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Allegato B
Seduta n. 166 del 7/6/2007
TESTO AGGIORNATO AL 12 GIUGNO 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la politica delle reti è stata inserita nelle competenze comunitarie dal trattato di Maastricht entrato in vigore nel 1993, che promuove l'interconnessione e l'interoperabilità delle reti, affinché l'Europa possa beneficiare interamente dei vantaggi che derivano da uno spazio senza frontiere;
la Decisione n. 1692/96/CE del 23 luglio 1996, contiene gli orientamenti comunitari che contemplano gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee (Trans European Network - TEN T);
la Decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 29 aprile 2004, ha modificato la decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) e disegnato il Master Plan delle infrastrutture dei trasporti dell'Unione europea «allargata» a 25, Master Plan che include vari «corridoi» che interessano il territorio italiano;
nel febbraio del 2002 la CE ha istituito un Gruppo di Alto Livello a cui dare il mandato di rivisitare le reti TEN e quindi integrare le stesse reti con i corridoi eurasiatici. In realtà si dava mandato, al costituendo Gruppo, di redigere il 1o Master Plan delle Infrastrutture e dei Trasporti della Unione europea. Tale piano è stato presentato nel luglio 2003;
nell'elenco 3 del documento strategico erano stati inseriti per l'Italia i seguenti progetti, ritenuti importanti per la coesione territoriale economica e sociale:
il corridoio n. 5 (da Lisbona a Kiev);
il corridoio n. 1 Berlino-Napoli;
il ponte sullo stretto di Messina;
il corridoio Genova-Rotterdam;
il progetto dell'autostrada del mare del sistema occidentale del Mediterraneo;
il progetto dell'autostrada del mare del sistema orientale del Mediterraneo;
delle 21 opere la Commissione ha successivamente identificato 17 opere, tra le quali 4 riguardano direttamente il nostro Paese;
nelle nuove mappe dei TEN particolare rilievo assume per l'Italia l'asse ferroviario n. 1 «Berlino-Palermo» (prevedendo il potenziamento del tunnel del Brennero e la costruzione, entro il 2015, del Ponte sullo Stretto);
il Parlamento dell'Unione europea, nell'approvare il nuovo assetto delle Reti TEN, ha condiviso anche la proposta della Commissione europea di garantire un contributo comunitario, a fondo perduto, fino alla soglia del 20 per cento del valore dei singoli interventi progettuali, per la attuazione dei progetti;
molti degli interventi infrastrutturali decisi dal Governo Berlusconi risultano sospesi dall'attuale esecutivo, senza tener conto dei vincoli dell'Unione europea in merito al mancato avvio degli interventi sui Corridoi Berlino-Palermo, Lisbona-Kiev e Rotterdam-Genova e senza tener conto delle risorse assegnate dall'Unione europea per la realizzazione delle opere;
oltre al segmento ferroviario «Valico del Brennero» e al segmento autostradale Roma-Formia, si sono praticamente bloccati gli interventi sui seguenti segmenti:
a) il segmento autostradale Salerno-Reggio Calabria, per completare l'intero
asse entro il 2010, alla data del maggio 2006 erano pronti gli ultimi due macro-lotti per un importo pari a circa 2,8 miliardi di euro. L'attuale Governo intende frantumare i due macro-lotti e ripetere una esperienza che in passato aveva realizzato in cinque anni opere per 1,1 miliardi di euro; durante il passato Governo, in soli tre anni, erano stati cantierati interventi per oltre 3,4 miliardi di euro. In tal modo si ritarda di oltre due anni la cantierizzazione delle opere e per le imprese di costruzione una perdita di nuove commesse almeno nel 2007 per oltre 3 miliardi di euro;
b) il segmento ferroviario Battipaglia-Reggio Calabria, il CIPE, nell'approvare nel mese di marzo 2006 il contratto di programma delle Ferrovie dello Stato, aveva autorizzato le Ferrovie ad attivare il progetto esecutivo di ammodernamento della tratta ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria per un importo globale di 4 miliardi di euro e aveva contestualmente autorizzato la spesa di 100 milioni di euro per la progettazione esecutiva. Finora non è successo nulla. Siccome la copertura finanziaria di tale progetto era legata alle risorse comunitarie (POR, PON: Programmi operativi regionali e nazionali) ed ai FAS (Fondi aree sottoutilizzate), questa stasi operativa mette in crisi l'accesso a tali risorse. Il mondo imprenditoriale italiano perde una potenziale commessa di 4 miliardi di euro nel 2008;
c) il ponte sullo Stretto di Messina: l'affidamento dei lavori bloccato dall'attuale Governo produce un danno per l'attuale aggiudicatario di 4 miliardi di euro. Il Paese dovrà onorare un contenzioso di circa 500 milioni di euro. Ma il vero danno per il Paese è la mancata realizzazione di un opera strategica essenziale per lo sviluppo dell'intero Mezzogiorno; le risorse disponibili presso FINTECNA pari a circa 3,2 miliardi di euro sono state assegnate per opere da realizzare in Sicilia ed in Calabria. Queste risorse possono essere utilizzate solo per interventi con ritorno di investimento e quindi non possono configurarsi come «fondo perduto». Quindi l'attuale Governo non potrà neppure utilizzare tale dote di FINTECNA;
d) il segmento ferroviario Palermo-Messina: il CIPE, nell'approvare nel mese di marzo 2006 il contratto di programma delle Ferrovie dello Stato, aveva autorizzato le Ferrovie ad attivare, con la massima urgenza, l'ammodernamento della tratta ferroviaria Palermo-Messina. L'attuale Governo non ha in nessun modo sollecitato tale intervento. Il mondo imprenditoriale italiano perde una potenziale commessa di 2 miliardi di euro nel 2007;
gli effetti combinati dei ritardi nelle realizzazioni delle opere summenzionate, costituiscono un'occasione mancata per innescare un virtuoso volano di sviluppo per il Mezzogiorno,
impegna il Governo:
ad assegnare la massima priorità, nell'ambito degli interventi per la realizzazione delle opere incluse nel PON «Trasporti», alla realizzazione del Corridoio 1 ed in particolare al completamento dell'asse di collegamento fino a Palermo;
a procedere ad una rapida ricognizione ed individuazione delle risorse necessarie alla realizzazione e/o completamento delle opere summenzionate;
a monitorare attentamente le scadenze temporali imposte dall'Unione europea al fine di non disperdere le necessarie risorse comunitarie destinate alla realizzazione delle Reti TEN relativamente al Corridoio 1.
