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Allegato B
Seduta n. 160 del 29/5/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BARANI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
evidenti sono le carenze legislative che riguardano la posizione dei medici che hanno conseguito la formazione specialistica nel periodo 1983-1992;
le direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE prevedevano che le attività di formazione dei medici specialisti, sia a tempo pieno sia a tempo ridotto, dovessero essere adeguatamente remunerate. Tutti gli Stati membri dovevano adeguarsi a tale disposizione entro il termine ultimo del 31 dicembre 1982;
in Italia tali direttive sono state attuate con notevole ritardo, in seguito alla sentenza di condanna della Corte di Giustizia delle comunità europee 7 luglio 1987, con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257;
la normativa di recepimento, però, non aveva effetto retroattivo e disponeva solo per il futuro, lasciando un vuoto legislativo per il periodo pregresso di vigenza della normativa comunitaria. Solo i medici ammessi alle scuole di specializzazione a partire dall'anno accademico 1991-1992 hanno potuto quindi fruire delle borse di studio previste dall'articolo 6 del citato decreto legislativo e dell'equipollenza del titolo di specializzazione. Di fatto, ai medici delle varie discipline iscritti ai corsi di specializzazione tra il 1982 e il 1991 non veniva riconosciuto alcun diritto;
la citata direttiva comunitaria 82/76/CEE veniva poi abrogata dalla direttiva 93/16/CEE, che obbliga gli Stati membri in fase di attuazione a prevedere norme di salvaguardia dei diritti acquisiti con le direttive abrogate. Tale direttiva veniva attuata con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, che tuttavia non faceva salvi i diritti acquisiti;
nelle more, la Corte di giustizia delle Comunità europee il 25 febbraio 1999 (causa C-131/97) stabiliva che l'obbligo di retribuire adeguatamente i periodi di specializzazione dei medici e il riconoscimento dell'equipollenza del titolo conseguito era da considerarsi incondizionato e sufficientemente esatto, per cui il giudice nazionale doveva interpretare le disposizioni nazionali precedenti o successive alla sentenza con quanta più fedeltà possibile allo spirito della sentenza emessa. La retroattività e la completezza delle misure di attuazione dovevano rimediare alla pregiudizialità della tardiva applicazione assicurando un adeguato risarcimento dell'eventuale evidente danno subito dagli interessati. La corte, con sentenza del 3 ottobre 2000 (causa C-371/97), ribadiva poi l'obbligo di retribuzione adeguata per i periodi di formazione sia a tempo pieno sia a tempo parziale -:
quali iniziative il Ministro intenda attivare al fine di colmare l'evidente inadempienza dello Stato italiano e delle amministrazioni centrali e periferiche nell'attuazione
delle sentenze della Corte di Giustizia e delle direttive della Comunità europea nel merito.
(4-01322)
Risposta. - In relazione alla problematica esposta nell'atto di sindacato ispettivo in esame si osserva che, come è sicuramente noto all'interrogante, le disposizioni contenute nel decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, hanno dato origine ad un nutrito contenzioso, a seguito del quale, su iniziativa del Ministero è stata emanata la legge n. 370 del 1999, che all'articolo 11 ha introdotto disposizioni a favore dei medici che avevano conseguito la formazione specialistica nel periodo 1983-92 e, avendo presentato ricorso contro la mancata attribuzione delle borse, erano destinatari di sentenze favorevoli passate in giudicato.
A seguito dell'emanazione di tale provvedimento sono state presentate altre impugnative da parte di ricorrenti per ottenere l'estensione del beneficio in esso previsto, ma le sentenze successivamente pronunciate hanno fatto rilevare che, essendo nel frattempo intervenuta la prescrizione, erano estinti i diritti di coloro che non avevano presentato ricorsi in tempo utile.
La giurisprudenza in materia è ormai consolidata e si ritiene che ogni nuova iniziativa legislativa potrebbe incorrere in giudizi di illegittimità costituzionale.
In particolare, in relazione agli articoli 16 ed 8 del decreto legislativo 257 del 1991, è da considerare che la «discriminazione» in merito all'assegnazione delle borse, introdotta a partire proprio dal 1991, tiene conto del fatto che la posizione degli specializzandi iscritti alle scuole a decorrere dall'anno accademico 1992/93 è sostanzialmente diversa da quella prevista per gli iscritti nel periodo precedente, sia per la durata del corso e dell'orario obbligatorio di frequenza, sia per le più rigorose delimitazioni sulla possibilità di svolgere attività economiche ad integrazione dei redditi personali.
Pertanto, l'applicazione retroattiva della disciplina economica introdotta nel 1991, oltre a porre un indubbio problema di aggravio dei conti pubblici determinerebbe, per i motivi sopraindicati, una evidente disparità di trattamento tra gli specializzandi destinatari delle nuove regole e quelli che in precedenza hanno potuto conseguire la specializzazione con limiti diversi.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
BERTOLINI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una recente sentenza della Corte di cassazione stabilisce che i decreti di espulsione nei confronti di un clandestino non sono reiterabili;
tale verdetto, della prima sezione penale, è stato emesso in seguito al ricorso con il quale la procura della Corte di appello di Brescia ha protestato per l'assoluzione impartita dal tribunale ad un clandestino che era stato sorpreso, nuovamente senza documenti, senza aver obbedito ad un precedente decreto di espulsione;
dunque, la ratio della sentenza risiederebbe nel fatto che se l'immigrato venisse trovato una seconda volta senza documenti - non obbedendo così all'ordine di lasciare il Paese - sarebbe processato e condannato più volte per lo stesso reato;
purtroppo, il numero dei clandestini recidivi presenti in Italia è sempre più elevato -:
se i Ministri non intendano intervenire sia attivandosi affinché i decreti di espulsione siano effettivamente eseguiti, sia con iniziative normative al fine di evitare le gravi conseguenze che deriverebbero da siffatta sentenza, che non affronta affatto l'emergenza immigrazione e che, inoltre, costringerebbe i giudici di pace a rivedere migliaia di casi, col rischio di approdare ad una maxi sanatoria.
(4-00303)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
La condotta descritta dall'interrogante ricade nella fattispecie prevista dall'articolo
14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998, che punisce lo straniero, il quale, espulso dallo Stato italiano con ordine del Questore emesso a seguito di decreto di espulsione del Prefetto, si trattiene nel territorio italiano senza giustificato motivo, in violazione del predetto ordine.
Pertanto, nei confronti dello straniero che abbia già riportato una prima sentenza di condanna per violazione dell'intimazione del Questore e che venga nuovamente rintracciato nello Stato in quanto inottemperante al provvedimento di espulsione, operano il comma 5-ter dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998, in base al quale «in ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica», ed il comma 5-quinquies, secondo cui, al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il Questore dispone l'accompagnamento alla frontiera o il trattenimento per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea più vicino.
Dunque, se a seguito dell'adozione del secondo provvedimento di espulsione lo straniero non viene accompagnato alla frontiera a mezzo della forza pubblica, non si realizza nuovamente la fattispecie penale contemplata dal citato articolo 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998.
In senso conforme è orientata la giurisprudenza, che ha escluso la sussistenza di un nuovo reato nei confronti del clandestino che, colpito da un primo decreto di espulsione, non abbia ottemperato all'ordine di allontanarsi dal territorio dello Stato.
Per ciò che concerne più specificamente la questione prospettata dall'interrogante relativa al distretto giudiziario di Brescia, si rappresenta che la locale Procura generale, non condividendo la corrente giurisprudenziale esposta, ha ripetutamente impugnato, con ricorso in Cassazione, le sentenze dei giudici del distretto che, sulla base delle suesposte considerazioni, assolvevano i cittadini extracomunitari. Poiché la Suprema corte ha accolto solo in parte e fino una certa data i ricorsi sopra indicati, la Procura generale ha richiesto la rimessione dei procedimenti alle Sezioni unite.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
BERTOLINI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
nelle scuole elementari di Castellarano e Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, il locale dirigente scolastico ha promosso un corso di lingua e cultura araba destinato sia agli alunni di madre lingua araba, sia agli alunni italiani;
obiettivo dichiarato del corso sarebbe tenere viva nei giovani di famiglia marocchina la cultura araba, ma anche garantirne l'integrazione con i loro coetanei italiani;
il corso è tenuto da una insegnante madre lingua araba, che avrebbe ottenuto mandato direttamente dal Ministero dell'istruzione del Regno del Marocco;
il suddetto corso si svolgerebbe durante il normale orario scolastico, andando a sostituire, senza chiarirne i presupposti pedagogici e didattici, importanti materie come educazione fisica e religione;
secondo l'interrogante sarebbe certamente più utile, per i bambini che già frequentano la scuola elementare nel nostro Paese, incentivare l'insegnamento della lingua italiana, con il duplice scopo di accelerare sia il processo di integrazione dei minori di origine straniera nel nostro Paese, sia l'apprendimento della lingua utilizzata all'interno dell'organizzazione scolastica italiana, lasciando alle famiglie e ai genitori degli alunni stessi la libertà di scegliere o meno il potenziamento delle competenze nell'idioma che già conoscono;
una visione «laica» delle Istituzioni pubbliche, ed in particolar modo della scuola, vorrebbe che nei confronti di coloro che appartengono ad etnie, culture,
religioni ed ideologie diverse da quelle della maggioranza dei cittadini, sia data la possibilità di conservare la propria diversità linguistica, ma che semmai siano favorite nuove forme di apprendimento rispetto ad una lingua che già conoscono;
iniziative simili a quella descritta dovrebbero essere avviate a breve anche nei Comuni di Bologna e Ferrara -:
se non ritenga inopportuna e fortemente discriminante sia nei confronti di alunni stranieri non arabi, sia nei confronti degli alunni italiani che frequentano le scuole elementari del nostro Paese, l'organizzazione di un corso di lingua e cultura araba, da tenersi durante il normale orario di lezione ed in sostituzione di altre materie;
se non ritenga che tale iniziativa sia contraria al principio di «laicità», che dovrebbe invece essere alla base dell'azione delle Istituzioni pubbliche ed in particolar modo della scuola pubblica;
se non consideri preoccupante la continua penalizzazione della nostra identità e della nostra lingua da parte di Istituzioni pubbliche, che preferiscono anteporre la valorizzazione e la diffusione di altre lingue ed altre culture rispetto a quella italiana.
(4-01725)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante nel far presente che nelle scuole elementari di Castellarano e Casalgrande sono stati promossi corsi di lingua e di cultura araba durante il normale orario scolastico, chiede iniziative affinché non si penalizzi la nostra identità e la nostra lingua in favore di altre lingue e di altre culture.
Al riguardo si precisa, preliminarmente, che la promozione di corsi di lingua e cultura araba in alcune scuole della provincia di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara, rientra nell'ambito del più ampio «Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica» tra la Repubblica italiana e il Regno del Marocco, siglato il 28 luglio 1998, al quale ha fatto seguito, in data 10 maggio 2004, l'Accordo di programma esecutivo per gli anni 2004-2006.
Tale programma prevede, all'articolo 7, che «le parti si adoperano per promuovere la diffusione delle rispettive lingue e culture nei due Paesi», e in particolare, per quanto riguarda l'istruzione, all'articolo 12 il programma medesimo impegna le parti a favorire «l'insegnamento della propria lingua e cultura nella scuole dell'altro Paese, anche con la creazione di sezioni bilingue», nonché attraverso scambi culturali di docenti.
Per quanto riguarda l'insegnamento di lingua e cultura araba nelle scuole italiane (scuola dell'infanzia e primaria), il programma prevede, all'articolo 18 che la parte italiana favorisca tale insegnamento nelle proprie scuole e la parte marocchina designi e retribuisca i docenti per tale attività.
La previsione dell'articolo 18 del programma è stata ulteriormente dettagliata con l'individuazione, da parte del Regno del Marocco, di 30 docenti (telespresso dell'Ambasciata italiana di Rabat del 13 settembre 2004) da destinare alle, regioni con maggiore presenza di alunni marocchini e precisamente: la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, le Marche, la Toscana, il Lazio.
Su sollecitazione del Ministero degli affari esteri, si sono svolti, nel corso del 2004/2005, diversi incontri tra le parti interessate, in merito alle iniziative da gestire, per la completa attuazione del progetto. Agli incontri hanno preso parte anche rappresentanti dei Ministeri dell'interno e del lavoro, per gli aspetti di ordine pubblico e lavorativi di rispettiva competenza.
In data 25 dicembre 2005 si è tenuto l'incontro conclusivo presso questo Ministero con i rappresentanti del Regno del Marocco, al quale hanno partecipato anche i direttori generali degli Uffici scolastici regionali interessati. Nell'incontro sono state delineate e concordate le linee guida di intervento ed è stato precisato che le attività, debitamente deliberate dagli organi collegiali della scuola, dovessero svolgersi in orario aggiuntivo al tempo scuola.
Ciò premesso si fa presente che l'Ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna
ha provveduto a definire i caratteri generali del progetto per il territorio di sua competenza.
In particolare, è stata è predisposta l'applicazione del progetto medesimo alla sola scuola primaria, in orario aggiuntivo al tempo scuola, tramite l'utilizzo di insegnanti di lingua araba e cultura marocchina che, seppure designati e retribuiti dal Regno del Marocco, devono dimostrare una buona conoscenza della lingua italiana ed essere «soggetti alle leggi e alla normativa in vigore negli istituti dove opereranno».
L'avvio del progetto è stato inoltre subordinato all'approvazione da parte degli organi collegiali degli istituti scolastici che hanno volontariamente chiesto di partecipare. La partecipazione è comunque facoltativa, su domanda delle famiglie e fuori dall'orario scolastico.
Per quanto riguarda, in particolare i due istituti scolastici della provincia di Reggio Emilia, ai quali fa riferimento l'interrogante, l'iniziativa è stata operativamente avviata a metà dello scorso mese di dicembre dopo che la docente individuata ha superato il previsto accertamento sulla conoscenza della lingua italiana.
Come stabilito nel progetto, il corso è realizzato in orario extrascolastico ed è articolato in due pomeriggi settimanali, oppure, per le classi organizzate a tempo pieno, il sabato mattina - giorno in cui la scuola resta comunque aperta anche per lo svolgimento di altre attività.
La docente dedica alcune ore ad attività di «sportello» in veste di mediatrice culturale per insegnanti e genitori.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
BURGIO, SMERIGLIO e MIGLIORE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ordinamento giuridico italiano l'apologia e la propaganda del fascismo, dell'antisemitismo e del razzismo costituiscono gravi reati;
le scritte sui muri nazi-fasciste ed antisemite non sono in alcun modo equiparabili alle altre scritte sui muri che al più insidiano il decoro urbano;
da due mesi a questa parte le mura esterne del Liceo Classico statale «Tasso», ubicato in Via Sicilia nel centro storico di Roma e frequentato ogni giorno da centinaia di studenti, vengono di notte imbrattate da scritte di chiaro stampo nazi-fascista ed antisemita con svastiche, croci celtiche, minacce agli studenti antifascisti e scritte come «Roma è fascista», «Sieg Heil», «Juden raus», «Ebrei ai forni», «A noi»;
la mattina del 27 marzo, data di poco precedente la commemorazione dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, sono comparse le scritte «Dio è con noi», traduzione in italiano del lugubre motto delle SS «Gott mit Uns», «Blocco Studentesco» e svariate croci celtiche;
per il 28 marzo era prevista un'assemblea al Liceo Tasso, che vedeva la partecipazione del Presidente dell'ANPI Lazio Massimo Rendina, medaglia d'oro della Resistenza;
nel raggio di 200 metri dal Liceo Tasso esistono una Stazione dei Carabinieri, sita in via Boncompagni e, ben più importante, il Commissariato di PS Castro Pretorio, sito in via Toscana, i cui agenti non possono non notare nelle loro perlustrazioni quotidiane di servizio e di primissimo mattino l'esistenza delle scritte;
gli stessi alunni del Liceo Tasso, pur vivendo in un'atmosfera di inquietudine e paura, sono soliti con cadenza almeno bisettimanale cancellare le scritte neo-fasciste, visto che non funziona nemmeno una catena di comunicazione rapida ed urgente tra le forze di polizia e il servizio del Comune di Roma, preposto alla cancellazione delle scritte -:
quale sia il giudizio del Ministro in indirizzo sulle vicende in parola;
se le autorità di Polizia di Roma e quelle territoriali competenti per il quartiere del Liceo Tasso abbiano cognizione
della gravità della situazione abbiano sinora provveduto alla quotidiana registrazione delle scritte nazi-fasciste intorno al Tasso, che comunque costituiscono un reato penale;
se si debba assistere passivamente, nelle prossime notti, ad ulteriori imbrattamenti con turpitudini nazi-fasciste ed antisemite o se, al contrario, l'attività di controllo e di repressione delle manifestazioni di apologia di nazi-fascismo ed antisemitismo non debba esser adeguatamente rafforzata, visto che dopo le prime apparizioni delle scritte era ben prevedibile il ritorno dei responsabili di tali azioni e nulla sembra essere stato fatto da parte delle autorità preposte ai fini della identificazione degli stessi;
se il Ministro in indirizzo non ritenga una circostanza aggravante e particolarmente inquietante che i fatti suesposti siano avvenuti a breve distanza dalle postazioni delle forze di polizia;
se in ogni caso siano state intraprese da parte della Polizia Giudiziaria attività di indagine sulle vicende in parola.
(4-03476)
Risposta. - II giudizio del Ministero dell'interno sugli episodi segnalati dagli interroganti non può che essere, ovviamente, di sdegno e preoccupazione. Ogni manifestazione d'intolleranza ed odio politico, tanto più se intrisa da ancor più inaccettabili connotazioni razziste ed antisemite, deve essere rifiutata e combattuta al pari di tutte quelle espressioni di violenza fisica o verbale che si allontanino dai canoni di una sana dialettica democratica o che, peggio, mirino a condizionarla o degradarla.
In quest'ottica nessun episodio, neppure quelli di minor impatto dimostrativo, viene sottovalutato o trascurato, benché la prevenzione di alcuni di questi fatti, e soprattutto di quelli originati in ambito giovanile e studentesco, non possa essere affidata solo ad azioni di polizia ma debba maturare anche in una paziente ed approfondita educazione al rispetto reciproco ed al sereno confronto di idee, opinioni e credi diversi.
L'attenzione del Governo su questi temi, quindi, è massima e le autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia sono da tempo sensibilizzate sull'esigenza di contrastare con rigore e intelligenza episodi come quelli stigmatizzati nell'interrogazione, che se tollerati potrebbero risultare prodromici a fenomeni delittuosi di maggior gravità e spessore.
Ricordo, a tale proposito, che presso il Ministero dell'interno opera ormai da qualche anno il Comitato contro la discriminazione e l'antisemitismo, presieduto dal capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e composto da dirigenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'interno, nonché dai rappresentanti designati dai Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, delle politiche europee, dell'università e della ricerca, della solidarietà sociale, delle politiche per la famiglia, per le politiche giovanili e le attività sportive.
Il Comitato ha il compito di esercitare una costante azione di monitoraggio sui pericoli di regressione verso forme di intolleranza, razzismo, xenofobia ed antisemitismo e di individuare gli strumenti educativi e sanzionatori per contrastare efficacemente ogni comportamento ispirato da odio religioso o razziale.
Detto questo, è necessario valutare i fatti nell'ambito della specificità del contesto ambientale e delle dinamiche di gruppo al cui interno essi maturano e, spesso, si esauriscono, senza assumere un valore sintomatico più ampio.
Nel caso degli episodi più specificamente richiamati dagli interroganti che hanno suscitato forte preoccupazione presso le famiglie degli studenti, ricordo che il liceo ginnasio statale «Torquato Tasso» di via Sicilia a Roma si è sempre segnalato per la tradizione di impegno politico di molti dei suoi frequentatori, che si è espressa, ed ha continuato anche di recente ad esprimersi, nella partecipazione ad assemblee, occupazioni, manifestazioni, sit-in, cortei ed altre iniziative simili; un impegno ed una passione civile cui hanno purtroppo corrisposto il verificarsi, anche di recente, di episodi
di intolleranza politica con il coinvolgimento di militanti di opposte convinzioni.
In questo contesto s'inquadrano anche le frequenti scritte comparse sul perimetro murario dell'edificio e sui marciapiedi antistanti, verosimilmente tracciate durante le ore notturne da parte di soggetti riconducibili sia a movimenti politici dell'estrema destra, sia ad ambienti della sinistra extraparlamentare. Fra queste scritte, come evidenziato dagli interroganti, vi sono anche frasi e slogan di natura antisemita e nazifascista, cui si sono talvolta contrapposte scritte inneggianti a piazzale Loreto ed all'odio antifascista.
Preciso che, in tutte le occasioni in cui ciò è accaduto, il Commissariato di pubblica sicurezza «Castro Pretorio», competente per territorio, oltre ad avviare accertamenti per l'individuazione dei responsabili, ha costantemente provveduto ad interessare con tempestività gli enti preposti alla cancellazione delle iscrizioni.
Circa la rilevanza penale di tali scritte e di altre simili comparse sui muri di un altro plesso scolastico, dalle informazioni acquisite tramite il Ministero della giustizia risulta peraltro che il Procuratore della Repubblica di Roma ha iscritto procedimenti penali, al momento contro ignoti, per i reati di diffusione di idee fondate sull'odio razziale e di deturpamento ed imbrattamento di cose in centro storico, previsti rispettivamente dall'articolo 3 della legge 654 del 1975 e dall'articolo 639, secondo comma, del codice penale. Le relative indagini sono condotte dalla Polizia di Stato.
Quanto all'attività finalizzata alla prevenzione del fenomeno, essa viene condotta nell'ambito dei servizi di vigilanza a fini di prevenzione generale e controllo del territorio, nel cui ambito, come noto, il Ministero dell'interno ha da tempo dato direttive perché sia mantenuto un elevato livello di attenzione sugli obiettivi esposti al rischio di possibili episodi di intolleranza o intimidazione.
In attuazione di tali direttive, le autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia seguono con attenzione tutti gli eventi che possono incidere negativamente sulla libertà di espressione politica. A tal fine, le forze di polizia dispongono e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, le misure per assicurare, da un lato, un più capillare controllo del territorio con priorità dei servizi di sorveglianza degli obiettivi più esposti a rischio e, dall'altro, l'intensificazione dell'informazione preventiva per il monitoraggio costante delle attività svolte dagli aderenti ai gruppi politici più estremisti degli opposti schieramenti.
Nel caso del liceo Tasso, anche la Stazione dei Carabinieri «Roma - Vittorio Veneto», nella cui giurisdizione ricade il plesso scolastico in questione, ha predisposto mirati servizi di vigilanza allo scopo di prevenire il ripetersi di analoghi episodi delittuosi.
Si confida, pertanto, nei risultati che i servizi ed i dispositivi in atto consentiranno di raggiungere allo scopo di contrastare il fenomeno. Soggiungo che la vicinanza del plesso scolastico ai due citati presidi di polizia costituisce di per sé un deterrente al ripetersi di azioni così deprecabili anche se non costituisce garanzia assoluta che scritte analoghe non vengano più tracciate.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CAPEZZONE e BELTRANDI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
alcuni organi di informazione, fra il 9 e 10 agosto 2006, hanno dato notizia che la Direzione Generale per la Società dell'Informazione e i Media e la Direzione Generale Concorrenza della Commissione Europea hanno espresso «stupore e preoccupazione» in merito alle misure finali adottate dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) il 28 giugno, e notificate alla Commissione il 3 agosto 2006, sulle tariffe di terminazione su rete fissa tra l'operatore ex monopolista (Telecom Italia) e gli operatori nuovi entranti;
nella prima proposta fatta dall'Agcom lo scorso 28 aprile, per permettere
agli operatori alternativi di «competere» nei mercati della telefonia al dettaglio, l'Autorità aveva definito una tariffa di terminazione di riferimento per tutti gli operatori, riconoscendo però agli operatori alternativi che giustificassero costi superiori in ragione degli investimenti sopportati per la realizzazione di reti alternative, l'autorizzazione a praticare tariffe superiori per un periodo non superiore a 4 anni;
nella proposta definitiva, che ha suscitato le preoccupazioni della Commissione europea, l'Agcom ha previsto l'estensione a 5 anni del «glidepath», ovvero il periodo di tempo concesso agli operatori concorrenti dell'ex monopolista di praticare tariffe di terminazione più elevate per compensare lo svantaggio di partenza e per creare condizioni omogenee nel mercato;
la Commissione sottolinea che l'Agcom ha modificato la sua precedente decisione - sulla quale la stessa Commissione si era espressa con i suoi commenti, con lettera del 24 maggio 2006 - estendendo il periodo per la simmetria da 4 a 5 anni e stabilendo che le riduzioni nelle tariffe di terminazione inizieranno ad applicarsi dal luglio 2007. Per tale ragione, la Commissione avrebbe richiesto all'Autorità ulteriori chiarimenti entro il 1 settembre;
nel testo definitivo, ferma restando la volontà di non deprimere gli investimenti finalizzati alla realizzazione di nuove infrastrutture, l'Agcom non solo specificava dettagliatamente il percorso regolamentare per la discesa programmata dei prezzi di terminazione degli operatori alternativi, ma definiva altresì, per ogni anno, la tariffa applicabile dagli operatori nel periodo compreso tra luglio 2007 e luglio 2011;
la Commissione, sempre nella suddetta richiesta di informazioni aggiuntive, ha ritenuto inopportuno un prolungamento temporale di 12 mesi, rispetto ai quattro anni indicati in un primo momento, affermando che le tariffe di terminazione proposte dall'Autorità risultano già essere tra le più alte in Europa, ignorando le precisazioni avanzate dall'Autorità;
la richiesta di informazioni aggiuntive sembra rappresentare un'anomalia procedurale da parte della Commissione Europea, dal momento che essa interviene nel momento in cui il provvedimento dell'Autorità nazionale è ormai in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
le cosiddette «misure asimmetriche» introdotte dalla normativa europea e nazionale costituiscono uno dei principali strumenti normativi utilizzati per favorire il processo di liberalizzazione e lo sviluppo della concorrenza tra infrastrutture e non più solo tra servizi;
riguardo alla terminazione, la Commissione ha preso atto con interesse della realizzazione da parte dell'Agcom (prima in Europa) di un modello contabile per la definizione dei costi di un operatore efficiente ed ha invitato a condividere i risultati con gli altri Regolatori europei;
la Commissione considera favorevolmente l'intenzione dell'Autorità di rivedere entro marzo 2007 le misure adottate, a seguito dell'applicazione di tale modello contabile;
oggetto di rilievo è invece l'estensione da quattro a cinque anni della durata del percorso che porta alla piena simmetria delle tariffe di terminazione tra Telecom e gli operatori alternativi;
la ragione di tale estensione, come precisato dall'Authority, risiede sostanzialmente nel fatto che la leva delle tariffe asimmetriche di terminazione a favore dei nuovi operatori è un elemento importante per favorire un modello di competizione sostenibile -:
se siano a conoscenza di quanto apparso sui mezzi d'informazione;
e, infine, quali iniziative intenda eventualmente assumere per favorire la concorrenza - ancora insufficiente - nei mercati di telecomunicazioni, e specificamente, nella «banda larga».
