenziarie, alcuna modalità maggiormente affittiva nell'espiazione della pena. Infatti, le limitazioni alle ordinarie regole intramurarie che esso comporta hanno natura spiccatamente preventiva, essendo finalizzate ad impedire occasioni di contatto e di comunicazione tra il detenuto ed il mondo esterno.
Anche l'inserimento in area riservata risponde alle medesime esigenze preventive e non costituisce una sistemazione allocativa né punitiva, né peggiorativa, poiché tali reparti sono solo delle semi-sezioni in cui sono suddivise, come previsto dalla legge, le zone detentive riservate ai ristretti sottoposti all'articolo 41-bis.
L'inserimento in tale reparto non comporta, comunque, in nessun caso uno stato di isolamento, essendo garantite tutte le attività trattamentali e di sostegno previste dall'ordinamento penitenziario per gli altri soggetti appartenenti al medesimo circuito, compresi i momenti di socialità da effettuarsi in gruppi mai inferiori alle tre unità.
Il detenuto Alessio Attanasio, cui l'interrogante si riferisce, risulta attualmente fruire dei momenti di socialità con altri due ristretti - parimenti sottoposti al regime speciale - come disposto dalla normativa.
Si osserva, peraltro, che la scelta della sede penitenziaria e della migliore allocazione dei detenuti, compresi quelli cui si applica il regime de quo, rientra nell'esclusiva competenza dell'Amministrazione penitenziaria e non costituisce materia sindacabile da parte della magistratura di sorveglianza.
Pertanto, il provvedimento con cui veniva prescritta una diversa sistemazione dell'Attanasio non poteva in alcun modo rivestire carattere di obbligatorietà per l'anzidetta Amministrazione.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in pressoché tutti i Penitenziari e le Strutture del D.A.P. Italiane sono attive le mense (M.O.S.) per le oltre 45.000 uomini e donne del Corpo di Polizia Penitenziaria, ma ad esse sembra poter accedere solo il personale in turno di servizio escludendo quanti - per gli orari applicati - cambiano
turno proprio di servizio nel momento in cui normalmente si pranza o cena e che quindi sono tenuti al pagamento del pasto con una maggiorazione in percentuale fino al 5 per cento del costo del pranzo o cena disposta dall'Ufficio Beni e Servizio del D.A.P.;
in molti casi (e la segnalazione vale soprattutto per la regione Puglia e Basilicata, come è stato fatto rilevare anche dal Vicesegretario Generale Nazionale di categoria dell' O.S.A.P.P. - Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria che in Italia rappresenta il Secondo Sindacato del Comparto all'interno della categoria di appartenenza con oltre 6.000 aderenti), vengono segnalate comunque situazione incresciose nello stato delle mense di servizio accolte in locali spesso molto disadorni o inadeguati o, come il caso di Turi di Bari-Lucera-Potenza e Matera-Brindisi ed ancora peggio presso II. PP. di Bari la cui entrata con scale di accesso non darebbe spazio a personale di misure corporea extralarge o locali privi di uscita di sicurezza se non da adiacenti terrazzi senza alcuna scala di fuga in caso di incidenti;
anche la qualità del cibo è spesso molto modesta, tenuto conto che l'Amministrazione paga per questi pranzi la somma di 4 (quattro) euro a persona, somma con la quale in un bar non si acquista più da tempo neanche un panino;
il ticket-restaurant che viene poi comunque generalmente considerato per i dipendenti statali ad un valore di 7,65 euro, ma alla Polizia Penitenziaria - quando si concede l'utilizzo del ticket-buono pasto - per esso viene considerato un valore di soli 4,65 euro con una evidente e profonda discriminazione nei confronti di altri dipendenti pubblici e di appartenenti a Corpi di Polizia dello Stato -:
se l'Amministrazione non ritenga di dover effettuare una accurata ispezione per verificare la condizione di tutte le mense esistenti negli Istituti di detenzione e pena della Puglia e della Basilicata al fine di verificarne le condizioni igienico-sanitarie così come correttamente segnalate dall'O.S.A.P.P. con propria recente corrispondenza;
se non ritenga altresì di sciogliere il gruppo VISAG dimostratosi non in linea con i parametri disposti dall'Unione Europea sulla «sicurezza» - sulla salute come sull'igiene e sull'edilizia penitenziaria - come nel caso della struttura del penitenziario di Bari;
se non ritenga corretto permettere comunque il consumo di un pasto gratuito giornaliero a tutto il personale di polizia penitenziaria che svolga un normale turno di lavoro ai sensi dell'articolo 16 del CCNL decreto del Presidente della Repubblica 164/2002 così come disciplinato nella legge 121/81 di P.S.;
se non ritenga doveroso quantificare tale buono-pasto con un ticket economicamente valutato come tutti gli altri dipendenti pubblici del Comparto Ministeri, dando facoltà poi ai personale di Polizia Penitenziaria di poter optare - tenuto conto delle esigenze di servizio - tra l'utilizzo di un ticket e di conseguenti servizi esterni o il consumo all'interno del posto di lavoro nei Bar/Spaccio-Sale Convegno gestite dall'Ente di Assistenza con una maggiorazione di valuta del 5 per cento rispetto al reale costo ordinario del ticket;
se più in generale non sia necessario considerare queste primarie necessità per stanziare maggiori dotazioni finanziarie a vantaggio del Corpo della Polizia Penitenziaria che svolge un delicatissimo ed indispensabile lavoro per l'intera comunità nazionale al servizio del Paese e degli italiani.
