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Allegato B
Seduta n. 161 del 30/5/2007
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SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:
TRUPIA, LOMAGLIO, ZANOTTI, BURTONE e PIRO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la condizione degli ospedali e dei presidi sanitari di tutto il territorio della provincia di Caltanissetta, ha ormai oltrepassato la soglia dell'emergenza. Da Caltanissetta a Mazzarino, da Niscemi a San Cataldo, da Mussomeli a Gela il quadro che emerge è, a dir poco, inquietante: una realtà in cui manca totalmente una seria programmazione, in cui le poche risorse economiche vengono utilizzate male, creando spreco di denaro e non garantendo il fondamentale diritto alla salute di ogni individuo;
l'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta, individuato nella programmazione sanitaria regionale come il quarto polo siciliano, è interessato da una mega ristrutturazione che si prolungherà per circa tre anni e sta già creando serissimi disagi ad utenti ed operatori sanitari;
inoltre la ristrutturazione ha comportato una riduzione considerevole dei posti letto in quasi tutte le unità operative e di conseguenza le stesse lavorano in condizioni assai precarie, condizione aggravata anche dalla cronica carenza di organico. A causa della carenza di medici anestesisti e di altre figure professionali, inoltre, già dai primi di aprile la direzione dell'Azienda ha deciso la riduzione delle sedute operatorie, ad una sola a settimana per ciascuna unità operativa;
tale decisione provoca grave nocumento per tutti i pazienti e per i malati oncologici in particolare, che dovranno attendere lunghe liste d'attesa e saranno di fatto costretti a rivolgersi per le cure presso strutture sanitarie di altre città;
va inoltre sottolineato che, come si è avuto modo di illustrare nell'interrogazione parlamentare presentata in data 17 luglio 2006 si attende, ormai da parecchio tempo inutilmente, l'istituzione del dipartimento oncologico di III livello, previsto dal vigente piano sanitario della Regione siciliana;
all'ospedale «Maddalena Raimondi» di San Cataldo i lavori per la realizzazione della radioterapia sono fermi da mesi. Come se non bastasse il reparto di radiologia non accetta prenotazioni esterne e sta completando le richieste pregresse mentre la TAC e risonanza magnetica, di recente installazione, rischiano di fermarsi per mancanza dì personale. Il Tribunale dei diritti del malato ha più volte proposto che la struttura venga accorpata con l'ospedale Sant'Elia affermando «come oggi si pensi ad un accorpamento per superare il problema delle risorse finanziarie concentrando i piccoli ospedali in una struttura più centrale ed evitando così duplicazioni di divisioni medico-chirurgiche e sprechi di risorse»;
anche l'ospedale «Cecilla Basarocco» di Niscemi presenta gravi carenze. Attualmente
i posti letto sono 66 (di gran lunga inferiori rispetto ai 120 di alcuni anni fa) e tale numero risulta totalmente insufficiente alle esigenze della comunità locale. Di recente la divisione di Pediatria è stata declassata da struttura complessa in struttura semplice, con la conseguenza che il reparto, ora accorpato a quello di medicina, è gestito senza la figura di un primario pediatra. Tutte le divisioni hanno necessità di essere potenziate con dotazione di strumentazioni tecnologicamente avanzate per la diagnostica. Anche il personale è assolutamente insufficiente. Il pronto soccorso utilizza personale medico dai reparti creando un carico di lavoro eccessivo per tutti i dirigenti medici;
a Niscemi, inoltre, manca una struttura di poliambulatorio e le poche branche specialistiche presenti sul territorio sono ospitate all'interno dei servizi di medicina di base con carenza di personale amministrativo ed infermieristico. I locali sono peraltro assolutamente insufficienti e vengono eluse le più elementari regole della privacy per i pazienti;
con una nota inviata alle autorità competenti, i rappresentanti della CGIL di Mussomeli hanno reso noto la pesante situazione in cui versa anche l'ospedale di Mussomeli;
altro presidio ospedaliero che si trova in condizioni non ottimali è l'ospedale Santo Stefano di Mazzarino;
ma se la condizione della rete ospedaliera in provincia di Caltanissetta è preoccupante, non meno allarmante è la situazione di quella parte di sanità che opera sul territorio;
nel frattempo sono sorte ben 54 strutture convenzionate, con un fatturato di oltre dieci milioni di euro. Nonostante ciò, le liste d'attesa per molte attività sono interminabili, le Prestazioni in intramoenia prosperano e la quantità di pazienti che decidono di spostarsi verso altre realtà è enorme;