(4-00975)
Risposta. - Si ritiene opportuno far presente che l'evoluzione concorrenziale del mercato della telefonia e, più in generale dell'intero settore delle telecomunicazioni, costituisce per il Governo un obiettivo strategico per lo sviluppo competitivo del paese, e che per rendere possibile una evoluzione in tal senso è essenziale, in questa fase, dispiegare tutti gli strumenti regolamentari messi a disposizione dall'ordinamento comunitario e nazionale, al fine di assicurare uno scenario effettivamente competitivo, prerequisito essenziale per garantire l'equilibrato sviluppo delle reti, l'ammodernamento continuo delle infrastrutture, l'estensione della copertura e, in ultima analisi, una effettiva tutela degli interessi dei consumatori.
Ciò premesso, si comunica che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha precisato che il provvedimento finale sul mercato della terminazione su rete fissa (mercato n. 9), adottato il 28 giugno 2006 (delibera n. 417/06/CONS) e trasmesso alla Commissione europea il 3 agosto 2006, ha previsto fra l'altro, la definizione di tariffe di terminazione asimmetriche tra Telecom Italia e gli operatori alternativi (OLO), nonché l'adozione di un percorso regolamentare di progressivo allineamento di tali tariffe, in modo da raggiungere, entro cinque anni, un valore di terminazione unico per tutti gli operatori.
Con riguardo alla durata del periodo di asimmetria (glide path) la medesima Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) a segnalato che nel provvedimento finale si è stabilita una durata di 5 anni, anziché di 4 anni come indicato nella proposta di decisione, in considerazione delle ulteriori e più approfondite informazioni acquisite dagli uffici dell'Autorità stessa in relazione alle politiche di investimento degli operatori alternativi (OLO) a loro volta condizionate dalle recenti decisioni dell'Autorità riguardanti l'avvento di nuovi servizi wholesale: wholesale line rental (servizi di accesso in postazione fissa) e bitstream (servizi di accesso a larga banda).
In proposito, ha precisato l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) il periodo esatto di durata del glide path è di 4 anni e 6 mesi, tenendo conto del momento in cui entrano in vigore le offerte di riferimento di Telecom Italia (i cosiddetti listini di interconnessione).
Allo scopo di definire i valori annuali delle tariffe di terminazione, e quindi il momento in cui si realizzerà la piena simmetria di tali tariffe, l'Autorità ha, da una parte tenuto conto di come evolverà la tariffa massima di terminazione per l'operatore incumbent in applicazione del meccanismo di controllo pluriennale dei prezzi (network cap) previsto dalla stessa delibera (n. 417/06/CONS), d'altra parte ha stabilito, utilizzando il cosiddetto metodo del delayed approach, che la tariffa massima di terminazione per gli operatori alternativi (OLO) fosse di 1,54 centesimi di euro al minuto per il 2006, per poi scendere negli anni successivi, fino ad eguagliare, a metà 2011, quella di Telecom Italia (0,55 centesimi di euro al minuto).
La citata delibera ha previsto la definizione e l'applicazione di un modello contabile per la determinazione dei valori dei prezzi di terminazione degli operatori alternativi; questa attività si dovrebbe concludere entro tempi brevi e da quel momento si dovrà provvedere alla revisione delle misure adottate con il provvedimento del giugno 2006, sia con riferimento alla durata del glide path, sia con riguardo al valore delle tariffe di terminazione operatori alternativi (OLO) per gli anni successivi al 2006.
A seguito dell'adozione del provvedimento finale, la Commissione europea, ha chiesto all'Autorità di fornire taluni chiarimenti sulle motivazioni che hanno portato alla decisione finale, in particolare in relazione alla maggiore durata del periodo del glide path rispetto ai quattro anni indicati nella proposta di provvedimento, nonché circa la tempistica e le modalità di svolgimento delle attività relative al modello di costo adottato dall'Autorità per la determinazione delle tariffe di terminazione degli operatori alternativi.
La stessa Autorità, nel fornire alla Commissione i chiarimenti richiesti, ha precisato che nella proposta di decisione veniva fissato un prezzo massimo di terminazione
su rete degli operatori alternativi per il 2006 (pari a 1,54 euro al minuto), basato sulla metodologia del delayed approach, in assenza di un modello contabile per la valutazione dei costi di terminazione degli operatori. In quella sede veniva anche prevista la possibilità di rivedere annualmente tale valore, ma senza specificare in maniera puntuale il percorso di discesa dei prezzi di terminazione, né i valori successivi al primo anno di applicazione.
Al momento dell'adozione del provvedimento finale l'Autorità ha recepito l'invito da parte della Commissione Europea di definire con maggior dettaglio il glide path dei prezzi di terminazione massimi, al fine di garantire al mercato una maggiore certezza; nel provvedimento finale, pertanto, sono stati stabiliti i valori massimi per le tariffe di terminazione degli operatori alternativi, fino ad arrivare, a fine periodo, (ossia metà 2011) alla simmetria con il prezzo praticato da Telecom Italia di 0,55 centesimi di euro al minuto.
L'Autorità ha precisato che, a tal fine, si è reso necessario effettuare valutazioni più analitiche e, quindi, procedere all'aggiornamento ed all'integrazione dei dati rispetto a quelli utilizzati nella proposta di provvedimento, in modo da tenere conto degli ulteriori investimenti progettati dagli operatori alternativi relativi ai finanziamenti programmati per incrementare la propria copertura territoriale (unbundling del local loop e shared access), per fornire accessi a larga banda nella nuova modalità (bitstream) e per consentire l'offerta del servizio di canone all'ingrosso ai propri clienti (wholesale line rental).
Stando a quanto precisato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) gli approfondimenti condotti hanno permesso di individuare con maggiore precisione sia la durata per il glide path (stabilita in sei mesi in più rispetto a quanto inizialmente proposto), sia i valori di terminazione successivi al 2006, senza tuttavia che tale revisione costituisse una modifica di carattere essenziale alla proposta di decisione.
Inoltre, nella sua risposta, l'Autorità ha sottolineato l'importanza assegnata alla determinazione del modello contabile, da completarsi come già riferito in tempi brevi, in modo da poter provvedere alla verifica ed alla revisione sia delle tariffe di terminazione degli operatori alternativi (OLO) per gli anni successivi al 2006.
In relazione alla possibilità per l'operatore alternativo di derogare al valore della tariffa massima di terminazione (ossia 1.54 euro al minuto per il 2006), l'Autorità ha precisato che tale possibilità si applicherà solo a seguito di una verifica dell'effettivo orientamento ai costi della tariffa per la quale è stata richiesta tale deroga.
A completamento di informazione, relativamente alla richiesta riguardante le iniziative che si intendono assumere per favorire la concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni e, specificatamente, nella banda larga, si ritiene opportuno sottolineare che concorrenza, liberalizzazioni, trasparenza dei prezzi e difesa dei consumatori costituiscono - come dimostrano anche le recenti misure adottate in tema di liberalizzazioni - le linee guida della politica economica del Governo.
Tale approccio è confermato anche al settore delle comunicazioni elettroniche in merito ad ognuna delle grandi questioni sul tappeto.
Quanto al tema specifico dell'accesso alla banda larga, su cui in particolare insiste l'interrogazione in esame, il Governo è consapevole del fermento che agita gli operatori, in particolare gli internet service providers, che si ritiene giusto e necessario porre in una condizione di effettiva concorrenza con l'incumbent sotto il profilo dell'offerta dei servizi.
D'altra parte, uno degli obiettivi di legislatura del Governo è lo sviluppo della banda larga come nuova frontiera del servizio universale, come grande occasione di sviluppo del Paese come possibilità di alfabetizzazione tecnologica della popolazione.
Oggi la banda larga copre l'88 per cento del territorio e l'obiettivo dei prossimi quattro anni è quello di arrivare al 98 per cento per far questo servono politiche appropriate del Governo, ma anche sforzi ed investimenti da parte delle aziende.
Nel pieno rispetto delle prerogative attribuite dall'ordinamento all'Autorità per la garanzie nelle comunicazioni, il Ministero delle comunicazioni per quanto di sua competenza sta prestando la massima attenzione allo sviluppo della banda larga nel paese.
Come è noto, nei mesi scorsi è stato istituito un Comitato della banda larga di cui fanno parte, oltre al Ministro delle comunicazioni, anche il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella Pubblica amministrazione. Scopo del Comitato è di coordinare, indirizzare e supportare tutte le attività finalizzate allo sviluppo della banda larga nel territorio nazionale, a partire dall'approntamento di misure in grado di dare soluzione al problema del cosiddetto digital divide.
Purtroppo, in passato, è mancato nel nostro paese un approccio strategico coerente a sostegno dello sviluppo del settore: il Comitato della banda larga è chiamato a colmare tale vuoto e ad elaborare una organica politica sul tema, in grado di raccogliere l'interesse e la condivisione di tutti i soggetti coinvolti, dalle amministrazioni locali agli operatori, dai fornitori di servizio agli utilizzatori finali.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
CASTELLANI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Laurea in Scienze Ambientali è un corso di Laurea quinquennale, istituito nel 1989, con lo scopo di formare una figura professionale interdisciplinare dotata di una visione sistemica dell'Ambiente ed in grado di attivare le scelte decisionali più opportune per migliorare le ricadute delle azioni umane sull'Ambiente stesso;
il laureato in Scienze Ambientali studia nel percorso formativo universitario i metodi di analisi del Sistema Ambiente, sistema complesso e strategico per eccellenza, con un chiaro approccio multidiscilplinare come evidenziato dai settori di azione che sono: la valutazione dell'impatto ambientale, i sistemi di eco-management aziendale, il disinquinamento ambientale, la certificazione ambientale, la valutazione dei rischi ambientali, la gestione delle risorse naturali, il biomonitoraggio, la pianificazione ambientale del territorio, l'educazione e l'informazione ambientale;
con l'istituzione del corso di Laurea in Scienze Ambientali si è inteso istituire una figura professionale specifica ben distinta dalle altre figure professionali già esistenti (ingegneri per l'ambiente ed il territorio, geologi, architetti, biologi) come si può desumere dai rispettivi curricula studiorum. Figure professionali queste, consolidate che, godendo della tutela di albi professionali specifici, sono fortemente concorrenziali rispetto alla più recente figura del laureato in Scienze Ambientali, anche in ambiti in cui la loro competenza può rivelarsi marginale, restringendo così di conseguenza gli sbocchi lavorativi ed i settori di intervento di queste nuove figure professionali;
la mancanza di uno specifico albo che tuteli la professionalità ed i campi di intervento anche di questi laureati, li ha spinti a fondare un'associazione, l'AISA (Associazione Italiana Scienze Ambientali), il cui impegno ha permesso ai laureati in Scienze Ambientali di accedere all'iscrizione ad alcuni albi professionali:
Albo Architetti, sezione Pianificatori territoriali (solo per laureati vecchio ordinamento);
Albo Architetti, sezione Paesaggista;
Albo Architetti, sezione Conservatore;
Albo Biologi (solo per laureati nuovo ordinamento);
Albo Agronomi (solo per laureati nuovo ordinamento);
Albo Forestali (solo per laureati nuovo ordinamento).
Soluzione questa decisamente limitante, in quanto costringe i laureati a
scegliere «a priori» una sola delle sfere di competenza professionale vanificando così, di fatto, la valenza stessa del corso di Laurea;
con la riforma del sistema universitario, il proliferare di nuovi corsi di Laurea sta producendo un esercito di laureati che, non avendo albi professionali specifici che li tutelino, vedono sempre più nebuloso e lontano uno sbocco occupazionale coerente con la loro formazione universitaria -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere in merito a questa problematica, affinché i laureati in Scienze Ambientali ed i laureati dei nuovi corsi di Laurea non vedano vanificato sia il loro impegno nello studio che lo sforzo economico delle loro famiglie, a fronte di un quadro istituzionale non in grado di tutelare le nuove professionalità.
(4-01398)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si fa presente che i requisiti per l'accesso agli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio delle libere professioni sono attualmente previsti dalle norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328.
Con tale regolamento sono state introdotte innovazioni relative all'ordinamento delle attività professionali dei connessi albi, ordini e collegi, nonché ai requisiti per l'ammissione al prescritto esame di Stato e le relative prove.
L'articolo 8, del citato decreto del Presidente della Repubblica 328 del 2001, in relazione ai titoli conseguiti precedentemente alla riforma degli ordinamenti didattici attuata con il decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, dispone che «i titoli accademici conseguiti sotto il previgente ordinamento continuano ad essere titoli validi per l'accesso agli esami di Stato, solo laddove già in precedenza davano la possibilità di accedere ad uno specifico esame di Stato». Pertanto, le lauree che nell'ambito della normativa antecedente non consentivano l'accesso agli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione non costituiscono tuttora titolo idoneo per sostenere i nuovi esami, fatte salve espresse previsioni in tal senso nel decreto medesimo.
In particolare, la laurea in scienze ambientali è, attualmente, titolo valido per l'ammissione all'esame di Stato per l'iscrizione all'albo degli architetti, sezione A - settore «pianificazione territoriale», e non anche per l'accesso ad altri Albi professionali per i quali già prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 non era riconosciuta idonea.
Premesso quanto sopra ai fini di una puntuale ricognizione della normativa vigente in ordine a requisiti di ammissione agli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, si fa presente che il Ministero sta valutando l'opportunità di procedere ad una verifica della corrispondenza tra i titoli di studio, conseguiti in applicazione sia dei nuovi che dei vecchi ordinamenti didattici, e gli attuali sbocchi professionali e di lavoro, al fine di introdurre eventuali modifiche alla disciplina vigente in materia di accesso alle libere professioni.
Si segnala, infine, che il Ministero della giustizia ha recentemente predisposto un disegno di legge delega in materia di professioni intellettuali, per riorganizzazione degli ordini, albi e collegi professionali, per il riconoscimento delle associazioni professionali, per la disciplina delle società professionali e per il raccordo con la normativa dell'istruzione secondaria superiore e universitaria.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
CIRIELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel mese di settembre dell'anno 2006 è scaduto il contratto di locazione, stipulato tra l'Amministrazione Comunale di Nocera Inferiore ed il Corpo Forestale dello Stato di Nocera Inferiore, relativo all'attuale sede del Comando Stazione Forestale di Nocera Inferiore;
sembrerebbe che, da parte dell'Amministrazione Comunale di Nocera Inferiore, non vi sia ancora l'intenzione di rinnovare tale contratto;
in questi giorni pare che da incontri tenuti tra il Coordinatore Provinciale di Salerno del Corpo Forestale dello Stato e il Sindaco del Comune di Nocera Inferiore sia emerso che il Sindaco abbia deciso di individuare una sede idonea alle esigenze rappresentate dall'Amministrazione forestale soltanto entro i prossimi 3 mesi;
la consegna non immediata della sede sta comportando una seria valutazione, da parte del Coordinamento Provinciale di Salerno del Corpo Forestale dello Stato, circa la chiusura del predetto Comando Stazione Forestale che, comunque, dovrà liberare i locali attuali nell'arco di 15 giorni e aggregare il personale presso il Corpo Forestale dello Stato di Cava Dè Tirreni;
la chiusura dell'attuale Comando Stazione Forestale comporterebbe la perdita di un importante presidio Forestale nella città di Nocera Inferiore -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se corrispondenti al vero, quali iniziative di propria competenza intenda adottare per scongiurare il pericolo di chiusura dell'importante Comando Stazione Forestale della città di Nocera Inferiore.
(4-02744)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto inerente la situazione locativa della sede del Comando stazione di Nocera Inferiore, si rappresenta che il relativo contratto di fitto stipulato in data 29 settembre 1994 tra il Funzionario responsabile del Corpo forestale dello Stato per la provincia di Salerno ed i coniugi Sigg. Bove Emilio (deceduto il 24 ottobre 2000) e Politano Vanda.
Il contratto prevedeva un canone annuo di lire 9.600,000, da corrispondersi in rate bimestrali posticipate per il periodo dal 1o ottobre 1994 al 30 settembre 2000.
La locazione, come previsto dagli articoli 28 e 42 della legge n. 392 del 27 luglio 1978, venne tacitamente rinnovata a canone invariato pari a 4.957,99 euro per un ulteriore periodo di anni 6, dal 1o ottobre 2000 al 30 settembre 2006, ulteriormente rinnovabile in mancanza di formale disdetta da comunicarsi all'altra parte almeno 12 mesi prima della scadenza.
Nel mese di marzo del 2005, la proprietaria dei locali comunicò formale disdetta del contratto, nei termini previsti, alla naturale scadenza locativa del 30 settembre 2006.
In data 4 aprile 2005, l'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato, con nota n. 0503688 autorizzava la ricerca di nuovi locali idonei ad ospitare la sede del Comando stazione di Nocera Inferiore, precisando successivamente, con nota n. 2631 del 1o gennaio 2007 che, ai sensi dell'articolo 1 comma 478 della legge finanziaria 2006, nonché a causa delle limitate risorse finanziarie disponibili, il nuovo canone non poteva superare l'importo di euro 4.672,00 annui.
Con nota del 13 febbraio 2007, il Comune di Nocera Inferiore comunicava la disponibilità a concedere in uso propri locali ove allocare il Comando stazione forestale.
L'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato con nota n. 5990 del 2 marzo 2007, concedeva il nulla osta per la stipula di un contratto a titolo gratuito con il Comune per i predetti locali, indicando al Comando Regionale del Corpo forestale dello Stato di Napoli l'iter procedurale per il pagamento del canone conseguente alla ulteriore occupazione extra contrattuale, verificatasi a decorrere dalla regolare scadenza della locazione (30 settembre 2006).
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
DE CORATO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 9 ottobre a Milano, in Via Ventura 4, su iniziativa dell'associazione privata «Insieme», è stata aperta la scuola araba per classi primarie e secondarie di primo grado;
come previsto dall'articolo 366 del decreto legislativo del 16 aprile 1994,
n. 297, sull'apertura e gestione di scuola straniera in Italia, le domande di autorizzazione devono essere presentate al Prefetto della Provincia e al Ministero degli Esteri, il quale le inoltra al Ministero della Pubblica Istruzione che delibera sulla concessione della autorizzazione;
in seguito alla delibera del Ministero della Pubblica Istruzione, l'Ufficio Scolastico Regionale concede l'autorizzazione all'avvio e alla gestione di scuola straniera in Italia;
secondo quantoaffermato dalla Direttrice della predetta scuola, Lidia Acerboni, il Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, Mario Dutto, non ha comunicato con specifico provvedimento il diniego all'autorizzazione entro i termini previsti dalla legge, né ha informato la direzione dell'istituto che i requisiti della scuola non erano sufficienti e che sussistevano altri problemi oltre a quello delle misure di sicurezza, dei certificati di agibilità e della durata del contratto di locazione dei locali;
sulla base delle precedenti considerazioni e come previsto all'articolo 20 della legge del 7 agosto 1990, n. 241, sul «silenzio assenso» i richiedenti hanno ritenuto che esistevano tutti i presupposti e, i requisiti previsti dalla legge al momento dell'apertura della scuola e, pertanto, hanno presentato la denuncia di inizio attività, come previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica del 18 aprile 1994, n. 389, all'articolo 1, comma 2;
giovedì 12 ottobre il Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, ha emesso un'ordinanza per disporre la chiusura provvisoria del suddetto istituto fino al rilascio del certificato di prevenzione incendi, dell'autorizzazione comunale e dell'autorizzazione dell'autorità scolastica che, come rilevato dal Prefetto e come affermato dal suddetto Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale, non era stata ancora rilasciata -:
se la domanda di autorizzazione per l'apertura della scuola araba di Via Ventura 4 sia stata presentata nei tempi, nei modi e all'indirizzo delle autorità previste dalla legge;
se siano state fornite ai Ministeri competenti le necessarie indicazioni sul progetto educativo e formativo, i contenuti dell'insegnamento, i programmi sottoposti agli alunni e se sia stata valutata l'idoneità e la conformità della suddetta documentazione rispetto ai principi della Costituzione e dell'ordinamento scolastico italiano;
perché né il Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale, né il Ministero della Pubblica Istruzione si sono pronunciati in merito alla documentazione di cui sopra fino al provvedimento di chiusura ordinato dal Prefetto;
se, secondo le sue valutazioni, nell'interesse degli alunni, delle famiglie e dell'istruzione pubblica, avendo aperto con un mese di ritardo rispetto all'avvio dell'anno scolastico italiano, la scuola araba possa ancora garantire un regolare percorso di studio, come lo stesso Prefetto Lombardi ha rimarcato nella suddetta ordinanza.
(4-01334)
DE CORATO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 6 novembre 2006 a Milano, in via Ventura 4, è stata riaperta da parte dell'associazione privata «Insieme» la scuola araba per classi primarie e secondarie di primo grado;
non si sa ancora come farà la suddetta scuola araba a far recuperare ai suoi alunni il grave ritardo di 47 giorni sul calendario scolastico italiano; né come potrà rispettare i programmi didattici e garantire la necessaria copertura dei 209 giorni di scuola previsti per legge;
lo scorso 8 novembre 2006, un'agenzia di stampa ha riportato le parole di una giovane laureata musulmana di nome Rassmea che ha affermato: «sto impegnandomi a fondo perché mio padre desista dall'intenzione di iscrivere la mia sorellina
di 4 anni in via Ventura. Per lei sarebbe come per altri una grave penalizzazione. Tutte le scuole hanno diritto di esistere, si tratta però di capire l'opportunità o meno di una formazione simile, oggi, in Italia. Per intenderci: se uno pensa di tornare in Egitto entro 1 o 2 anni potrebbe valere la pena di un insegnamento fortemente filo-arabo. Ma quanti fra coloro che sono venuti in Italia, che hanno trovato un lavoro e una casa pensano realmente di tornare a vivere nel nostro Paese sfidando l'alto tasso di disoccupazione? Al contrario se questi bambini e bambine dovranno invece diventare cittadini italiani una scuola araba rischia di procurare un gap formativo incolmabile e in definitiva di impedire un'efficace integrazione. Conosco tre sorelle mie amiche che hanno studiato in via Quaranta e che oggi non sono assolutamente in grado di interloquire con i loro coetanei o di pensare a fare una carriera come tutti. Sono praticamente ai margini delle possibilità che avrebbero potuto avere. C'è un'altra mia amica che, qualche anno fa, mi è stata mandata dal padre perché l'arabo che le era stato insegnato era classico e desueto che a stento non si sarebbe fatta deridere al Cairo. E in molti casi sapete cosa rispondono le famiglie? Tanto qualcuno della comunità se le sposerà e faranno le mamme e le mogli. Questo, dico io, in una società moderna non è giusto e mi piacerebbe che politici, opinionisti e istituzioni, prima di pensare solo a regolamento, carte bollate o a giudizi etnici, prendessero un po' più in considerazione il bene primario cioè, ribadisco, il futuro dei bambini»;
la giovane Rassmea, laureata in Scienze Politiche presso l'università Statale di Milano e attualmente insegnante di arabo in una scuola pubblica, rappresenta senza dubbio un esempio di integrazione nella nostra società realizzato anche grazie ad un percorso didattico e formativo nelle scuole italiane -:
quale sia la motivazione del parere favorevole espresso in merito all'apertura dell'istituto di via Ventura alla luce del fatto che, come la giovane Rassmea ha rilevato, quest'ultimo potrebbe rappresentare una scuola ghetto nella società milanese, ostacolando pesantemente il processo di integrazione sociale e culturale dei suoi alunni;
se intenda chiarire inoltre chi vigilerà sui programmi proposti agli alunni della scuola araba e sul contenuto delle lezioni svolte, considerando le oggettive responsabilità che il Governo si è assunto dando il via libera a questo progetto.
(4-01831)
Risposta. - Si risponde congiuntamente alle interrogazioni parlamentari in esame concernenti la scuola araba di Via Ventura n. 4 a Milano.
Sulla questione il rappresentante di Governo di questo Ministero ha già riferito in VII Commissione permanente del Senato il 26 ottobre 2006, rispondendo all'interrogazione n. 3-00177 del Senatore Amato.
Come già comunicato in quella sede, il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, in da 2 novembre 2006, ha adottato il provvedimento prot. n. 14385 con il quale il signor Mahmoud Othman, rappresentante legale della Associazione «Insieme», deve intendersi autorizzato ad avviare e gestire in Milano - via Ventura n. 4 - la scuola straniera denominata «Scuola araba bilingue», fermo restando ogni avverso ed esplicito avviso dell'autorità comunale competente.
