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Allegato B
Seduta n. 154 del 9/5/2007
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta orale:
STRIZZOLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli anni 1987-1992 molte «grandi Società» nazionali - spesso quotate in Borsa - hanno concluso operazioni economico-finanziarie di dividend washing o di dividend stripping consistenti, rispettivamente:
a) nell'acquisto/cessione di azioni di Società italiane in tempi ravvicinati, al fine di valersi del «credito d'imposta» (allora vigente) che non sarebbe spettato a soggetti - come i Fondi Comuni d'investimento - tassati in via fortettaria; con l'ulteriore conseguenza che l'imponibile veniva maggiorato di un importo corrispondente al «credito d'imposta» e (spesso) ridotto della differenza fra prezzo dell'azione cum cedola (all'acquisto) è ex cedola (alla vendita);
b) nell'acquisizione, da Società straniere, del diritto di usufrutto su azioni di Società (controllate) italiane, al fine di evitare il pregiudizio che sarebbe derivato alle prime (Società partecipanti straniere) - in assenza di dichiarazione dei redditi in Italia o di un trattato internazionale che prevedesse un credito sostitutivo - dal mancato riconoscimento del credito d'imposta (ancorché la Società partecipata italiana avesse corrisposto l'Irpeg); con l'ulteriore conseguenza che l'imponibile veniva maggiorato di un importo pari al «credito d'imposta», ma ridotto del costo (pluriennale) corrisposto (dalla Società italiana a quella straniera) per l'acquisto del diritto di usufrutto (sulle azioni della Società italiana partecipata dalla Società straniera);
che tale prassi si stava diffondendo con pericolo di riduzione del gettito erariale, il Parlamento - con legge n. 429 del 1992, di conversione del decreto-legge n. 372 del 1992 - aveva stabilito che, a partire dal 10 novembre 1992, non sarebbe più spettato il «credito d'imposta» a quei contribuenti (fossero essi acquirenti o usufruttuari) che avessero concluso contratti (di compravendita/usufrutto azionario) al fine anche - e talora soprattutto - di utilizzare un credito d'imposta che i «danti causa» del negozio (Fondi Comuni d'Investimento/Società straniere), avuto riguardo alla loro situazione soggettiva, non avrebbero potuto conseguire;
la giurisprudenza sia di merito (nella stragrande maggioranza) che di legittimità (cfr. Cassaz., Sentt. 3 aprile 2000, n. 3979; 3 settembre 2001, n. 11351; 7 marzo 2002, n. 3345) aveva riconosciuto che il citato articolo 7-bis del decreto-legge n. 372 del 1992, aveva portata «innovativa» ed intendeva porre uno spartiacque fra il passato e il futuro: tanto più che la stessa Amministrazione finanziaria con Ris. 6 luglio 1993 n. 111-5-002/93 (del Dip. Entrate Dir. Centrale Affari giuridici e contenzioso) aveva confermato che quella disposizione produceva effetti solo a partire dai diritti connessi con i dividendi incassati a partire dal 10 novembre 1992;
l'Agenzia delle Entrate, con Circ. 27 dicembre 2002 n. 87/E, aveva disposto che in tutti i casi in cui non fossero ravvisabili situazioni di frode gli Uffici locali - che fossero «parte» di un procedimento contenzioso sul dividend washing - dovevano valutare la opportunità di chiedere al giudice adito la «cessazione della materia
del contendere», dato che i relativi procedimenti non meritavano di essere «coltivati» più oltre (anche perché il loro esito doveva ritenersi «segnato», con soccombenza dell'Amministrazione finanziaria);