(1-00176)
«Lucchese, Romano, Drago, D'Alia, Ruvolo, Volontè».
La Camera,
premesso che:
la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, entrata in vigore nel novembre 2001, ha profondamente innovato l'articolo 119, che disciplina i rapporti finanziari tra lo Stato e gli Enti territoriali;
a sei anni di distanza, non sono stati emanati i provvedimenti legislativi di attuazione del federalismo fiscale coerentemente con le enunciazioni dell'articolo 119 della Costituzione;
l'attuale ordinamento della finanza degli enti decentrati presenta forti squilibri e inefficienze: ne sono testimonianza il divario che si registra nei territori tra la pressione fiscale sugli individui e sulle imprese e il ritorno sotto forma di spesa pubblica, la rilevante eterogeneità nel tasso di autonomia tributaria dei comuni e delle province, i forti disavanzi sanitari che si verificano in alcune regioni;
il patto di stabilità interno, così come modificato dalla legge finanziaria 2007, prevede il condivisibile passaggio al sistema dei saldi ma presenta alcune contraddizioni e criticità che rendono necessari interventi correttivi;
la piena attuazione del federalismo fiscale, nell'ottica di un rafforzamento della capacità tributaria e della responsabilizzazione sul versante della spesa di enti locali e regioni, può favorire lo sviluppo e la crescita del Paese nel rispetto dei principi di equità sociale e territoriale,
impegna il Governo
a presentare, in occasione della discussione parlamentare del Documento di programmazione economica e finanziaria, un disegno di legge sul federalismo fiscale per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che verta, in particolare, sui seguenti aspetti:
a) coordinamento della finanza dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e delle città metropolitane in relazione ai vincoli dell'UE e dei trattati internazionali;
b) riconoscimento dell'autonomia tributaria di regioni ed enti locali attraverso la previsione di tributi propri e di adeguate compartecipazioni al gettito dei tributi erariali;
c) superamento della logica della finanza derivata, rivedendo con l'accordo della Conferenza Stato-regioni-autonomie locali le modalità di individuazione delle risorse finanziarie statali trasferite a regioni ed enti locali;
d) istituzione di un fondo perequativo destinato ai territori con minore capacità fiscale per abitante;
e) responsabilizzazione dei comportamenti di spesa, con la previsione di adeguati meccanismi premiali e sanzionatori in relazione a parametri oggettivi di efficienza della gestione finanziaria di ciascun ente, in modo da favorire processi virtuosi nella finanza pubblica.
(1-00177)
«Misiani, Sanga, Marantelli, Fiano, Delbono, Zucchi, Sereni, Ferrari, Marino, Giorgio Merlo, Miglioli, Pertoldi, Testa, Chianale, Tolotti, Strizzolo, Rusconi, Ventura, Filippeschi, Cinzia Maria Fontana, Fiorio, Marcenaro, Vannucci, Bimbi, Maran, Zaccaria, Morri, Martella, Chicchi, Lovelli, Quartiani, Bressa, Piro, Lucà, Codurelli, Benzoni, De Biasi, Ghizzoni, Betta, Barbi, Fistarol, Amendola, Mantini, Calgaro, Farinone, Galeazzi, Marchi, Ruggeri, Fogliardi, Frigato, Froner, Franci, Mattarella, Burchiellaro, Viola, Lulli, Leddi Maiola, Duilio, Giovanelli».