Con questo provvedimento si è concluso un lungo e complesso iter istruttorio che, come è noto, ha interessato la competenza anche di altre amministrazioni pubbliche.
Si ricordano le fasi salienti di tale percorso.
Va premesso che il funzionamento di scuole ed organismi didattici ed educativi stranieri in Italia è disciplinato dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 389 del 18 aprile 1994. In attuazione di detto regolamento è stata emanata l'ordinanza ministeriale n. 5 del 13 gennaio 1999, recante nuove istruzioni per l'istruttoria e l'adozione dei provvedimenti di autorizzazione all'istituzione e al funzionamento di scuole e/o istituti educativi stranieri in Italia.
In presenza dei requisiti richiesti dal vigente quadro normativo, l'adozione del formale provvedimento di autorizzazione al funzionamento spetta attualmente al Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale nel cui territorio la scuola è ubicata, rientrando nel potere di vigilanza che l'Ufficio scolastico regionale esercita sulle istituzioni scolastiche straniere, ai sensi del regolamento di organizzazione del Ministero emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 319 dell'11 agosto 2003.
Ciò premesso, relativamente al caso della scuola di via Ventura n. 4 in Milano, il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia ha comunicato quanto segue.
In data 21 aprile 2006, il cittadino italiano Mahmoud Othman, in qualità di legale rappresentante dell'associazione «Insieme per la promozione dell'istruzione e della formazione dei giovani», ha presentato all'Ufficio scolastico la richiesta di autorizzazione al funzionamento, a partire dall'anno scolastico 2006/2007, della istituzione scolastica «Insieme - scuola araba bilingue», comprendente scuola dell'infanzia, scuola primaria e scuola media, con sede in Milano, via Ventura 4.
Alla richiesta è stata allegata la documentazione indicata di seguito:
atto costitutivo dell'associazione «Insieme»;
progetto della scuola araba bilingue con indicazioni didattiche e organizzative;
autocertificazione del legale rappresentante;
planimetria dei locali;
dichiarazione resa dal legale rappresentante al Consolato generale della Repubblica araba d'Egitto;
lettera del Consolato generale della Repubblica araba d'Egitto.
Il Ministero degli affari esteri ha espresso parere favorevole all'avvio della procedura relativa all'attivazione della istituzione scolastica in questione, e ciò anche alla luce dei rapporti di reciprocità ( in effetti in Egitto funzionano alcune scuole italiane).
L'Ufficio scolastico regionale, esaminata la documentazione, ha ritenuto di non potersi pronunciare nel merito fino al rilascio delle necessarie attestazioni circa l'agibilità ed idoneità dei locali per il particolare uso scolastico e il rispetto delle normative di sicurezza e antincendio.
Nelle more del procedimento, la scuola ha comunque iniziato le sue attività, dando inizio alle lezioni.
È noto che, con provvedimento in data 12 ottobre 2006, il Prefetto di Milano ha ordinato la chiusura provvisoria della scuola straniera in argomento fino al rilascio del certificato prevenzione incendi, dell'autorizzazione comunale e di quella dell'autorità scolastica.
Il provvedimento prefettizio è stato adottato a seguito della comunicazione del 10 ottobre 2006 con la quale il Comando provinciale dei Vigili del fuoco, dopo aver effettuato il relativo sopralluogo ha espresso parere contrario sulla richiesta di rilascio del Certificato di prevenzione incendi presentata dall'Associazione «Insieme», avendo riscontrato alcune difformità relativamente alle norme di prevenzione incendi.
Nel frattempo, il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale ha ritenuto opportuno approfondire alcuni punti di particolare delicatezza.
Il 18 ottobre 2006 si e quindi svolto, presso gli uffici di quella Direzione, un incontro con i rappresentanti del Consolato della Repubblica araba d'Egitto, al quale ha partecipato il Vice-Console, accompagnato da un interprete ufficiale.
Nel corso dell'incontro, sono state chieste precisazioni circa i programmi della scuola ed i libri di testo adottati nonché chiarimenti circa la necessaria vigilanza sul personale docente, la conformità dell'attività di insegnamento ai principi della Costituzione italiana, le verifiche sulla preparazione degli alunni frequentanti ed in particolare precisazioni circa l'insegnamento del Corano.
Al riguardo, il Vice Console ha chiarito che i programmi svolti nella scuola sono analoghi a quelli adottati in Egitto, mentre i libri di testo sono forniti dal governo della Repubblica egiziana, e si è impegnato a fornire in tempi brevi copia di programmi e libri adottati nonché l'elenco dei docenti della scuola.
Relativamente al personale docente, il medesimo Vice Console ha chiarito che trattasi di insegnanti di lingua araba, cittadini per i quali il Governo egiziano può garantire la correttezza e persone qualificate per quello che riguarda i titoli di studio, comunque persone che potrebbero insegnare in Egitto.
Circa la conformità ai principi costituzionali, il Vice Console ha precisato che la Costituzione della Repubblica araba d'Egitto si ispira a principi analoghi a quelli della Costituzione italiana e, comunque, alle costituzioni dei principali Paesi europei.
In merito all'insegnamento del Corano; il Vice Console medesimo ha dichiarato che i docenti di «cultura religiosa», in ogni caso, dovranno attenersi a quanto indicato dai programmi e dai libri di testo. Inoltre, circa le verifiche sulla preparazione, gli alunni saranno esaminati, con cadenza annuale, a partire dal terzo anno di scuola primaria.
A conclusione dell'incontro, il Vice Console si è impegnato a collaborare con le Autorità scolastiche italiane nello svolgimento della necessaria attività di vigilanza.
Da parte sua, l'Associazione «Insieme», come comunicato dal Ministero dell'interno, il 19 ottobre 2006 ha prodotto alla competente autorità ulteriore richiesta di rilascio del Certificato di prevenzione incendi cui, previo ulteriore sopralluogo presso l'edificio da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Milano, è seguito il rilascio del documento in parola con validità fino al 19 ottobre 2012.
Successivamente, in data 2 novembre 2006, il Direttore scolastico regionale ha adottato il provvedimento prot. n. 14385 con il quale, come già detto, il rappresentante legale dell'Associazione «Insieme» deve intendersi autorizzato ad avviare e gestire in Milano - via Ventura n. 4 - la scuola straniera denominata «Scuola araba bilingue», fermo restando ogni avverso ed esplicito avviso dell'autorità comunale competente. Nel provvedimento, tra l'altro, è previsto che, ai fini della presentazione al pubblico dell'attività della stessa scuola, il modulo di iscrizione ai corsi sottoscritto dagli utenti, nonché gli attestati e le certificazioni rilasciate dalla medesima, debbono precisare che la scuola non può rilasciare titoli di studio né intermedi né finali aventi il valore legale dei titoli di studio rilasciati dalle scuole italiane statali e paritarie.
Il provvedimento in parola è stato assunto dall'ufficio scolastico regionale dopo avere anche acquisito, tra l'altro: la nota dell'Azienda sanitaria locale città di Milano del 20 settembre 2006, recante parere favorevole all'istanza in esame «sotto il profilo igienico sanitario»; la perizia tecnica relativa alla conformità statica dei locali, asseverata e giurata in Tribunale e redatta da un perito iscritto all'albo professionale, presentata in data 29 settembre 2006; la documentazione relativa alla prevenzione incendi rilasciata dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco il 20 ottobre 2006; la relazione tecnica inviata dal Comune di Milano il 26 ottobre 2006 in relazione all'agibilità dell'edificio da adibire a scuola; copia della dichiarazione di fine lavori; copia dei programmi della scuola egiziana e copia dei libri di testo in lingua araba, la disponibilità della palestra tramite una convenzione con la scuola primaria di via Pini n. 3.
Per quel che concerne in particolare l'ordinanza del Prefetto di Milano in data 12 ottobre 2006, con la quale era stata ordinata la chiusura provvisoria della scuola straniera di Via Ventura n. 4 fino al rilascio del certificato di prevenzione incendi, dell'autorizzazione comunale e di quella dell'autorità scolastica, il Ministero dell'interno ha comunicato che, in data 19 ottobre 2006, l'Associazione «Insieme» ha prodotto ulteriore richiesta di rilascio del Certificato di prevenzione incendi cui, previo ulteriore sopralluogo del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Milano, è
seguito il rilascio del documento in parola con validità fino al 19 ottobre 2012.
Il Ministero dell'interno ha anche comunicato che, al verificarsi, delle condizioni richieste, il suddetto provvedimento prefettizio è cessato nei propri effetti e la scuola stessa dal 6 novembre 2006 ha ripreso la propria attività, come è noto all'interrogante.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
DE SIMONE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la direzione generale della Regione Sicilia, con prot. n. 4860 del 7 marzo 2006, ha esteso il beneficio della doppia valutazione del servizio prestato nelle scuole anche al comune parzialmente montano di Mussomeli;
di conseguenza il CSA (Centro servizi amministrativi) del comune di Caltanissetta, con le note 6052/b e 5931/c, ha modificato le graduatorie attribuendo il doppio punteggio solo a chi ha insegnato nel comune di Mossumeli;
a giudizio dell'interrogante, l'attribuzione del doppio punteggio nei comuni parzialmente montani è in palese contrasto con le disposizioni normative e con la lista emanata dal Miur, dove sono elencati tutti i comuni a cui spetta il raddoppio del punteggio -:
quali iniziative intenda intraprendere per risolvere la situazione esposta in premessa.
(4-01405)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare con la quale l'interrogante fa presente che a seguito della decisione della Direzione generale della Regione Sicilia di estendere il beneficio del punteggio valutato in misura doppia per il servizio prestato nelle scuole di montagna anche a quello svolto nelle scuole del comune parzialmente montano di Mussumeli, il Centro servizi amministrativi di Caltanissetta ha attribuito il doppio punteggio a chi ha insegnato nelle scuole di detto comune modificando le graduatorie, e chiede iniziative in quanto, a suo avviso, tale attribuzione è in palese contrasto con le disposizioni normative e con la lista emanata dal Ministero dell'istruzione dove sono elencati tutti i comuni che consentono il raddoppio del punteggio per l'insegnamento nelle scuole ivi ubicate.
Al riguardo si ritiene opportuno premettere che in data 26 gennaio 2007 la Corte costituzionale, con sentenza n. 10, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del paragrafo B.3) lettera h) della tabella prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 97 del 2004 e allegata al medesimo decreto, convertito con modificazioni dalla legge n. 143 del 2004, nella parte in cui, con riferimento ai comuni di montagna, non limita l'attribuzione del doppio punteggio alle scuole pluriclassi. Ad avviso della Corte costituzionale, infatti il solo criterio altimetrico non è in grado, se non ancorato alle condizioni dell'insegnamento, di fondare un diverso criterio di valutazione dei titoli di servizio.
Conseguentemente, a decorrere dall'anno scolastico 2003/2004 in esecuzione della citata sentenza, è annullata la doppia valutazione dei servizi prestati nelle zone di montagna ad eccezione di quelli svolti in pluriclassi di scuole primarie site in detti comuni; questa riduzione opererà già dalle nuove graduatorie, le cui domande sono in scadenza il 19 aprile, graduatorie trasformate dalla legge finanziaria 2007 in graduatorie ad esaurimento.
Ciò premesso in merito all'operato della Direzione generale dell'Ufficio scolastico regionale della Sicilia, si fa presente che a suo tempo detta Direzione ha attribuito il doppio punteggio ai docenti inseriti nelle graduatorie permanenti per il servizio prestato in scuole ubicate nel comune di Mussumeli, al di sopra dei 600 metri dal livello del mare, a seguito del parere espresso da questo Ministero circa la classificazione del comune di Mussomeli come comune di montagna ed analogo parere reso dall'Avvocatura dello Stato di Palermo.
Questo Ministero, infatti, aveva precisato che la classificazione quale «comune di montagna» va operata ai sensi della legge n. 90 del 1957 che a sua volta rinvia alla legge n. 991 del 1952. Quest'ultima legge stabilisce che per essere classificato «comune di montagna» il medesimo comune deve essere situato per almeno l'80 per cento al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare, ovvero, alternativamente, presentare un dislivello tra la quota altimetrica superiore e quella inferiore del territorio comunale non minore di 600 metri; sempre che, in entrambi i casi, il reddito imponibile per ettaro non superi le lire 2.400.
Tali requisiti sono stati accertati dalla Commissione censuaria centrale per il comune di Mussomeli e, come attestato dal Ministero delle politiche agricole e forestali del maggio 2005, il comune in questione è stato dichiarato dalla stessa Commissione «comune di montagna, parzialmente montano».
Il medesimo Dicastero delle politiche agricole e forestali ha anche chiarito che tale ultima precisazione non fa venir meno la classificazione dello stesso comune come «comune di montagna» ai sensi della legge n. 90 del 1957; infatti la legge n. 991 del 1952, richiamata dalla legge n. 90 precisava che il territorio comunale deve essere situato al di sopra dei 600 metri «almeno per l'80 per cento» con ciò riconoscendo la natura di «comune di montagna» anche ai comuni situati solo parzialmente oltre i 600 metri di altitudine e, pertanto, «parzialmente montani».
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
FABRIS. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124 garantiva, nel passaggio dagli Enti locali allo Stato dei lavoratori ATA (Ausiliari Tecnici Amministrativi) e ITP (Insegnanti Tecnico Pratici), la conservazione giuridica ed economica dell'anzianità maturata nell'Ente locale di provenienza;
il 20 luglio 2000 i sindacati maggiormente rappresentativi siglarono un accordo che di fatto comportò per i suddetti lavoratori una pesante decurtazione dell'anzianità di servizio e della retribuzione;
alcune sentenze della Corte di Cassazione (15 marzo 2005 e 25 gennaio 2005) hanno chiarito che l'accordo sindacale di cui sopra è privo di natura normativa e che ai lavoratori devono essere applicati tutti i trattamenti economici e normativi stabiliti dal CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro) comparto scuola;
in buona sostanza, con l'articolo 1, comma 218 della legge finanziaria 2006 è stato riprodotto il testo dell'accordo sindacale con l'intento di bloccare la retribuzione dei lavoratori che non avevano ancora fatto in tempo a concludere la causa di lavoro;
ciò costituisce uno stravolgimento dell'impianto originario dell'articolo 8 della legge del 1999, in quanto mira a disconoscere i diritti dei lavoratori e a cancellare tutti i procedimenti pendenti;
la Corte di Cassazione ha riconosciuto a molti lavoratori il diritto ad una giusta retribuzione per il servizio prestato, mentre tanti altri, pur trovandosi nella stessa situazione giuridica ma con un procedimento giudiziario ancora pendente, non hanno ancora visto riconosciuto tale diritto -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione, al fine di ripristinare il diritto al riconoscimento del servizio prestato e adottare i provvedimenti necessari per evitare situazioni di disparità tra i lavoratori, in applicazione di quanto originariamente previsto all'articolo 8 della legge 3 maggio 1999 n. 124.
(4-02125)
Risposta. - Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame, con la quale l'interrogante chiede provvedimenti per il
riconoscimento del servizio pregresso maturato dal personale dipendente dagli Enti locali, già in servizio nelle scuole ed istituti statali, e transitato allo Stato nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, al fine di evitare situazioni di disparità tra i lavoratori.
Si premette che è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, attualmente all'esame della Corte Costituzionale.
L'articolo 8 della suddetta legge ha posto a carico dello Stato il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale Ata statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in Vigore della legge n. 124, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina sulle modalità del trasferimento ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica, sentiti l'Associazione nazionale comuni d'Italia, l'Unione comuni comunità enti montani e l'Unione province d'Italia.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale Ata proveniente dagli enti locali è riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi, in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati ai comuni e alle province da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato un apposito accordo dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, accordo che, come previsto dalla legge, è stato poi recepito dal decreto 5 aprile 2001 adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri d'inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico» e cioè collocando gli interessati nella posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio. Ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali (se superiore rispetto a quello dello Stato) nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge 124 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda, è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti - nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la
retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali di settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «Scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità di servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n. 124 è stata applicata dall'Amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'Amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro già rilevato dall'interrogante, in Corte di cassazione con la soccombenza dell'Amministrazione. Ma vi sono anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'Amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'Accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa ditale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola.
In presenza di questa situazione, è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa.
Si conviene con l'interrogante circa la situazione di disomogeneità che la vicenda ha determinato nell'ambito del personale interessato e si assicura che il Ministero sta seguendo con grande attenzione questa complessa vicenda anche ricercando d'intesa con il Ministero dell'economia soluzioni che consentano parità di trattamento e compatibilità finanziaria, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
FITTO e LAZZARI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è drammatica la situazione finanziaria presso il Tribunale di Lecce dove negli scorsi giorni è finita addirittura la carta per fare le fotocopie paralizzando l'attività dei magistrati e del personale impiegato negli uffici giudiziari;
è necessario evidenziare che questo fenomeno della mancanza di risorse finanziarie, dopo i «tagli» al bilancio della giustizia, è comune a tutti gli uffici giudiziari del nostro Paese, ma hanno raggiunto effetti particolarmente negativi per l'amministrazione della giustizia nella città di Lecce, tanto che alcuni magistrati hanno deciso di acquistare, a proprie spese, la carta per fotocopiare ordinanze di custodia cautelare, sentenze e gli atti di indagine allegati alle ordinanze;
siamo di fronte ad una situazione intollerabile e paradossale che mette in crisi il servizio giustizia che rappresenta una delle funzioni fondamentali dello Stato;
il Ministro Mastella ha dichiarato, in Parlamento, che vuole ridurre la durata dei processi, ma poi il Governo lo smentisce «tagliando» in misura eccessiva i fondi per
la giustizia e determinando gravi problemi funzionali per gli uffici giudiziari;
ai problemi legati alla crisi «di liquidità» del Tribunale di Lecce era stato fatto riferimento anche in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario -:
se sia a conoscenza della grave situazione finanziaria e funzionale in cui versano gli uffici giudiziari di Lecce;
come e in quali tempi intenda intervenire per eliminare celermente gli inconvenienti citati in premessa e per evitare il determinarsi di una situazione di paralisi nell'amministrazione della giustizia che danneggerebbe pesantemente i cittadini.
(4-02445)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si fa, innanzitutto, presente che gli sforzi tesi a dare maggiore celerità ai tempi della giustizia e a garantire l'attuazione del principio fondamentale, sancito dalla nostra Carta costituzionale, della tutela giurisdizionale dei diritti, si sono sostanziati nella presentazione, d'iniziativa del Ministro della giustizia, di tre disegni di legge di riforma del processo civile, del processo penale e dell'ordinamento giudiziario.
Per quanto riguarda, poi, la situazione dei fondi sui capitoli gestiti da questa Amministrazione, si evidenzia, preliminarmente, che gli stanziamenti relativi all'anno 2006 furono ridotti dai noti tagli effettuati dalla legge finanziaria mediamente nell'ordine del 50 per cento e, per alcuni capitoli, anche in percentuale superiore. Di conseguenza, l'Amministrazione si è trovata costretta a ridurre, in analoga misura, le assegnazioni ai funzionari delegati, i quali provvedono discrezionalmente alla ripartizione dei fondi a seconda delle esigenze rappresentate dagli uffici giudiziari del distretto.
In particolare, per ciò che concerne la situazione dei capitoli di spesa del tribunale di Lecce, relativamente alle spese di ufficio, si comunica che nel corso dell'esercizio finanziario 2006 è stato accreditato alla Corte di appello di Lecce l'importo complessivo di 143.140 euro, di cui 39.163,62 per soddisfare i debiti contratti nell'anno 2005.
Per quanto riguarda l'assistenza e l'acquisto di materiale (tra cui la carta e il toner), per il funzionamento delle fotocopiatrici e delle apparecchiature fax di proprietà di questa Amministrazione, sul capitolo 1468, per la gestione dell'anno 2006, alla Corte di appello di Lecce è stato accreditato l'importo complessivo di 178.000 euro.
Infine, si riferisce che per garantire il servizio di trascrizione degli atti dibattimentali, a favore della Corte di appello di Lecce, per la gestione dell'anno 2006, è stato accreditato l'importo complessivo di 780.549,86 euro. Nel corso dello stesso anno, per soddisfare debiti contratti nell'anno 2005, è stato accreditato l'importo di 389.34,96 euro.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
FRASSINETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
l'UNIRE - Unione nazionale incremento razze equine, ente preposto, tra l'altro, al controllo delle corse soggette a scommesse, è vigilato dal ministero delle politiche agricole e forestali, che ha recentemente nominato un commissario governativo dell'ente nella persona del signor Guido Melzi D'Eril;
l'attività dell'ente relativa al controllo delle corse soggette a scommesse - esercitato, sul campo, attraverso gli addetti al controllo disciplinare, articolato nei controlli antidoping (sostanze proibite) e delle fasi di corsa - riveste particolare importanza in relazione all'introito dell'ordine delle centinaia di milioni di euro, che ne deriva alle pubbliche finanze attraverso le concessioni dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, considerando la riduzione che detto introito potrebbe
subire qualora si verificassero frodi, per l'alterazione dolosa dei risultati;
le riduzioni di spesa necessarie per il ripianamento del passivo di bilancio dell'ente possono essere rivolte alla razionalizzazione delle spese - ad esempio la voce principale del comparto disciplinare, le trasferte, limitabili a macroaree - al fine di evitare la perdita di posti di lavoro, orientamento di equità e solidarietà sociale che è stato condiviso dallo stesso Ministro;
al contrario, secondo l'interrogante, in modo autenticamente antisociale, proprio sul gradino più basso degli addetti al controllo disciplinare, commissari di pista del trotto e ispettori antidoping, si è rivolta la riduzione di spesa deliberata per il febbraio 2007 dal nuovo commissario governativo Melzi D'Eril;
questo è avvenuto attraverso la riduzione delle nomine mensili degli addetti presso gli ippodromi - evidentemente delegandola ad un proprio collaboratore non meglio precisato, in sostituzione del Segretario generale dell'ente - che prevedono un solo commissario e un solo ispettore antidoping dove fino a gennaio 2007 e da cinque anni ne erano nominati due, quindi con la riduzione del 50 per cento (cinquanta per cento) delle giornate lavorative e della retribuzione;
i controlli sulle frodi, necessari a garantire gli scommettitori e tutti gli operatori economici del settore, avrebbero dovuto indurre l'U.N.I.R.E. a non abbassare così drasticamente i livelli di sorveglianza, in modo tale da incidere significativamente sul regolare andamento tecnico e disciplinare delle riunioni di corse, in relazione alle molteplici funzioni dei commissari e degli ispettori antidoping;
dette funzioni, che richiedono la presenza di almeno due commissari e ispettori antidoping, sono, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
a) di sorveglianza della condotta disciplinare dei guidatori;
b) di continua comunicazione alla Giuria su ogni fatto e contestazione che dovesse insorgere nelle scuderie e nelle corse;
c) di espulsione dai luoghi che si trovano sotto la giurisdizione dei soggetti che turbano il buon ordine delle corse, in pista e nel recinto delle scuderie, o che comunque commettano azioni scorrette;
d) di controllo delle fasi pre-corsa dei cavalli partecipanti, sino all'entrata in pista degli stessi;
e) di sovraintendere alle operazioni connesse all'eventuale aggiudicazione ed acquisto dei cavalli partecipanti alle corse «a reclamare»;
f) di controllo della efficienza degli impianti gestiti dalle società di corse;
g) per gli ispettori antidoping, di applicazione del disciplinare per il controllo delle sostanze proibite;
già l'ente, nella riduzione di spesa, del proprio bilancio, circa due anni fa, aveva colpito questa categoria con l'eliminazione del riconoscimento delle indennità di trasferta, per quasi il 40 per cento della retribuzione mensile, e, vista una reazione evidentemente limitata della categoria, dovuta alla precarietà del contratto, oggi la colpisce nuovamente;
il provvedimento in questione è andato a far gravare le pur utili economie di spesa dell'ente su lavoratori del livello retributivo di base, già al limite della sussistenza personale, per non dire di figli o familiari a carico, senza tutela assicurativa e con quella previdenziale figurativa, attraverso una decisione unilaterale dell'ente, senza sentire le associazioni di categoria;
questo è avvenuto in spregio delle stesse assicurazioni date dal Ministro De Castro sulla tutela delle fasce di reddito più deboli e di salvaguardia del diritto al lavoro, ancorché di lavoratori precari, in quanto con contratto, rinnovato annualmente, di collaboratori coordinati e continuativi - tra gli ultimi della pubblica
amministrazione, a far data dal marzo 2001 un primo gruppo e dal settembre 2002 i rimanenti - e retribuiti a giornata come i braccianti agricoli;
le funzioni ricoperte dal secondo commissario e ispettore antidoping dell'ente verrebbero ricoperte da personale dipendente dalle società di corse (ippodromi), in pratica sostituendo i controllori con i controllati, secondo una direttiva che sarebbe già stata emanata dall'ente agli ippodromi, secondo l'interrogante in aperto contrasto con quanto previsto dal decreto ministeriale (MIPAF) 19 marzo 2002 e successive modificazioni, recante le norme in materia di incompatibilità con le funzioni di addetto al controllo e disciplina corse;
detto provvedimento, oltre a far varcare la soglia della povertà ad un gruppo di 85 lavoratori precari di lungo corso (reddito mensile medio netto pro-capite a febbraio per i Commissari euro 545,00 e per gli Ispettori euro 326,00), appare volto a prevenire eventuali contestazioni;
ciò in considerazione del fatto che oltre alla riduzione di giorni lavorativi e di retribuzione è stata operata una ostentata sperequazione nel numero dei giorni lavorativi assegnati, ad esempio due ad alcuni e otto ad altri, quasi si intendesse innescare, la proverbiale «guerra tra poveri» in grado di isterilire qualsiasi legittima protesta;
appare difficile ritenere che il ministro vigilante - o lo stesso commissario straordinario - possa avallare o tollerare coscientemente un comportamento così lesivo, nel merito e nel metodo, della dignità di questi lavoratori e delle più elementari norme di solidarietà sociale ai danni di soggetti e famiglie in gran parte monoreddito e che, non colpisce gli sprechi ma la retribuzione base del livello più basso;
a titolo esemplificativo degli sprechi operati dall'ente, proprio a febbraio 2007, il costo di una Giuria è pari alle decurtazioni inflitte ai lavoratori di cui sopra, con risultati avvilenti sul piano del contrasto ad attività illecite -:
quali provvedimenti urgenti intendano assumere i Ministri interrogati.
