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Allegato B
Seduta n. 161 del 30/5/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALLASIA, FAVA, BRIGANDÌ e MONTANI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nell'ufficio postale di Bibiana, in provincia di Torino, come si apprende da notizie di stampa, è scoppiato un vero e proprio caso politico, legato alla scarsa efficienza con cui opera lo sportello postale;
da oltre un anno, uno dei due addetti agli sportelli postali è stato spostato per mobilità interna ad un altro Ufficio postale, senza venire sostituito; la riduzione di personale ha creato molti disagi per gli utenti del servizio postale, considerando, tra l'altro, che la popolazione è in aumento;
la presenza di un unico addetto agli sportelli comporta delle file molto lunghe, che si prolungano anche fuori l'ufficio e le conseguenze dell'erogazione di un servizio poco efficiente ricadono sui cittadini, che devono attendere per oltre 40 minuti l'arrivo del proprio turno;
nei paesi montani di piccole dimensioni l'ufficio postale rappresenta uno dei pochi servizi pubblici essenziali anche in considerazione della ridotta presenza di sportelli bancari e di altri servizi per l'utenza;
l'amministrazione comunale ha più volte lamentato il disservizio all'ufficio postale ma non ha mai ottenuto da parte della società Poste Italiane una concreta risposta. Il comportamento assunto dall'Azienda farebbe pensare alla volontà di eliminare l'ufficio postale di Bibiana -:
se e come il Ministro in indirizzo intenda intervenire affinché venga sempre garantita l'erogazione di un servizio postale di qualità nei paesi montani di piccole dimensioni, allontanando il rischio che uffici postali come quello di Bibiana vengano chiusi, con gravi disagi per gli utenti del servizio.
(4-02276)
Risposta. - Al riguardo occorre anzitutto far presente che le strategie organizzativo-gestionali della società Poste italiane spettano agli organi statutari della società medesima, la quale individua il tipo ed il numero delle risorse ritenuti necessari a garantire il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale: dislocazione degli uffici, numero degli sportelli, modalità tecniche considerate idonee a soddisfare la richiesta di servizi da parte dell'utenza.
Il Ministero delle comunicazioni è legato alla società Poste italiane da un contratto di programma che assicura al Ministero stesso - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - una potestà di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale, ma non consente al Governo di intervenire nella gestione dell'azienda.
A tale proposito si sottolinea che il decreto legislativo 261 del 1999 definisce, all'articolo 3, i caratteri del servizio postale
universale, tra i quali vi è la fornitura in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, secondo criteri di ragionevolezza, attraverso l'attivazione di un congruo numero di punti di accesso alla rete postale pubblica.
La ratio del citato articolo 3 è rappresentata dalla necessità di contemperare il rispetto degli obblighi di fornitura del servizio universale postale sull'intero territorio nazionale con gli obiettivi di risanamento economico che la società Poste italiane S.p.A. deve perseguire, con particolare riguardo alla riduzione dei costi riconducibili ad inefficienze nell'erogazione dei servizi postali.
In tale prospettiva, tenuto conto che le iniziative di razionalizzazione degli uffici postali non possono essere demandate alla esclusiva ed incondizionata iniziativa di Poste italiane S.p.A. è intendimento del Ministero prevedere, non solo nel nuovo contratto di programma attualmente in corso di definizione ma anche in provvedimenti ad hoc, impegni più stringenti per la società Poste italiane, in termini di qualità, utilizzando indicatori oltre che per i tempi di recapito della corrispondenza, anche per la diffusione e l'accessibilità degli uffici postali sul territorio nazionale, al fine di implementare l'efficienza del servizio postale universale senza intaccare la rete postale, soprattutto nei centri più piccoli e nelle aree geograficamente disagiate, in coerenza sia al contesto territoriale di riferimento sia alle concrete prospettive economiche di crescita.
Nell'ambito del suddetto contesto la società Poste ha comunicato di aver provveduto, dal novembre 2005, a trasferire una delle due unità applicate presso l'ufficio postale di Bibiana (TO) al vicino ufficio di Lucerna rimasto privo di direttore, in considerazione dei ridotti flussi di traffico che si registravano, e che tuttora perdurano presso il citato ufficio, che mediamente non supera le 58 operazioni quotidiane; per venire incontro alle esigenze della clientela, in particolare nel periodo di pagamento delle pensioni o qualora si verifichino specifiche necessità, Poste italiane ha precisato di provvedere alla applicazione presso l'ufficio in parola di una unità di supporto.
Le criticità cui l'interrogante fa riferimento nell'atto parlamentare cui si risponde sono da ricondurre, ad avviso della società Poste italiane, alla necessità da parte dell'operatore di procedere, nei casi di accettazione della corrispondenza descritta (raccomandate e assicurate), alla cosiddetta «tracciatura» ovvero all'applicazione di un codice a barre - anche sulle ricevute o sugli eventuali avvisi di ricevimento - che richiede tempi di lavorazione più lunghi causando il possibile verificarsi di attese allo sportello; tale problema potrà trovare soluzione - stando a quanto precisato da Poste italiane - con l'accorpamento degli uffici di recapito (UDR) minori secondo il progetto attualmente in fase di elaborazione e i cui effetti saranno a suo tempo valutati.
A completamento di informazione la ripetuta società Poste italiane ha fatto presente che, a partire dal mese di febbraio 2007 e per tutto il corrente anno, è stata adottata una nuova tipologia di calendarizzazione del pagamento delle pensioni articolata sulla ripartizione in fasce orarie, allo scopo di evitare l'affollamento della clientela interessata nelle prime ore del mattino; l'iniziativa in parola che, secondo quanto riferito dalla società, ha ricevuto l'apprezzamento della locale autorità comunale cui preventivamente era stata comunicata, sarà comunque sottoposta a monitoraggio dalla struttura aziendale a ciò preposta allo scopo di verificarne l'effettiva validità.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
AMORUSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i 28 vigili del fuoco di stanza a Molfetta denunciano da tempo (cosa fatta anche in occasione di incontri avuti col prefetto di Bari e con i funzionari del loro comando centrale) le condizioni della caserma da loro abitata e l'inefficienza e vetustà di alcune delle attrezzature a disposizione;
in particolare, rivolgendosi al loro comando centrale, i vigili del fuoco di Molfetta hanno già più volte chiesto - senza alcun riscontro - la fornitura di mezzi d'intervento più moderni e adeguati, il rinnovo degli strumenti di lavaggio delle attrezzature, un collegamento a intranet e un arredo più adeguato rispetto a quello attuale che è vecchio e malandato;
vi sono poi, a giustificare le lamentele, anche altri fatti inconcepibili: la mancanza di un castello per le esercitazioni; la mancanza di una recinzione fissa intorno alla caserma; la scarsa igiene; l'assenza di un deposito mezzi coperto -:
quali urgenti iniziative voglia intraprendere per far sì che le richieste dei vigili del fuoco di Molfetta, rimaste finora inascoltate, siano finalmente esaudite e, in tal modo, venga assicurata, in caso di potenziali incendi, la massima sicurezza all'intero territorio.
(4-02572)
Risposta. - La caserma dei vigili del fuoco di Molfetta, in provincia di Bari, è attualmente ubicata in un complesso provvisorio di proprietà dell'Amministrazione comunale, che verrà adibito a sede definitiva del distaccamento a seguito di lavori di adeguamento della struttura, come già stabilito da accordi sottoscritti fra la stessa Amministrazione ed il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
Nell'ambito di tali accordi sono previste opere di realizzazione del castello di manovra e dell'autorimessa, la sistemazione del piazzale, la recinzione della caserma, nonché la consegna formale di due piani della palazzina già da tempo ristrutturati.
Sono a conoscenza di quanto sopra sia le organizzazioni sindacali sia il personale del distaccamento che, peraltro, è stato coinvolto attivamente nella valutazione delle esigenze di nuovi arredi, mezzi ed impianti necessari al completamento delle opere.
Nel corso di incontri svoltisi in Prefettura alla presenza di rappresentanti dell'Amministrazione comunale e delle organizzazioni sindacali, poiché si sono verificati alcuni ritardi nell'esecuzione dei lavori, sono stati attentamente esaminati i relativi disagi e, nella circostanza, è emersa anche la possibilità di procedere al trasferimento temporaneo della sede del distaccamento, nelle more dell'ultimazione dei lavori e del ripristino delle generali condizioni igienico sanitarie attualmente carenti a causa della presenza del cantiere.
La situazione della caserma dei vigili del fuoco di Molfetta è attentamente seguita dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e si auspica di pervenire, in tempi brevi, ad una soluzione che consenta di superare l'attuale condizione di comprensibile disagio in cui versa il personale del distaccamento.
Nel quadro generale della situazione relativa ai mezzi per le finalità del soccorso tecnico urgente, si segnala che, a breve, è prevista l'assegnazione a tutti i comandi della regione Puglia di mezzi adibiti al servizio antincendio boschivo nonché di mezzi atti a fronteggiare fenomeni alluvionali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
emerge e viene denunciata nuovamente dagli organi di informazione in Umbria la situazione più che precaria nella quale deve operare, nel compartimento umbro, la Polizia stradale, con distaccamenti che restano chiusi tutta la notte, comunicazioni radio malfunzionanti, risorse sempre più scarse, automezzi obsoleti e in qualche caso non più utilizzabili;
si parla, in questo quadro già preoccupante, di ulteriori tagli all'organizzazione, con sedi che verrebbero soppresse e organici del personale che verrebbero ancor di più contratti -:
quali siano gli intendimenti reali del Governo riguardo al compartimento della Polizia stradale dell'Umbria, in esito ai
troppi e contraddittori annunci recepiti dall'opinione pubblica e dagli stessi operatori -:
se non ritenga il Governo di tranquillizzare il territorio con precisi ed ufficiali impegni circa il mantenimento e potenziamento dei distaccamenti, nonché con concreti e verificabili impegni riguardo al servizio notturno, alla fornitura di automezzi realmente moderni ed efficienti, alla funzionalità su tutta l'area di copertura anche ai fini primari della sicurezza, delle comunicazioni radio, alla disponibilità di risorse almeno sufficienti alle necessità ed emergenze quotidiane, alla garanzia di un organico di personale adeguato ai non facili compiti della Polizia stradale, applicati a vie di comunicazione importanti e sempre più cariche di traffico nonché purtroppo sempre più coinvolte nelle modalità esecutive di fatti criminosi.
(4-02470)
Risposta. - Effettivamente, presso il Compartimento della Polizia stradale per l'Umbria, con sede a Perugia, prestano servizio 248 unità di personale della Polizia di Stato, a fronte delle 282 previste dalla pianta organica; peraltro, il citato deficit è in linea con la situazione generale degli organici della Polizia stradale a livello nazionale.
Ai fini del potenziamento dei servizi su strada, nell'ambito dei distaccamenti della Polizia stradale di Castiglion del Lago e di Città di Castello, dal 1o gennaio 2007 è utilizzato un sistema tecnologico integrato di controllo con il quale è possibile mantenere in condizioni di sicurezza e protezione gli uffici, senza la necessità dell'utilizzo di uomini per il servizio di sorveglianza.
Ciò ha avuto effetti di particolare rilievo per l'attività operativa, consentendo di impiegare sulle strade umbre, nel bimestre gennaio-febbraio, 59 pattuglie in più rispetto al corrispondente periodo del 2006, con il conseguente potenziamento delle attività di controllo del territorio e di soccorso pubblico.
Riguardo alle difficoltà operative connesse al malfunzionamento dei collegamenti radio, le problematiche sono state recentemente risolte dalla competente zona telecomunicazioni, con un intervento volto ad assicurare la copertura radio anche nelle zone orograficamente complesse.
Circa i paventati tagli all'organizzazione e la soppressione di sedi, si sottolinea che sono in corso le opportune valutazioni dirette ad individuare soluzioni organizzative che diano attuazione alle prescrizioni contenute nella legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 431) riguardanti la razionalizzazione del complesso dei presidi esistenti nei settori specialistici della Polizia di Stato, ai fini del contenimento della spesa pubblica. In tale fase, gli uffici della Polizia stradale nella regione Umbria non sono stati ancora presi in esame.
Va detto sul punto che da diversi anni la Polizia stradale, in attuazione delle direttive di coordinamento del Ministro dell'interno, sta concentrando gradualmente le proprie risorse sulla viabilità autostradale, dove opera con competenza esclusiva, nonché sulle direttrici viarie di interesse nazionale, tenendo conto, a tal fine, degli sviluppi del traffico e delle relazioni commerciali, che sono, oggi, molto diversi da quelli che motivarono nei decenni precedenti l'attivazione di presidi della specialità. Relativamente alla situazione del parco veicolare del Compartimento in oggetto, l'Ufficio dispone complessivamente, alla data del 2 aprile 2007, di 41 autovetture con colori d'istituto per l'espletamento delle attività ordinarie (6 in più rispetto alla dotazione prevista) e di altre 6 autovetture con colori di serie per i servizi info-investigativi (4 in più rispetto alla dotazione prevista), nonché di 20 motocicli e 3 fuoristrada.
Si soggiunge che, nel corso del 2006, il predetto Ufficio è stato potenziato con l'assegnazione di 7 autovetture Subaru Legacy e di 1 fuoristrada, oltre a 2 autovetture Subaru Forester con colori di istituto, di nuova introduzione.
Si precisa, infine, che a livello nazionale saranno a breve assegnati ai vari uffici della Polizia stradale altri 75 automezzi con colori di istituto, di nuova acquisizione.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BRANDOLINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 20 aprile 2005 il Ministero dell'ambiente e quello delle attività culturali hanno pubblicato il decreto di istituzione del «Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche»;
la regione Marche, con ripetute note, datate 2001, 2002, 2003 e 2004, ha messo in risalto l'importanza del sopraindicato Parco Museo, anche in conseguenza di un impegno formale sottoscritto con le amministrazioni comunali e le comunità montane coinvolte;
è evidente a tutti come la conservazione delle vestigia delle aree minerarie - che, sino ad oltre la metà del secolo scorso, hanno impegnato un numero ingentissimo di lavoratori - sia fondamentale per rafforzare le nostre radici sociali ed economiche, oltre che per la salvaguardia di un sito di rilevanza ai fini dell'archeologia industriale;
nel cesenate, ed in particolare nell'area di Formignano di Cesena, esiste già un Parco minerario - partito nel 1986, a soli 24 anni dalla chiusura delle miniere di zolfo - comprendente il villaggio minerario;
il villaggio minerario è in buono stato di conservazione e risulta ricompreso, assieme ad un parco naturalistico, all'interno di un'area di 90 ettari di proprietà del comune di Cesena;
è attiva nel cesenate la «Società di Ricerca e Studio della Romagna Mineraria», riconosciuta in ambito nazionale e collegata con le aree minerarie storiche di buona parte d'Europa;
la società ed il comune di Cesena, così come l'intero territorio, hanno da sempre dedicato grande attenzione al recupero delle aree e delle tradizioni minerarie che, nel solo cesenate, alla fine dell'800 vedevano attive 20 miniere ed impegnati circa 4.500 operai;
le aree minerarie marchigiane, ricomprese all'interno del «Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche» e quelle del cesenate, sono parte di un'unica vena di zolfo, che interessa oltre a Formignano, l'intera Vallata del Savio;
sino a tutto il '900 la proprietà delle aree minerarie marchigiane e cesenati era in capo alla stessa società -:
quali siano le valutazioni in merito all'importanza delle aree minerarie cesenati;
se sussistano le condizioni per verificare la possibilità di ampliare l'area di valenza del «Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche», cambiandone la denominazione in «Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche e dell'Emilia Romagna» aggiungendo all'attuale sede di Perticara, anche quella di Formignano di Cesena.
(4-01744)
Risposta. - Il Ministero per i beni e le attività culturali ha riconosciuto l'importanza del sito di Formignano nella storia economico produttiva del territorio cesenate, poiché si lega in modo inscindibile, così come la documentazione storica testimonia, alle miniere di zolfo della vicina Regione delle Marche.
Ed anche l'amministrazione comunale di Cesena ha ravvisato una grande importanza nel dismesso insediamento di Formignano, tanto da avviare nel 1998 il rilievo e la restituzione grafica dei fabbricati del villaggio minerario, atto di documentazione indispensabile e preliminare a successive azioni di conservazione e valorizzazione.
È stato inoltre elaborato dal Comune un progetto per l'allestimento del Museo di Formignano, autorizzato dalla Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio di Ravenna.
Effettivamente, con l'ampliamento del Museo minerario anche al sito di Formignano, l'intera vena solfifera della Romagna, più volta gestita nella storia dalle stesse compagnie minerarie, risulterebbe ricompresa in un unico Parco minerario, coronando così gli sforzi di conservazione e valorizzazione sin qui intrapresi.
Sarà quindi oggetto di attenta valutazione la proposta di creare un unico parco minerario delle miniere di zolfo comprendente il territorio della regione Marche e dell'Emilia Romagna.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
CARDANO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la prospettiva di un'Europa basata sui valori della pace e della tolleranza richiede un interscambio culturale anche nella ricerca storica, soprattutto in relazione alle vicende più controverse tra i Paesi europei, affinché nella coscienza comune siano compresi i vari punti di vista e sia, per quanto possibile, adottato un orizzonte interpretativo condiviso;
tra le vicende più dolorose dell'area geografica al confine tra Italia, Slovenia e Croazia, vanno ricordate le violenze che portarono infine, insieme al ritorno di Trieste all'Italia, anche all'esodo forzato di almeno 250.000 istriani, fiumani e dalmati dalla loro terra;
tra i paesi europei diventa dunque fondamentale superare le ideologie nazionaliste, generatrici di violenze e conflitti e proporre, soprattutto ai giovani, una cittadinanza europea basata sul rispetto dei diritti umani e delle diversità;
dal 1919 i Ministri degli esteri di Italia e Slovenia, e di Italia e Croazia, con accordi bilaterali, hanno istituito una commissione mista di storici italo sloveni rappresentativa dei vari orientamenti, ed una analoga italo croata, con la finalità di effettuare una ricerca globale sulle vicende del confine orientale italiano negli anni 1919-1956;
la commissione italo slovena ha concluso i suoi lavori nel luglio 2000 con la presentazione di un documento sui rapporti tra i due popoli, suggerendo:
a) una presentazione pubblica ufficiale della relazione nelle due capitali, possibilmente in sede universitaria;
b) la pubblicazione del testo nelle versioni italiana e slovena;
c) la raccolta e pubblicazione degli studi di base;
d) la diffusione della relazione nelle scuole secondarie.
la relazione finale della commissione italo-slovena non è mai stata pubblicata, se non da alcuni quotidiani nel 2001, ovviamente né in forma ufficiale, né completa, e su tutto il lavoro sopraccitato è calato il silenzio;
la commissione italo-croata non è mai stata operativa;
la suddetta ricerca potrebbe essere proficua, anche in prospettiva europea, per l'agevolazione di una relazione pacifica tra i paesi coinvolti -:
se i Ministri interrogati non ritengano di dover adoperarsi affinché la suddetta relazione italo-slovena e tutti i materiali preparatori della stessa vengano ressi pubblici e, per questa via, diffusi nel mondo della cultura e della scuola;
se i Ministri interrogati non ritengano necessario che vada riattivata la commissione mista di storici italo-croata.