qualche Ufficio locale - in considerazione del fatto che la Circolare 87/E-2002 richiamava (formalmente) solo il dividend washing e non anche il dividend stripping - ha ritenuto di «abbandonare il campo» limitatamente al primo dei due istituti, nonostante - va sottolineato - che lo stesso fosse effettivamente preordinato al conseguimento di un «beneficio fiscale» (sfruttando il regime «speciale» dei Fondi Comuni d'Investimento); e non anche in presenza di usufrutto azionario, ancorché - a ben vedere - quest'ultimo avesse solo la finalità di evitare che le Società straniere - a causa di una legislazione secondo l'interrogante inadeguata - subissero il «maleficio fiscale» del mancato riconoscimento del credito d'imposta (pur in presenza di un dividendo «decurtato» dall'Irpeg corrisposta dalla Società italiana partecipata);
taluni Uffici locali (particolarmente «prudenti»), in attesa di una (ragionevole) estensione degli effetti di quella pronuncia anche al secondo dei due istituti, cioè al dividend string, avevano chiesto (e ottenuto) la sospensione dei giudizio sulle controversie in corso in materia di usufrutto azionario Estero/Italia, per cui, dopo una pausa di quattro anni, le udienze (originariamente) fissate per fine 2002, saranno tenute nei prossimi mesi;
nel periodo che va dal 21 ottobre al 14 novembre 2005, sono state depositate tre Sentenze della Corte di Cassazione (Sent. 21 ottobre 2005, n. 20398; Sent. 26 ottobre 2005, n. 20816; Sent. 14 novembre 2005, n. 22932), le quali - con riferimento a controversie sul dividend washing e sul dividend stripping, nonostante il contrario avviso del procuratore generale - hanno dichiarato nullo (civilisticamente) per «carenza di causa» il contratto di dividend washing o di usufrutto azionario concluso fra Società italiane e, rispettivamente, Fondi Comuni d'investimento e Società straniere; e, in un altro caso, «simulato» e in contrasto con norme imperative, il dividend stripping (ponendosi in contrasto con quello che sembrava essere il consolidato orientamento della giurisprudenza del 2000-2002, tant'è che la stessa Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha chiesto, con Ordinanza n. 12301 del 24 maggio 2006, l'intervento delle «Sezioni Unite»);
avuto riguardo al predetto (recente) orientamento della Corte di Cassazione, diverse di quelle Società che, quasi vent'anni fa, avevano posto in essere quelle operazioni (allora ritenute fiscalmente corrette) - si trovano ora a dover affrontare una situazione del tutto inattesa e obiettivamente rischiosa, in considerazione dei predetto revirement giurisdizionale; ancorché la dottrina (praticamente unanime) abbia criticato - sia sul piano civilistico che tributario - tale «nuovo» orientamento dei giudici, che pretendono di trasporre nel diritto tributario (speciale) principi e criteri che sono propri dei diritto civile (generale); per di più penalizzando - dei due istituti - quello che si presenta più coerente (imponibilità a monte/deducibilità a valle: eliminazione di un «maleficio»);
tale interpretazione - se si affermerà - finirà per privare di qualsiasi rilievo tutte le norme con cui il Parlamento e il Governo intendevano limitare la valenza (solo) tributaria dei dividend washing (e del dividend stripping), dato che la previa verifica civilistica indurrà (probabilmente) i giudici a eccepire la nullità dei contratti sotto il profilo «sostanziale», per poi farne discendere la (loro) irrilevanza anche sul piano tributario, facendo così venir meno la efficacia di tutta (o quasi) la legislazione «tributaria» emanata in materia (anche quella più recente);
tale orientamento giurisprudenziale determinerebbe l'assurda conseguenza che le operazioni considerate dal Legislatore «potenzialmente elusive» finirebbero per godere di un trattamento più favorevole