(4-02579)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto, si evidenzia che le nomine degli addetti alla vigilanza delle corse dei cavalli (giurie, starter, handicapper, commissari, veterinari, ispettori antidoping, ispettori coadiutori ecc. per il trotto, e commissari di terna, starter, ispettori di percorso, ispettori alla forma, veterinari, ispettori antidoping ecc. per il galoppo) rispondono a criteri di trasparenza, funzionalità, certezza del controllo della regolarità dello svolgimento delle gare e di economicità, in linea con le disponibilità di bilancio, che impongono per il corrente anno incisive riduzioni di spesa, peraltro, non riguardanti solo gli addetti alla vigilanza ma tutte le categorie ippiche.
L'Unione nazionale incremento razze equine, in merito alle nomine degli addetti al controllo e disciplina corse, disposte per i mesi di febbraio e marzo 2007, ha applicato, in piena trasparenza, i criteri previsti dalla vigente disciplina in materia, al fine di assicurare una più razionale distribuzione degli incarichi e di evitare proprio quella «ostentata sperequazione nel numero dei giorni lavorativi assegnati» verificatasi talvolta in passato.
La riduzione operata garantisce lo stesso livello di efficienza, come comprovato dai risultati lusinghieri conseguiti sul piano della vigilanza e controllo delle corse, con un risparmio medio per ogni giornata di corse in programma nel singolo ippodromo, rispetto al 2006, di circa 1.000 euro (4.301 euro nel 2006 contro i 3.353 di febbraio 2007).
Ne consegue che non risulta alcun abbassamento dei livelli di sorveglianza, in quanto la redistribuzione degli incarichi si concretizza nella eliminazione degli esuberi con un miglior presidio degli ippodromi nei quali vi è un obiettivo rischio di irregolarità.
Del resto, la qualifica di funzionario addetto alla vigilanza non garantisce nella maniera più assoluta lauti compensi mensili.
L'accesso alla qualifica, ottenuto attraverso la partecipazione a corsi, non costituisce altro se non il diritto alla iscrizione in elenchi dai quali trarre le nomine.
Ciascun funzionario è consapevole che il contratto sottoscritto con l'Unire, le cui condizioni sono state congegnate anni fa dalle pregresse gestioni, non garantisce affatto il mantenimento di determinate posizioni.
Il funzionario, in base al contratto, assicura la propria disponibilità allo svolgimento di incarichi su richiesta dell'Unire, richiesta che viene formulata a seguito di una valutazione delle specifiche esigenze inerenti all'organizzazione delle singole giornate di corsa, di esclusiva competenza dell'ente.
Del resto, il risparmio maggiore si ottiene non già con la diminuzione degli addetti bensì proprio con la limitazione delle trasferte.
In ordine alla lamentata riduzione da due ad un commissario, si precisa che l'articolo 78 del regolamento delle corse al trotto prevede esplicitamente che la direzione delle corse è composta (oltre a giudici campo, starter ecc.) da uno o due commissari.
La nomina di due commissari, quindi, non è la regola ed anche se negli ultimi anni è avvenuto, ciò non ha certamente determinato alcuna modifica tacita del regolamento.
Si dovrà valutare, invece, di volta in volta, l'opportunità di nominare due commissari anziché uno, così come è accaduto anche nella attuale applicazione dei criteri di nomina in casi particolari.
Quanto all'utilizzo di personale delle società, non si riscontra alcuna incompatibilità per i predetti collaboratori messi a disposizione dalle società, laddove gli articoli 78 regolamento delle corse al trotto e 69 regolamento delle corse al galoppo sono diretti a far gravare sulle società di corse il costo di servizi che altrimenti dovrebbero gravare sull'ente, già in obiettive difficoltà.
Pur tenendo conto dei requisiti di professionalità ed esperienza indispensabili per una adeguata vigilanza delle corse, l'Unire ha ritenuto necessario quindi applicare i seguenti criteri già previsti dalla disciplina regolamentare:
1) contenimento della spesa, con conferimento degli incarichi a livelli regionali o, in casi di effettiva necessità, interregionali, con riferimento alla residenza del nominato, così come del resto prescrive l'articolo 4 del regolamento degli addetti al controllo;
2) contenimento della spesa, consentendo - previa modifica del relativo disciplinare per le corse al trotto ed al galoppo allegato alle deliberazioni commissariali del 4 aprile 2003 n. 36 e del 30 giugno 2003 n. 69 - la possibilità di nominare un solo ispettore antidoping ed un solo veterinario;
3) turnazione effettiva, con distribuzione delle nomine in misura tendenzialmente uguale per tutti a parità di anzianità, professionalità ed esperienza. La questione delle nomine limitata ad un solo mese non appare condivisibile atteso che la perequazione va stimata su proiezione annuale, in quanto l'attività dei diversi ippodromi è diversificata mese per mese (ad es. se ippodromi come Milano e Torino trotto non ospitano convegni nel mese di agosto, è chiaro che in tale mese sono impiegati commissari lombardi). L'effettiva turnazione, in realtà, è un elemento fondamentale di svolta verso la trasparenza e l'equità, attraverso l'adozione di criteri quanto più possibile obiettivi, senza incorrere nelle sperequazioni del passato che hanno dato adito a più di una interrogazione parlamentare;
4) deroga ai principi di cui sopra, solamente per le nomine «in aree che possono presentare criticità o per eventi di notevole rilevanza», così come contemplato dal ricordato articolo 4 del Regolamento;
5) applicazione effettiva dell'articolo 78 del Regolamento per le corse al trotto e dell'articolo 69 delle corse al galoppo, nella parte in cui obbligano le società di corse, per ogni riunione, a mettere a disposizione della Direzione della corsa e/o dei veterinari
- ove ritenuto necessario dalla Direzione delle corsa in base alla richiesta del veterinario - almeno un collaboratore;
6) contenimento della spesa nella nomina degli handicapper.
Quanto all'affermazione relativa alla redazione delle nomine «delegata» a collaboratori non meglio precisati, si osserva che il Commissario dell'ente, avvalendosi della propria esperienza nel settore, si è limitato a richiamare le aree interessate all'osservanza dei criteri per le nomine, già previsti dai regolamenti, suggerendone i sistemi applicativi, senza avocare nessun potere ai riguardo; potere che resta rimane, come da regolamento, in capo al Segretario generale ed ai dirigenti delle aree interessate.
Infine, quanto alla censura relativa agli «sprechi» operati dall'ente nel mese di febbraio per gli addetti al controllo dell'ippodromo di Aversa, si evidenzia che la vera lotta al doping ed all'inquinamento malavitoso degli ippodromi (anche in considerazione della diminuzione di introito che deriverebbe alla pubblica amministrazione dalle scommesse qualora si verificassero frodi per l'alterazione dolosa dei risultati) non può basarsi sulla quantità senza certezza ma sulla qualità con risultati sicuri.
Le condizioni delle riunioni presso l'ippodromo di Aversa erano assolutamente insostenibili e proprio gli sforzi ultimamente profusi in controtendenza rispetto al passato hanno consentito, in sinergia con le forze dell'ordine e con il Nucleo operativo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di evidenziare e nel contempo prevenire fenomeni malavitosi.
Del resto, gli stessi operatori ippici campani, la stampa e l'opinione pubblica hanno espresso apprezzamento per i risultati ottenuti, a costi conformi al disposto di cui all'articolo 4 del Regolamento di gestione degli addetti al controllo e disciplina delle corse.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
GALANTE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la sentenza n. 4994 del 2000 della Sezione tributaria della Corte di cassazione ha stabilito che il soggetto obbligato a corrispondere la tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) delle scuole è il Ministero della Pubblica Istruzione. La Corte di Cassazione ha così rigettato un ricorso presentato dal MIUR, ritenendo che la tassa sui rifiuti solidi urbani sia un tributo relativo non all'immobile ma all'attività produttiva di rifiuti esercitata dall'occupante o dal detentore dello stesso. Pertanto, essendo tale produzione direttamente correlata all'attività d'istruzione, essa risulta essere di stretta pertinenza del relativo dicastero e non degli Enti locali;
l'articolo 3 della legge n. 23 del 1996 stabilisce le spese generali d'ufficio a carico degli EELL e successivamente la sentenza n. 17617 della Suprema Corte di Cassazione, in applicazione delle disposizioni previste dalla legge 11 gennaio 1996, n. 23 sull'edilizia scolastica ha disposto che la TARSU non può essere considerata quale «spesa varia d'ufficio», che per legge grava sui comuni, ma spesa correlata all'effettiva utilizzazione dell'immobile da parte dell'amministrazione scolastica per il concreto espletamento dell'attività, e quindi a suo carico, accogliendo così le doglianze di un comune del napoletano in relazione a un avviso di accertamento Tarsu impugnato dall'amministrazione scolastica;
l'ufficio V del MIUR, con le note n. 1251 del 14 maggio 2002 e n. 1591 del 22 maggio 2003, ha indotto le istituzioni scolastiche a liquidare le spettanze dei Comuni con i fondi della scuola alimentando il fenomeno nuovo dei residui attivi «fantasmi» perché non reintegrati dal MIUR stesso;
la seduta del 6 settembre 2001 della Conferenza Unificata Stato-Città ed Autonomie Locali ha definito il pagamento della TARSU relativa agli edifici scolastici il cui onere è stato attribuito, in via definitiva, agli istituti scolastici e quindi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ri
cerca con il quale ANCI ed UPI hanno concordato in 75 miliardi la somma che lo stesso Ministero dovrà destinare all'uopo;
l'articolo 21 della legge n. 59 del 1997 e la successiva integrazione del decreto-legge n. 240 del 2000 ha stabilito che la dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche è costituita dall'assegnazione dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico ed è suddivisa in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa. L'integrazione stabilisce inoltre che la «dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire l'acquisizione da parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali necessari a garantire l'efficacia del processo di insegnamento-apprendimento nei vari gradi e tipologie dell'istruzione», è «spesa obbligatoria ed è rivalutata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata»;
la dotazione ordinaria di cui alla legge n. 59 del 1997, dal 2001 in poi è stata ridotta del 20 per cento su base annua e dal 2003 non è più stata erogata la dotazione perequativa, di fatto determinando nelle scuole dell'autonomia dei programmi annuali di pura sopravvivenza;
invece dei 75 miliardi annui da destinare alla Tarsu, il MIUR nel 2002 ha stanziato la somma di 34,438 milioni di euro, nel 2003 5,843 milioni di euro e nel 2004 solo 12 milioni di euro; in questo modo scaricando sulle scuole dell'autonomia la responsabilità del mancato pagamento della tassa, nonché l'onere di trovare soluzioni -:
se intenda assumere la responsabilità economica in relazione al pagamento della Tarsu nelle scuole e quindi fare loro pervenire la differenza non corrisposta di quanto stabilito in sede di Conferenza Unificata;
se intenda adottare iniziative affinché sia rivalutata la dotazione ordinaria e quella perequativa sulla base dell'inflazione degli ultimi anni.
(4-00403)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante, con riferimento alla tassa sui rifiuti solidi urbani dovuta dalle scuole ed ai finanziamenti a tal fine disposti dall'Amministrazione scolastica, chiede, attesa l'insufficienza dei medesimi rispetto all'onere gravante sulle scuole che detti finanziamenti vengano integrati e che siano anche adottate iniziative affinché sia rivalutata la dotazione ordinaria del bilancio delle istituzioni scolastiche.
Il problema riguardante il pagamento della tassa sui rifiuti urbani da parte delle istituzioni scolastiche è ben noto all'interrogante. Si ricorda che con l'entrata in vigore della legge 11 gennaio 1996, n. 23, sulla base del parere n. 1784 del 1996 del Consiglio di Stato - che considerava l'onere in questione rientrante tra le «spese varie d'ufficio» di cui all'articolo 3 della legge citata - e su conforme avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'anno 1999 furono emanate, rispettivamente dai Ministeri della pubblica istruzione, dell'interno e delle finanze, tre apposite circolari, con le quali l'onere citato veniva riconosciuto in capo ai comuni per le scuole dell'obbligo ed alle province per quelle superiori.
Successivamente, su iniziativa degli Enti locali interessati, la questione fu portata più volte all'attenzione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali con alterne vicende, fino all'ultima decisione assunta nel corso della riunione del 6 settembre 2001, nella quale - si conveniva che le spese per la tassa in oggetto fossero «a carico dello Stato»; ciò - anche sulla scorta della sentenza n. 4944 del 9 febbraio-18 aprile della Corte di cassazione che decideva in merito ad uno specifico contenzioso, sia pure avviato nel lontano 1989 (prima, cioè, della legge n. 23 del 1996), ponendo l'onere a carico dell'Amministrazione scolastica.
Contestualmente si affermava la necessità di reperire un apposito stanziamento in bilancio e si rinviava ad un incontro tecnico per la determinazione della cifra annua attribuibile forfettariamente ai Comuni per la tassa in questione; cifra, questa,
successivamente quantificata, d'accordo con gli altri soggetti interessati, in lire 75 miliardi (attuali euro 38.734.267).
A tali fini i vari decreti relativi alla ripartizione in capitoli del bilancio di previsione dello Stato, hanno stanziato solo per il primo anno (2002) la somma di euro 38.734.267 (pari a lire 75 miliardi) - incardinandola, peraltro, impropriamente in un capitolo di bilancio destinato alla «integrazione delle spese di funzionamento»; nei successivi esercizi finanziari sono state appostate cifre diverse, ma comunque progressivamente inferiori.
Questa è la situazione ereditata; ora si sta lavorando per trovare una soluzione. Sono attualmente in corso incontri con l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia per trovare un accordo.
Con riguardo alle dotazioni delle istituzioni scolastiche si fa anche presente che l'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) introduce una semplificazione nelle procedure di assegnazione delle risorse alle istituzioni scolastiche medesime, prevedendo che le stesse siano attribuite dal Ministero della pubblica istruzione direttamente alle scuole, sulla base di criteri e parametri definiti con decreto ministeriale.
Con il decreto ministeriale n. 21 del 1o marzo 2007 sono stati individuati i criteri e i parametri e si è quindi proceduto alla predisposizione del piano di riparto delle risorse per la determinazione della dotazione finanziaria da assegnare a ciascuna istituzione scolastica.
I fondi assegnati, pari a oltre tre miliardi di euro, sono accorpati in due grandi capitoli, spese per il funzionamento amministrativo e didattico e spese per il personale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
GALANTE. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che nella città di Padova una donna immigrata clandestina pagava ad un italiano, di cui non sono state rese note le generalità, circa 70 euro di affitto al giorno per un letto ed un bagno in cantina;
la donna viveva in un alloggio di circa 12 metri quadri, in precarie condizioni igieniche, ricavati abusivamente in una cantina;
l'alloggio è stato scoperto all'alba durante un'operazione straordinaria di controllo, condotta congiuntamente dagli agenti della questura di Padova e dai carabinieri del capoluogo euganeo, nella zona di Via Anelli, dove è stato eretto il cosiddetto «muro antispaccio»;
sembra che la «cantina-alloggio» fruttasse oltre 2000 euro al mese di affitto e che sia di proprietà di una cittadina padovana al momento dichiarata estranea alla vicenda;
la vicenda sopra descritta evidenzia in maniera eclatante una situazione di degrado sociale insostenibile dove l'illegalità di alcune situazioni affittuarie tocca il culmine -:
quali iniziative il Ministro, secondo le proprie competenze, intenda porre in essere per stroncare il lucroso mercato degli affitti «capestro».
(4-02514)
Risposta. - L'interrogazione in esame si inquadra nel generale fenomeno del «caro affitti», che l'Italia da molti anni ormai si trova ad affrontare, per la scarsità di offerta di alloggi, ma anche per la facilità con cui prospera il mercato sommerso.
In questo quadro ovviamente gli immigrati sono i più esposti agli abusi e sono costretti ad accettare «affitti capestro» come nel caso segnalato nell'interrogazione.
Il Governo ha prestato la massima attenzione al problema, presentando un disegno di legge per l'emergenza abitativa, che come è noto è stato recentemente approvato con legge 8 febbraio 2007, n. 9, che, accanto alla proroga degli sfratti per le famiglie più disagiate, prevede l'avvio di un tavolo di concertazione tra tutte le parti interessate per definire un programma nazionale
di edilizia residenziale, finalizzato all'aumento dell'offerta di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, anche mediante l'acquisizione ed il recupero di edifici esistenti, oltre a proposte normative di natura fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, con l'impegno di trovare, con il contributo degli enti locali, le risorse economiche necessarie alla realizzazione del piano.
Appare, altresì, evidente che solo ampliando l'offerta di alloggi in locazione pubblici o privati a canoni calmierati e sostenibili è possibile dare risposte adeguate ed evitare, nel contempo, il generarsi di forme di razzismo. Un fenomeno che non può che essere alimentato da una parte, da fattori come la competizione tra italiani ed immigrati nelle lunghe liste per l'assegnazione di alloggi pubblici, dall'altra dall'offerta di alloggi con contratti di affitto extra legge.
Con riguardo specifico agli immigrati, il Ministero della solidarietà sociale intende infine utilizzare una parte del Fondo per l'inclusione sociale previsto dalla legge finanziaria per il 2007 proprio per interventi diretti ad affrontare le maggiori emergenze di degrado sociale abitativo degli stranieri extracomunitari.
Il Ministro della solidarietà sociale: Paolo Ferrero.
GARAGNANI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la legge 61/05 approvata dal Parlamento stabilisce l'istituzione del «giorno della libertà» e soprattutto nelle scuole risulta sostanzialmente disapplicata, mancando una circolare (iniziativa presa invece dal precedente Ministro Moratti) che invita le componenti scolastiche a celebrare la ricorrenza del 9 novembre, evento significativo per tutta l'Europa e soprattutto per le giovani generazioni per anni abituate, nei testi scolastici e nelle lezioni di storia, ad una visione del comunismo, secondo l'interrogante, assolutamente non rispondente alla realtà quando non deliberatamente falsificata, a parte ovviamente, eccezioni di coraggiosi insegnanti, purtroppo minoranza, in un corpo docente, sempre ad avviso dell'interrogante, nella maggioranza largamente politicizzato ed ideologizzato;
l'interrogante non vuole credere che il silenzio del Ministro sul significato del 9 novembre dipenda dalla presenza nel Governo di esponenti che si rifanno ancora al cosiddetto «socialismo reale» o alle pressioni eventualmente attuate sugli orientamenti del ministero;
rammenta, inoltre, che la scuola svolge per sua intima essenza una funzione educatrice e che il rispetto dei valoridi libertà e democrazia, violati e conculcati dal comunismo è alla base della formazione delle giovani generazioni e che se si ricordano giustamente i misfatti del nazifascismo debbono in modo altrettanto chiaro essere condannati i crimini del comunismo medesimo e che i docenti non possono sottrarsi a questo compito essenziale -:
se intenda attivarsi nelle sedi competenti per una pronta applicazione di una legge liberamente votata dal Parlamento.
(4-01586)
Risposta. - Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante rileva che il Ministero non ha per l'anno 2007 diramato alcuna circolare per invitare le istituzioni scolastiche a celebrare il «Giorno della libertà», istituito dalla legge n. 61 del 15 aprile 2005, e fa contestualmente presente che iniziativa in tal senso era stata invece presa lo scorso anno dal precedente Ministro Moratti.
A tale proposito, si comunica quanto segue.
Come è noto, la suddetta legge, nel dichiarare il 9 novembre «Giorno della libertà» in ricordo dell'abbattimento del muro di Berlino, prevede «momenti di approfondimento nelle scuole» che vanno definiti da ciascuna istituzione scolastica autonoma nell'ambito del piano dell'offerta formativa.
Le relative azioni, infatti, rientrano nell'autonomia didattica che questo Governo
ha scelto di potenziare e valorizzare. Proprio per rispettare e valorizzare l'autonomia delle istituzioni scolastiche - che, è bene ricordarlo, ha assunto rilevanza costituzionale con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 - non sono state emanate circolari ministeriali in occasione di altre ricorrenze analoghe.
Va da sé che i dirigenti scolastici e le singole comunità scolastiche - avendo conoscenza della legge, che è pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 95 del 26 aprile 2005 - sono pienamente legittimati a svolgere le iniziative ritenute più opportune per illustrare il significato della Giornata istituita dalla legge stessa.
In effetti, da notizie acquisite attraverso contatti ed interlocuzioni con gli uffici scolastici periferici, il Ministero era a conoscenza che le scuole avevano organizzato e predisposto, ciascuna nella propria competenza, momenti di riflessione, di studio, di confronto e di approfondimento sulla caduta del muro di Berlino e sui valori della democrazia, della libertà, del rispetto della persona e della convivenza.
Pertanto il Ministero, nel rispetto della piena autonomia delle scuole ed in coerenza con l'orientamento assunto in analoghe circostanze, si è astenuto dall'emanare la rituale circolare ma non ha trascurato di seguire le iniziative delle scuole stesse per la ricorrenza.
Quanto all'iniziativa che avrebbe preso il precedente Ministro Moratti per celebrare la giornata, invero, non risulta che il medesimo Ministro abbia in proposito emanato una specifica circolare a sua firma; esiste agli atti del Ministero solo una nota, datata 11 ottobre 2005, protocollo n. 5841, a firma del Direttore generale per lo studente, dottoressa Mariolina Moioli.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
GIACHETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si apprende, in base a quanto riportato sul sito de Il Corriere della Sera del 27 marzo 2007, che un regista originario di Cesena, Lorenzo Bassano, sarebbe stato fermato all'aeroporto di Dubai City e trovato in possesso di 0,80 grammi di hashish;
le pene previste in base alla legislazione degli Emirati Arabi vanno da un minimo di quattro anni per detenzione di sostanze stupefacenti ad un massimo, qualora venisse accusato di spaccio, coincidente con l'ergastolo o la pena capitale;
in base alle testimonianze del fratello, che si sarebbe già attivato presso il Consolato e l'Ambasciata italiana a Dubai, si apprende che il regista avrebbe il morbo di Crohn, una seria malattia dell'apparato digerente che impone, a chi ne è affetto, uno speciale tipo di alimentazione;
sempre secondo il racconto del fratello, risulterebbe che il regista avrebbe già perso 10 kg perché impossibilitato a mangiare il cibo che gli viene offerto proprio per non rischiare di morire per questo;
appare evidente che, anche in caso di una condanna a quattro anni, le condizioni di salute di Lorenzo Bassano sarebbero incompatibili con un regime di detenzione anche minimo -:
se non ritenga urgente adoperarsi, presso le sedi competenti di Dubay city, attivando le Ambasciate e il Consolato italiano degli Emirati Arabi per individuare una possibile soluzione della vicenda, e soprattutto se non si ritenga necessario fare pressioni sul Capo del Governo, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, affinché, considerato il quadro preoccupante delle sue condizioni di salute, conceda la grazia al regista italiano Lorenzo Bassano.
(4-03126)
Risposta. - Il signor Lorenzo Bassano è stato tratto in arresto dalle locali autorità di polizia all'aeroporto internazionale di Dubai in data 21 marzo 2007 perché trovato in possesso di circa 0,8 grammi di hashish e trasferito nel centro di detenzione dello stesso aeroporto, dove tuttora permane recluso.
L'Ambasciata in Abu Dhabi e l'Agenzia consolare in Dubai venute a conoscenza dell'arresto del connazionale, si sono prontamente attivate al fine di fornirgli ogni possibile assistenza. Si è in particolare provveduto a stabilire un contatto con i familiari dell'interessato, fornendo loro una lista di avvocati, che potessero garantire al signor Bassano adeguato supporto legale.
Informata del particolare stato di salute del connazionale, affetto dal morbo di Chron, l'Ambasciata e l'Agenzia consolare hanno svolto ripetuti interventi ai massimi livelli presso le competenti autorità locali, richiamando l'attenzione delle stesse sulla precarietà delle condizioni psico-fisiche del signor Bassano e adoperandosi, in particolare, perché al predetto fosse assicurato un regime alimentare compatibile con la sua patologia. Grazie all'intervento dell'Ambasciatore è stata concessa alla famiglia o a incaricati dalla famiglia la facoltà di recare cibo dall'esterno, generalmente vietato negli istituti di detenzione e pena. Oltre al supporto diplomatico-consolare (il personale diplomatico visita costantemente il signor Bassano nel luogo di detenzione) il trattenuto gode di regolare assistenza legale (anche con un avvocato italiano), può ricevere regolari visite del fratello e può effettuare telefonate verso l'esterno durante le ore diurne e serali.
Come noto il possesso di sostanze stupefacenti, in qualunque quantità, negli Emirati Arabi Uniti viene considerato reato particolarmente grave. È considerata aggravante l'età matura della persona trovata con sostanze illegali. La condanna minima è di quattro anni per l'uso personale di sostanze. Per lo spaccio può essere comminata la sentenza capitale.
La concessione della grazia non è automatica, avviene solitamente in occasione di particolari feste religiose islamiche ed è, come in tutti i sistemi giuridici, possibile solo dopo l'avvenuta condanna in primo grado.