(4-02510)
Risposta. - Come noto, la Commissione mista storico-culturale, istituita da Italia e Slovenia nel 1993, ha adottato il suo rapporto finale il 27 giugno 2000 e inviato il mese successivo ai due Ministeri degli esteri. Il documento fu anticipato dalla stampa, in versione non autorizzata, nell'aprile 2001 e fu pubblicato ufficialmente dalla parte slovena nell'agosto 2001. A tal riguardo si segnala che la relazione è stata pubblicata dalla casa editrice «Slovensko-Italiajanski Odnosi 1880-1956» (in lingua slovena, italiana e inglese) e che la versione italiana è comunque disponibile sul sito internet http.www.kozina.com/premik («Rapporti italo-sloveni 1880-1956»).
All'atto della presentazione della relazione, l'allora Ministro degli esteri della Repubblica di Slovenia, Dimitrij Rupel, dichiarò che il documento pubblicato dalla casa editrice, che differiva dai testi diffusi dai giornali, era l'unico autorizzato. La relazione in parola è dunque fruibile anche dagli interessati che ignorino la lingua slovena, ovviamente con le cautele dovute alla circostanza che non si tratta di un documento pubblicato previa autorizzazione dell'Ente governativo italiano. Non risulta, tuttavia, che i membri della Commissione abbiano chiesto il ritiro della pubblicazione a stampa e del testo, da anni disponibile nel summenzionato sito Internet.
Tenuto quindi conto anche del lungo tempo trascorso, non appare opportuna una nuova pubblicazione ufficiale della relazione, mentre potrebbe essere utile una sua diffusione nel mondo della cultura e della scuola. A tal riguardo si fa presente che compete alle istituzioni scolastiche nell'ambito dell'autonomia di cui all'articolo 21 della legge delega n. 59 del 15 marzo 1997 e del regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica n. 275 dell'8 marzo 1999, curare la documentazione educativa e la sua diffusione all'interno della scuola anche in collegamento con altri soggetti pubblici; compete inoltre ai docenti, nell'ambito della libertà di insegnamento, utilizzare il materiale didattico ritenuto più idoneo.
Quanto all'analoga trattazione italo-croata, a sua tempo avviata e non conclusa, è auspicabile che gli storici delle due parti pervengano a conclusioni condivise, a prescindere dalle determinazioni dei Governi, tanto più che gli storici proprio dalla loro indipendenza traggono maggior autorevolezza.
Nella prospettiva di un forte messaggio di pacificazione e collaborazione, sia con la Slovenia, sia con la Croazia, con cui si potrebbero concordare momenti di alto valore simbolico, potrebbe essere appropriato un riferimento anche al lavoro degli storici.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
D'AGRÒ. - Al Ministro dell'istruzione. - Per sapere - premesso che:
rimane ancora in Italia uno straordinario patrimonio costituito dalle scuole parificate per non udenti, che sulla base di una secolare esperienza riescono a far convivere alunni udenti e non udenti, recuperati con eccezionali risultati che purtroppo non sempre la scuola normale riesce a garantire;
sono sempre più frequenti i casi nei quali i comuni si rifiutano di pagare le rette a queste scuole a favore delle famiglie che hanno scelto questo progetto rieducativo;
le scuole suindicate fanno risparmiare ingenti risorse ai comuni essendo alternative ai costosi e troppe volte improvvisati tentativi di sostegno agli alunni non udenti -:
quali iniziative di propria competenza si intendano adottare affinché il diritto allo studio del minore non udente sia reso effettivo.
(4-00495)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale si chiedono iniziative in favore delle scuole parificate per non udenti atteso che, ad avviso dell'interrogante «sono sempre più frequenti i casi nei quali i comuni si rifiutano di pagare le rette a queste scuole a favore delle famiglie che hanno scelto questo progetto educativo».
Com'è noto le disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, contenute nel decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, prevedono all'articolo 323 che l'obbligo scolastico per gli alunni sordomuti si adempie nelle classi ordinarie delle scuole elementari e medie oppure nelle scuole speciali; queste ultime sono scuole statali annesse ad istituti medico psico-pedagogici o istituti per minorati gestiti da enti.
Alcune scuole primarie per non udenti o pluriminorati, gestite da enti o associazioni aventi personalità giuridica, funzionano in regime di convenzione di parifica con questo Ministero ai sensi dell'ordinanza ministeriale 26 giugno 1992, n. 215, ed ai medesimi
vengono erogati appositi finanziamenti, al pari di tutte le scuole primarie in regime di convenzione di parifica.
Dal testo dell'interrogazione in oggetto non si rileva se le scuole per non udenti, alle quali fa riferimento l'interroganza rientrino nel regime di convenzione di parifica, ai sensi della succitata ordinanza, oppure in regime di convenzione con i comuni e/o altri enti locali.
Per quanto riguarda le scuole primarie in regime di convenzione di parifica con questo Ministero, si fa presente che ai fini dell'erogazione dei contributi le scuole comunicano ogni anno all'Ufficio scolastico regionale competente le modifiche numeriche derivanti da nuove convenzioni di parifica, rinnovi di parifica, cessazioni di parifica con la specifica del numero degli alunni disabili e dei relativi posti di sostegno.
Sono escluse le scuole della Sicilia, della Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono con fondi propri all'erogazione dei contributi.
La legge 10 marzo 2000, n. 62, recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, all'articolo 13, ha previsto un incremento dello stanziamento iscritto nell'apposito capitolo di bilancio del Ministero per il mantenimento delle scuole primarie parificate, ed inoltre, all'articolo 4, appositi stanziamenti per assicurare interventi di sostegno.
I finanziamenti destinati alle scuole parificate e parificate paritarie, per il 2006 sono stati complessivamente di euro 158.605.010, e sono stati erogati sulla base del numero delle classi e degli alunni disabili delle scuole convenzionate.
L'ammontare del contributo per ciascuna classe e/o posto di sostegno è pari ad euro 19.367,13 (come rideterminato con decreto del ministro 22 settembre 2000).
Non risultano - allo stato - segnalazioni in ordine a contenziosi che vedono coinvolte le scuole primarie parificate per non udenti o pluriminorati.
Non è dato conoscere, eventuale contenzioso di scuole in convenzione con i comuni e/o altri enti locali in quanto trattasi di questione che esula dalle competenze di questo Ministero.
Si precisa, infine, che l'articolo 5 della legge n. 67 del 1993 attribuisce alla Provincia l'assistenza scolastica agli allievi ciechi ed ai non udenti delle scuole di ogni ordine e grado, che consiste nella fornitura di ausili e sussidi, nella copertura delle spese relative agli assistenti per la comunicazione ovvero, nel caso di convitti o istituto gestiti da enti, nel pagamento delle rette per l'internato.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Maria Letizia De Torre.
D'AGRÒ e ADOLFO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'economia detiene in 21,4 per cento del capitale di Enel SpA, ed un ulteriore 10,2 per cento appartiene alla cassa depositi e prestiti;
nei comuni di Levanto e Sesta Godano, provincia della Spezia, Enel ha deciso di trasferire il personale dipendente dalle sedi locali presso una sede decentrata, posta nel comune di Corrodano;
i sindaci e le comunità locali segnalano, che questa azione da parte di Enel, rappresenta la soppressione di due sedi importanti, appunto Levanto e Sesta Godano, che garantivano una celerità di risposta ed una maggiore funzionalità nei servizi alle utenze poste nelle due aree provinciali della riviera e della Val di Vara;
non si comprendono le motivazioni per cui Enel attivi questa politica di abbandono di importanti sedi locali -:
se il Governo approvi questa operazione svolta da Enel su territorio provinciale della Spezia;
quali assicurazioni Enel ed il Governo forniscano agli enti locali, alle organizzazioni sindacali ed al territorio per
il mantenimento delle unità lavorative attualmente impiegate.
(4-01585)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente il mantenimento delle unità lavorative attualmente impiegate delle sedi dell'Enel S.p.A. di Levanto e Sesta Godano.
Al riguardo, la società Enel S.p.A., ha comunicato che lo spostamento dell'Unità operativa di Sesta Godano e delle sue due squadre con sede a Sesta Godano e Levanto presso la sede di Carradano è motivata da esigenze meramente logistiche e non organizzative.
La collocazione della nuova sede, baricentrica rispetto alle due di Sesta Godano e Levanto, consente infatti una gestione migliore delle squadre ed una ottimizzazione nell'utilizzazione delle risorse.
Enel Distribuzione ha, inoltre, effettuato consistenti investimenti in nuove tecnologie (es.: telegestione, telecontrollo, automazione) che consentono di realizzare - in tempo reale e a distanza - interventi e manovre sugli impianti e sui gruppi di misura ed attività di gestione delle prestazioni alla clientela anche in assenza di un operatore nel luogo dell'intervento.
Pertanto, lo spostamento delle squadre operative non dovrebbe provocare disagi alla clientela e non dovrebbe determinare la riduzione degli attuali livelli di qualità del servizio nel territorio di Sesta Godano e Levanto.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Massimo Tononi.
DE BIASI e QUARTIANI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in virtù dei poteri commissariali conferiti al Sindaco di Milano con Ordinanza del Ministro dell'interno il 28 dicembre 2001 e in seguito più volte rinnovati fino al 30 settembre 2006, il Commissario Gabriele Albertini, in data 12 aprile 2006, sottoscriveva la convenzione di concessione con contestuale cessione del diritto di superficie e approvazione del progetto definitivo per la realizzazione in piazza Sant'Ambrogio, a pochi metri dall'omonima Basilica, capolavoro dell'arte romanica noto nel mondo, di un parcheggio interrato di cinque piani (581 posti-macchina), per la profondità di 23 metri;
piazza Sant'Ambrogio è oggetto di vincolo diretto ex articolo 10 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004 recante Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che riconosce espressamente quali «beni culturali» [(articolo 10, comma 4, lettera g)] «le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi urbani di interesse artistico o storico»;
con nota del 5 dicembre 2005 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano dichiarava «l'incompatibilità di un parcheggio nelle immediate vicinanze della Basilica di Sant'Ambrogio», ritenendo «inopportuna e non condivisibile la realizzazione dell'opera»;
con comunicazione in sede di Conferenza dei Servizi, in data 13 febbraio 2006, la Direzione Regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia esprimeva «parere favorevole» (sia pur condizionato a certe prescrizioni) alla realizzazione dell'opera, adeguandosi al parere consultivo espresso in data 13 gennaio 2006 dal Comitato tecnico-scientifico per i Beni Architettonici e Paesaggistici, ma non menzionando la determinazione contraria del Soprintendente locale per i Beni Architettonici e per il Paesaggio;
in data 23 luglio 2006 il Direttore Regionale dichiarava sul Corriere della Sera che: «un posteggio sotto una piazza storica è sconsigliabile, ma la sua realizzazione è una decisione politica» -:
se il Ministro non ritenga che le ragioni della tutela della piazza riconosciuta di valore storico-artistico e perciò considerata - in sé - come bene culturale debbano prevalere sulle pretese esigenze del traffico automobilistico e della sosta fatte valere con «decisione politica»;
se non giudichi che la destinazione della stessa piazza a solaio di copertura di una vasta autorimessa multipiano integri un uso incompatibile con il carattere di spazio pubblico inedificato, elemento essenziale nella morfologia dell'insediamento urbano di antico impianto e comporti un danno permanente e irreversibile alla integrità fisica del bene culturale, letteralmente svuotato delle sue millenarie fondazioni di appoggio;
se non ritenga, quindi, che la questione (attinente a un luogo di eccezionale interesse monumentale) debba essere riconsiderata e rimessa per una nuova valutazione al massimo istituto di consulenza scientifica del Ministero per i beni e le attività culturali, il Consiglio Superiore, di recente rinnovato e affidato alla presidenza di uno studioso del più elevato prestigio.
(4-02081)
Risposta. - Il progetto di parcheggio interrato in piazza Sant'Ambrogio rientra nelle iniziative concernenti la realizzazione di parcheggi nel centro storico di Milano, intraprese nell'ambito del piano urbano di parcheggi risalente ormai alla prima metà degli anni '80 e sottoposto, da parte del Comune, all'attenzione e alla preventiva valutazione delle Soprintendenze di settore a partire dal 2000.
Nel pronunciarsi su tale progetto, la Soprintendenza per i beni archeologici e la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici hanno rispettivamente messo in evidenza le criticità di carattere archeologico (vista la presumibile corrispondenza della piazza con l'area del cimitero paleocristiano ad martyres) e quelle relative ad un intervento edilizio di forte impatto sul contesto della Basilica e del complesso di Sant'Ambrogio dove prospettano edifici significativi quali la Pusterla, il palazzo realizzato da Luigi Caccia Dominoni, il monumento ai caduti e l'ingresso dell'Università Cattolica entrambe opere di Giovanni Muzio, la caserma di Leopoldo Pollack.
Nel 2002, nel corso di alcuni incontri indetti dal Comune per l'istruttoria di «Parcheggi in project finance 2001», la Soprintendenza archeologica ha valutato comunque necessario, per esprimere un parere di fattibilità sull'intervento, procedere ad una preliminare campagna d'indagini archeologiche.
Con lettera del 27 settembre 2004, il Comune di Milano ha reso nota l'aggiudicazione della gara per la concessione della progettazione, costruzione e gestione del parcheggio interrato in project financing ed ha trasmesso la relativa documentazione integrativa richiesta per le indagini archeologiche preliminari fino a quel momento ancora non effettuate.
Nel mese di febbraio 2005 è stata concordata con la Soprintendenza archeologica la localizzazione e le caratteristiche dei sondaggi preliminari. Questi sono stati condotti sotto la direzione tecnico-scientifica della Soprintendenza e hanno avuto ad oggetto il 20 per cento della superficie totale interessata dall'opera.
Sono venuti in luce i resti di un percorso stradale sterrato (indicato come «stradone di Sant'Ambrogio» nella cartografia antica della città) realizzato in epoca medievale, presumibilmente in concomitanza con la cerchia dei terraggi situata poco più ad ovest della piazza nonché una ventina di tombe tardo-romane in terra nuda, già manomesse in epoca antica, appartenenti al cimitero ad martyres della Basilica di Sant'Ambrogio e molto danneggiate dalla successiva realizzazione del tracciato stradale.
In base all'esito dei sondaggi la Soprintendenza per i beni archeologici si è pronunciata favorevolmente alla realizzazione del progetto prescrivendo di estendere l'indagine archeologica preventiva a tutta l'area interessata dai lavori.
Alla Conferenza dei servizi per la valutazione e l'approvazione del progetto definitivo, convocata dal Comune di Milano il 12 dicembre 2005, la Direzione regionale ha condiviso, invece, il parere non favorevole della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, ritenendo inopportuna la realizzazione dell'opera ed ha nel contempo avviato una procedura di consultazione del Comitato tecnico-scientifico per i beni architettonici e paesaggistici del
Ministero. Quest'ultimo, nell'esprimere il proprio parere favorevole, ha esplicitamente rimandato ad uno specifico accordo preliminare tra il Comune e la Direzione generale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia in modo da conseguire le migliori condizioni di fruizione e di valorizzazione dell'area. Tale accordo infatti comprende un progetto più generale di sistemazione dell'intero contesto della Basilica di Sant'Ambrogio oltre al restauro e alla rifunzionalizzazione della Pusterla.
Alla successiva seduta della Conferenza dei servizi, tenutasi in data 13 febbraio 2006, la Direzione regionale ha riportato il parere favorevole del Comitato tecnico ed ha lavorato di concerto con la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per apportare tutte le possibili migliorie alle diverse ipotesi progettuali che si sono susseguite, nell'ottica di una adeguata riqualificazione del contesto urbano interessato.
Durante l'incontro tecnico sull'avanzamento del progetto del 2 ottobre 2006 tenutosi presso la Direzione regionale, sono stati indicati all'Amministrazione comunale e al soggetto attuatore i seguenti criteri di tutela e proposte progettuali, in seguito formalizzate in una nota:
la necessità di un nuovo piano di viabilità dell'area di Sant'Ambrogio, volto sostanzialmente ad escludere l'accesso veicolare, quale condizione necessaria per l'approvazione del progetto esecutivo del parcheggio;
il recupero delle lastre della pavimentazione esistente (e relativa modalità di posa) in un'ottica di manutenzione dell'opera, evitando l'introduzione di materiali estranei al contesto;
interpretazione dello stradone di Sant'Ambrogio come spazio urbano unitario privo di caratterizzazione viabilistica e sosta di veicoli;
incompatibilità della prevista trasformazione del sagrato di Sant'Ambrogio con la demolizione della recinzione ormai storicizzata;
eliminazione del parcheggio antistante il sagrato e creazione di un'area pedonale, supportando le scelte di progetto con documentazione storico-iconografica degli ambiti dal trattare;
per la sistemazione della Pusterla, effettuazione preliminare di sondaggi stratigrafici esplorativi volti ad accertare le quote storiche del fossato da mantenere a prato;
il progetto di conservazione della Pusterla deve rivestire carattere di manutenzione nell'ottica del minimo intervento necessario. Non sono compatibili la realizzazione di nuove aperture in breccia, nuove scale e ascensore. La torre settentrionale, ricostruita nel corso dell'intervento di restauro diretto da Chierici nel 1948 e già dotata di scale e orizzontamenti in ottimo stato di conservazione, richiede di minimi interventi di manutenzione ed adeguamento impiantistico.
Si segnala, infine, che ove pure si valutasse di non dare corso all'attuazione del progetto di realizzazione del parcheggio interrato, occorrerebbe in ogni caso effettuare gli interventi di manutenzione delle strade e della piazze che costituiscono la cornice della Basilica e della Pusterla di Sant'Ambrogio, così come un nuovo piano del traffico che escluda questi luoghi dalla circolazione veicolare, interventi divenuti ormai improcrastinabili e condizionanti l'approvazione del progetto esecutivo del parcheggio interrato.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
DE SIMONE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni vi è stato un sostanziale peggioramento del livello di inclusione scolastica degli studenti con disabilità;
da un lato la riforma della scuola (riforma Moratti) ha abbassato i livelli di
attenzione verso gli studenti con bisogni educativi particolari, innescando procedure e percorsi amministrativi ed economici che hanno penalizzato fortemente gli studenti con disabilità e, di conseguenza, con maggiori esigenze di sostegno e personalizzazione; dall'altro lato la riduzione delle risorse economiche destinate al sostegno scolastico e la progressiva dequalificazione del personale insegnante destinato a questi alunni, hanno prodotto un rallentamento, se non una stasi, nella qualità delle politiche dell'inclusione scolastica;
questa situazione ha costretto molti genitori a ricorrere, in maniera sempre vincente, alla tutela giurisdizionale attraverso i ricorsi ai tribunali, per veder garantito il diritto costituzionale allo studio dei loro figli -:
se non intenda rivedere la posizione del Governo precedente che, secondo l'interrogante, pur di ridurre la spesa, non si è curato delle sentenze dei tribunali;
se non ritenga che sia giunto il momento di definire l'annoso problema sopradescritto, anche attraverso la costituzione di un tavolo di concertazione per la garanzia al diritto allo studio dei ragazzi disabili in Italia, come sancito dalla Costituzione, e con interventi strutturali congrui, per evitare inutili sofferenze ai minori disabili e alle loro famiglie.
