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Allegato A
Seduta n. 170 del 14/6/2007
...
(Sezione 4 - Processo di privatizzazione della Fincantieri)
D)
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro dei Trasporti, per sapere - premesso che:
Fincantieri - cantieri navali italiani s.p.a. è uno dei più importanti complessi cantieristici navali d'Europa;
Fincantieri - cantieri navali italiani s.p.a., già di proprietà dell'Iri ha oggi per azionista di controllo Fintecna, di proprietà del ministero dell'economia;
Fincantieri, la cui sede di direzione generale è a Trieste, occupa direttamente oltre 9250 addetti, ai quali vanno aggiunti altri 18 mila lavoratori dipendenti delle ditte di appalto;
nell'ottobre 2005 l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, in occasione di un incontro riservato, ha informato i dirigenti sindacali dell'esistenza di un progetto di privatizzazione della società, da realizzarsi attraverso la quotazione in borsa e la vendita della maggioranza del suo pacchetto azionario;
già nel 1992 l'allora Ministro del tesoro, Piero Barucci, fece predisporre un »libro bianco« sulle partecipazioni statali di proprietà dell'Iri, nel quale si qualificò la cantieristica navale come »settore maturo« e quindi »da dismettere«;
la reazione immediata dei lavoratori, che impedirono la liquidazione dei cantieri, congiuntamente alla scelta del management di puntare sul mercato delle navi da crociera, permise il rilancio produttivo di Fincantieri;
anche nel 1998 Fincantieri attraversò un periodo critico, chiudendo il bilancio con 800 miliardi di lire di passivo a fronte di un fatturato di poco superiore ai 4 mila miliardi;
l'allora presidente dell'Iri, Gianmaria Gros-Pietro, nominò un nuovo amministratore delegato, Pierfrancesco Guarguaglini, che, attraverso un piano triennale di riduzione del 35 per cento dei costi basato sull'abbattimento del rischio di commessa e su una riorganizzazione produttiva che prevedeva, per la prima volta in Fincantieri, un sistema di controllo di gestione della commessa, condusse ad un riassestamento positivo dei bilanci dell'impresa;
nel 2002 venne nominato il nuovo amministratore delegato nella persona di Giuseppe Bono, il quale fino al 2004 si rifiutò di adeguare gli organici secondo quanto pattuito nel 2001 tra i sindacati e la precedente dirigenza;
nel 2004, al termine di una durissima vertenza per il pre-contratto e per l'integrativo aziendale, le parti sottoscrissero un importante accordo di gruppo che prevedeva la rinuncia al ricorso alla legge 30, nuove norme sugli appalti e, di nuovo, il reintegro automatico del turn-over e l'incremento degli organici a fronte dell'acquisizione di nuove commesse;
sebbene nel 2005 le commesse fossero arrivate (dodici navi da crociera per Carnival, cinque ferries Fynnlines, quattro Grimaldi, il programma Fremm e altre navi speciali), Fincantieri, non rispettò l'accordo né per il reintegro del turn-over né per l'adeguamento dell'organico;
il 1o dicembre 2005 il coordinamento nazionale fim-fiom-uilm del gruppo Fincantieri ha giudicato «inaccettabile qualsiasi tentativo di privatizzare la Fincantieri (...) che determinasse un rischio per le prospettive industriali, per l'unità e l'integrità del groppo e per l'occupazione nei cantieri navali»;
il 29 novembre 2006 il vicepresidente del consiglio, Massimo D'Alema, intervenendo in aula in replica ad un'interrogazione a risposta immediata (atto n. 3/00423), ha dichiarato che «il governo non ha assunto alcuna decisone sulla possibilità di aprire al mercato il capitale di Fincantieri, né esistono orientamenti in proposito. (...) La società potrebbe ottenere in borsa le risorse di cui ha bisogno per il suo sviluppo, ma tale opzione non prelude alla perdita del controllo da parte dello Stato che potrebbe rimanere azionista di controllo considerata la valenza strategica di Fincantieri per la nostra industria della difesa»;
tale orientamento è stato confermato il 30 novembre 2006, nel corso di un primo incontro tra governo (rappresentato dal vice Ministro dei trasporti, Cesare De Neroli, e dal sottosegretario all'economia, Massimo Tononi), sindaci e sindacati;
nel gennaio 2007 l'azienda ha annunciato l'intenzione di comprare un cantiere low cost in Ucraina che, da fonti di stampa, risulterebbe essere cinque volte più grande di quello di Monfalcone, lo stabilimento più grande del gruppo Fincantieri;
il 15 marzo 2007, a quasi quattro mesi dal precedente incontro, il Governo ha convocato nuovamente i sindacati e i sindaci e, in quell'occasione, ha sostenuto, tramite il vice Ministro Piccoli, che il piano industriale è eccellente e che la necessità di reperire capitali freschi è »compatibile« con una quotazione in borsa del 49 per cento del pacchetto azionario di Fincantieri;