(4-01606)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si rappresenta, preliminarmente, che il servizio mense obbligatorie di servizio è organizzato, nei confronti della Polizia penitenziaria, secondo quanto fissato dalla legge n. 203 del 18 maggio 1989, riguardante tutto il personale delle forze dell'ordine.
Per quanto attiene alla scarsa qualità dei cibi e alla carenza di pulizia ed igiene dei locali, si specifica che la composizione dei pasti ed i singoli menù sono stati predisposti da esperti nutrizionisti collaboratori o dipendenti della Consip S.p.a.. Anche il capitolato delle prestazioni attinenti alla pulizia dei locali è stato elaborato dalla citata Consip.
Non risulta, peraltro, fondato l'assunto che il valore dei buoni pasto attribuito ai dipendenti pubblici ammonti a 7,65 euro; è infatti pari a 7 euro, mentre il controvalore del buono pasto di tutte le forze dell'ordine, e in generale del personale non contrattualizzato, è tuttora di 4,65 euro, perché ancora non elevato in sede di contrattazione.
Non risulta, invece, possibile concedere al personale della polizia penitenziaria la possibilità di scegliere se usufruire del buono pasto in luogo della mensa obbligatoria di servizio perché, si ribadisce, la costituzione delle mense obbligatorie di servizio è per l'Amministrazione un obbligo di legge e vi è ammesso il personale che svolge turni di servizio durante i quali non può allontanarsi dalla sede per consumare i pasti presso esercizi commerciali o la propria abitazione; infatti, si verrebbero a sguarnire i posti di servizio di notevole rilevanza per la sicurezza degli istituti penitenziari (in ciò è la «ratio» delle mense obbligatorie di servizio).
Per quanto concerne le condizioni igienico-sanitarie dei locali adibiti a mensa obbligatoria di servizio di alcuni istituti della Puglia e della Basilicata, dalle relazioni fatte pervenire dai rispettivi Provveditori regionali possono desumersi condizioni di diffusa normalità ed ordinario funzionamento. Per quanto riguarda, in particolare, l'istituto di Lucera è stato evidenziato che i locali destinati al servizio mensa sono stati oggetto di recente di ristrutturazione e adeguamento e che il personale del locale Comando compagnia dei Carabinieri usufruisce dell'anzidetto servizio dal 1o gennaio 2006 con piena e incondizionata soddisfazione. Anche presso la Casa circondariale di Bari sono stati realizzati lavori di ristrutturazione che hanno comportato la chiusura della mensa obbligatoria di servizio per alcuni anni. La stessa è stata riattivata, previa visita della Asl competente e del Sindaco di Bari, a partire dal 1o maggio 2004 e, al momento, non si ravvisano anomalie o impedimenti al regolare esercizio.
In ordine, poi, al Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia, si ritiene opportuno evidenziare che il Servizio è stato istituito con decreto ministeriale 10 aprile 2000, per dare puntuale attuazione al combinato disposto dagli articoli 1, comma 2 e 23 comma 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994, che, seppure in ritardo, ha recepito ben quattordici direttive comunitarie in materia di sicurezza sul lavoro.
Il Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia è articolato in un Ufficio centrale, con funzioni di consulenza ed orientamento dei nuclei regionali, e da sedici nuclei territoriali, istituiti presso ogni Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria, aventi competenza esclusiva ad effettuare, peraltro con i poteri di polizia giudiziaria, attività ispettiva nel relativo territorio regionale.
Già subito dopo la sua istituzione il Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia ha potuto conseguire, in molti casi, gli obiettivi previsti dalla «ratio» della norma istitutiva, così dimostrando la validità delle ragioni per cui è nato. Tali ragioni non possono identificarsi con la «immediata risoluzione» di tutti i problemi connessi con lo stato a volte insoddisfacente del patrimonio edilizio pubblico - e quindi dei luoghi di lavoro - dell'Amministrazione della giustizia.
I compiti e le funzioni del Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia sono quelli di monitorare le situazioni di maggior rilevanza in ordine all'esposizione dei pubblici dipendenti a seri rischi per la salute e l'igiene e promuovere - con il fondamentale strumento giuridico dell'autodichiarazione - la messa a norma dei luoghi di lavoro, avvalendosi, appunto, di un servizio interno, che, in attuazione degli articoli 1 e 23 del decreto legislativo 626 del 1994
assuma la competenza esclusiva sia dell'attività ispettiva che di quella repressiva.
Per quanto concerne il contenuto dell'interrogazione, che giudica il Servizio non in linea con i parametri disposti dall'Unione europea, si rappresenta che i parametri possono (e debbono) essere riferiti ai luoghi di lavoro e non al Servizio di vigilanza sull'igiene e la sicurezza dell'Amministrazione della giustizia.
Proprio detti parametri, relativi alla sicurezza ed alla salute dei luoghi di lavoro, hanno carattere oggettivo e tecnico-scientifico rispetto a quelli esplicitati dagli interroganti, che, su segnalazione sindacale, fanno menzione di «locali angusti ed addirittura molto disadorni».
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.