Va fatto presente che da molti anni il Ministero degli affari esteri mette a disposizione del cittadino un servizio di informazioni sulla situazione di sicurezza in tutti i Paesi del mondo attraverso il sito internet www.viaggiaresicuri.it, redatto dall'Unità di crisi in un linguaggio chiaro ed accessibile, nonché attraverso un call center attivo 365 giorni l'anno, 24 ore su 24, che risponde al numero 06/491115. È possibile in tal modo acquisire, oltre ad informazioni generali sui vari Paesi (sulle formalità d'ingresso, doganali e valutarie, sui servizi di telefonia esistenti, sulla viabilità), anche indicazioni aggiornate in tempo reale circa le condizioni di sicurezza e la situazione sanitaria.
Nel caso specifico degli Emirati Arabi Uniti la «scheda viaggiatori» relativa al Paese dà esplicitamente conto della normativa prevista per uso e/o spaccio di droghe (leggere o pesanti) precisando che l'introduzione e lo spaccio di droghe sono puniti con estrema severità e, non di rado, con la pena di morte.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
GIORDANO. - Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel 2000 il dipartimento per la programmazione, il coordinamento e gli affari economici del ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ha erogato un finanziamento di 250 milioni delle vecchie lire al coordinatore scientifico dell'università di Catanzaro professor Stefano Franciscis per una ricerca dal titolo: Indagine epidemiologica nazionale della morbilità da Trombosi Venosa Profonda (TVP) ed Embolia Polmonare (EP) nel post-operatorio. Mappatura dei pazienti a rischio e verifica clinico-statistica dei metodi di profilassi e cura. Validazione dei risultati. Proposta di un protocollo unico nazionale. (Riferimenti sul sito: http://cofin.cineca.it/murst-dae/finanziati2000/aree/fin-06.html) -:
se la suddetta ricerca e i suoi presunti risultati siano stati pubblicati e portati a conoscenza del ministero della salute.
(4-01798)
Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in esame, si comunica che, come previsto dalla normativa vigente, è stato trasmesso, a questo Ministero, il rendiconto sulla ricerca in oggetto da parte del docente responsabile scientifico del programma.
Sulla base della documentazione ricevuta, si provvederà a breve ad eseguire la valutazione dei risultati del progetto di ricerca di cui sopra, nonché degli altri progetti che sono stati finanziati con le risorse di bilancio. I giudizi dati dai valutatori saranno resi noti sul sito ufficiale del Ministero dell'università e della ricerca e pertanto potranno essere consultati da chiunque.
Non sono previste, tra le competenze del Ministero, ulteriori attività per la divulgazione scientifica di tali risultati.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Fabio Mussi.
LION. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della commercializzazione illegale di aglio risulta in paurosa ascesa. Sui mercati comunitari e soprattutto su quello italiano si sta diffondendo la presenza di aglio di origine estera, soprattutto di quello cinese;
la produzione nazionale di aglio, una delle colture vegetali più qualificanti e tradizionali del nostro paese e che rappresenta il simbolo della nostra cucina saporita e salutare, è in pauroso e inarrestabile calo, a tutto vantaggio del prodotto d'importazione;
quella della crisi produttiva dell'aglio nazionale è una problematica di estrema importanza. Infatti a causa della scarsità di prodotto italiano, in presenza di una domanda sempre forte e costante che rimane insoddisfatta, si sono aperte le porte alle produzioni internazionali, con l'inevitabile affacciarsi di interessi illeciti, fortemente attratti dal vasto spazio economico resosi disponibile;
in questa vicenda il problema maggiore è costituito dal contrabbando di aglio cinese visto che ormai in Italia quasi uno spicchio su due di aglio consumato in cucina è straniero, con un aumento record di oltre il nove per cento delle quantità importate nel 2006;
l'allarme è stato di recente lanciato anche dalle organizzazioni agricole nazionali dopo la denuncia dell'ufficio anti-frodi dell'Unione europea (Olaf) secondo il quale le società cinesi causano perdite al fisco pari a circa 60 milioni di euro esportando illegalmente aglio attraverso operazioni di triangolazione che simulano una falsa origine del prodotto da paesi come Giordania, Serbia, Turchia ed Egitto;
è assai significativo in tale contesto che la Turchia, che in passato non figurava tra i fornitori italiani, abbia esportato in Italia oltre 6 tonnellate di aglio in ogni semestre del 2006 e che gli arrivi dall'Egitto abbiano fatto registrare un aumento record del 40 per cento;
la bilancia commerciale italiana, in merito all'aglio, ha visto nel 2006 una crescita delle importazioni con una mole di import di quasi 25 milioni di chili di aglio straniero rispetto alla produzione nazionale che supera di poco i 30 milioni di chili. Tra i fornitori principali dell'Italia figurano nell'ordine l'Argentina, che ha raddoppiato i quantitativi, e la Cina che insieme a Egitto e Turchia rappresentano più della metà delle importazioni totali di aglio estero in Italia;
la problematica in oggetto ha ripercussioni serie anche sul versante della sicurezza alimentare, oltre che sulla tutela della produzione gastronomica tipicamente italiana. Recenti note diffuse sull'argomento dalle associazioni per la difesa dei consumatori allo scopo interessate, hanno preferito rendere pubblico l'allarme per la sicurezza alimentare connesso alle frodi commerciali sull'aglio d'importazione, partendo dal quesito retorico di come si possa comprare l'aglio cinese in
una nazione dove l'aglio è una delle più importanti produzioni agricole;
le citate associazioni, ma anche quelle agricole come l'organizzazione dei giovani agricoltori della Confagricoltura, hanno sollecitato il pubblico a fare una piccola prova, facile per chiunque da ripetere. Si tratta di prendere dell'aglio cinese e porlo insieme a dell'aglio nostrano. È notorio che il buio fa germogliare tutti questi prodotti, ma a sorpresa, quello cinese non germoglia! La deduzione ovvia è che se non germoglia, si tratta di un vegetale non vivo, e probabilmente può essere tossico o quanto meno potrebbe essere stato trattato con dei prodotti chimici per permettere al mercato di ricevere, dall'altra parte del mondo, un qualcosa che, fino a qualche tempo fa producevamo con estrema qualità nel nostro paese e c'era chi lo coltivava sotto casa;
in questa materia, oltre all'aspetto economico e salutare, rimane coinvolto negativamente anche il profilo legato al patrimonio culinario italiano, infatti si è dimostrato che l'aglio importato dalla Cina non produce alcun aroma e sapore che invece sono essenziali per le preparazioni tipiche delle nostre ricette dove l'aglio assume una presenza determinante -:
quali iniziative intende assumere per reprimere il fenomeno dell'importazione illegale di aglio extracomunitario, segnatamente di quello cinese;
se non intenda intraprendere misure urgenti e qualificate volte a rilanciare la coltivazione e la produzione di aglio nazionale;
se non ritenga necessario realizzare programmi di sensibilizzazione in favore dei consumatori per favorire la riconoscibilità, a tutti i livelli, dei prodotti nazionali da quelli d'importazione e soprattutto se trattasi di derrate di dubbia sicurezza alimentare.
(4-02814)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si partecipa che l'Amministrazione negli ultimi anni ha rafforzato la propria attività di controllo nel comparto ortofrutticolo, in particolare, verso quei prodotti provenienti da zone geografiche (Cina, Egitto, Marocco, Turchia, eccetera) la cui produzione agricola è simile, come offerta, a quella presente sul territorio nazionale.
Nell'ambito di questa attività, al fine di salvaguardare le produzioni nazionali da fenomeni di concorrenza sleale il Ministero, attraverso l'Ispettorato centrale per il controllo della qualità, oltre ai controlli ordinari, ha attivato azioni straordinarie sull'intero territorio nazionale, indirizzate all'accertamento della corretta etichettatura e presentazione dei prodotti ortofrutticoli, ivi compresa l'origine dichiarata.
Considerata l'importanza del comparto ortofrutticolo nel sistema agroalimentare nazionale, nel periodo di maggiore crisi del settore, evidenziatasi nel 2006, sono stati predisposti appositi programmi d'intervento che hanno permesso di verificare 9.094 prodotti e 3.647 ditte, di cui 137 sono risultate irregolari.
In particolare, a seguito di segnalazioni pervenute a questo Ministero da parte dell'Ufficio europeo di lotta antifrodi (Olaf), relative ad illecite introduzioni nello spazio economico comunitario di aglio fresco cinese con false dichiarazioni di origine (Filippine, Marocco, eccetera), in elusione al sistema di contingentamento europeo, sono stati intensificati i controlli presso i principali porti nazionali, le più importanti ditte d'importazione e/o di confezionamento, i mercati all'ingrosso, la grande distribuzione organiz- zata e gli esercizi commerciali al dettaglio.
Al riguardo, i controlli sono stati indirizzati all'accertamento della rispondenza dell'origine dichiarata sui documenti doganali all'atto dell'importazione, rispetto a quella riportata sulle confezioni di aglio preconfezionato all'origine, ovvero, per il prodotto acquistato allo stato sfuso, alla veridicità delle indicazioni riportate sui documenti commerciali e sulla successiva etichettatura.
In sintesi, i controlli relativi alla corretta commercializzazione dell'aglio nel territorio nazionale nel corso dell'anno 2006, e nei primi due mesi del 2007, hanno interessato 260 prodotti ed oltre 250 ditte, di cui 3 sono risultate irregolari.
Le irregolarità riscontrate sono da ricondursi esclusivamente ad omessa o incompleta etichettatura, per le quali è prevista l'applicazione delle sanzioni di cui al decreto legislativo n. 109 del 1992.
Si sottolinea, inoltre, che per migliorare l'efficacia dell'azione di controllo la pianificazione delle verifiche ispettive, è stata modulata sulla base dei dati forniti dall'Agenzia delle dogane, relativi ai flussi d'introduzione sul territorio nazionale di prodotti ortofrutticoli, tra cui l'aglio fresco di origine cinese.
Infine, si fa presente che anche per l'anno in corso, nell'ambito dell'attività istituzionale, sono stati programmati specifici controlli nel settore ortofrutticolo, al fine di verificare la corretta commercializzazione di prodotti provenienti da Stati membri o da Paesi terzi.
Sarà presa, altresì, in considerazione la possibilità di realizzare programmi di sensibilizzazione dei consumatori.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
LOCATELLI e ZIPPONI. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8 della Legge 124/99 dispone il trasferimento del personale in servizio presso le istituzioni scolastiche alle dipendenze degli enti locali nei ruoli del personale A.T.A. statale. Al Comma II viene stabilito inoltre che tale personale «è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili.... a detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza....»;
l'articolo 5 del decreto ministeriale n. 184/99 stabilisce che tale personale «è collocato nelle aree e nei profili corrispondenti a quello di appartenenza previsti dal CCNL Scuola». Il successivo articolo 6 precisa che «la corrispondenza è individuata in termini sostanziali, in relazione ai profili formalmente attribuiti, in sede di inquadramento agli interessati e dagli stessi svolti, sempre che si trovino nei profili professionali statali nelle istituzioni scolastiche (...)». La tabella esemplificativa del decreto, facente parte integrante del decreto stesso, colloca però gli Istruttori Amministrativo Contabili (ex 6 livello - area C nel CCNL Enti Locali) quali Assistenti Amministrativi nel CCNL Scuola (ex 4 livello - area B), con una nota integrativa ai piedi della tabella stessa;
l'accordo del 20 luglio 2000 inquadra economicamente i dipendenti transitati allo Stato secondo il maturato economico con una sorta di «temporizzazione» negando quindi il riconoscimento dell'anzianità di servizio, sancita invece dall'articolo 8 della legge 124/99. Sono innumerevoli i ricorsi al giudice del lavoro e anche una sentenza di Cassazione dà ragione ai dipendenti riguardo al riconoscimento dell'anzianità nell'inquadramento per il passaggio allo Stato;
lo stesso accordo del 20 luglio 2000, all'articolo 3 comma 2 affronta il problema della revisione dell'inquadramento definitivo degli ex dipendenti che nell'ente di provenienza fossero inquadrati in Area C e stabilisce la possibilità di rivedere l'inquadramento definitivo di detti dipendenti secondo l'articolo 9, comma 5 dello stesso D.I. del 5 aprile 2001 (accordo sindacale 20 luglio 2000);
la sequenza contrattuale dell'8 marzo 2002 che istituisce nuovi profili d'area C Coordinatore amministrativo e tecnico nella scuola, definisce che agli ex dipendenti inquadrati in area C presso gli enti locali di provenienza e ai Coordinatori Amministrativi già statali non diventati D.S.G.A. spetta la precedenza nella copertura dei posti, secondo quanto già si evidenziava dall'articolo 3 comma 2 del D.I. 5 aprile 2001 che rimanda all'articolo 9 comma 5 del D.I. del 5 aprile 2001 e dalla nota integrativa alla tabella di equiparazione dei profili tra enti locali e stato allegata allo stesso D.I.;
il vigente CCNL sottoscritto il 24 luglio 2003 conferma i profili di Coordinatore amministrativo e tecnico (che risultano di fatto e di diritto esattamente equivalenti a quelli degli Istruttori amministrativo e contabili del CCNL Enti Locali);
i posti organico riferiti ai profili di cui all'accordo 8 marzo 2002 e del vigente CCNL 24 luglio 2003 non sono mai stati istituiti dall'amministrazione;
lo stesso CCNL del 24 luglio 2003 all'articolo 48 stabilisce l'attuazione della mobilità professionale al personale verso l'area superiore per il quale è in atto la trattativa sindacale, nella quale si aggiunge in via transitoria la mobilità professionale verticale dei dipendenti ora inquadrati in area B (assistenti amministrativi) direttamente verso l'area D (Direttori Servizi Generali ed Amministrativi), passaggio di per sé illegittimo e anomalo in quanto di due categorie e non a quella immediatamente superiore. Tutto ciò dovuto al fatto che finora l'organico d'area C nella scuola è coperto;
a tutt'oggi le cosiddette «mansioni di responsabilità e coordinamento» (tipiche dei dipendenti inquadrati in area C nei vari comparti della pubblica amministrazione derivate dall'evoluzione dell'impiegato di concetto) sono state sottratte al personale ex 6 livello proveniente dagli enti locali che le ha esercitate, in quanto proprie del profilo professionale di appartenenza, fino al 31 dicembre 1999, per essere assegnate nell'ambito del CCNL Scuola, ogni anno scolastico, di volta in volta, a dipendenti diversi, con «incarico specifico articolo 50 CCNI del 31 agosto 1999 e articolo 47 CCNL 24 luglio 2003», secondo criteri fissati dalla contrattazione di istituto;
l'articolo 7 del CCNI per il 2 biennio economico 2004/05 crea la possibilità di stabilizzare almeno economicamente il sistema dell'incarico specifico riguardante le mansioni di responsabilità (articolo 50 CCNI 31 marzo 1999 e articolo 47 CCNL 24 luglio 2003) con una progressione economica orizzontale destinata ad una quota di dipendenti che, a domanda, vi potrà accedere e che ne avrà diritto in base ad una graduatoria provinciale. I titoli valutabili nella domanda prevedono crediti di natura professionale riguardanti l'esercizio delle mansioni retribuite ai sensi dell'articolo 50 CCNI 31 agosto 1999, ma non specificano se analogamente possano essere indicate anche le mansioni equivalenti di responsabilità e coordinamento proprie dei profili professionali degli ex appartenenti all'area C negli Enti Locali (limitatamente ai 2 crediti per ogni anno scolastico di svolgimento);
la legge finanziaria per il corrente 2006 ha fornito l'interpretazione autentica della legge 124/99 in una forma del tutto anomala e ha di fatto negato il riconoscimento dell'anzianità di servizio al personale che abbia fatto ricorso a giudice del lavoro, ma non abbia ancora ottenuto la sentenza passata in giudicato. Si aggiunge così un ulteriore disparità di trattamento tra chi ha il ricorso pendente tra i vari gradi della giustizia e chi ha avuto la fortuna di avere già ottenuto la sentenza definitiva della Cassazione;
quanto sopra evidenzia:
una disparità di trattamento dei dipendenti provenienti dagli enti locali rispetto ai colleghi statali ai quali da sempre è riconosciuta per la progressione di carriera l'anzianità di servizio;
una dequalificazione e demansionamento dei dipendenti provenienti dall'area C degli Enti Locali che sono stati finora inquadrati a livello giuridico ed economico nell'area B del CCNL Scuola (essendo così passati, per i non addetti ai lavori, dal 6 livello - di concetto al 4 livello - esecutore). Ciò in netto contrasto con tutte le norme di tutela dei lavoratori che non consentono in nessun caso l'attribuzione sistematica di mansioni inferiori ad un dipendente. Le loro vecchie funzioni di maggiore professionalità vengono oggi «rimesse in gioco» ogni anno e conferite a titolo di incarico aggiuntivo ai sensi dell'articolo 50 CCNL 31 agosto 1999
e articolo 47 CCNL 24 luglio 2003 anche agli altri dipendenti;
una disparità di trattamento dei dipendenti provenienti dagli enti locali di pari categoria C in servizio in qualità di insegnanti tecnico-pratici che invece vengono inquadrati nel CCNL scuola in qualità di I.T.P. area C;
una disparità di trattamento nei confronti del restante personale d'area C rimasto negli enti locali poiché nel tentativo di esercitare la mobilità intercompartimentale per il rientro nell'ente di provenienza la stessa sarebbe avvenuta solo verso l'area B (mentre lo stesso dipendente solo qualche anno prima ricopriva nello stesso ente l'area C) -:
che iniziative intenda mettere in atto affinché venga soppresso il comma 218 della legge finanziaria per il 2006 in modo che tutti i dipendenti che ne hanno diritto possano ottenere il riconoscimento dell'anzianità;
se non ritenga necessaria l'istituzione dei posti in organico di Coordinatore amministrativo e Coordinatore tecnico - Area C del CCNL Scuola. Considerato che esistono tra l'altro alcuni coordinatori amministrativi statali «privilegiati» che non essendo passati Direttori dal 1 settembre 2000, conservano di fatto ancora oggi questa qualifica e la corrispondente progressione di carriera senza che nessun altro possa accedervi;
se non intenda attivarsi affinché venga revocato immediatamente il decreto ministeriale 184/99 e la tabella di equiparazione dei profili che ne costituisce parte integrante con la contestuale pubblicazione di una nuova tabella di equiparazione dei profili (che modifichi di conseguenza anche quella allegata al D.I. del 5 aprile 2001) e che consenta il definitivo inquadramento dei dipendenti già in servizio alle dipendenze degli Enti Locali con inquadramento in area C nella loro area corrispondente C-Stato (Coordinatori Amministrativi);
se non ritenga opportuno ribadire attraverso una circolare ministeriale urgente che, in attesa d'inquadramento definitivo in area C, nell'ambito delle procedure attuative dell'articolo 7 del CCNI, il medesimo credito professionale, attribuito a chi ha ottenuto presso lo Stato un incarico di responsabilità di cui all'articolo 50, venga concesso anche al personale che abbia svolto le medesime mansioni di responsabilità, autonomia e coordinamento presso l'ente locale di provenienza in quanto previste nel profilo professionale, e richiede, sempre attraverso una circolare ministeriale, che lo stesso credito debba essere attribuito anche nell'applicazione dell'articolo 48 del CCNL riguardante la mobilità professionale verso aree superiori.
(4-00425)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame anche a nome del Ministero del lavoro e della previdenza sociale il quale ha comunicato di non avere elementi utili per la risposta.
Con l'atto in questione l'interrogante chiede provvedimenti per il riconoscimento del servizio pregresso maturato dal personale dipendente dagli enti locali, già in servizio nelle scuole ed istituti statali, e transitato allo Stato nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, al fine di evitare situazioni di disparità tra i lavoratori.
Si premette che è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, attualmente all'esame della Corte costituzionale.
L'articolo 8 della suddetta legge ha posto a carico dello Stato il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale Ata statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in vigore della legge n. 124, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina sulle modalità
del trasferimento ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica, sentiti l'Associazione nazionale comuni d'Italia, l'Unione comuni comunità enti montani e l'Unione province d'Italia.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale Ata proveniente dagli enti locali è riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi, in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati ai comuni e alle province da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato un apposito accordo dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, accordo che, come previsto dalla legge, è stato poi recepito dal decreto 5 aprile 2001 adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri d'inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico» e cioè collocando gli interessati nella posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio. Ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali (se superiore rispetto a quello dello Stato) nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge n. 124 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda, è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti - nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali di settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «Scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità di servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n. 124 è stata applicata dall'Amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'Amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro già rilevato dall'interrogante, in Corte di cassazione con la soccombenza dell'Amministrazione. Ma vi sono anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'Amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'Accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa di tale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola.
In presenza di questa situazione, è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa.
Si conviene con l'interrogante circa la situazione di disomogeneità che la vicenda ha determinato nell'ambito del personale interessato e si assicura che il Ministero sta seguendo con grande attenzione questa complessa vicenda anche ricercando d'intesa con il Ministero dell'economia soluzioni che consentano parità di trattamento e compatibilità finanziaria, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
MANCINI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la legge 3 maggio 1999 n. 124, contenente disposizioni urgenti in materia di personale scolastico, ha disposto, all'articolo 8, che: «il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado è a carico dello Stato»; il secondo comma dello stesso articolo 8 stabilisce che il personale ATA, dipendente degli enti locali, «in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data dell'entrata in vigore della presente legge» è trasferito nei ruoli del personale ATA statale ed «è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili»;
tale disposizione normativa ha riguardato circa 80.000 persone, che avrebbero dovuto essere inquadrate, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8 della legge n. 124, con il riconoscimento «ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata nell'ente locale di provenienza»;
nell'ottica del legislatore, quindi, il passaggio del predetto personale dagli enti locali allo Stato si configurava come una novatio soggettiva del rapporto di impiego del personale ATA stesso, tanto più che, sempre il secondo comma del citato articolo 8 garantisce anche il mantenimento della sede in fase di prima applicazione;
in deroga all'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 il ministero della pubblica istruzione ha emanato il decreto del 5 aprile del 2001 che ha recepito l'accordo tra ARAN e organizzazioni sindacali e ha previsto che i lavoratori in questione dovessero essere inquadrati nella progressione economica per posizioni stipendiali delle corrispondenti qualifiche del comparto scuola, con il criterio del cosiddetto «maturato economico» che tiene conto unicamente del trattamento economico in godimento al momento dell'inquadramento nei ruoli del personale statale, prescindendo dall'effettiva anzianità di servizio;
come era facile prevedere l'applicazione di questo decreto ha provocato una consistente mole di ricorsi giudiziari per riaffermare il diritto dei lavoratori ATA al pieno riconoscimento dell'anzianità giuridica ed economica. In questi anni i giudici hanno emesso un copioso numero di sentenze positive per i lavoratori, ma poiché
l'amministrazione ha sempre resistito, le azioni legali sono approdate in Cassazione ove, finalmente tutte le sezioni lavoro hanno riconosciuto il diritto dei lavoratori. La giurisprudenza si è quindi espressa sostanzialmente in modo chiaro e univoco: tutte le sentenze della Corte di cassazione hanno infatti accolto i ricorsi proposti dai lavoratori e respinto quelli promossi dall'Avvocatura;
a fronte del riconoscimento dei diritti dei lavoratori da parte della Cassazione e della mancanza di difformità interpretative, che non giustificano quindi il ricorso all'interpretazione autentica, il Governo della passata legislatura, ha inserito nella Finanziaria 2006 il comma 218 dell'articolo 1. In base a tale disposizione si verranno a determinare gravi situazioni di disparità di trattamento tra soggetti ai quali continua ad applicarsi il regime convalidato e riconosciuto dalla giurisprudenza e soggetti che pur trovandosi nella medesima situazione di fatto, vedranno riconoscersi un trattamento deteriore in base alla nuova norma;
l'interrogante esprime il proprio dubbio, sostenuto in questo da numerose pronunce di giudici che nel frattempo hanno rinviato il giudizio di merito alla Corte costituzionale, sulla legittimità costituzionale del comma 218 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 e ricorda che su questo argomento è stata già effettuata un'interrogazione al Senato di cui all'Atto n. 3-00144 della
seduta n. 38 pubblicato in data 26 settembre 2006 -:
se e come si intenda operare per eliminare le ingiuste disparità di trattamento economico-giuridico nei confronti del personale ATA e degli insegnanti tecnico-pratici transitati dagli enti locali ai ruoli del personale statale, stabilite secondo l'interrogante in modo iniquo e maldestro dagli interventi legislativi della XIV legislatura.
(4-02491)
Risposta. - Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame, con la quale l'interrogante chiede provvedimenti per il riconoscimento del servizio pregresso maturato dal personale dipendente dagli enti locali, già in servizio nelle scuole ed istituti statali, e transitato allo Stato nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, al fine di evitare situazioni di disparità tra i lavoratori.
Si premette che è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, attualmente all'esame della Corte costituzionale.
L'articolo 8 della suddetta legge ha posto a carico dello Stato il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale Ata statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in vigore della legge n. 124, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina sulle modalità del trasferimento ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica, sentiti l'Associazione nazionale comuni d'Italia, l'Unione nazionale comuni comunità enti montani e l'Unione delle province d'Italia.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale Ata proveniente dagli enti locali è riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi, in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati
ai comuni e alle province da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato un apposito accordo dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, accordo che, come previsto dalla legge, è stato poi recepito dal decreto 5 aprile 2001 adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri d'inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico» e cioè collocando gli interessati nella posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio. Ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali (se superiore rispetto a quello dello Stato) nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge n. 124 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda, è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti - nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali di settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «Scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità di servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n. 124 è stata applicata dall'Amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'Amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro
già rilevato dall'interrogante, in Corte di Cassazione con la soccombenza dell'Amministrazione. Ma vi sono anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'Amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'Accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa di tale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola.