tra marzo e aprile si sono susseguiti nei cantieri navali scioperi e manifestazioni contro le decisioni annunciate dal Governo;
il 17 aprile 2007 il coordinanmento nazionale Fiom del gruppo Fincantieri ha lanciato la sottoscrizione in calce ad un appello indirizzato al Presidente del Consiglio, Romano Prodi, contro la quotazione e la privatizzazione di Fincantieri che, in poche settimane, ha raccolto tra i dipendenti di Fincantieri già 5.295 firme;
lo stesso giorno, il coordinamento nazionale Fiom ha fissato per il 15 giugno 2007 otto ore di sciopero;
recentemente l'amministratore delegato di Fincantieri ha comunicato ai sindacati che il 90 per cento del ricavato della collocazione in borsa verrebbe destinato all'azionista (il ministero dell'economia e delle finanze), mentre il 10 per cento sarebbe utilizzato per la ricapitalizzazione;
considerando che il valore economico della collocazione dovrebbe essere compreso tra il miliardo ed il miliardo e trecento milioni di euro appare evidente agli interpellanti che si tratti di un'operazione di cartolarizzazione;
i sindacati ritengono altresì che la società, se ben gestita, sia in grado di produrre le risorse necessarie ai suoi piani di investimento e sviluppo, come è stato dimostrato nel caso del recente acquisto di una quota di un cantiere di riparazione-trasformazione in Germania;
Fincantieri ha consolidato negli ultimi sette anni importanti risultati economici ed una ottima accumulazione di riserve;
Fincantieri non ha attualmente alcun indebitamento con le banche e ha raggiunto, al contrario, un posizionamento competitivo importante con un portafoglio ordini di 10 miliardi di euro mai raggiunto in precedenza;
nel portafoglio ordini ci sorgo numerosi prototipi, soggetti a rischi sia di progetto sia di processo;
lo squilibrio del modello di organizzazione produttiva (a partire dalla riduzione degli organici e dal ricorso agli appalti oltre ogni regola definita negli accordi) provoca una preoccupante dispersione di know-how;
le organizzazioni sindacali ritengono che, non avendo Fincantieri i livelli di redditività pretesi dalla borsa, il nuovo azionista di Fincantieri sarebbe indotto a ricercare la massima redditività nell'immediato, esponendo il gruppo ad operazioni di cessioni di attività e di siti produttivi;
per la stessa ragione è male il rischio che, successivamente, subentri un investitore specializzato in operazioni finanziarie speculative;
il mercato della cantieristica navale é tuttavia strutturalmente ciclico, a bassa redditività e ad alto rischio: è cioè tale da rendere difficile perseguire risultati costantemente in crescita;
nel settore militare dopo la diluizione del programma Fremm e la scarsa accessibilità ai mercati esteri, Fincantieri si presenta sul piano internazionale come un soggetto debole;
in tali condizioni collocare in borsa l'azienda equivarrebbe ad esporla a pressioni e sollecitazioni che, a giudizio degli interpellanti, essa non è in guado di sostenere;
l'impossibilità per Fincantieri di rispondere alle attese della borsa provocherebbe un calo delle sue quotazioni azionarie che ne farebbe un'azienda facilmente scalabile da raiders che potrebbero effettuare operazioni speculative, valorizzando un altro patrimonio di Fincantieri, le grandi aree attualmente occupate dai cantieri navali in zone di grande potenziale turistico-commerciale, sancendo così definitivamente la fine della cantieristica ed una consistente ulteriore riduzione della base industriale del Paese, i cui inevitabili costi sarebbero a quel punto assai superiori ai ricavi della privatizzazione -:
quale sia il giudizio del Governo sul processo di privatizzazione e di quotazione in borsa in ipotesi;
quali siano le valutazioni del Governo in ordine alla paventata delocalizzazione produttiva che, secondo le stime sindacali, porterebbe al taglio di dodici-tredici mila posti di lavoro in Italia;
se i Ministri interpellati non ritengano urgente assumere il compito di salvaguardare un patrimonio industriale strategico come quello rappresentato da Fincantieri, non affidandone le sorti alla speculazione di borsa;
se il Governo non intenda farsi carico di un piano industriale che, puntando sull'alto valore della produzione e del lavoro, eviti la deriva delle produzioni a basso costo;
se il Governo non intenda avocare a sé il compito di garantire un piano di consolidamento e sviluppo di Fincantieri in tutti i suoi siti e in, tutta la sua occupazione.
(2-00579)
«Burgio, Migliore, Mario Ricci».
(5 giugno 2007)