(4-01588)
Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame, l'interrogante rappresenta l'esigenza di elevare il livello di inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso la costituzione di un tavolo di concertazione per la garanzia del diritto allo studio dei ragazzi disabili in Italia e con interventi strutturali congrui.
Trattasi di un'esigenza condivisa.
L'attenzione agli alunni diversamente abili e al pieno sviluppo delle loro potenzialità, sia in ambito scolastico che ai fini dell'inserimento nella vita attiva, costituisce infatti una priorità assoluta della politica scolastica del Governo, come è stato evidenziato dal Ministro Fioroni nel corso delle audizioni svoltesi presso le competenti Commissioni della Camera e del Senato per illustrare il programma politico del Ministero.
In quella sede è stato pure rilevato che tra le nostre specificità positive in ambito europeo c'è l'integrazione dei diversamente abili nella scuola di tutti e che nessun altro sistema educativo ha a questo proposito norme prescrittive come le nostre.
Questa specificità positiva del nostro sistema educativo è d'altra parte testimoniata dall'incremento continuo e rilevante del numero degli insegnanti di sostegno verificatosi a livello nazionale nel corso degli anni, nel rispetto delle disponibilità di bilancio; nella situazione di fatto, il numero dei posti di sostegno è infatti passato da circa 74.000 posti nell'anno scolastico 2001/2002 a circa 90.000 posti nel 2006/2007, con un aumento medio di oltre 3.000 posti per anno che ha determinato nella realtà nazionale un rapporto docenti/alunni di circa un docente ogni 1,9 alunni disabili.
Questi dati non esimono, comunque, dal compiere ulteriori sforzi per migliorare le condizioni e gli strumenti di un'integrazione scolastica più efficace.
Proprio al fine di individuare soluzioni organizzative ed operative più idonee in funzione di un effettivo adeguamento delle politiche di integrazione alle reali esigenze dei soggetti interessati, si è riconsiderata la composizione dell'Osservatorio per l'integrazione delle persone disabili. Quindi, con decreto ministeriale del 30 agosto 2006, lo stesso Osservatorio è stato articolato in un Comitato tecnico-scientifico ed in una Consulta delle associazioni dei disabili e delle loro famiglie.
Il Comitato tecnico scientifico è composto da esperti delle varie discipline e svolge compiti consultivi e propositivi sulle politiche scolastiche della disabilità, con l'obiettivo di individuare politiche efficaci per garantire una piena integrazione nella scuola italiana dei ragazzi diversamente abili. La Consulta è, invece, organismo di partecipazione per l'incontro e il dialogo tra soggetti sociali e istituzionali.
Una delle priorità di intervento individuate dal suddetto Comitato tecnico-scientifico
è quella riguardante la ridefinizione del criterio stabilito dall'articolo 40, comma 3, della legge del 27 dicembre 1997, n. 449, per la determinazione delle dotazioni organiche di sostegno (un insegnante ogni 138 alunni).
Il Governo ha conseguentemente operato un primo intervento strutturale in materia di organici per il sostegno introducendo nel disegno di legge finanziaria 2007 una specifica disposizione in tal senso, che è stata poi recepita dal Parlamento nella legge 27 dicembre 2006, n. 296 (articolo 1, comma 605, lettera b).
Questa disposizione prevede la sostituzione del criterio stabilito dall'articolo 40, comma 3, della legge n. 449 del 1997 con l'individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.
Si sta ora lavorando per dare attuazione alla suddetta disposizione normativa introdotta dalla legge finanziaria 2007, al fine di perseguire una più efficace integrazione scolastica degli alunni diversamente abili.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Maria Letizia De Torre.
FABRIS. - Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio comunale di Romano d'Ezzelino (Vicenza), con decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 2006, è stato sciolto in quanto le dimissioni della maggioranza dei consiglieri hanno impedito la normale prosecuzione del funzionamento degli organi e dei servizi;
così come prescrive la legge, è stata nominato un Commissario Straordinario per la gestione provvisoria del comune suddetto fino all'insediamento degli organi ordinari;
al Commissario Straordinario, cui sono conferiti i poteri spettanti al Consiglio Comunale, alla Giunta ed al Sindaco, spettano compiti di ordinaria amministrazione;
durante le feste natalizie dello scorso anno il Commissario Straordinario del Comune di Romano d'Ezzelino ha provveduto a far recapitare a tutti i cittadini ultrasessantenni un bigliettino d'auguri, a giudizio dell'interrogante, di indubbia fattura -:
quali iniziative si intenda assumere affinché siano evitati continui sperperi di risorse pubbliche che potrebbero essere meglio utilizzate per erogare servizi ai cittadini e quali iniziative si intendano adottare per asseverare una diversa amministrazione e destinazione dei soldi pubblici dei Comuni ed in generale degli enti locali.
(4-02299)
Risposta. - La Direzione centrale per le autonomie di questa Amministrazione con circolare n. 2/2006 del 7 dicembre 2006, ha chiarito quali sono i poteri che spettano al Commissario straordinario nella gestione provvisoria dei Comuni in attesa dell'insediamento degli organi ordinari.
Nella circolare viene ancora una volta affermato il principio che l'unico limite che incontra l'Organo di gestione straordinaria è esclusivamente quello della opportunità, che deve essere esercitata tenendo presente l'esigenza di non precludere o, comunque, vincolare le scelte discrezionali degli Organi neo eletti, soprattutto con riferimento ai provvedimenti di particolare impatto sulla vita della collettività locale.
Nel comune di Romano d'Ezzelino è consuetudine, da molti anni, ricordare i cittadini ultrasessantacinquenni, in occasione delle festività natalizie, con una serie di iniziative fra cui l'invio di un bigliettino augurale a firma del Sindaco.
In occasione delle ultime festività il Commissario straordinario, nell'intento di contenere al massimo le spese correnti del Comune, ha ritenuto di non dare corso alla realizzazione - perché non consolidata in quanto attuata solo negli ultimi due anni -
di altra iniziativa dell'Amministrazione comunale, anche questa rivolta alla suindicata categoria di persone e, precisamente, un cenone di fine anno con intrattenimento musicale, il cui importo di spesa era stato stanziato, nel bilancio comunale del 2006, per una somma di euro 5.859.
Lo stesso Commissario ha ritenuto comunque di continuare l'altra iniziativa, cioè quella relativa all'invio di un bigliettino augurale ai cittadini ultrasessantacinquenni che, diversamente da quello recapitato loro negli anni precedenti, recasse un'immagine fotografica della cosiddetta «Torre di Dante», simbolo storico del comune di Romano d'Ezzelino menzionato dal Poeta nella Divina Commedia.
La realizzazione di tale biglietto augurale è stata resa possibile grazie ad una fotografia del sito messa a disposizione gratuitamente da un gruppo fotografico amatoriale locale.
La realizzazione dei 2.300 biglietti in questione (inviati anche alle Autorità provinciali e locali nonché ad altri Enti ed Amministrazioni pubbliche della zona anche in risposta ad analoghi biglietti di augurio indirizzati al Comune, così come è prassi nell'intero Paese), ha comportato una spesa totale, comprensiva di IVA, di euro 360,00 ed un costo unitario di euro 0,1565.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
GALANTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa - Per sapere - premesso che:
l'Italia partecipa all'operazione di guerra al terrorismo Enduring Freedom, un'iniziativa unilaterale, a comando americano, che spesso si sovrappone all'operazione NATO/ISAF creando confusione di obiettivi e, secondo l'interrogante, annullando, anche agli occhi della popolazione afgana, la necessaria distinzione tra le due missioni;
l'Italia partecipa anche all'operazione ISAF, un'iniziativa multilaterale concordata con le rappresentanze afgane e legittimata da una previa risoluzione dell'ONU con il mandato di garantire la sicurezza assistendo le autorità afgane, che ha ormai gli obiettivi confusi dato che è andata sostituendo, specie nell'attuale fase di apertura alle aree meridionali e orientali, l'Enduring Freedom;
questa ISAF, che passaggio dopo passaggio si è gradualmente trasformata in una realtà completamente diversa infiltrata dalla NATO, è oggi un organismo politico geneticamente modificato e perciò completamente diverso da ciò che era in origine;
ad avviso dell'interrogante in realtà nessuna delle due missioni ha solide fondamenta nel diritto internazionale, né in quello costituzionale e neppure in quello di altre organizzazioni internazionali, ma sono incardinate in un teatro di guerra in cui si stanno producendo effetti opposti a quelli che si dichiarano di perseguire;
nel teatro di guerra in Afghanistan si stanno in realtà combattendo numerose guerre che si intrecciano tra loro, che mettono insieme problemi di sicurezza, di domino, problemi legati agli scontri tra ideologie e culture, problemi di potenza, legati all'oppio, eccetera: una miriade di guerre civili dentro le quali anche i nostri soldati vengono trascinati, senza avere alcuna possibilità di successo;
in Kosovo, d'altro canto, la situazione politica passa un momento delicato, tra referendum ed elezioni, col rischio di un rafforzamento dell'ala più radicale ultranazionalista e di un indebolimento della componente democratica fondamentale, garanzia per il futuro della Serbia e dei Balcani;
in Kosovo è necessaria una fase di europeizzazione della situazione, senza passaggi bruschi e automatici all'indipendenza nel senso pieno del termine, nella quale la comunità internazionale continui ad essere garante dei processi che si devono sviluppare e della possibilità di un vero stato multiculturale, oggi difficile da
intravedere, ma che si può concretizzare solo attraverso riforme strutturali e istituzionali;
in Kosovo l'Italia partecipa con più di duemila militari all'Operazione Joint Enterprise (KFOR), con mandato UNSCR n. 1244 del giugno 1999, che ha l'obiettivo di verifica e attuazione del Military Technical Agreement in previsione di un Peace Settlement;
tutta l'area balcanica, dalla quale non va isolata la questione del Kosovo, e la sua stabilità vera riveste un interesse prioritario e strategico per l'Italia -:
se, posto da una parte il primario interesse dell'Italia per l'area balcanica e dall'altra il coinvolgimento dell'Italia nella guerra in Afghanistan, secondo l'interrogante inutile e controproducente, non ritenga necessario concentrare un maggiore impegno alla salvaguardia della pace nell'area balcanica destinando alla Operazione Joint Enterprise in Kosovo anche le risorse attualmente destinate alle missioni militari in Afghanistan (ISAF ed Enduring Freedom).
(4-01342)
Risposta. - L'operazione militare della NATO in Afghanistan ha beneficiato e continua a beneficiare della piena approvazione delle Nazioni Unite. La presa in carico della sicurezza di tutto il Paese da parte della NATO è stata prevista e pianificata sin dall'inizio della missione, secondo uno schema di espansione progressiva Nord-Ovest-Sud-Est. La NATO è quindi subentrata all'operazione della Coalizione a guida americana Enduring Freedom per le funzioni di stabilizzazione e sicurezza ma non per le attività di «controterrorismo» che sono rimaste prerogativa esclusiva della parte statunitense.
L'impegno operativo dell'Italia in Enduring Freedom ha preso termine il 18 dicembre 2006 con il rientro delle nostre due unità navali (il rifornitore Etna e il pattugliatore Foscari) impegnate nel pattugliamento nel Golfo Persico. Il nostro coinvolgimento in Operation Enduring è quindi adesso limitato al coordinamento assicurato da una piccola cellula interforze italiana presso il Comando centrale americano a Tampa e da un ufficiale di collegamento presso il Comando navale USA a Barhein.
L'entità dell'impegno italiano su altri scenari non ha, ad ogni modo, un impatto diretto sulla nostra presenza nel teatro balcanico. Mentre i «Requisiti di forza» (cioè le capacità militari in termini di truppe e assetti richieste dalle autorità militari alleate) per ISAF risultano ancora parzialmente insoddisfatte tale non è il caso per l'operazione KFOR le cui forze sono state anzi significativamente ridimensionate nel corso degli anni e la sua struttura recentemente rimodulata in senso più snello e dinamico.
La stabilità dei Balcani riveste per la NATO e soprattutto per l'Italia un interesse prioritario soprattutto in questa delicata fase di transizione politica. L'attuale struttura della KFOR, che è nostro impegno mantenere inalterata finché non potranno essere verosimilmente esclusi rischi di recrudescenza di violenze interetniche, è tuttavia considerata adeguata e non è previsto alcun suo rafforzamento. Altrettanto vale per la forza Europea in Bosnia (EUFOR) per la quale è anzi contemplato un progressivo ridimensionamento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
GALANTE. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
da fonti di stampa si apprende che ammontano a diciottomila gli sfratti in Toscana;
nella regione Toscana le persone che vivono in affitto sono 234.472, circa il 18 per cento del totale;
secondo l'ultimo censimento gli abitanti della Toscana sono 3.640.000 e le case 1 milione e 664 mila. Di queste, 1.373.376 sono occupate da residenti, 24.475 da non residenti, 266.828 non risultano occupate;
secondo quanto denunciano i sindacati «il mercato della casa ha raggiunto un livello tale di esasperazione da generare una nuova casta di emarginati, in cui rientrano sempre più anche lavoratori e pensionati "normali" che fanno fatica a pagare l'affitto a fine mese e che non riuscendo a risparmiare, vivranno sempre sull'orlo della precarietà. L'altissimo numero degli sfratti conferma la nostra tesi»;
secondo quanto affermano le rappresentanze sindacali «il mercato del lavoro è cambiato e chiede più mobilità ed è cambiata la struttura della famiglia. Invece il mercato della casa in Toscana è troppo rigido, determinando costi così elevati che obbligano ad esempio molti giovani a restare all'interno della propria famiglia» -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
se non ritenga opportuno attivarsi - anche ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 112 del 1998 - al fine di avviare un confronto con l'Associazione dei comuni, regione Toscana e le parti sociali per dare corso ad una nuova politica abitativa che confermi centralità ad una rinnovata edilizia residenziale pubblica.
(4-03025)
Risposta. - L'interrogazione in esame si inquadra nel generale fenomeno del «caro affitti», che l'Italia da molti anni ormai si trova ad affrontare per la scarsità di offerta di alloggi.
Il Governo ha prestato la massima attenzione al problema, presentando un disegno di legge per l'emergenza abitativa, che come è noto è stato recentemente approvato con legge 8 febbraio 2007, n. 9, che, accanto alla proroga degli sfratti per le famiglie più disagiate, prevede l'avvio di un tavolo di concertazione tra tutte le parti interessate per definire un programma nazionale di edilizia residenziale, finalizzato all'aumento dell'offerta di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, anche mediante l'acquisizione ed il recupero di edifici esistenti, oltre a proposte normative di natura fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, con l'impegno di trovare, con il contributo degli enti locali, le risorse economiche necessarie alla realizzazione del piano.
Nello specifico si fa presente che in un convegno in Toscana, avvenuto lo scorso mese di aprile, al quale hanno partecipato oltre ai segretari regionali delle tre sigle sindacali Rosario Rossi (Cgil), Ernesto D'Anna (Uil) e Sergio Sorani (Cisl) e a Vincenzo Simoni dell'Unione Inquilini, un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale e l'assessore alla casa Riccardo Conti, sono state prospettate le possibili misure da adottare in ordine alla combinazione delle azioni pubbliche necessarie per sostenere i ceti sociali che non riescono a soddisfare autonomamente il bisogno di abitazione e, insieme, riorientare il funzionamento spontaneo del mercato immobiliare verso finalità più rispondenti ai bisogni della collettività, in modo da diminuire l'area del disagio sociale, attraverso l'esame sia dello «statuto dell'edilizia sociale», al quale sta lavorando la Regione Toscana sia di una nuova piattaforma contrattuale presentata dai sindacati inquilini e dei lavoratori.
Le strategie operative prospettate dalla Regione Toscana, unitamente a quelle delle altre Regioni, portavoce delle realtà territoriali di ogni singolo comune, sono già all'attenzione del tavolo nazionale di concertazione con tutte le parti sociali interessate, previsto, come sopra esposto dalla recente legge sul disagio abitativo, i cui lavori dovranno terminare tra pochi giorni. Il Governo procederà quindi alla predisposizione di un programma nazionale contenente i criteri per la programmazione di edilizia residenziale pubblica. I documenti conclusivi dei lavori saranno sottoposti quindi all'attenzione del Parlamento per l'espressione del relativo parere.
Il Ministro della solidarietà sociale: Paolo Ferrero.
GIORDANO, FALOMI e DE SIMONE. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
un alunno con handicap grave (non vedente, muto e autistico) frequenta l'Istituto
comprensivo statale di Cardinale in provincia di Catanzaro;
al suddetto alunno è stato assegnato l'insegnante di sostegno con più di un mese di ritardo rispetto all'inizio delle lezioni e per sole 18 ore anziché per 36 ore al pari degli altri alunni;
all'alunno è stata negata ogni possibilità di utilizzare materiale didattico nonostante le specifiche disposizioni dell'Asl n. 7 di Catanzaro;
i genitori hanno denunciato maltrattamenti e violenze ripetute nei confronti del loro figlio da parte dell'insegnante di sostegno; in seguito a tale denuncia l'insegnante è stato rimosso. La denuncia ha coinvolto anche il Preside Prof. Lazzaro il quale ha affermato che: «quello che era successo poteva fare parte delle tecniche adoperate dall'insegnante ...» e che in ogni caso, lui «nella propria scuola faceva il preside e non il detective» (Il Quotidiano - 13 maggio 2006). Queste dichiarazioni si sono prodotte nonostante le numerose testimonianze dei compagni di scuola del ragazzo e nonostante i genitori avessero provveduto a corredare la denuncia di certificato medico;
nella fase precedente al «sostegno» il Preside Lazzaro ha confinato e isolato il ragazzo da solo in una stanza (aula differenziata) senza alcun ausilio neanche per i bisogni fisiologici elementari;
un collaboratore scolastico aveva manifestato più volte la propria disponibilità ad accudire il ragazzo ma è stato immediatamente comandato ad altre mansioni dallo stesso dirigente scolastico Lazzaro;
il dirigente scolastico Lazzaro ha presentato ai genitori un orario di entrata e di uscita differenziato e ridotto rispetto a quello degli altri alunni; quando il ragazzo al rientro pomeridiano ha trovato incredibilmente l'ingresso della scuola sbarrato, i genitori sono stati costretti a rivolgersi al Comando dei Carabinieri di Cardinale per verbalizzare la denuncia; dalla stessa denuncia emerge che il preside Lazzaro ha minacciato la famiglia dell'alunno di cacciare dalla scuola il loro figlio affermando che non aveva diritto di frequentarla;
tale dirigente scolastico, nonostante un'ispezione ministeriale ed una denuncia penale in corso a suo carico, continua imperterrito a svolgere la propria funzione -:
se non ritenga che ci sia una palese violazione di tutti i principi ispiratori dell'insegnamento e delle norme costituzionali che garantiscono a tutti i cittadini l'uguaglianza e l'esigibilità del diritto all'istruzione;
se non ritenga necessario attivarsi affinché venga allontanato tempestivamente il suddetto dirigente scolastico prof. Lazzaro e affinché venga garantita, per questa via, la piena agibilità sociale ed umana dell'Istituto Comprensivo Statale di Cardinale.