In presenza di questa situazione, è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa.
Si conviene con l'interrogante circa la situazione di disomogeneità che la vicenda ha determinato nell'ambito del personale interessato e si assicura che il Ministero sta seguendo con grande attenzione questa complessa vicenda anche ricercando d'intesa con il Ministero dell'economia soluzioni che consentano parità di trattamento e compatibilità finanziaria, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
MARTUSCIELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è unanimamente riconosciuto il fatto che l'Italia sia il primo Paese al mondo per dotazione di beni culturali ed architettonici; tale immenso patrimonio che costituisce la memoria storica del nostro Paese, necessita di essere tutelato, conservato, preservato, per poter essere non solo reso fruibile ma anche tramandato alle generazioni future;
al Ministero dei Beni Culturali spetta il compito della tutela e della conservazione che si esplica attraverso una serie di interventi di recupero e di salvaguardia che impegnano notevoli risorse economiche;
ogni atto e gli stanziamenti relativi agli interventi ed alle opere da realizzare vengono previsti e definiti attraverso il piano di programmazione ordinaria e dei fondi dal lotto;
durante il periodo del precedente governo, tale programmazione avveniva nei tempi stabiliti, ai fine di determinare un'efficace azione di attuazione degli interventi di tutela;
l'attuale Ministro dei Beni e delle Attività Culturali non ha ancora ufficializzato alcuna programmazione né dei fondi ordinari né di quelli del lotto;
si è determinata in questo modo una situazione di grave pregiudizio per la normale attività delle soprintendenze che non avendo fondi, non possono svolgere la normale attività -:
se non abbia consapevolezza che persistendo il ritardo nell'attività di programmazione dei fondi ordinari e del lotto, si pregiudica non solo gravemente la tutela e la conservazione dei beni culturali ed architettonici, ma anche che si corra il rischio di chiudere molti musei e sedi periferiche, poiché le attività di manutenzione e pulizia di molte sedi periferiche sono sostenute con i progetti speciali che possono essere definiti solo dopo la programmazione dei fondi ordinari e del lotto.
(4-02933)
Risposta. - Con decreto ministeriale 12 marzo 2007 è stata adottata la programmazione triennale dei fondi straordinari lotto e con decreto ministeriale 26 marzo 2007 è stata adottata la programmazione triennale dei lavori pubblici e relativo elenco annuale dei lavori per l'anno 2007.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
MINARDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
è grave la situazione che sta attraversando il comparto agricolo in provincia di Ragusa e la protesta di questi giorni degli imprenditori agricoli che a Vittoria hanno intrapreso uno sciopero della fame chiedendo tutela e garanzia;
in un momento di grandi sfide per il settore occorre puntare allo sviluppo, alla modernizzazione e su nuove strutture irrigue, elementi fondamentali per l'agricoltura iblea;
a Vittoria, in particolare, sede del più grande mercato ortofrutticolo d'Europa, la situazione è oramai in una fase molto difficile dove anche il problema dei prezzi sta creando non pochi disagi e tutto ciò sta portando all'autodistruzione del settore con la chiusura di innumerevoli aziende;
vi è l'attuale invasione, senza precedenti, di prodotti stranieri e contraffatti;
il problema delle contraffazioni e l'attuale invasione, senza precedenti, di prodotti stranieri urge dell'applicazione di provvedimenti concreti e seri in quanto tutto ciò sta provocando l'autodistruzione del settore con la chiusura di innumerevoli aziende. Sostenere l'innovazione e l'aumento delle professionalità umane è un obbiettivo fondamentale cosicché da fornire le basi per una competitività non più basata esclusivamente sul fattore costi ma anche tramite azioni di formazione e aggiornamento -:
se il Governo intenda intervenire per l'agricoltura iblea con politiche mirate e con provvedimenti incisivi, che permettano un'effettiva competitività per le imprese. Una strategia che per l'agricoltura diventa fondamentale soprattutto in un momento di grandi sfide per il settore per il quale occorre puntare allo sviluppo, alla modernizzazione e su nuove strutture irrigue, elementi fondamentali per l'agricoltura iblea;
se intenda avviare misure concrete che consentano alle imprese di uscire da un pericoloso tunnel e di riacquistare la necessaria forza per stare sul mercato;
se intenda infine, proteggere le produzioni made in Sicily con azioni mirate alla promozione e alla tutela delle nostre produzioni di qualità.
(4-02614)
Risposta. - Con riferimento a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame, preme sottolineare, innanzi tutto, la costante attenzione che il Governo ha sempre posto alla salvaguardia ed alla valorizzazione del patrimonio agroalimentare italiano, ed in particolar modo, proprio ai prodotti Dop (Denominazione di origine protetta) e Igp (Indicazione geografica tipica) che rappresentano l'immagine del made in Italy nel mondo e costituiscono una delle risorse economiche del Paese, tali da essere tutelate rispetto a qualsiasi tentativo di usurpazione, contraffazione o possibile frode a livello nazionale ed internazionale.
Al riguardo, si partecipa che ben 10 prodotti di qualità tipici della produzione agroalimentare siciliana sono stati trasmessi alla Commissione europea, e, più precisamente, 5 denominazioni protette e 5 indicazioni geografiche; 15 prodotti siciliani hanno ottenuto il riconoscimento comunitario Dop o Igp e numerose domande di registrazioni sono all'esame degli Uffici competenti.
Si segnala, altresì, a sostegno del sistema delle Dop ed Igp, la registrazione delle indicazioni geografiche come marchi collettivi nei territori extracomunitari, laddove le stesse, non ricevendo tutela, sono sempre più oggetto di tentativi di imitazioni e/o contraffazioni.
Così come si ricorda l'impegno a sostegno delle produzioni Dop e Igp anche in sede di World troole organization, ed il decreto legislativo n. 297 del 2004, relativo alle disposizioni sanzionatorie, atto a salvaguardare a livello nazionale le produzioni di qualità da qualsiasi usurpazione o frode.
Il sistema previsto di controlli approfonditi e sistematici per ogni fase della produzione fino al confezionamento del prodotto Dop e Igp, effettuati dall'organismo incaricato dal Ministero al controllo, assicura, infatti, la rintracciabilità del prodotto in ogni segmento della filiera, garantendo al consumatore finale che il prodotto acquistato è conforme alla disciplina di produzione.
Infine, si evidenzia che l'Amministrazione da sempre ha promosso e continua a promuovere ogni iniziativa atta non solo a sostenere economicamente i produttori delle denominazioni prodotte, ma anche a non disperdere un importante valore aggiunto all'economia del Paese, dato proprio dalle produzioni tipiche di qualità.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MINARDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
sono gravi i danni all'agricoltura, alle strutture agricole e alle abitazioni registrati in provincia di Ragusa e causati dal forte vento del 13 febbraio 2007 che ha imperversato sulla provincia di Ragusa ed in particolare a Modica;
la situazione è particolarmente grave e preoccupante in quanto si registra una vera e propria devastazione dove serre e colture risultano completamente azzerate, distrutte dal forte vento che ha anche sradicato alberi secolari e scoperchiato i tetti delle abitazioni;
le continue calamità che hanno investito il comparto agricolo hanno pregiudicato seriamente l'economia di tutto il territori ibleo e il violento evento atmosferico del 13 febbraio ha arrecato gravi lesioni alle piante, per cui i danni si ripercuoteranno, in molti casi, anche alle prossime annate, con un peso finanziario insostenibile per le piccole aziende agricole -:
se il Governo intenda intervenire urgentemente dichiarando lo stato di calamità naturale;
se intenda non appena completata da parte degli uffici competenti la ricognizione dei danni, dare seguito tempestivamente a tutte le procedure necessarie per il ristoro dei gravi danni provocati al settore agricolo, in quanto oramai la crisi generale che continua a colpire il comparto è divenuta insostenibile, ha messo sul lastrico intere famiglie e operatori agricoli già fortemente colpiti dalla siccità, viste le scarsissime precipitazioni di quest'inverno, ed ora il vento in un colpo solo ha spazzato via mesi di duro lavoro.
(4-02637)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il forte vento che il 13 febbraio scorso ha colpito gravemente i territori della provincia di Ragusa, si fa presente che per i danni al settore agricolo, potranno essere attivati gli interventi del Fondo di solidarietà nazionale a conclusione dei rilevamenti da parte degli organi tecnici della Regione Siciliana e su formale delibera della Regione stessa.
Allo stato, non è pervenuta alcune richiesta formale di intervento a questa Amministrazione.
Si assicura che non appena perverrà la proposta regionale, nei termini e con le modalità prescritte dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, l'amministrazione provvederà all'istruttoria di competenza per l'emissione del decreto di declaratoria.
Ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a favore delle aziende agricole danneggiate nella misura non inferiore al 30 per cento (20 per cento se trattasi di zone svantaggiate), potranno essere concessi i seguenti aiuti:
contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile ordinaria;
prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo;
proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso;
contributi in conto capitale fino al 100 per cento dei costi effettivi a titolo di indennizzo, in caso di danni causati alle strutture aziendali e alle scorte.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il comma 2 dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999 n. 124 ha disposto il trasferimento di tutto il personale ATA dipendente dagli Enti Locali e in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della legge citata nei ruoli del personale ATA a carico dello Stato;
lo stesso citato comma della legge n. 124/1999 prevedeva testualmente che: «a detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'Ente Locale di provenienza» e l'iniziale mantenimento della sede occupata in presenza della disponibilità del posto;
il decreto-legge n. 184 del 23 luglio 1999, attuativo della legge n. 124/99, all'articolo 3 prescriveva che con decreto ministeriale venissero definiti i criteri di inquadramento del nuovo personale, finalizzati all'allineamento degli istituti retributivi del personale medesimo a quelli del comparto: il tutto previa contrattazione collettiva fra l'ARAN e le Organizzazioni Sindacali di categoria, da tenersi entro il mese di ottobre dell'anno 1999;
poiché la citata contrattazione collettiva non ebbe luogo, con decorrenza primo gennaio 2000 numeroso personale degli Enti Locali ed in servizio nelle istituzioni scolastiche statali come appartenenti al personale ATA o come assistenti di cattedra, è stato trasferito alle dipendenze dello Stato ed inquadrato nei ruoli previsti senza vedersi riconosciuta l'anzianità di servizio sino a quel momento maturata;
in data 20 luglio 2000 è stato sottoscritto un accordo che attribuiva al personale in questione «la posizione stipendiale, tra quelle indicate nell'allegata tabella B, di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999»; tale accordo è stato integralmente recepito dal decreto-legge del 5 aprile 2001;
purtroppo, i lavoratori transitati dagli Enti Locali allo Stato venivano inquadrati in una posizione stipendiale che non corrispondeva all'anzianità di servizio maturata nell'Ente di provenienza, perdevano i benefici delle code contrattuali e non ottenevano il riconoscimento di importanti diritti acquisiti presso la precedente Amministrazione;
a seguito di richieste e pressioni provenienti da ogni parte d'Italia, il MIUR, nel gennaio 2002, con la nota n. 21, ritenendo la materia completamente regolata dal citato accordo del 2000, escludeva di poter accogliere il richiesto riconoscimento dell'anzianità di servizio per il personale in questione;
alcune sentenze della Corte di Cassazione hanno chiarito che l'accordo sindacale del 2000 è privo di natura normativa e che ai lavoratori devono essere applicati tutti i trattamenti economici e normativi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) comparto scuola;
l'articolo 1 comma 218 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come già denunziato dall'interrogante nella precedente legislatura, ha di fatto normato l'accordo sindacale del 2000, poiché non riconosceva al personale ATA, inquadrato nei ruoli dello Stato, ai fini giuridici ed economici l'intera anzianità maturata presso l'Ente Locale di provenienza;
l'applicazione del citato comma 218 della legge n. 266/2005 ha di fatto portato ad un trattamento retributivo discriminatorio fra lo stesso personale della Scuola;
in seguito a denunzie prodotte da numerosi ex dipendenti degli Enti Locali il Giudice del Lavoro e la Corte di Cassazione hanno ribadito, in più sentenze, il diritto del personale in questione al riconoscimento dell'intera anzianità maturata presso l'Ente di provenienza; il personale stesso tuttavia non ha a tutt'oggi visto riconosciuto tale diritto -:
quali urgenti iniziative anche di carattere normativo intendano adottare, affinché al personale di Ruolo di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, trasferito nei ruoli statali dei personale amministrativo tecnico ed ausiliario e nei ruolo statali degli insegnanti tecnico-pratici, venga riconosciuta, ai fini giuridici ed economici, l'anzianità maturata presso l'Ente Locale di prove- nienza, secondo quanto già disposto dal comma 2, ultimo periodo, della stessa legge.
(4-02746)
Risposta. - Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame, con la quale l'interrogante chiede provvedimenti per il riconoscimento del servizio pregresso maturato dal personale dipendente dagli enti locali, già in servizio nelle scuole ed istituti statali, e transitato allo Stato nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, al fine di evitare situazioni di disparità tra i lavoratori.
Si premette che è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, attualmente all'esame della Corte costituzionale.
L'articolo 8 della suddetta legge ha posto a carico dello Stato il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale Ata statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in vigore della legge n. 124, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina sulle modalità del trasferimento ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica, sentiti l'Associazione nazionale comuni italiani, l'Unione nazionale comuni comunità enti montani e l'Unione delle province d'Italia.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale Ata proveniente dagli enti locali è riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi, in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati ai comuni e alle province da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato un apposito accordo dall'Agenzia per la rappresentanza nazionale delle pubbliche amministrazioni e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, accordo che, come previsto dalla legge, è stato poi recepito dal decreto 5 aprile 2001 adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri d'inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico» e cioè collocando gli interessati nella posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio. Ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali (se superiore rispetto a quello dello Stato) nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge n. 124 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda, è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti -
nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali di settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «Scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità di servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n. 124 è stata applicata dall'amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'Amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro
già rilevato dall'interrogante, in Corte di Cassazione con la soccombenza dell'Amministrazione. Ma vi sono anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'Amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'Accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa di tale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola.
In presenza di questa situazione, è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanzia per il 2006) che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa.
Si conviene con la S.V. Onorevole circa la situazione di disomogeneità che la vicenda ha determinato nell'ambito del personale interessato e si assicura che il Ministero sta seguendo con grande attenzione questa complessa vicenda anche ricercando d'intesa con il Ministero dell'economia soluzioni che consentano parità di trattamento e compatibilità finanziaria, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 10 gennaio 2007 i principali sindacati della Guinea Conakry hanno proclamato uno sciopero generale di durata illimitata. Le richieste a base della protesta erano modeste e insieme ambiziose: lotta contro la povertà, destinazione delle risorse del paese alla realizzazione di programmi sociali, lotta contro la corruzione;
nel corso delle manifestazioni di protesta l'esercito ha aperto il fuoco contro la popolazione, provocando più di 100 morti. In seguito, il 28 gennaio, lo sciopero è stato sospeso, in virtù dell'impegno assunto dal presidente Lansana Conté di nominare un nuovo primo ministro che godesse del consenso generale e di varare un piano di riforme indispensabili al paese;
Lansana Conté, che nel corso dei 23 anni di presidenza ha consolidato un fortissimo potere personale, ha deluso le diffuse attese di discontinuità affidando la carica ad Eugène Camara, un militare suo fedelissimo. Questa presa di posizione ha ulteriormente
esasperato la condizione di crisi nel paese: il 12 febbraio i sindacati hanno proclamato la ripresa dello sciopero generale e il governo ha decretato lo stato di assedio, imponendo un coprifuoco di 18 ore su 24 e attribuendo alle forze di polizia poteri illimitati di arresto e perquisizione;
le notizie che giungono dal paese sono preoccupanti: secondo le denunce delle organizzazioni della società civile si sarebbero registrate centinaia di arresti e di detenzioni illegali, soprattutto nei confronti degli oppositori politici e dei sindacalisti, violenze e saccheggi da parte dell'esercito, uccisioni di civili. Inoltre la vita economica è del tutto bloccata, tanto che l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che la situazione possa degenerare in crisi umanitaria, con decine di migliaia di persone in fuga dalla fame verso i paesi confinanti;
nelle ultime ore il governo ha limitato le ore di coprifuoco e lanciato messaggi conciliatori, ma la situazione resta tesissima, tanto che il Parlamento europeo si è fatto promotore di un'inchiesta internazionale sulle violenze perpetrate nel paese (progetto già respinto dal governo guineano) e il papa Benedetto XVI ha chiesto il rispetto dei diritti umani e civili -:
se non ritenga che il Governo italiano debba farsi interprete, nelle sedi internazionali e direttamente nei confronti del governo guineano, di una profonda riprovazione verso la repressione sanguinosa del popolo della Guinea Conakry e, nello stesso tempo, possa anche sostenere per vie diplomatiche il processo di democratizzazione che le proteste sollecitano.
(4-02877)
Risposta. - La Guinea ha vissuto una situazione di crisi con l'inasprirsi, agli inizi di gennaio 2007, delle proteste contro l'ingerenza del Governo nel sistema giudiziario e contro la povertà dilagante. Le manifestazioni si sono ben presto trasformate in violenta contestazione del Presidente Lansana Conté. Il successivo intervento delle forze dell'ordine ha causato la morte di numerosi manifestanti.
La pressione internazionale - compresa quella dell'Unione europea e dell'Italia nel suo ambito - ha inizialmente risolto il Presidente Conté a nominare, il 9 febbraio 2007, primo ministro Eugène Camara, subito contestato dall'opposizione che lo ha considerato troppo vicino al Presidente per svolgere una funzione di riequilibrio.
Le manifestazioni sono quindi riprese, tanto violentemente da indurre il Presidente Conté a decretare, il 12 febbraio, lo stato d'assedio e la legge marziale. Il coprifuoco non è stato rispettato e gli scontri si sono estesi nuovamente causando altre vittime.
La crisi è poi rientrata con la nomina lo scorso 26 febbraio di un nuovo Primo ministro, Lansana Kouyaté, solo successivamente alla firma di un accordo quadro tra governo guineano e i sindacati e dopo la decisione del Presidente Conté di revocare lo stato d'assedio.
Sul piano politico, e in particolare nel campo della diplomazia multilaterale, il Ministero degli affari esteri, oltre all'azione svolta in seno alle Nazioni Unite, ha contribuito in particolare all'adozione di una posizione comune tra i partners europei, nell'ambito delle decisioni del Consiglio dell'Unione europea prese nel corso della crisi in Guinea Conakry.
Il 22 gennaio 2007, all'indomani della violenta repressione dello sciopero generale indetto nel Paese africano, abbiamo condiviso e sostenuto la dichiarazione della Presidenza dell'Unione europea con la quale si è chiesto a tutte le parti di astenersi da azioni suscettibili di provocare ulteriori scontri. È stato inoltre rivolto un appello al governo, ai sindacati, alle forze di sicurezza, alle parti politiche e ai responsabili della società civile guineani di perseguire la strada del dialogo e confermata la volontà europea di sostenere il processo di democratizzazione e il rafforzamento dello Stato di diritto in Guinea.
Il 5 marzo abbiamo espresso soddisfazione per la fine dello sciopero generale che aveva paralizzato il paese per settimane, volendovi vedere un importante passo in avanti
verso il ristabilimento di un rapporto di dialogo tra governo guineano e sindacati.
Abbiamo poi seguito le risultanze della visita che il Rappresentante Speciale della Presidenza dell'Unione europea, Hans Dahlgren, ha svolto in Guinea Conakry nei giorni 12-13 marzo 2007, condividendone le preoccupazioni per la mancata formazione di un nuovo Governo. Abbiamo quindi giudicato tale insuccesso un sintomo della fragilità del temporaneo accordo tra governo e sindacati e abbiamo ritenuto che l'instabilità politica persistesse. Abbiamo pertanto richiesto, sempre nell'ambito della cooperazione politica europea, un deciso ed urgente impegno del governo di Conakry affinché fossero individuati i responsabili della violenta repressione che in gennaio aveva provocato numerose vittime, offrendo anche il sostegno e la collaborazione dell'Unione europea per ogni necessario seguito alla nostra richiesta.
Il 15 marzo 2007, su proposta del Primo ministro Kouyaté, il Presidente Conté ha firmato un decreto di ristrutturazione del governo guineano, preludio ad un prossimo annuncio sulla formazione di un nuovo esecutivo, che auspicabilmente possa portare stabilità politica al Paese. La formazione di tale nuovo Governo, che tra i suoi componenti non annovera alcun membro di quello precedente, è stata annunciata ai media dallo stesso Presidente in data 28 marzo 2007.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
PISCITELLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i magistrati onorari che svolgono la funzione di giudici di pace sono circa 3.500 e, in base all'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, vengono retribuiti con un'indennità sulla base di ogni procedimento o ricorso definito;
le indennità corrisposte ai giudici di pace variano a seconda della quantità dei procedimenti svolti e ciò, presentando caratteri analoghi a quelli previsti dalla retribuzione a cottimo, non appare compatibile con la funzione giurisdizionale, in quanto rischia di far sorgere nel giudice un interesse personale, impedendogli di essere o, quanto meno, di apparire, obiettivo ed imparziale;
la stessa Corte costituzionale ha affermato che «Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere, e deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi, come di timori di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a tutelare l'obiettività della decisione» (Sentenza n. 60/69);
le indennità percepibili dai giudici di pace sono soggetti al limite previsto dalla legge 311/2004 - Legge finanziaria 2005 - che stabilisce un limite massimo per ciascun giudice di 72.000 euro l'anno;
a giudizio dell'interrogante, tale sistema retributivo finisce per determinare notevoli, e non sempre giustificabili, disparità di trattamento tra magistrati che svolgono le stesse funzioni -:
se non ritenga opportuno rendere noto, con riferimento a ciascun ufficio, il compenso medio dei giudici di pace nell'anno 2005 e il numero dei giudici di pace che per lo stesso anno hanno percepito indennità pari al limite massimo di 72.000 euro o, comunque, superiori a 40.000 euro;
se non intenda adottare iniziative normative di modifica delle norme vigenti al fine di correggere il sistema retributivo degli anzidetti giudici in aderenza ai principi dell'imparzialità dei magistrati e di una maggiore credibilità della giustizia.
(4-01132)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica quanto segue.
Il rischio che l'attuale sistema di retribuzione possa far sorgere in capo al giudice di pace un interesse personale alla moltiplicazione dei procedimenti e delle decisioni sembra neutralizzato dall'espressa previsione legislativa di un tetto massimo della retribuzione di ciascun giudice (le indennità non possono superare l'importo annuo di
72.000 euro lordi: così l'articolo 11, comma 4-ter della legge 21 novembre 1991, n. 374, inserito dall'articolo 1, comma 310 della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
Peraltro, eventuali comportamenti del giudice di pace che violino il principio di imparzialità e siano contrari ai doveri di deontologia rilevano sotto il profilo della responsabilità disciplinare del magistrato e possono essere sanzionati - nei casi più gravi - anche con la revoca dell'incarico (articolo 9, comma 3 della legge n. 374 del 1991).
Per quanto riguarda, poi, il compenso medio dei giudici di pace riscontrato su base nazionale, esso è pari a circa euro 26.500 lordi annui, al netto dell'Irap, il cui onere è a carico dell'Erario.
Importi lordi superiori a 40.000 euro sono stati percepiti nel distretto di Napoli, ove il compenso medio dei giudici di pace ammonta a circa 50.000 euro lordi all'anno.
Al fine di rispondere allo specifico quesito posto dall'interrogante, si trasmette, in allegato, una tabella riportante l'importo medio delle indennità percepite dai giudici di pace nei vari distretti di Corte di appello.