la sanità di Gela è, ad avviso degli interroganti, un altro esempio di cattiva gestione delle risorse pubbliche: in un territorio con una popolazione di 100 mila abitanti, si evidenzia maggiormente l'insufficiente qualità della prestazione sanitaria, soprattutto in ragione dell'aumento di malformazioni causate dall'inquinamento del petrolchimico e dai pesticidi usati in agricoltura e a Gela numerose sono le carenze di tutti i servizi che la ASL eroga;
la dotazione organica è sottostimata ed è carente di figure professionali necessarie al fabbisogno del territorio (fisici, chimici eccetera). L'azienda ospedaliera di Gela, suo malgrado, è l'unico punto di riferimento sanitario del territorio;
ciò nonostante il personale è carente in quanto non si è rideterminata la dotazione organica secondo le esigenze degli utenti (il numero complessivo risale al 1997 ed è sotto i minimi indicati dal Piano di rimodulazione della rete ospedaliera secondo il decreto del 27 maggio 2003 della Regione Sicilia). Nota dolente è proprio il dipartimento di oncologia dato l'alto numero di casi presenti sul territorio;
la sensazione che si avverte oggi, ad avviso degli interroganti, è che ci troviamo di fronte ad una «caduta verticale» della sanità del territorio nisseno ormai irreversibile -:
se, alla luce della grave situazione descritta in premessa, non ritenga opportuno, nel rispetto delle prerogative statutarie della Regione Siciliana ed in coerenza con gli obiettivi definiti dal ministero della salute, assumere iniziative finalizzate ad effettuare una rigorosa attività ispettiva presso l'Azienda ospedaliera S. Elia di Caltanissetta e l'Azienda sanitaria territoriale n. 2, con l'obiettivo di verificare la garanzia del rispetto dei livelli essenziali di assistenza al cittadini nelle strutture sanitarie della provincia di Caltanisetta, e la sussistenza degli indicatori previsti dal Patto per la Salute con le Regioni.
(5-01070)
PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in base alla Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, recepita dal Parlamento con la legge 176 del 27 maggio 1991, lo Stato riconosce l'infanzia come un bene sociale da salvaguardare e sul quale investire, e riconferma che la tutela sanitaria dell'infanzia e dell'adolescenza è un diritto fondamentale ed è uno degli Obiettivi specifici proposti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità;
la «continuità assistenziale» si può definire come quel complesso di interventi che, senza mai andare incontro ad interruzioni di flusso e quindi di omissioni o, viceversa, a ridondanze di cure, realizza un percorso assistenziale articolato in più servizi e in più figure, in risposta ai bisogni di salute del bambino;
nel Piano Sanitario Nazionale 2005-2008, al titolo 5 «Gli obiettivi di salute del servizio sanitario nazionale», nel paragrafo 5.1. «La salute nelle prime fasi di vita, infanzia e adolescenza» si legge, tra l'altro: (...) Sul territorio la mancanza di una vera continuità assistenziale ha determinato, anche in ambito pediatrico, un continuo aumento degli accessi in Pronto soccorso, sia generale che pediatrico, il 90 per cento degli accessi è imputabile ai codici bianchi o verdi, che in gran parte potrebbero essere valutati e risolti in un contesto extraospedaliero (...); (...) L'analisi delle prime 10 cause di ricovero, per DRG, mette in evidenza patologie ad elevato rischio di inappropriatezza. Inoltre per quanto attiene all'assistenza ospedaliera occorre rispettare la peculiarità dell'età pediatrica destinando spazi adeguati a questi pazienti (area pediatrica) che tengano conto anche dell'esigenze proprie dell'età adolescenziale e formare in tal senso gli operatori sanitari (...); (...)riorganizzare i Servizi di emergenza-urgenza pediatrica (...)»;
il pediatra di famiglia, obbligatorio per i bambini di 14 anni, secondo l'Accordo collettivo nazionale non è reperibile nei giorni festivi e prefestivi;
il servizio di Guardia Medica Pediatrica non è previsto nell'Accordo collettivo nazionale, risultando di competenza regionale;
questo tipo di servizio è già attivo presso alcune Associazioni di volontariato o a pagamento e non ha una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale -:
in quali regioni sia stato attivato il servizio di guardia medica pediatrica e se non si ritenga necessario per garantire la continuità assistenziale per i minori di 14 anni sia una maggior organizzazione di tutti i pronto soccorso degli ospedali pubblici con la presenza di un pediatra competente 24 ore su 24, sia attivare un servizio di guardia medica pediatrica a domicilio in tutto il territorio nazionale per situazioni che rivestono carattere di urgenza e che occorrono durante le ore notturne o nei giorni festivi e prefestivi.
