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Allegato B
Seduta n. 160 del 29/5/2007
TESTO AGGIORNATO AL 6 GIUGNO 2007
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
con la legge finanziaria n. 266 del 2005, articolo 1, da 337 a 340 si è reso possibile per le persone fisiche destinare
una quota del cinque per mille alle organizzazioni non lucrative;
con decreto del Presidente del consiglio del 23 gennaio 2006 si sono definite le modalità con cui destinare tale quota;
nel 2006, entro i tempi previsti dal suddetto decreto, si sono iscritti all'albo dei possibili beneficiari oltre trentamila soggetti abilitati;
ad oggi dopo un anno ancora non si conosce né l'ammontare complessivo della destinazione né l'elenco dei beneficiari e ne tantomeno i tempi per la destinazione;
anche quest'anno nella fianziaria 2007 si è previsto di destinare i fondi con le modalità descritte nel decreto della Presidenza del Consiglio 6 marzo 2007 -:
quali iniziative intenda adottare il Governo affinché si possa conoscere al più presto l'ammontare complessivo, le destinazioni e l'erogazione del cinque per mille relativo alla, denuncia dei redditi dell'anno 2005.
(2-00545)
«Lupi, Sposetti, Frassinetti, Paroli, Gelmini, Ciccioli, Rosso, Zanetta, Gardini, Bocciardo, Oliverio, Giacomelli, Cesa, Alemanno, Albonetti, Casero, Realacci, Nicola Rossi, Saglia, Volontè, Ranieri, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Sanza, Germanà, Fedele, Carfagna, Aprea, Bernardo, Campa, Miglioli, Vannucci, Zunino, Marantelli, Nannicini, Mariani, Jannone, Crosetto, Fallica, Galli, Bonaiuti, Brusco, Lainati, Verro, Marras, Misuraca, Mondello, Osvaldo Napoli, Paoletti Tangheroni, Ravetto, Romagnoli, Romele, Bondi, Tortoli, Stradella».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
come noto, l'articolo 6 del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, così come convertito con modificazioni dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, ha proposto un'interpretazione autentica delle previsioni della legge 24 febbraio 1992, n. 225, prevedendo che «le disposizioni delle ordinanze di protezione civile che prevedono il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile»;
a seguito di tale intervento legislativo, l'INPDAP ha emanato una circolare (n. 1463, del 16 aprile 2007) in base alla quale si è inteso dare applicazione alla norma in oggetto, nel senso di escludere le pubbliche amministrazioni e i lavoratori da queste dipendenti dall'applicazione di tale beneficio, così avviando procedure per la restituzione dei corrispondenti contributi;
tale applicazione appare agli interpellanti più che eccepibile e foriera di un ampio contenzioso, con indesiderati effetti finanziari e gestionali per le amministrazioni coinvolte - stanti anche i tempi fissati dall'INPDAP per il recupero di tali somme, fissato in un solo mese dalla data di emanazione di detta circolare - e conseguenti situazioni di evidente disparità di trattamento dei lavoratori, in ragione della sola natura, pubblica o privata, dei datori di lavoro;
si registrano già pronunciamenti del TAR del Molise (ordinanze n. 96/2007 e 100/2007) che, accogliendo due ricorsi presentati da dipendenti pubblici, relativi a provvedimenti analoghi adottati dal medesimo ente previdenziale pubblico, ha sospeso i giudizi e trasmesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo «rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 2 e 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1-bis del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito con modificazioni nella legge 6 dicembre 2006, n. 290»;
secondo le argomentazioni del TAR del Molise, anche il citato articolo interpretativo continuerebbe ad essere affetto da ipotesi interpretative alternative, entrambe suscettibili di possibili censure costituzionali «sia ove interpretato nel senso di conferire solo ai datori di lavoro e ai lavoratori privati il diritto di beneficiare della sospensione dei contributi, sia ove inteso nel senso che ai soli datori di lavoro privati è concesso il beneficio di non versare la propria quota di contribuzione ai competenti Istituti previdenziali»;
dovere e interesse dello Stato è, senz'altro, garantire il giusto riconoscimento di provvidenze in favore delle popolazioni, degli operatori e delle istituzioni realmente colpite da eventi calamitosi, senza, tuttavia, produrre improprie e ingiustificate disparità di trattamento -:
quali siano le valutazioni con riferimento agli effetti della normativa indicata in premessa, alla luce delle iniziative assunte dagli enti previdenziali competenti;
se e come si ritenga di dover intervenire per ribadire che intenzione e obiettivo della citata norma non sia l'esclusione delle pubbliche amministrazioni e dei loro dipendenti dal beneficio in questione ma, piuttosto, la mera necessità di specificare il doppio requisito richiesto ai soggetti privati;
se e come si ritenga di dover intervenire per scongiurare le pesanti conseguenze finanziarie organizzative e gestionali per le amministrazioni locali interessate, già così fortemente penalizzate da eventi calamitosi, nonché l'ampliarsi di un contenzioso i cui primi pronunciamenti già sembrano profilare esiti non propizi per l'amministrazione statale.
(2-00547)
«Sereni, Bocci, Merloni, Vannucci».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
sulle pagine dei principali quotidiani nazionali del 24 maggio 2007, quali Il Sole 24 Ore, il Corriere della Sera ed Italia Oggi, è stato pubblicato un allarmante comunicato stampa con cui il Consiglio Nazionale dei Ragionieri Commercialisti ed il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti lamentano il crescente malcontento che pervade la società italiana, facendo eco alle rimostranze dei tanti contribuenti, operatori economici, professionisti di ogni orientamento politico «tutti d'accordo» - si legge nel comunicato - «nel denunciare uno stato di cose che non appare più sopportabile»;
le proteste traggono origine essenzialmente dalla «bulimica» ed indisciplinata produzione normativa degli ultimi periodi, i cui provvedimenti sono definiti dal suddetto comunicato «frettolosi e demagogici, tecnicamente sbagliati e controproducenti», rendendo necessari «correttivi su correttivi», con il risultato di creare una confusione normativa ed applicativa che non ha precedenti nel passato, né eguali in alcun altro Paese civile: Iva sugli immobili, nuove norme sulle società di comodo, rimborsi Iva sulle auto aziendali, elenchi clienti e fornitori, nuove disposizioni in tema di studi di settore ed altro ancora;
la situazione appare quantomai grave anche alla luce degli intendimenti delle categorie interessate, che minacciano di astenersi da qualsiasi ulteriore collaborazione «declinando, se del caso, incarichi per la trasmissione di dati e comunicazioni connesse alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi» (si veda il comunicato apparso sul Sole 24 Ore del 24 maggio a pagina 29);
le circostanze testè riportate si presentano particolarmente gravi, posto che i ragionieri e dottori commercialisti svolgono, per conto dello Stato, funzioni essenziali nella fase di trasmissione della dichiarazione e di pagamento delle imposte. Proprio alla luce di queste brevi considerazioni, si rileva come una prolungata, quanto ingiustificata inattività dell'Esecutivo, potrebbe avere effetti deleteri
sulla possibilità da parte dello Stato di raccogliere risorse, con conseguenti notevoli perdite di gettito -:
quali siano gli intendimenti del Governo al fine di risolvere tale incresciosa situazione;
se non si ritenga opportuno stabilire, quale primo necessario intervento volto a rasserenare gli animi di intermediari e contribuenti, un differimento, al 31 ottobre 2007, dei termini per presentare la dichiarazione riferita al periodo d'imposta 2006, anche in considerazione del fatto che le categorie interessate, avvertono che si asterranno «dall'effettuare impossibili tour de force nell'imminenza delle scadenze fiscali».