(4-01711)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante, nel rappresentare il contrasto insorto tra i genitori di un allievo disabile e il dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo statale di Cardinale in provincia di Catanzaro, a causa di presunti comportamenti sia dell'insegnante di sostegno che del medesimo dirigente scolastico non rispondenti alle norme vigenti in materia di integrazione degli allievi disabili, chiede iniziative al riguardo.
Occorre precisare, preliminarmente, che il riconoscimento dell'alunno disabile e l'assegnazione allo stesso delle ore necessarie per la piena realizzazione del diritto allo studio ed all'integrazione, richiede una procedura articolata e complessa alla cui realizzazione concorrono numerosi livelli istituzionali, soggetti e organismi, gruppi operativi, ciascuno con compiti ben definiti e tra loro complementari. Il numero delle ore di sostegno attribuito ad ogni alunno è pertanto il risultato degli accertamenti tecnici, delle valutazioni e delle determinazioni assunte in maniera coordinata ed interagente da una pluralità di soggetti esperti, sulla base di un'approfondita conoscenza e consapevolezza delle sue effettive difficoltà e
di un attento esame delle modalità più idonee a superarle.
In presenza di gravi disabilità il massimo delle ore previste per il sostegno è di 18 ore settimanali; ciò in quanto in tali casi il docente di sostegno segue esclusivamente un allievo per tutto il suo orario settimanale di cattedra, che è appunto di 18 ore settimanali, e la normativa vigente non consente di assegnare due docenti per uno stesso allievo.
Non va trascurato, inoltre, che, in base alle norme vigenti, la scuola nel suo complesso provvede, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, ad organizzare e mettere a disposizione le risorse secondo le soluzioni organizzative, operative e didattiche più rispondenti alle esigenze dell'allievo disabile.
Per quanto riguarda il caso al quale fa riferimento l'interrogante, dalle risultanze emerse, a seguito degli accertamenti ispettivi disposti presso l'istituto comprensivo in questione, da ultimo in data 6 dicembre 2006, non sono emerse inadempienze da parte della scuola nel garantire il diritto all'educazione e all'inserimento scolastico dell'alunno in relazione al territorio e al contesto socio-culturale in cui opera.
Secondo quanto riferito dal Dirigente generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Calabria, dalle testimonianze raccolte nel corso dell'indagine ispettiva risulta che l'insegnante di sostegno ed i docenti di classe hanno accolto il soggetto diversamente abile in modo adeguato e rispondente alla gravità della plurimenomazione certificata. Ciò nonostante è stata sporta una querela dalla famiglia a carico del docente di sostegno per maltrattamenti e una querela del docente nei confronti della famiglia. Il Tribunale non si è ancora pronunciato.
Occorre precisare che per l'anno in corso il succitato docente non presta servizio presso l'Istituto comprensivo di Cardinale. In data 25 settembre 2006 il dirigente scolastico è stato autorizzato a procedere alla nomina dell'insegnante di sostegno per l'allievo in parola, iscritto d'ufficio alla terza classe solo in data 30 agosto 2006. Il dirigente scolastico all'atto della pubblicazione delle graduatorie definitive ha nominato l'insegnante che ha prestato servizio fino al 5 novembre 2006 quando, per complicanze nella gestazione, è stata interdetta dal servizio. Il dirigente scolastico ha quindi proceduto alla nomina del supplente che presta tuttora servizio.
Quanto all'utilizzo dell'aula attrezzata, attigua alla classe comune in cui è inserito l'allievo, essa è utilizzata per specifiche esigenze del ragazzo, in quanto i tempi di attenzione sono estremamente limitati a causa della gravità dell'handicap; allo stesso modo sono limitate le fasi di socializzazione che devono essere pianificate in relazione ad attività ed obiettivi minimi, correlati alle aree funzionali residuali dello stesso.
Con riguardo alla flessibilità didattica, il dirigente scolastico, sentito il gruppo interno operativo per l'integrazione ed il consiglio di classe, ha flessibilizzato il tempo scolastico dell'allievo permettendo allo stesso, in riferimento alla gravità della plurimenomazione certificata, di frequentare la scuola senza una rigidità di tempi e con modalità di accoglienza modellate sulle esigenze dello stesso ragazzo, anche se non pienamente rispondenti alle richieste formali della famiglia. Per quanto riguarda le denunce sollevate dalla famiglia a carico del dirigente scolastico, occorrerà attendere le decisioni dell'autorità giudiziaria.
Si precisa, infine, che dalla seconda visita ispettiva è emerso un consolidamento del clima di collaborazione tra scuola e famiglia ed un ampliamento degli interventi educativi specifici per l'alunno disabile; in passato la famiglia aveva riposto nella scuola richieste di competenze e di servizi che attengono ad interventi ed azioni integrate di tutte le realtà, istituzionali e non, coinvolte a vario titolo nel percorso di integrazione del minore disabile.
Il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Calabria, a seguito dell'incontro avuto con l'ispettore durante la succitata visita ispettiva, ha fornito sulla vicenda elementi di valutazione positiva ed ha confermato che l'Istituto comprensivo di Cardinale sta ponendo in essere ogni intervento volto a garantire il diritto all'integrazione dell'alunno dall'utilizzo di aule attrezzate alla predisposizione di percorsi
didattici individualizzati e calibrati rispetto alle aree funzionali residuali dell'alunno medesimo.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Maria Letizia De Torre.
GIULIETTI e FALOMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 19 luglio 2005, il Consiglio di Stato ha adottato un'ordinanza con cui ha chiesto alla Corte di giustizia delle Comunità europee di pronunciarsi sulla legittimità comunitaria della cosiddetto legge Gasparri in materia radiotelevisiva, contestualmente sospendendo il giudizio proposto dalla Centro Europa 7 s.r.l. per ottenere l'assegnazione delle frequenze oggetto della concessione rilasciata alla stessa Europa 7 nel luglio 1999;
in data 22 febbraio 2006, il precedente governo, costituendosi dinanzi alla Corte europea di giustizia per mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato, ha sostenuto la legittimità comunitaria della legge Gasparri, approvata nella scorsa legislatura dalla allora maggioranza di centro-destra;
lo scorso 19 luglio, la Commissione europea - a seguito di una sua autonoma iniziativa - ha altresì notificato all'attuale governo una lettera di costituzione in mora dell'Italia, a causa dei numerosi profili di incompatibilità riscontrati dalla Commissione tra la legge Gasparri e le rilevanti direttive europee in materia;
a quanto risulta, con nota del successivo 13 settembre, l'attuale governo ha riconosciuto che la legge Gasparri è incompatibile, sotto tutti i profili segnalati dalla Commissione europea, rispetto alle direttive comunitarie in materia di comunicazioni elettroniche;
il governo nella sua risposta ha riconosciuto, tra l'altro, che la legge Gasparri viola il divieto comunitario di attribuire a determinate imprese diritti speciali, là dove consente agli operatori privi della concessione televisiva analogica (come l'emittente Retequattro) di continuare a trasmettere in tecnica analogica, sino al definitivo passaggio alle trasmissioni digitali (fissato per il 2008, ma in via di proroga al 2012);
il 30 novembre scorso, si è tenuta, dinanzi alla Corte europea di giustizia, l'udienza per la discussione della causa (C-380/05) avente ad oggetto il menzionato giudizio pregiudiziale richiesto dal Consiglio di Stato relativamente alla legittimità comunitaria della legge Gasparri;
dai lanci di agenzia relativi allo svolgimento dell'udienza e da articoli di stampa (vedi «Il Sole 24 Ore» del 1 dicembre 2006), risulta che i rappresentanti del governo avrebbero sostenuto dinanzi alla Corte europea di giustizia, la legittimità della legge Gasparri, senza riconfermare le rilevanti dichiarazioni di illegittimità comunitaria della legge Gasparri effettuate dal governo nella riposta alla messa in mora della Commissione europea -:
se risponda al vero che il rappresentante del governo italiano ha sostenuto la legittimità comunitaria della legge Gasparri, nel corso dell'udienza svoltasi il 30 novembre 2006 dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee.
(4-01881)
Risposta. - Si fa presente che in risposta alla nota della Commissione europea del 12 dicembre 2005 con la quale era stata notificata alle autorità italiane la denuncia dell'associazione «Altroconsumo» con cui era stato evidenziato che alcune disposizioni della legge Gasparri risultavano incompatibili con gli obblighi imposti dall'articolo 9 della direttiva quadro (2002/21/CE) in materia di gestione delle frequenze, nonché con gli obblighi di cui agli articoli 3, 5 e 7 della direttiva autorizzazioni (2002/20/CE) ed agli articoli 2 e 4 della direttiva sulla concorrenza (2002/77/CE), con l'invito al Governo italiano di presentare le proprie osservazioni in merito, il precedente Governo aveva
inviato una nota in data 17 febbraio 2006, giudicata non soddisfacente sotto vari profili.
In proposito, infatti, con nota del 19 luglio 2006 (prot. n. 2005/5086 C(2006) 3321) di formale messa in mora e conseguente apertura di procedura di infrazione comunitaria, la medesima Commissione aveva ribadito i precedenti rilievi ed aveva invitato il Governo a presentare ulteriori deduzioni entro i successivi due mesi.
A tale richiesta si ottemperava con la nota del 13 settembre 2006 (prot. GM/0003510) nella quale l'attuale Governo, nel riconoscere la fondatezza dei rilievi formulati in ordine alla legge Gasparri dalla Commissione con la lettera di costituzione in mora suddetta e la conseguente non conformità della normativa nazionale (legge Gasparri) agli obblighi sanciti dalle ricordate direttiva quadro, direttiva autorizzazioni e direttiva sulla concorrenza, manifestava la propria volontà di adeguare al più presto l'ordinamento interno alle disposizioni comunitarie attraverso l'adozione di mirate iniziative legislative.
Come è noto, il 16 ottobre 2006 è stato presentato alla Camera dei deputati il disegno di legge recante disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale (A.C. 1825) con il quale sono state eliminate le situazioni di non conformità alle ricordate direttive comunitarie, denunciate dalla Commissione.
Il Ministro delle comunicazioni con nota del 15 novembre 2006 (prot. GM 146567/144071/UE) indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva manifestato la necessità di ridefinire la posizione del Governo italiano di fronte alla Corte di Giustizia delle Comunità europee all'udienza del 30 novembre 2006, in modo da fornire all'Avvocatura generale dello Stato, che dipende funzionalmente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, apposite indicazioni in linea con le mutate valutazioni politiche in materia.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, nella persona del Segretario Generale, su delega del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio On.le Letta, ha conseguentemente preso contatti con l'Avvocatura generale dello Stato per fornire le indicazioni pervenute dal Ministero delle comunicazioni in ordine alla discussione della causa in questione nell'udienza del 30 novembre 2006 (come risulta confermato dalla nota del 12 dicembre 2006, n. 4591 a firma del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri).
Nel corso di tale discussione non è stata presentata una memoria scritta dall'Avvocatura e non risulta essere stato redatto un verbale dell'udienza così che non risulta quali siano stati i contenuti delle difese orali.
Se l'Avvocatura avesse sostenuto la legittimità comunitaria della cosiddetta legge Gasparri lo avrebbe comunque fatto senza tenere conto delle indicazioni espresse da questo Ministero.
Richiesta di chiarimenti in ordine alle tesi sostenute in udienza, l'Avvocatura dello Stato ha emesso un comunicato stampa, che si allega in copia alla presente risposta.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
Allegato - Comunicato stampa Avvocatura Generale dello Stato. - In merito alle recenti notizie di stampa concernenti l'attività difensiva svolta dall'Avvocatura generale dello Stato nel corso dell'udienza del 30 novembre 2006 avanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee nella causa pregiudiziale riguardante la compatibilità della legge Gasparri con le Direttive del Nuovo Quadro Normativo Comunitario delle comunicazioni elettroniche, l'Avvocatura generale dello Stato ha precisato alla Presidenza del Consiglio quanto segue:
il caso in esame concerne una richiesta di risarcimento danni avanzata davanti al TAR del Lazio dalla società Centro Europa Sette per non avere ottenuto nel 1999 l'assegnazione delle frequenze televisive necessarie a trasmettere in tecnica analogica, nonostante nel luglio dello stesso anno le fosse stata rilasciata la relativa concessione;
per questo, contrariamente a quanto finora riferito da taluni mezzi di informazione,
nell'udienza del 30 novembre scorso l'Avvocatura dello Stato, non ha sostenuto la compatibilità comunitaria della legge Gasparri bensì, conformemente a quanto già sostenuto nelle osservazioni scritte, ha rilevato l'estraneità della legge Gasparri allo specifico problema riguardante la società Centro Europa Sette, problema che trae invece origine dalla legge Maccanico vigente nel 1999;
nell'udienza medesima, per espressa disposizione del Presidente della Corte non si è discusso del progetto di modifica della legge Gasparri, attualmente all'esame del Parlamento italiano, in quanto estraneo ai quesiti posti dal Consiglio di Stato;
nel corso della discussione l'Avvocatura dello Stato ha ricordato la situazione di fatto della emittenza radio televisiva italiana dalla quale è scaturita la complessa vicenda normativa iniziata con la legge Mammì e tutt'ora in corso;
l'Avvocatura ha comunque informato la Corte di giustizia del progetto di modifica della legge Gasparri attualmente all'esame del Parlamento (disegno di legge Gentiloni), e ha precisato che l'articolo 3 del disegno di legge, se approvato, consentirebbe alla società Centro Europa Sette di ottenere le frequenze che attualmente non le sono state concesse;
l'Avvocatura sottolinea peraltro di avere sostenuto già nelle osservazioni scritte, e di avere ribadito nelle osservazioni orali, che è comunque possibile una interpretazione dell'articolo 23 della legge Gasparri secondo cui non sarebbe attualmente precluso ad un operatore terzo acquistare frequenze radiotelevisive dagli operatori in esercizio;
nel merito della questione, l'Avvocatura precisa di avere altresì sostenuto, come già fatto per iscritto, che in realtà le norme comunitarie invocate dal Consiglio di Stato non riguardano la disciplina di reti e servizi utilizzati esclusivamente per trasmissioni radiotelevisive. Questa materia, comunque disciplinata, rientra ad avviso dell'Avvocatura nella esclusiva competenza del Parlamento nazionale;
l'Avvocatura sottolinea infine che la Commissione europea, sia nelle osservazioni scritte che nell'intervento orale, è entrata nel merito della legge Gasparri e ha sostenuto tra l'altro a questo proposito che la transizione al digitale terrestre è un obiettivo di interesse generale che può giustificare l'attuale disciplina delle frequenze, purché questa non si protragga oltre ogni limite di tempo ragionevole; e che nella fase di transizione gli Stati membri sono tenuti a favorire il pluralismo nei mezzi di comunicazione, ma che in materia gli Stati stessi godono di un ampio margine di apprezzamento, per cui non è opportuna una pronuncia della Corte di giustizia sulla compatibilità dell'oligopolio televisivo italiano con l'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un esposto è stato presentato dalla signora R.B. ai carabinieri della stazione Roma Gianicolense il 2 gennaio 2007 denunciando di essere stata aggredita con un coltello, ferita e derubata, all'interno dell'Ospedale Forlanini di Roma;
si legge nella denuncia: «in data 30 dicembre 2006 alle ore 13,30, nell'uscire dal reparto di medicina post Acuzie dell'Ospedale Forlanini, mentre percorrevo il corridoio del piano terra, una ragazza alta 1,65, mi afferrava alle spalle e mi puntava un coltello alla gola, causandomi una ferita alla regione laterocervicale, la stessa mi intimava di consegnarle la borsa che portavo a tracolla. L'ignota ladra dopo avere rovistato ed asportato tutti i soldi contenuti nel portafogli, pari ad euro 35, mi restituiva la borsa allontanandosi all'interno dell'ospedale» -:
se ritengano che un pubblico ospedale di una grande città debba rimanere senza sorveglianza al suo interno e consentire che circoli liberamente soggetti dediti ad azioni criminose;
cosa intenda fare il ministro, quali provvedimenti adottare, per individuare in via amministrativa i responsabili dei mancati controlli sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico all'interno dell'ospedale e quindi individuare con quali strumenti possa essere garantita la incolumità di chi circola all'interno degli ospedali e nello stesso tempo non permettere che si ripetano azioni delittuose al suo interno.
(4-02142)
Risposta. - Relativamente all'aggressione avvenuta all'interno dell'azienda ospedaliera «San Camillo-Forlanini», menzionata dall'interrogante, si comunica che le relative indagini, condotte dall'Arma dei Carabinieri, non hanno sinora consentito di individuare la responsabile dell'episodio.
Si precisa che la struttura ospedaliera è oggetto di quotidiana vigilanza da parte della Questura di Roma, sia con l'impiego dell'autoradio del commissariato di zona, sia con frequenti passaggi e prolungate soste sul posto di equipaggi del reparto «volanti».
Inoltre, all'interno del citato complesso sanitario opera il personale di un istituto di vigilanza privata, con compiti di sorveglianza della struttura, svolti attraverso postazioni fisse agli ingressi ed un servizio di ronda notturna, in analogia a quanto avviene, da tempo, in numerosi altri istituti di cura.
Peraltro, le Forze di polizia non mancano di intervenire nel contesto delle normali attività di prevenzione generale e quando sussistano situazioni di emergenza od altre particolari esigenze.
Ad altre, più circoscritte, funzioni - quelle di ricezione di denunce di eventuali fatti di sangue o altri reati - sono adibiti i posti di polizia ancora esistenti in alcuni nosocomi, collocati, di norma, in prossimità delle strutture di pronto soccorso, dove gli eventi di specifico interesse possono emergere con maggiore frequenza.
Poiché tali attività possono essere svolte, con un migliore impiego delle risorse, dal personale di polizia adibito alla vigilanza mobile, dette strutture sono destinate, progressivamente, ad essere riassorbite nell'ambito di un piano pluriennale di riarticolazione e di ridislocazione dei presidi di polizia, secondo quanto previsto nell'articolo 1, comma 435, della legge finanziaria per il 2007.