(5-01071)
CARUSO, DIOGUARDI e SMERIGLIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che negli Ospedali psichiatrici giudiziari si pratica frequentemente la pratica della coercizione e in tutti e sei gli istituti vi sono sale appositamente dedicate;
la coercizione consiste nel legare i polsi, le caviglie e il torace di una persona con disagio psichico, generalmente seminuda, ad un letto con un buco al centro per i bisogni, per un tempo indefinito;
in base ai dati forniti dall'Associazione Antigone, tra l'altro segnalati nel documento conclusivo dell'indagine interministeriale presieduta dal dott. Adolfo Ferraro, nel 2004 questi episodi si sono verificati almeno 515 volte e 196 internati sono stati sottoposti a misure di coercizione, alcuni quindi più di una volta;
non esistono dati disponibili sui tempi della coercizione, ma al primo firmatario del presente atto risulta da visione personale dei registri durante le ispezioni parlamentari di un internato - Marco
Orsini - coercito per 14 giorni nell'Opg di Aversa durante il mese di dicembre 2006, di un internato coercito per oltre una settimana a Napoli, di un internato, di soli 21 anni, coercito per oltre 15 giorni a Barcellona Pozzo di Gotto;
durante la visita nell'Opg di Reggio Emilia, il primo firmatario del presente atto ha personalmente incontrato un internato Paolo P., legato al letto di contenzione da oltre un giorno dopo aver tentato il suicidio; la direttrice dell'istituto di Reggio ha dichiarato di aver disposto la coercizione perché non si facesse del male e perché non c'era un piantone disponibile per monitorare il suo stato di salute;
durante la visita all'Opg di Napoli un internato ha dichiarato di essere stato coercito dopo un tentativo di evasione e quindi solo a fini disciplinari e non sanitari;
non esiste una norma giuridica che autorizza la coercizione nel nostro ordinamento penitenziario;
non esiste un protocollo operativo unico nei sei Opg dove ciascuno ha organizzato metodi e pratiche in base alle considerazioni personali dei responsabili sanitari;
il personale psichiatrico che dispone della coercizione è personale convenzionato e non dipendente dell'amministrazione pubblica;
non è disponibile nella letteratura scientifica una giustificazione terapeutica alla pratica della coercizione;
nei rari casi in cui la legge prevede un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) per una persona con disagio ma libera sono proibite particolari procedure, mentre queste procedure appaiono essere inesistenti nel caso di persone prive della libertà, internate in strutture di tipo manicomiale -:
se il Ministero, oltre al numero di internati coerciti statisticamente rilevati dalla commissione interministeriale giustizia-sanità, sia a conoscenza dei tempi di durata delle coercizioni e se e quali siano le direttive del Ministero della salute sull'uso della coercizione in campo psichiatrico nonché se non ritenga opportuno il ministro adottare provvedimenti affinché anche negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari vengano finalmente messe al bando queste ottocentesche pratiche disumane.
