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Allegato B
Seduta n. 176 del 25/6/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASCIERTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sito internet «indymedia.org.uk». pubblica come foto «segnaletiche» le foto dei poliziotti che hanno espletato servizio durante il G8 di Genova del 2001 e che hanno partecipato all'irruzione nella scuola Diaz su cui indaga la magistratura locale;
all'interno del sito, gran parte delle foto pubblicate, appaiono foto «ufficiali» a colori, tratte da documenti, probabilmente da carte d'identità, o tesserini professionali degli appartenenti alla polizia di stato, tant'è che in alcune di esse sono evidenti le spille e le «bullonature» che si applicano normalmente nella documentazione ufficiale;
secondo l'interrogante appare chiaro che le foto provengono dai fascicoli personali dei dipendenti che dovrebbero essere custoditi, in maniera esclusiva, dal ministero dell'interno;
il sito di indymedia si è reso più volte responsabile di minacce nei confronti di politici e poliziotti e ha visto nel proprio blog l'intervento di esponenti dell'area antagonista, affermandosi come il sito ufficiale dei centri sociali;
la pubblicazione di tale materiale non solo espone gli appartenenti alla polizia di stato ad un evidente pericolo di ritorsione ma è una palese violazione del più fondamentale diritto alla privacy di ogni cittadino -:
a giudizio dell'interrogante, occorre adottare provvedimenti affinché il sito indymedia già noto per la sua attività spiccatamente vessatoria nei confronti delle forze di polizia non continui nella sua opera denigratoria nei confronti di uomini e donne, appartenenti alle forze di polizia, che ogni giorno servono il nostro Paese con professionalità, correttezza e grandissima dedizione -:
le ragioni per le quali ancora non sia stato disposto l'immediato sequestro o oscuramento del sito internet;
se intenda il Ministro interrogato attivare una indagine che chiarisca;
se sia vero che le foto pubblicate siano state tratte dai fascicoli personali degli appartenenti alla Polizia di Stato;
come abbiamo fatto i gestori del sito di indymeda ad entrare in possesso delle foto.
(4-01451)
Risposta. - Dagli accertamenti effettuati dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni del Dipartimento della pubblica sicurezza è risultato che il file contenente le immagini del personale della Polizia di Stato che ha prestato servizio durante il vertice del G8 svoltosi a Genova nel 2001, pubblicate sul sito «indymedia.org.uk», è attestato su sistemi Informatici ubicati nel Regno Unito.
In particolare, il citato documento informatico è memorizzato su uno dei cinque server che gestiscono il dominio «indymedia.org.uk», consultabile permanentemente attraverso il cosiddetto «load balancing» della connessione.
Tale procedura consente, qualora uno dei suddetti sistemi informatici sia inattivo, di poter soddisfare ugualmente le richieste di consultazione, reindirizzando la connessione verso un altro server in grado di assolvere alla richiesta.
Della questione prospettata dall'interrogante sono già state interessate le Procure della Repubblica di Milano e Roma.
Qualora vengano ravvisati profili di reato, i successivi provvedimenti cautelari dovrebbero essere eseguiti in regime di rogatoria internazionale previo interessamento dell'autorità giudiziaria britannica.
Relativamente all'ultimo quesito formulato dall'interrogante, nel rappresentare che non è ancora noto come i gestori del sito siano venuti in possesso delle immagini del personale della Polizia di Stato, si precisa che il Dipartimento della pubblica sicurezza, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova del 6 settembre 2001, ha provveduto ad inviare a quell'Autorità giudiziaria, per il tramite della Questura di Genova, le immagini fotografiche dei dipendenti che hanno prestato servizio durante il G8 e che hanno partecipato all'irruzione nella scuola Diaz. In particolare, sono state inviate, con modalità che ne garantissero la riservatezza, le immagini relative ad 85 operatori della Polizia di Stato appartenenti a vari ruoli e qualifiche.
A seguito di ulteriore richiesta della Questura di Genova, in data 11 ottobre 2001 sono state inoltrate le immagini relative a 252 operatori appartenenti ai ruoli dei sovrintendenti, degli assistenti e degli agenti della Polizia di Stato. Anche in tal caso l'inoltro è avvenuto secondo modalità che garantissero la riservatezza della documentazione.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BONELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il gruppo industriale Cesare Fiorucci è uno dei leader nel settore dei salumi e di altre specialità alimentari, e vanta nove stabilimenti produttivi;
nel 2002, dopo aver aperto una procedura di mobilità per 407 dipendenti, ottenne grazie ad un accordo sindacale, di poter ricorrere a significativi ammortizzatori sociali: due anni di Cigs e quattro di mobilità, strumenti attraverso i quali, tra abbandoni volontari e pensionamenti anticipati ben 300 lavoratori sono stati allontanati dalla fabbrica;
a fronte di questo importante snellimento-ristrutturazione la società Fiorucci ha presentato un piano industriale che annunciava investimenti quadriennali per 25 milioni di euro, che avrebbero dovuto esser concentrati in determinati reparti produttivi (tra i quali, in particolare il reparto wurstel e il reparto prosciutti arrosti) ma, nonostante i bilanci degli ultimi anni siano tutti assai buoni e la società abbia beneficiato di finanziamenti regionali per innovare gli impianti per le stagionature, la società ha recentemente messo in mobilità tutti i lavoratori del reparto wurstel che sarà chiuso così come il reparto specialità stagionate;
la Cesare Fiorucci Spa, che controlla una decina di società satelliti, vanta una forte integrazione a monte e a valle, controllando materie prime, macellazioni e gestendo anche la commercializzazione, tuttavia tale controllo si esercita sempre più tramite una progressiva precarizzazione dei lavoratori dipendenti. Le ristrutturazioni del 2002, ad esempio, hanno visto la chiusura di un macello poi riaperto con società satelliti che impiega 60 soci cooperativi (soprattutto extracomunitari), e la logistica è stato completamente terziarizzata grazie ad una catena di appalti e subappalti che grava su una settantina di lavoratori atipici;
il 19 settembre 2006 la società ha annunciato licenziamenti per riduzione
del personale pari a 251 unità, dei quali 113 in seguito alla chiusura dei reparti wurstel, specialità stagionate, Tranci e Braceria;
l'interrogante, senza voler giudicare la bontà delle scelte strategiche dell'azienda, crede tuttavia doveroso rilevare che il mancato rispetto dei piani industriali rappresenta una grave disattesa sia nei confronti dei lavoratori che, più in generale dell'interesse pubblico e a maggior ragione, avendola regione Lazio finanziato nel 2005 ben 1.766.433,20 euro in un settore che oggi viene smantellato -:
se il Ministro sia a conoscenza del processo di ristrutturazione della Cesare Fiorucci e se non intenda intervenire al fine di verificare il corretto comportamento dell'azienda e il pieno rispetto dei lavoratori.
(4-01345)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame gli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma presso la Cesare Fiorucci S.p.A. hanno evidenziato quanto segue.
L'azienda ha avviato in data 19 settembre 2006 la procedura di mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 223 del 1991 volta alla riduzione di personale nella misura di 251 unità occupate presso lo stabilimento di S. Palomba (Pomezia).
A tal fine, esperite le procedure informative agli organi sindacali e istituzionali, in data 6 dicembre 2006 si è svolto presso la Regione Lazio l'incontro congiunto tra Azienda e organizzazioni sindacali i cui esiti sono riportati nel verbale di accordo.
Tale accordo prevede l'attuazione di un piano di riorganizzazione aziendale volto alla riduzione dei costi e alla ottimizzazione della produzione attraverso la razionalizzazione di alcune attività produttive; ne consegue da un lato la riduzione degli organici nei reparti «wurstel», «specialità stagionate», «tranci» e dall'altro la esternalizzazione di alcune attività riguardanti il reparto «braceria», la «logistica» e il «confezionamento».
Sotto l'aspetto occupazionale, a seguito dell'accordo citato, le parti hanno convenuto una riduzione strutturale degli esuberi quantificata in 168 unità anziché 251, di cui 105 relativi all'area produttiva e 63 relativi all'area impiegatizia.
Il piano di gestione degli esuberi prevede il ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria per complessive 250 unità lavorative con il criterio della rotazione a frequenza semestrale (a tale proposito in data 10 gennaio 2007 le organizzazioni sindacali hanno richiesto all'azienda la rotazione trimestrale, anziché quella semestrale, al fine di alleviare le conseguenze economiche gravanti sui lavoratori sospesi).
Sono previsti congrui incentivi all'esodo e corsi di riqualificazione per il personale sospeso in Cassa integrazione guadagni straordinaria.
Alla data del 26 gennaio 2007 risultavano sospesi in Cassa integrazione guadagni straordinaria (con inizio dall'1 gennaio 2007) 74 operai e 26 impiegati mentre erano stati collocati in mobilità 11 operai.
In merito a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame, da informazioni acquisite presso la Direzione aziendale e la Rappresentanza sindacale interna, è emerso che gli investimenti relativi alla precedente procedura di ristrutturazione non hanno interessato il reparto «wurstel» che - contrariamente a quanto previsto dal piano - non è stato chiuso.
Nella stessa occasione, è stata ristrutturata l'area «peaking», poi affidata a terzi. Circa la riferita chiusura dei reparti wurstel, tranci, braceria e specialità stagionate, l'azienda ha precisato, nel corso dell'accesso ispettivo, di voler esternalizzare solo il settore «braceria», mantenendo in attività gli altri. Nel reparto «wurstel», ridimensionato negli organici, quindi, risultano interessati alla mobilità 15 dipendenti, mentre sono 10 nelle «specialità stagionate» e 5 nel reparto «tranci».
La chiusura del reparto di macellazione era prevista nel piano aziendale di ristrutturazione ed è stata attuata ad iniziare dal settembre 2002. La lavorazione nello stabilimento di parti di animale già sezionate è stata affidata a terzi.
Circa l'asserito finanziamento regionale ammontante ad euro 1.766.544,20, chiesto (nel 2005) e ottenuto (28 settembre 2006) ai
sensi del regolamento CE 1257 del 1999 - Misura 1.4 «miglioramento condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli», l'Azienda ha riferito di avere destinato tale somma alla ricostruzione delle strutture danneggiate a seguito di un incendio avvenuto in data 8 febbraio 2003.
Si fa presente, infine, che la Cesare Fiorucci S.p.A., con sede legale ed unità produttiva in Pomezia (Roma) ha prodotto istanza finalizzata alla fruizione del trattamento straordinario di integrazione salariale, ai sensi dell'articolo 1 della legge 223 del 1991, per il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007, nell'ambito di un programma di riorganizzazione aziendale da definirsi in 24 mesi, per il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2008.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
BRUSCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
all'interno del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, in una area protetta classificata zona 1, appartenente al demanio comunale del comune di Monte San Diacono (Salerno), in località Margherita, nell'agosto scorso hanno avuto inizio lavori di sbancamento, mediante mezzi meccanici, per la realizzazione di una strada, lunga circa 700 metri e larga metri 5;
i lavori vengono realizzati a spese di un privato cittadino, titolare di un terreno con annesso modesto manufatto sulla base di una autorizzazione a firma congiunta del vice-sindaco e del responsabile dell'area tecnica del comune, senza essere stata preceduta dal consenso dell'organo competente a ciò preposto, il consiglio comunale, ai sensi delle vigenti leggi;
una serie di diffuse illegittimità degli Enti, comunque coinvolti nel provvedimento, caratterizzano i lavori in questione, quali quelli autorizzati secondo l'interrogante, arbitrariamente dalla predetta autorità comunale; dell'Ente Parco che ha di fatto disatteso le limitazioni discendenti dal vincolo gravante sulle zone 1 (divieti di costruire o ampliare...); della comunità e dell'Ispettorato forestale che ha consentito il cambiamento di destinazione d'uso in zona 1; della difforme esecuzione dei lavori, laddove il direttore del Parco con nota n. 00457 del 13 gennaio del 2003 aveva inibito l'allargamento della sezione della strada (presunta?) esistente; della dubbia esistenza della strada, attestata (falsamente?) dal dirigente del servizio tecnico, a seguito di richiesta del settore tecnico amministrativo provinciale foreste del 27 gennaio 2003, protocollo n. 8077 (non risultante da nessun atto formale, stradario comunale, eccetera...);
anche per impedire la consumazione di attività illecite mentre erano in corso i lavori in questione, taluni cittadini e consiglieri comunali hanno, senza alcun riscontro, denunciato la questione alla Procura della Repubblica di Sala Consilina e ai ministeri competenti -:
se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se intenda, per quanto di competenza, intervenire presso l'Ente parco nazionale, al fine di verificare le eventuali iniziative da adottare, anche disponendo una apposita ispezione ministeriale, che risulterebbe particolarmente auspicabile, considerata la grave situazione denunciata.
(4-01591)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, concernente alcuni lavori di sbancamento all'interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, sulla base di quanto comunicato dalla Stazione Forestale di Teggiano, provincia di Salerno, si rappresenta che personale della predettta Stazione, dopo aver acquisiti presso l'ufficio tecnico del Comune di Monte San Giacomo tutta la documentazione autorizzativa dei lavori di cui trattasi, a seguito di sopralluoghi nella zona segnalata, effettuati nell'agosto 2006, riscontrava, sul posto, l'esistenza di una strada rurale di circa mt. 420 di lunghezza per una larghezza media di mt.3.
La richiesta di autorizzazione era stata rivolta al Comune di Monte San Giacomo dal tale sig. Miele Luigino, proprietario di un manufatto rurale diroccato che avrebbe voluto servire con detta stradina demaniale una volta effettuati, a sue spese, i lavori di ripristino della stessa.
Il progetto per la realizzazione di detta strada, prevedeva l'adeguamento e l'ampliamento di un vecchio tracciato rurale preesistente fino ad una larghezza massima di 2,5 mt. e per una lunghezza di mt. 250, con regolarizzazione del tracciato esistente per ridurre al minimo gli scavi.
Il progetto aveva ottenuto tutti i permessi e gli atti di assenso necessari, compreso il nulla osta della Soprintendenza ai Beni Ambientali delle Province di Salerno e Avellino, l'Autorizzazione in deroga al vincolo idrogeologico della Comunità montana «Vallo di Diano», il parere della Commissione Tecnica per la valutazione di incidenza ambientale presso il settore Tutela dell'Ambiente della Regione Campania, nonché autorizzazione dell'Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con la prescrizione di non allargare la sezione stradale preesistente.
Dall'esame della documentazione acquisita e dal sopralluogo effettuato, il personale del Comando Stazione Forestale di Teggiano, ha potuto constatare che i lavori erano stati eseguiti in difformità rispetto al progetto presentato, in quanto non rispettavano i limiti prescritti per la sezione stradale e, pertanto; ha provveduto ad informare l'Autorità Giudiziaria di Sala Consilina, che ha posto in essere gli adempimenti del caso al fine di accertare la sussistenza degli illeciti ed individuare le relative responsabilità.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
BRUSCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
70 lavoratori socialmente utili impegnati nel settore idraulico forestale sia alle dipendenze del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano (PNCVD) che dei consorzi CNS, ATI-CICLAT hanno ricevuto lettere di licenziamento decorrenti dal 1 febbraio 2007; i soggetti sono tutti impegnati nelle attività di Sviluppo cooperazione e occupazione di Italia Lavoro e si occupano di pulizia e mantenimento dello stato ottimale della natura allo scopo di evitare incendi ed inquinamento in particolare da rifiuti;
la finanziaria 2007 contiene diverse disposizioni di rilancio della politica ambientale e forestale: gli enti gestori delle aree protette sono stati esentati dai limiti di spesa previsti dal Patto di stabilità (articolo 1, comma 695), mentre il Ministero delle politiche agricole e quello dell'ambiente hanno sia avviato un programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali, sia finanziato le intese di filiera (o i contratti quadro) per l'integrazione della filiera forestale con quelle agroenergetica, la valorizzazione, la produzione, la distribuzione e la trasformazione di biomasse derivanti da attività forestali, nonché lo sviluppo della filiera del legno (articolo 1, commi 1082 e 1083);
in questo quadro e nell'ambito della crescente valorizzazione delle aree protette è inammissibile che non vengano valorizzate professionalità di settore e che non si possa provvedere alla stabilizzazione degli LSU operanti in ambito ambientale nel Cilento; le organizzazioni sindacali hanno peraltro più volte denunciato il ritardo del piano di stabilizzazione degli LSU del Parco, con manifestazioni ed incontri che non sembrano aver sortito effetto;
conseguenza inevitabile di tale situazione sembra essere lo sciopero generale di tutti i lavoratori del settore idraulico forestale con conseguente blocco delle attività di mantenimento e controllo del Parco; una manifestazione è stata convocata da FASTCONF-Ambiente per il 26
gennaio 2007 a Vallo della Lucania (Salerno), città sede dell'ente di gestione del PNCVD -:
se i ministri interrogati non ritengano opportuno utilizzare immediatamente in favore dei lavoratori e delle attività citate in premessa le risorse destinate dalla finanziaria alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili;
se non ritengano altresì utile intervenire nei confronti degli organi gestori del Parco affinché sia avviato un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali volto ad individuare un percorso di recupero e di definitiva stabilizzazione delle citate professionalità, alla luce dei crescenti impegni in tema di tutela dell'ambiente, gravanti sul PNCVD.
(4-02428)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame concernente la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili dell'Ente parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, si fa presente, in via preliminare, che lo svolgimento della complessa vicenda all'esame che, peraltro, ha interessato anche altri «Enti Parco Nazionali», involge aspetti di oggettiva criticità sottoposti, in data 23 gennaio 2007, all'attenzione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale al fine di pervenire all'enucleazione di appropriate linee di intervento.
Come riferito dalla competente Direzione per la Protezione della Natura «in data 21 aprile 1993, la GEPI S.p.A. (autorizzata, ai sensi dell'articolo 23, ultimo comma, della legge n. 223 del 1991, a stipulare convenzioni con soggetti pubblici o privati per promuovere iniziative di reimpiego di lavoratori di imprese interessate da processi di crisi industriale) ha stipulato una convenzione con il Ministero del Lavoro con la quale l'anzidetta Società è stata indicata quale soggetto tecnico idoneo a contribuire alla determinazione di misure straordinarie di gestione attiva della mobilità per lo sviluppo di nuova occupazione.
In ragione della legge n. 451 del 1994 (modificata ed integrata dal decreto-legge n. 416 del 2 ottobre 1995), in data 9 aprile 1996 il Ministero dell'Ambiente ha stipulato una convenzione quadro con la GEPI S.p.A. disciplinante l'elaborazione, il coordinamento e l'assistenza per la gestione di progetti operativi di lavori socialmente utili all'interno di cinque Enti Parco Nazionali (Gran Sasso e Monti della Laga; Majella; Vesuvio; Cilento e Vallo di Diano; Gargano).
La predetta convenzione veniva approvata con decreto n. 116 del 10 aprile 1996, con riveniente impegno della somma di lire 4.753.730.000 a carico dello stato di previsione di questa Amministrazione per l'esercizio finanziario 1996.
Con decreto Direttoriale n. 508 del 30 dicembre 1996 venivano quindi approvati i progetti operativi relativi alle attività da porre in essere nei cinque Parchi anzidetti, trasmessi in data 6 agosto 1996 da ITAINVEST (ex GEPI) S.p.A.
Con l'anzidetta convenzione (a fronte della quale la Sezione II del Consiglio di Stato ha, in data 15 gennaio, reso parere favorevole in ordine alla determinazione del Ministero di realizzare i progetti operativi mediante convenzioni stipulate direttamente con i cinque enti parco interessati) la GEPI ha assunto l'impegno a fornire i servizi di:
assistenza per l'elaborazione dei «progetti operativi»;
adempimenti giuridico-amministrativi per l'avvio dei progetti;
attività di coordinamento e gestione dei progetti inclusa la gestione amministrativa del personale e l'espletamento degli adempimenti assicurativi INAIL e RCT (Responsabilità civile terzi).
Con separate convenzioni stipulate in data 27 ottobre 1997 tra il Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell'Ambiente e ciascuno degli Enti Parco sopra richiamati, si è dato quindi luogo al trasferimento dei fondi per la realizzazione degli interventi previsti dai «Progetti operativi» con particolare riferimento all'articolo 2 della convenzione medesima, ai sensi del quale gli Enti Parco potevano avvalersi «anche» dell'assistenza tecnica di ITAINVEST (ex GEPI) S.p.A.
In data 26 marzo 1998 veniva, poi, stipulata una convenzione tra il Ministero dell'Ambiente ed il Ministero del Lavoro (avente scadenza al 31 dicembre 1999) concernente l'attuazione di progetti operativi di lavori socialmente utili nei cinque Parchi precedentemente citati, al fine di proseguire l'esperienza avviata con la realizzazione dei progetti di LSU (Lavori Socialmente utili) e favorire il completamento delle azioni in corso preordinate alla concreta ricerca di opportunità occupazionali o formative.
Successivamente il Ministero del Lavoro comunicava che, in base alle modifiche apportate alla disciplina dei LSU con legge 17 maggio 1999 n. 144 e circolare n. 61 del 1999, per il proseguimento di progetti in essere relativi alla convenzione era sufficiente la sola approvazione delle richieste di proroga da parte delle CRI (Commissioni Regionali per l'impiego) competenti sul territorio, con conseguente possibilità di reimpiego dei lavoratori dal 1o gennaio del 2000.
Successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2 della legge 17 maggio 1999, n. 144), con nota del 2001 il Servizio Conservazione Natura di questo Ministero, in sede di esame delle bozze progettuali per la stabilizzazione dei LSU in attività presso gli Enti Parco, ha rappresentato la necessità, «oltre alla costituzione delle cooperative dei lavoratori sotto l'egida istituzionale di SCO (Sviluppo Cooperazione e occupazione) ed alle attività imprenditoriali da porre in essere sul territorio», di formalizzare presso le istituzioni locali territoriali (Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane) gli interventi imprenditoriali in corso al fine di individuare spazi economici anche presso gli enti territoriali richiamati, rilevando che l'intervento degli enti parco nazionali non può essere avulso dal contesto territoriale ove viene ad inserirsi».
Tenuto conto che la continuità occupazionale dei lavoratori all'esame è stata assicurata, fino al termine del 2006, mediante destinazione di disponibilità finanziarie a carico di questa Amministrazione, la Direzione per la Conservazione della Natura, allo scopo di pervenire ad un definitivo assetto dei programmi finalizzati a perseguire una stabile prospettiva occupazionale, ha sollecitato, presso gli Enti Parco interessati, un coinvolgimento delle Amministrazioni locali (in primo luogo, le competenti Regioni) al fine di definire possibili linee di intervento che, in ragione dell'essenziale vocazione territoriale dei Parchi (ancorché qualificati quali «enti pubblici non economici»), consentissero di pervenire all'assunzione di reciproche e convergenti manifestazioni di responsabilità preordinate a definire un quadro d'intervento (evidentemente corredato dall'individuazione delle sottese disponibilità finanziarie) attraverso il quale giungere alla tendenziale definizione della problematica occupazionale all'esame.
Considerato che il sollecitato intervento - in funzione di apporto collaborativo - delle Regioni interessate e delle altre Amministrazioni locali comprese nell'ambito territoriale di pertinenza dei Parchi non ha, allo stato, prodotto i risultati auspicati, la Direzione competente ha sottoposto all'attenzione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale una riflessione in ordine agli ambiti di concreta operatività, fini in esame, della previsione introdotta dal comma 1166, dell'articolo unico, della legge finanziaria per l'anno 2007.
Tale disposizione ha autorizzato, nel limite complessivo di 35 milioni di euro, la proroga, previa intesa con la Regione interessata e limitatamente all'esercizio 2007, delle convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con gli enti locali, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l'attuazione, nel limite complessivo di 15 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi enti da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una
definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti; ulteriormente stabilendo che, «in presenza delle suddette convenzioni, il termine di cui all'articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2007» e che «ai fini di cui al presente comma, il Fondo per l'occupazione, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è rifinanziato di 50 milioni di euro per l'anno 2007».
Allo scopo di definire un percorso condiviso, si è richiesto al citato Dicastero un approfondimento congiunto della delineata problematica e si è offerta la massima disponibilità a porre in essere i necessari interventi di coordinamento attivo presso gli Enti Parco interessati finalizzati a promuovere la costituzione di idonei strumenti a connotazione associativa, ai quali, con il necessario coinvolgimento dei competenti Enti territoriali (in primo luogo, le Regioni), venga rimessa l'individuazione di progetti di tendenziale stabilizzazione occupazionale qualificati dall'impiego delle risorse lavorative in attività sia strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali degli Enti Parco, sia comunque connesse ad esigenze di complessiva valorizzazione territoriale comuni ai soggetti esponenziali delle comunità locali.
Per quanto riguarda, in particolare, la situazione dei lavoratori oggetto dell'Interrogazione Parlamentare cui si risponde, si fa presente che con nota del 25 gennaio scorso la Direzione per la Conservazione della natura, in adesione a specifica richiesta dell'Ente Parco del Cilento e Vallo di Diano, ha comunicato al medesimo Ente il proprio assenso al perfezionamento di una proroga delle convenzioni scadute (Ente Parco/ATI fra CNS (Consorzio Nazionale Servizi) - Arcella ed Ente Parco/ATI fra CNS (Consorzio Nazionale Servizi)- C.I.C.L.A.T.), per un periodo di tre mesi, nelle more della definizione interpretativa del quadro normativo di riferimento.
Si segnala infine che in data 1o febbraio scorso il citato Ente ha comunicato l'indisponibilità dell'ATI CNS-CICLAT alla prospettata proroga trimestrale della convenzione, contestualmente richiedendo un incontro presso la predetta Direzione che, allo scopo, sta provvedendo ad acquisire la disponibilità del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
BURCHIELLARO e RUGGERI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio postale della frazione di Belforte nel comune di Gazzuolo, in provincia di Mantova, è sito in uno stabile la cui proprietaria ha comunicato a Poste Italiane Spa il recesso dal contratto di locazione a far tempo dal 23 maggio 2006;
gli anziani proprietari alloggiano al primo piano dello stabile in questione e necessitano per motivi di salute di trasferirsi al più presto al piano terreno, attualmente occupato dall'ufficio postale;
l'attuale sede è inoltre inidonea, in quanto insufficiente a contenere più di quattro o cinque persone, con l'aggravante che tale situazione obbliga gli utenti, tra i quali molti anziani, a stazionare lungo la via, esposti al freddo, al caldo e ai pericoli del traffico;
il comune di Gazzuolo in accordo con Poste Italiane Spa, nell'intento di migliorare un servizio pubblico ritenuto indispensabile per la realtà rurale del proprio territorio, si è fatto carico di reperire un'altra sede costruendo i locali ex novo in una zona centrale della frazione e fornendoli di tutti i comfort necessari;
il contratto di locazione, non ancora stipulato per iscritto, è stato, nel frattempo, concordato verbalmente per la somma irrisoria e simbolica di 3.000 euro annui, al fine di agevolare la permanenza del servizio postale in questa parte del territorio comunale;
i lavori di costruzione di tale nuovo plesso sono stati ultimati fin dal mese di settembre del 2006 e quindi sono da tempo utilizzabili per il nuovo ufficio postale;
contattata più volte, la filiale di Mantova di Poste Italiane Spa ha ribadito a più riprese che la pratica di trasferimento dell'ufficio postale di Belforte nei nuovi locali messi a disposizione dall'amministrazione comunale, è di competenza della sede centrale di Roma di Poste Italiane Spa e che tale richiesta è stata inoltrata da tempo -:
se il Ministro non ritenga necessario intervenire con urgenza presso Poste Italiane Spa per scongiurare l'ingiustificato protrarsi di una situazione di disservizio che danneggia i cittadini di Belforte e reca un inaccettabile disagio agli anziani proprietari dello stabile occupato dall'ufficio postale in questione.
(4-02674)
Risposta. - Si ritiene opportuno ricordare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni (delibera CPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale, che rientra nell'ambito dell'autonomia della società, la quale, tuttavia, è tenuta ad impostare i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità del servizio paragonabili a quelli degli altri Paesi europei.
Al Ministero delle comunicazioni - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale; in particolare provvede all'accertamento del raggiungimento degli obiettivi di qualità da essa stessa definiti, riguardanti l'intero territorio nazionale per ciò che riguarda i tempi di recapito, per i servizi di posta standard, massiva, registrata e pacchi ordinari avvalendosi, ai fini del monitoraggio di tali servizi, della collaborazione di un organismo indipendente che fornisce con cadenza semestrale rapporti certificati sui risultati raggiunti, calcolati su base statistica, che sono resi pubblici nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Ciò premesso in linea generale, riguardo alla richiesta formulata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, relativa al riposizionamento dell'ufficio postale di Belforte in provincia di Mantova, si è provveduto ad interessare la società Poste Italiane, la quale ha comunicato che nel territorio del comune di Gazzuolo sono situati gli uffici postali di Gazzuolo e quello di Belforte.
Secondo quanto riferito, il contratto di locazione afferente l'ufficio postale di Belforte è stato disdetto dal proprietario e l'Azienda, al fine di evitare inutili disagi alla clientela, si è tempestivamente attivata trasferendo temporaneamente l'ufficio in questione presso i locali messi a disposizione dall'Amministrazione comunale, situati ad una distanza di circa 300 metri dalla sede attuale.
A completamento d'informazione, infine, la società Poste Italiane, in considerazione che al momento le relative procedure contrattuali di locazione sono in fase di perfezionamento, ha reso noto di prevedere che la riapertura del presidio postale, nella nuova sede, possa avvenire, verosimilmente, entro la fine dell'anno in corso.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
CARLUCCI, IANNARILLI e DI VIRGILIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'onorevole Giulio Gargano è stato arrestato il 7 luglio 2006 in esecuzione del provvedimento emesso dal GIP di Roma su richiesta della procura della Repubblica nell'ambito dell'indagine relativa alle dichiarazioni della cosiddetta «Lady Asl»;
i reati contestati configurano un'ipotetica associazione a delinquere, unitamente a numerosi funzionari regionali e direttori di Asl, e tre episodi di corruzione
connessi ad una delibera adottata dall'Ipab San Michele, alla quale l'onorevole Gargano risulta estraneo, e due delibere adottate dalla Giunta regionale del Lazio in materia sanitaria per convenzioni in ordine a prestazioni assistenziali;
l'onorevole Gargano ha dimostrato di non essere mai stato assessore regionale alla sanità e di essere risultato assente dalle riunioni di giunta nel corso delle quali sono stati adottati i provvedimenti oggetto dell'ipotetica corruzione;
gli unici elementi a carico dell'onorevole Gargano sono costituiti da una dichiarazione della signora Iannuzzi (Lady Asl), relativa alla dazione di denaro dapprima nel periodo 2002-2003 e poi nel 2005;
tali dichiarazioni tuttavia, per quanto risulta agli interroganti, non hanno ricevuto alcun riscontro obiettivo né nei movimenti bancari dei conti della Iannuzzi e delle sue società, né nei movimenti delle carte di credito a questa riferibili, né aliunde;
l'onorevole Gargano ha sempre negato ogni responsabilità e la ricezione di somme di denaro;
dopo il primo interrogatorio, avvenuto alla metà di luglio 2006, non è più stato interrogato;
i soggetti colpiti dallo stesso provvedimento cautelare sono stati rimessi in libertà o posti agli arresti domiciliari, mentre l'onorevole Gargano è ancora detenuto;
le sue condizioni di salute sono gravi, per una sofferenza cardiaca congenita già manifestatasi più volte negli ultimi anni: egli è svenuto più volte in carcere durante la notte e, per quanto risulta agli interroganti, sarebbe rimasto in terra per oltre un'ora prima di ricevere i soccorsi;
la struttura sanitaria del carcere ha chiesto una visita specialistica ancora non effettuata ed un medico nominato dal Gip ha riscontrato effettivamente la malattia cardiaca ma ha ritenuto che la patologia non è incompatibile con lo stato di detenzione;
l'onorevole Gargano, ormai detenuto da due mesi, non risulta oggetto di ulteriori attenzioni investigative, tali da comportare la detenzione in carcere;
lo stato di detenzione in carcere comporta un grave stato di depressione ed esso impedisce l'assunzione di farmaci di sostegno alla patologia cardio-circolatoria;
i reati contestati all'onorevole Gargano rientrano tutti nel provvedimento di indulto di cui alla legge n. 241 del 2006, per cui, ove anche fosse condannato, non tornerebbe più in carcere; malgrado ciò l'autorità giudiziaria rifiuta di rimetterlo in libertà;
il tribunale di Roma ha ritenuto insussistente il reato di associazione a delinquere per altri coindagati, e di conseguenza, secondo gli interroganti, ciò varrebbe anche per l'onorevole Gargano, al quale tuttavia non sono stati applicati i benefici di tale pronuncia;
la custodia cautelare ha come presupposti il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, di reiterazione del reato;
l'onorevole Gargano non può in alcun modo reiterare alcun reato, non appartenendo alla compagine di maggioranza dell'assemblea regionale del Lazio né conseguentemente alla giunta di governo, non può in alcun modo incidere, neppure indirettamente, su convenzioni, prestazioni ad altra attività amministrativa;
non vi è alcun pericolo di inquinamento delle prove, sia per l'inesistente capacità di incidenza sull'apparato amministrativo regionale per effetto di quanto precede sia, soprattutto, in virtù di provvedimenti di sequestro ed acquisizione di tutti gli atti rilevanti ai fini dell'indagine;
non vi è, infine, per ragioni fin troppo evidenti di natura economica nonché di radicamento nel territorio il pericolo di fuga;
pertanto secondo gli interroganti non risulta giustificabile in alcun modo la sua detenzione;
sulla questione è intervenuto anche il garante dei detenuti che, sottolineando la gravità delle condizioni di salute dell'onorevole Gargano, ne ha rilevato l'assoluta incompatibilità con il regime carcerario;
l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati non può che svolgersi all'interno del dettato normativo e non può tradursi in alcuna discrezionalità, ancor più in presenza di una restrizione della libertà del cittadino;
casi analoghi hanno visto soluzioni restrittive o punitive sia presso gli uffici giudiziari di Roma che in altri (recentemente nei confronti di un politico regionale calabrese dei DS), con l'evidente rischio di una incomprensibile disparità di trattamento dell'onorevole Gargano -:
quali iniziative intende adottare allo scopo di valutare la sussistenza nella fattispecie illustrata in premessa dei presupposti per un'eventuale promozione di un'azione disciplinare a carico dei magistrati investiti del processo nei confronti dell'onorevole Gargano.
(4-01613)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, relativa alla vicenda giudiziaria riguardante Giulio Gargano, appare in primo luogo necessario sintetizzare i passaggi fondamentali del procedimento penale instaurato a suo carico, riferiti nell'informativa trasmessa dal Procuratore della Repubblica di Roma.
I reati contestati al Gargano nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Roma in data 6 luglio 2006 erano quelli di associazione a delinquere e di concorso in più fatti di corruzione. Detta associazione, sulla base della ricostruzione fornita dal Gip di Roma, consentiva la permanente spoliazione delle casse della sanità regionale per centinaia di milioni di euro, attraverso la realizzazione sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di altre condotte illecite.
Nell'informativa il Procuratore ha precisato che il quadro accusatorio relativo a Giulio Gargano non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della coindagata Anna Giuseppina Iannuzzi, ma anche su riscontri e conferme indiziarie in ordine alla natura dei rapporti intercorsi tra il predetto e la Iannuzzi medesima.
Attesa la delicatezza delle questioni evidenziate nell'interrogazione, come si è già avuto modo di sottolineare in occasione della risposta all'interpellanza n. 2-00258 dell'onorevole Carlucci, nell'immediatezza, si è delegata alla Direzione generale magistrati l'acquisizione di notizie presso la Procura della Repubblica di Roma, al fine di verificare la fondatezza delle censure mosse dall'interrogante in merito all'operato dei magistrati che si sono occupati del procedimento penale a carico di Giulio Gargano.
In proposito, come si evince dagli atti trasmessi dal Procuratore della Repubblica di Roma, il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dalla magistratura romana per una serie di gravi reati nei confronti del consigliere regionale del Lazio Giulio Gargano, ha ricevuto l'avallo della Suprema Corte che, con sentenza n. 34189 del 2006, depositata il 12 ottobre 2006, ha rigettato il ricorso presentato dal Gargano, ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i gravi indizi di colpevolezza di cui all'articolo 273 codice di procedura penale, sia le esigenze cautelari richieste dall'articolo successivo, in particolare argomentando in ordine alla «inadeguatezza di ogni altra misura cautelare personale diversa dalla custodia in carcere».
Quanto alla asserita incompatibilità della misura custodiale con le precarie condizioni di salute del Gargano, dalla disamina degli atti sopraindicati si desume che al medesimo sono state consentite tutte «le visite mediche specialistiche da parte di sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti disposti dal giudice per le indagini preliminari competente non hanno evidenziato alcuna situazione di incompatibilità con la custodia in carcere che, comunque, come per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione». Come specificato dal Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria, fin dal suo ingresso in carcere il Gargano è stato sempre ristretto presso la casa circondariale di Roma Regina Coeli, istituto dotato di centro diagnostico terapeutico, dove ha ricevuto la assistenza medica necessaria per le patologie cardiologiche di cui è affetto. Il Gargano è stato ricoverato presso l'ospedale San Camillo di Roma dal 25 ottobre al 6 novembre 2006 e, successivamente, dall' 8 novembre al 16 novembre 2006 presso l'ospedale Sandro Pertini di Roma, e dimesso con indicazione di impianto di pacemaker da realizzare con intervento chirurgico rifiutato dal paziente. Per tale motivo, il Gargano veniva ubicato nel centro clinico dell'Istituto Regina Coeli, dove veniva disposto, nei suoi confronti, un assiduo controllo medico, con utilizzo di monitor cardiologico per la costante rilevazione della frequenza cardiaca.
In data 10 dicembre 2006 il Gargano è stato di nuovo ricoverato presso l'ospedale S. Spirito in Roma, per un ulteriore controllo cardiologico.
Da quanto sin qui esposto risulta chiaramente come le censure prospettate dall'interrogante risultano aver già avuto, nella naturale sede procedimentale, un'approfondita e rituale occasione di verifica, sia presso il gip sia, soprattutto, presso la Corte suprema, onde non si ritiene che sussistano profili costituenti il presupposto di un'azione disciplinare.
Il Procuratore della Repubblica di Roma ha, inoltre, comunicato che le imputazioni contestate al Gargano con l'ordinanza cautelare sono state definite - nel procedimento n. 46614 del 2006 (Registro generale delle notizie di reato), costituente stralcio dal procedimento n. 26284 del 2006 - con sentenza del Gup del 28 dicembre 2006, che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 44 codice procedura penale, ha inflitto all'imputato la pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione.
È stato, infine, riferito che il Gargano è stato rimesso in libertà.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CARUSO e ACERBO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il «Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise» (PNALM), inaugurato il 9 settembre 1922 al fine di tutelare la flora e la fauna dell'Appennino centrale, in poco tempo si è affermato come modello per la difesa dell'ambiente e per la protezione della natura in tutte le sue forme;
gli ampi spazi naturali del Parco custodiscono ricchezze naturalistiche d'incomparabile valore;
il PNALM, con un estensione di 50.000 ettari ed oltre 100.000 ettari di Area Contigua Esterna, permette la conservazione di una flora ricca di oltre 2.000 specie di piante superiori, e di una fauna tipica estremamente diversificata rappresentata da oltre 60 specie di mammiferi, 300 di uccelli, eccetera;
la storia del PNALM è da sempre caratterizzata dal continuo sforzo di armonizzare gli imperativi della conservazione con le esigenze dello sviluppo. Questo Parco Nazionale non solo è oggi il più antico d'Italia ed una istituzione di riferimento per la conservazione della natura, ma è altresì uno strumento di sviluppo sociale ed economico che ha fatto del rispetto dell'ambiente un punto di riferimento imprescindibile;
oggi il Parco si trova a dover sopportare una grave crisi gestionale che sta mettendo a repentaglio tutto quello realizzato fino ad oggi. È infatti a rischio, la sopravvivenza stessa dell'Ente, con tutte le enormi conseguenze che questa situazione potrebbe comportare in tema di protezione ambientale e di sviluppo locale;
da ormai quasi due anni il PNALM è senza un presidente e senza un Cda. Questa grave situazione ha prodotto, come descritto dal quotidiano Il Centro in data 25 novembre 2006, «una paralisi amministrativa che lo sta portando ad essere un carrozzone che elargisce solo stipendi e non un traino fondamentale per lo sviluppo socio-economico del territorio»;
lo stesso commissariamento, gestito con estrema professionalità dal dottor Giuseppe Rossi, è segnato dall'ennesima forma di precarietà a causa delle continue proroghe (la prossima scadrà fra pochi giorni);
in data 19 novembre 2006 il direttore responsabile del periodico del PNALM «Parco Perché» ha formalizzato la sua recessione dall'incarico legale di responsabile della testata ufficiale del PNALM in quanto l'Ente non avrebbe mai proceduto a stilare il contratto di incarico professionale e a sottoscriverlo, nonostante le reiterate istanze del giornalista;
dopo anni di attesa, con la determinazione n. 349 dell'11 settembre 2006, il PNALM ha indetto la «procedura selettiva per la stabilizzazione del personale non di ruolo ai sensi della legge n. 248 del 2 dicembre 2005» attraverso un «concorso per titoli e corso-concorso»; da tale data sino al 20 di novembre 2006 non è accaduto nulla, dopo di che in due settimane scarse la direzione ha messo in moto un incessante ritmo formativo per il personale partecipante al corso-concorso che ha visto il susseguirsi serrato e sovrapposto di lezioni. Docenti e allievi infatti non sapevano a quale corso partecipare o dovevano, nei migliore dei casi, seguire diversi corsi contemporaneamente. Questi corsi si sono svolti persino sulla comparazione tra situazione legislativa in Italia e in Cile, con tanto di appunti e lezione in madrelingua spagnola. Tralasciando la dubbia efficacia di tali corsi, agli interroganti appare però sospetta la decisione, con determina n. 461 del 15 novembre 2006, di stabilire la data della prova scritta per il giorno 30 novembre, e cioè esattamente un giorno dopo la fine dei suddetti corsi di formazione -:
se non ritenga opportuno attivarsi affinché vengano accelerate le procedure per la nomina del nuovo presidente e del nuovo Cda del PNALM;
se non ritenga opportuno, sulla base del proprio potere di vigilanza, verificare la legittimità della procedura selettiva per la stabilizzazione del personale non di ruolo;
quali misure intenda adottare per chiudere la fase di crisi gestionale che sta caratterizzando questi ultimi anni di vita del PNALM.
