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Allegato B
Seduta n. 170 del 14/6/2007
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, per sapere - premesso che:
il Numero Unico per le Emergenze europeo è stato istituito nel 1991 attraverso la disposizione della Comunità Europea 91/396/Cee;
il NUE è un servizio che si pone come obiettivo la realizzazione di un sistema integrato e coordinato di gestione delle risposte alle chiamate di emergenza e dei relativi interventi, fondato sulla sola numerazione 112, valido su tutto il territorio dell'Unione europea;
il servizio doveva essere sperimentato nell'anno 2006 ed avrebbe dovuto trovare concreta attuazione a partire dall'anno 2007;
il 4 agosto 2003, attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, fu disposta la creazione del gruppo di lavoro interministeriale per l'istituzione del numero unico europeo di emergenza presso il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri; tale gruppo avrebbe avuto lo scopo di definire ed approvare lo studio di fattibilità del progetto ed il manuale operativo di gestione dei centri di risposta pubblici alle chiamate di emergenza;
con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 giugno 2005, fu disposta la creazione di un'«Unità tecnico-operativa per l'istituzione del numero unico»;
secondo quanto si evince dall'articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 ore, «... i due gruppi di lavoro interministeriali - spiega Settimio Vinti ex coordinatore del gruppo di lavoro interministeriale per il progetto e la realizzazione in Italia del 112 europeo - hanno redatto lo studio di fattibilità e il manuale operativo per il personale. Hanno anche definito molti dei protocolli tecnici con gli operatori di telefonia fissa e mobile e quelli di ingaggio dell'emergenza seguiti dalle forze competenti ...»;
il servizio, in fase di sperimentazione, era stato previsto, in un primo momento, per le province di Salerno, Palermo e Catanzaro ma è stato inopinatamente sospeso nonostante la stessa sperimentazione fosse già in fase avanzata;
secondo quanto affermato da Settimio Vinti nell'articolo citato, sembra che a maggio-giugno del 2006 fosse tutto pronto «... per partire con la prima sperimentazione ma con il cambio di Governo le strutture del progetto sono decadute e non sono più state costituite ...» causando così un forte ritardo per il completamento definitivo del progetto;
il progetto era già stato finanziato dal CIPE nel 2003 con 9,7 milioni di euro che non sono mai stati utilizzati anche a causa della cancellazione della sperimentazione della città di Salerno che prevedeva l'istituzione di una centrale unica di primo livello che sovrintendeva alle attuali in servizio;
da quanto affermato dal nuovo Capo del Dipartimento Innovazione Tecnologica della Presidenza del Consiglio dei ministri, infatti, il progetto sul numero unico di emergenza, sembrerebbe sia stato profondamente modificato rispetto alla originaria impostazione;
il progetto sviluppato dal gruppo di lavoro interministeriale costituitosi nel 2003 prevedeva la riorganizzazione di tutto il sistema per la gestione delle emergenze creando un'unica centrale operativa interforze su base provinciale la quale, una volta ricevuta la chiamata avrebbe deciso le risorse da impiegare e poi gestito l'emergenza; il progetto nuovo prevede, invece, soltanto la riqualificazione delle centrali già esistenti;
secondo quanto si evince dal predetto articolo di stampa, a causa del forte ritardo accumulato dall'Italia rispetto agli altri Paesi europei per attuare il progetto del NUE, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione con atto di costituzione in mora per la non disponibilità delle informazioni di localizzazione del chiamante alle autorità di emergenza;
ancora oggi le autorità incaricate dei servizi di soccorso non sono in grado di reperire le informazioni relative all'ubicazione di chi chiama i numeri di emergenza attualmente attivi e ciò pone in serio rischio la vita di quanti, per cause di semicoscienza, non riescono tempestivamente a comunicare la loro posizione sul territorio nel momento del bisogno; tutto ciò nonostante il Parlamento europeo, attraverso la direttiva «servizio universale», precisamente la 2002/22/CE, all'articolo 26, paragrafo 3, abbia disposto di provvedere «... affinché per ogni chiamata al numero unico di emergenza europeo, le imprese esercenti reti telefoniche mettano a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso le informazioni relative alla ubicazione del chiamante ...» -:
quali siano le motivazioni che hanno determinato la decisione da parte del Governo di bloccare la sperimentazione nelle province di Salerno, Palermo e Catanzaro;
se ritenga opportuna e funzionale la scelta di modificare il progetto in itinere e di adottare una soluzione alternativa per quanto concerne la creazione del NUE, scelta che ha già causato notevole ritardo per il definitivo completamento dello stesso progetto, ampiamente finanziato dal CIPE, e che ha vanificato l'enorme lavoro sviluppato dal gruppo di lavoro interministeriale creato con decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 2003;
quali iniziative di propria competenza intenda adottare per dare avvio nuovamente alla sperimentazione del NUE nelle predette province;
se ritenga opportuno attivare ogni iniziativa di propria competenza volta a soddisfare, in primo luogo, la direttiva della Comunità eEuropea 2002/22/CE citata in premessa per far sì che le autorità incaricate dei servizi di soccorso possano reperire in tempo reale i dati di coloro che chiamano e che, per motivi vari, risultano impossibilitati a comunicare la loro posizione nel momento del bisogno.