(2-00556)
«La Russa, Leo, Lamorte, Menia, Gasparri, Gianfranco Fini, Migliori, Moffa, Angela Napoli, Pedrizzi, Ronchi, Urso, Consolo».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la Regione autonoma della Sardegna ha reiterato, ad avviso degli interpellanti in forte contrasto con varie regole contabili e finanziarie, norme e disposizioni già impugnate dal governo nazionale relativamente all'istituzione di nuove tasse;
il Governo, nel precedente ricorso alla Corte costituzionale, ha sostanzialmente affermato l'incostituzionalità di qualsiasi nuova imposizione fiscale da parte delle Regioni, comprese quelle a statuto speciale, richiamando decisioni assunte dalla stessa Corte costituzionale in materia di sistema tributario con particolare riferimento alla mancata attuazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione;
il Governo e la Corte costituzionale non hanno nel frattempo modificato, con nuove disposizioni e decisioni, le proprie autonome precedenti determinazioni;
numerose sono le recenti imposizioni fiscali della Regione Autonoma della Sardegna;
il Consiglio regionale della Sardegna, con la legge regionale 11 maggio 2006, n. 4, recante «Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo» approvava
norme per l'imposizione fiscale relativamente all'imposta regionale sulle plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde case (articolo 2), all'imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico (articolo 3), all'imposta regionale su aeromobili ed unità da diporto (articolo 4);
il Governo, con decisione del Consiglio dei Ministri depositata in cancelleria il 14 luglio del 2006, ha disposto il ricorso per questione di legittimità costituzionale relativamente alle predette norme, deducendo la carenza di base costituzionale nello statuto regionale per inconferenza con la materia «turismo» nonché l'inammissibilità di una piena esplicazione della potestà normativa tributaria delle regioni in carenza della legge statale contenente i principi fondamentali sul coordinamento del sistema tributario;
con la successiva approvazione, intervenuta il 23 maggio 2007, della legge finanziaria regionale per il 2007, che ad oggi deve ancora essere pubblicata sul Bollettino ufficiale, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, ha introdotto delle modifiche alla sopra citata legge regionale 11 maggio 2006 n. 4, e in particolare agli articoli 2, 3 e 4, per i quali - come già detto - è già stata sollevata questione di legittimità costituzionale;
in particolare, l'articolo 2, comma 1, citato, è cosi sostituito: «È istituita l'imposta regionale sulle plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso delle unità immobiliari adibite ad uso abitativo, diverse dall'abitazione principale, così come definita dall'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, da parte del proprietario o del titolare di altro diritto reale sulle stesse, acquisite o costruite da più di cinque anni.», l'articolo
3, comma 1, è cosi sostituito: «È istituita l'imposta regionale sulle unità immobiliari destinate ad uso abitativo, non adibite ad abitazione principale, cosi come definita dall'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992, da parte del proprietario o del titolare di altro diritto reale sulle stesse, ubicate nel territorio regionale ad una distanza inferiore ai tre chilometri dalla linea di battigia marina.» e l'articolo 4, comma 1, è cosi sostituito: «A decorrere dall'anno 2006 è istituita l'imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto»;
con la legge di approvazione dell'esercizio provvisorio e la legge finanziaria regionale per il 2007, la Regione Sardegna ha altresi posto in essere un meccanismo finanziario che, a giudizio degli interpellanti, rischia di generare un grave dissesto finanziario ai danni della stessa Regione introducendo una disposizione di anticipazione di presunti crediti degli anni 2010-2013-2014-2015;
con la legge regionale 28 dicembre 2006, n. 21, recante: «Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l'anno 2007 e disposizioni per la chiusura dell'esercizio 2006», all'articolo 2, comma 7, si è disposto quanto segue: «Lo stanziamento iscritto in conto del capitolo 12106-01 (UPB E03.034) del bilancio per l'anno 2006 costituisce accertamento d'entrata a valere su quota parte del gettito delle compartecipazioni tributarie spettanti alla Regione in ragione di euro 500.000.000 per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.»;
in data 18 gennaio 2007 veniva presentata alla Camera dei deputati interrogazione a risposta scritta al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, con la quale gli interpellanti hanno dichiarato che la disposizione suddetta «risulta in netto contrasto con il principio di annualità del bilancio, sancito dall'articolo 81 della Costituzione, in quanto si provvede alla copertura della illegittima iscrizione di un residuo attivo con quote di competenza di futuri bilanci»;
sempre secondo la suddetta interrogazione, risultava confermata la violazione del principio di veridicità del bilancio, già riscontrabile in sede di approvazione del bilancio di previsione 2006, in quanto l'iscrizione delle somme non era supportata da alcun titolo, ed ancor più l'assenza di tale titolo era evidente in chiusura dell'esercizio;
nessuna risposta è stata fornita dal Governo a tale interrogazione;
lo stesso Governo non ha impugnato la disposizione in esame, invocando una fantomatica straordinarietà dell'operazione, riconoscendone sostanzialmente l'insostenibilità ma lasciandola passare a seguito di un accordo politico;
nella già citata legge finanziaria 2007, approvata il 23 maggio 2007, con quasi cinque mesi di ritardo rispetto ai termini di legge, unico caso nella storia autonomistica della Regione Sardegna, si reitera tale disposizione che diventa a questo punto «ordinaria», all'articolo 1, commi 1 e 2:
«1. L'Amministrazione regionale è autorizzata ad iscrivere nel proprio bilancio per l'anno 2007 lo stanziamento di euro 500.000.000, quale anticipazione di somme alla stessa assegnate a' termini dell'articolo 1, commi 834 e seguenti della legge 24 febbraio 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), provvedendo a compensare tale stanziamento con una minore iscrizione, di pari importo, nel bilancio per l'anno 2010. La citata somma è correlata alle iscrizioni di spesa, destinate a investimenti, elencate nella tabella E, allegata alla presente legge, ed è rideterminata, in sede di consuntivo, sulla base degli impegni assunti o delle conservazioni di spesa effettuate ai termini di legge e come tale costituisce residuo attivo. La quota non utilizzata costituisce minore entrata ed è portata ad incremento delle iscrizioni residue delle assegnazioni spettanti per
l'anno 2010. Restano confermate le regole recate dalla normativa che disciplina il Patto di stabilità interno.
2. Il disposto di cui all'articolo 2 della legge regionale 28 dicembre 2006, n. 21, deve intendersi quale operazione finanziaria straordinaria finalizzata alla copertura di una quota parte, pari a euro 1.500.000.000 del disavanzo di amministrazione di cui all'articolo 1, comma 4, della legge regionale 24 febbraio 2006 n. 1 (legge finanziaria 2006), conseguente alla modifica dell'articolo 8 dello Statuto speciale introdotta dall'articolo 1, comma 834 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.»;
al fine di conoscere la determinazione del governo relativamente alle imposizioni fiscali (tasse) introdotte reiteratamente da parte del Consiglio regionale della Sardegna si ritiene opportuno riproporre le seguenti argomentazioni che lo stesso Governo ha esplicitato nel ricorso alla Corte costituzionale:
«.... Della legge regionale non è indicata la base costituzionale. Si prenderanno, pertanto, in esame le possibili basi costituzionali, per poi verificare se la potestà legislativa, nella ipotesi della sua sussistenza, sia stata esercitata correttamente. Si dovrà, naturalmente, partire dallo Statuto regionale, precisamente dall'articolo 8, lettera i). Vi sono disciplinate le entrate della regione. Le prime sette, tra quelle elencate, sono derivate.
Dopo i canoni per le concessioni idroelettriche, nella lettera i), sono indicate le «imposte e tasse sul turismo e gli altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato».
L'attribuzione, dunque, è duplice: diretta, per le imposte e tasse sul turismo; indiretta per gli altri tributi, in quanto presuppone che la regione abbia la facoltà di istituirli, facoltà che non viene attribuita direttamente dalla norma statutaria, ma che deve trovare la sua fonte in norme apposite.
Se poi nell'articolo 8, lettera i) si dovesse vedere l'attribuzione diretta di potestà amministrativa anche per altre imposte, sarebbero violati i principi del sistema tributario dello Stato, come si vedrà in seguito.
Sono richiamate anche le tasse sul turismo, insieme alle imposte.
Dalla formulazione si ricava che il potere impositivo della regione investe i servizi turistici, vale a dire quelle prestazioni in favore del turista durante la sua permanenza nella regione.
Se ne ha una conferma nelle norme corrispondenti di altri Statuti speciali, quale, ad esempio, quello della Regione Trentino-Alto Adige, nel quale (articolo 72) l'imposta analoga è indicata come «di soggiorno, cura e turismo».