(5-01072)
BIANCHI, BURTONE e GRASSI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e le singole regioni stipulano accordi per individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico nel settore sanitario, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
tale norma riguarderebbe anche gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, IRCCS, qualificati come «ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione» ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269;
questi ultimi perseguono, secondo standard di eccellenza, finalità di ricerca nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità;
in ragione di tali eccellenze gli IRCCS alimentano e attirano un significativo flusso di pazienti provenienti da ogni regione;
la tutela costituzionale della salute «come fondamentale diritto dell'individuo» è intimamente connessa alla libertà di scelta del paziente della struttura di cui avvalersi alla ricerca dei più elevati livelli nelle prestazioni;
l'assoluta priorità di garantire ai pazienti idonei standard di cura è una esigenza primaria da assicurare a tutti i pazienti;
alla capacità di attrazione dei pazienti da parte degli IRCCS, che deriva dal loro rilevo nazionale e dal carattere di eccellenza della loro missione, dovrebbe corrispondere la possibilità di fornire, compatibilmente alla tempistica e alle disponibilità materiali, i servizi a coloro che ne facciano richiesta;
qualsivoglia limitazione di ordine finanziario alla mobilità regionale e alla capacità di attrazione di pazienti da parte degli IRCCS mortificherebbe la loro funzione e lederebbe il diritto degli utenti nella scelta della struttura ritenuta più idonea ove ricevere assistenza;
è necessario procedere alle opportune misure di risanamento dei bilanci sanitari regionali -:
quali siano i proponimenti che il Ministro interrogato intende seguire per non limitare la mobilità regionale dei pazienti verso gli IRCCS e per sviluppare ulteriormente l'attività di tali istituti di alta specialità.
(5-01073)
DI VIRGILIO, BAIAMONTE, BOCCIARDO, CECCACCI RUBINO, CRIMI, GARDINI, MAZZARACCHIO, MORONI e PALUMBO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i medici ospedalieri del servizio sanitario nazionale da ben diciassette mesi stanno aspettando il rinnovo del loro contratto di lavoro;
il Governo ha presentato un disegno di legge che prevede nuove inziative sul risk management per la libera professione intramuraria dei medici;
circa 25 mila medici specializzandi da troppo tempo aspettano di avere un contratto, la cui copertura finanziaria fu stanziata già nella scorsa legislatura dal governo Berlusconi; infatti nella legge finanziaria per il 2006, con il reperimento delle risorse necessarie, l'allora Governo di centro-destra rendeva possibile, a decorrere dall'anno accademico 2006-2007, la sottoscrizione di contratti di formazione specialistica, il cui trattamento economico veniva costituito da una base fissa, uguale per tutte le specializzazioni e per tutta la durata del corso e da una parte variabile che, per gli anni accademici 2006-2007 e 2007-2008, non avrebbe dovuto eccedere il 15 per cento della retribuzione fissa. Inoltre provvedeva a riconoscere ai medici specializzandi la tutela previdenziale ed assicurativa, prevista dalle norme vigenti;
il Governo il 10 maggio 2007 ha accolto l'Ordine del Giorno n. 9/2534/63, votato e approvato dall'Aula della Camera, presentato da Domenico Di Virgilio, in cui si chiedeva, al fine di favorire l'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario regionale, nonché per assicurare l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di assicurare le risorse per il rinnovo del contratto dei medici e lo sblocco delle risorse già previste per l'attuazione del contratto degli specializzandi -:
per quale motivo persista ancora questo grave ritardo nel rinnovo del contratto dei medici e nella stipula del contratto per i medici specializzandi, ritardo che danneggia fortemente gli operatori sanitari.
