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Allegato B
Seduta n. 166 del 7/6/2007
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
LION. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in merito al dibattito in corso presso le Istituzioni Europee sul nuovo regolamento comunitario in materia di produzione biologica, limitatamente alla questione riguardante gli Organismi Geneticamente Modificati in tale settore, la proposta prevede che nella produzione biologica, in linea di principio, non è consentito l'uso di OGM e di prodotti ottenuti da OGM. La stessa proposta asserisce che ciò è infatti incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno di tali prodotti. La Commissione afferma che gli OGM non devono quindi essere «intenzionalmente» utilizzati nella produzione e nella trasformazione di prodotti bio, aprendo così la porta alla tolleranza nei confronti di contaminazioni accidentali che rientrano in una certa soglia;
il Parlamento Europeo, invece, nel corso dell'esame di merito della proposta adottata dalla Commissione, ha soppresso il termine «intenzionalmente» e precisa che «occorre evitare la contaminazione di sementi, fattori di produzione, mangimi e alimenti biologici mediante adeguate normative nazionali e comunitarie basate sul principio di precauzione». Oltre a precisare la definizione di «prodotti ottenuti da OGM», puntualizza poi che non è consentito nemmeno il ricorso a prodotti «con OGM» e sopprime l'eccezione prevista per i medicinali veterinari, promuovendo così il ricorso ai medicinali veterinari biologici già presenti sul mercato;
sempre il Parlamento Europeo, ha approvato un testo che impone agli Stati membri di dotarsi di un quadro legislativo adeguato, sulla base del principio di precauzione e del principio «chi inquina paga», «al fine di evitare ogni rischio di contaminazione dei prodotti biologici da parte di OGM»;
puntualizza inoltre che la presenza di OGM nei prodotti biologici «è limitata esclusivamente a quantità accidentali e tecnicamente inevitabili con un valore massimo dello 0,1 per cento». Ma non solo, nel testo licenziato si chiede alla Commissione di pubblicare, entro il 1o gennaio 2008, una proposta di direttiva quadro concernente le misure precauzionali tese ad evitare la contaminazione da OGM in tutta la catena alimentare, nonché un quadro legislativo per le norme sulla responsabilità concernenti qualsiasi contaminazione con OGM, sulla base del principio «chi inquina paga»;
nello specifico, la proposta adottata dalla Commissione e recante la definizione di «Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici (COM(2005)0671 - C6-0032/2006 - 2005/0278(CNS))», come risultante dalle modifiche approvate dal Parlamento Europeo nella seduta del 29 marzo 2007 e così trasmessa alla Commissione Europea ai sensi della «Risoluzione legislativa del Parlamento europeo n. P6 TA-PROV(2007)0191», del 22 maggio 2007, nei nuovi considerando numero 9 e 9-bis, indica che «Gli organismi geneticamente modificati (OGM) e i prodotti ottenuti o derivati da OGM sono incompatibili con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno dei prodotti biologici. Essi non dovrebbero quindi essere utilizzati in agricoltura biologica o nella trasformazione di prodotti biologici. Occorre evitare la contaminazione di sementi, fattori di produzione, mangimi e alimenti biologici mediante un'adeguata normativa nazionale e comunitaria basata sul principio di precauzione», ed altresì che: «Tenendo conto dei sempre maggiori rischi di contaminazione delle sementi, dei mangimi e degli alimenti biologici con OGM e in mancanza di legislazioni nazionali in vari
Stati membri concernenti le misure precauzionali connesse e la responsabilità, la Commissione dovrebbe, entro il 1o gennaio 2008, pubblicare una proposta di direttiva quadro concernente le misure precauzionali per evitare la contaminazione con OGM di tutta la catena alimentare, nonché un quadro legislativo per le norme sulla responsabilità concernenti qualsiasi contaminazione con OGM sulla base del principio «chi inquina paga»;