(4-01840)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame concernente la crisi gestionale del Parco Nazionale d'Abruzzo-Lazio-Molise, con richiesta di stabilizzazione del personale e nomina del Presidente, si riferisce quanto segue.
In merito al primo quesito relativo all'opportunità di attivarsi affinché vengano accelerate le procedure per la nomina del nuovo presidente del nuovo Consiglio di Amministrazione del PNALM, ed al secondo quesito circa le misure che si intendono adottate per chiudere la fase di crisi gestionale che sta caratterizzando questi ultimi anni di vita del parco si fa presente che, al fine di superare la gestione straordinaria dell'Ente parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise, sono state già avviate le procedure per la ricostituzione del Consiglio Direttivo con la richiesta delle designazioni previste dal comma 4 dell'articolo 9 della legge 394 del 1991 ed è stata raggiunta l'intesa con le Regioni Abruzzo e Lazio sulla nomina del Presidente dell'Ente dell'attuale Commissario Straordinario Giuseppe Rossi.
Per quanto attiene il terzo quesito posto dagli onorevoli interroganti sull'opportunità, sulla base del potere di vigilanza, di verificare la legittimità della procedura selettiva per la stabilizzazione del personale non di ruolo, si fa presente che nell'esercizio dell'attività di vigilanza prevista dalla legge 20 marzo 1975 n. 70, e preso atto dei pareri favorevoli resi dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento della funzione pubblica, l'Amministrazione che rappresento ha provveduto ad approvare la deliberazione n. 41 del 2005 con la quale l'Ente ha determinato il proprio fabbisogno triennale di personale (articolo 39, comma 1, legge 27 dicembre 1997 n. 449).
Con detta deliberazione l'Ente ha stabilito di soddisfare tale fabbisogno in parte mediante progressioni ordinamentali del personale di ruolo, secondo i criteri risultanti
dal contratto integrativo, ed in parte attraverso contratti di lavoro da stipulare con il personale interessato dal processo di stabilizzazione.
Tale processo di stabilizzazione è stato previsto dall'articolo 11-quaterdecies, comma 7, del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005 n. 248.
Con decreto del Presidente della Repubblica del 28 aprile 2006, l'Ente parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise viene autorizzato alle assunzioni previste dal programma dei fabbisogni per l'anno 2006 ai sensi dell'articolo 1, comma 95, 96 e 97 della legge 30 dicembre 2004 n. 311, per un importo complessivo pari a euro 2.500.000,00.
A seguito dell'approvazione da parte della Direzione competente del Ministero dell'ambiente della delibera programmatica relativa al fabbisogno triennale di personale, l'Ente ha provveduto ai consequenziali adempimenti mediante l'adozione di provvedimenti dirigenziali, che non rientrano tra gli atti sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'ambiente.
La Direzione competente ha comunque ritenuto necessario chiedere informazioni in ordine alle procedure utilizzate per la stabilizzazione del personale fuori ruolo.
Al riguardo, il Direttore del Parco ha comunicato che, nelle more del processo di stabilizzazione del personale fuori ruolo, poiché occorreva assicurare la piena funzionalità dei servizi senza soluzione di continuità mentre i contratti col personale interessato andavano a scadenza il 31 dicembre 2005, l'Ente ha provveduto alla stipula di contratti a tempo determinato sulla base di una procedura di evidenza pubblica al fine di determinare le posizioni giuridiche, tra quelle individuate nella programmazione dei fabbisogni, in cui contrattualizzare il personale suddetto in attesa di stabilizzarlo (con la deliberazione 41 del 2005 era stato dato mandato al Direttore per la stipula dei contratti in parola).
Assicurato in tal modo il funzionamento dei servizi, sulla base di una concertazione con le Organizzazioni sindacali, l'Ente, con provvedimento dirigenziale n. 349 del 2006 ha avviato le procedure per la stabilizzazione del personale precario mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo indeterminato, nel rispetto della citata norma contenuta nell'articolo 11-quaterdecies, comma 7, del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge n. 248, del 2 dicembre 2005.
In particolare, è stata prevista una procedura per corso-concorso, con l'incarico all'Università di Tor Vergata di Roma di tenere appositi corsi propedeutici alla selezione e successivamente con la nomina di una Commissione d'esame.
Le prove scritte sono state tenute in data 1o dicembre 2006, quelle orali il 12 gennaio 2007.
La selezione è avvenuta mediante valutazione dei titoli di anzianità (20p.), dei titoli curriculari (10p.), delle prove scritte (48p.) e delle prove orali (22p.).
I verbali delle graduatorie sono stati affissi contestualmente alle prove.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CARUSO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
alcuni Comuni interni dell'Alto Tirreno, così come tanti altri comuni montani della Calabria, sono interessati da anni da un preoccupante spopolamento, costante e progressivo, anche a causa delle limitate possibilità di sviluppo legate alle nuove tecnologie ed ai loro costi eccessivi;
le cosiddette «autostrade informatiche» tecnologicamente più avanzate come l'ADSL potrebbero rappresentare una concreta opportunità di sviluppo per i nuovi «mestieri» legati direttamente ad internet per quanti abbiano deciso comunque di restare nei centri montani della Calabria e dell'Alto Tirreno;
tale politica di sviluppo, se opportunamente sostenuta, potrebbe invertire anche una tendenza allo spopolamento che
ad oggi parrebbe inarrestabile andando a favorire lo spostamento di «lavori» dalle città ai centri montani attraverso il «Tele Lavoro», creando così quelle speranze e prospettive attualmente negate per la mancanza di pari opportunità legate soprattutto alla disponibilità di un servizio sociale come l'ADSL;
ai cittadini che vivono nei paesi montani e che hanno fatto richiesta di potersi avvalere di questa avanzata tecnologia che rende non solo facili e veloci tutti i collegamenti che offre Internet ma soprattutto gli stessi economicamente convenienti, è stato risposto che solo di fronte ad «un certo numero di abbonamenti» a giustificazione dell'investimento, la Telecom, che agisce ancora in sostanziale regime di monopolio, sarebbe disposta a predisporre le linee e gli apparati tecnologici necessari per l'ADSL;
in una petizione sottoscritta da circa 600 abitanti di Verbicaro (Cosenza) al ministro delle Comunicazione e alla Società Telecom, di cui ampi stralci sono stati pubblicati in data 26 febbraio 2006 dai quotidiani La provincia di Cosenza e La gazzetta del sud, i cittadini verbicaresi chiedono il riconoscimento del diritto di poter usufruire della linea veloce internet (ADSL), così come assicurata al resto dei cittadini italiani;
tale situazione assume gli aspetti di stridente ingiustizia ove si consideri, poi, che per la propria arcaica rete di telefonia fissa gli utenti verbicaresi pagano le stesse notevoli somme e la stessa quota fissa corrisposta da utenti di altri posti che godono invece della linea veloce internet -:
se il Ministro abbia dati precisi sull'attuale situazione del programma di copertura del servizio ADSL nelle zone sopra citate;
quali iniziative concrete intenda adottare per assicurare uno sviluppo omogeneo dell'intero territorio nazionale legato anche alle opportunità che le nuove tecnologie informatiche, come l'ADSL, offrirebbero alle aree interne calabresi;
se, pur nella consapevolezza che la strategia aziendale Telecom non può essere decisa dal Governo, non ritenga opportuno sollecitare la Telecom affinché acceleri sensibilmente, già dall'anno in corso, il programma di copertura del servizio ADSL nel comune di Verbicaro e negli altri comuni dell'Alto Tirreno.
(4-03408)
Risposta. - Si ritiene opportuno anzitutto premettere che per la fornitura dei collegamenti ADSL non esiste alcun obbligo, né condizione di fornitura del servizio a carico degli operatori, in quanto i collegamenti a larga banda esulano dall'ambito del servizio universale, unica fattispecie per la quale possono essere imposti agli operatori obblighi del servizio.
D'altra parte è noto che il Ministero delle comunicazioni ha adottato ogni possibile iniziativa allo scopo di aumentare la diffusione di tale mezzo trasmissivo ed eliminare il cosiddetto digital divide, come dimostrano sia l'erogazione di contributi per i contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad Internet, sia i finanziamenti previsti per gli investimenti effettuati dalla società Infratel.
L'area di intervento, originariamente limitata al solo Mezzogiorno è stata estesa a tutte le aree del Paese e con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) sono state ulteriormente incrementate le risorse specificamente destinate al finanziamento degli interventi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completamento del programma di sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della società Infratel Italia, prevedendo lo stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nonché l'assegnazione di ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2009 allo stesso Ministero delle comunicazioni per le suddette finalità.
Allo stato, pertanto, la disponibilità totale dei fondi da parte della società Infratel è di 320,1 milioni di euro dei quali, come
sopra indicato, 80 milioni derivanti da stanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2007.
Va inoltre sottolineato che uno degli obiettivi di legislatura del Governo è proprio lo sviluppo della banda larga come nuova frontiera del servizio universale, come grande occasione di sviluppo del Paese e di alfabetizzazione tecnologica della popolazione.
Come è noto oggi la banda larga copre l'88 per cento del territorio ed è intendimento del Governo arrivare, nei prossimi 4 anni, all'obiettivo del 98 per cento.
Per raggiungere tale risultato il Governo ha istituito nei mesi scorsi un Comitato della banda larga di cui fanno parte, oltre al Ministro delle comunicazioni, anche il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione con lo scopo di coordinare, indirizzare e supportare tutte le attività finalizzate allo sviluppo della suddetta tecnologia nel territorio nazionale, a partire dall'approntamento di misure in grado di dare soluzione al problema del digital divide.
Nel passato è mancato al nostro Paese un approccio strategico coerente a sostegno dello sviluppo del settore, il Comitato della banda larga è chiamato a colmare tale vuoto di iniziativa e ad elaborare una organica politica del Governo sul tema, in grado di raccogliere l'interesse e la condivisione di tutti i soggetti coinvolti, dalle amministrazioni locali agli operatori, dai fornitori di servizi agli utilizzatori, nella convinzione che solo operando in sinergia l'obiettivo potrà essere centrato.
Ciò premesso in linea generale, per quanto concerne il comprensorio dell'Alto Tirreno cosentino, ed in particolare il comune di Verbicaro (Cosenza) la predetta società Infratel ha precisato che è tuttora in corso l'implementazione della copertura in banda larga, anche in relazione ai contatti in corso con la Regione Calabria per concordare azioni congiunte, eventualmente sostenute da apporti finanziari di rinvenienza regionale, per potenziare l'attività della società Infratel.
In tale contesto la ripetuta società Infratel ha comunicato di prevedere l'effettuazione del collegamento della centrale di commutazione di Telecom Italia entro i primi mesi del 2008, mentre entro l'anno in corso si provvederà al collegamento della centrale di Santa Maria del Cedro.
A lavori ultimati gli utenti potranno considerarsi abilitati alla banda larga in quanto tutti gli operatori e provider di telecomunicazioni saranno in grado di erogare servizi evolutivi e innovativi a favore della locale popolazione.
Per quanto riguarda, invece, le aree montane interne, di cui non è prevista la copertura in fibra ottica stanti gli elevati costi dell'eventuale intervento, allo stato non sostenibili, nel prosieguo del programma «larga banda» la società Infratel potrebbe effettuarne la copertura attraverso tecnologie wireless.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
CESARO, PAOLO RUSSO, NICOLA COSENTINO, FASOLINO e GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 febbraio 1992, n. 157 contiene la normativa per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio e secondo il combinato disposto degli articoli 27 comma 1 lettera b) della citata legge e 28 comma 1 lettera b) della legge regionale 8/96, l'esercizio della vigilanza venatoria è affidato «alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni ambientali riconosciute dal Ministero dell'ambiente»;
alla lettera a) dell'articolo 27 della legge 157/92 sopra citata è previsto che la vigilanza è affidata «agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni» con la funzione di polizia giudiziaria; nonché
al comma 2 che «la vigilanza di cui al comma 1 è, altresì affidata agli ufficiali e sottoufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi nazionali e regionali, agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e affidata altresì a guardie e coloniche e zoofile riconosciute da leggi regionali»;
nella provincia di Caserta, opera una associazione ambientalista denominata «Arci Pesca Fisa» che non risulta possedere i requisiti di cui agli articoli 27 e 28 delle succitate leggi in quanto non facente parte del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale né tanto meno risulta essere autorizzata dal Ministero dell'ambiente né riconosciuta da leggi regionali, eppure ufficialmente affidataria del servizio di vigilanza venatoria in virtù di decreti emessi dalla provincia di Caserta che le attribuiscono funzioni di polizia giudiziaria -:
se l'Arci Pesca Fisa sia un'associazione presente nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale o un'associazione ambientale riconosciuta dal Ministero dell'ambiente.
(4-01341)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante l'esercizio della vigilanza venatoria, si comunica che la Provincia di Caserta aveva, effettivamente, proceduto a rilasciare nei confronti dei tre appartenenti all'Associazione ARCI PESCA FISA, il decreto di guardia giurata volontaria ittica e venatoria.
Peraltro, in data 6 novembre 2006, il suddetto Ente, interessato in merito al contenuto dell'interrogazione in oggetto, ha annullato, in via di autotutela, i citati decreti nella sola parte concernente la vigilanza venatoria. Tale annullamento è stato determinato dalla circostanza che la predetta associazione non fa parte del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, né rientra tra le Associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, così come prescritto, quale requisito per il riconoscimento della qualifica di guardia giurata, dall'articolo 27, comma 1, lettera b), della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Le suddette determinazioni sono state supportate anche da un parere fornito alla Provincia dal Dirigente del settore agricoltura, foreste, caccia e pesca della Regione Campania che, con nota del 17 ottobre 2006, aveva comunicato che l'ARCI PESCA FISA non era titolata a gestire l'attività delle guardie venatorie volontarie.
Si sottolinea, peraltro, che i predetti decreti di annullamento, riguardando solo la qualifica di guardia giurata in materia di vigilanza venatoria, hanno lasciato in vita il conferimento di quella relativa alla vigilanza ittica.
Tale qualità appare legittimamente attribuita, ai sensi della legge 963 del 14 giugno 1965 e del regio decreto n. 1604 dell'8 ottobre 1931, riguardanti, rispettivamente, la pesca marittima e quella nelle acque interne, e della circolare del Ministero dell'interno n. 59/C.5408.10182.A del 23 gennaio 1991. Infatti, la facoltà di proporre la nomina di guardia giurata da destinare alla vigilanza ittica è attribuita, rispettivamente dagli articoli 22 e 31 dei citati testi di legge, oltrechè agli Enti Pubblici competenti, a «chiunque ne abbia interesse».
Al conferimento della qualifica di guardia giurata volontaria ittica, corrisponde, ope legis, anche il riconoscimento della qualifica di agente di polizia giudiziaria, ai sensi dell'articolo 21, secondo comma, della legge n. 963 del 1965 e dell'articolo 31, secondo comma, del regio decreto n. 1604 del 1931.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CIOCCHETTI, FORMISANO, MOFFA, RAMPELLI e IANNARILLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 7 luglio del corrente anno, nell'ambito dell'inchiesta della Procura romana
relativa agli illeciti nella sanità laziale, avviata in seguito alle dichiarazioni di Anna Iannuzzi, soprannominata «Lady Asl», è stato arrestato il consigliere regionale del Lazio, Giulio Gargano, in esecuzione del provvedimento emesso dal Gip di Roma su richiesta della Procura della Repubblica;
tra i reati contestati al consigliere Gargano figurano un'ipotetica associazione a delinquere, unitamente ad altri funzionari regionali e direttori di Asl, e in particolare tre episodi di corruzione connessi ad una delibera adottata dall'ente di assistenza ex Ipab San Michele di Roma, alla quale il consigliere Gargano risulta estraneo, e due delibere adottate dalla giunta regionale del Lazio in materia sanitaria per convenzioni in ordine a prestazioni assistenziali;
dopo un periodo di custodia cautelare, gli altri indagati nell'ambito di questa inchiesta sono stati rimessi in libertà o posti agli arresti domiciliari, mentre il consigliere Gargano, che si è sempre detto estraneo ai fatti addebitatigli e ha sempre negato la ricezione di somme di denaro, è ancora detenuto nonostante, a distanza di ormai 4 mesi dall'arresto, non risulti essere oggetto di ulteriori attenzioni investigative, tali da comportarne la detenzione in carcere;
secondo gli interroganti la scarcerazione del consigliere Gargano non comporterebbe alcun rischio di reiterazione dei reati, dal momento che egli non fa più parte né dello schieramento di maggioranza nel Consiglio regionale del Lazio né della giunta di governo, e pertanto non potrebbe incidere, neppure indirettamente, su alcuna attività amministrativa;
sulla delicata questione è intervenuto, nei giorni scorsi, anche il Garante dei Detenuti, il quale ribadendo la gravità delle condizioni di salute dell'ex assessore regionale Gargano, assolutamente incompatibili con il regime carcerario cui è attualmente sottoposto, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: «Sono rimasto davvero impressionato dalle condizioni in cui si trova quello che, fino a pochi mesi fa, era un mio avversario politico sui banchi del Consiglio Regionale del Lazio. Gargano è attualmente ospitato nel centro clinico di Regina Coeli. L'ho trovato su una sedia a rotelle, dimagrito e in condizioni fisiche e psichiche davvero gravi. Mi è stato riferito che, a causa dei problemi cardiaci, avrebbe urgente bisogno di un pacemaker. Per questo motivo era stato trasferito all'ospedale San Camillo dove, però, ha rifiutato l'operazione ed è stato quindi riportato di nuovo in carcere. Ciò mi spinge a chiedere alle autorità preposte di intervenire per salvare la vita di quest'uomo che, prima ancora di essere un politico è un detenuto e come tale ha diritto alla tutela della sua dignità e della sua salute»;
in data odierna, il consigliere Gargano è stato ricoverato presso l'ospedale Sandro Pertini di Roma, per essere sottoposto ad adeguati e impellenti interventi medici e chirurgici che provvedano a ristabilire le sue ormai precarie condizioni di salute;
l'interrogante, stante la realtà dei fatti precedentemente delineati, ritiene che nei confronti del consigliere Gargano vi sia stato un accanimento giudiziario indegno di un paese civile e democratico, in cui la dignità degli uomini viene calpestata in maniera inaccettabile;
sempre secondo l'interrogante, la magistratura per assolvere al suo dovere di accertare la verità non dovrebbe aver bisogno di ricorrere a provvedimenti di inflessibile carcerazione preventiva di una persona, per di più, come nel caso in questione, in evidenti precarie condizioni di salute, al solo scopo di ottenere da questa una piena confessione -:
quali provvedimenti, per quanto di sua competenza, intenda adottare allo scopo di verificare la sussistenza di eventuali illeciti disciplinari nell'operato dei magistrati nei confronti del consigliere Gargano, l'uso che viene fatto della carcerazione preventiva.
(4-01614)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, relativa alla vicenda giudiziaria riguardante Giulio Gargano, appare in primo luogo necessario sintetizzare i passaggi fondamentali del procedimento penale instaurato a suo carico, riferiti nell'informativa trasmessa dal Procuratore della Repubblica di Roma.
I reati contestati al Gargano nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari di Roma in data 6 luglio 2006 erano quelli di associazione a delinquere e di concorso in più fatti di corruzione. Detta associazione, sulla base della ricostruzione fornita dal giudice per le indagini preliminari di Roma, consentiva la permanente spoliazione delle casse della sanità regionale per centinaia di milioni di euro, attraverso la realizzazione sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di altre condotte illecite.
Nell'informativa il Procuratore ha precisato che il quadro accusatorio relativo a Giulio Gargano non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della coindagata Anna Giuseppina Iannuzzi, ma anche su riscontri e conferme indiziarie in ordine alla natura dei rapporti intercorsi tra il predetto e la Iannuzzi medesima.
Attesa la delicatezza delle questioni evidenziate nell'interrogazione, come si è già avuto modo di sottolineare in occasione della risposta all'interpellanza n. 2-00258 dell'onorevole Carlucci, nell'immediatezza, si è delegata alla Direzione generale magistrati l'acquisizione di notizie presso la Procura della Repubblica di Roma, al fine di verificare la fondatezza delle censure mosse dall'interrogante in merito all'operato dei magistrati che si sono occupati del procedimento penale a carico di Giulio Gargano.
In proposito, come si evince dagli atti trasmessi dal Procuratore della Repubblica di Roma, il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dalla magistratura romana per una serie di gravi reati nei confronti del consigliere regionale del Lazio Giulio Gargano, ha ricevuto l'avallo della Suprema Corte che, con sentenza n. 34189 del 2006, depositata il 12 ottobre 2006, ha rigettato il ricorso presentato dal Gargano, ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i gravi indizi di colpevolezza di cui all'articolo 273 del codice di procedura penale, sia le esigenze cautelari richieste dall'articolo successivo, in particolare argomentando in ordine alla «inadeguatezza di ogni altra misura cautelare personale diversa dalla custodia in carcere».