(5-01074)
CANCRINI, DE ANGELIS e SGOBIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Fondazione Istituto Pascale di Napoli è uno dei dodici IRCCS di Italia ed è un centro di eccellenza nella ricerca e cura delle patologie oncologiche;
recentemente la direzione dell'Istituto ha deciso di accorpare due reparti, Oncologia e Senologia;
tale scelta è giustificata come riorganizzazione dei reparti per destinare spazi all'intramoenia;
tale accorpamento determinerebbe un peggioramento delle condizioni di degenza, aumentando il numero di pazienti per stanza con patologie diverse e decorsi post operatori diversi;
il sottoutilizzo della struttura determina tempi di attesa molto alti se rapportati al tipo di patologia. Sono 90 i giorni di attesa se parliamo di chirurgia C, 50 per urologia, 52 per chirurgia C, 40 giorni per la tiroide;
nella struttura esistono molti spazi inutilizzati e che addirittura un intero piano è da decenni incompleto perchè mai sono terminati i lavori di ristrutturazione;
la scelta determinerà, verosimilmente, l'allungamento dei tempi di attesa;
in tali condizioni l'intramoenia, la possibilità cioè per i medici di effettuare visite e terapie private nella struttura pubblica, servirebbe solo a scoraggiare i pazienti, ad invogliarli a rinunciare all'assistenza pubblica in favore di quella privata;
la Direzione generale, a fronte delle critiche, ha ribadito questa scelta senza motivarla né sul piano scientifico né sul piano delle imprescindibili scelte organizzative -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa scelta d'accorpamento di reparti e, in particolare, se ritenga che in una stanza debbono trovare posto cinque o sei pazienti oncologici, e dunque quali interventi il Ministro intenda adottare per garantire l'equilibrio psicofisico dell'ammalato nonché l'efficienza e la qualità dei servizi sanitari offerti dall'Istituto Pascale.
(5-01075)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BANDOLI e ZANOTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il numero di infortuni e di morti sul lavoro in Italia è talmente elevato che risulta confrontabile con quello dei feriti e dei morti in una guerra;
il Servizio Sanitario Nazionale, cui competono, ai sensi degli articoli 21 e 23 della legge n. 833/1978 di «riforma sanitaria», i controlli nei luoghi di lavoro a fini di prevenzione e di tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, non compare nelle cronache (si veda ad esempio L'Espresso 3 maggio 2007, pagine 74-78), né nelle iniziative di governo di potenziamento degli organi ispettivi per la sicurezza del lavoro (la più recente ha portato alla assunzione di 300 ispettori provinciali del lavoro, che sono andati a inserirsi in un contesto che non appare idoneo a fornire una scuola per i neoassunti);
nel 2006 le ispezioni sui luoghi di lavoro effettuate dal Ministero del Lavoro e della Previdenza e dagli enti vigilati sono state 289.705, prevedibilmente finalizzate al recupero di contributi evasi, recupero che nel 2006 è stato di un miliardo e mezzo di euro (con evidente consolidamento patrimoniale dell'INAIL cui dovrebbe seguire maggiore tutela nei casi di infortuni). Non è invece di pubblico dominio una stima delle ispezioni effettuate dal Servizio Sanitario Nazionale;
non è di dominio pubblico il dato cumulativo, relativo alle ispezioni effettuate dai Dipartimenti di Prevenzione delle ASL (che sembrano preferire gli uffici pubblici, ai cantieri e agli stabilimenti industriali);
è tristemente noto invece il dato relativo alle ispezioni dell'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL, già direzione del Ministero della Sanità e ora ente vigilato dal Ministero della Salute) perché questo dato è costituito da zero ispezioni;
l'ISPESL, che oggi conta oltre 1.200 dipendenti, di cui circa la metà ingegneri, ricercatori e tecnici, viene costituito (articolo 23, comma 1, legge 833/1978) mediante incorporazione dell'ANCC, dell'ENPI (articolo 72 stessa legge e articolo 1 legge 597/1982) e dell'Ispettorato Medico Centrale, organo centrale ispettivo del Ministero del Lavoro. Il personale tecnico e sanitario, centrale e periferico, degli Ispettorati del lavoro addetto alle sezioni mediche, chimiche e ai servizi di prevenzione antinfortunistica è trasferito a domanda all'ISPESL e alle ASL (articolo 73, comma 1