(2-00605)«Cirielli».
La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture, il Ministro dei trasporti, per sapere - premesso che:
il Porto di Gioia Tauro, che avrebbe dovuto rappresentare il volano dello sviluppo dell'intera Calabria, rimane ancorato
alla sola attività di transhipment, oggi in fase di ripresa, dopo le difficoltà evidenziate nel primo semestre del 2006;
la gestione del Porto di Gioia Tauro è stata sempre organizzata in un quadro di incertezze che non hanno consentito l'effettuazione della polifunzionalità del porto stesso: ritardi nei finanziamenti, scarsa attenzione sulla rivalità nata da parte di altri porti italiani e mediterranei nei confronti del Porto di Gioia Tauro, lentezza nel completamento delle infrastrutture portuali, marginalità dell'obiettivo della polifunzionalità, mancanza dell'istituzione di una zona franca produttiva;
fin dal dicembre del 1997, già Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi, con la presentazione delle linee-guida del «famigerato» master plan del Porto di Gioia Tauro, era divenuta del tutto marginale la relativa polifunzionalità, anzi era apparsa chiara la volontà di capovolgere la polifunzionalità completa, affermata nel protocollo d'intesa;
nel marzo del 1998, l'allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ha supportato il veto, espresso nel luglio 1996, dalle organizzazioni sindacali confederali circa l'ipotesi di istituzione di zone franche nel sud, comunicando l'approvazione di ben quattro punti franchi doganali in Sardegna e non nel porto di Gioia Tauro;
sempre sotto la Presidenza del Consiglio del professor Romano Prodi, nel 1996 era già stato nominato un inutile coordinamento del porto di Gioia Tauro, affidato al Sottosegretario di Stato ai trasporti dell'epoca;
ancora in questa legislatura la Regione Calabria ha assunto comportamenti che l'interpellante giudica equivoci nei confronti del porto di Gioia Tauro; nonostante l'anomala nomina di un sottosegretario regionale con apposita delega per quell'area portuale, è riscontrabile una inefficiente ed equivoca programmazione per rilanciare le potenzialità del porto stesso e del relativo retroporto;
la legge finanziaria del 2007 ha introdotto l'autonomia finanziaria delle Autorità portuali, che comunque non beneficerà Gioia Tauro, visto che oltre il 94 per cento delle merci che transitano per quel porto non toccano terra e che le banchine esistenti sono quasi tutte concesse alla Medcenter e alla Blg;
sempre la legge finanziaria del 2007 ha autorizzato un contributo di 50 milioni di euro per il 2008 per lo sviluppo del porto di Gioia Tauro;
il 25 ottobre 2006 è stato nominato Presidente del Consorzio Piana Sicura il gen. Angiolo Pellegrini (già comandante provinciale dei Carabinieri ed ex capo delle operazioni della DIA in Sicilia); del consorzio fanno parte, oltre ai Comuni di Gioia Tauro - San Ferdinando- Rosarno, la Regione Calabria, la Prefettura, l'Amministrazione provinciale e l'ASI. II Consorzio sta elaborando importanti progetti in vista della stesura del piano di programmazione per l'utilizzo dei fondi PON Sicurezza 2007-2013, sia nel campo sociale che della sicurezza del territorio;
il Consiglio dei Ministri, il 27 dicembre 2006, ha nominato il Prefetto Mario Mori Commissario straordinario del Governo per il coordinamento operativo con enti e soggetti pubblici e privati che operano nel territorio di Gioia Tauro, al fine di garantire continuità e sicurezza ai progetti infrastrutturali relativi al porto e all'area industriale;
l'interpellante ricorda, altresì, la già citata ed anomala figura del Sottosegretario regionale, con delega esclusiva sul porto di Gioia Tauro;