rispetto a quello delle operazioni che il Fisco non ha ritenuto «pericolose»: perché la «inopponibilità» al Fisco delle prime può essere dichiarata solo dopo che sia stata provata la sussistenza delle tre condizioni previste dalla cd. «disposizione antielusiva generale» (articolo 37-bis/600) [risparmio d'imposta indebito, aggiramento di obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario, assenza di valide ragioni economiche], mentre le seconde (non considerate pericolose per gli interessi erariali) potrebbero essere dichiarate nulle (e, quindi, prive di qualsiasi effetto, anche tributario) quando, a parere dell'Ufficio e, poi, dei giudici, fossero ritenute carenti di «ragioni economiche» diverse da quelle fiscali (ancorché non si possa disconoscere anche a queste ultime una evidente rilevanza economica);
ove si consolidasse il recente orientamento della Corte di Cassazione, si introdurrebbe, nel diritto tributario italiano, un elemento di così rilevante incertezza da indurre le Società a trasferire la loro sede all'estero, al fine di evitare i rischi connessi con interpretazioni che finirebbero per mettere in difficoltà Società che non solo ritenevano di aver operato correttamente, ma che erano state confortate da una giurisprudenza, una prassi e una dottrina pressoché unanime nel confermare la validità e regolarità delle operazioni poste in essere fino al 10 novembre 1992: senza sottacere il trattamento discriminatorio che si verrebbe a determinare, sul territorio nazionale, a seconda del comportamento adottato dagli Uffici locali dell'Agenzia delle Entrate, in risposta: prima, all'orientamento della giurisprudenza e, poi, alle istruzioni rese nel 2002 dalla Direzione Centrale della Agenzia delle Entrate:
in data 27 ottobre 2006, è stato presentato l'ordine del giorno n. 9/11750/12, accolto dal Governo, in sede di discussione della «Finanziaria 2007» e trasmesso al Ministro dell'economia il 15 dicembre 2006, che recita;
«premesso che: dopo l'entrata in vigore del decreto-legge 9 settembre 1992, n. 372, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 novembre 1992, n. 429, vi è stata una applicazione non univoca, in particolare per quanto previsto dall'articolo 7-bis, comma 1, del sopra richiamato decreto-legge, impegna il Governo a dare agli organi dell'amministrazione le necessarie ed opportune indicazioni affinché vengano emanate apposite istruzioni e chiarimenti al fine di confermare la validità a tutti gli effetti dei negozi giuridici ivi considerati e stipulati antecedentemente alla entrata in vigore del sopra indicato decreto-legge 9 settembre 1992, n. 372, convertito dalla legge 5 novembre 1992, n. 429»;
è coerente logica politico-amministrativa:
1) dare attuazione concreta ad una Legge dello Stato che è stata, prima, costantemente applicata (fino al 2002) sia dalla prassi amministrativa che dalla giurisprudenza, ma che da ultimo (ottobre-novembre 2005) risulta essere inopinatamente disattesa;
2) evitare qualsiasi ulteriore contrasto interpretativo che finirebbe con il determinare ulteriori incertezze e un grave disorientamento fra gli operatori economici e giuridici, nonché negli Uffici finanziari (centrali e periferici);
3) ristabilire una «situazione di diritto», in cui valga il principio di affidamento della normativa (nel caso, l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 372 del 1992, come convertito in legge n. 429 del 1992) che ha introdotto, solo dal 10 novembre 1992, il divieto di utilizzare, nelle situazioni ivi indicate, il «credito d'imposta» (ferma restando, ad ogni effetto, anche tributario, la validità e rilevanza dei negozi sottostanti) -:
quali iniziative - verso gli Organi dell'Amministrazione - ha assunto il Governo per dare concreta attuazione all'impegno determinato dall'accoglimento, in data 27 ottobre 2006, del sopra richiamato ordine del giorno n. 9/1750/12.