A questa imposta, in linea di principio, sono soggetti anche i residenti in regione quando assumono la veste di turisti, quando, ad esempio, passano le loro vacanze in una struttura turistica fuori del comune di residenza.
L'articolo 8 dello Statuto non può, pertanto, rappresentare la base costituzionale di nessuna delle norme impugnate perché nessuna di esse, come si vedrà in seguito, è riconducibile al turismo, secondo la nozione tradizionale in campo tributario.
Per comodità espositiva gli articoli 2 e 3 saranno esaminati separatamente dall'articolo 4.
Articolo 2. - Sono colpite le plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde case. La plusvalenza (articolo 2.5) è costituita dalla differenza tra il prezzo o il corrispettivo di cessione ed il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, con le altre detrazioni che vi sono indicate.
L'imposta è dovuta solo per i fabbricati situati entro tre chilometri dalla linea di battigia, destinati ad abitazione. Soggetto passivo è l'alienante a titolo oneroso avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale o avente domicilio fiscale in Sardegna da meno di ventiquattro mesi.
Sono previste alcune esclusioni (non si tratta di esenzioni, ma di esclusioni, nel senso che si è fuori dalla sfera impositiva per l'assenza del presupposto), sia di natura oggettiva (fondata sulla ubicazione
dei fabbricati oltre i tre chilometri dalla costa o per la loro utilizzazione, in quanto adibiti ad uso diverso dall'abitazione o ad abitazione del cedente o del coniuge per la maggiore parte del periodo intercorso tra l'acquisto, o la costruzione, e la cessione), sia di natura soggettiva, per la qualità del cedente (i nati in Sardegna e i rispettivi coniugi).
Come si vede, non c'è nessun rapporto con il turismo.
L'imposta colpisce quelle che sono indicate come seconde case, anche se non sono state mai utilizzate e se il proprietario non ha mai passato le sue vacanze in Sardegna.
La mancanza di rapporto con il turismo non potrebbe essere più evidente.
L'imposta, secondo le distinzioni tradizionali, è diretta perché colpisce un valore capitale e non un consumo.
È anche reale, perché colpisce la cosa, senza dare rilievo alla posizione personale del contribuente. È bene prevenire un possibile equivoco.
La condizione personale del soggetto è rilevante solo per l'individuazione delle sfera impositiva, vale a dire per accertare quando l'imposta è applicabile.
Una volta individuata questa sfera, la posizione personale non ha nessun rilievo nella liquidazione dell'imposta.
Da qui la sua realtà.
Per questi suoi caratteri l'imposta non può sicuramente essere considerata sul turismo.
Si è presa in considerazione solo l'ipotesi prevista nella lettera a) del comma. Per quella sotto la lettera b) le questioni si propongono in termini analoghi.
Dalla lettera b) si desume che soggetti all'imposta sono i titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui fabbricati (si deve intendere, di godimento) non, dunque, chi ne ha solo il possesso (se ne trova la conferma nel comma 8, secondo il quale il debito sorge alla data dell'atto di cessione).
Articolo 3. - L'imposta è sulle seconde case ad uso turistico. I fabbricati ai quali l'imposta si riferisce ed i soggetti sono gli stessi dell'articolo 2.
Sul presupposto la legge è un po' equivoca: al comma 2 indica il possesso dei fabbricati; al comma 3 indica come soggetti il proprietario o il titolare di diritto reale sugli stessi di usufrutto, uso abitazione. Non è chiaro chi dovrebbe pagare l'imposta nel caso in cui possessore sia chi non è titolare del diritto corrispondente.
La questione, peraltro, può essere trascurata.
L'imposta è annuale, commisurata alle dimensioni del fabbricato; colpisce, dunque, il valore di godimento dell'immobile. L'imposta ha, pertanto, dal punto di vista che ora interessa, caratteri analoghi a quella sulle plusvalenze. Anche essa non può essere ricondotta tra le imposte sul turismo.
Per entrambe la base costituzionale non può essere trovata nell'articolo 8, lettera i), dello Statuto regionale. La base costituzionale non può, peraltro, essere trovata nemmeno negli articoli 117 e 119 della Costituzione, in relazione all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
In caso contrario, la potestà legislativa sarebbe riconosciuta a tutte le regioni a statuto ordinario, con incidenza corrispondente sul sistema tributario nazionale.
La Corte costituzionale ha da tempo messo in evidenza, e in più di un'occasione, che per l'attuazione del disegno costituzionale delineato nell'articolo 119 è necessario l'intervento integrativo del legislatore statale, anche per la definizione di una disciplina transitoria, che consenta il passaggio ordinato dal sistema attuale al nuovo sistema (in particolare sentenze n. 7 e n. 241 del 2004).
La Corte costituzionale, in particolare, ha rilevato come, al contrario di quanto si verifica in altre sfere normative, i principi fondamentali per una legislazione tributaria regionale siano oggi assenti «perché "incorporati" per così dire, in un sistema di tributi sostanzialmente governati dallo Stato» (sent. n. 37 del 2004).
In altre parole, non si possono desumere i principi fondamentali per un sistema tributario nuovo dalle leggi del sistema precedente, fondato su principi del tutto diversi. Da ciò consegue - sono
sempre parole della Corte costituzionale - che «non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale».
Le norme impugnate sono costituzionalmente illegittime anche da altri punti di vista subordinati, vale a dire anche se si ritenesse che, ai sensi dell'articolo 1.3 della legge n. 131 del 2003, si potessero desumere i principi fondamentali sul coordinamento del sistema tributario dalla legislazione tuttora in vigore. Andrebbero, pertanto, identificati questi principi per verificare se la normativa regionale vi si sia adeguata.
Le plusvalenze immobiliari per la cessione di immobili a titolo oneroso sono già colpite dall'imposta statale (articolo 67.1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.
In mancanza di una norma statale che lo consenta, la regione può colpire la stessa materia già tassata dallo Stato in base ad una sua legge?
Sorge una questione di doppia imposizione, da risolversi ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione.
Come codesta Corte ha già chiarito da tempo, nell'articolo 53 della Costituzione. trova applicazione nel settore tributario il principio di uguaglianza, sancito dall'articolo 3. La domanda da porsi è, pertanto, se, una volta individuata una certa situazione come indice ragionevole di capacità contributiva, siano applicabili contemporaneamente più imposte, introdotte da più enti impositori, tra quelli indicati nell'articolo 119 della Costituzione.
In parole diverse: lo stesso indice di capacità contributiva può giustificare la sovrapposizione di più imposte? La risposta dovrebbe essere negativa. Nell'ordinamento statale, come è stato strutturato sino ad oggi, ogni imposta ha avuto un suo presupposto autonomo.
Tra due o più presupposti possono essere riscontrabili connessioni o vicinanze più o meno accentuate, ma le imposte hanno sempre colpito materie tassabili diverse. Questa distinzione, pertanto, deve ritenersi, già di per sé, un principio generale, dal quale la legislazione regionale si è, invece, discostata.
Nei casi che si stanno esaminando la questione assume aspetti ancora più preoccupanti. Sugli stessi fabbricati verrebbero ad incidere una serie di imposte: l'imposta statale, già richiamata, e quella regionale prevista nell'articolo 2 impugnato, che colpiscono entrambe lo stesso valore capitale; ma anche l'ICI comunale e l'imposta regionale introdotta con l'articolo 3 che colpiscono il valore di godimento.
Quattro imposte finirebbero col gravare sullo stesso bene, anche se preso in considerazione da due diversi punti di vista economici.
In caso di risposta affermativa, potrebbe prospettarsi la eventualità che intervenga successivamente anche un'imposta provinciale.
Una situazione del genere finirebbe con il pregiudicare anche le possibilità di politica economica dello Stato, della quale uno degli strumenti principali e' quello tributario.
Se questo primo ostacolo costituzionale fosse ritenuto superabile, se ne presenterebbe un altro. Ai sensi dell'articolo 67.1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 le plusvalenze immobiliari sono tassabili a condizione che la cessione intervenga a non più di cinque anni dall'acquisto o dalla costruzione, esclusi gli immobili acquistati per successione o donazione e gli altri casi che vi sono indicati.
Considerazioni analoghe valgono per l'imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico (articolo 3 della legge regionale).