La Camera,
premesso che:
con la dichiarazione del giugno 2005 il Consiglio europeo, prendendo atto «dei risultati dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi» e considerando che il no al Trattato costituzionale non rimettesse «in discussione l'interesse dei cittadini per la costruzione europea», avviò una fase di riflessione;
questa fase è durata quasi due anni e ha prodotto la Dichiarazione di Berlino (in occasione del 50o anniversario dei Trattati di Roma), che a parte le solenni espressioni, soprattutto del primo paragrafo, non ha indicato alcuna iniziativa capace di porre su nuove basi la costruzione europea;
da autorevoli personalità, da ultimo il neopresidente francese Sarkozy, viene avanzata la proposta di superare lo stallo europeo nel campo delle riforme istituzionali attraverso un mini-trattato da varare attraverso una conferenza intergovernativa, che non richiederebbe nuove consultazioni referendarie;
si rinuncia, così, esplicitamente a dotare l'Unione europea di una costituzione, proponendosi solo di razionalizzare l'attuale assetto istituzionale, non sanando pertanto il deficit democratico che affligge l'Unione europea;
finora al centro della costruzione europea è stata l'integrazione dei mercati e la concorrenza, in funzione delle quali si sono molto parzialmente affermati taluni diritti della persona, e si sono semplicemente richiamati nel Trattato dell'Unione europea i valori democratici;
l'attività giurisdizionale della Corte di giustizia delle Comunità europee è limitata dai Trattati che non sanciscono i diritti fondamentali, risultando così impossibile la loro tutela;
le procedure decisionali dell'Unione europea sono dominate dagli Stati, nonostante l'accresciuto ruolo del Parlamento europeo, privato ancora della capacità di iniziativa legislativa, attribuita esclusivamente alla Commissione;
tutto ciò evidenzia il perdurare di un grave deficit democratico, sanabile solo attraverso la partecipazione dei/delle cittadini/e europei/e alla statuizione della Costituzione europea, in cui si sanciscano i diritti fondamentali della persona e le forme democratiche dei processi decisionali dell'Unione europea;
già nel 1984, con il progetto promosso da Altiero Spinelli, e poi con l'iniziativa Hermann del 1994, i1 Parlamento europeo aveva approvato testi di natura costituzionale per superare i Trattati;
nel 1989 in Italia fu approvata, con un referendum di indirizzo che ottenne un vasto consenso, la proposta di affidare al Parlamento europeo il compito di redigere la Costituzione;
impegna il Governo:
a farsi promotore nelle sedi europee, innanzitutto in occasione del Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007, di iniziative volte ad accrescere le competenze del Parlamento europeo investendolo della competenza a redigere, in collaborazione con i Parlamenti nazionali e con l'attivazione di forme di partecipazione della società civile, un progetto di Costituzione europea da sottoporre a tutti/e i/le cittadini/e dei Paesi dell'Unione per la sua approvazione attraverso il metodo della consultazione referendaria.
(1-00178)
«Migliore, Franco Russo, Mascia, Falomi».
Risoluzioni in Commissione:
La VI e XIII Commissione,
premesso che:
l'agricoltura italiana sta attraversando una fase di forti difficoltà riconducibili a cause di carattere strutturale, quali la siccità, l'adeguamento a norme comunitarie sempre più stringenti, l'inevitabile ricambio generazionale; a tali problemi si aggiungono l'elevato livello degli oneri connessi alla produzione e la complessità degli adempimenti burocratici previsti per chi pratichi, a qualunque titolo, attività agricole;
in relazione ad ambedue i profili sopra evidenziati non trascurabili appaiono gli effetti determinatisi in fase di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 33 e 34 dell'articolo 2 del decreto-legge
n. 262 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006 e modificato da ultimo dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), con le quali l'Agenzia del Territorio ha attribuito i nuovi redditi ai terreni oggetto di variazioni colturali;
le disposizioni richiamate hanno suscitato una forte preoccupazione nel mondo agricolo in relazione alla effettiva corrispondenza tra le colture praticate e la nuova rendita attribuita;
in sede di applicazione, infatti, l'Agenzia del territorio ha aggiornato la banca dati del catasto terreni sulla base del contenuto delle dichiarazioni, presentate dai soggetti interessati nell'anno 2006 ai fini delle erogazioni dei contributi agricoli, messe a disposizione dall'AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura); a tal fine le variazioni catastali sono state effettuate in modo automatico, riconducendo le circa 700 specie colturali presenti nelle dichiarazioni AGEA alle sole 100 qualità di coltura previste dal catasto dei terreni; ciò ha provocato in moltissimi casi un forte aumento dei redditi agrari e dominicali, ma soprattutto un'errata attribuzione della qualità di coltura, con evidenti sperequazioni: emblematico è il caso del pomodoro da industria, coltura notoriamente avvicendata con i seminativi, che è stato classificato orto irriguo con la triplicazione (e in alcuni casi addirittura oltre) delle tariffe d'estimo o anche della barbabietola da zucchero alla quale è stata assegnata la qualità di seminativo irriguo (quando è noto che si fa normalmente senza l'ausilio dell'irrigazione);