si ricorda, ancora, la presenza dell'Autorità portuale, che tra l'altro, ha il compito di indirizzare, programmare, coordinare, promuovere e controllare le operazioni portuali, le attività commerciali e industriali, con poteri anche su sicurezza e igiene;
dalla stampa si apprende che il 4 maggio 2007 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, ha
nominato l'ing. Rodolfo De Dominicis a Commissario straordinario del Governo per lo sviluppo del porto e della pertinente area di Gioia Tauro;
l'ing. De Dominicis nella qualità di Presidente dell'Unione Interporti Riuniti (UIR) e di SIS SpA, società partecipata al 75 per cento da Enti pubblici che sta realizzando in Sicilia gli Interporti di Catania e di Termini Imerese, dovrebbe porre in essere la sua competenza su di un Interporto di Gioia Tauro, già di fatto programmato su Lamezia Terme -:
quali siano i motivi e le reali competenze di tutte le nomine governative citate, in particolare, l'ultima dell'ing. De Dominicis a Commissario Straordinario del Governo per l'area di Gioia Tauro;
quali siano gli emolumenti percepiti dal neo Commissario straordinario;
se non ritengano necessario ed urgente fare chiarezza sulla sovrapposizione delle competenze tra tutti coloro che oggi ricoprono, a vario titolo, gli incarichi per il porto di Gioia Tauro;
quale autorità decide e comanda per il porto di Gioia Tauro;
quali siano le reali programmazioni del Governo nazionale per il futuro del porto di Gioia Tauro e per lo sviluppo e l'occupazione della Piana di Gioia Tauro e della Calabria.
(2-00608)«Angela Napoli».
Interrogazioni a risposta scritta:
ALEMANNO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Vibo Valentia è stata interessata da gravi eventi alluvionali lo scorso 3 luglio 2006;
in conseguenza di questa calamità il Governo ha varato il decreto del Presidente del Consigli dei ministri 7 luglio 2006 recante «Dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Vibo Valentia colpito dagli eventi alluvionali del giorno 3 luglio 2006»;
tale provvedimento è stato regolarmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 luglio 2006, n. 159;
all'articolo 4 del citato decreto è previsto che, per «assicurare il ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione colpita dagli eventi di cui in premessa» sono assegnati vari contributi tra i quali uno, espressamente indicato, è «concesso sulla base delle spese documentate effettuate per l'acquisto e il ripristino di beni mobili di carattere indispensabile danneggiati o distrutti in conseguenza degli eventi di cui in premessa»;
alla luce dell'appena citato articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 luglio 2006 sembrerebbe opportuno concedere un contributo a coloro che hanno subito danni alle proprie autovetture o simili in conseguenza diretta dell'alluvione del 3 luglio;
contrariamente a tutto ciò, il Dipartimento della Protezione Civile, con provvedimento n. DPC/CGS 747S del 10 novembre 2006, ha escluso la possibilità di erogare contributi inerenti le autovetture distrutte o danneggiate in conseguenza dell'alluvione del 3 luglio;
tale decisione appare all'interrogante palesemente contraria allo spirito ed alla lettera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 luglio 2006 e, purtroppo, penalizza oltremodo coloro che utilizzano l'autovettura per fini lavorativi e che quindi la considerano un bisogno primario -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative di propria competenza affinché anche i cittadini di Vibo Valentia che hanno subito danni alla propria autovettura, in conseguenza dell'alluvione del 3 luglio 2006, possano usufruire dei contributi previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 luglio 2006.