L'imposta è determinata in base alla superficie del fabbricato, senza tenere conto del loro valore. Poiché l'imposta grava su tutti i fabbricati situati entro tre chilometri dalla linea di battigia marina, ad un immobile di pregio elevato, situato in zona amena in prima linea di fronte al mare, viene ad essere applicata la stessa imposta alla quale è soggetto un altro, di pari estensione, di qualità inferiore, situato
in una zona non felice, privo della vista e di accesso agevole al mare, pur avendo valori di godimento non comparabili.
La tassazione in base ai valori catastali, come avviene per l'imposta statale e per l'ICI, andrebbe comunque considerata come principio fondamentale in quanto consente di colpire valori medi, determinati per zone omogenee in rapporto analogo con i valori di mercato e, in ogni caso, variabili a secondo del pregio degli immobili.
Le due norme tributarie regionali non sono nemmeno in coerenza tra di loro.
L'imposta sulle plusvalenze (articolo 2) è legata ai valori di mercato; quella sulle seconde case, ad un giudizio estimativo aprioristico e rigido della regione, del tutto svincolato dai valori correnti determinati in base al criterio catastale, che sembra condizionato solo dalle sue esigenze finanziarie.
È un dato di esperienza ricorrente che mano a mano che ci si allontana dalla spiaggia i vincoli urbanistici diventano meno rigidi ed i fabbricati aumentano in altezza.
Non è facile, pertanto, giustificare perché per una villa con vista ed accesso diretti sul mare, in mezzo al verde, in posizione sopraelevata, di 100 metri quadrati, sia dovuta un'imposta minore di quella per un appartamento di 105 metri quadrati, situato in un fabbricato a tre chilometri dalla spiaggia, al piano terra ed in una zona senza vista.
Una imposta del genere, inoltre, legata come è al godimento dell'immobile, piuttosto che alla regione dovrebbe essere eventualmente lasciata all'Ente locale che deve fornire i servizi.
Sui profili di illegittimità costituzionale delle singole norme ci si è soffermati anche se si confida che non saranno rilevanti per la ragione che le regioni non possono assumere iniziative in materia tributaria prima che intervenga quella legislazione statale che codesta Corte ha già dichiarato indispensabile.
Le norme impugnate risultano illegittime anche ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione.
Questo motivo di illegittimità costituzionale non è collegato alla base costituzionale che le norme hanno nel diritto interno. Andrebbe rilevato anche se codesta Corte ritenesse che trovino fondamento nello Statuto regionale.
Articolo 4 - L'imposta è definita come imposta regionale sugli aeromobili e le unità da diporto.
Il presupposto non corrisponde alla definizione. E dovuta, infatti, per lo scalo negli aerodromi del territorio regionale e per lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale delle unità da diporto.
Ne sono soggetti la persona fisica o giuridica avente domicilio fiscale fuori del territorio regionale che assume l'esercizio dell'aeromobile o dell'unità da diporto.
Che l'imposta non attenga al bene, ma all'operazione di scalo è confermato nel comma 4, ai sensi del quale per gli aeromobili l'imposta è dovuta per ogni scalo, mentre sulle imbarcazioni da diporto è dovuta annualmente.
Anche questa imposta non può essere considerata sul turismo perché la ragione dello scalo è del tutto irrilevante cosicché sarà dovuta anche se il viaggio sia fatto per ragione di affari. La sua base costituzionale non può essere trovata, pertanto, nell'articolo 8 dello Statuto per le ragioni già esposte.
Per come è strutturata, la definizione come imposta viene ad essere impropria.
Ammesso che possa rientrare tra le prestazioni imposte, previste nell'articolo 24 della Costituzione, si presenterebbe piuttosto come tassa. Per i soggetti non sembra necessario integrare quanto si è già detto: decisivo è il domicilio fiscale.
Le società che hanno la loro sede in Sardegna e coloro che vi risiedono sono esclusi.
Il fatto che non siano presi in considerazione i nati in Sardegna dipende, presumibilmente, dalle difficoltà applicative che ne sarebbero derivate.
Per rendere più agevole l'esposizione, degli aeromobili e delle unità da diporto si tratterà separatamente.
Gli aeromobili, come noto, costituiscono uno degli indici, e tra i più significativi, del reddito dei soggetti che ne giustificano l'accertamento (articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973).
Il loro possesso, pertanto, è indice di reddito. Per diventare materia tassabile dovrebbero esser presi in considerazione in quanto tali.
L'imposta regionale si applica, invece, solo per il loro scalo all'interno del territorio sardo quindi, si deve presumere, per il fatto che vengono utilizzati gli impianti degli aerodromi. Se ne ha una conferma nel fatto che se l'aeromobile non atterra negli aeroporti sardi nessuna imposta è dovuta e che, ai sensi del comma 4, l'imposta va commisurata alle capacità di trasporto ed è dovuta per ogni scalo.
Un' imposta (o, meglio, tassa) di questo genere dovrebbe essere in favore di chi ha a carico l'onere di manutenzione e gestione degli impianti aeroportuali, che vengono utilizzati nello scalo.
Questi soggetti, peraltro, hanno già la possibilità di rifarsi su chi esercita l'aeromobile attraverso il pagamento dei diritti aeroportuali, o diritto per l'uso degli aeroporti (legge n. 324 del 1976).
Anche in questo caso si è di fronte ad una duplicazione di imposta di tutta evidenza. In pratica la regione, non potendo tassare direttamente il bene, si è voluta riservare un'imposta prendendo come presupposto un'operazione per la quale l'operatore già deve effettuare un pagamento remunerativo dei servizi che utilizza, servizi che, è utile richiamarlo, vengono resi secondo criteri imprenditoriali di mercato, quindi con margine di utile.
Una volta che anche per questa imposta fossero superate le difficoltà costituzionali che derivano dalla mancata attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, ci si dovrebbe domandare se, così come è concepita, sia conforme ai principi fondamentali del sistema tributario, ammesso che questi siano effettivamente rilevabili.
Presupposto di imposta non è la proprietà o il possesso del bene, ma solo l'utilizzo di impianti situati all'interno della regione, utilizzazione per la quale il soggetto già paga un corrispettivo che ne copre integralmente il costo.
La domanda da porsi sarebbe questa: se costituisca capacità contributiva, ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione, lo svolgimento di un'operazione per la quale, comunque lo si voglia definire, si paga un prezzo che copre il costo del servizio reso, con margine di utile.
La risposta non potrà essere che negativa.
Oggetto possibile di imposta potrebbe essere, a tutto concedere, il bene di per sé, in quanto, ad esempio, considerato di lusso, ma in questo caso l'imposta dovrebbe essere a carico di tutti, anche di quelli che hanno il domicilio fiscale nella regione, perché quel carattere non ha nessun condizionamento territoriale.
L'utilizzazione del mezzo non può costituire indice di capacità contributiva aggiuntiva perché è contro ogni principio di ragionevolezza l'ipotesi che venga acquistato un aeromobile per non utilizzarlo.
Se nella utilizzazione si usufruisce di servizi, o si applica una tassa o si prevedono dei prezzi determinati con criteri di mercato. È contro ogni principio che possano essere previsti entrambi. Argomenti analoghi valgono per le imbarcazioni da diporto. Per esse l'imposta è dovuta annualmente (comma 4). Questo significa che basta fare scalo in Sardegna una sola volta per pagare l'intera imposta, valida si per tutto l'anno, ma dovuta per l'intero anche se lo scalo dura una sola notte.
L'effetto è che, più si utilizzano le strutture portuali, minore, proporzionalmente è l'onere dell'imposta che, in questo modo, viene ad avere carattere regressivo.
La tariffa è poi articolata in modo tale che passando da una lunghezza di m. 19,99 a 20 l'imposta viene maggiorata di mille euro, da m. 23,99 a 24 di duemila, da 29,99 a 30 di cinquemila.
Il carattere regressivo dell'imposta trova la sua migliore espressione nel comma 5 dell'articolo 4 per il quale non
sono soggette all'imposta le unità da diporto che sostano tutto l'anno nelle strutture portuali regionali.