stessa legge: donde la costituzionale carenza di competenze tecnico-sanitarie degli ispettorati del lavoro appare come una scelta del legislatore che ha concentrato nel S.S.N. le competenze tecnico-sanitarie per i servizi di prevenzione). All'Istituto viene attribuito il potere di accesso nei luoghi di lavoro (articolo 23, comma 6, ibidem), indispensabile premessa per la continuazione di quell'azione ispettiva, di valutazione dello stato di sicurezza complessivo degli insediamenti a rischio di incidente rilevante, avviata con la Circolare Anselmi, dopo Seveso;
tale attribuzione non è stata mai esercitata, neanche dopo che l'incidente della camera iperbarica, dell'ospedale Galeazzi di Milano mise in evidenza che non erano sufficienti i poteri di controllo trasferiti all'ISPESL dalla ANCC, che potevano essere attivati soltanto su istanza dell'azienda esercente gli impianti. La strage non ha impedito che si sia dato corso a una deregulation che ha sottratto ai controlli, disposti già dal regio decreto n. 814 del 1927 e poi dalla legge 597/1982, gli apparecchi a pressione e gli apparecchi di sollevamento, rendendo per il futuro legittimo un comportamento come quello dell'Ospedale Galeazzi di esercizio di un impianto a pressione non collaudato né verificato dal S.S.N.;
l'incidente di Sorrento del 30 aprile 2007 in cui due donne sono morte travolte dal cestello di una gru (e tre operai sono rimasti feriti; meno di venti giorni prima, il 12 marzo un altro operaio era morto in seguito alla caduta da un cestello manovrato da una gru a Selargius in Sardegna, lo stesso giorno un operaio nel cantiere della portaerei Cavour era rimasto ferito per un ascensore) consegue alla deregulation che ha sottratto all'ISPESL i collaudi e alle ASL le verifiche periodiche degli impianti di sollevamento. I danni causati dalla deregulation concernente la combustione e la pressione sono sotto gli occhi di tutti (da ultimo l'incendio della De Longhi a Treviso). Le direttive 90/396/CEE e 97/23/CEE che hanno dato il via alla deregulation sono state votate, con voto determinante, anche dall'Italia, che pure aveva una legislazione completa in materia e più protettiva;
nel frattempo, nonostante gli appelli del Capo dello Stato, il Ministero della Salute non ha ancora predisposto quella Circolare che avrebbe dovuto costringere l'ISPESL a impiegare i suoi circa seicento ingegneri, chimici, fisici e periti industriali a svolgere la funzione ispettiva per la quale l'ISPESL è stato costituito. Sembra si voglia rafforzare l'INAIL e gli Ispettorati del Lavoro. Neanche si parla dei Dipartimenti di Prevenzione della ASL e dei Dipartimenti territoriali dell'Istituto Superiore di Prevenzione, che versano in una situazione sempre più preoccupante a causa della mancanza di fondi. Neanche risulta compiuta la revisione statutaria disposta dagli articoli 9 e 13, comma 1, decreto legislativo 419/1999, con il rinvio, disposto dall'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 303/2002, che ha portato all'adozione dell'Ordinamento dei Servizi, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso ottobre e non ancora attuato (non risulta attuato, per i dipartimenti centrali e periferici, neanche il riordino disposto dal decreto legislativo 268/1993, introdotto con decreto del Presidente della Repubblica 441/1994 e formalmente compiuto con l'adozione del Regolamento 1o luglio 1997! L'ordinamento attuato è quello introdotto con il decreto ministeriale 322/1991! Ancorché tale Ordinamento risulti abrogato dall'articolo 28 lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica 441/1994). Ne consegue che l'Ente risulta suscettibile di commissariamento, ai sensi dell'articolo 13 comma 3 del decreto legislativo 419/1999;
peraltro il decreto del Presidente della Repubblica 303/2002 appare insufficiente ad adeguare l'organizzazione dell'ISPESL ai compiti attribuiti all'Istituto dalla legge, a cominciare dal compito ispettivo, di cui al citato articolo 23 comma 6 legge 833/1978 ed appare altresì illegittimo (vizio dell'articolo 5 comma 4, che attribuisce al Presidente compiti di gestione in contrasto con il principio generale