(3-00875)
TASSONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Governo boliviano ha approvato, circa un mese fa, un decreto che fissava una scadenza di 30 giorni entro cui Telecom Italia avrebbe potuto negoziare la sua uscita dalla partecipazione al 50 per cento di Entel, la maggiore azienda di telecomunicazioni della Bolivia, controllata dall'azienda italiana attraverso la società Eti;
i negoziati fra le due parti si sono interrotti dopo il rifiuto del governo boliviano di accettare la richiesta di Telecom Italia di trasferire i negoziati in un paese terzo (Brasile, Stati Uniti) in quanto, a giudizio di Telecom Italia le continue intrusioni nelle trattative da parte dei media locali non contribuivano a rasserenare il clima di pressioni che si era creato;
in una recente dichiarazione il ministro boliviano alla Presidenza, Juan Ramon Quintana, ha affermato di aver ricevuto, nel corso dei suoi incontri con le autorità italiane e comunitarie per spiegare le ragioni della nazionalizzazione di Entel, da parte di funzionari del Governo italiano ampie assicurazioni circa la neutralità del Governo sui negoziati in corso tra l'esecutivo boliviano ed i rappresentanti di Telecom Italia e di aver riscontrato un assoluto rispetto per il piano di Evo Morales;
sempre secondo Quintana, anche la Commissione europea si è mostrata ampiamente disponibile a ascoltare le ragioni della nazionalizzazione anche se ha espresso preoccupazione per quella che a Bruxelles appare come una decisione «apparentemente unilaterale» di Morales -:
se il Governo abbia realmente assicurato la sua neutralità al governo boliviano rispetto ai negoziati in corso assecondando quello che rischia di essere di fatto un vero e proprio esproprio;
se effettivamente il Governo non abbia manifestato alcuna preoccupazione per gli investimenti di Telecom Italia in Bolivia;
se e quali azioni abbia intrapreso o intenda intraprendere, anche in coordinamento con le istituzioni comunitarie, a tutela degli investimenti italiani in Bolivia;
quale sia la posizione dl Governo in merito a tale vicenda.
(3-00876)
Interrogazioni a risposta scritta:
LOMAGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è scoppiata incredibilmente la cosiddetta emergenza «acqua inquinata» nella città di Caltanissetta. È stato infatti appurato che l'acqua che giunge nelle case dei nisseni non è potabile;
ad accorgersi del grave problema sono stati proprio alcuni cittadini che, allarmati dal forte odore di nafta proveniente dai propri rubinetti, lo hanno immediatamente comunicato al Comando della polizia Municipale;
alla segnalazione dei privati, hanno fatto seguito la comunicazione ufficiale del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (Sian) della Asl ed i rilievi effettuati da «Acque di Caltanissetta s.p.a.», gestore del servizio idrico, che hanno confermato la presenza di idrocarburi nell'acqua veicolata in città dal versante Madonie est;
il sindaco, Salvatore Messana, a questo punto, ha disposto con un'ordinanza il divieto dell'uso dell'acqua a fini potabili, il che ha, come ovvio, causato gravi disagi tra la popolazione;
in seguito all'intervento del Prefetto, che ha fatto pressioni sull'Arpa affinché effettuasse quanto prima i controlli sull'acqua (poi risultata non più inquinata in base ai campioni prelevati tanto all'ingresso, quanto all'uscita dei serbatoi cittadini), l'ordinanza è stata revocata, a patto che la stessa, prima di essere utilizzata, venga bollita nelle mense scolastiche e nei locali pubblici;
nel frattempo l'acqua rimasta nei serbatoi è stata scaricata a valle (non senza problemi a causa del quantitativo consistente) ed i serbatoi sono stati puliti e disinfettati dai vigili del fuoco (ciò ha determinato un totale black out nell'erogazione idrica);
a seguito di quanto accaduto il Sindaco della città e il Comandante della polizia municipale hanno presentato una denuncia contro ignoti in questura per l'inquinamento delle condotte idriche perché, in base ai primi accertamenti, sembra che l'inquinamento, originatosi presumibilmente nel potabilizzatore di Blufi, dovrebbe essere di origine dolosa;
allo stato attuale le indagini della Digos sono però ancora in fase embrionale;