Si sta, comunque, predisponendo uno schema di disegno di legge di riforma della disciplina dello stato giuridico ed economico dei giudici di pace, nel quale si prevedono controlli più incisivi sull'attività svolta dal magistrato, mediante un articolato sistema di verifiche periodiche della professionalità, volto ad accertare - tra l'altro - che l'esercizio delle funzioni giurisdizionali avvenga nel pieno rispetto delle regole di deontologia.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
Distretto Corte Appello | Compenso medio dei giudici di pace (importi lordi) |
Napoli | 50.000 |
Salerno | 38.000 |
Venezia | 37.500 |
Trieste | 32.800 |
Bolzano | 32.500 |
L'Aquila | 31.100 |
Perugia | 31.000 |
Roma | 30.500 |
Torino | 29.800 |
Bologna | 28.000 |
Brescia | 27.900 |
Lecce | 27.300 |
Bari | 24.500 |
Messina | 24.300 |
Milano | 24.300 |
Catanzaro | 24.300 |
Palermo | 22.600 |
Catania | 22.600 |
Genova | 22.000 |
Firenze | 22.000 |
Trento | 21.600 |
Ancona | 21.000 |
Taranto | 20.300 |
Cagliari | 19.000 |
Sassari | 18.200 |
Reggio Calabria | 16.500 |
Campobasso | 15.300 |
Caltanissetta | 14.400 |
Potenza | 13.800 |
Compenso medio lordo su base nazionale al netto dell'IRAP | 26.500 |
RAISI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ENCI, Ente nazionale cinofilia italiana, svolge le funzioni pubblicistiche delegate dalla legge 30 dicembre 1992, n. 529 per la tutela e la promozione delle razze canine;
nello specifico l'E.N.C.I. è deputato alla tenuta del Libro genealogico dei cani di razza secondo la disciplina dettata da appositi disciplinari approvati con decreti del Ministro delle politiche agricole e forestali e, in particolare, dal decreto ministeriale n. 21095 del 5 gennaio 1996 e dalle Norme tecniche di attuazione, anch'esse approvati con rispettivi decreti ministeriali;
gli organi che gestiscono l'Ente hanno - secondo l'interrogante - disatteso le
funzioni pubblicistiche allo stesso affidate in quanto hanno omesso l'applicazione, sotto ogni profilo, sia del Disciplinare del libro genealogico che di diverse norme di legge statali e regionali inerenti il settore della cinofilia, in quanto, nello specifico, hanno disatteso sia il controllo e la verifica dei cani di razza da iscrivere nel Libro genealogico, sia il controllo e la verifica degli allevamenti di cani di razza, che spesso eludono le regole dettate per il benessere animale dalla legge 14 agosto 1991, n. 281, sia il controllo e la verifica dei requisiti dei Giudici iscritti all'Albo degli esperti, tenuto dallo stesso E.N.C.I. tramite il Comitato degli Esperti, regolato da ultimo dal disciplinare di cui al decreto ministeriale n. 24445 del 12 dicembre 2001 «Disciplinare del Corpo degli esperti del Libro Genealogico del cane di razza». Nello specifico:
a) sotto il primo profilo, si richiama la circolare dell'E.N.C.I. prot. n. 3241/FC/AP/LH del 24 gennaio 2005 nella quale si dichiarava che «gli allevatori titolari e/o associati d'affisso riconosciuto da ENCI/FCI hanno la facoltà di registrare al Libro genealogico cucciolate identificabili anche attraverso l'apposizione della propria sigla assegnata dall'ENCI». Tale disposizione è secondo l'interrogante in palese contrasto con la legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione prevenzione del randagismo) che istituisce l'anagrafe canina delegando alle Regioni l'istituzione e le modalità di iscrizione alla medesima anagrafe, nonché le modalità di rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore (articolo 3). L'E.N.C.I., invece, consente che al Libro genealogico continuino ad essere iscritti cani di razza identificati in virtù della marcatura apposta dagli allevatori dotati di «affisso» (titolo rilasciato dallo stesso E.N.C.I., quindi privatistico e non pubblicistico), non garantendo in questo modo ogni accertamento in ordine alla provenienza del cane, alle verifiche igienico-sanitarie cui lo stesso deve essere sottoposto e delle strutture in cui operano gli allevatori, come invece richiesto dalle norme di legge regionali. Inoltre l'E.N.C.I. consente che siano eluse le verifiche veterinarie dei cani iscritti al Libro genealogico posto che il Consiglio direttivo dell'E.N.C.I., in data 16 giugno 2005, deliberava di non considerare obbligatoria la certificazione veterinaria ai fini della iscrizione degli esemplari ai Registri, rendendo di fatto possibile che, mediante procedure contrarie alle disposizioni di legge statale e regionale, l'iscrizione al libro genealogico dei cani di razza, regolato con decreto del ministero interrogato possa avvenire anche per esemplari privi di idonea identificazione, di fatto spesso provenienti dall'estero, in assenza dei più elementari controlli sotto il profilo veterinario;
b) per quanto concerne il controllo e la verifica degli allevamenti di cani di razza risulta all'interrogante che l'E.N.C.I non ha ancora provveduto alla formazione ed alla pubblicizzazione del Registro degli allevatori e dei proprietari, in violazione dell'articolo 11 del decreto ministeriale n. 21203 del 8 marzo 2005 che prescrive che lo stesso registro sia reso pubblicamente consultabile per quanto concerne le informazioni relative all'identificazione degli allevatori e dei proprietari iscritti al registro di cui all'articolo 7 del Disciplinare del libro genealogico. Per cui possono figurare come allevatori anche soggetti che da anni non allevano cani di razza o che violano le più elementari norme igienico-sanitarie, posto che l'E.N.C.I. non richiede nemmeno il rispetto delle norme regionali dettate dalla legge n. 281 del 1991 in tema di benessere animale;
c) mette conto rilevare, infine la sospetta mancanza di requisiti per alcuni giudici italiani di prove di lavoro (sulla qual cosa vi è già un procedimento giudiziario penale pendente), con conseguente sospetta frode zootecnica, evidenziandosi anche in questo caso la palese elusione del Disciplinare del Libro genealogico e del decreti applicativi. In definitiva l'E.N.C.I., anziché procedere alla tutela dei cani di razza e degli allevatori che si attengono alle norme del Disciplinare ed alle norme
concernenti la disciplina statale e regionale, agendo in forza della natura privatistica della compagine ha avallato comportamenti posti in essere in violazione delle leggi citate e dei regolamenti attuativi, restando del tutto priva di controllo sia l'iscrizione degli esemplari al Libro genealogico, sia l'attività degli allevamenti per i quali non viene nemmeno previsto un coordinamento con le norme regionali in tema di anagrafe canina;
l'attività che l'E.N.C.I. svolge in merito alla tenuta del Libro genealogico viola a giudizio dell'interrogante il principio di trasparenza a cui la stessa dovrebbe attenersi come ogni soggetto che eserciti pubbliche funzioni. L'E.N.C.I. è titolare della disciplina e della tenuta del Libro genealogico di cui non viene data alcuna pubblicità o pubblico accesso per quanto riguarda i dati identificativi dei cani e degli allevamenti, non consentendo alcuna trasparenza sull'allevamento da cui il cane di razza proviene e la verifica del rispetto della conformità dell'allevamento ai requisiti igienico-sanitari previsti dalle norme regionali oltre che del Disciplinare e delle Norme tecniche di attuazione. Per cui non è consentita nessuna possibilità di accesso alle informazioni relative ai cani di razza, né al Registro degli allevatori e proprietari che, come sopra richiamato, il decreto ministeriale n. 21203 del 8 marzo 2005 all'articolo 11 prescrive sia reso pubblicamente consultabile. D'altra parte lo stesso Ente richiede che nella sottoscrizione dei modelli di denuncia della nascita dei cuccioli sia sottoscritta dagli allevatori una clausola che consente a soggetti terzi l'acquisizione e la circolazione di informazioni dei singoli allevatori, i quali sono peraltro costretti a firmare il documento per poter ottenere il rilascio del pedegree da parte dell'E.N.C.I., unico soggetto a ciò preposto;
in definitiva la tenuta del Libro genealogico non può essere avulsa dalle disposizioni di legge statali e regionali che riguardano il settore della cinofilia, non potendo l'E.N.C.I. non tenere conto, e quindi disattendere, quelle norme che impongono modalità di marcatura dei cani e di identificazione degli allevamenti ai fini delle verifiche igienico-sanitarie o che limitano la diffusione di dati sensibili;
in definitiva le circostanze evidenziate in alcun modo possono considerarsi interne all'associazione e quindi privatistiche, come facilmente verrà obiettato, in quanto l'E.N.C.I. è l'unica associazione sul territorio nazionale cui è demandato l'esercizio delle pubbliche funzioni inerenti il rilascio del pedegree ed a cui sono intimamente collegate le attività che concernono l'attività associativa. Al riguardo si evidenzia che per l'ottenimento del titolo inerente l'iscrizione al Libro genealogico, o anche solo per accedere alle tariffe agevolate per ogni attività di allevamento (triplicate per i non soci E.N.C.I.), l'allevatore di cani di razza deve farne richiesta all'E.N.C.I. che, unico sul territorio nazionale, svolge le dette funzioni. In definitiva l'allevatore, per accedere al servizio pubblico che l'E.N.C.I. è tenuto a prestare e per godere di particolari agevolazioni, è costretto ad associarsi allo stesso Ente, in contrasto, secondo l'interrogante, con l'articolo 18 della Costituzione che sancisce la libertà del diritto di associazione. In tal modo, per richiedere l'espletamento di quei servizi, lo stesso allevatore viene sottoposto alle modalità con cui l'E.N.C.I. esercita le funzioni sia pubbliche che private;
risulta all'interrogante che da ultimo, un allevatore, il signor Alberto Veronesi, è stato sottoposto a procedimento disciplinare, con la possibile sospensione o radiazione da socio E.N.C.I. e, quindi, con tutti i danni economici e di immagine a ciò conseguenti, solo perché si era permesso di segnalare al Ministero interrogato peraltro con una e-mail non avente pubblico accesso, la mancata applicazione da parte dell'E.N.C.I. del Libro genealogico ed il mancato esercizio delle funzioni che per legge lo stesso Ente dovrebbe adempiere, in ciò peraltro limitandosi a richiamare quanto già affermato dal Comitato italiano di bioetica nel parere del 5 maggio 2006, dove si afferma che molte razze sono «malate», per le quali lo stesso CNB si riservava un prossimo intervento;
da quanto sopra deriva che il Ministero non può disinteressarsi delle modalità, con cui l'E.N.C.I. svolge le funzioni pubblicistiche allo stesso delegate e quelle associative a ciò connesse, come non può non valutare che, in conseguenza di tale modo di gestire la cinofilia, il numero di cuccioli iscritti al Libro genealogico è passato da 160.000 nell'anno 2003 (inizio dell'attuale gestione dell'E.N.C.I.) a 124.000 nel 2005, e che negli stessi anni di riferimento i soci aggregati (iscritti nei vari club e gruppi cinofili) è passato da 98.000 a 75.000, con conseguenti danni economici per tutto il settore. Di tutto questo occorre che il Ministero tenga conto al fine di procedere ad una distinzione e separazione dell'attività associativa e privatistica dell'E.N.C.I., che verrebbe ricondotta alla originaria funzione di aggregazione di allevatori di cani di razza, da quella relativa all'esercizio delle pubbliche funzioni inerenti la tenuta del Libro genealogico;
secondo l'interrogante tali pubbliche funzioni sono da ricondurre nella competenza di codesto Ministero attraverso la nomina di un commissario ad acta, previa rimozione dei rappresentanti dello stesso Ministero in seno all'E.N.C.I. e, quindi, del membro nominato presso il Consiglio direttivo dell'E.N.C.I., del Presidente del collegio sindacale, del Presidente del comitato giudici -:
se:
a) di fronte alle richiamate violazioni delle disposizioni di legge statale e regionale che prevedono l'identificazione dei cani mediante tatuazione o applicazione di microchips, e degli allevamenti secondo la disciplina delle leggi regionali in materia, come sistema introdotto per evitare frodi da parte di allevatori per nulla rispettosi delle norme di legge e di regolamento;
b) a fronte della mancata pubblicizzazione delle informazioni relative all'identificazione degli allevatori e dei proprietari iscritti al registro di cui all'articolo 7 del disciplinare del libro genealogico, ciò concretizzando secondo l'interrogante una violazione del disciplinare di cui al sopra citato decreto ministeriale, e per tutto quanto esposto e riferito a precedenti interpellanze ed esposti pervenuti a codesto Ministero anche da singoli allevatori relativi all'attuale gestione dell'E.N.C.I.,
intenda procedere con la nomina di un commissario ad acta per la corretta applicazione della legge n. 529 del 1992 e del Disciplinare del Libro genealogico per la tutela dei cani di razza, nell'interesse pubblico e degli allevatori di cani di razza, previa rimozione dei rappresentanti dello stesso Ministero in seno all'E.N.C.I. e, quindi, del membro nominato presso il Consiglio direttivo dell'E.N.C.I., del Presidente del collegio sindacale, del Presidente del comitato giudici.
(4-01994)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto si fa presente che il decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 529 prevede che i libri genealogici delle specie animali minori, tra le quali la specie canina, siano istituiti dalle associazioni nazionali di allevatori di specie e razza.
Le richieste approvazioni ministeriali della istituzione del libro e dei disciplinari che ne regolano la tenuta sono legate alla possibile rilevanza pubblica che l'attività in parola, che resta comunque privata, può rivestire per l'affidamento dei terzi sui documenti e le certificazioni che tale libro rilascia.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, quindi, approva i disciplinari delle associazioni di allevatori, che istituiscono e gestiscono libri genealogici e vigila sugli adempimenti previsti dagli stessi disciplinari.
Il disciplinare del libro genealogico del cane di razza è stato approvato con decreto ministeriale n. 21095 del 5 febbraio 1996, successivamente modificato con decreto ministeriale 22383 del 3 giugno 2003.
Il disciplinare, all'articolo 3, stabilisce che all'attività del libro genealogico l'Ente nazionale della cinofilia italiana (Enci) provveda con:
a) la Commissione tecnica centrale;
b) l'Ufficio centrale del libro genealogico;
c) il corpo degli esperti.
In applicazione del predetto disciplinare, con decreto ministeriale n. 20894 del 18 aprile 2000 sono state approvate le norme tecniche del libro genealogico, successivamente sostituite con quelle approvate con decreto ministeriale n. 21203 dell'8 marzo 2005.
Le predette norme tecniche nel testo del 2000 prevedevano all'articolo 6 la marcatura ufficiale dei cuccioli mediante punzonatura o attraverso l'applicazione di un identificativo elettronico (microchip).
All'epoca solo alcune regioni avevano adottato specifiche discipline, in attuazione della legge del 14 agosto 1991, n. 281 - legge quadro in materia di animali da affezione e prevenzione al randagismo - per l'identificazione dei cani.
La Commissione tecnica centrale del libro genealogico affrontò nell'anno 2002 la problematica deliberando che in tutte le situazioni in cui fosse stata attivata l'identificazione pubblica, la stessa diventava ufficiale anche per il libro genealogico.
In caso di mancata attivazione dell'anagrafe canina da parte di alcune regioni rimaneva attivo il sistema di identificazione fino ad allora utilizzato dall'Enci purché l'identificazione medesima risultasse univoca.
Le recenti norme tecniche prevedono, all'articolo 6, l'identificazione dei cuccioli tramite microchip, uniformandosi così con la normativa nazionale che prevede l'obbligo di detto identificativo elettronico per tutti i cani nati dal 1o gennaio 2005.
Pertanto, la Banca dati dell'Enci fino al 31 dicembre 2004 doveva necessariamente essere in linea con l'anagrafe canina detenuta dalle Regioni laddove il sistema risultava attivato.
Dal 1o gennaio 2005 la Banca dati Enci e l'anagrafe canina dovevano essere completamente allineate: l'identificativo ufficiale è esclusivamente quello attribuito dalle Regioni.
Con circolare n. 3241 del 24 gennaio 2005, il Direttore generale dell'Enci e responsabile dell'Ufficio centrale del libro genealogico, richiamando una precedente nota del 1o giugno 2004 ha informato le delegazioni Enci che gli allevatori titolari e/o associati d'affisso riconosciuto da Enci/Federation Cynologique Internationale hanno la facoltà di registrare al libro genealogico cucciolate identificabili anche attraverso l'apposizione della propria sigla assegnata dall'Enci.
Questa disposizione avrebbe consentito, fino all'estate del 2006, di iscrivere al libro genealogico soggetti il cui identificativo non risultava in regola con l'iscrizione all'anagrafe canina come disposto invece dalla legge n. 281 del 1992, in quanto non giustificata tecnicamente, ma considerata solo opportuna per risolvere problemi interni prettamente associativi.
Quanto alla verifica del rispetto delle più elementari norme igienico-sanitarie negli allevamenti di cani, si fa presente che tale attività non rientra tra i compiti dell'Enci, ma tra quelli delle regioni attraverso le aziende sanitarie locali.
Quanto alla presunta mancanza di requisiti per alcuni giudici italiani di prove di lavoro con conseguente sospetta frode zootecnica, evidenziando così una palese elusione del disciplinare del Libro genealogico da parte dell'Enci, si fa presente che una tale manchevolezza non risulta, sia da quanto relazionato dall'Enci, che dagli atti dell'Amministrazione.
Così come non risulta la pendenza di un procedimento penale in merito.
Risulta, invece, che un esperto giudice, sospeso dalla funzione per mancata presentazione di certificato penale aggiornato, così come previsto dall'articolo 10 del disciplinare del Corpo degli esperti approvato con decreto ministeriale n. 20633 del 20 febbraio 2004, abbia fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale della Lombardia, successivamente trasferito al tribunale amministrativo regionale del Lazio per competenza, contro la delibera di sospensione dell'Enci per asserita non corretta applicazione del disciplinare medesimo e disparità di trattamento nei riguardi di altri esperti giudici.
Quanto all'addebito secondo il quale gli allevatori sarebbero costretti ad iscriversi all'Enci per ottenere agevolazioni, in presunto contrasto con l'articolo 18 della Costituzione,
si richiama l'attenzione sulla circostanza che l'Enci è una associazione privata che svolge attività di rilevante interesse pubblico e non attività pubblica.
Ovviamente, in applicazione della normativa Iva, è necessario applicare la suddetta imposta ai non soci per le prestazioni.
Ciò, non contrasta con la libertà di associazione costituzionale garantita, in quanto i cinofili sono liberi di associarsi all'Enci (gli allevatori) o ai gruppi cinofili o alle associazioni di razza (allevatori e non).
Per quanto concerne la posizione dell'allevatore, rinviato alla Commissione di disciplina per aver segnalato a questo Ministero «...la mancata applicazione da parte dell'Enci del Libro genealogico ed il mancato esercizio delle funzioni che per legge lo stesso ente dovrebbe adempiere...», l'Enci, più volte sollecitata, in data 29 gennaio 2007 ha completato le informazioni richieste.
Senza entrare nel merito del contenuto del messaggio contestato, si fa presente che la controversia attiene ai rapporti tra un ente privato ed un suo socio, rapporti che esulano dalla competenza dell'Amministrazione.
Del resto, il clima conflittuale è ormai da anni una caratteristica costante nella vita dell'Enci, caratteristica che neppure i diversi commissariamenti succedutisi sono riusciti ad eliminare.
Si comunica, infine, che il rappresentante ministeriale in seno al Consiglio direttivo è stato sostituito il 1o dicembre 2006.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
RAMPELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 6 ottobre 2006 il sindacato Sinappe ha organizzato una manifestazione di protesta davanti alla casa di reclusione circondariale di Rebibbia;
la protesta era finalizzata a denunciare le problematiche del personale carcerario che è costretto a svolgere il proprio lavoro in condizioni di enorme difficoltà, soprattutto in relazione alle carenze legate alla pianta organica che, a fronte di 276 posizioni previste, ne vede attualmente in servizio poco più di 200, di cui 40 sono comandati in altri servizi pubblici;
se teniamo conto, inoltre, dei periodi di ferie e delle assenze per malattia il personale realmente operativo giornalmente è pari a poco più di 100 unità;
a causa di questa grave situazione i lavoratori sono costretti ad organizzare il servizio in tre turni da otto ore invece che quattro turni da sei ore, con la conseguenza che le due ore in più effettuate sono considerate in busta paga come straordinari e spesso addirittura non vengono retribuite affatto;
a quanto risulta all'interrogante, una parte consistente del personale vive fuori Roma e, per cercare di limitare i disagi dei trasferimenti, ha concordato con l'amministrazione carceraria di effettuare il servizio articolandolo su due turni lavorativi consecutivi, così da ottenere un giorno di riposo;
lo svolgimento del servizio con le suddette modalità comporta, per il lavoratore, di dove effettuare un turno di ben sedici ore nella stessa giornata;
questa carenza di personale determina gravi conseguenze sia sui livelli di sicurezza all'interno della casa circondariale sia sulla popolazione carceraria, senza contare poi la sospensione di alcuni importanti servizi proprio a causa dell'organico insufficiente -:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare per garantire idonei livelli di sicurezza e il ripristino della normalità.
(4-01278)
Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, si fa presente che la carenza di personale del corpo di Polizia penitenziaria presso la casa di reclusione di Roma-Rebibbia risulta piuttosto contenuta.
Infatti, per effetto del recente provvedimento di indulto, la presenza di detenuti nella struttura è, allo stato, ampiamente al di sotto del numero massimo previsto e, per quanto riguarda il personale di polizia
penitenziaria, a fronte di una dotazione organica di 276 unità, risultano assegnate 249 unità.
Inoltre, la maggior parte delle unità di personale in uscita risulta essere impiegata presso il Nucleo traduzioni e piantonamenti della attigua Casa circondariale «Nuovo Complesso» di Roma Rebibbia, che, di fatto, attende a tutte le esigenze degli istituti di pena facenti parte del cosiddetto «Polo di Rebibbia», quindi, anche di quello in esame.
Va anche sottolineato che la carenza lamentata è per lo più riconducibile ad assenze per infermità.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
RUGGERI e BURCHIELLARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti conoscono personalmente diversi cittadini italiani mantovani che, in tempo di guerra, sono stati internati nei lager, come gli amici Spartaco Gamba già vicesindaco apprezzato di Mantova e Mario Cerini già sindaco stimato di Cavriana, in provincia di Mantova. Gli interroganti sono testimoni della battaglia infinita ed estenuante di questi amici che da decenni e decenni si battono per tutti quei mantovani che come loro sono stati deportati nei lager e costretti al lavoro coatto sino all'agosto del 1945, senza un vero riconoscimento del nostro Paese;
in particolare l'amico Spartaco Gamba, come rappresentante della Federazione Provinciale ANRP (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia) ex IMI, ci pare il simbolo e la bandiera di questa battaglia; Spartaco, indomito e forte come un gladiatore, con le sole armi della sua fede nella giustizia e nella verità, si sta battendo coi pochi mezzi che ha, grazie alla pensione misera di ex postino e alle sottoscrizioni dei suoi amici, alzando la voce sempre, anche quando non si può, su questa questione degli ex IMI ancora vergognosamente irrisolta;
spesso, dopo tante volte che grida «al lupo», qualcuno lo sottovaluta non ricordando che parla a nome di tanti altri concittadini mantovani; se fosse morto in un lager forse quel qualcuno oggi porterebbe più rispetto a lui e a tutti gli altri ex internati, almeno in qualche 25 aprile;
quel qualcuno, siamo un po' tutti noi e chi ha perso il senso della dignità delle persone, dello Stato, della patria, del sacrifico e del servizio e del rispetto;
dalla Germania (Fondazione Memoria Responsabilità Futuro di Berlino) e qualcuno anche in Italia, hanno detto che in fin dei conti questi reduci ex IMI «non sono stati ne prigionieri ne ex internati: che cosa vogliono»? Ci si dimentica per inciso che quasi 70.000 (settantamila) sono le persone in questa situazione morte-uccise direttamente e indirettamente a causa del soggiorno in questi «villaggi turistici» dei lager nazisti;
Spartaco, col suo impegno civile e politico di difensore (non solo a parole) della libertà, autentico e fiero socialdemocratico sta da decenni tentando di tutto, per la sua associazione, dalle vie giudiziarie a quelle della informazione e della politica, ma i risultati non ci sono ancora; e intanto lui e questi nostri concittadini vanno avanti negli anni e nell'amarezza di essere presi in giro, sopportati, dimenticati o addirittura negati del loro passato; non ci meravigliamo, c'è chi sostiene che anche i campi di sterminio non sono mai esistiti;
è molto critico anche con questo nostro Governo perché nella Finanziaria si concede una medaglia agli ex IMI, (i vari Spartaco ne hanno già un cassetto pieno) e soprattutto si mette in moto un organismo, che pare piccola cosa e costosissima senza alcun reale beneficio, almeno per chi ex IMI è rimasto in vita-:
quali misure questo Governo e questo nostro Paese intenda assumere per riconoscer
dignità a queste persone rimaste in vita, che hanno contribuito a fare l'Italia con i fatti e con le loro vite, senza attendere riconoscimenti dalla Germania; pare opportuno e più giusto che sia l'Italia in modo unilaterale a far i carico pieno, di un riconoscimento soprattutto e finalmente economico a mo' di giustizia e non di mancia.
(4-02626)
Risposta. - Il Governo ha deciso di venire in qualche modo incontro alle aspettative di riparazione (di carattere morale prima che finanziario) degli ex internati militari italiani, ovvero di «riconoscere dignità» a questa particolare categoria di vittime della barbarie nazista, sin qui esclusa da qualsiasi provvedimento di riparazione o risarcimento di carattere interno o internazionale.
Con la legge finanziaria per il 2007 si è in effetti inteso riconoscere «a titolo di risarcimento soprattutto morale il sacrificio dei cittadini deportati ed internati nei lager nazisti nell'ultimo conflitto mondiale»: nei paragrafi da 1271 a 1277 viene prevista «la concessione di una medaglia di onore ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l'economia di guerra, ai quali, se militari, è stato negato lo status di prigioneri di guerra, e ai familiari dei deceduti che abbiano titolo per presentare l'istanza di riconoscimento dello status di lavoratore coatto».
Si tratta di un primo atto, di valore simbolico, che nelle intenzioni del Governo non costituisce certamente una iniziativa che possa di per sé riparare ai danni così gravi inferti agli ex internati militari italiani e come tale va inteso.
Rispetto alla problematica in questione, il provvedimento ha comunque il merito di rompere un prolungato silenzio e di esprimere una nuova sensibilità istituzionale, che recupera alla memoria storica del Paese una pagina tanto dolorosa e sin qui ignorata.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
SANZA, UGGÈ e TESTONI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
l'annosa questione del diritto dei lavoratori ATA ed ITP della scuola transitati allo Stato, ad avere il pieno riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dei servizi maturati negli Enti di provenienza è a tutt'oggi rimasta irrisolta, una vera e propria mortificazione;
com'e noto con la legge n. 124 del 1999 alcune decine di migliaia di dipendenti della scuola, furono trasferite dalle province ed altri enti locali alle dirette dipendenze dello Stato, ma una parte di essi si è vista decurtare gli emolumenti rispetto al precedente periodo, soprattutto per quanto riguarda il calcolo ai fini economici e pensionistici dell'anzianità di servizio;
il principio del riconoscimento dell'anzianità maturata nel corso degli anni è stato peraltro ribadito da almeno quattro sentenze della Corte di Cassazione e il precedente governo si era impegnato a ripristinare tale diritto approvando un ordine del giorno, presentato in Senato il 22 dicembre 2005, in sede di varo della Finanziaria 2006 -:
quali iniziative immediate il Governo intenda intraprendere per dare concreta attuazione a quell'ordine del giorno e ripristinare così un diritto ancora disatteso.