In altre parole, l'imposta non è dovuta da chi utilizza al massimo le strutture portuali. L'imposta, più che a colpire una capacità contributiva, sembra rivolta a penalizzare chi utilizza i porti sardi solo saltuariamente.
La norma è, peraltro, illegittima anche da un diverso punto di vista. L'articolo 4.2 lettera b) prende in considerazione lo scalo, oltre che nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio. Salvo che codesta Corte non ne fissi una interpretazione diversa, stando alla sua formulazione, è considerato imponibile lo scalo anche se effettuato in zona non attrezzata, in uno specchio di mare ridossato, dove l'ormeggio sia effettuato a terra, utilizzando la struttura naturale della spiaggia.
Il mare non è bene della regione ed è soggetto solo al potere statale entro i limiti del mare territoriale.
La regione, pertanto, avrebbe individuato come presupposto di imposta l'utilizzo di un bene naturale, sul quale non può esercitare poteri, che di per se non è indice di nessuna specifica capacità contributiva, senza che siano in qualsiasi modo interessate opere dell'uomo, tanto meno eseguite dalla regione stessa, il cui uso possa comportare il pagamento di una tassa.
I criteri seguiti dalle nome regionali impugnate sono contrari ai principi ai quali si ispira il sistema tributario attuale.
Di conseguenza verrebbero a risultare costituzionalmente illegittime anche se se ne volesse vedere la base nell'articolo 8, lettera i) dello Statuto, che impone il rispetto dei principi del sistema tributario dello Stato.
Si è già visto, peraltro, come lo Statuto regionale non sia un valido supporto delle norme e come non possano esserlo gli articoli 117 e 119 della Costituzione, attraverso l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001: perché la regione non poteva istituire imposte proprie prima che le leggi statali dessero attuazione all'articolo 119 e perché, in ogni caso, avrebbe dovuto rispettare i principi fondamentali desumibili dall'ordinamento tributario.
Le norme impugnate, infine, anche a volerle esaminare di per sé, indipendentemente dalla base costituzionale, hanno dato all'imposta una struttura del tutto irragionevole»;
se, considerate le questioni di carattere generale vale a dire: la costituzionalità delle norme in materia di regime fiscale e il rispetto del principio di veridicità del bilancio, il Governo non intenda ricorrere alla Corte costituzionale al fine di scongiurare ciò che gli interpellanti paventano, ovvero una palese violazione costituzionale in materia fiscale, un dissesto economico finanziario conseguente per la Regione Sardegna, il rischio di una degenerazione di atti straordinari e discrezionali circa la
veridicità del bilancio in tutte le regioni italiane, anche al fine di evitare che le procedure di impegno di risorse a valere su esercizi finanziari non programmati e non verificabili possa estendersi anche ad altre regioni con grave nocumento delle regole costituzionali sulla veridicità e attendibilità dei bilanci pubblici -:
quale sia l'orientamento del Governo relativamente alle imposizioni fiscali (tasse) introdotte reiteratamente da parte del Consiglio regionale della Sardegna, anche alla luce delle argomentazioni che lo stesso governo aveva esplicitato nel ricorso alla Corte costituzionale e che gli interpellanti richiamano, anche atteso che niente è stato sostanzialmente modificato ai fini della legittimità costituzionale nella reiterata imposizione fiscale della Regione Autonoma della Sardegna approvata con la legge finanziaria del 18 maggio 2007;
se non ritenga di dover rivedere la propria posizione sulla «straordinarietà» di simili impegni di spesa che generano fittizie disponibilità di risorse a scapito degli esercizi finanziari futuri;
se, in particolare, il governo non intenda anticipare i termini per il ricorso alla Corte costituzionale al fine di evitare
ulteriori danni derivanti dalla possibile attivazioni di tali disposizioni di legge.
(2-00562)
«Pili, Murgia, Oppi, Cossiga, Testoni, Porcu, Mereu, Licastro Scardino, Marinello, Palumbo, Carlucci, Napoli Osvaldo, Di Virgilio, Carfagna, Biancofiore, Bertolini, Santelli, Paoletti Tangheroni, Aprea, Mistrello Destro, Mazzaracchio, Bocciardo, Baiamonte, Romagnoli, Fedele, Caligiuri, Simeoni, Tortoli, Gardini, Pini, Adolfo, Fava, Lenna, Dionisi, Barbieri, Iannarilli, Tondo, Aracu, Giuseppe Fini, Misuraca, Pelino, Laurini, Minardo, Fitto, Paniz, Giacomoni».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nei primi giorni di maggio, un gruppo di parlamentari europei, nazionali e regionali eletti in Sicilia ha inviato al Ministro dell'interno e a diversi altri rappresentanti istituzionali responsabili dell'ordine pubblico una nota nella quale venivano espressi timori circa l'andamento della campagna elettorale per l'elezione del Sindaco ed il rinnovo del Consiglio comunale di Palermo, paventando il rischio che diversi episodi in atto potessero minare il corretto svolgimento del processo elettorale democratico e libero;
nella stessa nota venivano paventati i rischi che nel corso del voto fossero messe in atto forme di controllo e condizionamento della libertà degli elettori attraverso l'utilizzo di telefonini dotati di fotocamera, attraverso la «disponibilità» di accompagnatori ai seggi (per i portatori di handicap e gli analfabeti inabili ad esprimere autonomamente il voto), attraverso forme di pressione psicologica e/o economica concretizzatesi sotto la forma del presidio dei seggi da parte dei candidati e/o attraverso la distribuzione e la promessa distribuzione di benefit economici e presunte assunzioni lavorative successive alle elezioni;
secondo gli interpellanti i timori paventati nella missiva si sono purtroppo concretizzati nelle ore antecedenti, durante e dopo il voto attraverso diverse forme, aggravate da una elevatissima quantità di irregolarità e «anomalie» nella gestione del procedimento elettorale da parte dell'amministrazione comunale e dell'ufficio elettorale comunale, guidato dal dottor Renato Di Matteo;
tali irregolarità ed anomalie, facilmente desumibili da notizie di stampa circa interventi della DIGOS nelle ore antecedenti il voto e durante le operazioni di voto e scrutinio e da notizie di stampa circa denunce formulate da candidati di tutti gli schieramenti, possono essere sommariamente riassunte in tre categorie: quelle avvenute prima, quelle avvenute durante e quelle avvenute dopo le operazioni di voto e scrutinio;
1) alle «anomalie» avvenute PRIMA delle operazioni sono ascrivibili i fatti:
a) che in numerosi casi, le schede sarebbero state vidimate e contate dai soli Presidenti in assenza degli scrutatori prima dell'insediamento dei seggi; in particolare risulta che i Presidenti sarebbero stati convocati dagli Uffici comunali presso i seggi per la consegna del materiale elettorale alle ore 18 di sabato 12 maggio, mentre gli scrutatori sarebbero stati convocati per domenica 13 maggio alle ore 6; un intervento della DIGOS ha accertato che alcuni Presidenti stavano procedendo in assoluta solitudine alla conta e alla timbratura delle schede, ma, come si dirà in seguito, gli interventi della DIGOS sono stati limitati dall'esigua dotazione di personale e mezzi riservata all'Ufficio nelle ore antecedenti, durante e dopo le operazioni di voto; non è stato quindi possibile eseguire un controllo capillare di quanto avvenuto nei seggi prima del loro formale insediamento; tale circostanza getta una luce oscura sul fatto che dai verbali risulterebbe che al momento dell'insediamento dei seggi la domenica mattina, i