anche la Società regionale Siciliacque, che provvede alla distribuzione dell'acqua in Sicilia, ha presentato una denuncia in questura sostenendo che l'inquinamento dell'acqua del fiume Imera meridionale dalla quale viene prelevata, portata al potabilizzatore di Bluffi e quindi inviata a Caltanissetta è da considerarsi doloso (un autotrasportatore di combustibile che avrebbe ripulito le proprie cisterne nei pressi del potabilizzatore);
tuttavia resta il fatto che, come affermato dal Sindaco di Caltanissetta, «l'acqua inquinata ha superato il potabilizzatore di Blufi gestito da Siciliacque. Anche se l'inquinamento è avvenuto a monte è chiaro che il potabilizzatore, nonostante abbia in dotazione una apparecchiatura specifica, non ha captato gli idrocarburi. E ciò non doveva accadere indipendentemente dall'origine dolosa o meno dell'inquinamento»;
la vicenda, richiama quanto verificatosi lo scorso anno quando la città rimase senz'acqua per due settimane per inquinamento da idrocarburi al Blufi attribuito al cattivo funzionamento di una caldaia dei municipio di Petralia Sottana;
gli esami specifici nel potabilizzatore del Blufi, necessari ad individuare la presenza di idrocarburi, ed i controlli a monte dell'impianto nell'asta fluviale dell'Imera meridionale, evidentemente non sono stati eseguiti, come invece era stato promesso un anno fa dal Presidente della Regione Cuffaro, allora nominato con ordinanza della Protezione Civile, Commissario Delegato per l'Emergenza Idrica in Sicilia, e rimasto in carica sino al 31 dicembre 2006. L'onorevole Cuffaro, infatti, in una apposita riunione tenutasi presso la Prefettura di Caltanissetta pochi giorni dopo il verificarsi dell'inquinamento delle acque, aveva garantito la predisposizione di strumenti di controllo e monitoraggio sulla qualità delle acque, più rigorosi ed adeguati a scongiurare il ripetersi di analoghi gravi episodi, che pongono in grave rischio la salute e l'incolumità delle comunità servite dal potabilizzatore dei Blufi, gestito da Sicilacque. Ciò dimostra tutta la fragilità dei sistema di controllo sulla potabilità dell'acqua in entrata nei serbatoi idrici cittadini che, in casi come questo, crea enormi disservizi e allarme tra la popolazione;
dopo anni di gestione dell'emergenza idrica in Sicilia, affrontata con strumenti e poteri straordinari e con ingenti risorse economiche e finanziarie messe a disposizione dallo Stato e dalla Comunità Europea ed affidate ai diversi Commissari Delegati che si sono succeduti nel tempo, in ultimo dall'attuale Presidente della Regione Cuffaro, si è costretti a registrare il mancato raggiungimento degli obiettivi che il commissariamento si prefiggeva. La vicenda dell'inquinamento delle acque dell'Imera, immesse nella rete idrica di Caltanissetta, senza i necessari controlli sulla effettiva potabilità delle acque, non può non indurre il Governo Nazionale a verificare l'efficacia e la coerenza dell'azione dei Commissario Delegato, attivando tutti gli strumenti necessari di vigilanza e di controllo sulle azioni realizzate dallo stesso, al fine di accertare come sia stato possibile, a distanza, di un anno, il ripetersi del grave episodio -:
se il Presidente dei Consiglio dei Ministri intenda verificare quali iniziative
abbia assunto, nel 2006, l'allora Commissario Delegato per l'emergenza idrica in Sicillia, onorevole Salvatore Cuffaro, per attivare tutti gli strumenti preventivi di vigilanza e di controllo sul potabilizzatore dei Blufi e le reti acquedottistiche ad esso connesse, per evitare il ripetersi di fenomeni di inquinamento delle acque immesse nelle reti idriche cittadine di Caltanissetta e dei Comuni viciniori, prelevate dall'alveo dei fiume Imera meridionale;
se il Presidente del Consiglio intenda verificare se l'onorevole Cuffaro, nella sua qualità di Commissario Delegato per l'emergenza idrica in Sicilia, abbia assunto iniziative atte ad accertare se alcuni Comuni del comprensorio delle Madonie abbiano riversato e continuano a riversare le acque reflue non depurate nel fiume Imera, e se abbia preso provvedimenti, ed eventualmente quali, per impedire che tale comportamento, in contrasto con le normative ambientali vigenti, perdurassero creando rischi per la salute delle comunità interessate all'approvvigionamento idrico con il sistema acquedottistico Blufi;
se intenda assumere ogni opportuna iniziativa nei limiti delle proprie competenze, affinché vengano rimosse le cause che hanno consentito il ripetersi dell'inquinamento delle acque, mettendo a repentaglio la salute dei cittadini di Caltanissetta.