il nuovo articolo 8, paragrafo 1, lettera i), della proposta di regolamento, prescrive che «Qualora manchino le sementi prodotte biologicamente, possono essere previste deroghe in base alle norme stabilite all'articolo 11 e all'allegato XX del regolamento (CE) n. 1452/2003, a condizione che non siano assolutamente contaminate con OGM». Inoltre, in materia di contaminazione da OGM, da qualunque settore produttivo causata, si impone che i relativi operatori si astengono dall'utilizzare OGM o prodotti derivati da OGM o con OGM; gli operatori prendono tutte le misure necessarie per evitare eventuali contaminazioni con OGM e forniscono le prove che la contaminazione non è avvenuta;
in merito alla possibilità di tollerare una soglia accidentale di OGM nei prodotti biologici, un'indagine Coldiretti-ISPO del 2006 su «Opinioni degli Italiani sull'alimentazione» ha rilevato che si verificherebbe un crollo del 60 per cento nei consumi. Ciò sarebbe dovuto a una crisi di fiducia nei confronti di alimenti scelti e pagati con un differenziale di prezzo proprio perché garantiscono sicurezza e naturalità nel metodo di produzione. In Italia, inoltre, ben 2.355 comuni su un totale di 8.106 (pari al 29 per cento) hanno adottato delibere contro il biotech nei propri territori con il supporto della coalizione «liberi da OGM». Questa ha anche predisposto un Manifesto per impedire che la contaminazione da biotech del biologico italiano possa concretizzarsi;
la Risoluzione del Parlamento europeo del 22 maggio 2007 su «Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010» (2006/2233(INI)), enuncia, tra l'altro, che in quanto utilizzatrice di biodiversità, l'agricoltura dovrebbe svolgere un ruolo essenziale nella gestione e nella preservazione della biodiversità stessa; considerando che la politica agricola comune (PAC) dovrebbe d'ora in poi promuovere modelli di produzione durevoli che siano economicamente sostenibili e permettano nel contempo di intervenire sull'ambiente nonché sulla valorizzazione e sul ripristino della biodiversità del maggior numero di specie animali, vegetali e microbiche. In essa si sottolinea altresì l'importanza di applicare pienamente il quadro legislativo dell'UE sugli organismi geneticamente modificati; evidenzia i rischi potenziali che le colture GM su scala industriale rappresentano per la biodiversità e chiede alla Commissione di valutarne l'impatto sugli ecosistemi europei;
la relazione sulla Biotecnologia: «prospettive e sfide per l'agricoltura in Europa, A6-0032/2007 del 3 febbraio 2007», ricorda che una maggioranza molto ampia di cittadini europei non è favorevole agli OGM pur non essendo contraria, in linea di principio, alle biotecnologie;
il Programma di Governo dell'attuale maggioranza parlamentare, riconosce la funzione strategica del «Sistema Agricolo Nazionale» per la sua rilevanza economica, ambientale, sociale e culturale;
nel Programma è evidenziato che l'agricoltura italiana, fondamento del made in Italy agroalimentare apprezzato ed imitato in tutto il mondo, è tra le più ricche di diversità e tradizione ed è capace di produrre innovazione scientifica e tecnologica per vincere le sfide incerte e di nuova generazione;
a tal proposito appare necessario avviare un grande processo di cambiamento e rafforzamento competitivo attraverso una vera innovazione strategica. Secondo il Programma, per realizzarlo è necessario: custodire i valori della biodiversità e privilegiare la naturalità dei processi incentivando
realmente l'agricoltura biologica anche ai fini della difesa e valorizzazione ambientale e adottando verso gli Organismi geneticamente modificati il principio di massima precauzione;
è stato dimostrato come sia molto costoso assicurare la coesistenza tra agricolture OGM e OGM free. L'agricoltore che intende produrre in modo convenzionale, ossia tradizionale, in un'area dove sono presenti anche produzioni transgeniche deve fare fronte a costi supplementari che vanno fino al 65 per cento degli oneri medi. Le spese sarebbero invece molto superiori per garantire una produzione agricola di tipo biologico;
il problema dei costi necessari ad assicurare la coesistenza nelle campagne europee è stata oggetto di uno speciale confronto tra esperti di tutti i settori interessati, su iniziativa del Comitato economico e sociale (Cese);