plichi di schede risultavano aperti in molte sezioni e nella quasi totalità di tali casi da una a 100 schede risultavano mancanti;
b) una scheda elettorale originale, priva di vidimazione, era stata rinvenuta «smarrita» per strada nel centro storico della città proprio nella giornata di sabato;
2) alle anomalie avvenute DURANTE il voto, possono essere certamente ascritti i seguenti fatti:
a) schede regolarmente vidimate e non votate sarebbero state rinvenute al di fuori dei seggi, sia all'interno che all'esterno dei plessi scolastici, secondo quanto riportato dalla stampa circa interventi della DIGOS eseguiti durante le operazioni di voto;
b) in alcune sezioni sono stati rinvenuti nell'urna e regolarmente spogliati «pacchetti» anche di 160 schede che risulterebbero tutte votate dalla stessa mano e con la stessa grafia, in favore del medesimo candidato, e per di più con matite non corrispondenti a quelle copiative in dotazione ai seggi; tali pacchetti avrebbero sempre una corrispondenza fra un candidato al Consiglio Comunale e un candidato alla Circoscrizione;
c) lì dove tali massicce presenze di schede anomale sono state notate, è stato anche evidenziato come le stesse siano state estratte dalle urne in modo consequenziale;
d) nelle prime ore del mattino di domenica si è registrata una formale elevatissima affluenza di elettori che non appare sia stata corrispondente ad un effettivo sovraffollamento dei seggi; in moltissimi casi però gli elettori presentatisi nel prosieguo della giornata hanno constatato che accanto al proprio nominativo riportato negli elenchi delle sezioni risultava annotato un documento di identità, come se qualcuno avesse già votato in loro vece; ciò è accaduto persino a candidati che non hanno ovviamente esitato dal segnalare il fatto alle competenti autorità perché sia accertato l'eventuale utilizzo di documenti contraffatti (a tal proposito giova ricordare che nei mesi scorsi l'Ufficio Anagrafe del Comune di Palermo, retto dallo stesso dirigente dell'Ufficio elettorale, aveva denunciato il furto in blocco di centinaia di carte di identità in bianco);
e) in diversi seggi vi è stato un abnorme afflusso di sedicenti analfabeti e/o portatori di handicap che richiedevano l'assistenza sempre dello stesso accompagnatore; in alcuni casi si è giunti all'incredibile percentuale del 20 per cento degli aventi diritto (con un incremento percentuale, in quei seggi, del 800 per cento del numero di analfabeti rispetto alle precedenti consultazioni regionali del 2006); ancora più grave appare il fatto che spesso tale dichiarazione di presunto analfabetismo o handicap sarebbe stata accettata dai Presidenti (autorizzando quindi l'accompagnamento dell'elettore in cabina) senza richiedere la prescritta documentazione di legge;
f) analogamente, altissimo sarebbe il numero di elettori ammessi al voto ancorché privi di documento di identità, che sarebbero stati ammessi non già per «conoscenza personale» del Presidente, come reso possibile dalla legge, ma per «conoscenza personale» di altri elettori precedentemente identificati al seggio;
g) centinaia di ciechi sarebbero stati accompagnati ai seggi da un esiguo gruppo di «volontari» ciò sarebbe avvenuto nonostante la normativa vigente permetta ad un singolo accompagnatore di assistere al voto non più di un elettore per ogni singola tornata elettorale; la «disponibilità» di tale «servizio» era stata comunicata ai circa 3.000 ciechi di Palermo direttamente con una missiva apposita;
h) per tutte le ore delle operazioni di voto, tutti i plessi scolastici della città sono stati letteralmente «presidiati» dai candidati e da loro «galoppini» che in alcuni casi procedevano a svolgere attività di propaganda all'ingresso delle scuole e che in alcuni casi, soprattutto in alcuni quartieri periferici e in alcune borgate, avevano predisposto auto e moto lungo le
strade di accesso alle scuole, tanto da determinare la creazione di "passaggi obbligati" per gli elettori che si recavano ai seggi;
i) tali anomale situazioni sono state sempre segnalate alle forze dell'ordine presenti all'interno dei seggi che hanno quasi sempre obiettato (in modo formalmente ineccepibile) la propria non competenza ad agire per fatti che avvenivano all'esterno dei seggi; le conseguenti segnalazioni alla DIGOS e al 113 hanno trovato raramente soddisfazione perché, come è stato riferito dagli stessi operatori della Questura, l'Ufficio aveva in dotazione una sola vettura destinata al controllo di tutti i plessi scolastici (circa 130 dislocati in tutta la città!);
l) tutti i servizi giornalistici riportati sulla stampa locale e nazionale del 15 maggio hanno sottolineato come gli ingressi delle scuole fossero letteralmente inondati da materiale di propaganda elettorale distribuito e a volte lanciato dai candidati senza che alcun provvedimento fosse assunto da chi di competenza e che altro materiale di propaganda è stato rinvenuto persino all'interno delle cabine di voto;
m) la stampa ha riportato la notizia di diversi elettori che sarebbero stati sorpresi all'interno delle cabine di voto intenti a fotografare la propria scheda con telefonini dotati di fotocamera; alle ovvie richieste di chiarimenti, gli elettori avrebbero risposto di «dover dimostrare il proprio voto» a coloro che lo avevano sollecitato;
3) alle anomalie avvenute DOPO il voto possono essere ascritti i seguenti casi:
a) sembrerebbe che la delicata operazione di trasmissione dei plichi sigillati e dei verbali di spoglio provenienti dalle singole sezioni ed indirizzati all'ufficio elettorale del Comune sia stata caratterizzata dalla mancata identificazione dei soggetti che consegnavano il materiale elettorale e dall'assoluta incertezza su chi sia stato effettivamente delegato a compiere la consegna; è evidente, in tal caso, che chiunque, nel tragitto dalla Sezione al Comune, si potrebbe essere intromesso nell'operazione di consegna, che deve essere accompagnata dalla presentazione di una apposita delega, laddove soggetto consegnatario non sia il Presidente di seggio (che comunque, a sua volta, deve dimostrare la propria identità); a conferma di ciò, vi sono le dichiarazioni rese da alcuni scrutatori circa la mancata identificazione di chi procedeva alla consegna dei plichi e le riprese video eseguite da una troupe televisiva che ha dimostrato come chiunque potesse depositare verbali originali o presunti tali presso la sede del Comune; inoltre, da un primo sommario esame dei verbali delle singole sezioni, si evince che spesso i plichi sono stati affidati dai Presidenti di seggio, per la consegna al Comune, a persone che non facevano parte del seggio e, addirittura nella maggioranza dei casi, non è nemmeno indicato chi sia stato incaricato della consegna dei plichi;
b) la mancata identificazione dei consegnatari, sia al momento della partenza dai seggi che al momento dell'arrivo presso la Casa comunale, rende concreta la possibilità di alterazione e/o sostituzione del materiale elettorale ed offre una chiave di lettura delle numerose cancellature, abrasioni, modificazioni con bianchetto ed incompletezze (talora gravissime), che caratterizzano molti verbali presumibilmente provenienti dai seggi, nonché della circostanza che tra i dati comunicati dai rappresentanti di lista e quelli ufficializzati dal Comune risultano macroscopiche diminuzioni in danno del candidato Leoluca Orlando e macroscopici aumenti in favore del candidato Diego Cammarata; un esame accurato dei dati riferiti a sole 80 sezioni su 600 ha evidenziato «correzioni» dei dati per circa 2.000 voti in favore del candidato Cammarata; tali correzioni corrispondono nella stragrande maggioranza dei casi proprio a quei verbali nei quali sono evidenti delle modifiche e alterazioni successive alla loro chiusura;