l'Agenzia del territorio ha rilevato la possibile presenza di difficoltà nella individuazione e attribuzione della nuova qualità di coltura, caso che si verifica quando quest'ultima - attribuita automaticamente - non corrisponde con quella praticata e attesa dai soggetti interessati, e pertanto ha messo a disposizione degli utenti un servizio che consente di verificare la qualità di coltura attribuita alla singola particella che è stata sottoposta all'aggiornamento automatico e, se necessario, di ricalcolare i redditi in base alla qualità colturale che l'interessato ritiene corretta;
sulla base della legislazione vigente non è ipotizzabile per il contribuente alcuno strumento di intervento diverso dall'istanza di rettifica in sede di autotutela ovvero dal ricorso alla competente commissione tributaria con ulteriore aggravio di costi per il contribuente;
tali interventi, peraltro, sono resi assai difficoltosi dalla ristrettezza dei tempi a disposizione dei contribuenti interessati per il rispetto degli adempimenti fiscali a loro carico;
sembra inoltre che non siano state prese in considerazione le eventuali variazioni in diminuzione delle tariffe d'estimo, nel caso in cui all'AGEA sia stata dichiarata una coltura a minore redditività rispetto a quella risultante al catasto;
ferma restando la validità dell'obiettivo perseguito di garantire una maggiore equità fiscale, facendo emergere situazioni di elusione ed evasione, connesse anche a terreni o immobili non più utilizzati per attività agricole, occorre tuttavia assicurare che le modalità e i tempi di applicazione della procedura in questione non comportino un ingiustificato aggravio del carico fiscale per numerosi agricoltori;
va preso atto dei chiarimenti e delle indicazioni forniti nel corso della discussione dai rappresentati del Governo;
va considerato, in particolare, il giudizio favorevole del Governo su un intervento legislativo che consenta ai soggetti che abbiano presentato istanza di rettifica in autotutela all'Agenzia del territorio, avendo rilevato disallineamenti negli aggiornamenti dei redditi connessi alle variazioni colturali, di utilizzare l'istituto del ravvedimento operoso fino al 30 novembre 2007, senza applicazione di sanzioni ed interessi;
il Governo si è tempestivamente attivato allo scopo di affrontare le molteplici esigenze evidenziate dai contribuenti e rilevate dalla XIII Commissione della Camera dei deputati e che nella seduta di martedì 6 giugno la Commissione Finanze del Senato, in sede di esame dell'atto Senato 1485, ha approvato con parere favorevole del Governo, un emendamento, proposto dal relatore, Presidente Giorgio Benvenuto, con il quale si consente di regolarizzare, mediante l'istituto del ravvedimento operoso, entro il 30 novembre 2007, senza l'applicazione di sanzioni, eventuali inosservanze relative all'anno 2006 delle disposizioni concernenti l'aggiornamento dei redditi fondiari sopra citate, nonché si proroga al 30 settembre 2007 il termine per la presentazione dei ricorsi avverso l'aggiornamento degli estimi catastali;
impegna il Governo
ad adoperarsi per una rapida soluzione della problematica relativa alla rivalutazione degli estimi agricoli, nei casi in cui l'incrocio dei dati AGEA con quelli in possesso dell'Agenzia del territorio abbia creato disallineamenti nell'aggiornamento dei redditi rispetto alle colture effettivamente praticate sul terreno;
a porre in essere strumenti efficaci per garantire comunque, in modo certo e tempestivo, la possibilità di verificare e correggere i disallineamenti verificatasi, in particolare assicurando ai contribuenti la facoltà di utilizzare fino al 30 novembre 2007, senza applicazione di sanzione, lo strumento del ravvedimento operoso e prorogando al 30 settembre 2007 il termine di presentazione dei ricorsi alle competenti commissioni tributarie;
a coinvolgere quando si tratti di definire misure che hanno un impatto rilevante sull'agricoltura italiana, le organizzazioni e associazioni rappresentative della produzione agricola e, in particolare, a prevedere, per il futuro, forme di aggiornamento delle scritture catastali concordate con tali organizzazioni e associazioni;
ad individuare e porre in essere interventi idonei a rafforzare in modo permanente la competitività delle aziende agricole del Paese.
(7-00195)
«Zucchi, Maderloni, Cesini, Fundarò, Lombardi, D'Ulizia, Satta, Franci, Brandolini, Servodio, Fogliardi, Bellanova, Fiorio, Cinzia Maria Fontana, Pertoldi, Fluvi».