(4-04020)
FLORESTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 è stato istituito il ruolo direttivo ordinario del Corpo della Polizia Penitenziaria, articolato in qualifiche con ordine gerarchico e livelli analoghi a quelli del corrispondente ruolo dei commissari della Polizia di Stato;
con il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 si è provveduto al riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato;
con il decreto legislativo 3 aprile 2001, n. 155 si è provveduto al riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente del Corpo Forestale dello Stato, articolati in qualifiche analoghe a quelle dei corrispondenti ruoli della Polizia di Stato;
nessun riordino è intervenuto per il ruolo direttivo ordinario del Corpo della Polizia Penitenziaria, con ciò determinando una sperequazione tra forze di Polizia ad ordinamento civile;
attualmente i funzionari di Polizia del ruolo direttivo ordinario all'Amministrazione Penitenziaria sono penalizzati rispetto ai colleghi della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato, sia per quanto attiene alla qualifica iniziale nei ruoli, successiva ai corsi di formazione, che risulta di «vice commissario» per la Polizia Penitenziaria (parametro stipendiale pari 133,25) e di «commissario capo» per le altre Forze di Polizia (parametro stipendiale pari a 144,5), sia per quanto concerne gli sviluppi di carriera che consente al ruolo direttivo oridinario della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato il raggiungimento del livello apicale (rispettivamente di «vice questore aggiunto» e di «vice questore forestale») attraverso la previsione di un «ruolo aperto, mediante scrutinio per merito comparativo» dopo cinque anni e sei mesi di effettivo servizio nella qualifica di «commissario capo», laddove per la Polizia Penitenziaria la promozione a livello direttivo più alto di «Commissario Coordinatore» avviene mediante uno scrutinio per merito comparativo nell'ambito di un «ruolo chiuso», con un ritardo minimo, per i più meritevoli, di ben 4 anni -:
se il Ministro interrogato alla luce di quanto testé esposto, sia intenzionato ad intervenire nelle appropriate sedi, al fine di riallineare la carriera del ruolo direttivo ordinario del Capo di Polizia Penitenziaria a quella dell'omologo ruolo delle altre forze di Polizia ad ordinamento civile, al fine di annullare la menzionata sperequazione.
(4-04022)
PELLEGRINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 16 maggio 2007, il quotidiano La Repubblica edizione di Napoli, pubblica un articolo della giornalista Conchita Sannino, nel quale risulta che la villa ubicata a Posillipo (NA) in Via Petrarca n. 50, un tempo di proprietà del clan di Michele Zaza, confiscata da circa 15 anni, non è stata ancora trasformata in un bene di pubblica utilità;
la villa composta da 300 metri quadri di appartamento, più altri 900 metri tra viali, giardini, piscina ed aree coperte attrezzate, più due garage e un vasto terreno, doveva diventare un commissariato;
la confisca ordinata dai giudici antimafia nei primi anni novanta, riguardava due cespiti di proprietà del clan Zaza, uno ubicato a Roma e l'altro a Napoli. Ad oggi, il palazzo a 6 piani di via IV Novembre a Roma è già stato trasformato da tempo nella sede nazionale di Libera (Associazione Antimafia), mentre la villa di Posillipo (NA) è rimasta ancora allo stato originario;
peraltro, la villa di Posillipo, di proprietà del demanio, è attualmente occupata dalla società «Euroconsult», la quale l'ha ottenuta in affitto, in circostanze mai chiarite,
in seguito alla sottoscrizione di un contratto di locazione stipulato tra la stessa società e la famiglia Zaza (ovvero la moglie del boss, intestataria del bene) malgrado in quel periodo il bene risultasse già sequestrato e fosse in via di acquisizione definitiva al patrimonio dello Stato -:
se non ritenga opportuno - qualora quanto esposto in premessa risultasse confermato - disporre quanto necessario affinché si proceda alla assegnazione e all'utilizzo a scopo sociale della villa confiscata, cosi come previsto dalle legge, anche per dare un forte e significativo segnale di legalità ad un territorio come quello della provincia di Napoli particolarmente colpito in questo periodo da episodi collegati alla criminalità organizzata.