È noto che detta disposizione persegue, da un lato, la finalità di conseguire un contenimento delle spese di gestione e, dall'altro, di raggiungere il più razionale impiego delle risorse umane disponibili nell'espletamento dei compiti di ordine e di sicurezza pubblica, alleggerendole, il più possibile, da mansioni di presidio e privilegiando, quindi, una strategia mirata ad una più efficace «presenza dinamica» delle medesime sul territorio.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MADERLONI, FRANCI, CESINI e LOMBARDI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
un intervento circa l'estensione al settore della pesca ed acquacoltura del regime speciale di compensazione IVA al pari del settore agricolo era stato inserito in via sperimentale per un anno nella finanziaria 2006 (mantenuto nella Legge Finanziaria 2007) demandando a decreti attuativi successivi la sua applicazione ed operatività;
la norma richiesta al fine di renderlo operativo non è stata ancora emanata, tenuto conto che è trascorso ormai più di un anno e ulteriori ritardi risulterebbero difficilmente comprensibili ed oltremodo punitivi per il settore;
vista la necessità di dare una risposta concreta alle cooperative ed alle imprese di pesca investite da una pressante crisi -:
quali sono i tempi di emanazione del decreto attuativo volto a rendere operativo l'Iva agevolata per il settore della pesca;
se ritenga, inoltre, che tale intervento possa divenire strutturale e definitivo per il settore, in ragione dell'equiparazione dell'imprenditore ittico a quello agricolo.
(4-03317)
Risposta. - Con riferimento alle problematiche evidenziate nell'interrogazione in esame si fa presente che il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni nella legge 11 marzo 2006, n. 81, all'articolo 5, comma 1-sexies, prevede che in via sperimentale per l'anno 2006 per gli imprenditori ittici esercenti l'attività di pesca marittima di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, venga applicato il regime di favore di cui all'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Il predetto provvedimento stabilisce, altresì, che il Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali emani il decreto di cui all'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, determinando le percentuali di compensazione.
Il decreto interministeriale di attuazione delle misure previste dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, una volta firmato, è stato trasmesso al competente Ministero dell'economia e delle finanze per il perfezionamento.
Il Ministero dell'economia ha provveduto a predisporre il decreto di variazione di bilancio e di istituzione del pertinente nuovo capitolo, registrato dalla Corte dei conti il 27 dicembre 2006.
Una volta che la Commissione europea avrà dichiarato la compatibilità della misura con il mercato comune, considerato l'esito della sperimentazione nonché la disponibilità dei fondi, sarà valutata l'eventuale estensione all'annualità 2007 del provvedimento, valido in via sperimentale per il 2006.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MANCUSO e FRASSINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 5 gennaio 2007 è entrato in vigore il Regolamento europeo 1/2005 relativo alla protezione e al benessere degli animali durante il trasporto;
tale normativa vieta il trasporto di animali feriti o con lesioni o comunque non in grado di muoversi autonomamente, al fine di evitare sofferenze inutili ad animali oggettivamente non in grado di salire su un mezzo di trasporto;
il fenomeno degli animali non in grado di muoversi al momento del carico per il trasferimento al mattatoio, riguarda in particolar modo le mucche allevate per la produzione da latte, ma non è raro anche nel caso di bovini adulti;
sono stati documentati dall'associazione LAV frequenti trasporti di animali non in grado di deambulare autonomamente, il cui trasporto è vietato dalla nuova normativa;
sono state trasmesse immagini dalla televisione in cui in alcuni macelli della Lombardia, venivano trascinate giù dai camion con catene legate alle zampe degli animali esemplari di mucche da latte, violando apertamente la normativa in materia;
sono stati ripresi camion che in alcuni mattatoi dell'Emilia Romagna consegnavano mucche a terra, ancorché questi animali non avrebbero dovuti essere ricevuti al mattatoio se non in casi straordinari e accompagnati da certificazione veterinaria;
ogni attività rivolta a provocare sofferenze agli animali è considerata dal codice penale vigente come maltrattamento ed è punita anche con la detenzione in carcere;
il decreto legislativo n. 333 del 1 settembre 1998 stabilisce che «Gli animali feriti o malati devono essere macellati o abbattuti sul posto; il veterinario ufficiale può, tuttavia, autorizzare il loro trasporto per la macellazione o l'abbattimento purché ciò non comporti ulteriori sofferenze.» ed inoltre che (...) Gli
animali che non sono in grado di camminare non devono essere trascinati fino al luogo di macellazione, ma abbattuti sul posto oppure, se ciò è possibile e non comporta alcuna inutile sofferenza, trasportati su un carrello o su una piattaforma mobile fino al locale per la macellazione di emergenza»;
il decreto legislativo che introdurrà nel nostro Paese le sanzioni alle violazioni del Regolamento UE che doveva essere emanato prima dell'entrata in vigore della nuova normativa UE non è ancora stato approvato, determinando quindi un grave vuoto legislativo che pregiudica gravemente l'applicazione della norma comunitaria -:
se il Ministero della salute intenda disporre un controllo nazionale dei Carabinieri NAS nei mattatoi al fine di accertare eventuali problemi per la salute dei cittadini e perseguire tutte le violazioni riscontrate;
se intenda predisporre provvedimenti per una migliore applicazione delle norme relative alla protezione degli animali durante il trasporto e la macellazione da parte dei veterinari di sanità pubblica;
quali altre iniziative intenda adottare al fine di eliminare il fenomeno illegale denunciato;
come intenda rendere quanto più rapida possibile l'approvazione del dovuto decreto legislativo sulle sanzioni.
(4-02155)
Risposta. - In risposta a quanto richiesto nell'atto parlamentare, si precisa che il Ministero della salute ha già adottato iniziative mirate a fornire la corretta soluzione al problema del trasporto degli animali che non sono in grado di spostarsi autonomamente senza sofferenza o di deambulare senza aiuto; al riguardo, si ritiene imprescindibile il rispetto e l'applicazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1 del 2005, relativo alla protezione degli animali durante il trasporto; per quanto concerne l'inidoneità al trasporto degli animali che si trovino nelle condizioni previste dalla norma comunitaria.
Per l'efficace ed uniforme applicazione della suddetta normativa da parte dei servizi veterinari, questa Amministrazione ha istituito un tavolo tecnico che, entro breve termine, dovrà elaborare un protocollo operativo per la gestione sia degli animali non deambulanti che di quelli affetti da patologie lievi che potrebbero essere dichiarati idonei al trasporto. In particolare, con il protocollo potrà essere prevista la stesura di un elenco di patologie, per agevolare il lavoro del veterinario responsabile della dichiarazione di idoneità al trasporto, delle modalità di abbattimento e di smaltimento delle carcasse degli animali non dichiarati idonei al trasporto, nonché delle modalità di attuazione per l'eventuale macellazione d'urgenza in azienda.
Nelle riunioni preliminari all'istituzione del tavolo tecnico, alle quali hanno partecipato le associazioni professionali e di categoria, è stata evidenziata l'importanza della formazione degli allevatori, mirata ad accrescere l'attenzione al benessere degli animali.
Relativamente a quanto richiesto circa un controllo nazionale nei mattatoi da parte dei carabinieri del Nucleo antisofisticazione, il Ministero della salute ritiene che i veterinari ufficiali preposti ai controlli al macello siano, allo stato attuale, in grado di perseguire tutte le violazioni riscontrate circa l'idoneità al trasporto degli animali che arrivano al macello, garantendo, altresì, efficacemente le soluzioni più idonee per la tutela della salute umana.
Infine, si precisa che il decreto legislativo che introdurrà nel nostro Paese le sanzioni per le violazioni del regolamento (CE) n. 1 del 2005, è stato oggetto di esame da parte della Conferenza Stato-Regioni per l'acquisizione del relativo parere nella seduta del 20 febbraio 2007, al fine del successivo iter procedurale.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
MARINELLO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni in materia di canone di abbonamento al servizio pubblico radio-televisivo), ha fissato gli importi dei canoni di abbonamento speciale al servizio pubblico televisivo, decorrenti dal 1 gennaio 2000;
alla lettera e) di detto comma, fra i soggetti sottoposti all'obbligo di corrispondere il canone speciale sono stati individuati «circoli, associazioni, sedi di partiti, istituti religiosi, studi professionali, botteghe, negozi ed assimilati, mense aziendali; scuole»;
l'articolo 9, comma 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha modificato il dettato dell'articolo 16, comma l, legge 23 dicembre 1999, n. 448, inserendo dopo le parole negozi ed assimilati la frase: «ad esclusione delle imprese che esercitano l'attività di riparazione o commercializzazione di apparecchiature di ricezione radiotelevisiva»;
conseguentemente le botteghe, i negozi ed assimilati che esercitano l'attività di riparazione o commercializzazione di apparecchiature di ricezione radiotelevisiva sono escluse dal pagamento del canone speciale;
il canone ordinario di abbonamento alle radiodiffusioni è stato introdotto con l'articolo 7, comma 1, del regio decreto-legge 3 ottobre 1925, n. 1917, con il conseguente dispositivo «Chiunque intenda ricevere le radiotrasmissioni circolari deve essere munito di apposita licenza di abbonamento»;
il criterio di distinzione fra soggetti tenuti al pagamento del canone ordinario e soggetti tenuti al pagamento di un canone speciale è stato introdotto con l'articolo 10, comma 1, del regio decreto-legge 23 ottobre 1925, n. 1917, con il seguente dispositivo «I prezzi di abbonamento di cui all'articolo 8 riguardano gli utenti privati»;
il concetto di canone speciale di abbonamento alle radiodiffusioni è stato introdotto con l'articolo 10, comma 2, del regio decreto-legge 23 ottobre 1925, n. 1917, con il seguente dispositivo «Gli esercizi pubblici e tutti coloro che impiegano gli apparati a scopo di lucro diretto o indiretto, stipuleranno speciali contratti di abbonamento con la società concessionaria»;
in questi giorni diversi studi professionali stanno ricevendo dalla direzione amministrazione abbonamenti della RAI, una lettera che invita i titolari, qualora presso i propri locali siano installati televisori, a provvedere al versamento di un canone di abbonamento speciale;
tale lettera fa seguito alla disposizione normativa del Ministero delle comunicazioni dettata dal decreto ministeriale 20 dicembre 2002, che all'articolo 4 regola la misura dei canoni di abbonamento speciale per chiunque detenga fuori dall'ambito familiare apparecchi radioriceventi o televisivi, facendo rientrare in quest'obbligo anche tutti gli studi professionali, botteghe, negozi e assimilati;
trattandosi dunque di un canone previsto e dovuto in base alla semplice detenzione dell'apparecchio televisivo, le suddette disposizioni impongono l'obbligo del pagamento di detto canone indipendentemente dall'uso al quale gli apparecchi stessi vengono adibiti (ad esempio la sola visione di videocassette, anche dimostrative, filmati, eccetera -:
se non ritenga tale obbligo iniquo e particolarmente penalizzante per gli studi professionali e per le imprese che non possono fare a meno di utilizzare apparecchi per la visione di videocassette o filmati prodotti su richiesta dei clienti per esclusivi motivi professionali;
se non ritenga opportuno intervenire, attraverso apposita iniziativa, al fine di prevedere l'esonero dal pagamento del canone di abbonamento, speciale o supplementare, per i soggetti titolari di studi professionali che, per lo svolgimento della
loro specifica attività lavorativa, detengano in via temporanea o utilizzino apparecchi di ricezione radiotelevisiva.
(4-02349)
Risposta. - Al riguardo si fa presente che l'articolo 27 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, integrato dall'articolo 2 del decreto legislativo luogotenziale 21 dicembre 1994, n. 458, stabilisce che chi detiene apparecchi di radiodiffusione fuori dell'ambito familiare è tenuto al pagamento di un canone di abbonamento speciale.
Inoltre l'articolo 10 del regio decreto-legge 23 ottobre 1925, n. 1917, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562 (successivamente modificato dal decreto legislativo luogotenziale 21 dicembre 1944, n. 458) già prevedeva l'obbligo - per tutti coloro che utilizzavano l'apparecchio televisivo «a scopo di lucro diretto o indiretto» - di stipulare speciali contratti di abbonamento con la società concessionaria.
Nel sistema normativo suddetto, pertanto, l'obbligo di stipulazione di un abbonamento speciale veniva collegato, tra l'altro, ad una finalità lucrativa o comunque estranea al mero godimento personale o familiare delle trasmissioni radiotelevisive.
La legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria 2000) nel fissare, all'articolo 16, gli importi dei canoni di abbonamento speciale relativamente all'anno 2000, ha riformato le suddette tariffe sia abolendo i canoni supplementari, sia modificando la classificazione delle tipologie degli abbonati tenuti al pagamento del canone speciale, suddividendoli in 5 categorie: a), b), c), d), e).
Nella tipologia prevista dalla lettera e) sono state ricomprese le imprese che esercitano attività di riparazione e commercializzazione di apparecchiature di ricezione radiotelevisiva (negozi e assimilati), le quali, pertanto, sono state sottoposte all'obbligo del pagamento del canone speciale.
Successivamente, l'articolo 9, comma 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) ha modificato il suddetto articolo 16, escludendo esplicitamente le «imprese che esercitano attività di riparazione o commercializzazione di apparecchiature di ricezione radiotelevisiva», dall'obbligo del pagamento del canone speciale.
Va rammentato, tuttavia, che l'articolo 1 del menzionato regio decreto-legge n. 246/1938 stabilisce che chiunque detiene un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive è tenuto al pagamento del canone di abbonamento: ordinario se detenuto in ambito familiare, speciale se detenuto fuori tale ambito.
Alla luce di quanto precede, pertanto, sussiste l'obbligo di corrispondere il canone di abbonamento speciale per la detenzione di apparecchi radiotelevisivi presso gli studi professionali, in quanto - come peraltro ricordato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 284/2002) - ciò che rileva ai fini dell'imposizione è la mera detenzione di apparecchi idonei al ricevimento dei segnali, indipendentemente dalla reale possibilità o volontà di usufruire del servizio, essendo la stessa detenzione individuata come manifestazione di capacità contributiva.
Il canone, pertanto, è finalizzato a remunerare non tanto, o non solo, la fruizione del servizio da parte del singolo utente, ma a finanziare - da parte di tutti i possessori di apparecchi riceventi e per ciò stesso potenzialmente in grado di fluire delle trasmissioni pubbliche - il servizio pubblico medesimo che, in quanto impegnato a svolgere una funzione di informazione imparziale ed obiettiva nei confronti di tutti i cittadini, nonché di promozione culturale, giustifica il ricorso ad una imposizione tributaria quale forma di finanziamento sia pure non esclusiva.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Regione Piemonte ha provveduto alla individuazione delle «zone vulnerabili ai fitofarmaci», secondo quanto stabilito dal Decreto legislativo 152/1999 all'articolo 19 (norme ora inserite nel Decreto legislativo 152/2006 all'articolo 93) che recepiva le direttive europee 91/271/CEE e 91/676/CEE;
la Deliberazione del Consiglio regionale del Piemonte del 17 giugno 2003 n. 287-20269 «Prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari, ai sensi del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte del 31 luglio 2003, individua le misure che si ritengono necessarie alla mitigazione dell'impatto da prodotti fitosanitari, per le aree descritte all'interno del provvedimento e per i seguenti principi attivi: Alaclor, Bentazone, Cinosulfuron, Dimetenamide, Exazinone, Metolaclor, Molinate, Oxadiazon, Propanil, Quinclorac, Simazina, Terbumenton, Terbutilazina;
tale provvedimento è stato trasmesso immediatamente al Ministero della Salute da parte degli uffici regionali, affinché valuti l'opportunità di adottare le limitazioni d'uso proposte;
è compito del Ministero della Salute l'emanazione di un Decreto che recepisca le proposte e che dia attuazione immediata alle limitazioni necessarie alla mitigazione degli impatti dei fitofarmaci sulle falde acquifere;
sono passati oltre tre anni dalla approvazione da parte del Consiglio regionale piemontese dei provvedimenti suddetti e ancora il Decreto ministeriale non è stato emanato;
sarebbe opportuno che il Decreto venga emanato durante il periodo invernale, per consentire a Regione e Province, in collaborazione con le associazioni degli agricoltori, di provvedere alla necessaria opera di informazione prima dell'inizio della nuova stagione colturale -:
per quale motivo il Decreto suddetto non sia ancora stato emanato, malgrado da oltre tre anni siano a disposizione i documenti tecnici e le proposte della regione Piemonte e quali tempi s. prevedano per la sua emanazione -:
se non si ritenga necessario procedere in tempi molto rapidi affinché gli agricoltori e le strutture regionali e provinciali preposte abbiano il tempo di acquisire le opportune conoscenze delle norme, in vista della prossima stagione colturale.
(4-01263)
Risposta. - Come correttamente lamentato dagli interroganti, non può non rilevarsi il ritardo nell'emanazione del decreto del Ministero della salute concernente le limitazioni di impiego dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive bentazione, cinosulfuron, dimetenamide, molinate, quinclorac nel territorio della Regione Piemonte, in considerazione del fatto che la Regione con delibera del 17 giugno 2003 aveva individuato, secondo i criteri previsti dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, le aree del proprio territorio da considerare vulnerabili dai citati prodotti fitosanitari.
Nel corso dell'attuale legislatura questo Ministero, pertanto, ha provveduto a colmare il vuoto normativo, predisponendo il necessario decreto che è stato concordato con la Regione suddetta e sul quale sono stati acquisiti i pareri favorevoli del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e della Commissione consultiva prodotti fitosanitari.
In data 9 marzo 2007 il Ministro della salute Livia Turco ha firmato il decreto in questione, il quale è stato già registrato dalla Corte dei conti il 18 aprile 2007; attualmente il provvedimento è in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel servizio televisivo andato in onda il giorno 24 ottobre 2006 nella trasmissione Le Iene, si è evidenziata senza alcun dubbio un'assoluta situazione di illegalità diffusa all'interno della struttura denominata «Campeggio di Arezzo Wave» appositamente allestita dall'amministrazione comunale di Arezzo per ospitare i numerosi giovani che accorrono al festival ogni anno;
il comune di Arezzo, La fondazione Arezzo Wave e l'amministrazione provinciale coordinano l'organizzazione del festival per quanto concerne gli aspetti legati all'ordine pubblico con i rappresentanti delle forze dell'ordine (Questura, Comando provinciale Carabinieri e Comando e Guardia di finanza) e del Governo (Prefettura);
in occasione dei vari incontri tra i soggetti sopra menzionati vengono decise e coordinate le misure atte a tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini al fine di prevenire reati, quali lo spaccio di stupefacenti, purtroppo comuni nell'occasioni di queste kermesse musicali -:
se vi fossero già state segnalazioni da parte dell'amministrazione comunale riguardo ai fenomeni di illegalità diffusa presenti durante la kermesse musicale denominata Arezzo Wave;
quali azioni intenda promuovere il Ministro dell'interno al fine di venire a conoscenza del perché all'interno della struttura comunale «Campeggio di Arezzo Wave» si sia verificata nei fatti una palese situazione di illegalità diffusa;
quali siano le misure che il Ministro intende adottare per garantire l'ordine e la sicurezza non solo all'interno della città, ma anche all'interno della struttura che ospiterà i ragazzi che accorreranno nelle prossime edizioni del festival e se verranno posti in essere controlli sistematici su tutti i visitatori provenienti dai caselli autostradali (Monte San Savino e Arezzo) dalla stazione di Arezzo e dalle principali arterie viarie;
come mai non vi fossero presidi delle forze dell'ordine all'interno della struttura comunale ospitante il campeggio del festival e se risulti vero che non erano stati autorizzati per «presunti problemi di ordine pubblico».