Quanto alla asserita incompatibilità della misura custodiale con le precarie condizioni di salute del Gargano, dalla disamina degli atti sopraindicati si desume che al medesimo sono state consentite tutte «le visite mediche specialistiche da parte di sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti disposti dal giudice per le indagini preliminari competente non hanno evidenziato alcuna situazione di incompatibilità con la custodia in carcere che, comunque, come per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione». Come specificato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, fin dal suo ingresso in carcere il Gargano è stato sempre ristretto presso la casa circondariale di Roma Regina Coeli, istituto dotato di centro diagnostico terapeutico, dove ha ricevuto la assistenza medica necessaria per le patologie cardiologiche di cui è affetto. Il Gargano è stato ricoverato presso l'ospedale San Camillo di Roma dal 25 ottobre al 6 novembre 2006 e, successivamente, dall'8 novembre al 16 novembre 2006 presso l'ospedale Sandro Pertini di Roma, e dimesso con indicazione di impianto di pacemaker da realizzare con intervento chirurgico rifiutato dal paziente. Per tale motivo, il Gargano veniva ubicato nel centro clinico dell'Istituto Regina Coeli, dove veniva disposto, nei suoi confronti, un assiduo controllo medico, con utilizzo di monitor cardiologico per la costante rilevazione della frequenza cardiaca.
In data 10 dicembre 2006 il Gargano è stato di nuovo ricoverato presso l'ospedale S. Spirito in Roma, per un ulteriore controllo cardiologico.
Da quanto sin qui esposto risulta chiaramente come le censure prospettate dall'interrogante risultano aver già avuto, nella naturale sede procedimentale, un'approfondita
e rituale occasione di verifica, sia presso il giudice per le indagini preliminari sia, soprattutto, presso la Corte suprema, onde non si ritiene che sussistano profili costituenti il presupposto di un'azione disciplinare.
Il Procuratore della Repubblica di Roma ha, inoltre, comunicato che le imputazioni contestate al Gargano con l'ordinanza cautelare sono state definite - nel procedimento n. 46614 del 2006 Registro generale delle notizie di reato) costituente stralcio dal procedimento n. 26284 del 2006 - con sentenza del giudice per le udienze preliminari del 28 dicembre 2006, che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale ha inflitto all'imputato la pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione.
È stato, infine, riferito che il Gargano è stato rimesso in libertà.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince dall'articolo pubblicato, in data giovedì 8 febbraio 2007, dal quotidiano Il Salernitano, sembrerebbe che, tramite una telefonata anonima giunta alla redazione dello stesso quotidiano, siano state perpetrate «... minacce di morte...» nei confronti del Signor Mariano Falcone e del Signor Cristofaro Salvati, rispettivamente Presidente del Circolo di Alleanza Nazionale «F. Cozzolino» di Scafati (Salerno) e Consigliere del Comune di Scafati;
dal testo del predetto articolo si evince che la telefonata anonimaè giunta «... alla Redazione del quotidiano Il Salernitano ieri pomeriggio intorno alle 15. Dall'altro capo del telefono un uomo senza inflessioni dialettali ha telefonato alla redazione del quotidiano salernitano, ha intimato al giornalista Elio Lancillotti di prendere carta e penna ed a scrivere senza se e senza ma...»;
da quanto citato nell'articolo allegato alla presente interrogazione sembrerebbe che: «... L'interlocutore ha pronunciato frasi all'indirizzo dei "demoni fascisti" colpevoli di eccessivo attivismo politico» puntando il dito nello specifico verso Mariano Falcone e Cristofaro Salvati colpevoli di essere troppo protagonisti nelle battaglie politiche. L'interlocutore ha quindi concluso la telefonata dicendo a chiare lettere che «se i due non rallentano la loro attività politica ...gliela faremo pagare...»;
alla fine della telefonata anonima, oggetto della presente interrogazione, pare che l'interlocutore abbia così firmato la sua minaccia: «... Nuclei Armati Proletari Antifascisti.»;
da quanto si evince dal testo del predetto articolo sembrerebbe che la telefonata sia giunta da un'utenza telefonica privata ovvero, così come citato dall'articolo «...quasi sicuramente da una cabina telefonica ...e che la voce misteriosa quasi sicuramente leggeva un volantino...» -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se corrispondenti al vero, quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-02552)
Risposta. - Secondo quanto riferito dal Prefetto di Salerno, nel pomeriggio del 7 febbraio 2007 un anonimo interlocutore ha telefonato alla redazione del quotidiano Il Salernitano e, dichiarandosi portavoce del «Nucleo armato proletari antifascisti» - sigla mai prima evidenziatasi in quella provincia - ha rivolto minacce nei confronti di due esponenti di Alleanza Nazionale, attivi nell'ambito del Comune di Scafati (Salerno);
A seguito dell'episodio, è stata disposta fin dal giorno successivo la misura della vigilanza generica radio collegata in favore dei minacciati.
Il 21 febbraio 2007, si è tenuta presso quella Prefettura-Ufficio territoriale del Governo un'apposita riunione tecnica di coordinamento delle Forze di polizia sia per un'esaustiva analisi dell'episodio, sia per la valutazione dei profili di rischio.
Secondo quanto dichiarato dagli inquirenti, le minacce sono risultate, alla luce delle prime indagini, prive di fondamento, nè sono emersi gli elementi di rischio previsti dalle vigenti disposizioni in materia di adozione delle misure di tutela; conseguentemente è stata decisa la revoca della vigilanza generica precedentemente adottata.
Proseguono, comunque, il monitoraggio della situazione di rischio e le investigazioni per risalire all'autore della telefonata minatoria. Restano, inoltre, elevati i livelli di attenzione da parte delle Autorità di pubblica sicurezza nei confronti di tutti quegli eventi che possono incidere negativamente sulla sicurezza e la libertà di espressione degli esponenti di tutte le componenti politiche.
A tal fine, le Forze di polizia dispongono e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, le misure per assicurare, da un lato, un più capillare controllo del territorio, dall'altro l'intensificazione dell'informazione preventiva per il monitoraggio costante delle attività svolte da aderenti ai gruppi politici più estremisti degli opposti schieramenti.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
D'AGRÒ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'attuale situazione della Casa circondariale di via Due Palazzi di Padova fa presupporre la concreta possibilità a breve di una sua chiusura definitiva;
si tratta di una struttura costruita da molti decenni, con una concezione arcaica dei diritti dei detenuti in attesa di giudizio, dove, a quanto risulta all'interrogante, sono spesso ammassati circa 250 detenuti in luogo della capienza stabilita nell'autorizzazione iniziale (92 posti + 6 di isolamento) e dove sono inqualificabili la fatiscenza dei servizi e sottoservizi, la difficoltà di effettuare manutenzioni ordinarie, le nutrite colonie di topi, i bagni nelle celle, la eccessiva promiscuità;
la costruzione della nuova struttura, a fianco della vecchia, della quale è prevista l'apertura nei prossimi giorni, è il risultato atteso da molti anni;
nonostante il netto miglioramento della qualità della vita (sale climatizzate, nuova infermeria, aula informatica, biblioteca, spazi per attività ludica), la nuova struttura è decisamente più piccola dell'attuale e, per quanto si possa lavorare su funzionalità e razionalità al fine di ottimizzare gli spazi e le funzioni da svolgere, la situazione è difficile per il benessere sia dei detenuti sia degli operatori di polizia penitenziaria;
una cella standard è di circa venti metri quadrati, compresa la cucina e lo spazio per il bagno attiguo alla cella, con la presenza di tre file di tre letti a castello per un totale di nove posti letto;
il nuovo edificio ha una capienza regolamentare di 84 posti, ma all'atto dell'apertura sarà occupata dagli attuali detenuti della vecchia struttura (160 persone);
se a tale situazione si aggiunge il tasso di criminalità presente nella provincia di Padova (uno dei più alti del Veneto) si comprende come gli spazi siano fortemente inadeguati per le attività di recupero, riabilitazione e vita sociale;
nello stesso tempo la vecchia struttura, già ora fatiscente, una volta dimessa, non sarà più in condizione di svolgere alcuna funzione, neanche di tipo emergenziale;
la mancanza di spazi idonei provoca contestualmente la crescita dei pericoli sociali connessi ai conflitti tra detenuti, alla mancanza di privacy, all'insorgenza delle liti, alla promiscuità tra detenuti di diverse nazionalità e appartenenze religiose, al lavoro degli operatori di polizia in sezione;
il fondo nazionale per l'ammodernamento delle strutture carcerarie dovrebbe
essere garantito nelle risorse indispensabili ad un efficace piano di ristrutturazione degli istituti;
sebbene la riduzione dei detenuti, a seguito dell'indulto, abbia evitato una rivolta sociale nelle carceri italiane, non ha determinato un risparmio economico in quanto se venissero chiuse intere sezioni o carceri ritornerebbe la situazione di malessere sociale legato all'eccessiva popolazione carceraria in pochi spazi -:
alla luce di tali considerazioni, quali iniziative intenda adottare per ampliare la nuova struttura della Casa circondariale di Padova che, ad avviso dell'interrogante, sarebbe fortemente a rischio qualora dovesse ospitare un numero di detenuti pari o addirittura superiore a quello attuale;
quali misure intenda adottare per aumentare la dotazione organica del personale (attualmente carente di una trentina di unità), definendo la posizione dei molti distaccati ed evitando una pesante concentrazione di servizi e funzioni nelle sezioni con palesi rischi per la sicurezza e la prevenzione dei conflitti.
(4-02348)
Risposta. - In risposta alla interrogazione, si fa presente che in data 5 febbraio 2007 è stata attivata a Padova la nuova struttura detentiva denominata «Ex femminile», con la chiusura dei vecchi reparti di detenzione.
I nuovi locali hanno consentito un netto miglioramento delle condizioni di vita della popolazione detenuta e del personale di Polizia penitenziaria.
Tutte le stanze, oltre a garantire luminosità e possibilità di ricambio d'aria, impensabili nelle vecchie celle, sono dotate di un «angolo cucina» con mobili in acciaio inox e di un bagno dotato di doccia e bidet.
Anche il personale può svolgere il proprio lavoro in condizioni assolutamente diverse da prima. In ogni sezione gli agenti hanno un vero e proprio ufficio, dotato di servizi igienici. I carichi di lavoro sono diminuiti perché non vi è più, ad esempio, la necessità di aprire le celle per permettere ai detenuti di utilizzare le docce. Inoltre, la maggior parte delle attività culturali e ricreative si svolge sul piano, che è dotato di sala giochi ed aula scolastica.
Anche i tempi degli spostamenti dei detenuti da una zona all'altra dell'istituto - per raggiungere la matricola o l'infermeria od altri luoghi - sono più che dimezzati, avendo l'intera struttura, nel complesso, una superficie inferiore di circa il 50 per cento rispetto alle vecchie sezioni.
Tutto questo ha portato anche ad un miglioramento del clima generale che si percepisce nelle sezioni.
L'intero edificio, inoltre, garantisce condizioni di salubrità e idoneità a cui quello vecchio da molti anni non era neppure in grado di avvicinarsi. Nella struttura preesistente, infatti, vi erano infiltrazioni d'acqua continue, una temperatura sempre molto bassa, nonostante l'enorme spesa sostenuta per il riscaldamento, a causa della inesistente tenuta degli infissi, periodiche infestazioni di insetti a causa della promiscuità estrema, conseguenza di un elevato indice di sovraffollamento.
Alla data del 17 aprile 2007 i detenuti ristretti presso la Casa circondariale di Padova ammontavano a 175, a fronte di una capienza regolamentare di 210 posti ed una capienza tollerabile stimata in 259.
Più in generale, per limitare gli effetti negativi di un eventuale stato di sovraffollamento, il competente ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è costantemente impegnato nell'elaborazione di specifici progetti. Uno di questi, denominato P.E.A. n. 23, vede la Direzione generale dei detenuti e del trattamento unitamente alla Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi, impegnata ad espletare una attività di programmazione per la razionalizzazione delle capienze negli istituti penitenziari ed il recupero delle strutture disponibili.
L'istituto di Padova, malgrado le prime difficoltà affrontate nel passaggio dei detenuti dalla vecchia alla nuova struttura, risulta particolarmente attivo nell'organizzazione delle attività trattamentali, scolastiche, ricreative e culturali.
Per quanto concerne, invece, il personale, si fa presente che la carenza d'organico
del Corpo di Polizia penitenziaria di Padova è una manifestazione del più generale problema che si presenta a carattere nazionale.
È necessario precisare che i provvedimenti di distacco in sedi extra-regionali adottati dal competente ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, alla data dell'8 marzo 2007, erano circa 21 e tutti, comunque, legati a legittime esigenze di carattere familiare, di servizio e di mandato elettorale.
Il recente provvedimento di indulto inoltre, riducendo la popolazione detenuta, ha migliorato le condizioni lavorative del personale.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
DI GIOIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 20 marzo 2005 gli Agrotecnici Ferrighi, Modenese, Stocco, Calesella, Tadiello, Ferri, Baroncini, Braiato, Aglio, Tescaro, hanno depositato un esposto riguardante l'attività disciplinare contro tutti gli stessi esponenti, intrapresa dal Commissario Straordinario Davide Neri per esaudire la richiesta dell'agronomo Paola Finardi;
il ministero di giustizia, in più occasioni, ha richiamato il commissario straordinario Neri inibendogli lo svolgimento di attività disciplinare;
nonostante i divieti del ministero lo stesso Neri avviava e trasferiva poi a mandato scaduto tutti i procedimenti disciplinari al collegio di Milano-Lodi;
in data 24 giugno 2005 con nota prot. n. 12 gli stessi Agrotecnici segnalavano nuovamente l'irregolarità dell'azione disciplinare con tutti i vizi procedurali ed amministrativi ad essa connessi;
in data 21 ottobre 2005 prot. 13, veniva nuovamente segnalata l'azione disciplinare intrapresa e continuata a danno degli agrotecnici di Rovigo, dai componenti del collegio provinciale degli Agrotecnici ed Agrotecnici Laureati di Milano Lodi;
in data 4 novembre 2005 gli agrotecnici di Rovigo hanno provveduto ad inoltrare ricorso con procedura d'urgenza, ex articolo 700 C.P.C. onde inibire l'attività illegittima posta in essere, secondo l'interrogante, arbitrariamente dal collegio di Milano-Lodi;
nelle more del ricorso il collegio di Milano Lodi provvedeva comunque e senza istruttoria ed interpello degli incolpati, ad irrogare pesanti sanzioni disciplinari, per quanto risulta all'interrogante, di radiazione e sospensione in danno di tutti gli odierni esponenti;
tali provvedimenti disciplinari colpiscono l'intero collegio dei revisori dei conti e la maggioranza dei consiglieri, causandone il decadimento immediato;
prontamente il collegio nazionale ha disposto, con provvedimento, secondo l'interrogante, abnorme ed illegittimo, la ricostituzione del consiglio del collegio provinciale, senza alcuna consultazione degli iscritti, necessaria per legge nei casi di decadimento di un consiglio;
da tali disposizioni presidenziali, il nuovo presidente provinciale, agronomo Angelo Zanellato, provvede a comunicare a tutti gli iscritti la sua nomina e la disponibilità alla massima divulgazione, pubblicazione e riproduzione in copia dei dispositivi dei provvedimenti disciplinari che riguardano gli scriventi;
la particolare natura dei dati e delle notizie contenute nei citati dispositivi disciplinari, non approfondisce ulteriormente quelle che secondo l'interrogante è una illegittimità;
è venuto a mancare il numero legale nel consiglio del collegio locale, e l'intero collegio dei revisori dei conti, per effetto dei provvedimenti disciplinari, per quanto abnormi e illegittimi, viene a mancare il numero legale necessario al suo funzionamento;
non essendo più in condizione di funzionare il consiglio del collegio decade;
decadendo il consiglio diviene necessaria la consultazione elettorale degli iscritti (articolo 3 legge 251/86 e ss.mm.);
nessun potere è attribuito al Presidente Nazionale in ordine alla nomina diretta dei componenti il consiglio, né in ordine alla surroga dei componenti mancanti;
è previsto lo strumento della surroga per integrare la mancanza di alcuni componenti non certo di un intero consiglio decaduto -:
quali verifiche e accertamenti siano stati condotti dal Ministero di Giustizia quale ente competente alla vigilanza sul corretto funzionamento degli ordini professionali, anche in relazione ai numerosi esposti inviati dagli agrotecnici rodigini sull'accaduto;
se intenda attivarsi affinché si provveda alla completa revisione dei provvedimenti disciplinari sino ad addivenire, ove possibile all'annullamento degli stessi;
se ritenga che debbano essere attivate le necessarie procedure di verifica sull'operato del Collegio nazionale degli agrotecnici ed agrotecnici laureati e del collegio di Milano Lodi relativamente all'azione, secondo l'interrogante, persecutoria intrapresa contro i componenti il consiglio del collegio provinciale degli agrotecnici di Rovigo, anche al fine di predisporre, ove sia il caso, eventuali e adeguate procedure disciplinari.
(4-02170)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che con decreto ministeriale del 13 gennaio 2005 è stato sciolto per la prima volta, e proprio su richiesta del consiglio del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, il Collegio provinciale di Rovigo e nominato un Commissario straordinario per l'indizione delle elezioni.
Nelle more, andando di contrario avviso rispetto all'orientamento espresso in ordine alla competenza dal Ministero, il Commissario straordinario apriva procedimenti disciplinari nei confronti di quattro consiglieri e del collegio dei revisori. Tali procedimenti venivano peraltro incardinati, su indicazione del Presidente nazionale, non presso il competente consiglio di Venezia, bensì presso quello di Milano.
In data 13 maggio 2005, a seguito delle elezioni regolarmente svolte ed indette dal Commissario straordinario, si insediava il nuovo collegio. Nello stesso venivano confermati quattro consiglieri uscenti e vi era altresì conferma per la carica di Presidente, attribuita all'agroteonico Ferrighi. Nel mese di dicembre 2005 sono state notificate al Ministero della Giustizia le decisioni disciplinari adottate dal collegio di Milano nei confronti dei componenti del disciolto collegio di Rovigo con le quali, in particolare, sono state adottate le sanzioni della radiazione, nei confronti del Presidente Ferrighi, e quella della sospensione dall'esercizio della professione per un periodo di 12 mesi nei confronti di due consiglieri e, per un periodo di 8 mesi, nei confronti di un terzo Consigliere. I componenti del collegio di Rovigo colpiti dalle predette sanzioni disciplinari sono stati, pertanto, tutti sostituiti con i primi dei candidati non eletti ai sensi dell'articolo 3 comma 4 della legge professionale n. 251 del 1986 e successive modifiche.
Questo Ministero, con due note (la prima del 9 febbraio 2006 e la seconda del 17 febbraio 2006), ha rappresentato la non correttezza della procedura seguita per le sostituzioni dei componenti del collegio di Rovigo ed ha richiesto al Consiglio nazionale l'indicazione della terna di professionisti per il commissariamento del collegio, ai sensi dell'articolo 3 comma 5 della legge professionale, nei termini di seguito riportati.
In particolare, è stato rilevato che le sostituzioni effettuate, dietro indicazione del presidente del Consiglio nazionale, con i primi dei candidati non eletti sono state fondate sul presupposto della «esclusione definitiva» del componente radiato e «dell'esclusione temporanea» dei componenti sospesi.
Si è viceversa ritenuto, con la nota del 17 febbraio sopra citata, di dovere distinguere
la fattispecie della radiazione da quella della sospensione.
Per quanto riguarda la sanzione della radiazione, la quale comporta, ai sensi dell'articolo 9 della legge 251 del 1986 (e successive modifiche) la cancellazione dall'Albo del soggetto interessato e, conseguentemente, anche la decadenza dalla carica di componente del consiglio, per il venire meno del presupposto essenziale della funzione rappresentativa che essa riveste, si è ritenuto che la relativa sostituzione sia disciplinata dall'articolo 3 comma 4 della legge professionale e che, dunque, al professionista radiato debba subentrare - come in effetti si è verificato - il primo dei candidati non eletti.
Per quanto riguarda, invece, la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione di cui all'articolo 9 legge citata, la legge professionale, al riguardo, non prevede alcun effetto della sanzione in questione sull'iscrizione all'albo né una «sospensione temporanea» dall'incarico di componente del consiglio.
In tale ipotesi, pertanto, si è ritenuto che non potesse trovare applicazione il disposto dell'articolo 3 comma 4 citato - come ha sostenuto il presidente del consiglio nazionale - in quanto esso disciplina i casi di decadenza dalla carica ovvero di dimissioni da componente del consiglio.
In assenza di specifiche previsioni di legge, dunque, si è ritenuto che i componenti di un consiglio colpiti dalla sanzione della sospensione non potessero essere rimossi dalla carica nemmeno in via temporanea.
Ciò posto, e considerato che i membri del consiglio sospesi dall'esercizio della professione non possono esercitare in tale sede per tutto il periodo della durata della sanzione i diritti connessi all'esercizio della professione medesima, ivi compreso, lo stesso diritto di voto, si è rilevato che il collegio di Rovigo, con ben tre componenti sospesi, su sette complessivi, si sarebbe trovato ad operare con un consiglio che supera di una sola unità la maggioranza, per un periodo che va dagli 8 ai 12 mesi (tali sono i termini delle sanzioni irrogate).
In considerazione delle gravi e prevedibili ripercussioni sul piano della corretta funzionalità dell'organo che tale situazione avrebbe determinato, è stata prospettata la necessità di ricorrere allo scioglimento del consiglio ai sensi dell'articolo 3 comma 5 della legge n. 251 del 1986 citata.