La III Commissione,
premesso che:
con risoluzione del 2 maggio 2002, il Consiglio dell'Unione Europea ha aggiornato la lista delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo, includendo in tale lista l'Organizzazione dei Mujahidin del Popolo Iraniano (OMPI);
nei successivi aggiornamenti, l'OMPI è stata sempre mantenuta in tale lista, fino alla Decisione del Consiglio del 21 dicembre 2005 relativa a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo (2005/930/CE);
il procedimento che può condurre ad una misura di congelamento dei fondi ai sensi della normativa pertinente si svolge su due livelli, uno nazionale e l'altro comunitario; in un primo momento, un'autorità nazionale competente, in linea di principio un'autorità giudiziaria, deve adottare nei confronti dell'interessato sospettato o imputato di attività terroristiche una decisione che deve essere basata su «prove o indizi seri e credibili»; in un secondo momento, il Consiglio, all'unanimità, deve decidere di includere l'interessato nell'elenco delle organizzazioni terroristiche sulla base di informazioni precise che mostrano l'adozione di una decisione nazionale; in seguito, il Consiglio deve «accertarsi», a intervalli regolari, almeno
una volta ogni sei mesi, che la presenza dell'interessato sull'elenco controverso «resti giustificata»;
il 29 maggio 2006, in sede di riesame semestrale, è intervenuta un'ulteriore decisione del Consiglio dell'Unione Europea che ha mantenuto l'OMPI nella lista delle organizzazioni terroristiche i cui fondi devono essere congelati;
la sentenza del 12 dicembre 2006 del Tribunale di Prima Istanza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (causa T-228/02) ha annullato la Decisione del Consiglio del 21 dicembre 2005 poiché ha constatato che «la decisione impugnata non è motivata e che è stata adottata nell'ambito di un procedimento durante il quale non sono stati rispettati i diritti della difesa della ricorrente (l'OMPI)»;
inoltre, il Tribunale ha stabilito di «non essere in grado di effettuare il controllo giurisdizionale della legittimità di tale decisione», in quanto «il Consiglio e il Regno Unito (ammesso ad intervenire a sostegno del Consiglio) non sono stati neanche in grado di dare una risposta coerente al problema di sapere quale fosse la decisione nazionale (condizione preliminare ai sensi dell'articolo 1, n. 4, della posizione comune n. 2001/931) sulla base della quale è stata adottata la decisione (del Consiglio) impugnata»;
nel suo ricorso, l'OMPI ha sostenuto di essere stata inclusa nell'elenco controverso «sulla sola base, apparentemente, di documenti prodotti dal regime di Teheran» e che «i motivi dell'iscrizione (erano) del tutto verosimilmente diplomatici»;
il Tribunale di Prima Istanza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee non ha messo in discussione l'ultima Decisione del Consiglio in data 29 maggio 2006, attualmente in vigore, non perché essa sia stata adottata a differenza delle precedenti nel rispetto o meno delle dovute garanzie (comunicazione dei nuovi elementi a carico, motivazione del mantenimento e un'audizione dell'interessato), ma solo perchè tale decisione non era oggetto del ricorso in esame;
d'altra parte, lo stesso Tribunale di Prima Istanza ha stabilito, in linea generale, che «la motivazione di una decisione successiva di congelamento dei fondi deve indicare le ragioni specifiche e concrete per cui il Consiglio considera, in seguito al riesame, che il congelamento dei fondi dell'interessato resta giustificato» e che «non può ammettere che la motivazione possa consistere soltanto in una formulazione generica e stereotipata»;
il 30 gennaio 2007, il Consiglio dei ministri europei dell'Economia e delle Finanze ha comunicato, con una lettera ai legali dell'OMPI, di non avere intenzione di procedere alla cancellazione di tale organizzazione dalla lista, ma solo di concedere ad essa la possibilità di presentare le proprie osservazioni sul caso;
sin dai primi anni '80, l'Italia ha riconosciuto lo status di rifugiati politici a non pochi membri dell'OMPI e della resistenza iraniana;
in favore della cancellazione dell'OMPI dalla lista europea delle organizzazioni terroristiche si sono recentemente espressi numerosi deputati e senatori della maggioranza e dell'opposizione, eoltre la metà dei deputati ha firmato un documento rivolto all'Unione Europea perché rispetti la sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo;
impegna il Governo:
a sostenere in sede di Consiglio dell'Unione Europea il pieno rispetto della sentenza del 21 dicembre 2006 del Tribunale di Prima Istanza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (causa T-228/02) che ha annullato la Decisione del Consiglio dell'Unione Europea di includere l'OMPI nella lista delle entità terroristiche e di congelarne i beni;
a partecipare attivamente alla revisione semestrale di tale lista da parte del Consiglio al fine di accertare che la presenza dell'OMPI come di altre organizzazioni e individui nell'elenco delle organizzazioni terroristiche sia realmente giustificata,
tenendo conto dei rilievi mossi dalla summenzionata sentenza alle precedenti decisioni del Consiglio, in particolare, per quanto riguarda la condizione preliminare di una decisione della autorità nazionale competente, l'obbligo di comunicazione e motivazione, il diritto di difesa.
(7-00196)
«D'Elia, Villetti, Mantovani, Forlani, Pettinari, De Zulueta, Rivolta, Paoletti Tangheroni, Zacchera».
