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Allegato B
Seduta n. 161 del 30/5/2007
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il professor Renzo Guolo, docente di sociologia dell'Islam all'Università di Torino, fra i più apprezzati sociologi e ricercatori italiani, è stato rinviato a giudizio su querela di Adel Smith, sedicente leader dell'Unione musulmani di Italia, per le opinioni espresse nei suoi confronti nel libro, edito da Laterza nel 2003, «Xenofobi e xenofili: gli italiani e l'islam»;
il professor Renzo Guolo, in una lettera pubblicata dal quotidiano La Repubblica il 29 maggio 2007, scrive che la presunta diffamazione, secondo quanto apparso sugli organi di stampa, avrebbe origine «non tanto dal mio presunto vilipendio all'islam, ovviamente inesistente, o da altri fatti diffamanti, ma da un'offesa alla madre dello stesso Smith. Non ho parole! Ovviamente nel mio libro non c'è traccia alcuna di simile offesa, né mi viene contestata in sede legale. Per linguaggio e stile personale non sono uso a offendere alcuno. L'unico accenno alla madre di Smith è quello in cui si dice che è egiziana. Un dato puramente biografico, senza alcuna altra valenza»;
in un articolo pubblicato da La Repubblica il 27 maggio 2007, il professor Renzo Guolo rileva l'intenzione di Adel Smith «di restare al centro dell'attenzione attraverso una sorta di "via giudiziaria" all'Islam» e ribadisce la propria convinzione nelle regole dello Stato di diritto e nei principi costituzionali del giusto processo in cui «sarà il giudice a determinare se vi sia o meno diffamazione. E, come afferma Smith, addirittura vilipendio della religione islamica» giacché, constata Guolo,
il teorema sostenuto da Smith è che «diffamando il leader dell'Umi avrei vilipeso anche l'Islam»;
a giudizio dei professor Guolo e dell'interpellante, come di numerosi studiosi, esponenti della cultura e della politica, giornalisti e associazioni come «Articolo 21» che in questi giorni hanno manifestato la propria solidarietà nei suoi confronti, quanto avvenuto confligge in modo grave e sostanziale con la libertà di opinione e di pensiero tutelata all'articolo 21 della Costituzione e con la libertà di ricerca preservata dall'articolo 33 della Carta costituzionale;
«vi è - scrive il professor Guolo nell'articolo sopra citato - nell'aria una preoccupante indifferenza per l'affievolimento di queste libertà. Questione storiografiche o di grande rilevanza sociale si discutono ormai più nelle aule di giustizia che nelle sedi scientifiche o davanti all'opinione pubblica. Con il risultato che si processano gli autori per i loro libri ma senza parlare dei libri: estrapolando il testo dal contesto, le parole dalla loro cornice intellettuale. Facendole navigare nel vuoto dell'inevitabile astrattezza giuridica della norma. La «via giudiziaria» di Smith fa dunque emergere questioni, come lo strumentale uso della tutela penale della religione, che pure va protetta, a scapito della libertà di opinione e l'inflazione dei diritto penale nell'affrontare simili temi. Questioni cui il Legislatore dovrebbe dare una chiara risposta, anziché delegarla a un'interpretazione in sede giudiziale che rischia spesso di essere discrezionale»;
l'accusa di vilipendio della religione islamica, afferma il professor Guolo nell'articolo, oltreché insussistente, come emerge indubbiamente dalla lettura del suo libro, «è particolarmente dolorosa perché fa strame della mia biografia di intellettuale impegnato nel dialogo tra civiltà e nel far distinguere all'opinione pubblica l'islam come religione dall'ideologia islamista, i credenti dai fondamentalisti, e nel proporre la piena integrazione dei musulmani nella società italiana. Ora è come se tutto quello che ho scritto come studioso e per cui mi batto come cittadino non contasse.»;