Non si è, comunque, tralasciato di prendere in considerazione anche l'ipotesi in cui (con un'interpretazione che si colloca fuori dal dettato normativo) i componenti sospesi possano essere sostituiti.
In questo caso, tuttavia, l'articolo 3 comma 4 della legge professionale deve essere coordinato con le disposizioni del regolamento professionale e, nel caso di specie, con quelle di cui all'articolo 11.
Quest'ultima norma, tuttavia, non può essere interpretata nei termini indicati dal presidente del consiglio nazionale con la nota del 14 febbraio sopra citata.
La disposizione del terzo comma dell'articolo in questione, infatti, non può ritenersi, neppure implicitamente subordinata alle disposizioni del primo comma relative al subentro dei primi dei non eletti.
In tal senso appare chiara la portata dell'ultima disposizione dell'articolo 11, la quale prevede che quando il numero delle «vacanze» dei membri del consiglio supera la metà dei componenti, il presidente deve indire le elezioni dell'intero organo. Il primo ed il secondo comma dell'articolo disciplinano, invece, le ipotesi di sostituzione di singoli componenti che siano cessati dall'incarico per qualsiasi causa.
Tale interpretazione appare aderente non solo al tenore letterale della norma in questione - la disposizione che prevede le elezioni dell'intero organo è infatti collocata in un diverso comma del medesimo articolo - ma anche alla ratio della stessa, che deve essere intesa in linea con i principi di carattere generale che attengono alla natura rappresentativa ed elettiva del consig1io di un ordine professionale.
Al riguardo, si è rilevato che una diversa interpretazione delle disposizioni contenute nell'articolo 11 del regolamento (peraltro presenti con analoga formulazione nella legislazione ordinamentale di altri ordini professionali) finirebbe per consentire, in
astratto, la sostituzione di un intero collegio con candidati non eletti, superando così la volontà degli iscritti, i quali si vedrebbero rappresentati da un nuovo organo senza avere avuto la possibilità di esercitare il diritto di elettorato previsto dalla legge. Si è ritenuto, quindi, di dovere concludere che, nell'ipotesi in cui si dovesse sostenere la possibilità di sostituire i componenti colpiti dalla sanzione della sospensione, la soluzione, nel caso di specie, sarebbe quella dell'elezione dell'intero collegio, per la cui indizione sarebbe comunque necessaria la nomina di un Commissario straordinario, in considerazione dell'esclusione dal consiglio del presidente in quanto radiato.
Con le due note sopra citate si è ritenuto, pertanto, di dovere rappresentare l'irregolarità della applicata procedura di sostituzione dei componenti del collegio di Rovigo, in virtù del quale è stata richiesta l'indicazione della terna di professionisti prevista dalla legge.
In data 20 marzo 2006 è pervenuta la nota del Presidente del consiglio nazionale, con cui è stata trasmessa la delibera del consiglio dell'11 marzo relativa al parere contrario allo scioglimento del collegio di Rovigo e all'indicazione della terna di professionisti richiesta.
Con tale parere il consiglio nazionale ha confermato quanto già in precedenza sostenuto dal presidente, riproponendo le medesime argomentazioni dallo stesso prospettate nei termini sopra evidenziati, in ordine alla legittimità della procedura seguita per la sostituzione dei componenti del collegio di Rovigo.
Al riguardo, è stato ritenuto di dovere confermare quanto già rappresentato in ordine alla non regolarità della procedura con cui è stata effettuata la sostituzione dei componenti del consiglio di Rovigo, colpiti dalle sanzioni disciplinari di sospensione dall'esercizio della professione.
In particolare, si è rilevato che, a seguito della posizione assunta dal consiglio nazionale, non si era comunque provveduto alla rimozione dei nuovi consiglieri che hanno sostituito i componenti sospesi, in favore di quest'ultimi. Ciò ha impedito, di fatto, ogni possibile valutazione in concreto, da parte di questo Dicastero, in ordine alla funzionalità di un consiglio regolarmente ricostituito, anche se dotato di una limitata maggioranza.
Al riguardo si osserva che il consiglio nazionale, nel citato parere, si è limitato ad evidenziare l'insufficiente condizione per la determinazione del commissariamento di un «...giudizio prognostico circa la "possibile" non funzionalità del consiglio del collegio di Rovigo, stante la mancanza di concretezza ed attualità dell'eventuale danno o pericolo prospettato...», senza, tuttavia, porre in essere le condizioni reali affinché questo Dicastero potesse verificare in concreto l'effettiva e corretta funzionalità del consig1io di Rovigo.
D'altra parte, vale la pena di sottolineare che la «possibile» prognosi negativa prospettata da questo Ministero con la nota del 17 febbraio sopra citata, indirizzata al presidente del consiglio nazionale - con la quale si ribadisce che non era stata assunta alcuna determinazione definitiva in ordine al commissariamento in questione - avrebbe potuto essere sicuramente oggetto di più approfondita valutazione qualora il consiglio naziona1e si fosse adoperato in tal senso.
Alla luce di quanto sopra esposto e considerata l'irregolare composizione del consiglio del collegio di Rovigo, si è pertanto ritenuto necessario procedere, con decreto ministeriale 28 aprile 2006, ad un secondo commissariamento del collegio di Rovigo, nominando l'agrotecnico Pierluigi Rigato Commissario straordinario, scelto nella terna dei nominativi forniti con delibera dell'11 marzo 2006 dal consiglio nazionale.
Con decreto presidenziale del T.A.R. Lazio, emesso «inaudita altera parte», in data 12 maggio 2006, veniva disposta in via cautelare e provvisoria la sospensione del citato decreto di commissariamento, che veniva confermata nella camera di consiglio del 24 maggio 2006.
Tanto posto si rappresenta che, allo stato, il decreto di commissariamento risulta tuttora sospeso a seguito della decisione del giudice amministrativo.
Per quanto riguarda, in particolare, i procedimenti disciplinari in argomento, si evidenzia che detta materia è riservata esclusivamente alla competenza dei consigli dell'ordine - territoriali e nazionale - e che, pertanto, questa Amministrazione non ha alcun potere di intervento diretto in sede disciplinare.
Si rappresenta, in ogni caso, che il consiglio nazionale dei dottori agrotecnici e degli agrotecnici laureati, dinanzi al quale sono pendenti i ricorsi avverso le decisioni disciplinari in questione, ha comunicato con nota del 5 marzo 2007 che, a seguito delle istanze di ricusazione avanzate dai ricorrenti, è stato nominato un consiglio nazionale ad acta per la trattazione dei relativi procedimenti e che questi ultimi, a causa della complessità della vicenda, si trovano tuttora in fase di istruttoria.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
EVANGELISTI, DONADI, BORGHESI, PORFIDIA, PEDRINI, PALOMBA, RAITI, LEOLUCA ORLANDO e D'ULIZIA. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
è sempre più vicino il momento, da parte delle istituzioni competenti, di formalizzare le richieste e determinare l'organico di fatto dei docenti di sostegno;
la Circolare Ministeriale n. 45 del 9 giugno 2006 (concernente l'anno scolastico 2006-2007) e recante indicazioni circa l'adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto, al punto 7 è molto esplicita e, in particolare, introduce, per la prima volta in un documento ufficiale, il criterio di inadeguatezza del parametro 1:138 fissato nella legge n. 449 del 1997, così recitando: «Si richiama l'osservanza delle disposizioni vigenti per quanto concerne le modalità di individuazione dei soggetti portatori di handicap e dei criteri per la costituzione dei posti in deroga. Tenuto conto che l'attribuzione dei posti in deroga nella situazione di fatto è finalizzata a sopperire all'inadeguatezza del parametro fissato dalla legge n. 449/97, si sottolinea l'esigenza che sia garantita l'assegnazione di tutte le ore di sostegno per le quali ricorrono le condizioni previste dalle vigenti disposizioni. Per quel che attiene al numero delle ore di sostegno da assegnare per ciascun alunno disabile, si rammenta che la relativa proposta è affidata al gruppo di lavoro di cui all'articolo 5, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994. [...]»;
le ore di sostegno devono essere assegnate a ciascun alunno e la proposta del numero di ore è di competenza del Gruppo di lavoro handicap sul caso (GLH), in base al Piano Educativo Individualizzato (PEI) così come stabilito dall'articolo 5, commi 1 e 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica: «Piano educativo individualizzato. 1. Il Piano educativo individualizzato (indicato in seguito con il termine P.E.I.) è il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l'alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione, di cui ai primi quattro commi dell'articolo 12 della legge n. 104 del 1992. 2. Il P.E.I. è redatto, ai sensi del comma 5 del predetto articolo 12, congiuntamente degli operatori sanitari individuati dalla USL e/o USSL e dal personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e, ove presente, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale dell'alunno»;
l'articolo 12, comma 5, della legge n. 104 del 1992 stabilisce che «all'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado
di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della Pubblica Istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata»;
la procedura sopra ricordata a norma di legge, predisposta da professionisti a vari livelli di collaborazione con i genitori, tende ad individuare le potenzialità dell'alunno, i tempi e i modi degli interventi da predisporre e da effettuare per il raggiungimento degli obiettivi rappresenta la sola fonte cui accedere per determinare sia le ore di sostegno da assegnare a ciascun alunno che gli organici dei docenti. Le proposte dei vari GLH sul caso vengono richieste dal Centro Servizi Amministrativi (CSA) provinciale tramite schede sintetiche (dove però non figura il numero di ore previsto per caso specifico) a tutte le scuole di ordine e grado per essere valutata dal GLH provinciale e quindi tramite il direttore del CSA provinciale e inoltrate al Direttore Generale Toscano a cui spetta la determinazione degli organici -:
se non ritenga necessario, impegnarsi, sollecitando i competenti uffici territoriali, affinché:
le valutazioni siano accurate, esaminando caso per caso, chiedendo anche ulteriori informazioni, laddove questo sia ritenuto necessario;
il lavoro del GLH provinciale non sia esclusivamente un'operazione matematica di divisione, ma solo la risposta precisa e puntuale alle esigenze, ai problemi e alle aspettative dei soggetti disabili e dei loro familiari, documentate peraltro da neuropsichiatri infantili, psicologi, docenti e operatori;
il dibattito del gruppo sia verbalizzato e consultabile al fine di garantire una effettiva realizzazione del principio di trasparenza dell'azione amministrativa;
chiarire sulla base degli atti depositati presso il Ministero come sia comparsa la dizione «particolare gravità» e quale significato attribuirle, quando la legge quadro n. 104 del 1992 al comma 3 dell'articolo 3, parla di «gravità»;
rivedere la posizione del Governo precedente che, pur di ridurre la spesa, non si è curato delle sentenze che, in tutti i casi di immotivata riduzione delle ore di sostegno, le aumentano riportandole alla quantità richiesta per raggiungere gli obiettivi prefissati dal PEI, anche alla luce dello specifico parere che il Consiglio di Stato ha fornito nell'agosto 2005 in cui aveva avanzato seri dubbi di costituzionalità sulla norma del decreto che consente le deroghe nei soli casi di «gravità» e sull'articolo 35, comma 7, della legge n. 289 del 2002.
(4-00650)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente l'integrazione scolastica degli alunni diversamente abili con particolare riguardo al numero delle ore di sostegno da assegnare per le esigenze dei medesimi alunni.
Va premesso che l'attenzione agli alunni diversamente abili e al pieno sviluppo delle loro potenzialità, sia in ambito scolastico che ai fini dell'inserimento nella vita attiva, costituisce una priorità assoluta della politica scolastica, come è stato evidenziato dal Ministro nel corso delle audizioni svoltesi presso le competenti Commissioni della Camera e del Senato per illustrare il programma politico del Ministero. In tali occasioni, come pure in successivi interventi in Parlamento, il Ministro ha rilevato che tra le nostre specificità positive in ambito europeo c'è l'integrazione dei diversamente abili nella scuola di tutti e che nessun altro sistema educativo ha a questo proposito norme perentorie come le nostre.
Un primo segnale nella direzione indicata dal programma politico è stato dato proprio nella circolare citata nell'interrogazione - la
circolare ministeriale n. 45 del 9 giugno 2006 - recante indicazioni per l'adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto per l'anno scolastico 2006-2007.
A questa circolare è poi seguita la direttiva generale sull'azione amministrativa e la gestione per l'anno 2006, emanata il 25 luglio 2006, nella quale è stato individuato come obiettivo prioritario l'assunzione di iniziative volte a dare un reale sostegno agli alunni diversamente abili.
Il Ministero ha quindi promosso iniziative anche a livello normativo per il perseguimento del suddetto obiettivo; ed infatti il disegno di legge finanziaria per il 2007, nell'ambito delle misure per il rilancio della scuola pubblica, prevede, tra l'altro, l'adozione di interventi per la sostituzione del criterio previsto dall'articolo 40, comma 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 - che fissa la dotazione organica di insegnanti di sostegno nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia - con l'individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra Regioni, Ufficio scolastico regionale, azienda sanitaria locale e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.
Inoltre, è stato attivato il rapporto con l'Osservatorio sull'handicap e con le associazioni interessate per l'approfondimento di tutte le tematiche concernenti l'integrazione degli alunni diversamente abili; a tal fine è essenziale il rapporto con la scuola reale, sia per avere il quadro esatto delle criticità che per raccogliere nuove proposte.
Premesso quanto sopra, in merito a quanto rilevato nell'interrogazione si fa presente quanto segue.
Relativamente ai gruppi di lavoro provinciali per l'handicap (GLH), da quanto risulta al Ministero, gli stessi hanno operato nel rispetto della normativa vigente, oltre che con impegno e senso di responsabilità e con consapevolezza delle effettive difficoltà e delle esigenze dei soggetti disabili. La loro azione è stata improntata non a mera «operazione matematica di divisione», ma a doverosa e partecipata attenzione alle singole disabilità, e si è svolta con trasparenza. L'individuazione delle risorse da assegnare per l'integrazione dei soggetti diversamente abili non è stata condizionata o limitata da ragioni di risparmio, anche se il quadro complessivo degli impegni finanziari da destinare a tale finalità viene definito di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Quanto al termine «particolare gravità» contenuto nella sopra citata circolare ministeriale n. 45 del 2006 - il termine è peraltro presente anche nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 185 del 23 febbraio 2006 - esso è stato utilizzato per dare rilievo a situazioni bisognevoli di deroghe di particolare entità che non avevano trovato soluzione nella fase di costituzione degli organici di diritto.
Non va peraltro sottaciuto che non sempre e necessariamente un maggior numero di ore di sostegno è garanzia di una buona integrazione e di un apprendimento migliore. Infatti, per l'efficacia degli interventi rilevano le metodologie educative e gli strumenti didattici adottati, il coordinamento progettuale, organizzativo ed operativo fra docente della classe e docente di sostegno, gli strumenti attraverso i quali si può realizzare un effettivo processo di recupero e di crescita degli alunni in difficoltà.
Né va trascurato che, in base alle norme vigenti, i docenti di sostegno non vengono assegnati al singolo alunno disabile, ma alla scuola nel suo complesso, che provvede, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, ad organizzare e mettere a disposizione le risorse secondo le soluzioni organizzative, operative e didattiche più rispondenti alle esigenze.
Va pure tenuto presente che la legge n. 104 del 1992 e le disposizioni attuative della stessa prevedono che le disabilità debbano corrispondere a patologie dovute a «minorazione fisica, psichica e sensoriale, stabilizzata o progressiva...».
In presenza di questo quadro normativo di riferimento, a livello nazionale il numero dei posti, e quindi degli insegnanti di sostegno,
ha subito un incremento continuo e rilevante, passando da 74.000 unità nell'anno scolastico 2001/2002 ad oltre 84.000 nell'anno scolastico 2005/2006, con un aumento di oltre 3.000 posti per anno.
Per il corrente anno scolastico, dall'analisi finora effettuata emerge che i posti di sostegno hanno avuto una ulteriore, sensibile crescita. Tenuto conto che gli alunni diversamente abili sono oltre 167.000, il rapporto docenti/alunni nella realtà nazionale è pari a un docente ogni 1,9 alunni disabili.
Questi dati evidenziano la specificità positiva del nostro Paese in ambito europeo in materia di integrazione dei diversamente abili; ciò, tuttavia, non deve fare dimenticare le situazioni di criticità, al cui superamento tendono le iniziative assunte da questo Ministero per migliorare l'integrazione degli alunni in parola nella scuola di tutti.
Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione: Maria Letizia De Torre.
FABRIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale del 23 giugno 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 15 luglio 2005 4 serie speciale, il Ministro della giustizia indiceva gli esami di Stato per l'abilitazione alla Professione Forense, delegando al Consiglio Nazionale Forense la competenza in materia di organizzazione dello svolgimento delle selezioni dei candidati;
in osservanza al predetto decreto ministeriale, dal 21 luglio 2006, presso la Corte d'Appello di Venezia si sono svolte le prove orali ai fini della precitata selezione;
a fronte di un numero di 2100 candidati che hanno sostenuto le prove scritte, sono stati considerati idonei a sostenere le prove orali soltanto 725 dottori;
nel Distretto di Corte d'Appello di Venezia si presentava un numero di candidati superiore alle 300 unità ed a norma dell'articolo 1-bis legge n. 180 del 2003, si è provveduto ad istituire più Sottocommissioni, tra cui la Sottocommissione IV, la quale esaminava, parimenti alle altre sei Commissioni circa 100 candidati;
la Sottocommissione IV risulta aver ritenuto idonei un numero sensibilmente inferiore di candidati, rispetto alle altre Sottocommissioni;
la sopraccitata vicenda non appare unica ed isolata, dal momento che ogni anno, in occasione degli esiti dell'Esame di Stato per l'abilitazione alla Professione Forense, si registrano notevoli differenziazioni sia tra commissioni sia tra le sottocommissioni;
non si riesce a comprendere come adottando i medesimi criteri di selezione il numero di candidati ritenuti idonei a seguito delle prove scritte e orali risulti variare sensibilmente tra le Commissioni insediate presso Corti d'Appello diverse e spesso anche tra Sottocommissioni facenti parte di una stessa Commissione -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare allo scopo di accertare le reali cause che portano ad esiti tanto differenti tra sedi d'esame diverse e tra le Sottocommissioni che all'uopo vengono istituite;
se non ritenga opportuno adottare iniziative per modificare le modalità di svolgimento degli esami di abilitazione alla professione forense.
(4-02313)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si fa presente che il decreto-legge 21 maggio 2003 n. 112, convertito, con modificazioni, in legge 18 luglio 2003 n. 180, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense, ha introdotto un sistema di espletamento degli esami mirato a superare i gravi inconvenienti determinati dall'esaurimento delle prove di selezione senza raffronti esterni all'ambito dei singoli distretti di Corte d'appello.
La citata legge 180 del 2003 è stata applicata, per la prima volta, alla sessione di esame 2004.
Tra le novità di maggiore rilievo si segnala, in primo luogo, l'istituzione di una commissione centrale avente sede presso il Ministero della giustizia, alla quale è stato attribuito il compito di determinare i criteri orientativi per la valutazione delle prove scritte e delle prove orali (articolo 1-bis comma 9 legge citata) cui si devono attenere tutte le sottocommissioni di esame presso le Corti di Appello.
Per la sessione 2005 degli esami la Commissione, con circolare del 19 dicembre 2005, ha formulato i seguenti criteri per la valutazione degli elaborati scritti:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell'esposizione, con conseguente dimostrazione da parte del candidato della propria capacità di argomentare in maniera corretta e compiuta;
b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici, da inquadrare nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento vigente;
c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà con relativo collegamento sistematico;
e) dimostrazione, relativamente all'atto giudiziario, della padronanza delle tecniche di persuasione, nonché della consapevolezza del rispetto di termini e formule previsti a pena di nullità;
f) proprietà di linguaggio ed uso di appropriata terminologia giuridica;
g) rispetto della grammatica, della sintassi e dell'opportunità di chiarezza ortografica.
Tuttavia, la valutazione delle prove dei candidati, effettuata da ciascuna sottocommissione di esame, è il risultato di attività tecnica discrezionale, non sindacabile dall'Amministrazione centrale.
Con la citata legge 180 del 2003 è stata, inoltre, integrata la composizione delle sottocommissioni di esame presso le Corti di Appello con ulteriori cinque membri (due avvocati, due magistrati, un professore universitario). Tale integrazione ha comportato, rispetto alla precedente disciplina, il raddoppio del numero dei componenti di ciascuna sottocommissione di esame.
Altra importante innovazione riguarda la procedura di correzione delle prove scritte prevista dall'articolo 2 della legge 180 del 2003, che prevede la correzione degli elaborati a cura di una Corte di Appello diversa rispetto a quella del luogo dove si svolgono le prove scritte, da individuarsi mediante sorteggio nell'ambito di «gruppi omogenei» di Corti.
La nuova procedura comporta l'adozione di un provvedimento dirigenziale di «raggruppamento» delle Corti di Appello in base al numero di domande di ammissione presentate dai candidati.
Nell'ambito dei gruppi così individuati sono poi sorteggiati gli abbinamenti tra Corti dove sono state svolte le prove scritte e Corti dove devono essere corretti i relativi elaborati.
All'esito del sorteggio viene adottato il decreto ministeriale con cui sono determinati gli abbinamenti delle Corti di Appello e contestualmente sono istituite ulteriori sottocommissioni presso quelle Corti che risultano abbinate con Corti aventi un maggiore numero di sottocommissioni.