(4-00598)
Risposta. - Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame, con la quale l'interrogante chiede provvedimenti per il riconoscimento del servizio pregresso maturato dal personale dipendente dagli enti locali, già in servizio nelle scuole ed istituti statali, e transitato allo Stato nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, al fine di evitare situazioni di disparità tra i lavoratori.
Si premette che è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124; attualmente all'esame della Corte Costituzionale.
L'articolo 8 della suddetta legge ha posto a carico dello Stato il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale Ata statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in vigore della legge n. 124, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina sulle modalità del trasferimento ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica, sentiti l'Anci, l'Associazione nazionale comuni italiani, l'Unicem, l'Unione nazionale comuni comunità enti montani e l'Upi, l'Unione delle province d'Italia.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale Ata proveniente dagli enti locali è riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi, in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati ai comuni e alle province da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato un apposito accordo dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, accordo che, come previsto dalla legge, è stato poi recepito dal decreto 5 aprile 2001 adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri d'inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico» e cioè collocando gli interessati nella posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio. Ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali (se superiore rispetto a quello dello Stato) nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge 124 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda, è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti - nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali di settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «Scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità
dì servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n.124 è stata applicata dall'Amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'Amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro già rilevato dall'interrogante in Corte di Cassazione con la soccombenza dell'Amministrazione. Ma vi sono anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'Amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'Accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa di tale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola.
In presenza di questa situazione è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa.
Si conviene con l'interrogante circa la situazione di disomogeneità che la vicenda ha determinato nell'ambito del personale interessato e si assicura che il Ministero sta seguendo con grande attenzione questa complessa vicenda anche ricercando d'intesa con il Ministero dell'economia soluzioni che consentano parità di trattamento e compatibilità finanziaria, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
SMERIGLIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Marco Orefice, cittadino italiano, residente da oltre tre anni a Copenaghen, dove frequenta la RUK (Università danese) e lavora in un albergo per pagarsi gli studi, si trova in stato di fermo, da due settimane, in seguito agli incidenti avvenuti in seguito allo sgombero di Ungdomshuset;
il signor Orefice è stato fermato ed in seguito arrestato, mentre si trovava seduto, con la propria insegnante di danese, che si è dichiarata pronta a testimoniare, in un bar a duecento metri dalla sua abitazione, quando non era ancora iniziato il corteo, durante il quale sono avvenuti gli incidenti riportati da tutta la stampa internazionale;
il signor Orefice è detenuto in regime di isolamento perché accusato di violenza a pubblico ufficiale, corteo non autorizzato e travisamento, a seguito della testimonianza di un poliziotto;
al momento sono 68 le persone detenute e il locale tribunale della libertà ha deciso per la continuazione della detenzione per tutti loro;
per questi detenuti, considerati «politici», è previsto l'isolamento anche durante l'ora d'aria e la mensa separata;
gli stessi detenuti hanno denunciato le violenze subite a seguito dell'arresto, di cui portano ancora i segni addosso, come hanno dichiarato all'interrogante i parenti dello stesso Marco Orefice e l'impossibilità di ricevere cure mediche adeguate;
nella giornata del 16 marzo 2007 è stato confermato dalla stampa danese l'utilizzo, da parte della polizia, del ferret 40, un gas estremamente venefico e pericoloso -:
se non ritenga necessario ed estremamente urgente attivare l'Ambasciata Italiana a Copenaghen al fine di accertare lo stato di salute del signor Marco Orefice e di fornire allo stesso tutta l'assistenza necessaria affinché possa al più presto, attraverso un sollecito accertamento dei fatti, ritrovare la propria libertà.
(4-03075)
Risposta. - Il signor Marco Orefice, residente in Danimarca come studente universitario ma non iscritto all'anagrafe consolare, è stato tratto in arresto dalla polizia danese nella notte tra il 1 e il 2 marzo 2007 insieme ad altri due connazionali con l'accusa di turbamento dell'ordine pubblico e lesioni a pubblico ufficiale.
Nonostante le istanze di scarcerazione presentate dal legale dell'interessato e il rilascio degli altri due cittadini italiani, avvenuto a distanza di pochi giorni dall'arresto, le competenti Autorità locali hanno disposto per il signor Orefice il mantenimento del regime di custodia cautelare fino al 27 aprile, fissando la data di inizio del processo a carico dello stesso per il 4 maggio 2007.
Venuta a conoscenza di quanto accaduto al connazionale, l'Ambasciata a Copenaghen si è prontamente attivata al fine di fornire al signor Orefice ogni possibile assistenza. In particolare, si sono svolti a più riprese interventi allo scopo di ottenere chiarimenti circa i reati contestati e si è provveduto a stabilire un contatto con l'avvocato difensore e con la famiglia del connazionale.
La Rappresentanza ha altresì effettuato passi nei confronti delle autorità carcerarie onde consentire che un proprio medico di fiducia visitasse l'interessato per accertarne lo stato psico-fisico e le eventuali conseguenze del trattamento riservato allo stesso al momento dell'arresto e durante il periodo di detenzione.
Dalla visita medica effettuata l'11 aprile 2007 e risultato che il signor Orefice gode di buona salute e non accusa evidenti danni fisici o psichici, né segni di recenti violenze.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
VERRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo l'interrogante, il sindaco e il consiglio comunale di Messina versano in una condizione fortemente anomala per la irregolarità della loro elezione;
le elezioni comunali del novembre 2005, a Messina, sono, infatti, state tenute sulla base di un decreto del Presidente della I Sezione del Tribunale Amministrativo della Sicilia, sezione di Catania, che non ha mai conseguito la necessaria efficacia che, per la legge T.A.R., deve intervenire alla prima Camera di Consiglio successiva.
Il T.A.R. ha, invece, fin ora sempre rinviato la trattazione della domanda cautelare per ben sei Camere di Consiglio.
è un'anomalia, questa, assolutamente singolare nella giustizia amministrativa e che si verifica in un contenzioso promosso - avverso atti endoprocedimentali in materia elettorale (non impugnabili per giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato) - dall'onorevole Vittorio Craxi;
la questione resta estranea all'ambito della giustizia amministrativa e su di essa ha pronunciato, con sentenza esecutiva, il Tribunale Civile di Roma (Sentenza III Sezione del 20 gennaio 2006), che ha confermato il diritto dell'onorevole De Michelis ad esercitare le funzioni di segretario di quella formazione politica, alla quale l'onorevole Craxi è, comunque, da tempo estraneo, essendo stato candidato alle elezioni politiche di aprile 2006 ed essendo oggi componente del Governo quale aderente ad altro e contrapposto partito;
secondo l'interrogante l'anomalia, secondo l'interrogante del comportamento
del T.A.R. Catania, confliggente alla situazione di diritto accennata, merita di essere valutata dal Presidente del Consiglio e dal Presidente del Consiglio di Stato al quale l'interrogante ritiene che la questione vada deferita;
l'interrogante rileva, al riguardo, che l'istituto del Decreto Presidenziale, che ha come suo obiettivo quello di attribuire, in casi eccezionali, una tutela immediata agli interessi del ricorrente, è stato di fatto uno strumento sostanzialmente decisorio e inappellabile. Tanto, vuoi per le decisioni processuali del T.A.R. Catania di riunione di ricorsi, vuoi per l'attrazione di fasi cautelari in quelle di merito, vuoi per i rinvii d'ufficio anche se non richiesti da alcuna parte;
il profilo giurisdizionale della vicenda è ancora più rilevante per le sue congruenze politiche;
il comportamento del Giudice Amministrativo ha determinato, inoltre, la protrazione dello stato di profondo disagio causato da un noto conflitto di interessi del sindaco di Messina, per via del fatto che lo stesso è comproprietario delle Società che in regime di sostanziale monopolio, anche della concessione di tutti gli approdi di traghettamento a Messina (e a Villa S. Giovanni), gestiscono il traffico nello Stretto;
conflitto che, pur allo stato non legislativamente perseguibile desta comunque seria preoccupazione, come d'altronde confermato dalle dichiarazioni rese sul caso specifico dall'onorevole Violante, autorevole esponente del centro-sinistra;
e mentre non appare strano che il sindaco di Messina in tale personale situazione abbia manifestato contrarietà al Ponte sullo Stretto, preoccupa, invece, la candidatura dello stesso sindaco, negli indugi del Tribunale Amministrativo Regionale, all'incarico di Commissario Straordinario per l'emergenza della viabilità nella città dello Stretto -:
se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza dei fatti rappresentati, se intenda verificare la ricorrenza dei presupposti per un eventuale azione disciplinare, ed altresì se non ritenga inopportuno, per le ragioni cennate, il conferimento al sindaco di Messina dell'incarico di Commissario per l'emergenza viabilità in quella città.
(4-01489)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame si fa presente che il Consiglio di Stato, appositamente interpellato al riguardo, ha comunicato quanto segue.
Le elezioni comunali del 27 e 28 novembre 2005 sono state tenute a Messina senza la partecipazione della lista n. 31, contraddistinta dal contrassegno «Partito Socialista - Nuovo PSI» presentata dal sig. Salvatore Gennaro su delega dell'on. Gianni De Michelis.
La lista è stata esclusa dalla commissione elettorale (verbale n. 121 del 25 novembre 2005) in ottemperanza a quanto disposto dal decreto cautelare n. 1790 del 2005 del 25 novembre 2005, adottato dal Presidente della sezione staccata di Catania del T.A.R. della Sicilia (dott. Vincenzo Zingales) sul ricorso (con motivi aggiunti) e connessa istanza cautelare proposto dall'onorevole Bobo Craxi.
Con lo stesso decreto il Presidente, tenuto conto che la prima camera di consiglio utile della I sezione era fissata per il 7 dicembre 2005, ha previsto per tale camera di consiglio la sottoposizione del predetto decreto presidenziale cautelare al Collegio così come prescritto dalle vigenti disposizioni di legge (articolo 21 comma 9, della legge n. 1034 del 1971, come modificato dalla legge. n. 205 del 2000).
Nella camera di consiglio del 7 dicembre 2005 il Collegio (che in tutta la vicenda è stato così costituito: Vincenzo Zingales, Presidente; Rosalia Messina e Salvatore Gatto Costantino, componenti) ha rinviato la trattazione della domanda cautelare alla camera di consiglio del 19 gennaio 2006, ritenendo che la mancanza della prova dell'avvenuta notifica del ricorso «non imputabile al fatto del ricorrente» impediva «ogni valutazione sulla effettiva regolare costituzione del contraddittorio e di conseguenza sulla lite cautelare»; ha, inoltre,
disposto l'acquisizione di documenti utili ai fini della decisione (ordinanza n. 457 del 7 dicembre 2005).
L'istanza cautelare è ritornata all'esame della sezione in successive cinque camere di consiglio, nelle quali il Collegio, in linea con quanto affermato nella camera di consiglio del 19 gennaio 2006, si è limitato a disporre misure intese a sanare l'irritualità della notifica del ricorso ad alcuni controinteressati e ad ordinare l'integrazione del contraddittorio, anche in relazione a ricorsi incidentali depositati nel frattempo.
Come risulta dalle ordinanze adottate nelle predette camere di consiglio il Collegio non si è pronunziato, in tali occasioni, nel merito dell'istanza accolta con il decreto presidenziale n. 1790 del 2005 del 25 novembre 2005, ritenendo che non fosse possibile definire la fase cautelare a causa della mancata completa instaurazione del contraddittorio.
In particolare, nell'ordinanza n. 638 del 2006, adottata nella camera di consiglio del 6 aprile 2006, si legge che «solo al completamento degli adempimenti relativi alla rituale e completa instaurazione del contraddittorio il Collegio potrà prendere in esame la domanda cautelare proposta nel giudizio n. 3049 del 2005 ai fini dell'eventuale conferma, modifica o revoca degli effetti del decreto presidenziale cautelare, come prescritto dall'articolo 21 della legge n. 1032 del 1972 e che, per questa ragione «in assenza dell'integrale completamento del contraddittorio, non possa ritenersi ancora utile la presente camera di consiglio, ai fini della decisione della lite cautelare; con conseguente perdurante efficacia del decreto presidenziale che ha disposto l'esclusione della lista presentata dal signor Gennaro».
Avverso le menzionate ordinanze interlocutorie non è stato proposto appello al Consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana.
Il giudizio di primo grado si è concluso con la sentenza 28 novembre 2006, n. 2308, con la quale la sezione: a) ha accolto il ricorso n. 3049 del 2005, con i relativi motivi aggiunti, e i ricorsi n. 103 del 2006 e 110 del 2006 e, per l'effetto, ha annullato l'ammissione alla consultazione elettorale della lista «partito socialista-Nuovo PSI, presentata dal signor Gennaro su delega dell'onorevole De Michelis; b) ha respinto i ricorsi n. 100 del 2006 e 124 del 2006 presentati per l'annullamento del risultato elettorale per la mancata partecipazione della lista predetta; c) ha dichiarato inammissibili i ricorsi incidentali presentati da controinteressati n. 100 e n. 124 del 2006, per difetto di interesse, stante l'infondatezza dei ricorsi cui accedono; ha condannato le parti soccombenti al pagamento delle spese del giudizio.
La sentenza, il cui esito ha sostanzialmente confermato gli effetti del decreto monocratico n. 1757 del 2005, si è ampiamente soffermata sul rapporto fra il decreto monocratico e la decisione cautelare, ribadendo quanto affermato nelle ordinanze cautelari.
Va, anche, segnalato che la Sezione, in considerazione del fatto che la vicenda processuale ha conosciuto numerosi rinvii prima di poter essere decisa «tutti causati dalla impossibilità di notificare gli atti del contraddittorio al domicilio delle parti controinteressate», ha trasmesso gli atti processuali e copia della sentenza conclusiva alle competenti Procure della Repubblica di Messina, Napoli e Caserta «affinché accertino se sussistono estremi di reato». Ciò con riferimento agli «interessati che hanno attestato al momento della propria candidatura la residenza che poi è risultata inesatta o addirittura sconosciuta».
Con specifico riferimento ai rilievi espressi nella Sua interrogazione può osservarsi che:
le elezioni comunali di Messina si sono tenute sulla base di un decreto cautelare monocratico, la cui efficacia si è protratta, secondo la sezione, fino a quando non si è determinata l'integrità del contraddittorio (ritualità delle notifiche nei confronti di tutti i controinteressati), condizione questa necessaria, ad avviso della sezione stessa, per l'adozione di una pronunzia di merito sull'istanza cautelare (di accoglimento o di rigetto);
la trattazione della domanda cautelare è stata rinviata per sei camere di consiglio, nelle quali la sezione ha adottato le misure intese a perfezionare il contraddittorio;
il ricorso originario (n. 1757 del 2005) è stato promosso avverso atti endoprocedimentali (i verbali della commissione elettorale di Messina), ma il ricorrente ha poi impugnato (ricorso n. 103 del 2006) anche l'atto di proclamazione degli eletti (sindaco e consiglieri comunali). In tal modo, si è conformato all'indirizzo della giurisprudenza amministrativa secondo cui i provvedimenti di ammissione o di non ammissione di una lista alle elezioni comunali sono di per sé impugnabili, fermo restando l'onere del ricorrente di impugnare anche gli atti successivi, fra cui, in particolare, l'atto di proclamazione degli eletti (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione V, 28 gennaio 2005 n. 187);
come risulta dalla sentenza definitiva, la sezione ha riconosciuto che la questione circa la validità del congresso del «Partito socialista-Nuovo PSI» e della elezione del segretario generale «deve essere proposta e risolta esclusivamente nella sede istituzionale a ciò deputata, ossia di fronte al giudice civile avente giurisdizione». Ha, tuttavia, ritenuto viziata, esplicitandone le ragioni l'ammissione della lista presentata dal signor Salvatore Gennaro su delega dell'onorevole De Michelis, in quanto la commissione ha ritenuto «inesistente l'elezione» dell'onorevole Craxi come segretario generale del partito, mentre «non può negarsi che come evento essa sia avvenuta e, in conseguenza, non può non affermarsi l'esistenza del negozio conseguente».
Da ultimo, si fa rilevare che l'attività svolta dal magistrato nell'esercizio della funzione giurisdizionale non è sindacabile sul piano disciplinare, se non quando si traduca nell'adozione di provvedimenti abnormi ovvero sia inficiata da errori macroscopici o da grave o inescusabile negligenza e si ritiene che per la valutazione dell'operato dei componenti il Collegio sotto tale profilo sia opportuno attendere l'esito del giudizio di appello pendente davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
ZACCHERA. - Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 22 dicembre 2005 è stato presentato in Senato - in sede di varo della finanziaria 2006 - un ordine del Giorno che impegna il Governo: ripristinare il diritto dei lavoratori ATA e ITP della scuola provenienti dagli Enti Locali ad avere il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dei servizi maturati negli Enti di provenienza;
tale concetto è stato ribadito da almeno quattro sentenze della Corte di Cassazione che, definitivamente pronunciandosi in casi specifici, hanno tutte ribadito questo principio;
furono trasferiti con la legge n. 124 del 1999 alcune decine di migliaia di dipendenti della scuola dalle province ed altri enti locali alle dirette dipendenze dello Stato, ma che una parte di essi si è vista decurtare gli emolumenti rispetto al periodo precedentemente soprattutto per quanto riguarda il calcolo ai fini economici e pensionistici della anzianità di servizio;
è quindi urgente dare applicazione a questa circostanza nel cui senso è stato anche approvato l'Ordine del Giorno del Senato -:
quali iniziative immediate si intendano intraprendere al fine di dare concreta attuazione a questa normativa.
(4-00052)
Risposta. - Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame con la quale l'interrogante chiede provvedimenti per il riconoscimento del servizio pregresso maturato dal personale dipendente dagli enti locali, già in servizio nelle scuole ed istituti statali, e transitato allo Stato nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai sensi della legge n. 124 del 3 maggio 1999, al fine di evitare situazioni di disparità tra i lavoratori.
Si premette che è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8
della legge 3 maggio 1999, n. 124; attualmente all'esame della Corte Costituzionale.
L'articolo 8 della suddetta legge a posto a carico dello Stato il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale Ata statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in vigore della legge n. 124, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina sulle modalità del trasferimento ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica, sentiti l'Anci, l'Associazione nazionale comuni italiani, L'Unicem, l'Unione nazionale comuni comunità enti montani e l'Upi, l'Unione delle italiane.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale Ata proveniente dagli enti locali è riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi, in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati ai comuni e alle province da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato un apposito accordo dall'Aran, Agenzia per la rappresentanza nazionale delle pubbliche amministrazioni dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, accordo che, come previsto dalla legge, è stato poi recepito dal decreto 5 aprile 2001 adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri d'inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico» e cioè collocando gli interessati nella posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e 1 trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio. Ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali (se superiore rispetto a quello dello Stato) nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge 124 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda, è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti - nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali di settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «Scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità
degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità di servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n. 124 è stata applicata dall'Amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'Amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro già rilevato dall'interrogante in Corte di Cassazione con la soccombenza dell'Amministrazione. Ma vi sono anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'Amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'Accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa di tale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola.
In presenza di questa situazione, è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa.
Si conviene con l'interrogante circa la situazione di disomogeneità che la vicenda ha determinato nell'ambito del personale interessato e si assicura che il Ministero sta seguendo con grande attenzione questa complessa vicenda anche ricercando d'intesa con il Ministero dell'Economia soluzioni che consentano parità di trattamento e compatibilità finanziaria, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Corriere della Sera del 14 febbraio 2007 pubblica a pagina 25 un lungo articolo su una circolare del Ministero degli esteri (n. 1 del 30 gennaio 2007) che detta norme per affrontare la cronica difficoltà da parte delle Sedi diplomatiche all'estero nel pagare le bollette per i consumi e le ordinarie utenze d'ufficio;
tra l'altro si legge la raccomandazione di pagare prioritariamente le bollette che possono portare alla sospensione dei servizi, rendendo chiaramente morosa l'amministrazione nella gestione dei contratti correnti;
appare veramente mortificante che la situazione nella gestione dei fondi del Ministero ci stia portando a livelli di insolvenza a livello mondiale e - tenuto conto che trattasi del più prestigioso ed importante quotidiano italiano - si possono immaginare i commenti e le ironie che la pubblicazione della notizia avrà avuto a livello di ambasciate straniere che avranno provveduto a comunicarlo ai rispettivi governi;
ancora più mortificante appare il confronto tra i fondi disponibili per il MAE e - in proporzione - i Ministeri affari esteri degli altri principali paesi dell'Unione Europea con viva preoccupazione da parte di tutto il personale che si trova spesso ad operare in situazioni insostenibili ed incompatibili con il prestigio dell'Italia nel mondo;
nonostante ciò, il MAE ha ancora recentemente richiesto alle Commissioni parlamentari competenti e quindi al Parlamento
di approvare la recente legge finanziaria che ha ulteriormente ridotto le capacità di spesa effettive delle nostre rappresentanze all'estero (il 51 per cento in meno per le spese di missione ed il 35 per cento per le sedi all'estero) -:
perché la realtà appaia così diversa rispetto alle dichiarazioni ministeriali in sede di presentazione della manovra finanziaria 2007 quando si era assicurato che fosse comunque possibile una normale attività per gli uffici e le sedi all'estero;
se il Ministro non ritenga di intervenire con forza ed in termini immediati a livello di Governo per ottenere nuovi fondi per queste specifiche voci di spesa tenuto conto che ne va del decoro, credibilità e possibilità operativa delle nostre sedi diplomatiche;
perché il Governo si dimostri così insensibile a queste necessità, quando su ogni fonte di stampa si apprende che sarebbero disponibili circa 10 miliardi (non milioni!) di euro di nuove entrate impreviste per il corrente anno rispetto alle basi di bilancio e quindi vi sarebbe ampia disponibilità di spesa avendone volontà e determinazione politica.
(4-02622)
Risposta. - La circolare n. 1 del 30 gennaio 2007, emanata dalla Direzione generale degli affari amministrativi, di bilancio e il patrimonio che ha suscitato commenti giornalistici, non nasce per arginare e in qualche modo «istituzionalizzare» una cronica carenza di risorse all'estero bensì per riscontrare un'esplicita richiesta dell'Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella Pubblica Amministrazione. Si consideri quanto segue:
1. Detta Autorità indirizzava a tutte le Amministrazioni dello Stato, in data 9 maggio 2006, i risultati di una «Indagine conoscitiva sui tempi, di pagamento delle fatture passive da parte delle pubbliche amministrazioni e conseguenti valutazioni», e dopo una breve premessa sui rischi della discrezionalità nel favorire l'uno od un altro creditore, invitava le Amministrazioni a dotarsi di «regole obiettive e predeterminate che identifichino i criteri cui i funzionari delegati debbono attenersi nello stabilire l'ordine di successione dei pagamenti delle fatture passive una volta decorsi i termini di legge», fissando al contempo in 60 giorni il termine cogente per provvedere, richiedendo la preventiva trasmissione delle emanande disposizioni, ai fini di un parere valutativo (articolo 2 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 2004, n. 258).
2. La Direzione generale degli affari amministrativi, di bilancio e il patrimonio ottemperava con tempestività a tale richiesta, trasmettendo una bozza di istruzioni in materia, il cui testo coincideva con quello che sarebbe diventato la futura circolare n. 1 del 2007.
3. L'Alto Commissario, forniva il 23 novembre 2006 il proprio parere positivo e richiedeva assicurazioni sulla formalizzazione e diramazione delle istruzioni in questione ai funzionari delegati ai pagamenti.
4. Lo scorso 30 gennaio 2007, a seguito di nulla osta della Segreteria generale, si provvedeva a diramare, con circolare, le citate disposizioni.
Da tale cronistoria della «genesi» della circolare appare chiaro come la ratio della medesima consista nel formulare disposizioni, perlopiù dettate da criteri di buon senso, finalizzate ad evitare quella eccessiva discrezionalità di scelta, considerata dall'Alto Commissario uno dei fattori «di rischio» che può favorire condotte illecite.
Che poi il contenuto della circolare potesse prestarsi a ironia, come quella espressa nell'articolo del Corriere della Sera - poi ripresa dall'interrogante - circa la «istituzionalizzazione» dell'insufficienza delle risorse finanziarie all'estero è cosa possibile, come per ogni testo scritto del quale non si conosca la ratio.
Ma a tale riguardo, e proprio per confutare tale facile interpretazione mediatici, soccorrono due più importanti considerazioni:
1) il bilancio del Ministero degli affari esteri, dopo anni di contrazione di risorse, ha finalmente visto un sostanziale incremento
(+14,44 per cento). Un dato significativo, concernente proprio le spese di funzionamento, è la comparazione tra le risorse iniziali di bilancio 2006 e quelle del 2007, che vantano un incremento pari al 63 per cento nel 2007, non già la riduzione paventata dall'articolista del Corriere della Sera;
2) da quest'anno, la legge di bilancio ha accresciuto la flessibilità nelle spese da effettuarsi a cura dei funzionari delegati all'estero, mediante accorpamento di più capitoli di spesa a vocazione affine.
Quanto, infine, all'asserzione relativa ad una consistente riduzione, nel corrente esercizio finanziario, sulle spese di missione, la comparazione col precedente esercizio operata dall'interrogante è stata evidentemente effettuata a consuntivo (spesa globale 2006, con integrazione di fondi vari) e non con il dato iniziale delle dotazioni di bilancio 2007, il cui dato non è integrato dai vari fondi a disposizione dell'Amministrazione, suscettibili di aumentare le disponibilità o tramite risorse endogene all'Amministrazione, o con fondi di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze. In caso di insufficienza di risorse, è infatti cura dell'Amministrazione attingere, come di consueto, prima ai fondi «interni» e poi a quelli «esterni», in modo da soddisfare con adeguata modulazione le esigenze prioritarie per il buon esito della politica estera dell'Italia.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.