(4-03567)
CIRIELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince dall'articolo pubblicato sul quotidiano Il Corriere della sera, sembrerebbe che, nel corso delle indagini sugli affari illeciti collegati allo smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, siano state arrestate 8 persone tra le quali anche il subcommissario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania con delega agli impianti, Claudio De Biasio, vice di Guido Bertolaso;
da quanto si evince dall'articolo sembrerebbe che Claudio De Biasio sia stato direttore del Consorzio di bacino Caserta 4 e che in questa veste «... secondo i magistrati della Dda avrebbe partecipato ad una truffa che consentì ai Casalesi di incassare quasi un milione e mezzo di euro...Il tramite era la società Eco4 controllata dai fratelli Orsi alla quale era affidato il servizio di raccolta rifiuti in diciotto comuni della provincia di Caserta...»;
nel testo dell'articolo si afferma che «... L'inchiesta avrebbe accertato che il consorzio di cui De Biasio era direttore avrebbe creato delle false situazioni debitorie nei confronti della società dei fratelli Orsi per 905 mila euro, stornando quindi in favore della Eco4 denaro che in realtà sarebbe dovuto rimanere nelle casse del consorzio...»;
secondo quanto si evince dall'articolo di stampa, nel corso delle indagini, tra le intercettazioni ambientali reperite ve ne è una nella quale uno dei fratelli Orsi, parlando di De Biasio con l'interlocutore, avrebbe affermato: «... È uno dei nostri, stiamo facendo di tutto per farlo nominare...»;
lo stesso coordinatore della Dda Franco Roberti critica con fermezza «...la scelta di creare commistioni tra controllati e controllori...» -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se corrispondenti al vero, quali iniziative di propria competenza intendano adottare;
se corrisponde al vero che a nominare il subcommisario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania con delega agli impianti, Claudio De Biasio sia stato proprio l'attuale Commissario di Governo Guido Bertolaso;
se corrisponda al vero che la nomina fu ispirata, così come indicato dai giornali, da una segnalazione dell'attuale Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
quali siano le motivazioni, i titoli e i percorsi secondo i quali sia stato prescelto e nominato proprio il De Biasio e non altra persona;
se non ritenga opportuno rimuovere dall'incarico il Commissario Straordinario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, Guido Bertolaso, tenuto conto del fatto che, piuttosto che nominare un subcommissario seguendo principi di professionalità e competenza e preferendo persone che abbiano maturato una adeguata esperienza per l'incarico che andavano a svolgere, ha nominato, invece, una persona, Claudio De Biasio, che si è poi ritrovata coinvolta nell'inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli solo perché indicata politicamente da un Ministro della Repubblica.