di separazione dei compiti di indirizzo e amministrazione e dei compiti di gestione, recepito dall'articolo 4 del testo unico, del decreto legislativo 165/2001; vizio degli articoli 5 comma 1 e articolo 19 tra loro in contraddizione con riferimento al disposto dell'articolo 13, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419; vizio per mancata previsione delle forme di intervento delle Regioni nell'ente, ai sensi dell'articolo 13 comma 1 lettera c) -:
quali misure il ministro intenda adottare:
al fine di rafforzare o avviare la azione ispettiva e di controllo nei luoghi di lavoro dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL e dei Dipartimenti territoriali dell'ISPESL;
al fine di riordinare l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro a partire dai suoi organi di amministrazione e di revisione, con l'accertamento delle incompatibilità segnalate da interrogazioni parlamentari nella presente legislatura ed eventualmente mediante il commissariamento previsto dal richiamato decreto legislativo n. 419 del 1999, in caso di mancato riordino, ovvero in base all'articolo 19 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 303/2002 per evidente insoddisfacente funzionamento dell'Istituto;
al fine di contenere gli effetti avversi della deregulation in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro e in particolare:
ristabilire in sede comunitaria, il corretto procedimento e ridefinire di intesa con gli altri Ministeri interessati, la corretta attribuzione di competenze in sede di discussione di direttive e raccomandazioni concernenti la prevenzione e la sicurezza del lavoro, con richiesta di revisione delle direttive non assunte con il corretto procedimento;
adeguare, con nuova iniziativa legislativa o regolamentare, il decreto legislativo 93/2000 alla emergenza prevenzionistica italiana, reintroducendo i collaudi e le verifiche, di impianti, apparecchi e dispositivi a pressione e combustione o di sollevamento da parte del Servizio Sanitario Nazionale, concordando con Bruxelles un'eventuale sospensione della normativa comunitaria in materia;
sostituire il decreto ministeriale Attività Produttive 329/2004, attuativo del decreto legislativo 93/2000, con regolamento del Ministero della Salute, al quale spetta in materia la competenza esclusiva, attribuita dalla legge 833/1978, che garantisca e incrementi il sistema di controlli sugli impianti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 597/1982 con declaratoria di inapplicabilità agli impianti, in quanto caratterizzati da propria localizzazione, delle norme che riguardano i dispositivi e gli assiemi.
(5-01077)
Interrogazione a risposta scritta:
BURGIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
la Croce Rossa Italiana è tornata ad essere un Ente di diritto pubblico e specificatamente «Ente pubblico non economico» a seguito della modifica dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 613/80 introdotta nell'anno 1995;
la storia amministrativa degli ultimi vent'anni della CRI ha visto quasi sempre la presenza di un regime commissariale mirato soprattutto a mettere in atto modifiche statutarie capaci di contemperare la struttura pubblica dell'Ente con la sua dimensione associativa e volontaristica;
neanche i quattro anni di gestione ordinaria, dopo i circa tre anni di commissariamento dell'onorevole Garavaglia dal '95 al'98, hanno portato chiarezza nelle relazioni tra il volontariato e le
funzioni svolte dalla CRI quale Ente pubblico non economico con prerogative tanto peculiari;
l'ennesima modifica statutaria adottata durante la gestione commissariale di Scelli, secondo gli interroganti, si è rivelata ancora più inadeguata della precedente, in quanto non ha influito sulle condizioni strutturali dell'operatività del servizio svolto dalla CRI nella sua qualità di Ente pubblico ma, al contrario, ha aggravato le difficoltà del personale dipendente e ha reso ancora più problematica la condizione di quei lavoratori che presso la CRI svolgono un lavoro precario;