(4-04030)
TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i fondi ai progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin), risultano essere una fra le voci principali della ricerca pubblica italiana;
ogni anno il Ministero dell'università e della ricerca cofinanzia progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale proposti dalle Università; l'esecuzione dei progetti ha durata massima biennale;
tali finanziamenti consentono, inoltre, la possibilità di bandire, annualmente, numerose borse di studio per neolaureati e giovani ricercatori;
con la legge finanziaria 2007 al comma 870 dell'articolo 1, si stabilisce che «al fine di garantire la massima efficacia degli interventi nel settore della ricerca, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST). Al Fondo confluiscono le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, del Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni»;
il Fondo di cui al primo periodo del comma 870 è alimentato in via ordinaria dai conferimenti, annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, dellerisorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto dell'apposito Fondo»;
il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio regolamento era tenuto a definire i criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del Fondo di cui al comma 870 della Finanziaria 2007. Sempre con l'ultima Finanziaria al neo costituito fondo First veniva assegnata la dotazione finanziaria dei tre fondi precedentemente esistenti, con l'aggiunta di 960 milioni di euro nel triennio 2007-2009;
da più voci del mondo della ricerca, confermate da notizie di stampa odierne, viene segnalato agli interroganti che il bando, che destina ai progetti Prin 160 milioni di euro, non può diventare operativo perché i fondi per il First (che comprendono anche i Prin), risultano vincolati alla verifica degli effetti della norma sul TFR, secondo quanto previsto dalla legge Finanziaria;
lo stesso Ministro dell'università e ricerca ha pubblicamente confermato la grave situazione descritta aggiungendo che già il 13 aprile 2007 aveva informato, dello stato delle cose sia il Presidente del Consiglio che il Ministro dell'economia e delle finanze;
una non rapida mobilitazione delle risorse si tradurrebbe - in pratica - in un blocco di un filone consistente della ricerca universitaria per un anno, con il
rischio di portare alla chiusura definitiva alcuni gruppi di ricerca, soprattutto quelli più giovani e non ancora in grado di accedere a finanziamenti privati o internazionali -:
se le notizie riportate corrispondano al vero;
se e quali rapide iniziative intendano adottare per evitare che la ricerca italiana subisca un ulteriore nocumento con conseguenze negative per l'intero sistema paese.
(4-04038)
ROSSI GASPARRINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con la vittoria alle ultime elezioni politiche del 2006, l'attuale maggioranza si è assunta l'impegno, nei confronti dell'opinione pubblica, dei cittadini italiani, di traghettare il paese verso una fase nuova, forte era la consapevolezza della necessità di una svolta netta con il recente passato rispetto alla gestione della cosa pubblica;
è un impegno rispetto al quale sono stati fatti diversi sforzi, ad esempio nell'ultima finanziaria, e in virtù del quale si sono prese importanti decisioni, improntate alla responsabilità ed alla serietà istituzionale;
esiste ancora però la necessità di fare di più, di proseguire sulla strada intrapresa con decisione e determinazione;
da notizie riportate dalla stampa si apprende che secondo un sondaggio di una importante agenzia, la fiducia degli italiani verso le istituzioni ed i suoi rappresentanti è in evidente calo;
se nel 2002 a dichiarare di non avere fiducia nei comuni, nelle province e nelle regioni era il 6 per cento oggi la percentuale è salita al 29 per cento;
la sfiducia e l'avversione contro gli sprechi, appare sostanzialmente distribuita nei confronti di tutte le istituzioni ai loro diversi livelli, ma pare particolarmente avvertita nei confronti del Parlamento nazionale, la percezione che i parlamentari nazionali siano fonte di sprechi coinvolge il 33 per cento degli intervistati, la percentuale sale al 46 per cento nei confronti del Governo nazionale, per le regioni la percentuale degli intervistati che le considerano fonte di sprechi è del 14 per cento mentre più bassa è la percentuale riguardante le province 3 per cento ed ancora più bassa la percentuale della percezione degli sprechi relativa ai comuni ed altre aziende ex municipalizzate;
inevitabilmente tale percezione è influenzata dalla visibilità delle diverse istituzioni, ma anche dalla percezione effettiva, da parte della cittadinanza, della loro vicinanza;
l'incidenza degli sprechi è legata inevitabilmente al numero delle istituzioni ed alla loro diffusione, e se per quelle centrali il loro peso, in termini di spreco, può apparire evidente, ma non per questo giustificabile, al contrario il peso, in termini di spreco, delle istituzioni decentrate è meno evidente anche se in termini assoluti più influente;