Gli elaborati dei candidati sono quindi trasmessi, subito dopo l'espletamento delle prove scritte, presso la Corte di Appello «abbinata», per la correzione degli stessi.
Le prove orali, invece, hanno luogo nella medesima sede delle prove scritte.
Per quanto concerne eventuali iniziative sul piano normativo, si fa presente che su proposta del Ministro della Giustizia, il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 1o dicembre 2006, ha approvato il disegno di legge recante: «Delega al Governo per la riforma delle professioni intellettuali». È previsto che la delega si eserciti entro diciotto mesi dalla entrata in vigore della legge.
Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, commi 1 e 4, il Governo dovrà disciplinare anche le modalità di accesso alla professione, tenuto conto delle specificità delle singole attività professionali, nel rispetto, tra gli altri, dei seguenti principi direttivi:
mantenere l'esame di Stato per quelle professioni il cui esercizio può incidere sui diritti costituzionalmente garantiti o riguardanti interessi generali meritevoli di tutela, secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità;
disciplinare le modalità dell'esame di Stato in modo da assicurare l'uniforme valutazione dei candidati su base nazionale e la verifica del possesso delle competenze tecniche necessarie per la specificità delle singole professioni;
prevedere che le commissioni giudicatrici siano composte secondo regole di imparzialità e di adeguata qualificazione professionale, limitando a meno della metà la presenza di membri effettivi e supplenti appartenenti agli ordini professionali, limitando alla sola presidenza, in concorso con altri soggetti professionali e nel rispetto delle attuali previsioni normative, la possibilità di nomina di magistrati ordinari;
individuare le modalità che assicurino la terzietà dei commissari e l'oggettività delle valutazioni e la loro omogeneità sul territorio in caso di previsione di procedure decentrate;
garantire una adeguata pubblicità all'avvio delle procedure di abilitazione.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
FALLICA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dai giornali degli ultimi giorni e soprattutto dalle proteste, emerge chiaramente il malcontento che le Forze dell'ordine esprimono nei confronti della Legge Finanziaria;
i tagli alle spese per la difesa e l'ordine pubblico che tale manovra propone pongono i tutori dell'ordine in ristrette situazioni finanziarie le strutture in cui operano;
la notizia della Caserma dei Carabinieri di Genova che - come tante altre in Italia - per far quadrare il suo bilancio deve privilegiare i pagamenti di alcune forniture (esempio: benzina per le auto di servizio), più urgenti e utili per il lavoro di pattugliamento e sicurezza, e posticiparne altri (utenze varie: gas, energia elettrica) è indicativa di questo disagio;
altro eloquente esempio è il caso del Corpo della Forestale che, in molte parti d'Italia, ha ridotto i servizi di vigilanza in auto per non restare a secco durante eventuali successive operazioni di spegnimento -:
che tipo di misure il Governo voglia prendere per fronteggiare il rischio che la sicurezza dei cittadini, che dipende in larga misura dalle Forze dell'ordine, venga messa a repentaglio a causa di mancanza di fondi per le utenze principali, sovvenzionamenti che la manovra Finanziaria riduce ulteriormente.
(4-01905)
Risposta. - Effettivamente, in considerazione delle note esigenze di risanamento dei conti pubblici, il bilancio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza ha subito, per l'anno 2007, una riduzione, rispetto alle dotazioni iniziali del 2006, di circa 101 milioni di euro, così come, del resto, era già avvenuto nel 2005, rispetto all'anno precedente. A ciò si aggiungono gli accantonamenti di somme rese indisponibili, pari a circa 140 milioni di euro, derivanti dall'applicazione dell'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria, che si riferiscono ad alcune categorie di spesa sia di parte corrente sia di parte capitale.
Peraltro, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza si e già organizzato per una attenta opera di razionalizzazione della spesa, attraverso una scrupolosa attività di pianificazione ed ottimizzazione delle risorse.
In particolare, il parco veicolare della Polizia di Stato sarà ammodernato con graduale sostituzione dei veicoli destinati al controllo del territorio, e verrà portato avanti il progetto di standardizzazione dei «pacchetti di manutenzione», al fine di rendere più agevoli gli interventi stessi e il ripristino della funzionalità dei veicoli.
Per quanto riguarda il settore impianti tecnici, telecomunicazioni ed informatica, è in corso di realizzazione il progetto che prevede il progressivo trasferimento del traffico telefonico e dei dati, ad oggi veicolato su supporti di trasmissione in outsourcing, su reti di proprietà dell'amministrazione.
Nel settore dell'equipaggiamento ed in quello del casermaggio rilevanti economie saranno conseguite anche grazie alla distribuzione «porta a porta» dei beni consegnati direttamente dalle aziende fornitrici ai magazzini di servizio.
Si rammenta che uno degli obiettivi perseguiti dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 408 e 435) è quello del più razionale impiego delle risorse umane, logistiche e tecnologiche e dei mezzi delle Forze di polizia nell'espletamento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica anche attraverso appositi piani interforze di riarticolazione e ridislocazione dei presidi territoriali delle Forze di polizia, in grado di ottimizzare l'impiego del personale nei compiti di controllo del territorio e di contrasto alla criminalità.
Di particolare rilievo è anche la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 439 della legge finanziaria che dispone che, per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, il Ministro dell'Interno e per sua delega i Prefetti, possano stipulare convenzioni con le Regioni e gli Enti Locali che prevedano la contribuzione logistica, strumentale o finanziaria delle stesse Regioni e degli Enti Locali. Intese in tale senso sono già state avviate in Campania ed in Calabria, per effetto delle quali un importante apporto finanziario concorrerà alla realizzazione di interventi straordinari ed urgenti per la sicurezza del territorio.
In tale contesto, lo scorso 20 marzo è stato sottoscritto il «Patto per la sicurezza» tra il Ministro dell'Interno e l'ANCI, che fissa i parametri per sviluppare progetti condivisi nel quadro di un rapporto di sussidiarietà tra gli Organismi statali e gli Enti locali e territoriali, finalizzati ad assicurare un più elevato livello di risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini.
A margine di tale accordo è stata perfezionata un'intesa con i Sindaci delle città Metropolitane che stabilisce:
la definizione entro 60 giorni di patti per la sicurezza con ogni città metropolitana, che prevedano risorse organizzative e finanziarie adeguate da parte di tutti i soggetti contraenti;
l'avvio, nello stesso periodo di tempo, di un gruppo di lavoro congiunto Governo-città metropolitane per definire le innovazioni legislative che possono sostenere queste intese e consentire di realizzare nuovi strumenti per contrastare il disagio e il degrado delle aree urbane.
Ad oggi sono stati sottoscritti «Patti per la sicurezza» con le città di Napoli, Roma, Milano e Torino.
Relativamente alle criticità segnalate dall'interrogante per le altre Forze di polizia, si fa presente che il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha comunicato che le problematiche concernenti le caserme dell'Arma di Genova sono ormai risolte.
Per il Corpo forestale dello Stato, è doveroso evidenziare che da anni l'entità delle risorse destinate al finanziamento o rifinanziamento di leggi speciali ha subito una progressiva riduzione, come è accaduto per quelle riguardanti l'attività di contrasto degli incendi boschivi, ridottesi nel periodo 2003-2006 da 60 a 24 milioni di euro.
A tale situazione, l'attuale Governo ha fatto fronte con misure concrete, già con la legge n. 248/2006, che, all'articolo 18-bis ha reso disponibili, a decorrere dal 2007, 10 milioni di euro per le esigenze operative del Corpo nello specifico settore.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
FASOLINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sulla progettazione di un impianto eolico nel territorio della Serralunga (comuni di Collelongo e Civita d'Antino in provincia de l'Aquila) sono state avanzate interrogazioni n. 5-00379 dell'onorevole Fasciani ed altri e n. 5-00382 a firma dell'interrogante;
in data 12 dicembre 2006 in Commissione ambiente della Camera il Governo ha risposto ai parlamentari interroganti;
nella risposta si fa riferimento al parere favorevole espresso dal Comitato di Coordinamento per la V.I.A. della regione Abruzzo in data 24 febbraio 2004, con particolare riferimento alle escursioni dell'orso marsicano e delle altre specie faunistiche;
subito dopo il Governo riporta, con distacco notarile, un successivo parere dello stesso Comitato in data 27 aprile 2004, questa volta sfavorevole in quanto: contenuti della relazione «apparivano non conformi con quanto dichiarato dal Corpo Forestale (ispettorato generale)»;
nel prosieguo della risposta appare chiaro l'intento dilatorio e pilatesco del Governo che non utilizza al meglio le numerose frecce all'arco della conservazione ambientale offerte dalle Direttive Habitat 92/43/CEE e Uccelli 79/409/CEE (che pure vengono citate nella risposta) e rinvia ad una valutazione successiva al fine di «Porre in essere, se del caso, le necessarie correzioni a tutela dell'ecosistema di tutta l'area interessata»;
non rendendosi conto, purtroppo, o non volendo rendersi conto che con lo sciagurato intervento ipotizzato non solo vengono messi in discussione i fragili equilibri dell'ecosistema faunistico (e di quale entità irreparabile!) ma viene sfregiata con colate metropolitane di cemento un'area fra le più belle e incontaminate del mondo, in modo irreversibile e permanente, al di fuori di qualsivoglia preventivo piano eco-territoriale per gli impianti eolici. L'energia pulita non può divenire l'occasione più pericolosa e subdola per la speculazione a danno dell'ambiente nei decenni avvenire -:
quali iniziative il Ministro dell'ambiente intenda promuovere per evitare lo scempio annunciato anche sulla scorta della sua personale filosofia ecologica nel settore, più volte sbandierata e, al suo primo impatto comportamentale, secondo l'interrogante clamorosamente disattesa. Da parte dell'interrogante, si chiede, in sostanza un no secco e definitivo del Governo al tentativo di manomissione dell'ecosistema montano gravitante intorno al Parco nazionale degli Abruzzi.
(4-02083)
Risposta. - In merito a quanto richiesto con l'interrogazione in esame concernente la progettazione di un impianto eolico nel territorio della Serralunga, Comuni di Collelongo e Civita d'Antino in provincia de l'Aquila, la Regione Abruzzo Direzione Parchi Territorio Ambiente ed Energia, ha riferito che «il progetto in argomento sarà sottoposto ad un nuovo esame da parte del Comitato di Coordinamento regionale per la procedura di VIA, comprendente la Valutazione di Incidenza.
L'approfondimento degli effetti che potranno essere generati dall'intervento, si è ritenuto necessario anche in considerazione delle verifiche che la Regione medesima aveva già in essere nell'ambito del PATOM (Piano d'Azione per la Tutela dell'Orso Marsicano, Piano di Azione di durata quinquennale, predisposto e sottoscritto da il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero per le politiche agricole e forestali - Corpo Forestale dello Stato, l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma - Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo, l'Istituto nazionale di fauna selvatica, parchi e riserve naturali ed Enti locali interessati dalla presenza di questa specie.
La Regione Abruzzo, ha, poi, comunicato che «secondo quanto preannunciato in merito alla decisione di sottoporre il progetto a nuovo esame da parte del Comitato
convocato per il giorno 13 febbraio 2007, i Comuni di Collelongo e Civita d'Antino hanno chiesto, il rinvio dell'esame allo scopo di produrre un proprio rapporto in merito, pertanto la Regione ha ritenuto di dover accogliere tale istanza».
In considerazione della complessità degli aspetti da valutare, in relazione al progetto eolico in oggetto, non è esclusa la valutazione circa l'opportunità di delocalizzare l'impianto. Per tale motivo l'Amministrazione che rappresento, al fine di acquisire notizie più specifiche, si sta adoperando affinché sia posta in grado di valutare attentamente tutte le questioni attinenti il progetto in esame e porre in essere, se del caso, le necessarie scelte a tutela dell'ecosistema di tutta l'area interessata.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
HOLZMANN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riportato dal quotidiano Alto Adige in data 17 ottobre, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha stabilito la corresponsione dell'indennità di bilinguismo per trentasette poliziotti in servizio in provincia di Bolzano dal 1994 al 1997;
gli interessati, quindi, dovranno essere risarciti per le indennità non incassate nel succitato periodo -:
se gli arretrati dell'indennità di bilinguismo verranno corrisposti a tutti gli appartenenti alle Forze di Polizia o solo ai trentasette soggetti ricorrenti; quali siano i tempi previsti per la corresponsione degli arretrati dell'indennità di bilinguismo.
(4-01329)
Risposta. - Nel mese di dicembre 2006, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5767/2006, si è provveduto a corrispondere al personale interessato le somme dovute a titolo di indennità di bilinguismo. Per i trentasette ricorrenti il pagamento è stato riferito all'intero periodo di mancata erogazione.
Non è possibile provvedere analogamente per il restante personale in quanto, come noto, l'articolo 1, comma 132, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 ha fatto divieto a tutte le Amministrazioni pubbliche di adottare, nel triennio 2005-2007, provvedimenti per l'estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato o, comunque, divenute esecutive.
La procedura per la liquidazione degli interessi legali maturati, che presenta qualche aspetto di complessità in relazione alle disponibilità finanziarie, si concluderà, presumibilmente, entro il prossimo mese di giugno.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
LUCCHESE. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
dal 16 novembre 2006 il servizio di verbalizzazione delle udienze penali è stato per la prima volta appaltato a livello nazionale;
immediatamente si sono riscontrati presso i Tribunali gravissimi disservizi: verbali consegnati con enormi ritardi, udienze saltate a causa della mancanza dei fonici in aula, proteste di avvocati e giudici, personale privo di qualsiasi tipo di contratto lavorativo (vedi articolo de La Stampa del 24 gennaio 2007);
inoltre il portale che avrebbe dovuto garantire la gestione telematica dei verbali e la sicurezza di tutti i dati trascritti non ha mai funzionato;
la causa di questa situazione è da addebitare alla procedura per l'assegnazione dei servizi di fonoregistrazione e trascrizione udienza penali ad un unico soggetto a livello nazionale. Ciò ha tolto dal mercato numerose aziende che a livello locale assicuravano con puntualità e dignità il servizio che oggi è quasi paralizzato
e in minima misura espletato con notevoli ritardi e disagi e conseguente allungamento dei tempi già lunghi della giustizia (vedi articolo de Il Messaggero cronaca di Roma del 4 febbraio 2007);
tale procedura comporta quindi una distorsione della concorrenza unita ad un peggioramento, se non un vero e proprio blocco, delle attività giudiziarie in quasi tutti gli uffici giudiziari rispetto al precedente sistema di assegnazione del servizio a livello locale;
risulta che il Ministero della Giustizia sta monitorando tale situazione con richiesta di specifica documentazione da parte di tutti i Tribunali, verifica della quale si chiede dettagliata relazione -:
quali provvedimenti il Ministro del lavoro e della previdenza sociale intenda assumere per tutelare tutti i lavoratori delle tante aziende locali che svolgevano il servizio di fonoregistrazione e trascrizione e che dal 16 novembre 2006 sono stati privati della loro occupazione;
quali provvedimenti il Ministro della giustizia intenda assumere per rimuovere questa gravissima situazione e affinché il diritto alla difesa sia garantito a tutti i cittadini, ripristinando il sistema di assegnazione del servizio a livello locale o distrettuale ovvero inserendo nelle piante organiche dell'amministrazione giudiziaria i trascrittori, gli stenotipisti e gli addetti alla fonia, emanando bandi di concorso da esperire quanto prima, possibilmente riservati ai suddetti operatori già dotati di decennale esperienza operativa.
(4-02756)
Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare in esame, si fa presente che il servizio di documentazione degli atti dibattimentali (fonoregistrazione e trascrizione dell'udienza penale) relativo al contratto nazionale stipulato da questa Amministrazione in data 5 maggio 2006 con l'RTI Consorzio Astrea - Lutech S.p.A. in ottemperanza a quanto previsto dalla legge 168 del 17 agosto 2005, è stato avviato il 16 novembre 2006.
L'avvio del nuovo servizio centralizzato ha comportato dei cambiamenti radicali nelle modalità di organizzazione e gestione del servizio, cambiamenti che hanno coinvolto sia i 437 uffici giudiziari interessati, sia le ditte che erogano il servizio.
Nei primi mesi di avvio, sono stati evidenziati dagli uffici una serie di disservizi riguardanti soprattutto il ritardo nella consegna dei verbali e, in alcuni limitati casi, l'assenza o la mancata puntualità in aula degli operatori specializzati, rispetto alle richieste dell'ufficio.
Per la precisione, dalla data di avvio, su un totale di 437 uffici utenti del servizio (26 Corti di Appello, 165 Tribunali, 23 Tribunali per minorenni e 223 sezioni distaccate), sono stati segnalati disservizi da circa 70 uffici, corrispondenti ad una percentuale del 16 per cento. L'entità dei disservizi è risultata di maggiore rilevanza in circa 20 dei predetti 70 uffici (pari a circa il 5 per cento del totale). Particolarmente critica è risultata quella dei tribunali di Bologna, Agrigento e Marsala (pari a circa lo 0,7 per cento del totale).
A seguito delle segnalazioni pervenute da tali uffici giudiziari, questa Amministrazione ha provveduto a richiedere più volte all'RTI, per le vie brevi e con successive note, l'eliminazione dei disservizi.
Con nota 3658 del 31 gennaio 2007 è stata richiesta all'RTI una relazione che riportasse informazioni, chiarimenti e giustificazioni circa i disservizi evidenziati, nonché un piano di regolarizzazione degli stessi.
L'RTI con nota del 14 febbraio 2007 e, a seguito di ulteriori approfondimenti richiesti dalla competente Direzione generale, con nota del 9 marzo 2007 e con successiva nota del 30 marzo 2007, comunicava di aver già intrapreso le attività atte a risolvere i problemi evidenziatisi e ad evitarne il ripetersi nel futuro.
Durante questi mesi, per quanto è a conoscenza dell'Amministrazione, nella quasi totalità dei suddetti uffici il servizio si è andato regolarizzando, con la progressiva risoluzione delle situazioni critiche e dei disservizi più rilevanti, con qualche maggiore difficoltà incontrata, in particolare,
nei tribunali di Agrigento e Marsala, dove era stato accumulato un notevole numero di trascrizioni arretrate da consegnare.
Con circolare n. 14487 del 5 aprile 2007 sono stati richiesti agli uffici dati aggiornati relativi all'andamento del servizio per il primo e il secondo bimestre, corredati di eventuali osservazioni specifiche. Ad oggi sono pervenute risposte solo da pochi distretti e si è, pertanto, in attesa delle informazioni richieste, al fine di poter effettuare valutazioni complessive sullo stato del servizio.
Quanto, poi, al profilo concernente il personale utilizzato assunto senza regolare contratto di lavoro, a seguito di segnalazioni pervenute dai tribunali di Torino e di Marsala l'Amministrazione, tempestivamente, con nota del 23 febbraio 2007, ha provveduto a richiedere all'RTI la documentazione necessaria per consentire l'effettuazione di tutti i controlli previsti dalla legge.
Dall'analisi effettuata sulla documentazione fornita, non sono emerse irregolarità di rilievo.
Per quanto riguarda il portale, si precisa che quest'ultimo è stato reso disponibile sin dall'avvio del servizio.
Al fine di favorire un passaggio graduale alle nuove e diverse modalità per la richiesta del servizio tramite il portale da parte degli uffici giudiziari, si è consentito agli stessi uffici di continuare ad operare, così come peraltro previsto nel capitolato di gara, per i primi quattro mesi, con le medesime modalità precedentemente adottate. Nel frattempo, sono state date indicazioni alla competente articolazione di rendere disponibile a tutte le cancellerie il collegamento al portale stesso.
È da segnalare che nella consegna delle utenze e delle password relative al portale, sono state riscontrate alcune difficoltà con alcuni uffici giudiziari, verosimilmente a causa di una non chiara interpretazione delle funzioni legate all'utilizzo di tali utenze.