è essenziale comprendere, secondo il giudizio del professor Guolo, che l'interpellante condivide pienamente, «come, di questi tempi, chi si occupi professionalmente di fondamentalismo islamico cammini su un rischioso crinale. Tanto più se sovraesposto mediaticamente. Una realtà che costringe talvolta a scelte difficili: come quella tra libertà di espressione e sicurezza personale. Occorrerebbe cautela nell'avallare accuse che bollino qualcuno come «diffamatore dell'Islam». Soprattutto se esiste il ragionevole dubbio che, per la biografia e le pubbliche posizioni dell'accusato, non sia proprio così. La possibilità che qualche fanatico invochi un giorno tale etichetta come una specie di legittimente «certificazione doc» a conferma delle proprie intenzioni non troppo pacifiche non può mai essere esclusa. Certo, ciascuno ha il diritto di agire in giudizio; ma la vicenda rivela una concezione della giustizia che, avrebbe detto un grande giurista come Federico Stella, allontana una società dalla stessa idea di giustizia» -:
quale sia il giudizio del Governo, in ordine ai principi costituzionali che tale caso evidenzia e quali indirizzi intenda eventualmente assumere affinché essi abbiano una piena e rafforzata tutela nelle scelte legislative e nel confronto politico;
quali misure il Governo ritenga opportuno assumere urgentemente al fine di assicurare la sicurezza della persona del professor Guolo.
(2-00565) «Boato».
Interrogazione a risposta scritta:
RAITI, DONADI, COSTANTINI, ASTORE, PALOMBA, MISITI, PEDICA, OSSORIO, D'ULIZIA e BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al
Ministro della solidarietà sociale, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
qualche giorno fa, si è assistito all'ennesima odissea del mare, di tanti immigrati che cercano di raggiungere l'Europa per sfuggire alla fame e alle guerre nei loro paesi;
per tre giorni decine di persone sono rimaste aggrappate ad una gabbia per l'allevamento di tonni trainata da un peschereccio maltese in rotta per la Spagna che non ha fatto salire a bordo gli immigrati per motivi di sicurezza e per alcuni giorni nessuno ha visto, o tutti hanno fatto finta di non vedere;
questi disperati, da notizie di stampa, sembra che siano partiti dalla Libia, da Al Zuara, ed avevano pagato il loro «contatto» che gli aveva assicurato che nel giro di ventiquattro ore avrebbero raggiunto la Sicilia, ma non è stato così;
il barcone in cui viaggiavano gli immigrati si è improvvisamente bloccato, il motore non ha funzionato più e sono rimasti in mezzo al mare;
mentre quelle persone per giorni hanno cercato di sopravvivere nell'attesa di aiuti, sia Malta che la Libia non sono intervenute, non solo, ma non hanno neanche allertato gli altri paesi del Mediterraneo, nemmeno l'Italia;
il rimorchiatore che trainava la gabbia era maltese e, come è noto, le Autorità della Valletta non gradiscono che gli extracomunitari sbarchino sulle loro coste;
era già accaduto lo scorso anno con il peschereccio spagnolo «Catilina» che aveva soccorso cinquantuno clandestini di origine nordafricana e sta accadendo anche in queste ore con un altro peschereccio spagnolo, il Monfalcón che ha raccolto in mare 26 extracomunitari e che non ha ottenuto ancora il permesso di attraccare in un porto maltese;
i ventisette immigrati che per tre giorni sono rimasti aggrappati alla gabbia dei tonni sono stati più fortunati perché alla fine le autorità maltesi hanno avvertito quelle italiane fornendo le coordinate della zona di mare dove si trovava il gruppo di naufraghi;
il pattugliatore della Marina Militare italiana Orione li ha fatti salire a bordo per poi trasferirli a Lampedusa;
alcune aree del Mediterraneo, ormai, sono diventate un vero e proprio Far West in cui la vita umana non ha più valore -:
se il Governo intenda adottare iniziative per verificare che le autorità maltesi, abbiano rispettato gli impegni contenuti nei trattati firmati dagli Stati membri dell'Unione europea e se abbiano rispettato la Carta Internazionale di tutela dei diritti dell'Uomo.
(4-03791)