(4-01447)
Risposta. - La manifestazione «Arezzo Wave», giunta ormai alla XX edizione, ha da sempre rappresentato un evento di forte impatto per la città di Arezzo, per la notevole affluenza di pubblico e, conseguentemente, per la complessità dell'organizzazione.
Altrettanto impegnative sono le ricadute sulla predisposizione dei servizi per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Proprio in considerazione dei noti problemi di «convivenza» tra i partecipanti alla manifestazione e la comunità cittadina, si è optato, ormai da alcuni anni, per l'allestimento di un campeggio che offre accoglienza ai numerosi giovani che raggiungono la città per assistere agli eventi musicali.
Sino al 2005, il campeggio è stato gestito direttamente dall'amministrazione comunale; dal 2006 è stata stipulata una apposita convenzione tra il Comune e la Fondazione Arezzo Wave con l'affidamento a quest'ultima della gestione della struttura ricettiva, attuata avvalendosi di cooperative sociali e imprese specializzate, fra cui una incaricata di vigilare e monitorare la situazione all'interno del campeggio e di allertare le forze di polizia nel caso in cui gli eventi lo avessero richiesto.
Essendo ormai noto che i problemi interni alla vita del campeggio erano da ricondursi essenzialmente a situazioni connesse alla presenza di sostanze stupefacenti, alla loro assunzione ed all'eventuale spaccio, nell'ultima edizione del Festival si è tentato di ridurre al minimo le criticità evidenziatesi negli anni precedenti.
Sotto il profilo della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica si sono svolte presso la Prefettura di Arezzo tre riunioni del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per l'esame delle problematiche connesse alla manifestazione ed in particolare per la messa a punto di una strategia preventiva e di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti.
L'attività di prevenzione è stata attuata con pattuglie automontate impegnate nei servizi di controllo del territorio nelle zone che hanno ospitato i numerosi eventi musicali.
L'area esterna al campeggio è stata vigilata anche nelle ore notturne.
Al fine di potenziare al massimo l'attività preventiva nei giorni 13 e 14 luglio 2006
sono stati attuati servizi straordinari di controllo coordinato del territorio nei quadranti orari 13.00-19.00 e 19.00-01.00 con il concorso di tre equipaggi del Reparto prevenzione crimine Lazio, attuando, nella circostanza, controlli mirati nei luoghi ritenuti più sensibili. Non sono però state riscontrate irregolarità degne di rilievo.
I servizi di prevenzione e controllo sembravano aver raggiunto il risultato sperato, in quanto, durante il periodo di svolgimento della manifestazione, non sono pervenute alle sale operative delle forze di polizia richieste di intervento o segnalazioni, né successivamente sono state presentate denunce di reati o di episodi di violenza.
Il positivo bilancio della manifestazione è stato, purtroppo, gravemente turbato dal decesso di un giovane avvenuto il 16 luglio all'interno del campeggio.
Dal suddetto evento è scaturito un procedimento penale contro ignoti attivato presso la Procura della Repubblica di Arezzo per i reati di cui agli articoli 586 del codice penale (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto) e 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti), tuttora nella fase delle indagini preliminari.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
OSVALDO NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 206, recante «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice» introduce, con decorrenza 1 gennaio 2003, nuovi benefici per le vittime di eventi terroristici verificatisi all'estero;
la suddetta legge, con l'indicazione di tale decorrenza, stabilisce anche un diverso trattamento tra coloro che sono caduti prima del 1 gennaio 2003 e coloro che sono caduti dopo questa data;
la legge 20 febbraio 2006, n. 91, recante «Norme in favore dei familiari superstiti degli aviatori italiani vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961», estende i suddetti benefìci anche alle vittime di Kindù, in deroga a quanto disposto dall'articolo 15 della legge n. 206 del 2004 -:
se il Ministro in indirizzo e la Presidenza del Consiglio dei ministri non ritengano tali misure lesive e discriminatorie nei confronti delle famiglie dei caduti prima del 2003;
se non ritengano che la legge 20 febbraio 2006, n. 91, possa rappresentare un valido precedente per equiparare il trattamento riservato alle vittime del terrorismo e ai loro familiari;
qualiiniziative normative intendano adottare per porre fine a tale situazione discriminante.
(4-00959)
Risposta. - La legge 3 agosto 2004, n. 206, recante «nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice», prevede l'elargizione di benefici economici nei confronti dei cittadini italiani vittime di eventi terroristici e dei familiari dei deceduti.
L'articolo 15 di tale legge stabilisce che i suddetti benefici si applicano agli eventi verificatisi sul territorio nazionale a decorrere dal 1o gennaio 1961 e agli eventi, coinvolgenti cittadini italiani, verificatisi all'estero a partire dal 1o gennaio 2003.
Non si può che convenire con l'interrogante nel ritenere che il citato articolo 15 di fatto operi una disparità di trattamento nei riguardi di tutti i soggetti (e dei familiari superstiti), vittime di eventi terroristici all'estero anteriormente alla data del 1o gennaio 2003.
Come può, peraltro, evincersi dagli atti parlamentari relativi alla legge 206 del 2004 il ristretto ambito di applicazione della norma, con riferimento agli eventi terroristici occorsi all'estero, si impose a suo tempo quasi necessariamente per poter assicurare copertura finanziaria al provvedimento
soltanto in relazione agli eventi verificatisi in Italia a decorrere dal 1o gennaio 1961.
Si soggiunge peraltro che l'esigenza di rimuovere il limite dell'articolo 15 è già venuta specificamente all'attenzione del legislatore in relazione alla proposta di legge parlamentare a firma dell'onorevole Mazzoni (già atto Camera 616), il cui iter si è da ultimo arrestato in Senato per la accertata impossibilità, in miglior verifica tecnica effettuata dalla Commissione bilancio di quel ramo, a reperire le necessarie risorse.
La norma, originariamente preordinata a rimuovere il suddetto limite temporale, durante l'esame di merito svoltosi alla Camera ha subito ugualmente un ridimensionamento nella sua portata, sempre per ragioni di carattere finanziario.
Infatti, il testo dell'articolo 15, come modificato dalla proposta di legge, dispone che «i benefici di cui alla presente legge si applicano anche agli eventi verificatisi all'estero a decorrere dal 1o gennaio 1961, dei quali sono stati vittime i cittadini italiani residenti in Italia al momento dell'evento».
Per quanto attiene alla legge 20 febbraio 2006, n. 91, recante «norme in favore dei familiari superstiti degli aviatori italiani vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961», essa, com'è noto, ha esteso ai familiari delle vittime di tale tragico evento le disposizioni contenute nella legge 206 del 2004, in deroga a quanto prescritto dall'articolo 15.
L'estensione dei benefici è stata possibile dato l'esiguo numero delle vittime, pari a 13 aviatori, e grazie all'individuazione della relativa copertura finanziaria.
Si ritiene che tale legge per quanto in deroga possa costituire un valido precedente a favore dell'equiparazione dei cittadini italiani vittime di eventi terroristici occorsi all'estero prima e dopo il 1o gennaio 2003, ma attualmente poco significativo almeno finché rimanga insoluto il problema del reperimento di adeguate risorse.
È opportuno, infine, fare presente che, nei termini auspicati dall'interrogante, una immediata estensione delle norme della legge 206 del 2004 con riferimento a tutti gli eventi terroristici accaduti all'estero dal 1o gennaio 1961 comporterebbe comunque grandi difficoltà nel procedere ai riscontri sullo status di cittadinanza italiana o di doppia cittadinanza, italiana e straniera, di un numero considerevole di vittime (si pensi soltanto all'attentato terroristico avvenuto a New York l'11 settembre 2001) nonché nell'accertare quante di esse siano decedute e quante abbiano riportato un grado di invalidità permanente rilevante ai fini dell'accesso ai benefici di cui alla citata legge.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.
OLIVERIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le insolite condizioni climatiche verificatesi nell'ultima stagione autunnale, nonché in quella invernale ancora in corso, hanno portato al collasso le aziende produttrici di finocchi della provincia di Crotone, con conseguente richiesta dello stato di calamità naturale;
quest'ultima è stata avanzata negli scorsi giorni, a seguito del fatto che le condizioni quasi primaverili, hanno determinato da una parte un peggioramento del prodotto, e dall'altra hanno anticipato di molto l'epoca di maturazione dello stesso, destinato, invece, in condizioni normali, ad essere raccolto nel periodo compreso tra fine gennaio e fine giugno;
ciò ha comportato, anche, la diretta concorrenza con il resto della produzione nazionale, poiché in condizioni normali, nel periodo suddetto, il finocchio è del tutto assente sull'intero mercato nazionale, causando di conseguenza danni ingenti alle aziende locali che hanno investito su questa campagna;
gli agricoltori, hanno lamentato, inoltre, l'assegnazione dei «titoli» da parte dell'Unione europea, che hanno portato all'abbandono delle colture alternative
quali mais, frumento e orzo, ritenute non più redditizie da parte degli agricoltori medesimi; addirittura prodotti come la barbabietola da zucchero fino a poco tempo fa molto diffusa in tale area, non può essere più coltivata per decisione comunitaria;
tutto ciò ha comportato un aumento considerevole della superficie coltivata a finocchio in tutta la provincia di Crotone;
in particolare, solo ad Isola Capo Rizzuto sono presenti circa 2600 ettari di colture, con oltre 150 aziende, mentre a Cutro e Strongoli sono invece circa 1000, gli ettari coltivati, con almeno 60 aziende per territorio;
a soffrire non sono però solo le aziende. Il mancato raccolto del prodotto, causa infatti problemi anche all'occupazione stagionale, che fino ad oggi è stata una importante valvola di sfogo in un territorio con alte percentuali di disoccupazione;
tale situazione rappresenta un grave vulnus per l'intera provincia crotonese, cagionando gravi disagi a molte famiglie locali che traggono da questa attività l'unica loro fonte di sostentamento -:
se, e con quali atti, il Governo intenda tempestivamente intervenire affinché sia assicurato in tempi certi il necessario sostegno alle attività di tali produttori, al fine di favorire la crescita delle zone interessate, il cui sviluppo è volano fondamentale per incentivare la ripresa economica dell'intera provincia di Crotone.
(4-02548)
Risposta. - Con riferimento alle anomalie climatiche verificatesi nel corso dell'autunno 2007 che, in base a quanto segnalato dall'interrogante, hanno colpito gravemente i territori della provincia di Crotone, nel far presente che non è ancora pervenuta a questa Amministrazione alcuna richiesta formale, si precisa quanto segue.
Dal testo dell'interrogazione si evince che il danno consiste in una maturazione precoce delle colture di finocchi, favorita da un andamento climatico particolarmente favorevole, che ha causato un tracollo dei prezzi per la concentrazione dell'offerta.
Al riguardo, si fa presente che per le crisi di mercato, come quella di cui trattasi, non è possibile attivare gli interventi del Fondo di solidarietà nazionale, se non con apposito provvedimento legislativo.
Ciò nonostante, la legge finanziaria 2007 contiene al suo interno una norma specifica - comma 1072 dell'articolo 1 - con la quale si prevede che, al fine di favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole colpite da gravi crisi di mercato e di limitare le conseguenze economiche e sociali nei settori e nelle aree geografiche colpiti, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un Fondo per le crisi di mercato.
Si tratta di una norma completamente nuova sia nel panorama legislativo europeo che in quello italiano ed il cui regime è in fase di costruzione e di negoziazione con l'Unione europea per quanto concerne le modalità applicative e la relativa autorizzazione.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Regione Lombardia è tra le regioni italiane che più mettono in atto continue modifiche alla normativa regionale che sono difformi rispetto alle normative comunitarie e nazionali sulla caccia;
il Consiglio Lombardo quest'anno ha deliberato in contrasto con la normativa nazionale sulla Caccia in Deroga, anche per evitare i continui e sempre vinti ricorsi al TAR delle associazioni protezionistiche, con le leggi quadro regionali n. 44 approvata il 30 gennaio 2007 e n. 45, sulla cattura di richiami vivi approvata il 30 gennaio 2007, oltre ad aver apportato
continue modifiche alla legge regionale n. 26/93 riguardante la caccia di selezione (proroga dei periodi), le aziende faunistico venatorie, l'abusivismo sugli appostamenti fissi. A tale riguardo va detto che la Direttiva Europea sulla tutela dell'avifauna ammetterebbe lo sfruttamento giudizioso di «piccole quantità» di specie protette, in ragione di un numero complessivo che non ecceda dell'1 per cento la mortalità naturale della specie, calcolata sull'intera popolazione nazionale ed europea. La Regione Lombardia, fissando autonomamente i quantitativi di specie protette abbattibili a caccia (e non calcolandoli in relazione a limiti quantitativi a livello nazionale in concorso con le altre regioni) e prevedendo una generica annotazione dei capi abbattuti sul tesserino venatorio solo a fine giornata da parte del cacciatore, è venuta meno - secondo l'interrogante - agli obblighi di garantire un «controllo efficace e tempestivo» del prelievo venatorio di specie protette a livello comunitario, che deve comunque rimanere circoscritto ad una piccola quantità di animali;
la Provincia di Brescia per storia e caratteristiche del territorio vede non solo la presenza di un numero consistente di cacciatori (circa 30.000), 1/3 dell'intera Lombardia, ma anche la diffusione di pratiche venatorie illecite;
da oltre 10 anni guardie venatorie volontarie di associazioni riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono impegnate sul territorio bresciano nella lotta al bracconaggio nell'ambito dei compiti e delle responsabilità previste dalle leggi vigenti durante tutto l'anno e in particolar modo con i campi antibracconaggio nel periodo più sensibile della migrazione;
l'Italia ha recepito con la legge quadro n. 157 del 1992 la Direttiva Uccelli (79/409/CEE);
la selvaggina non è più ritenuta res nullius ma, in virtù della legge n. 157 del 1992, è ritenuta «patrimonio indisponibile dello Stato»;
la legge n. 157 del 1992 all'articolo 27, comma 1, lettera b), affida la vigilanza venatoria anche «... alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente ...»;
l'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE (Direttiva Uccelli) prevede un ricorso alle deroghe solo per danni oggettivi rilevanti, in caso di eccezionalità e solo quando tutti gli altri metodi alternativi si siano dimostrati insoddisfacenti o inefficaci;
nel territorio degli Stati europei, per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico si registra una diminuzione della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell'ambiente naturale, in particolare perché minaccia gli equilibri biologici;
gran parte delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico appartengono alle specie migratrici, che costituiscono un patrimonio comune e quindi l'efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale che implica responsabilità comuni;
l'Italia negli ultimi anni ha ricevuto ben 80 infrazioni alla normativa comunitaria ambientale, di cui 22 proprio legate alla tutela della biodiversità;
la Provincia di Brescia:
attacca, in modo che l'interrogante giudica pretestuoso, le guardie della vigilanza venatoria volontaria al fine di limitare la loro azione (soprattutto per il rilascio dei decreti per le guardie che vengono da fuori provincia);
non ha adempiuto all'inserimento di importanti valichi montani incorrendo quindi in una insufficiente protezione degli stessi come indicato dalla legge n. 157 del 1992 all'articolo 22, comma 3, che dispone che «la caccia è vietata su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per una distanza di mille metri dagli stessi»;
l'esame che i candidati ad ottenere il decreto di nomina sostengono davanti alla Commissione istituita dalla Provincia verte principalmente sulla conoscenza della legge regionale sulla caccia (per la Regione Lombardia la legge n. 26 del 1993 e successive integrazioni e modificazioni) e sulla legge quadro n. 157 del 1992 e su altre normative che la Commissione ritiene utile inserire fra le materie d'esame. La partecipazione a tali corsi è obbligatoria per i candidati presentati dall'Associazione medesima;
per quanto riguarda la vigilanza venatoria delle guardie volontarie:
l'articolo 133 e seguenti del TULPS (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) consente alle Istituzioni competenti (Province e Prefetture) di nominare le G.P.G. (Guardie Particolari Giurate) da destinare a specifici compiti di vigilanza, limitatamente alle competenze e al territorio nel quale l'Ente richiedente intende espletare tale particolare funzione, (competenze e territorio) che saranno indicate nel provvedimento di nomina che costituisce Titolo di Polizia amministrativa;
la G.P.G. è un Pubblico Ufficiale. Non esiste distinzione giuridica derivante dal fatto che esso sia volontario o che svolga tale attività in maniera subordinata e regolata da un contratto di lavoro;
la G.P.G. è un Pubblico Ufficiale durante l'espletamento delle sue funzioni così come previsto dall'articolo 357 del codice penale il quale recita: Agli effetti della legge penale, sono Pubblici Ufficiali coloro i quali esercitano una funzione pubblica legislativa, giudiziaria o amministrativa;
allo stato dell'arte, le varie Procure in Italia per la maggior parte dei casi hanno «sentenziato» che le Guardie Giurate del WWF limitatamente ai poteri loro conferiti dalla legge e per le materie di loro competenza, svolgono le funzioni di Polizia Giudiziaria di cui all'articolo 55 e 57 III comma del codice di procedura penale così come sembra ulteriormente confermare anche la Suprema Corte in una recentissima e ultima pronuncia, in ordine di tempo, Cass. Sez. penale III, 21 dicembre 2005 (Ud. 5 dicembre 2005), Sentenza n. 46784;
con le funzioni di P.G. e i relativi più penetranti poteri che sono stati riconosciuti alle Guardie del WWF e laddove la normativa oggetto di vigilanza prevedeva fattispecie criminose, esse hanno correttamente operato e ormai da quasi un decennio le varie Procure in Italia convalidano i loro atti di sequestro, le delegano alle indagini, le incaricano di eseguire perquisizioni domiciliari e personali, nell'ovvio rispetto delle procedure e garanzie previste dal codice penale e dal codice di procedura penale -:
se il Governo non ritenga necessario intervenire, ai sensi dell'articolo 120, comma secondo e articolo 117 comma 2, lettera s), della Costituzione e dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, al fine di garantire che la direttiva comunitaria richiamata venga effettivamente rispettata in tutto il territorio nazionale;
se non consideri opportuno assumere iniziative normative volte a prevedere un sistema sanzionatorio penale più idoneo e capace per ostacolare il fenomeno del bracconaggio finora troppo sottovalutato;
se il Ministro competente non ritenga utile intervenire con una circolare ministeriale che chiarisca cosa si intende per «coordinamento delle province» e dove specifichi che compito di ogni provincia è quello di agevolare al massimo la lotta al bracconaggio senza limitare territorialmente in alcun modo l'operato delle guardie venatorie volontarie;
se il Ministro competente, visto che la Vigilanza sull'attività della Guardia è svolta dal Questore della Provincia di appartenenza così come stabilito dalla legge n. 508 del 1936, non voglia assumere un'apposita iniziativa normativa che indichi lo svincolamento del decreto, da rilasciare alle guardie venatorie volontarie, dalla Provincia alla Prefettura della Re
pubblica così come avviene per le competenze ambientali (articolo 18 legge n. 349 del 1986) e zoofile (articolo 5 decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979 nonché legge n. 611 del 12 giugno 1913 e legge n. 189 del 2004 (quindi come avveniva prima del decreto Bassanini).