Infine, per quanto riguarda gli eventuali aspetti di distorsione della concorrenza, si evidenzia che questa Amministrazione ha operato nel pieno rispetto della normativa nazionale ed europea in materia, elaborando, peraltro, un bando di gara in grado di consentire la più ampia partecipazione possibile di concorrenti, sotto svariate forme associative.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MARTINELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
fin dai primi anni '90 la politica energetica italiana ha posto grande attenzione alla produzione di energia elettrica mediante l'utilizzo di fonti rinnovabili. Tale politica ha portato alla stesura di una serie di leggi atte a garantire incentivazioni economiche ai produttori da fonte rinnovabile;
la prima iniziativa in tal senso è stato il provvedimento CIP 6/92 che, a fronte di grandi vantaggi economici, ha portato anche a caratteristiche negative: su tutte il fatto che il 70 per cento dell'incentivazione economica ha remunerato impianti di produzione alimentati da fonti assimilate cioè da fonti di origine fossile a basso impatto ambientale. Tutto ciò ha portato alla necessità di studiare un nuovo meccanismo di incentivazione con la conseguente elaborazione della normativa sui cosiddetti certificati verdi (CV);
il decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79, cosiddetto decreto Bersani, fissa le regole per l'emissione dei CV stabilendo che la certificazione di Impianto alimentato da fonte rinnovabile venga rilasciata agli impianti in funzione dopo il 1 aprile 1999, in seguito ad operazioni di potenziamento, rifacimento, riattivazione o nuova costruzione. Impone che a partire dal 2002 il 2 per cento dell'energia da fonte non rinnovabile, prodotta o importata, oltre la quota di 100 GWh, debba essere certificata a mezzo CV;
all'articolo 5, comma 1, del decreto del Ministero dell'Industria Commercio e
Artigianato dell'11 novembre 1999 «Direttive per l'attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79» si evidenzia che «La produzione di energia elettrica degli impianti..., ha diritto, per i primi otto anni di esercizio successivi al periodo di collaudo ed avviamento, alla certificazione di produzione da fonti rinnovabili, di seguito denominata «certificato verde»;
tale decreto è stato successivamente abrogato dal decreto del Ministero Attività Produttive del 24 ottobre 2005 «Aggiornamento delle direttive per l'incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell'articolo 11, comma 5 del decreto legislativo 16 marzo 1979, n. 79»;
il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 «Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità» al comma 5 dell'articolo 20 prevede che: «il periodo di riconoscimento dei certificati verdi è fissato in otto anni, al netto dei periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti»;
l'articolo 5, comma 2, del decreto del Ministero attività produttive del 24 ottobre 2005 si afferma che «... la produzione netta di energia elettrica da impianti alimentati a biomasse e rifiuti, che ha diritto ai certificati verdi per i primi otto anni successivi all'entrata in esercizio commerciale degli impianti, ha diritto altresì, su richiesta del produttore e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo n. 387 del 2003, articolo 20, comma 6, ai certificati verdi per ulteriori quattro anni, in misura corrispondente al 60 per cento della produzione...»; precisando comunque al comma 11 che «la richiesta del produttore volta ad ottenere i certificati verdi aggiuntivi di cui al comma 2 per il primo degli ulteriori quattro anni è accompagnata da dichiarazione giurata con la quale il produttore attesta di non aver beneficiato di alcun incentivo pubblico in conto capitale per la realizzazione dell'impianto per la cui produzione energetica vengono richiesti i certificati verdi»;
infine alla lettera d) comma 4 dell'articolo 267 del decreto legislativo n. 152 del 2006, cosiddetto Testo Unico Ambientale, si afferma: «al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole "otto anni" sono sostituite dalle parole "dodici anni" -:
quali iniziative i Ministri in oggetto intendano adottare al fine di coordinare la normativa relativa alla durata dei certificati verdi e se, come si evince, dal succedersi della produzione legislativa tale validità sia di dodici anni cui si aggiunge, a richiesta del produttore, un ulteriore periodo di quattro anni.
(4-02672)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede se, in merito alla durata di 12 anni dei certificati verdi, bisogna aggiungere, a richiesta del produttore, un ulteriore periodo di quattro anni come previsto dal decreto legislativo n. 192 del 2003.
La Direzione per la salvaguardia ambientale ha rappresentato che: «con la lettera d) comma 4 dell'articolo 267 del decreto legislativo n. 152 del 2006 si fissa, per tutti gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, il periodo di riconoscimento dei certificati verdi in dodici anni, al netto dei periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti. Pertanto, non esistendo più una distinzione fra le tipologie di impianti a fonte rinnovabile, non è più necessario per i produttori di energia elettrica da impianti a biomassa richiedere di elevare di ulteriori quattro anni il periodo di riconoscimento dei certificati verdi come previsto dal comma 5.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la Comunità Economica Europea, con la «Direttiva Nitrati» 91/676 del 12 dicembre 1991, ha delineato il percorso che ogni Stato membro deve attuare per perseguire l'obiettivo di ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente od indirettamente da nitrati di origine agricola. In particolare, la Direttiva suddetta individua nella designazione delle «zone vulnerabili» il passo fondamentale per salvaguardare le acque superficiali e profonde, elaborando uno o più «codici di buona pratica agricola» e mettendo a punto «Programmi d'azione» da attuare nelle zone vulnerabili enucleate;
il testo unico sull'ambiente, il decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte relativa alle acque, e in particolare negli articoli 92 e 93 e all'allegato 7, recepisce in pieno le disposizioni dell'abrogato decreto legislativo n. 152 del 1999 (successivamente modificato ed integrato dal decreto legislativo n. 258 del 2000) che, recependo la direttiva europea, assegna alle Regioni il compito di individuare le zone vulnerabili ai nitrati e ai fitofarmaci, oltre che numerosi altri compiti relativi alla protezione delle acque (tra questi si citano: individuazione delle zone di protezione e salvaguardia, sistemazione dei pozzi di prelievo, dei sistemi di depurazione fognari e delle acque superficiali);
i suddetti decreti individuano nei Piani di Tutela delle Acque (PTA) gli strumenti regionali fondamentali sui quali basare la pianificazione e le politiche sulla salvaguardia delle risorse idriche e i piani succitati dovevano essere approvati entro il 31 dicembre 2003;
entro un anno dalla emanazione dell'abrogato decreto legislativo n. 152 del 1999 - con la metodologia specificata all'allegato 7 - era fatto obbligo alle Regioni di approntare una cartografia a scala 1:250.000 delle zone vulnerabili ai nitrati e ai fitofarmaci, che valga come «Indagine preliminare di riconoscimento»;
il decreto legislativo n. 152 del 2006 ribadisce tali obblighi nel merito e nel metodo;
in numerose regioni l'inquinamento delle falde superficiali e profonde da nitrati e da prodotti fitosanitari (anche proibiti come l'atrazina) è stato costantemente rilevato a livelli elevati e preoccupanti;
i rischi per la salute umana e per l'intero ecosistema sono elevatissimi in caso di inquinamento delle acque superficiali e/o profonde;
a conoscenza dell'interrogante, la maggior parte delle regioni italiane non ha rispettato gli obblighi previsti dalle leggi e, in alcuni casi, anche in presenza del rispetto formale degli adempimenti non si sono seguite le metodologie previste dalle norme nazionali ed europee -:
se non ritenga opportuno promuovere un'attività di monitoraggio volta ad accertare:
1) in quali regioni siano stati effettivamente approvati in via definitiva i Piani di Tutela delle Acque;
2) in quali regioni sia stata approntata la cartografia a scala 1:250.000 («Indagine preliminare di riconoscimento»), come richiesto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (ex n. 152 del 1999), al fine di individuare le aree vulnerabili a nitrati e fitofarmaci;
3) se i criteri adottati dalle regioni che hanno adempiuto a questo compito (individuazione cartografica delle zone vulnerabili a nitrati e fitofarmaci) siano corrispondenti alle richieste metodologiche previste dalle normative;
4) se siano stati previsti gli aggiornamenti a scala di maggiore dettaglio (1:50.000 e 1:100.000), come statuito dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (ex n. 152 del 1999);
5) se siano stati approntati i «Programmi d'azione» relativi alle zone vulnerabili
individuate per ridurre gradualmente gli effetti dell'inquinamento;
quali iniziative di sua competenza intenda assumere al fine di far sì che tutte le Regioni adempiano ai suddetti abblighi.
(4-01227)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante, nel chiedere quali Regioni abbiano approvato i Piani di Tutela delle acque e, in tema di zone vulnerabili ai nitrati, in quali Regioni siano state approntate le cartografie per l'individuazione di dette zone, nonché in quali siano stati predisposti i programmi d'azione, richiede quali siano le iniziative che si intendono assumere per far sì che le stesse adempiano a tali obblighi, sulla scorta della nota predisposta in merito dalla Direzione qualità della vita, si rappresenta quanto segue.
In relazione al primo aspetto, si fa presente che ai sensi del previgente decreto legislativo n. 152/99, articolo 44, la scadenza del termine di approvazione dei suddetti Piani era fissato al 31 dicembre 2004.
In merito, le regioni Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige per la provincia di Trento, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna hanno concluso l'iter approvativo, mentre il Trentino Alto Adige per la provincia di Bolzano, il Veneto e le Marche hanno proceduto attraverso l'approvazione di Piani stralcio che, successivamente, confluiranno nel Piano definitivo.
Sono ancora in fase di adozione, sebbene sia imminente l'approvazione formale definitiva, le Regioni Veneto (che come su detto ha approvato il Piano Stralcio relativo ad alcune misure di tutela ed alle norme di salvaguardia), Lazio e Piemonte. Le restanti Regioni sono in fase di predisposizione.
Si fa, tuttavia, presente che la normativa vigente, decreto legislativo n. 152/06-allo stato, oggetto di una revisione finalizzata, tra l'altro, ad un recepimento compiuto della direttiva 2000/60/CE e, comunque, da effettuarsi sulla scorta dei risultati delle esperienze applicative delle leggi abrogate (ci si riferisce, nel caso di specie, alle leggi 183/89 e 36/94 ed al decreto legislativo n. 152/99), all'articolo 121, prevede che l'adozione dei Piani di Tutela da parte delle Regioni deve avvenire entro il 31 dicembre 2007 e deve essere approvato dalle stesse, comunque, non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
In tema di zone vulnerabili, ovvero delle zone come tali individuate per la riduzione e prevenzione dell'inquinamento delle acque superficiali e sotterrane da nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari, la normativa comunitaria e nazionale prevede una serie di iniziative, azioni ed adempimenti scadenzati nel tempo.
In particolare, la direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole prevede, all'articolo 3, che gli Stati Membri designino, come zone vulnerabili da nitrati, tutti quei territori che scaricano direttamente o indirettamente nelle acque inquinate individuate secondo i criteri di cui all'Allegato I, ovvero nelle acque che potrebbero essere inquinate se non si interviene ai sensi dell'articolo 5 della stessa direttiva.
In tal senso, il decreto legislativo n. 152/99 operava una prima individuazione di zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (allegato 7 parte AIII) demandando, poi, alle Regioni il compito di designare le ulteriori zone vulnerabili presenti sul loro territorio, sulla base delle indicazioni fornite nel citato allegato 7.
A tal fine, il legislatore, alla parte AII dell'allegato in parola, riteneva opportuno si procedesse ad una indagine preliminare di riconoscimento, la cui scala cartografica di rappresentazione prescelta è 1:250.000, e ad una successiva fase finalizzata alla stesura di una cartografia di maggior dettaglio (1:50.000-100.000) per una caratterizzazione ed una delimitazione più precisa delle zone vulnerabili.
Considerato che tale indagine rappresenta una fase eventuale e non propedeutica e necessaria alla suddetta individuazione e che, invero, l'obbligo in capo alle Regioni riguarda specificamente la designazione, si fa presente che tutte le Regioni hanno
designato dette zone, fatta eccezione per la Valle d'Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano, che dichiarano di non avere zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, sulla base dei dati assunti in sede di monitoraggio.
Si evidenzia, tuttavia, che la Commissione europea, sulla base di studi svolti (ERM, 2000; ADAS-NIVA, 2004), con lettera di messa in mora n. 2006/2163 dell'aprile 10 aprile 2006, sostiene che l'Italia debba procedere, tra l'altro, ad ulteriori designazioni.
Al fine di fornire all'interrogante informazioni utili a riscontrare quanto la problematica sia all'attenzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si fa presente che, a seguito di incontri tenutisi con le Regioni e, in alcuni casi, anche in presenza della Commissione stessa, le Regioni hanno assunto o sono in fase di predisposizione delle necessarie iniziative concordate, il cui dettaglio è riportato all'Allegato 1.
Nelle zone designate come vulnerabili, poi, ai sensi dell'articolo 5 della citata direttiva e dell'articolo 19, comma 6, della previgente normativa nazionale, entro un anno dalla loro dichiarazione, dovevano essere predisposti ed attuati i programmi d'azione obbligatori al fine di tutelare e risanare le acque dall'inquinamento provocato dai nitrati.
In merito, la riscontrata inadempienza di alcune Regioni ha comportato l'inserimento, all'interno del decreto ministeriale 7 aprile 2006 - relativo a «Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento», attuativo dell'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 - di specifiche disposizioni cui le Regioni devono attenersi per la predisposizione dei Programmi d'azione.
In generale, sono individuate le misure necessarie alla protezione ed al risanamento delle zone vulnerabili, alla limitazione d'uso di fertilizzanti azotati, nonché alla promozione di strategie di gestione integrata degli effluenti zootecnici. Nel disporre, altresì, obblighi per i divieti spaziali e temporali, il dimensionamento e la realizzazione delle strutture per lo stoccaggio degli effluenti, come misure necessarie al risanamento delle zone vulnerabili, sono introdotti strumenti di controllo volti ad una fertilizzazione equilibrata. Le misure individuate tengono conto dei requisiti minimi che la Commissione europea ritiene di aver individuato per il nostro Paese sulla base di studi da lei stessa commissionati (ERM, 2001 - Assessment of Action Programmess established by Member States - (ENV BNI/JDU/pp D (2001)311110)).
A seguito delle considerazioni finora svolte, le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna, Emilia Romagna, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Liguria, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto hanno approvato i propri Programmi d'azione. A tal proposito si evidenzia che le Regioni Emilia Romagna, Veneto e Lombardia fin dai primi anni novanta avevano specifiche leggi regionali che dettavano disposizioni in merito all'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento.
La Regione Lazio deve ancora concludere l'iter per l'approvazione definitiva.
Le Regioni Marche e Piemonte e Campania, già in possesso di un Programma d'Azione rispettivamente dal 2003 la prima e dal 2004 le restanti due, stanno, comunque, procedendo alla revisione degli stessi al fine di apportare ulteriori elementi necessari al raggiungimento della piena conformità alle disposizioni nonché agli indirizzi comunitari e nazionali.
Allegato 1
1.1 Bacino del fiume Po (Piemonte, Lombardia)
Piemonte
La Regione Piemonte ha operato ulteriori designazioni - ci si riferisce alle fasce A e B di cui al Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (PAI) adottato con deliberazione del Comitato istituzionale dell'Autorità di Bacino del fiume Po n. 1 dell'11 maggio 1999 - e nel dicembre 2006 ha individuato altre aree, raggiungendo il 52 per cento dell'area totale del territorio di pianura.
Lombardia
La Lombardia ha designato nell'ottobre 2006 ulteriori zone vulnerabili, raggiungendo il 56,43 per cento dell'area globale di pianura regionale e il 62 per cento della superficie agricola utilizzata (SAU).
1.2 Bacino dell'Adige e bacino drenante nella laguna di Venezia (Veneto)
La Regione Veneto nel 2006 ha designato come ulteriori zone vulnerabili il territorio di «alta pianura» raggiungendo il 61 per cento dell'area di pianura.
In merito all'area montana dei Lessini, è stata realizzata una carta idrogeologica sulla base della quale si sta predisponendo una proposta tecnica di designazione che porterà in breve tempo alla definitiva designazione dei comuni della Lessinia all'interno del Piano di Tutela delle acque. A parere della Regione, il restante 39 per cento dell'area di pianura (media e bassa) non necessita di designazione, in quanto caratterizzata da acquiferi confinati e protetti verso l'alto da strati di argille, praticamente impermeabili.
1.3 Friuli Venezia Giulia, laguna di Grado-Marano
Il Friuli Venezia Giulia, nell'ottobre 2006, ha designato come vulnerabile la zona coincidente con il comprensorio di Bonifica della Bassa Friulana, comprendente le lagune di Grado e Marano.
1.4 Toscana
La Regione, nel gennaio 2007, ha designato come zone vulnerabili la Val di Chiana, la Laguna di Orbetello e l'acquifero di San Vincenzo.
1.5 Umbria
La Regione Umbria ha provveduto ad ampliare notevolmente le zone designate in precedenza, perimetrando: la zona vulnerabile di «Gubbio», che interessa l'acquifero alluvionale della Conca Eugubina; la zona della «Valle Umbra a sud del fiume Chiascio», che si estende nella valle tra Assisi e Spoleto - sede di importanti prelievi a scopo potabile e che interessa gran parte dell'acquifero alluvionale della Valle Umbra -; la zona denominata «Settore Orientale dell'Alta Valle del Tevere» che occupa la porzione dell'acquifero alluvionale dell'Alta Valle del Tevere compresa tra S. Giustino e Città di Castello; e, infine, l'intero bacino idrografico del «Lago Trasimeno».
1.6 Campania
La Regione, nell'evidenziare che l'attività di monitoraggio non ha rilevato condizioni di inquinamento da nitrati in ulteriori aree, si impegna, comunque, a rivedere, entro il 2007, le designazioni già effettuate.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
un rapporto del Wwf mostra un collegamento tra i cambiamenti climatici e il rischio di estinzione per molte specie di uccelli in tutte le regioni del Pianeta;
il rapporto prende in esame più di 200 ricerche pubblicate su autorevoli riviste scientifiche che hanno analizzato l'impatto del riscaldamento globale sulle specie di uccelli nel mondo, indicando un trend verso una significativa estinzione di numerose specie dovuta proprio al fenomeno del riscaldamento globale;
molte specie di uccelli - secondo l'associazione ambientalista - risultano a rischio di estinzione e il fenomeno è tanto più preoccupante per il fatto che gli uccelli hanno sempre mostrato una grande capacità di adattamento ai diversi ambienti ed alla naturale variabilità presente nei sistemi naturali;
nelle regioni mediterranee, a parere del Wwf, se la temperatura aumenterà tra
gli 1,5C e 4,2C, potrebbero andare completamente perdute - entro il 2080 - le zone umide costiere, fondamentali per le popolazioni migratorie -:
quali iniziative normative intenda adottare il Governo per preservare l'habitat dell'avifauna presente in Italia;
quali iniziative a tutela della biodiversità e dell'avifauna in particolare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda proporre presso le sedi comunitarie e internazionali competenti in materia.
(4-01701)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base della relazione prodotta dalla Direzione Generale Protezione della Natura di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
Innanzitutto, si concorda con l'interrogante sull'affermazione che, a prescindere dall'intervento umano, comincia ad avere una certa rilevanza la scomparsa di molte specie animali e vegetali e che ciò sia da mettere in correlazione ai cambiamenti climatici.
È altrettanto vero, comunque, che in questi ultimi cento anni si sta andando incontro al rinnovarsi del fenomeno di riscaldamento del nostro pianeta che, a far data dell'ultima glaciazione terminata circa diecimila anni fa, si era improvvisamente rallentato (piccola glaciazione) tra la fine del XVII ed il XIX secolo.
Per quanto concerne, comunque, le preoccupazioni espresse nell'interrogazione, relativamente ad una eventuale contrazione delle zone umide, lo stesso INFS, consultato al riguardo, fa presente che la regolazione idrica delle stesse è in buona misura, tranne poche eccezioni, artificiale o, comunque, controllata dall'uomo e questo potrebbe consentire in via teorica di tamponare o mitigare eventualmente l'effetto delle variazioni dell'apporto idrico naturale.
In questo contesto, la problematica ipotizzata quale causa d'estinzione delle «specie animali» più opportuniste della terra (uccelli migratori), apparirebbe allo scrivente aleatoria in quanto, è noto, come le rotte dell'avifauna si siano costantemente adattate nel tempo al modificarsi delle situazioni e la scomparsa di avifauna riguardi principalmente, relativamente agli habitat, le specie stanziali e meno competitive.
Non per questo, peraltro, sono trascurati da questo Ministero i compiti e gli indirizzi attraverso le attività previste dall'adesione a normative internazionali e Regolamenti Comunitari che prevedono il costante e continuo monitoraggio della situazione.
Attualmente, per quanto riguarda le zone umide del nostro Paese, è necessario ricordare l'adesione alla Convenzione di Ramsar e l'individuazione vocazionale di queste zone all'applicazione della Direttiva Habitat che ha previsto la creazione di Zone a Protezione Speciale (ZPS) e Siti d'Importanza Comunitaria (SIC) nell'ambito di Rete Natura 2000, principalmente a protezione dell'avifauna migratoria.
In particolare, infine, per quanto riguarda le ZPS (zone di protezione speciale) già individuate, attraverso le Amministrazioni Regionali per adeguare il sistema Paese all'applicazione della Direttiva Uccelli (Dir. 79/409CE) è stato effettuato dalla Direzione Generale competente uno studio comparativo con le modalità di individuazione delle IBA (Important Birds Area), al fine di riscontrare l'effettiva rispondenza dei siti così individuati alle rotte migratorie di queste specie animali.
Vero è che la Commissione europea ha interpellato il nostro Paese per un aumento di queste superfici così vocate, in quanto alcune Regioni non hanno destinato ancora una superficie adeguatamente estesa in tal senso. Un'incoraggiante risposta ai rilievi della Commissione proviene, in questi giorni, dalla regione Sicilia, con l'individuazione delle ex saline di Trapani quale nuova Zona Ramsar.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel 2004 in Italia le catture di squali rilevate sono state di 1.061 tonnellate, dato che ha portato il nostro Paese ad essere il primo in Europa per maggiore attività di pesca di squali e razze del Mediterraneo, seguito da Turchia (1.018 t.), Grecia (911 t.) e Spagna (837 t.);
tra il 1950 e il 1982 le catture rilevate di elasmobranchi si aggiravano su una media di 4.000 t. l'anno, mentre il 1994 ha registrato un record di 16.500 t. Nei dieci anni successivi le catture sono diminuite considerevolmente, scendendo a 5.000 t. nel 1996 e a poco più di 1.000 t. nel 2004. Tutto ciò nonostante lo sforzo di pesca sia rimasto inalterato;
per molte specie di squali la pesca è effettuata con metodi distruttivi e lesivi che hanno determinato il crollo della popolazione, non potendo definire sporadiche le catture «accidentali» effettuate con spadare e reti a strascico illegali;
sono 84 le specie di squali e razze segnalate attualmente nel bacino Mediterraneo. L'International union for conservation of nature (Iucn) ha dichiarato che sul 30 per cento di esse non esistono dati sufficienti e che circa il 70 per cento necessita di un monitoraggio più approfondito. Secondo analisi precedenti, nel Golfo del Leone e nel Mare Adriatico, la diversità delle specie di squalo si è quasi dimezzata nel giro di 50 anni a causa della pressione di pesca;
per ovviare al problema dell'eccessivo sfruttamento la Germania si è fatta promotrice di due proposte di inclusione nella Cites di due specie di squali come lo squalo smeriglio Lamna nasus e lo squalo spinarolo Squalus acanthias da presentare a giugno 2007 alla quattordicesima conferenza delle parti Cites -:
se il Governo non intenda rendere pubblici tutti i dati disponibili sulle campagne di pesca e sulle ricerche finanziate dai ministeri competenti;
se il Governo nella prossima conferenza delle parti Cites sosterrà con convinzione le proposte esplicitate in premessa presentate dalla Germania;
se il Governo non ritenga opportuno promuovere a livello europeo un piano di gestione per la pesca degli squali e il rafforzamento del regolamento Ue sul finning.