La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 53 della Costituzione italiana cita testualmente «tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità» e «il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 247, e successive modificazioni, istituisce, all'articolo 62, gli studi di settore;
la legge 8 maggio 1998, n. 146, reca disposizioni in materia di accertamento di riscossione, di contrasto all'evasione fiscale e di funzionamento dell'amministrazione finanziaria;
il decreto-legge n. 223 del 2006 ha innovato la disciplina delle modalità di accertamento dei redditi basata sugli studi di settore;
la legge 27 dicembre 2006, n. 296, con il comma 13 dell'articolo 1, introduce, ogni tre anni, la revisione degli studi di settore e con il comma 14 introduce, in senso sperimentale, gli indicatori di normalità economica;
il 14 dicembre 2006 è stato sottoscritto il protocollo d'intesa sugli studi di settore tra le associazioni di categoria, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ed il Ministero dello Sviluppo Economico;
il dottor Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia, ha dichiarato nelle Considerazioni finali rese all'Assemblea ordinaria dei Partecipanti il 31 maggio 2007, che «alla fine del 2006 il debito pubblico aveva raggiunto circa 1.575 miliardi, quasi ventisettemila euro per ogni cittadino. La sua incidenza sul prodotto è salita per 30 anni dal 32 per cento del 1964 al 121 per cento del 1994; è scesa di 18 punti dal 1994 al 2004; da allora è tornata ad aumentare. Un debito elevato - ha continuato - vincola le politiche pubbliche, richiede imposte più alte, riduce le risorse per gli investimenti per la spesa sociale. Il recente miglioramento dei conti pubblici - ha poi sottolinato Mario Draghi - è dovuto al forte aumento delle entrate». Secondo la relazione del Governatore della Banca D'Italia «le stime del Governo indicano per quest'anno un ulteriore aumento della pressione fiscale. A causa del peso dell'evasione che resta forte nonostante qualche primo segno del recupero di gettito, la differenza fra l'Italia ed il resto d'Europa è maggiore se si guarda al prelievo su contribuenti fiscalmente onesti»;
anche sulla base di queste autorevoli considerazioni sussiste un largo e sentito apprezzamento circa l'andamento delle entrate tributarie e circa l'operato del Governo, per le misure efficaci messe in campo per contrastare l'elusione e l'evasione fiscale: un lavoro efficace e incisivo, come dimostrato dal bonus di 10 miliardi di euro emerso, nei mesi scorsi, dalla Trimestrale di Cassa;
è ancora presente in Italia un notevole comparto di economia sommersa, che secondo le ultime statistiche ufficiali di contabilità nazionale, relative all'anno 2003, si attestano in un ordine di grandezza compreso fra il 14,8 ed il 16,7 per cento del prodotto interno lordo. Dati allarmanti, che indicano che esistono oltre 200 miliardi di euro di valore aggiunto su cui non si pagano imposte in relazione a questa cifra - come dichiarato dal Viceministro Vincenzo Visco nell'audizione resa alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato in congiunta con la Commissione VI Finanze della Camera dei Deputati
il 12 ottobre 2006 - 100 miliardi derivano dall'utilizzo di lavoro non regolare, e più di 93 miliardi da sottodichiarazione di fatturato ottenuto con occupazione regolare. Nell'ultimo anno considerato si osserva una preoccupante inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti con una crescita complessiva del sommerso stimabile fino a 0,5 punti percentuali del Pil, nonostante la notevole riduzione di lavoro irregolare dovuto alla sanatoria di quasi 700 mila immigrati clandestini;
il contrasto all'evasione comporta la messa in atto di una strategia generale dei controlli: l'obiettivo è il recupero di correttezza fiscale, nella consapevolezza che l'importanza dell'azione di accertamento non consiste tanto nelle maggiori entrate direttamente prodotte, quanto nei suoi effetti sull'adempimento spontaneo;
le cifre recuperate dall'evasione fiscale devono essere impiegate prima di tutto nella direzione di una riduzione della pressione fiscale, per la redistribuzione del reddito soprattutto verso le fasce più deboli della popolazione e per interventi strutturali a sostegno del rilancio della competitività del paese;
il protocollo d'intesa sopra richiamato, è stato firmato dal Viceministro dell'Economia e delle Finanze On. Vincenzo Visco, dal Ministro dello Sviluppo Economico On. Pierluigi Bersani, dal Sottosegretario per l'Economia e le Finanze On. Mario Lettieri, dall'amministratore delegato di Casartigiani, dal presidente della Cna Ivan Malvasi, dal presidente di Confartigianato Natalino Giorgio Guerrini, dal presidente di Confcommercio Carlo Sangalli e dal presidente di Confesercenti, Marco Venturi;
tale protocollo d'intesa, facendo riferimento al primo accordo sottoscritto il 26 settembre 2006, considera che il percorso fino ad ora compiuto consente di affermare la piena validità degli Studi di settore, quale strumento di valutazione dell'efficienza economica della gestione aziendale e di garanzia di equità, certezza e trasparenza nel rapporto tra fisco e contribuente, sia pure con gli opportuni interventi suggeriti dall'esperienza nel frattempo maturata;
lo stesso protocollo riconosce l'assoluta opportunità di confermare la metodologia seguita che vede la partecipazione degli esperti delle Organizzazioni di categoria, nelle diverse fasi di costruzione ed evoluzione degli Studi, come momento di confronto imprescindibile per la manifestazione di un parere sulle capacità dei singoli Studi di rappresentare la realtà a cui si riferiscono;