(4-03080)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, preme evidenziare, innanzi tutto, che la legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3, «legge quadro sulla cattura di richiami vivi» è conforme al dettato dell'articolo 5 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e non in contrasto con la direttiva 79/409/CEE, considerato che gli esemplari di cui si prevede la cattura appartengono a specie incluse nell'elenco delle specie cacciabili.
Quanto alla legge regionale 22 febbraio 2007, n. 4 «legge quadro sul prelievo in deroga», la stessa è conforme alla legge 3 ottobre 2002, n. 221, recante integrazioni alla legge n. 157/92, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE.
I quantitativi abbattibili in deroga per ogni specie sono fissati dall'Istituto nazionale della fauna selvatica e ripartiti tra le Regioni interessate in accordo con la Conferenza permanente Stato-Regioni, mentre il numero dei soggetti abbattuti in deroga è annotato giornalmente sul tesserino venatorio, ai sensi dell'articolo 12, comma 12, della legge n. 157/92.
Quanto alle sanzioni volte a contenere il fenomeno del bracconaggio, si ritiene siano ampliamente normate dall'articolo 30 (sanzioni penali) e dall'articolo 31 (sanzioni amministrative) della citata legge n. 157/92; eventuali modifiche o inasprimenti delle sanzioni stesse, non possono che costituire oggetto di apposito disegno di legge.
Lo stesso discorso vale anche per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, nonché per i poteri ed i compiti degli addetti alla vigilanza venatoria, ampiamente normati dagli articoli 27, 28 e 29 della legge n. 157/92.
In particolare, l'articolo 27 individua i soggetti a cui è affidata la vigilanza sull'applicazione della legge n. 157/92 e delle leggi regionali in materia (agenti dipendenti dagli enti locali, guardie volontarie delle associazioni venatorie o agricole o di protezione ambientale, guardie del corpo forestale dello Stato, agenti di polizia giudiziaria, guardie giurate comunali, eccetera), mentre i successivi articoli 28 e 29 individuano i poteri ed i compiti delle diverse categorie di addetti alla vigilanza.
Dalla documentazione allegata alla relazione al Parlamento, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 157/92, sull'attività di vigilanza venatoria per l'anno 2005 - stagione venatoria 2005-2006 - per la parte relativa alla Regione Lombardia, emerge che sono state contestate n. 598 violazioni penali e n. 2.258 violazioni amministrative.
Nella sola Provincia di Brescia, ove operano n. 56 agenti per una superficie agro-silvo-pastorale (TASP) di ettari 421.935 con il rapporto più alto tra tutte le Province lombarde, le violazioni contestate sono state rispettivamente n. 210 violazioni penali e n. 560 violazioni amministrative.
Infine, quanto al coordinamento in ordine alle attività svolte dalle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, per la preparazione, l'aggiornamento e l'utilizzazione delle guardie volontarie, non si ritiene, allo stato, necessario adottare alcuna iniziativa, considerato che né le categorie interessate né le Regioni hanno evidenziato problematiche in tal senso da sottoporre al Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero delle politiche agricole in data 22 marzo 2007, ha predisposto un decreto ministeriale che modifica il decreto del 5 agosto 2004 in materia di riforma PAC;
il nuovo decreto ministeriale introduce all'articolo 2 il seguente comma: «6. In applicazione dell'articolo 70 del regolamento (CE) n. 796/2004 per l'anno 2007 non sono corrisposti aiuti di ammontare inferiore a euro 50. Tale limite è elevato a euro 100 a partire dall'anno 2008»;
negli anni precedenti si sono verificati già tagli degli aiuti ai produttori sotto le 0,30 ha, ai quali oggi si aggiungerebbero anche i tagli degli aiuti comunitari;
gli effetti di tale decreto provocherebbero l'espulsione nel biennio 2007/2008 di ben 150.000 piccoli produttori dagli aiuti PAC, pari al 10 per cento dell'attuale platea degli aventi diritto ed una sottrazione di risorse agli stessi di 8,5 milioni di euro;
gli esclusi che già oggi hanno maturato il titolo per la riscossione sono essenzialmente lavoratori agricoli e pensionati che integrano il proprio reddito con piccole attività di produzioni agricole, svolgendo altresì un'azione rilevante di funzione ambientale e di tutela del territorio, in particolare nelle aree interne del Paese;
questa politica di tagli colpisce ancora una volta i piccoli produttori in favore degli agrari, invece di mettere il tetto agli aiuti per le grandi aziende come prevede la normativa europea;
alla base di tale provvedimento vi è l'elevato costo della burocrazia amministrativa, ma anziché provvedere alla riduzione dei costi della stessa, si è pervenuti alla soluzione di negare i diritti dei piccoli produttori agricoli, i quali con la loro quota hanno provveduto a determinare il plafond nazionale degli aiuti;
la loro esclusione quindi non colpisce solo redditi individuali ma interi territori soprattutto delle aree meridionali, tutto ciò in piena contraddizione con tutte le affermazioni di politiche a favore dello sviluppo locale -:
quali iniziative intenda intraprendere il ministro per non penalizzare i piccoli produttori e nei casi di bassi importi economici realizzare eventualmente un pagamento che accomuna più anni per il periodo in cui si ha diritto, riportando così ad una sola pratica la procedura amministrativa.
(4-03336)
Risposta. - Con riferimento a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame, si partecipa che il decreto ministeriale 22 marzo 2007, all'articolo 1, stabilisce che non sono corrisposti pagamenti per le domande di aiuto di importo inferiore a cento euro e che, per l'anno 2007, detto limite è fissato a cinquanta euro.
Tale disposto, in considerazione che i pagamenti comunitari di sostegno al reddito sono richiesti con la cosiddetta «domanda unica», si applica sul totale degli aiuti richiesti (disaccoppiati ed accoppiati) per i quali l'agricoltore avrebbe diritto al beneficio comunitario.
Inoltre, l'articolo 2 dello stesso decreto ministeriale nel prevedere l'abrogazione dei commi 1 e 4 dell'articolo 10 del decreto ministeriale 5 agosto 2004, elimina le trattenute applicate alle vendite dei titoli ed i vincoli territoriali dei trasferimenti degli stessi, agevolando l'aggregazione dei titoli all'aiuto.
In tal modo si è giunti ad una maggiore semplificazione amministrativa delle domande di aiuto relative a pagamenti minimi ed alla eliminazione di costi di gestione eccessivi rispetto ai benefici erogati, nonché una facilitazione dell'aggregazione dei titoli all'aiuto considerato che il trasferimento degli stessi titoli non è più gravato da alcuna trattenuta.
D'altra parte, data la modesta entità dell'aiuto non più corrisposto (50 euro), sembra potersi ritenere che tale esclusione non dovrebbe indurre il piccolo e benemerito produttore all'abbandono della coltivazione.
Pertanto, nel complesso, la normativa varata consente di trovare le soluzioni idonee a risolvere i casi dei piccoli produttori ed agevola la piena utilizzazione del
plafond finanziario previsto a favore del nostro Paese.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
POLETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le Infrastrutture Spa - società costituita dall'Autorità portuale di Savona ed il Comune di Savona - ha istituito una Commissione per esaminare e valutare i progetti presentati al concordo di idee per il riassetto del fronte mare del litorale di Savona, proponendo al Soprintendente ai beni architettonici e del paesaggio della Liguria Architetto Giorgio Rossini di presiedere la Commissione dietro compenso forfettario;
la Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio è l'organo di Stato preposto alla verifica della congruità dei progetti ed alla formulazione ed integrazioni, prescrizioni ed eventuali bocciature, e il Soprintendente è la figura preposta a decidere e che firma i nulla osta ai progetti-:
se il ministro interrogato non ritenga improbabile che il Soprintendente ai beni architettonici e del paesaggio della Liguria dia valutazioni differenti a seconda del ruolo ricoperto, vanificando di conseguenza la funzione di controllo che dovrebbe ricoprire;
se non ritenga che questo incarico, qualora venga assegnato al Soprintendente, rappresenti un conflitto di attribuzioni in capo alle peculiari competenze del Ministero per i beni e le attività culturali.
(4-03181)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si comunica che dal fascicolo personale dell'Arch. Giorgio Rossini non risulta alcuna autorizzazione ad incarico extraistituzionale per conto della Infrastrutture S.p.A, società costituita dall'Autorità portuale di Savona ed il Comune di Savona nell'ambito di una Commissione istituita per esaminare e valutare i progetti presentati al concorso di idee per il riassetto del fronte del mare del litorale di Savona.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Andrea Marcucci.
RAISI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Predappio (Forlì-Cesena), l'Ex Casa del Fascio è da circa 3 anni ingabbiata in ponteggi che dovrebbero far presagire dei lavori di ristrutturazione dell'immobile ma purtroppo i lavori sono tutt'altro che iniziati nonostante la gigantesca impalcatura;
il progetto per la realizzazione della Ex Casa del Fascio è opera dell'architetto Arnaldo Fuzzi che è stato uno dei massimi esponenti dell'architettura razionalista del ventennio e oggi è stata giustamente rivalutata ed è materia di studio delle più importanti facoltà di architettura e ingegneria delle più prestigiose Università quali Firenze e Bologna. L'opera, di inestimabile pregio e inaugurata il 21 aprile 1937, prevedeva fra l'altro ambienti destinati all'accoglimento immediato di coloro che si sarebbero voluti recare nel Comune di Predappio (che ricordiamo ad oggi non dispone di nessun albergo) oltre che a sale di lettura e scrittura nonché di un ristorante con servizio di bar, vari uffici, grandi sale per riunioni e congressi e annesso albergo diurno;
la Soprintendenza ai Beni Architettonici culturali di Ravenna, autorità, competente per la Romagna e quindi anche per il Comune di Predappio, avrebbe stipulato un contratto con l'impresa appaltatrice dei lavori;
sarebbe molto più opportuno che il demanio civile cedesse al Comune di Predappio, anche in comodato d'uso, l'immobile e che in questo caso si potrebbero prevedere iniziative di carattere storico, culturale e turistico di grande importanza
per la realtà Predappiese anche sotto il profilo economico finanziario;
l'attuale stato di degrado in cui versa l'immobile è motivo di viva preoccupazione sia da parte dei cittadini che della stessa amministrazione Comunale di Predappio in quanto si sta perdendo una importante possibilità di rilancio per il Comune dell'Appennino forlivese -:
se sia a conoscenza della situazione suesposta e in caso affermativo quale giudizio si dia;
se non si ritenga di prevedere un piano che veda interessata la Regione, l'Amministrazione Comunale di Predappio e la Provincia di Forlì-Cesena, per una rivalutazione della Ex Casa del Fascio ed un conseguente utilizzo per iniziative culturali e storiche previa la doverosa ristrutturazione dell'immobile che potrebbe divenire un'importante contenitore storico scientifico;
quali siano fino ad oggi i costi sostenuti dalla sovrintendenza di Ravenna per i ponteggi che sono stati montati e mai utilizzati;
se sia possibile prendere visione del contratto stipulato fra sovrintendenza e beni culturali di Ravenna e ditta appaltatrice (articolo 9 legge 241/90 e decreto del Presidente della Repubblica 814/60);
se non si ritenga, in accordo con gli enti locali interessati, necessario attivarsi perché il Comune di Predappio possa avere in uso l'Ex Casa del Fascio e se non sia possibile prevedere un finanziamento da parte del Ministero per il recupero e la valorizzazione di questa struttura.
(4-02762)
Risposta. - Le impalcature attualmente visibili intorno alla ex Casa del Fascio sono state realizzate nel gennaio 2004 al fine di compiere indagini strutturali sull'intero edificio riguardanti, in particolare, la staticità dei solai in cemento armato e laterizio risalenti all'epoca della costruzione.
Dai risultati delle prove effettuate è emerso che per la maggior parte dei solai (precisamente 5 su 7) è necessario un intervento di rifacimento complesso e da realizzare secondo tecniche coerenti con la normativa sismica attualmente in vigore.
Contemporaneamente, si è provveduto a verificare lo stato di conservazione delle lastre in travertino che costituiscono il rivestimento. Quest'ultima indagine ha evidenziato la necessità di un rapido intervento al fine di prevenire situazioni di pericolo dovute al crollo di materiali. Pertanto, è stato mantenuto il ponteggio non solo per salvaguardare la pubblica incolumità ma anche per provvedere ad un primo consolidamento e fissaggio delle lastre di travertino.
Lo smontaggio delle impalcature è previsto per la fine di maggio, al termine dei lavori.
Tutta la documentazione relativa agli interventi effettuati finora è disponibile presso gli Uffici della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini.
In data 19 marzo 2007 si è tenuta presso l'Agenzia del demanio - filiale Emilia Romagna - una Conferenza dei Servizi a cui hanno partecipato la Soprintendenza di Ravenna, la Direzione regionale per i beni culturali dell'Emilia Romagna ed il Comune di Predappio. In tale sede, l'Amministrazione procedente (l'Agenzia del Demanio) ha sollecitato l'Ente locale a verificare la sua disponibilità a ricevere in concessione, per una durata di 50 anni, l'immobile in questione e l'Ente si è impegnato a fornire una risposta entro la prossima seduta della Conferenza, convocata per la fine di maggio.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Danielle Mazzonis.
RAISI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ENCI, Ente nazionale cinofilia italiana, svolge le funzioni pubblicistiche de
legate dalla Legge 30 dicembre 1992 n. 529 per la tutela e la promozione delle razze canine;
nello specifico l'E.N.C.I. è deputato alla tenuta del Libro genealogico dei cani di razza secondo la disciplina dettata da appositi disciplinari approvati con decreti del Ministro delle politiche agricole e forestali e, in particolare, dal Decreto ministeriale n. 21095 del 5 gennaio 1996 e dalle Norme tecniche di attuazione, anch'esse approvati con rispettivi decreti ministeriali;
con l'interrogazione n. 4-00833 proposta dall'onorevole Valerio Carrara veniva chiesto all'Illustrissimo Ministro spiegazioni in merito al fatto che con la circolare protocollo n. 3241/FC/AP/LH del 24 gennaio 2005 l'E.N.C.I. dichiarava che «gli allevatori titolari e/o associati d'affisso riconosciuto da ENCI/FCI hanno la facoltà di registrare al Libro genealogico cucciolate identificabili anche attraverso l'apposizione della propria sigla assegnata dall'ENCI». Tale disposizione risultava essere in palese contrasto con la legge 14 agosto 1991 n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione prevenzione del randagismo) che istituisce l'anagrafe canina delegando alle Regioni l'istituzione e le modalità di iscrizione alla medesima anagrafe, nonché la determinazione delle modalità di rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore (articolo 3);
l'E.N.C.I., invece, con quella disposizione, consentiva che al Libro genealogico continuassero ad essere iscritti cani di razza identificati in virtù della marcatura apposta dagli allevatori dotati di affisso (titolo rilasciato dallo stesso E.N.C.I., quindi privatistico e non pubblicistico), violando in questo modo ogni accertamento in ordine alla provenienza del cane, alle verifiche igienico-sanitarie cui lo stesso deve essere sottoposto e delle strutture in cui operano gli allevatori, come invece richiesto dalle norme di legge regionali;
inoltre l'E.N.C.I. consente che siano eluse le verifiche veterinarie dei cani iscritti al Libro genealogico posto che il Consiglio direttivo dell'E.N.C.I., in data 16 giugno 2005, deliberava di non considerare obbligatoria la certificazione veterinaria ai fini della iscrizione degli esemplari ai Registri, rendendo di fatto possibile che, mediante procedure contrarie alle disposizioni di legge statale e regionale, l'iscrizione al libro genealogico dei cani di razza, regolato con decreto del ministero interrogato, potesse avvenire anche per esemplari privi di idonea identificazione, di fatto spesso provenienti dall'estero, in assenza dei più elementari controlli sotto il profilo veterinario;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rispondeva alla detta interrogazione con la risposta del 4 dicembre 2006 nella quale testualmente dichiarava:
«l'articolo 6 del decreto ministeriale n. 20894 del 18 aprile 2000 che prevedeva la marcatura ufficiale dei cuccioli mediante punzonatura o attraverso l'applicazione di un identificativo elettronico (microchip);
in attuazione della legge del 14 agosto 1991 n. 281 - Legge quadro in materia di animali da affezione e prevenzione del randagismo - solo alcune regioni avevano adottato specifiche disciplina per l'identificazione dei cani.
Di conseguenza, la Commissione tecnica centrale del libro genealogico deliberò che in tutte le situazioni in cui fosse stata attivata l'identificazione pubblica, la stessa diventava ufficiale anche per il libro genealogico; in caso di mancata attivazione dell'anagrafe canina da parte di alcune regioni rimaneva attivo il sistema di identificazione fino ad allora utilizzato dall'E.N.C.I., purché l'identificazione stessa risultasse univoca.
Le nuove norme tecniche del libro genealogico, adottate con decreto ministeriale n. 21203 dell'8 marzo 2005, prevedono, all'articolo 6 l'identificazione dei cuccioli tramite microchip, uniformandosi così alla
normativa nazionale, che prevede l'obbligo del predetto identificativo elettronico per tutti i cani nati dal 1 gennaio 2005.
Pertanto la banca dati dell'ENCI fino al 31 dicembre 2004 doveva necessariamente essere in linea con l'anagrafe canina detenuta dalle regioni.
Invece, con circolare n. 3241 del 24 gennaio 2005, il Direttore generale dell'ENCI e responsabile dell'Ufficio centrale del Libro genealogico, richiamando una precedente nota del 1 giugno 2004 informava le delegazioni ENCI che gli allevatori titolari e/o associati d'affisso riconosciuto ENCI/FCI hanno facoltà di registrare al libro genealogico cucciolate identificabili anche attraverso l'apposizione della propria sigla assegnata dall'ENCI.