l'attuale statuto, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 97 del 6 maggio 2005, non contiene deleghe di funzione per l'Ente, ribadendo in questo modo la natura convenzionale dei compiti da svolgere in ausilio all'attività del SSN, mettendo la CRI - nella sua azione di intervento sul territorio - alla stregua di una qualsiasi associazione di volontariato e ponendola in concorrenza con altre organizzazioni, tanto che, malgrado un glorioso passato ultracentenario, l'Ente ha perduto molte delle competenze che prima svolgeva in via esclusiva fino al punto di vedersi costretto a «questuare» funzioni ausiliarie al Servizio Sanitario Nazionale al fine di giustificare la natura pubblica che gli compete;
sul fronte della convivenza tra la struttura pubblica con i suoi dipendenti e la forma associativa cui fa capo il personale volontario, l'attuale statuto non solo non ha apportato i benefìci e i chiarimenti auspicabili anche in merito al rapporto con il Servizio Sanitario Nazionale, ma al contrario ha contribuito ad acuire il conflitto con la struttura associativa costituita dai volontari, che durante il commissariamento di Scelli si è dilatata in forma parossistica;
la legge n. 296 del 2006, stabilisce, ai commi 519, 520, 529 e 940 del primo articolo, i criteri per la stabilizzazione e la proroga dei contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, di cui anche la Croce Rossa Italiana è - a dispetto della peculiarità ora ricordate - parte integrante;
la legge Finanziaria per l'anno 2007 prevede che i processi di stabilizzazione dovranno essere effettuati nei limiti della disponibilità finanziaria stabiliti nella medesima legge;
la direttiva n. 7 del 30 aprile 2007, redatta dal Ministro per le riforme e le innovazioni nelle pubbliche amministrazioni, Luigi Nicolais, afferma che, «considerata la finalità delle disposizioni, di cui al comma 519, le quali [...] intervengono a sanare una situazione di fatto creatasi in conseguenza di un utilizzo improprio delle tipologie di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni e trattandosi di assunzione riservata e non aperta, [...] si debba prescindere [nell'iter di stabilizzazione] dal principio del previo esperimento delle procedure di mobilità e dalla procedura di cui all'articolo 34-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, cui si deve dar corso obbligatoriamente quando si bandiscono concorsi pubblici che garantiscono l'adeguato accesso dall'esterno in ossequio ai principi sanciti dalla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale sul tema»;
la stessa direttiva afferma che «l'amministrazione presso la quale [il lavoratore a tempo determinato] presta servizio continua ad avvalersene nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione»;
risulta agli interroganti che queste precise indicazioni siano state disattese - a causa del mancato rinnovo di alcune convenzioni con le Aziende Sanitarie locali - in numerosi Comitati Provinciali della Croce Rossa Italiana (tra i quali Arezzo, Ravenna, Bari e Crotone);
il 20 maggio 2007, nel corso di un incontro con il Coordinamento precari CRI, l'Amministrazione generale della Croce Rossa ha sostenuto che la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari è dovuta al fatto che essi non sono utilizzati
per «esigenze permanenti dell'ente» e quindi, come tali (in virtù del dettato della direttiva n. 7 del 30 aprile 2007, laddove afferma che sono oggetto della stabilizzazione tutti coloro che sono stati impiegati con «tipologie di lavoro temporaneo per esigenze permanenti dell'amministrazione»), non sono stabilizzabili;
in questa particolare condizione, a detta dell'Amministrazione, perdurano 1774 lavoratori a fronte di un totale di 1894 precari -:
quale sia il giudizio del Governo sui fatti in parola;
se il Ministro per le riforme e le innovazioni nelle pubbliche amministrazioni ritenga corretta l'interpretazione della sua direttiva fornita dai vertici amministrativi di CRI ai lavoratori e, nello specifico, se ritenga possibile che ben 1774 lavoratori siano stati impiegati in questi anni per esigenze «non permanenti» dell'amministrazione;
se i Ministri interpellati non ritengano necessario pretendere anche dalla Croce Rossa Italiana - e dai suoi Comitati Provinciali - il rispetto e l'applicazione integrale dei commi summenzionati della legge n. 296 del 2006 e della direttiva n. 7 del 30 aprile 2007.
(4-03807)