secondo i dati riportati dalla stampa il 65 per cento degli intervistati pagherebbe più volentieri le tasse ai comuni, molto di meno la percentuale di chi le vorrebbe pagare alle regioni il 14 per cento;
al di là di percentuali di dettaglio resta il 29 per cento degli intervistati dichiara di non avere nessuna fiducia nelle istituzioni ai loro diversi livelli;
non è questo il primo segnale in questa direzione, da tempo oramai siamo consapevoli del sempre maggiore grado di disaffezione dell'opinione pubblica verso la politica, e della sfiducia crescente dei cittadini verso i propri rappresentanti;
questo sentimento non può diventare uno strumento politico di alcuni contro altri, significherebbe prendere una strada i cui sbocchi non possono essere previsti, il legislatore ha invece il dovere di intervenire, più rapidamente possibile, è necessario un intervento organico, profondo,
strutturale, finalizzato a riorganizzare rendendolo coerente l'intero sistema politico;
è necessario rivedere i rapporti tra i vari livelli istituzionali, il loro funzionamento e la loro organicità, è fondamentale dare corpo ad un sistema-stato organico, armonico nei suoi diversi piani istituzionali, capace di far sì che questi possano «comunicare» ed agire in maniera coordinata in un sistema in cui le responsabilità e dunque i poteri siano certi, in cui gli sprechi siano facilmente individuabili;
risale a poche settimane fa la decisione della Consulta di accogliere il ricorso delle regioni avanzato contro un provvedimento che avrebbe permesso di tagliare del 10 per cento gli stipendi dei presidenti e consiglieri regionali, decisione legittima da parte della Consulta, che però non elimina i dubbi circa l'opportunità delle regioni di avanzare tale ricorso;
lo stesso Ministro per gli affari regionali ha ricordato come oggi gli eletti siano un numero considerevole 178.500, esclusi senatori e deputati, le società pubbliche sono 3.211 con più di 17.000 consiglieri, mentre quelle che si occupano di servizi pubblici sono 899, e sono raddoppiate negli ultimi 5 anni;
secondo notizie riportate dalla stampa comuni, province e comunità montane costano 828 milioni di euro all'anno e solo al netto delle indennità, dunque, dei loro apparati burocratici, stima fatta tenendo conto di quel taglio del 10 per cento previsto dalla finanziaria, poi non più attuato, gli amministratori degli oltre 8 mila comuni italiani costano 640 milioni di euro di indennità, le province 115 milioni di euro, le 355 comunità montane 73,5 milioni, tali costi sembrano più legati al numero di posti ed incarichi piuttosto che alla consistenza delle remunerazioni, la spesa totale per i consiglieri è pari a 1,7 milioni di euro annui, quella per gli assessori supera i 70 milioni;
nel 2004 i consulenti per comuni, province e regioni sono arrivati ad essere 73 mila con una spesa di 632 milioni, contro i 491 dell'anno precedente, presso i Ministeri la spesa per le consulenze nel 2004 era di 25 milioni di euro a fronte di 64 milioni di euro nel 2003, il numero dei consulenti presso i ministeri da 2004 al 2003 risulterebbe diminuito del 27 per cento, in questo caso dunque le regioni e gli enti locali rappresentano il 57 per cento del totale per compensi erogati in consulenze dalla pubblica amministrazione;
rispetto al debito pubblico comuni province e regioni ne accumulano di più rispetto all'amministrazione centrale, tra il 2005 ed il 2006 il loro debito è cresciuto del 20,4 per cento cinque volte di più di quello dello Stato cresciuto del 3,2 per cento, secondo i dati della Banca d'Italia, la crescita del debito è stata molto elevata soprattutto per le regioni che segnano un più 33 per cento;
oltre al quanto, appare altrettanto importante analizzare il come vengono spese tali risorse, e dunque, riflettere sui margini di discrezionalità di cui dispone la politica nell'utilizzo di fondi pubblici focalizzando nel merito e nella capacità di ottenere risultati, producendo lavoro tangibile, il criterio di selezione di apparati e burocrazia;
le stesse strutture ministeriali al di là del colore del Governo, come quelle dei governi regionali, spesso sono caratterizzate da apparati imponenti, probabilmente eccedenti rispetto alle necessarie esigenze, il ricorso al comando o distacco o a richieste di mobilità del personale della pubblica amministrazione, a chiamate dirette e consulenze, tutte tipologie legate poi al riconoscimento di indennità di vario tipo, non contribuiscono a snellirle e renderle più produttive -:
quali siano le intenzioni del Governo per razionalizzare la spesa pubblica, vincolandola a criteri di meritocrazia e di capacità, quali strumenti intenda adottare,
ed in quali tempi, per intervenire in maniera organica e strutturale su una materia che non può non essere oggetto di seria ed approfondita riflessione e di interventi mirati ed efficaci.
(4-04043)