il Cese, facendo riferimento a recenti studi ha indicato che i costi addizionali per assicurare la coesistenza tra agricolture OGM e OGM free sono stimati tra 126 e 232 euro l'ettaro per la colza e tra 55,30 e 195 euro l'ettaro per il mais;
si tratta di costi diretti a carico dell'agricoltore legati soprattutto all'utilizzo di mezzi di produzione;
nel dibattito sono intervenuti ricercatori del Centro dipartimentale di biotecnologia dell'Università di Firenze. In tale sede, illustrando i risultati di una simulazione di coesistenza e prendendo come distanza tra i diversi tipi di agricolture non i 200 metri necessari ma la metà, si è giunti alla conclusione «che è impossibile produrre e rientrare nei costi se si ha un'azienda agricola di dimensione fino a 16 ettari». Sulla base di questi dati, che fanno riferimento alla realtà in Toscana, il 90 per cento delle imprese italiane non potrebbero applicare la coesistenza nella propria azienda;
il dibattito sulla coesistenza ha richiamato il problema della fissazione delle soglie di tolleranza OGM nelle sementi, sulle quali l'attuale Commissione europea si trova in un impasse per divergenze d'approccio tra i diversi commissari. A questo si aggiunge il fatto che la contaminazione da OGM di sementi tradizionali e biologiche riveste una grande importanza al momento della determinazione delle responsabilità in caso di danni finanziari provocati dal superamento delle soglie di etichettatura di alimenti e mangimi;
la questione di più grande responsabilità ora per l'Europa è mantenere la sopravvivenza di tutti i tipi di agricoltura alla luce delle caratteristiche geografiche ed economiche di ogni paese, rispettando le scelte di ogni produttore ma garantendo il principio di chi inquina paga;
per ciò che riguarda la normativa italiana in questa materia, il decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 224 (Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati), recependo la direttiva 2001/18/CE, pone un'analitica e complessa disciplina di tutela allo specifico fine di «proteggere la salute umana, animale e l'ambiente relativamente alle attività di rilascio di organismi geneticamente modificati» (articolo 1, comma 1);
con specifico riguardo all'impiego di OGM in agricoltura, l'articolo 8, comma 2, lettera c), del medesimo decreto legislativo n. 224 del 2003 impone che la notifica preliminare all'emissione nell'ambiente di OGM, necessaria ai fini dell'autorizzazione da parte dell'autorità nazionale competente, contenga la «valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, in conformità alle prescrizioni stabilite dal decreto» di cui al successivo comma 6;
il decreto interministeriale previsto dall'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo n. 224 del 2003 è stato adottato in data 19 gennaio 2005 (Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare relativamente alle attività di rilascio
deliberato nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato): questo testo normativo reca dettagliate previsioni concernenti il «rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare», attribuendo ad un decreto interministeriale il potere di definire «i protocolli tecnici operativi per la gestione del rischio delle singole specie GM» (articolo 1, comma 2). Al tempo stesso, alcune funzioni vengono attribuite alle Regioni e queste compongono in maggioranza il Comitato tecnico di coordinamento, che opera presso il Ministero delle politiche agricole e forestali;
in particolare, è previsto che la emissione degli OGM nell'ambiente, per qualsiasi fine diverso dalla immissione sul mercato, debba avvenire in appositi «siti», e cioè terreni di proprietà o gestiti «da istituti di ricerca pubblici, università, enti di sviluppo agricolo, sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente (APAT/ARPA), regioni e province autonome, enti locali», individuati dalle Regioni interessate (articolo 3);
in tale contesto è stato approvato il decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica», convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 28 gennaio 2005, n. 5 testo normativo che esplicitamente si dichiara attuativo della raccomandazione 2003/556/CE, al fine di disciplinare il «quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, e quelle convenzionali e biologiche» ed esclude, invece, dalla propria area di competenza le colture per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate ai sensi del decreto ministeriale 19 gennaio 2005;