lo stesso protocollo riconosce l'assoluta opportunità di riequilibrare il prelievo fiscale, attraverso una progressiva riduzione dello stesso in misura proporzionale alla emersione di base imponibile, in modo da migliorare l'equità del sistema;
il protocollo ritiene prioritaria l'esigenza di migliorare la capacità d'intervento selettivo degli Studi di settore e, quindi, riconferma la volontà di non modificarne la natura, trasformandoli in strumento automatico con azione indiscriminata; conferma la necessità di proseguire nell'attuazione dei processo - iniziato a seguito della sottoscrizione del protocollo firmato nel 1996 - per portare il sistema fiscale italiano a diventare una componente sempre più funzionale allo sviluppo del sistema produttivo, distributivo e dei servizi, agevolando i processi di riorganizzazione e ristrutturazione delle imprese; prevede l'applicazione e la valorizzazione di specifici indici di coerenza nell'ambito della metodologia di elaborazione e revisione degli Studi, con la partecipazione degli esperti delle categorie interessate, al fine di consentire loro di esprimere un proprio parere tramite l'apposita Commissione;
il protocollo prevede, soprattutto, criteri di affinamento degli indici di territorialità e rivisitazione del sistema di operatività degli Osservatori, per rendere i risultati degli Studi di settore ancora più aderenti alla realtà mediante una nuova articolazione territoriale degli Osservatori e l'attribuzione di nuove funzioni;
ciò nonostante, i rappresentanti delle associazioni di categoria hanno ripetutamente evidenziato, nelle ultime settimane, l'impatto che i nuovi studi stanno avendo sui contribuenti: elevato numero dei soggetti che fino all'anno scorso erano congrui e che quest'anno si ritrovano non congrui; valori di adeguamento richiesti molto elevati, con forti impatti sulle somme da pagare; inadeguatezza dei nuovi Indicatori di Normalità Economica, perché non tengono conto della suddivisione in cluster (categorie omogenee) delle categorie per le quali sono stati approvati gli studi di settore (mentre gli studi sono poco più di 200 i cluster sono oltre 2.000); scarsità di tempo per applicare correttamente i nuovi studi; diffusa opinione nei contribuenti contattati di non volersi adeguare ai nuovi livelli di congruità richiesti; casi di imprenditori (quelli più deboli in situazioni di «marginalità») che hanno preannunciato o addirittura già attivato pratiche per la cessazione dell'attività;
tali proteste hanno per oggetto la decisione di applicare dall'esercizio 2006 gli indici di normalità economica introdotti negli studi di settore 2007, senza previa concertazione con le categorie economiche interessate; a ciò si aggiunge che molte altre norme contenute nel decreto Bersani-Visco e nel decreto-legge n. 262 del 2006, collegato alla Finanziaria, si applicano già dall'esercizio 2006, dunque con effetto retroattivo;
ciò viene percepito come una vessazione, tanto più da parte delle imprese che sono leali con il fisco, atteso che, oltre a ritrovarsi con una base imponibile allargata ed un considerevole incremento della tassazione effettiva, debbono fare i conti con un notevole aumento degli adempimenti, i cui costi si scaricano sugli stessi contribuenti ed incidono in modo particolarmente gravoso sui piccoli imprenditori; l'applicazione retroattiva delle norme fiscali comporta inoltre per le imprese incertezza sui propri programmi di investimento;
il rapporto Istat 2006 conferma il rilevante contributo al Pil del paese portato dalle Pmi, tanto che è dovuto ad esse il 70 per cento del monte salari erogato in Italia;
il commercio al dettaglio subisce un ulteriore colpo dall'andamento delle vendite del primo trimestre del 2007: mentre la grande distribuzione cresce del 4,2 per cento, le piccole imprese fanno un passo indietro con 1,9;
gli studi di settore non possono essere trasformati in minimum tax e restano uno strumento per orientare e finalizzare l'accertamento con la necessità che l'amministrazione finanziaria valuti le situazioni concrete;
le associazioni firmatarie del protocollo d'intesa hanno annunciato, per le prossime settimane, una mobilitazione dei propri associati per rendere più visibile e forte tale protesta,
impegna il Governo:
a procedere, in piena intesa con le associazioni firmatarie, nell'attuazione del protocollo d'intesa, firmato il 14 dicembre 2006, al fine di risolvere i numerosi problemi applicativi sopra descritti, ed in particolar modo per quanto riguarda l'introduzione dei nuovi indicatori economici e l'impatto che essi hanno sul livello di congruità dei ricavi ed al pieno rispetto dello Statuto dei diritti del contribuente;
ad interpretare la disposizione recata dal comma 14 dell'articolo 1, della legge n. 296 del 2006, in senso sperimentale, laddove l'introduzione degli indicatori di normalità economica è stata approvata, nella prospettiva di elaborazione e revisione degli studi di settore, e quindi come una mera elaborazione e revisione degli studi di settore che si andranno ad introdurre con l'ausilio irrinunciabile delle associazioni di categoria interessate;
a far emanare direttive per una visibile e forte azione di informazione e formazione volta a migliorare il contraddittorio tra i contribuenti e gli uffici territoriali dell'Agenzia delle Entrate in materia
di studi di settore, nella prospettiva di introdurre una cultura della consulenza e della collaborazione tra l'amministrazione finanziaria ed i contribuenti;
a emanare, al più presto, norme che assegnino un effettivo potere alle commissioni provinciali ed agli osservatori istituiti con decreto del direttore generale delle entrate del 15 aprile 1999, per arricchire la reale conoscenza delle dinamiche micro-economiche settoriali e territoriali e delle varie realtà di ciascuna provincia e regione.