Questa disposizione avrebbe consentito, fino all'estate del 2006, di iscrivere al libro genealogico soggetti il cui identificativo non risultava in regola con l'iscrizione all'anagrafe canina come disposto, invece, dalla legge n. 281 del 1992.
Solo in data 21 aprile 2006 il Consiglio direttivo dell'ENCI ha deliberato l'attuazione delle norme tecniche del libro genealogico a partire dal 1 ottobre 2006;
La Commissione tecnica centrale dell'ENCI, con deliberazioni del 20 dicembre 2004 e del 2 febbraio 2005, ha posto l'accento sull'esigenza di attenersi a quanto previsto dalla legge n. 281 del 1992 in materia di identificazione dei cani per l'anagrafe canina, ribadendo la priorità e l'utilità ai fini dell'iscrizione al libro genealogico.
A maggiore garanzia, la Commissione tecnica centrale ha precisato che unitamente al modello B, previsto dalla Norme tecniche del Libro genealogico, il proprietario della fattrice è tenuto ad allegare la certificazione veterinaria dell'avvenuta identificazione ed iscrizione all'anagrafe canina.
L'ENCI da parte sua, invece, con nota apparsa sul giornale I Nostri cani del 21 giugno 2005, faceva presente di non considerare la certificazione veterinaria obbligatoria ai fini dell'iscrizione all'anagrafe canina, utile anche ai fini dell'iscrizione dei soggetti al libro genealogico.»
La comunicazione del Ministero si concludeva nei seguenti testuali termini: «L'amministrazione, a fronte della situazione descritta, sta valutando le modalità e gli strumenti più idonei atti a porre fine allo stato di incertezza e di mancata trasparenza nell'applicazione della disciplina per la tenuta del libro genealogico da parte dell'ENCI»;
nonostante la risposta del Ministero, l'E.N.C.I. non si è attivata in alcun modo per adeguare le modalità di identificazione dei cuccioli di cani di razza alla disciplina richiamata dalla stessa Amministrazione, che prevede l'apposizione del microchip per l'identificazione dei cuccioli di cane e l'armonizzazione della numerazione dei cuccioli iscritti al Libro genealogico con quella attribuita dall'anagrafe canina, nelle Regioni che hanno adottato tale strumento. Peraltro le conseguenze di tale omissione e mancanza di coordinamento sono evidenti in quanto riportato sul sito internet www.animalieanimali.it, dove si da pubblica notizia dell'accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza di San Sepolcro, riferito ad un allevamento in Toscana, regolarmente iscritto al Registro degli allevatori dell'E.N.C.I. (come risulta dal sito internet con il rilascio dei pedegree per i cani dell'allevamento, nel corso del quale sono stati trovati cani di razza «segugio italiano» tenuti senza alcuna osservanza delle norme igienico-sanitarie, alcuni di questi privi di tatuaggio, con una struttura che «era priva di autorizzazione prefettizia, comunale e sanitaria, nonché dei registri e dei documenti necessari per la gestione dell'allevamento»;
in qualche modo secondo l'interrogante questo è reso possibile dal fatto che l'E.N.C.I. persiste nel proprio comportamento omissivo dei disciplinari del Libro genealogico, avendo lo stesso altresì provveduto a formare il Registro degli Allevatori, previsto dall'articolo 11 del Decreto Ministeriale n. 21203 dell'8 marzo 2005, iscrivendo nello stesso gli allevatori basandosi sui dati risultanti dal Libro genealogico, che, come rilevato dallo stesso Ministero, riporta l'identificazione dei cani
iscritti sulla base delle sigle apposte dagli allevatori dotati di affisso, non della identificazione risultante dall'iscrizione all'anagrafe canina;
in definitiva, di fronte al perdurare di una situazione che l'interrogante giudica di assoluta incertezza in ordine al rispetto della disciplina nazionale e regionale sulla tutela della cinofilia, che ingenera ulteriore confusione tra i proprietari di cani e allevatori, atteso quanto lo stesso Ministero accertava e dichiarava con la risposta del 4 dicembre 2006, è ormai necessario ed improcrastinabile l'intervento del Ministero per la corretta gestione del settore di pubblico interesse, che coinvolge l'interesse, anche economico, di migliaia di cittadini e di allevatori. In particolare, visto l'episodio accaduto e sopra riportato, è altresì necessario che, tramite gli organi di accertamento, siano verificati tutti gli allevamenti iscritti al Registro degli allevatori tenuto dell'ENCI sulla base dei dati riportati nel Libro genealogico, per accertare la corretta identificazione dei cani e le condizioni in cui questi sono allevati-:
se, di fronte alla insistente e reiterata violazione delle disposizioni di legge statale e regionale che prevedono l'identificazione dei cani mediante tatuazione o applicazione di microchips, atteso quanto lo stesso Ministero accertava e, dichiarava con la risposta del 4 dicembre 2006, abbia valutato le modalità e gli strumenti più idonei atti a porre fine allo stato di incertezza e di mancata trasparenza nell'applicazione della disciplina per la tenuta del libro genealogico da parte dell'ENCI;
se quindi, intenda procedere con la nomina di un commissario ad acta per la corretta applicazione della legge n. 529 del 1992 e del Disciplinare del Libro genealogico per la tutela dei cani di razza, nell'interesse pubblico e degli allevatori di cani di razza, al fine di procedere alla corretta identificazione dei cani di razza ai sensi della norma nazionale e regionale.
(4-02887)
Risposta. - L'interrogazione in esame nel porre l'attenzione su problematiche già oggetto di altri atti di sindacato ispettivo sottolinea il persistere di comportamenti omissivi da parte dell'Enci verso disposizioni statali e regionali in materia di identificazione dei cuccioli tramite microchip.
Al riguardo, su esplicita richiesta dell'Amministrazione del 17 aprile scorso, l'Ente, in data 23 aprile 2007, ha fornito chiarimenti in ordine a specifici quesiti:
1) per i nuovi nati non vengono erogati certificati genealogici a tutti i soggetti per i quali non vi è indicazione, sulla modulistica di denuncia di iscrizione della cucciolata, dell'avvenuta inoculazione del microchip;
2) dall'avvio dell'applicazione delle norme tecniche, come risulta anche dal modello B di «Denuncia di iscrizione cucciolata», vengono iscritti nei Registri solo i soggetti per i quali è apposta nel modello stesso l'indicazione del numero di microchip. Nel caso in cui durante la fase di registrazione emerga la mancanza di tale codice identificativo il sistema «produce una comunicazione» che viene inviata all'allevatore interessato ed alla delegazione Enci competente per territorio, contenente l'avviso dell'anomalia emersa, del blocco dell'emissione del certificato genealogico e, nel contempo, la richiesta di trasmissione della modulistica debitamente integrata;
3) quanto all'identificazione dei cani nati prima del 1o gennaio 2005 «...non spetta all'Enci imporre ai possessori di cani regolarmente iscritti prima del 1o gennaio 2005, secondo le regole del tempo, l'osservanza di norme di legge cui ciascuno è tenuto in quanto cittadino»;
4) la certificazione veterinaria della inoculazione del microchip non viene acquisita in quanto non richiesta dalle norme tecniche;
5) il numero del microchip è riportato nel data base Enci;
6) tale numero è riportato anche sul libretto delle qualifiche, sui cataloghi, sulle schede di giudizio nell'ambito delle verifiche zootecniche ed in ogni elaborazione che
prevede l'identificazione di un cane iscritto nel libro genealogico;
7) per l'iscrizione al Registro allevatori non viene accertato l'adempimento dell'identificazione tramite microchip dei cani posseduti, poiché non rientrante tra i requisiti di cui all'articolo 7 del disciplinare del libro genealogico.
Dalle risposte fornite emerge che l'Ente sta iniziando ad utilizzare procedure per una gestione più trasparente e conforme alla vigente normativa, anche se la mancata acquisizione della certificazione veterinaria sull'applicazione del microchip comporta l'assenza di garanzia sull'allineamento attuale tra la banca dati Enci e l'anagrafe canina tenuta dalle Regioni, considerato che il microchip potrebbe essere stato inoculato dal proprietario stesso o dal veterinario di fiducia.
Per quanto concerne l'identificazione dei soggetti nati prima del 1o ottobre 2005, termine a partire dal quale l'Enci ha dichiarato di aver dato attuazione alle norme tecniche, si evidenzia il persistere dell'inerzia nell'attivazione di qualsiasi adeguamento della propria banca dati all'obbligo di identificazione degli animali tramite microchip ufficiale della Regione.
In particolare, l'Ente si considera svincolato da tale obbligo facendo gravare lo stesso sull'allevatore, al quale non viene, peraltro, imposto alcun onere di informare l'Enci dell'avvenuta applicazione del microchip stesso, con la presunta giustificazione che tale adempimento non è esplicitamente previsto dalle norme tecniche del libro genealogico.
Al contrario, con circolare n. 3241 del 24 gennaio 2005, l'Enci ha informato le proprie delegazioni che gli allevatori titolari e/o associati di affisso avevano le facoltà di registrare al libro genealogico cucciolate identificabili attraverso l'applicazione della propria sigla assegnata dall'Enci.
È evidente che l'Ente avrebbe potuto dare istruzioni diverse con lo stesso strumento informativo, oppure, ove ritenuto necessario, formulare specifiche modifiche al disciplinare e norme tecniche del libro genealogico.
Peraltro, va sottolineato che la Commissione tecnica centrale del libro genealogico, con le deliberazioni del 20 dicembre 2004 e del 2 febbraio 2005, ha posto l'accento sull'esigenza di attenersi, anche per il libro genealogico, a quanto previsto dalla legge n. 281/92 in materia di anagrafe canina, ribadendo che tale identificazione ha carattere prioritario e deve servire anche per l'iscrizione al libro genealogico.
L'Amministrazione non ritiene, anche solo per il passato, sufficiente il solo tatuaggio quale strumento di identificazione degli animali iscritti al libro genealogico, così come sostenuto dall'Ente, considerata l'attuale situazione in cui solo l'utilizzo di un codice univoco apposto sull'animale può soddisfare contemporaneamente esigenze sia di tutela sanitaria che zootecnica.
Infine, si evidenzia che l'Amministrazione, al fine di assicurare la massima trasparenza nella gestione del libro genealogico, sta predisponendo una richiesta all'Enci di adeguamento della propria banca dati alle norme vigenti in materia di identificazione dei cani.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
ULIVI e CONSOLO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la nutrizione artificiale è una tecnica utilizzata per alimentare pazienti affetti da patologie gravissime o addirittura terminali, nei quali la funzione gastrointestinale risulta essere gravemente o totalmente compromessa, come ad esempio nei pazienti neoplastici o comunque gravemente anoressici;
l'impiego della nutrizione artificiale si è rapidamente esteso a tutti i maggiori presìdi universitari ed ospedalieri;
l'Università La Sapienza di Roma possiede un Servizio di Nutrizione del Dipartimento di Chirurgia che espleta il proprio compito anche a domicilio (Nutrizione Artificiale Domiciliare-NAD) con gran beneficio dei pazienti, con notevole risparmio da
parte della struttura che non vede occupati posti letto da parte pazienti cronici e per lo più inguaribili e con una conseguente notevole riduzione della spesa sanitaria;
la suddetta struttura romana possiede una tra le maggiori casistiche europee con oltre 3.500 pazienti trattati;
giunge notizia agli scriventi che il predetto servizio di NAD, riconosciuto dalla Regione Lazio nel 1993 come unico centro di riferimento per la Nutrizione Artificiale Domiciliare (DR3519/93), sarebbe stato soppresso nell'ambito della nuova ristrutturazione dell'Azienda Policlinico Umberto I di Roma -:
se non ritenga che l'eventuale soppressione dell'unico centro di riferimento per la Nutrizione Artificiale Domiciliare possa pregiudicare i livelli essenziali di assistenza.
(4-00656)
Risposta. - Si rappresenta, preliminarmente, che l'organizzazione e gestione dei servizi sanitari regionali rientra nelle esclusive competenze regionali, come ulteriormente confermato nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.
Con riferimento a quanto rappresentato nell'interrogazione, la Regione Lazio, sulla base delle precisazioni fornite dal Direttore generale dell'Azienda Policlinico Umberto 1, ha comunicato che il Centro di riferimento per la nutrizione artificiale domiciliare è stabilmente previsto nella futura organizzazione dell'Azienda suddetta, senza pregiudizio, pertanto, per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza ai pazienti.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
ZANELLA e PELLEGRINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 7 agosto 2006 il Ministero della Salute, e nella fattispecie l'Ufficio XII responsabile delle questioni attinenti i prodotti vegetali classificati come alimenti, ha disposto la sospensione cautelativa, con il conseguente ritiro dal mercato, di tutti i prodotti contenenti Cimicifuga racemosa (radice); le autorità ministeriali, inoltre, hanno demandato all'Istituto Superiore di Sanità una più precisa valutazione della sicurezza d'uso della sostanza. L'ISS, in attesa di altri studi che chiariscano il meccanismo degli eventi avversi segnalati, ha confermato lo scorso settembre la sospensione dei preparati formulati con Cimicifuga racemosa;
questa pianta, di cui è noto l'impiego tradizionale fra i nativi dell'America del Nord, è ampiamente utilizzata, anche in associazione con altre erbe, in numerosi preparati - integratori, fitoterapici e rimedi omeopatici - soprattutto, ma non esclusivamente, per alleviare i sintomi minori della menopausa;
il provvedimento ministeriale fa riferimento ad un'allerta comunitaria sulla sicurezza della pianta, cita il fatto che la Finlandia ha classificato le formulazioni a base di Cimicifuga fra i medicinali e rimanda a un ampio rapporto dell'Agenzia europea dei farmaco (EMEA) sulla sospetta tossicità della pianta sul fegato;
a seguito di alcune segnalazioni sulla potenziale tossicità della pianta, l'Emea ha redatto tale dossier in cui sono presi in esame 42 casi di epatotossicità, di cui 34 segnalati alle autorità competenti degli Stati membri dell'UE e 8 raccolti in letteratura; solo 16 segnalazioni sono state ritenute sufficientemente documentate per poter valutare un eventuale legame fra l'uso della pianta e il danno epatico; di questi 16 casi, 5 sono stati esclusi e 7 ritenuti non collegati al problema. I restanti 4 casi «presentavano un'associazione temporale tra l'inizio di assunzione del prodotto e l'insorgenza di una reazione epatica» secondo il dossier Emea, ma anche essi sollevano diversi dubbi. In realtà soltanto in 2 casi, di cui 1 solo in Europa, si può stabilire una correlazione, possibile e non certa, fra il danno al fegato e un preparato contenente Cimicifuga;
si è appreso in seguito che proprio uno dei due casi classificato come probabile dall'Emea, e più precisamente quello citato in uno studio del 2005, era in realtà «contraffatto». La notizia arriva dagli Stati Uniti dove una persona, adducendo come prova i gravi effetti collaterali causati da prodotti a base di Cimicifuga, aveva citato in giudizio l'azienda produttrice. In prima battuta la donna aveva negato tanto l'assunzione di farmaci quanto il consumo di bevande alcoliche e in questi termini era stato riportato il suo caso. Nelle testimonianze rese alla corte è caduta in contraddizione e, alla fine, ha ammesso non solo di fare regolare consumo di vino, ma soprattutto di avere assunto, contemporaneamente alla pianta, anche ibuprofene, eritromicina e un farmaco, in grado di alterare gli enzimi epatici e che include, fra le potenziali reazioni avverse, anche l'epatite, proprio la patologia manifestatasi nella donna. Le nuove dichiarazioni hanno fatto crollare il castello accusatorio e il Tribunale distrettuale, al quale la cittadina statunitense si era rivolta, ha rigettato la sua istanza;
si rileva come fra i casi citati dal rapporto dell'Emea c'era anche quello di una donna che aveva assunto, oltre a Cimicifuga racemosa, anche paracetamolo. Un farmaco antifebbrile noto per la sua tossicità sul fegato e il cui sovradosaggio è la causa più comune di danno epatico acuto, come ha denunciato l'Associazione nazionale dei medici fitoterapeuti (An mfit). Suddetta Associazione, in un suo documento, giudica eccessivo il provvedimento del Ministero della Salute poiché mancano dati scientifici sulla tossicità diretta della pianta, la cui sicurezza ed efficacia sono documentate sulla letteratura internazionale dal 1980, come conferma una monografia dell'Organizzazione mondiale della Sanità redatta nel 2004;
il documento dell'Emea, oltre ad auspicare altre ricerche, non parla di un ritiro dei prodotti;
si evidenzia che in Italia non sono mai emersi effetti collaterali e/o avversi della pianta, nonostante essa sia presente sul mercato da anni in varie formulazioni. Si stima che nel nostro Paese, nel 2005, ne abbiano fatto uso oltre 100.000 donne, mentre sono circa 1,5 milioni le donne europee che stanno utilizzando prodotti a base di Cimicifuga;
l'Italia è l'unico Stato, in Europa e nel mondo, che ha disposto il ritiro dei prodotti. Un ritiro, a giudizio degli interroganti, immotivato sul piano scientifico visto che mancano in letteratura dati sperimentali sull'attività citotossica e/o epatotossica della pianta o di suoi costituenti chimici -:
se il Governo non intenda fare in modo che tale provvedimento di sospensione cautelativa della produzione e della vendita dei prodotti contenenti Cimicifuga racemosa, venga revocato.
(4-01722)
Risposta. - A seguito di un'allerta comunitaria proveniente dalla Finlandia, riguardante la classificazione dell'ingrediente «Cimicifuga racemosa rizoma» come specialità medicinale e non come integratore, nonché delle segnalazioni da parte dell'Agenzia Europea dei Medicinali - Emea, di casi di epatotossicità, il Ministero della Salute ha richiesto all'Istituto Superiore di Sanità di esprimere il proprio parere in merito alla sicurezza d'uso della «Cimicifuga» quale ingrediente negli integratori alimentari.
I citati casi di epatotossicità sono stati revisionati criticamente dall'Emea, che ha pubblicato una serie di raccomandazioni rivolte agli operatori sanitari e ai pazienti, tese a garantire la sicurezza del consumatore.
L'Istituto, con il parere del 7 agosto 2006, ha rilevato l'opportunità di sospendere temporaneamente la commercializzazione di tutti i prodotti contenenti la pianta citata, per un riesame più approfondito della problematica; sulla base di tale parere è stata disposta la relativa sospensione.
Successivamente, la Commissione unica per la dietetica e nutrizione nella riunione del 20 novembre 2006, valutati gli elementi disponibili e viste le posizioni assunte da
altri Paesi, ha deciso la revoca della sospensione cautelativa di tutti gli integratori contenenti la «Cimicifuga racemosa», con l'adozione, tuttavia, di specifiche avvertenze.
Tali avvertenze devono richiamare il consumatore sull'opportunità di sentire, in ogni caso, il parere del medico per un eventuale uso e che tale uso deve essere sconsigliato ai soggetti affetti da disfunzioni o malattie epatiche.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Gian Paolo Patta.