ai sensi di tale contesto normativo, eventuali piani di coesistenza sono adottati con «provvedimenti» di ciascuna Regione e Provincia autonoma e «contengono le regole tecniche per realizzare la coesistenza, prevedendo strumenti che garantiscono la collaborazione degli enti territoriali locali, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza» (articolo 4, comma 1);
fino all'adozione dei singoli piani di coesistenza, «le colture transgeniche, ad eccezione di quelle autorizzate per fini di ricerca e di sperimentazione, non sono consentite» (articolo 8);
con sentenza dell'8 marzo 2006, n. 116, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 3, 4, 6, comma 1, e 7, ed altresì quella degli articoli 5, commi 3 e 4, 6, comma 2, e 8, del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5;
alla luce delle differenti disposizioni sopra citate, di rango sia comunitario, sia nazionale, appare abbastanza evidente che in Italia comunque non vi sarebbero le condizioni per poter procedere a coltivazioni transgeniche anche quando la ricerca ne trovasse la praticabilità. Per questo potrebbe ritenersi strumentale e surrettizio un qualunque, possibile, provvedimento che volgesse a consentire lo sviluppo di organismi geneticamente modificati, visto che la pratica coltivazione degli stessi sarebbe interdetta immediatamente;
pur in presenza di tali profili sfavorevoli all'utilizzo di OGM in agricoltura o ad eventuali approcci di altra natura che ne prevedano la disciplina e la crescita, l'8 maggio 2007, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ai sensi del decreto ministeriale 19 gennaio 2005, ha trasmesso al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, lo schema di un decreto ministeriale di adozione dei protocolli tecnici per la gestione del rischio, per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare ai fini dell'emissione deliberata nell'ambiente di specie GM a scopi sperimentali, che prevedono la possibilità di coltivare per fini sperimentali colture geneticamente modificate;
con tale atto verrebbero permesse manipolazioni genetiche su diverse specie vegetali di spiccata tradizione e rinomanza
italiana, ossia l'actinidia, gli agrumi, il ciliegio dolce, la fragola, il mais, la melanzana, l'olivo, il pomodoro e la vite. Trattasi di produzioni che godono di grande reputazione presso i consumatori e nei cui confronti vi è grande fiducia in ordine alla genuinità, alla sicurezza alimentare ed alla integrità biologica;
introdurre nel dibattito nazionale o far circolare la notizia presso il pubblico che per queste produzioni che rappresentano l'eccellenza del Made in Italy vi saranno sperimentazioni genetiche, potrebbe significare un danno incalcolabile. La diffidenza dei consumatori per le colture OGM è già elevata, voler prevedere, senza per altro che ve ne siano le necessità o le esigenze, che su di esse vi siano pratiche di ingegneria genetica, sarebbe la capitolazione commerciale dei settori agricoli più preziosi del nostro paese;
senza omettere ed anzi sottolineando che il contesto normativo vigente osta alla coltivazione di specie GM e che anche le sperimentazioni che le riguardano sarebbero conseguentemente inutili, si deve evidenziare come gli atti in discussione appaiono privi di causa, quale la finalità tipica di pubblico interesse prevista dall'ordinamento per l'atto stesso, ma anche privi di necessità oggettiva. A tal proposito, evitando ad ogni modo di entrare nel dettaglio degli atti, si sottolinea la pericolosità degli stessi, quando nei protocolli tecnici che vi sono annessi, è anche prevista la possibile iscrizione nel Registro Nazionale delle varietà su cui si richiede la possibilità di sperimentazione -:
se anche in ragione delle motivazioni indicate in premessa, non intenda interrompere il procedimento amministrativo iniziato l'8 maggio 2007 volto alla richiesta di pareri preventivi per l'adozione del decreto ministeriale che da l'assenso all'immissione deliberata nell'ambiente di specie GM a scopi sperimentali, in tal senso revocando, oppure sospendendo, gli atti allo scopo già emessi.
(5-01119)