(7-00198)
«Ceccuzzi, Del Mese, Fincato, Fluvi, Fogliardi, Tolotti, Nannicini».
La VIII Commissione,
premesso che:
la Regione Lombardia ha approvato la legge 11 dicembre 2006, n. 24, recante «Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente», che attribuisce, tra l'altro, alla Giunta regionale il potere di disporre, con appositi provvedimenti, la limitazione della circolazione dei veicoli più inquinanti sull'intera rete stradale del territorio regionale (con la sola eccezione delle autostrade e degli assi stradali individuati con provvedimento della Giunta medesima) ed introduce un progressivo divieto di circolazione, a partire dal 1o luglio 2007, per i veicoli «pre Euro 1»;
con ricorso n. 7 del 2007, presentato davanti alla Corte Costituzionale il 15 febbraio 2007, il Governo ha impugnato la legge regionale in questione, denunciandone l'illegittimità costituzionale nella parte in cui lede, a suo giudizio, le competenze normative dello Stato e quelle amministrative dei prefetti e dei sindaci, rispettivamente, in materia di regolamentazione della circolazione stradale e di emanazione dei relativi provvedimenti limitativi;
appena ha avuto notizia di tale ricorso, la VIII Commissione (Ambiente) della Camera ha ritenuto indispensabile chiedere al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta, di riferire al Parlamento in ordine alla specifica iniziativa assunta dal Governo, oltre che, in generale, sugli orientamenti governativi relativi alla legislazione regionale in materia di inquinamento atmosferico;
nel corso dell'audizione del Ministro, svolta nella seduta del 21 febbraio 2007, la Commissione ha sottoposto all'attenzione del Governo due questioni prioritarie;
con la prima questione, di merito, la Commissione ha inteso rappresentare il proprio interesse per una legislazione regionale, come la legge n. 24 del 2006 della Regione Lombardia, che affronta in modo organico la problematica dell'inquinamento dell'aria e che si pone come modello innovatore e più avanzato rispetto alle normative adottate dalle altre regioni, nonché più rigoroso rispetto alla normativa nazionale;
con la seconda questione, di metodo, la Commissione ha inteso invece sottolineare davanti al Ministro l'opportunità che in materie di così vasta portata - come la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini -, al di là degli approfondimenti tecnici e giuridici relativi al riparto delle competenze, l'azione delle istituzioni coinvolte sia sempre fondata sulla cooperazione e sulla ricerca dell'indispensabile raccordo fra tutti i livelli istituzionali;
del resto, aderendo alle sollecitazioni della Commissione, il Ministro - pur richiamando la necessità di assicurare, anche attraverso l'esercizio della funzione di sindacato sulle leggi regionali, una tenuta generale dell'ordinamento e mettendo in risalto il fatto che la questione del riparto di competenze va intesa non burocraticamente, ma nella prospettiva di trovare le modalità più efficaci per raccordare l'azione dei diversi livelli istituzionali coinvolti - ha manifestato la piena disponibilità del Governo a ritirare l'impugnativa
non appena si fosse trovato l'accordo fra Governo e Regione Lombardia - dallo stesso Ministro giudicato in avanzato stato di elaborazione - sulle modifiche tecniche da apportare alla legge in questione;
analoga posizione è stata espressa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che peraltro è il dicastero competente a seguire direttamente le politiche attive in materia di riduzione delle emissioni in atmosfera e di tutela dell'ecosistema;
non sembra, tuttavia che, al momento, si sia giunti ad un risultato positivo sull'argomento, con il rischio che il mancato accordo fra Governo e Regione Lombardia ed il conseguente avvio del giudizio davanti alla Corte costituzionale si traduca, al di là della volontà delle parti, nella impropria sostituzione della conflittualità alla cooperazione istituzionale e in una grave dilatazione dei tempi di rinnovo della legislazione regionale in materia ambientale e di rafforzamento delle politiche regionali per la salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini;
impegna il Governo:
a) a riferire al Parlamento in ordine ai passi compiuti sulla questione di cui in premessa e agli atti posti in essere per dare attuazione al formale impegno a trovare una soluzione positiva espresso all'esito dell'audizione svolta presso la VIII Commissione;
b) a porre in essere tutti gli sforzi necessari per arrivare ad una proficua composizione della vertenza fra Regione Lombardia e Governo sulla base di un giudizio che riconosce nella legge regionale n. 24 del 2006 un contributo positivo per la lotta all'inquinamento e per la riduzione dei gas serra.
(7-00197)
«Realacci, Marantelli, Camillo Piazza, Acerbo, Chianale, Cacciari, Lomaglio, Lupi».