(4-03574)
CIRIELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con l'ordinanza n. 131, datata domenica 6 maggio 2007, il Commissario Delegato per l'emergenza rifiuti della Regione Campania, ha disposto l'utilizzo delle vasche del depuratore di Nocera Superiore, sito in via S. Maria delle Grazie, per lo stoccaggio di «Percolato CER 19 07 03» fino al 31 luglio 2007;
il suddetto depuratore, come risulta anche dal decreto n. 308 del 7 maggio 2007 della Giunta Regionale della Campania, è privo del collaudo definitivo e non sembrerebbe idoneo al trattamento del suddetto materiale dato che è stato concepito per la depurazione di tipo civile ed industriale previo pre-trattamento;
il «Percolato CER 19 07 03», già ritenuto nocivo e pericoloso, stoccato per tre mesi senza essere trattato, potrebbe rappresentare una vera e propria «bomba ecologica»;
incredibilmente già in data 8 maggio, senza alcun coinvolgimento dell'amministrazione comunale, il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti, ha inviato decine di autobotti per sversare percolato nelle vasche del depuratore di Nocera superiore;
nella notte tra l'8 ed il 9 maggio 2007, come evidenziato nell'intervento d'aula dell'interrogante del 9 maggio 2007, le Forze di Polizia, guidate dal Vicequestore Maione, hanno aggredito i pacifici manifestanti accorsi presso il depuratore della città e tra questi manifestanti caricati, sono risultati contusi anche il Sindaco di Nocera Superiore ed il Presidente del Consiglio Comunale;
alla luce di quanto innanzi esposto, chiede di sapere -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza intendano adottare, per impedire un disastro ecologico in una delle zone più densamente popolate della Campania;
se l'azione della Polizia di Stato, ed in particolare del Vicequestore Maione, sia stata giustificata e conforme alle procedure di legge ed in caso contrario, come risulta da tutte le testimonianze, anche filmate, quali provvedimenti intenda adottare nei confronti del suddetto dirigente della Polizia che era responsabile del servizio di Ordine Pubblico;
se non intenda revocare l'incarico di Commissario di Governo al Prefetto Guido Bertolaso, attesa l'inusitata e sospetta rapidità con la quale si è agito, per la prima volta in Campania, forse perché il Comune è amministrato dal Centrodestra, e soprattutto senza alcun criterio di interlocuzione con la predetta amministrazione comunale, che già ha subito dal punto di vista ambientale la costruzione di un depuratore comprensoriale.
(4-03579)
BALDELLI, GRIMOLDI e MELONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 4 maggio 2007 il Consiglio dei ministri ha nominato il signor Luca Bergamo, nato a Roma il 27 novembre 1961, direttore dell'Agenzia nazionale per i giovani;
sul sito internet personale del neodirettore, che risulta essere anche direttore di una Fondatone di nome GlocalForum ed organizzatore di una importante rassegna musicale romana, campeggiava in bella mostra, ancora alla data del 4 maggio 2007, il logo della lista elettorale «l'Ulivo per Veltroni» nella quale il signor Bergamo si è candidato senza successo, per il Consiglio comunale di Roma alle elezioni amministrative del 2006;
a dicembre del 2006, in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, è stata costituita l'Agenzia nazionale per i giovani, con sede in Roma a cui sono state trasferite le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Agenzia nazionale italiana gioventù, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale, che è stata conseguentemente soppressa;
le istituzioni comunitarie hanno previsto l'istituzione di questa agenzia per sottrarre il tema dei giovani, e i fondi che riguardano le attività di questo settore, alla gestione politica di parte ed infatti l'articolo 8, comma 6, lettera b) della citata decisione dispone testualmente che: «l'organismo costituito o designato come agenzia nazionale deve avere personalità giuridica o fare parte di un'organizzazione avente personalità giuridica (ed essere disciplinato dal diritto dei paese partecipante). Un ministero non può essere designato come agenzia nazionale»;
in questo momento ci troviamo ad avere sia un'agenzia che un Ministero, con una delega per le politiche giovanili, con il risultato di aver raddoppiato costi e competenze, e con il legittimo sospetto che la nomina del direttore, al netto delle sue qualità personali, sia stata una operazione per sottoporre l'agenzia ad una tutela politica di parte;
ad avviso degli interroganti, occorrerebbe sopprimere la specifica delega al Ministro attualmente competente in materia -:
se il Governo non intenda rivedere le strategie in tema di cosiddette politiche giovanili e chiarire come si coordini l'operato degli organismi competenti in materia, che appaiono sostanzialmente sovrapposti.
(4-03580)