c) tale esame ha per altro evidenziato come in tali sezioni «anomale» vi sia una altrettanto anomala (se raffrontata a quella delle altre sezioni degli stessi plessi o quartieri) esiguità delle schede bianche e nulle;
d) risulterebbero del tutto mancanti i verbali di alcune sezioni, tanto per le elezioni del Sindaco e del Consiglio che per la elezione dei Consigli Circoscrizionali;
e) in alcuni verbali conclusivi delle operazioni di voto risultano mancanti i nomi di alcuni candidati e quindi i voti riportati dagli stessi candidati, con l'impossibilità pertanto di determinare i voti complessivi di alcune liste e di conseguenza quelli del Sindaco collegato;
f) per quanto appreso dagli organi di stampa, numerosi candidati di entrambi gli schieramenti hanno dichiarato di non aver rinvenuto nelle sezioni in cui avevano votato neppure il proprio voto personale o quello dei loro coniugi, adombrando pesantissimi sospetti su quanto avvenuto all'interno dei seggi e attorno alle urne durante il voto e durante lo scrutinio;
g) una candidata della lista di Forza Italia ha rilasciato alla stampa la seguente dichiarazione: «A guardare i primi verbali ho già riscontrato tante correzioni sospette, alcuni documenti sono di difficile, quasi impossibile lettura. Con pazienza analizzerò i documenti di tutte e 600 le sezioni, perché i punti oscuri sono davvero troppi»;
h) numerosi rappresentanti di lista hanno segnalato che durante lo spoglio alcuni Presidenti hanno permesso ad estranei forniti di matita copiativa di toccare le schede, così come hanno denunciato diversi tentativi operati da alcuni Presidenti di procedere all'allontanamento di tutti i rappresentanti di lista dalle aule in cui avveniva lo scrutinio;
i) da parte di alcuni rappresentanti di lista è stato fatto notare come in una scuola si siano verificati per tutta la notte fra il 14 e il 15 maggio continui black-out anche di 10 minuti consecutivi, durante i quali la scuola rimaneva del tutto immersa nel buio e chiunque avrebbe potuto avvicinarsi alle schede votate, in quei momenti disposte sui banchi;
l) risulta dai verbali che alcuni Presidenti hanno mostrato durante tutte le operazioni di scrutinio una evidente propensione a tutelare gli interessi di un candidato Sindaco, arrivando persino ad assegnare allo stesso come voti validi quelli rappresentati da schede sulle quali, accanto al nome del candidato, erano scritte parole offensive che in questa sede si ritiene opportuno non riportare;
m) secondo quanto riportato da numerosissimi rappresentanti di lista, moltissimi Presidenti si sarebbero rifiutati di verbalizzare la contestazione delle schede e, in alcuni casi, avrebbero addirittura pretesto che i rappresentanti di lista lasciassero i seggi prima di dare inizio alle operazioni di scrutinio;
n) durante le operazioni di scrutinio, diversi rappresentanti di lista hanno denunciato atteggiamenti se non addirittura atti intimidatori ai loro danni, sia da parte di componenti di seggio che da parte di altri rappresentanti di lista; ancora una volta, alle numerose richieste di intervento rivolte alla DIGOS, è stato risposto che l'indisponibilità di uomini e mezzi impediva ogni azione;
o) nonostante vi siano numerosi verbali mancanti, manomessi, alterati o bianchi nella parte riguardante il riporto dei voti per il Consiglio Comunale (che, come è noto, ha un ruolo determinante per l'assegnazione dei voti ai candidati sindaci collegati alle liste), per un totale di circa 100 verbali pari a non meno di 65.000 voti validi e nonostante vi siano, per i motivi già espressi, parecchi dubbi circa la rispondenza dei verbali ai fatti realmente avvenuti nei seggi, si è proceduto alla proclamazione del Sindaco e si sta procedendo alle successive operazioni propedeutiche alla proclamazione dei Consiglieri Comunali;
p) un candidato al Consiglio comunale risultato fra i potenziali eletti ha denunciato pubblicamente che nei giorni immediatamente successivi al voto presso gli sportelli della Banca d'Italia si sarebbero presentate centinaia di persone chiedendo di poter cambiare banconote tagliate in due in modo netto; sembrerebbe che tale «flusso» sia di circa 20 volte superiore a quello registrato mediamente ogni mese; tale circostanza adombra il sospetto che vi siano state non solo forme di «acquisto del voto» (già di per sé un reato), ma anche forme di controllo dello stesso attraverso il ricatto della mancata consegna della seconda metà della banconota -:
quali provvedimenti siano stati adottati a seguito della missiva inviata al Ministro dell'interno dai parlamentari eletti in Sicilia all'inizio di maggio circa il rischio di inquinamento e condizionamento del voto per l'elezione del Sindaco ed il rinnovo del Consiglio comunale di Palermo;
quali urgentissimi provvedimenti il Governo intenda assumere alla luce dei fatti descritti in premessa che hanno determinato un clima di forte turbamento sociale e dell'Ordine pubblico a Palermo dimostrato dal fatto che centinaia di cittadini hanno manifestato l'intenzione di restituire le tessere elettorali giudicando non solo non più garantita la libertà, la trasparenza e la correttezza delle operazioni di voto e scrutinio (tutti elementi cardine dell'ordinamento democratico dello Stato e delle sue Istituzioni) ma anche del tutto inadeguata la successiva capacità di verifica della regolarità delle procedure seguite nell'ambito di tali operazioni connesse al voto.
(2-00563)
«Leoluca Orlando, Acerbo, Astore, Belisario, Bimbi, Borghesi, Bressa, Burtone, Carta, Costantini, Crisafulli, Dato, De Simone, Dioguardi, Donadi, D'Ulizia, Duranti, Frias, Fundarò, Giovanelli, Giulietti, Khalil detto Ali Rashid, Latteri, Licandro, Locatelli, Lomaglio, Lombardi, Lumia, Mancini, Marchi, Mantini, Mantovani, Misiti, Monaco, Motta, Mungo, Mura, Musi, Nannicini, Ossorio, Palomba, Pedica, Perugia, Piro, Pisicchio, Raiti, Razzi, Rossi Gasparrini, Rotondo, Ruggeri, Samperi».
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
il giorno 27 maggio ultimo scorso piogge torrenziali si sono abbattute su tutta l'Italia settentrionale colpendo, in modo particolare, il Friuli-Venezia Giulia;
i danni derivanti dal nubifragio sono gravissimi, con la perdita di una vita umana e nove feriti;
l'intera provincia di Udine ha subito pesanti danni e la popolazione ha vissuto momenti di terrore con strade che si sono trasformate in torrenti di acqua e fango;
in particolare è stata completamente sommersa da un metro d'acqua l'intera cittadina di Latisana dove sono caduti trecento millimetri di pioggia, con strade, negozi, case e locali completamente allagati e con le linee elettriche interrotte;
tale tragico evento ha fatto scattare lo stato di emergenza, oltre che a Latisana, anche nei comuni di Pavia di Udine, Premariacco, Santa Maria la Longa e Ronchis;
danni ingenti vengono segnalati anche alle colture agricole molte delle quali erano in fase di maturazione a causa del caldo delle settimane scorse -:
quali tempestive iniziative intende adottare per fronteggiare la situazione, estremamente critica, in cui versa, dopo questa calamità, il Friuli-Venezia Giulia.
(2-00560) «Lenna, Tondo».
Interrogazioni a risposta scritta:
MURGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince dall'articolo pubblicato sul quotidiano Il giornale di Sardegna, sembrerebbe che siano stati smaltiti «...Almeno ottocento tonnellate di rifiuti tossici, scarti della lavorazione alla raffineria della Saras, come spazzatura ordinaria e fatti viaggiare attraverso la Sardegna e fino in Continente, per essere poi abbandonati nelle discariche comuni (quelle destinate ad accogliere i rifiuti solidi urbani) del forlivese, in Toscana e in Puglia...»;
secondo quanto affermato nel testo dell'articolo sembra che, in questo modo, siano stati smaltiti: «...Rocce e terra altamente inquinanti, contaminate di idrocarburi e cancerogene per una percentuale 2.600 volte superiore rispetto ai limiti di legge...»;
nel testo dell'articolo si afferma che rocce e terra altamente inquinanti sono state: «... Prelevate da siti di bonifica di Sarroch da due ditte addette allo stoccaggio e allo smaltimento di rifiuti pericolosi del Nord Sardegna, che dalla Saras intascavano regolarmente i proventi per lo smaltimento speciale...»;
queste operazioni avvenivano mentre: «...la "E Ambiente srl." con sede a Porto Torres e la "Verde Vita" di Sassari, si impegnavano a mischiare le sostanze velenose con rifiuti ordinari, in modo da abbassare la pericolosità e quindi il costo dello smaltimento...»; intanto «... Un laboratorio di analisi compiacente, la "Ecosystem" di Porto Torres, si prendeva poi la briga di attestare con false dichiarazioni la bassa pericolosità dell'immondizia, attribuendogli un codice di inquinamento più basso, fino a che i rifiuti prendevano la via del mare, venduti all'azienda viterbese Econet. Lì, dopo una nuova manipolazione e miscelazione con spazzatura comune, i rifiuti erano pronti per essere spediti in discariche normali...»;
da quanto si evince dall'articolo sembrerebbe che in questo modo: «...oltre ventitremila tonnellate tra rifiuti tossico-nocivi e pericolosi sono stati smaltiti illegamente, per un giro d'affari di circa dieci milioni di euro. Ottocento tonnellate di quei rifiuti sarebbero arrivate da Sarroch, stimano i militari del Noe di Roma, per essere portate nelle discariche non autorizzate, mentre tonnellate di fanghi con nichel e cadmio (provenienti da altre Regioni) sarebbero stati addirittura venduti come concime per gli agri del viterbese...»;
da quanto si afferma nel testo dell'articolo pare che la raffineria di Sarroch sia completamente all'oscuro del traffico illecito menzionato;
per lo smaltimento dei rifiuti tossici la Saras infatti fa sapere di rivolgersi «... in massima parte, intorno al 90 per cento, alla Ecotec di Serdiana...»; il resto, «...viene smaltito da una trentina di aziende, tra cui anche la "E Ambiente" di Porto Torres. Ma tutto viene fatto secondo la legge, con formulari e il placet del Noe...»;
nel testo dell'articolo si afferma che: «...erano infatti le aziende addette allo stoccaggio dei rifiuti a fare la cresta sull'immondizia. Facendola declassare di pericolosità, attraverso un'attribuzione di codice inferiore, riuscivano a cederla a Viterbo ad un prezzo venti volte inferiore a quanto l'avevano "acquistata" dalla Saras. Con margini di profitto esponenziali...» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-03719)
TASSONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il violento nubifragio che si è abbattuto in provincia di Vibo Valentia ha
causato, purtroppo, una grave tragedia in termini di vite umane, con quattro morti, tra i quali un bambino di appena 16 mesi;
l'ondata di maltempo ha provocato perdite gravissime all'agricoltura dell'area colpita con danni alla metà dei raccolti di cereali (grano, orzo e granoturco), ai frutteti (pesche al 70 per cento), agli ortaggi (pomodori, peperoni, melanzane al 40-50 per cento), ma anche ad olivi e viti per i quali si temono danni strutturali alle piante destinati ad avere effetti per anni;
i violenti temporali hanno messo in ginocchio le aziende specializzate della zona, mentre il dilavamento dei terreni e l'erosione mettono in forse i prossimi raccolti;
si paventano gravi rischi per la sicurezza stradale e dei trasporti in generale dovuti all'instabilità e allo smottamento del territorio -:
se non ritenga necessario ed urgente decretare lo stato di calamità naturale dell'area considerata al fine di poter far fronte con rapidità alle emergenti richieste di soccorso da parte delle popolazioni e degli operatori economici dell'area interessata.
(4-03743)
CREMA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti da 20 anni opera per far acquisire il Turismo Integrato Sostenibile e l'ultimo successo è stato il poterlo inserire nella Relazione Luis Queirò sul Turismo in Europa e denominato Progetto di relazione sulle nuove prospettive e le nuove sfide per un turismo europeo sostenibile;
l'intervento di numerosi europarlamentari che avevano recepito le istanze e motivazioni dell'Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti ha determinato la redazione ed approvazione del punto 30 della Risoluzione del Parlamento europeo sulle nuove prospettive e le nuove sfide per un turismo europeo sostenibile (P6-TA(2005)0335). Il trentesimo dispositivo della Risoluzione recita testualmente: «Si riconosce il contributo del turismo itinerante, così come quello del turismo su caravan e autocaravan, nel ridurre gli effetti negativi del turismo di massa, come la capacità di disperdere le concentrazioni di turisti. Si sottolinea il bisogno di promuovere misure di sostegno che contribuiscano al suo sviluppo, in particolare per rimediare alla mancanza di strutture attrezzate per i parcheggi, siti di sosta multifunzionali e depositi per i caravan in tutta la comunità»;
si tratta del primo rapporto sul turismo sostenibile che dovrà calarsi nella realtà delle prospettive finanziarie 2007-2013 e nella piena attuazione del mercato interno;
nel forum della mobilità turistica, tenutosi Roma il 23 aprile 2007, il Vicepremier Francesco Rutelli ha dichiarato che i 9 miliardi di euro di investimenti annunciati di qui al 2013 non andranno solo al turismo, ma di questi solo il 40 per cento (circa 3,6 miliardi di euro) andrà al comparto turistico, mentre il resto sarà appannaggio di cultura e ambiente, rettificando così le precedenti dichiarazioni -:
se ritengano giustificata la diminuzione degli investimenti pubblici nel turismo alla luce dell'aquis communitaire e delle precedenti dichiarazioni rese dal Governo.
(4-03746)
OLIVA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 19 marzo 2007 la Banca d'Italia ha diffuso un documento relativo a «Interventi per la riforma organizzativa della Banca»;
il suddetto piano prevede, in due distinte «fasi», la soppressione di 59 filiali in tutto il territorio nazionale su un totale di 97;
dal documento si evince che la ristrutturazione aziendale sarà caratterizzata, oltre che dalla sensibile riduzione delle sedi provinciali, anche dalla costituzione di sezioni specializzate;
la scelta delle filiali da sopprimere nelle due «fasi» è stata effettuata, almeno teoricamente, in base ad una «classifica» ricavata calcolando il «livello di operatività delle filiali»;
non si hanno precisi elementi per comprendere i criteri su cui si fonda la «classifica» delle filiali e il valore attribuito ai diversi servizi offerti all'utenza;
in una prospettiva nazionale l'annunciata chiusura di così tante filiali rischia di avere pesanti ricadute sulla qualità dei servizi resi all'utenza privata e istituzionale e di comportare maggiore onerosità dei servizi;
il piano di ristrutturazione della Banca d'Italia appare drastico anche nel confronto con altre banche centrali europee quali la Bundesbank e la Banca di Francia, che contano il doppio dei dipendenti pur svolgendo minori funzioni di quelle affidate alla nostra banca centrale;
non appare convincente all'interrogante, rispetto al ruolo istituzionale esercitato dalla Banca, con particolare riferimento alle sue funzioni di garanzia e controllo, adottare, in un ottica di riduzione delle filiali, criteri meramente algebrici, adatti a società private, senza tenere nel debito conto le caratteristiche geografiche e socio-economiche dei singoli territori e le diverse istanze che provengono dalle province interessate;
se si guarda al piano di ristrutturazione con una prospettiva regionale emerge una forte penalizzazione di alcune regioni rispetto ad altre;
con particolare riferimento alla Sicilia, questa risulterebbe pesantemente danneggiata dalla chiusura, su nove filiali presenti, di sette sedi, delle quali ben quattro (Agrigento, Enna, Ragusa e Siracusa) già nella prima fase;
l'attuazione del piano penalizzerebbe in maniera rilevante tutta la parte centro-meridionale dell'isola, privando una parte cospicua del territorio siciliano di un'importante istituzione e costringendo l'utenza di diverse province a coprire lunghe distanze per raggiungere la filiale più vicina -:
come il Governo valuti la riforma organizzativa annunciata dalla Banca d'Italia ed in particolare la compatibilità della stessa con il suo ruolo di istituto di diritto pubblico tenuto conto dell'incremento delle funzioni dell'Istituto sulla base del previsto disegno di legge di riordino dell'Autorità;
se l'Esecutivo non ritenga opportuno, nei limiti delle sue competenze e nel rispetto dell'autonomia e indipendenza della Banca d'Italia, attivarsi affinché quest'ultima continui a svolgere le sue funzioni istituzionali sull'intero territorio nazionale, senza penalizzare ampie porzioni di territorio come nel caso della Sicilia centro meridionale e tutelando altresì i livelli occupazionali.
(4-03763)
MIGLIORI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie della Presidenza del Consiglio ha organizzato un nuovo sito internet (www.italia.it) finalizzato a promuovere il nostro turismo nell'ambito del quale esiste la voce «Arrivare in Aereo»;
all'interno di tale parte del sito chiedendo informazioni relative all'aeroporto di «Firenze Peretola» vengono indicati solo due tra i diciotto voli internazionali disponibili, mentre altri tre vengono segnalati solo dopo scalo intermedio a Roma o Milano ed addirittura ben tredici voli sono totalmente ignorati -:
se trattasi di clamoroso errore dei servizi essenziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri o semplice proseguimento
di una «politica turistica» contro la città di Firenze ed il suo aeroporto.
(4-03786)