(4-02263)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il piano di gestione per la pesca degli squali e il rafforzamento del regolamento dell'Unione europea sul finning, si fa presente che la Direzione Generale competente di questo Ministero, ha comunicato che in qualità di Autorità di Gestione Nazionale CITES, ha dato in sede comunitaria il proprio assenso alla proposta della Germania di inclusione delle specie di squali Lamna nasus e Squalus acanthias nella CITES. Tale proposta sarà presentata alla prossima conferenza delle Parti CITES che si terrà dal 3 al 15 giugno 2007 a L'Aia (Olanda).
La proposta che ha peraltro ricevuto assenso generale, pertanto, verrà presentata dalla Germania per conto dei 27 Paesi dell'Unione europea.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MENIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 10 febbraio 2007 si è svolto a Cagliari il corteo-fiaccolata (come avviene ogni anno da quando è stato istituito il Giorno del Ricordo dei Martiri delle Foibe e degli esuli giuliano-dalmati) organizzato dal Comitato «10 febbraio» e regolarmente autorizzato dalla questura;
nei giorni precedenti al corteo, sono stati affissi nelle scuole e nelle facoltà, manifesti annuncianti una manifestazione
antifascista, prevista in concomitanza con il corteo, presso la piazza Gramsci, adiacente il Parco Martiri delle Foibe;
appena avuta notizia della preannunciata manifestazione antifascista lungo il percorso del corteo, i responsabili provinciali del Comitato «10 febbraio» hanno immediatamente provveduto ad informare la questura e a chiedere di intervenire preventivamente affinché non fosse permessa quella che, ad avviso dell'interrogante costituisce una vera e propria provocazione, anche perché risultava che non fosse stata chiesta alcuna autorizzazione. Ciò nonostante, la polizia ha consentito che questi provocatori si radunassero, allontanandoli soltanto di una cinquantina di metri dal percorso del corteo;
come era prevedibile, all'arrivo della testa del corteo si sono levate le solite ingiurie e minacce che fanno parte del repertorio dell'estrema sinistra, rivolte ai partecipanti alla fiaccolata, come «fascisti carogne tornate nelle fogne; uccidere un fascista non è reato; 10 100 1000 Nassiriya; Tito ce l'ha insegnato, infoibare non è reato; a morte i paracadutisti» e così via;
a capo dei circa venti facinorosi era il famigerato ex brigatista rosso Deroma, già noto alla questura per i suoi innumerevoli precedenti criminosi;
il funzionario di polizia addetto al mantenimento dell'ordine pubblico, indifferente alle sollecitazioni degli organizzatori del corteo che chiedevano un intervento da parte delle forze dell'ordine per far cessare l'indegna provocazione, si è limitato a disporre un cordone di agenti, non riuscendo ad impedire che gli estremisti rossi continuassero nella loro provocazione. Da tenere presente che alla manifestazione hanno aderito il comune di Cagliari, con la partecipazione di un assessore con la fascia tricolore, numerose associazioni d'Arma con i loro labari, la Croce Rossa Italiana, l'Associazione dei Profughi Giuliano Dalmati, parenti di Martiri delle Foibe, rappresentanti delle Istituzioni come il senatore Delogu e diversi cosiglieri regionali e comunali, oltre ai tantissimi cittadini;
solo per il senso di responsabilità dei partecipanti, il corteo si è potuto concludere con una commovente cerimonia presso il Parco Martiri delle Foibe, culminata con la deposizione di una corona d'alloro accompagnata dall'inno nazionale;
a conclusione della cerimonia, mentre la folla defluiva, un militante di Alleanza Nazionale che tornava al proprio circolo con la bandiera tricolore è stato aggredito da alcuni facinorosi senza alcun intervento della polizia che non aveva provveduto a scortare i giovani che tornavano alle proprie sedi -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra descritti;
se la «manifestazione antifascista» sia stata autorizzata ed in questo caso per quale motivo essendo evidente che lo scopo era quello di disturbare la celebrazione del Giorno del Ricordo, voluto dal Parlamento, provocando confusione e incidenti;
ove non sia stata autorizzata, se risultino denunce o comunque indagini nei confronti dei partecipanti alla stessa per avervi dato luogo senza l'autorizzazione prevista dalla legge;
come comunque si giustifichi il comportamento ed avviso dell'interrogante eccessivamente tollerante delle forze dell'ordine nei confronti dei facinorosi contestatori;
se la presenza di un ex brigatista rosso a capo della citata manifestazione non debba indurre un particolare approfondimento da parte dell'autorità di pubblica sicurezza.
(4-02633)
Risposta. - Dalle ore 18 alle ore 20 del 10 febbraio 2007, si è svolta a Cagliari una manifestazione, di cui è stato dato formale preavviso alle Autorità di pubblica sicurezza, organizzata da Alleanza nazionale per la commemorazione delle vittime delle Foibe.
Nella circostanza, circa duecento persone hanno sfilato pacificamente per le vie cittadine deponendo, al termine del corteo, una corona di fiori presso il parco dedicato ai martiri delle Foibe.
L'attività informativa svolta dalla DIGOS della Questura di quel capoluogo ha rilevato l'intenzione, da parte di una sedicente «assemblea antifascista Kastedhu», di dare luogo ad una non preavvisata «contromanifestazione» di disturbo.
Pertanto, è stato pianificato un adeguato servizio di ordine pubblico, fondato sull'azione coordinata delle Forze di polizia territoriali che, per l'occasione, sono state supportate da unità di rinforzo provenienti da reparti di pronto impiego.
Inoltre, è stata effettuata una verifica preventiva della topografia interessata dal transito del corteo autorizzato, che ha permesso di rilevare la presenza, già verso le ore 16,00, di alcuni noti aderenti all'area anarchica e antagonista cittadina, nonché dell'ex brigatista rosso menzionato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare, intenti anch'essi a verificare le vie nelle quali doveva transitare il corteo al fine di trovare una posizione ottimale che avrebbe consentito loro maggiore visibilità.
Conseguentemente, i funzionari di polizia hanno diffidato il medesimo dall'intraprendere qualsiasi azione volta recare turbativa alla sicurezza e all'ordine pubblico e hanno curato la predisposizione di idonee misure di presidio della zona.
Successivamente, tali strategie hanno permesso di contenere sensibilmente gli effetti di disturbo della «contromanifestazione», a cui hanno partecipato, nonostante la diffida, il citato estremista e circa una trentina di manifestanti.
Infatti, questi ultimi hanno soltanto potuto scandire gli slogans dal tenore segnalato dall'interrogante ma non è stato loro consentito né di avvicinarsi, né di avere la visione dei partecipanti al corteo autorizzato.
Nella circostanza, come in altri servizi di ordine pubblico, l'azione degli operatori di pubblica sicurezza è stata ispirata ad un doveroso equilibrio tra l'atteggiamento di fermezza rispetto ad ogni forma di illegalità e l'esigenza di non coinvolgere pacifici cittadini. Conseguentemente, l'uso della forza viene limitato ai soli casi di effettiva necessità, anche per evitare di innescare più gravi tensioni.
Il successivo 20 febbraio 2007, la DIGOS della Questura di Cagliari ha inoltrato all'Autorità giudiziaria un'informativa di reato a carico di quindici esponenti della «contromanifestazione», debitamente identificati, resisi responsabili, tra l'altro, di oltraggio a corpo politico, amministrativo o giudiziario, di radunata sediziosa e di omesso preavviso di manifestazione.
Tra i denunciati figura anche il citato ex brigatista rosso, il quale, in quanto sottoposto per la durata di due anni alla misura della sorveglianza speciale, è stato segnalato al competente Tribunale anche per la violazione delle prescrizioni imposte con la citata misura di prevenzione.
Per quanto concerne lo specifico episodio riportato nell'atto di sindacato ispettivo, il Questore di Cagliari ha riferito che, durante il deflusso dalla manifestazione autorizzata, un giovane partecipante è stato aggredito da un altro che, a bordo di un motociclo, lo ha colpito con un pugno con l'intento di sottrargli una bandiera tricolore.
Al personale della DIGOS immediatamente intervenuto, l'aggredito ha minimizzato l'accaduto e, manifestando l'intenzione di non voler presentare alcuna denuncia, ha inoltre escluso che l'aggressore potesse fare parte della «contromanifestazione».
Si rileva che il descritto servizio di ordine pubblico ha pienamente garantito la sicurezza dei partecipanti durante lo svolgimento della manifestazione preavvisata, raggiungendo l'obiettivo prefissato della loro incolumità nel corso della manifestazione.
Viceversa, la prevenzione generale dei reati rientra nell'ambito dell'ordinaria attività di controllo del territorio da parte delle Forze dell'ordine, che, certamente, non può escludere il verificarsi assoluto di condotte illecite non prevedibili.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'11 febbraio 2005 il nucleo operativo ecologico dell'Arma ha sequestrato gli strumenti escavatori di una azienda illegalmente operante presso le rive del fiume Arno nella frazione di San Pierino nel comune di Fucecchio (Firenze);
risultavano, in particolare, scadute da molti anni le relative autorizzazioni;
a prescindere da ogni ipotesi di reato in merito, secondo l'interrogante, la draga ivi operante potrebbe avere modificato in modo consistente l'alveo del fiume mentre lo stesso «lavaggio» della rena estratta e poi in commercio potrebbe priva di ogni controllo, avere comportato inquinamento dell'Arno;
tale azienda di trattamento di inerti potrebbe aver scavato nell'alveo del fiume, con pregiudizio dell'assetto idrogeologico e ha comunque prodotto polveri inquinanti, con pregiudizio dello stato atmosferico, in un'ampia zona;
tale attività risulta appannaggio della Bartoli s.r.l. di cui è amministratrice Roselli Sandra moglie di Talini Florio, socio della Bartoli s.r.l. e in passato sindaco del comune di Fucecchio per due legislature -:
quale sia l'esatta entità del danno idrogeologico e di inquinamento provocato all'Arno da tale attività non autorizzata;
quali siano i motivi di assenza di precedenti verifiche in merito.
(4-00307)
Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare in esame l'interrogante ha posto quesiti concernenti eventuali danni recati al fiume Arno da un'attività di escavazione nel territorio del Comune di Fucecchio (Firenze). In particolare viene segnalato che nel febbraio 2005 sono stati sequestrati dal Comando dei Carabinieri-Nucleo operativo ecologico di Firenze gli strumenti escavatori di un'azienda operante in località in San Pierino nel predetto Comune, priva di autorizzazioni necessarie a svolgere attività di escavo e trattamento di inerti. Nell'interrogazione viene evidenziato che l'azienda potrebbe avere modificato l'alveo del fiume Arno e provocato, con il lavaggio della rena estratta, l'inquinamento del medesimo.
Come riferito dalla competente Direzione della Difesa del suolo «il territorio comunale di Fucecchio ricade nell'ambito dell'Autorità di Bacino dell'Arno, che ha già approvato il piano stralcio per l'assetto idrogeologico». L'area in questione, in particolare, risulta «a pericolosità idraulica elevata». L'Autorità di Bacino dell'Arno ha riferito di non avere competenze specifiche sulle violazioni oggetto di indagine. Le norme dei piani stralcio di settori approvati in materia, infatti, prevedono un generale divieto di esportazione di inerti dal fiume ed il rilascio di autorizzazioni per interventi che modifichino la morfologia degli alvei, ma il controllo di quanto previsto è di competenza di altri enti. Sia il Comando dei Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente che la Provincia di Pisa, tuttavia, hanno comunicato che la modifica dell'alveo del fiume Arno dovuta all'accumulo di terra creatosi in conseguenza delle attività della ditta Bartoli S.r.l. non sembra aver stravolto il corso naturale del fiume e non è in grado di influenzare il deflusso di piena. Tuttavia per quanto attiene all'attività estrattiva opera della ditta Bartoli, l'Assessorato all'Ambiente della Regione Toscana ha informato che questa è cessata negli anni 70 e che la ditta Bartoli, che ha continuato a effettuare solo l'attività di lavaggio degli inerti provenienti da fuori zona, si è recentemente trasferita nella zona industriale di S. Pierino. Nella nuova sede la società dispone di autorizzazione allo scarico idrico per la fase di lavaggio della ghiaia.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la stampa ha riportato la notizia che il Ministro per l'ambiente, nell'ambito delle dichiarazioni rese in occasione dell'accordo con l'ONU in materia di lotta alla siccità, avrebbe indicato Firenze come sede per la prima banca dati mondiale sulla desertificazione;
successivamente non si sono registrate notizie in merito che approfondissero ruolo e sede dell'Agenzia in questione -:
se tali dichiarazioni del Ministro abbiano avuto qualche seguito concreto oppure se rientrano nella logica delle alluvionali dichiarazioni quotidiane d'ordine propagandistico operate dai rappresentanti del Governo.
(4-00801)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, concernente i seguiti della dichiarazione in merito all'indicazione di Firenze come sede della banca dati mondiale sulla desertificazione, in occasione dell'incontro del 23 giugno 2006 con il Segretario Esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Lotta alla Siccità ed alla Desertificazione - UNCCD, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta del Comitato nazionale per la lotta alla siccità ed alla desertificazione, ha sottoscritto in data 19 ottobre 2006 un Protocollo di Intesa con la UNCCD che prevede, tra l'altro, un contributo al Segretariato della Convenzione di 200.00,00 euro finalizzato alla costituzione ed all'avvio operativo di un Centro Internazionale sulle conoscenze tradizionali da localizzarsi a Firenze.
Già in data 16 giugno 2006 la Regione Toscana mi aveva inviato una proposta per accogliere a Firenze la sede del Centro internazionale delle conoscenze tradizionali e la stessa proposta, in data 10 ottobre 2006, è stata inviata al Segretario Esecutivo dell'UNCCD; la Regione Toscana ha già prodotto un «manifesto sulle conoscenze tradizionali» ed ha avviato contatti con l'Unesco al fine di coinvolgere anche tale organismo ONU nella costituzione della citata Banca Mondiale delle Conoscenze Tradizionali che avrà sede presso il Centro.
La Giunta Regionale della Toscana, con una Delibera del 4 dicembre 2006, ha approvato lo schema di un Protocollo di Intesa tra la stessa Regione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la UNCCD; tale Protocollo prevede che la Regione Toscana costituisca il Centro Internazionale sulle Conoscenze Tradizionali con sede provvisoria in Firenze, presso gli Uffici della Giunta regionale collocati nel centro storico della città, e sede definitiva presso la Villa Medicea di Careggi, di proprietà della Regione Toscana, già sede dell'Accademia Platonica di Lorenzo il Magnifico.
Per il primo anno di funzionamento del Centro, la Regione Toscana assicurerà un contributo di 30.000,00 euro a favore del soggetto individuato per la gestione del Centro, nel quadro delle risorse destinate allo sviluppo dei progetti di cooperazione internazionale che si affiancano ai 200.000,00 euro previsti nel citato Protocollo d'Intesa sottoscritto tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e UNCCD in data 19 ottobre 2006.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MIGLIORI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il consiglio comunale di Figline Valdarno (Fi) ha espresso grave preoccupazione per il recente trasferimento in Romania di oltre quaranta macchinari per la produzione di cordicella metallica del locale stabilimento della Pirelli;
trattasi di un'azienda che rappresenta il cuore dell'industria e dell'occupazione del Valdarno la cui eventuale delocalizzazione
comporterebbe enormi problematiche sociali sul territorio -:
quali iniziative si intendano assumere onde appurare la reale volontà dell'azienda a tutela degli attuali livelli occupazionali del Valdarno.
(4-01085)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla situazione dello stabilimento Pirelli di Figline Valdarno, si fa presente che l'Assessorato al lavoro della Regione Toscana, unitamente alle altre istituzioni interessate - Provincia di Firenze e Comune di Figline Valdarno - ha promosso una serie di incontri delle Istituzioni con le Organizzazioni Sindacali e con l'Azienda.
Al termine di questi incontri era comunque emersa la volontà della Società di mantenere, come polo centrale della Divisione Pirelli B.U.S. (Business Unit Steelcord) lo stabilimento di Figline.
In ogni caso, in base ad alcune informazioni ricevute per le vie brevi, risulta che la vicenda abbia trovato al momento una soluzione positiva.
Si è venuti infatti a conoscenza della sottoscrizione di un'ipotesi di accordo fra la parte datoriale e le organizzazioni sindacali.
L'ipotesi di accordo prevede il mantenimento dei macchinari nell'azienda fino al giugno 2009.
Conseguentemente se l'ipotesi di accordo, che deve essere ancora sottoposta al vaglio dei lavoratori, verrà avallata dai dipendenti dello stabilimento, scongiurerà almeno fino al giugno 2009 ogni possibile licenziamento dei lavoratori.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi in Siena una frana di notevoli dimensioni localizzata sotto Porta Pispini nel centro abitato della città toscana ha lesionato svariati stabili determinando lo sgombero di una parte dell'abitata;
è in corso una indagine della Magistratura per verificare le responsabilità di un gravissimo dissesto geologico;
numerose famiglie risultano prive della possibilità di abitazione-:
quali iniziative urgenti - col concorso della Protezione Civile - si intendano assumere onde stabilire l'esatta situazione geologica della città di Siena, individuare risorse per la stabilità del centro abitato e sostegno concreto alle famiglie colpite.
(4-01502)
Risposta. - In merito ai quesiti posti dall'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, e relativi alla frana verificatasi nel centro abitato di Siena ed alle iniziative che si intendono intraprendere per fronteggiare la situazione, si fa presente quanto segue.
L'episodio franoso di cui sopra, dai primi accertamenti si è dimostrato non essere un dissesto geologico, ma un evento verificatosi per la concomitanza di una serie di cause che hanno determinato lo scivolamento a valle di un piazzale privato realizzato con terreno di riporto il cui peso ha collassato una nuova paratia non ancora completata.
La paratia in questione, secondo quanto riferito dal Comune di Siena, è crollata per un tratto di circa 40 metri lungo il fronte prospiciente un edificio prevalentemente destinato ad abitazioni.
La stessa paratia era stata realizzata a circa 15 metri di distanza dall'edificio, che in gran parte fondato su pali profondi non sembra avere subito, come detto, conseguenze a livello statico.
La Protezione Civile si è subito attivata e il Comando dei Vigili del Fuoco di Siena, con il supporto del Comando dei Vigili Urbani, hanno prestato la loro collaborazione alla magistratura e offerto il loro aiuto agli abitanti per cercare di ridurre i comprensibili disagi.
L'area della frana dopo un primo doveroso provvedimento di sequestro, necessario ai fini degli accertamenti da parte del C.T.U. nominati dalla Procura, è stata dissequestrata.
L'Impresa proprietaria della stessa area ha provveduto a rincalzare il piede della scarpata e ha rimesso l'area in sicurezza.
Al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare compete la difesa preventiva del suolo dai fenomeni di dissesto idrogeologico (decreto-legge n. 300 del 1999 e decreto del Presidente della Repubblica n. 261 del 2003) che attua attraverso la pianificazione di bacino e la programmazione degli interventi di difesa del suolo.
Il Territorio comunale di Siena ricade nell'ambito dell'Autorità di Bacino regionale Toscana-Ombrone. Per quest'ultima è stato approvato il Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI) con D.C.R. Toscana 25 gennaio 2005. Nell'ambito del PAI non sono state perimetrate le aree a rischio/pericolosità di frana nel centro abitato di Siena. La normativa tecnica del Piano, nelle aree non perimetrate prevede, all'articolo 16, che, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico, gli enti competenti all'adozione degli strumenti di governo del territorio, in sede di predisposizione di nuovi strumenti o di approfondimento del quadro conoscitivo del PAI, ove individuino condizioni di pericolosità geomorfologica molto elevata, al di fuori delle aree di cui ai precedenti articoli 13 e 14, adottano disposizioni con quelle del PAI relative alle stesse aree.
Non risultano, infine, pervenute nuove richiese di finanziamento ne quindi sono stati finanziati dal 1998 ad oggi interventi urgenti di difesa del suolo nell'area ai sensi del decreto-legge 18098 e successive modificazioni e integrazioni.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la presenza dell'Arma dei Carabinieri nella popolosa frazione di «Tosi del Comune di Reggello (Firenze) è da sempre presidio insostituibile di sicurezza per una vasta area collinare e montana, della Provincia di Firenze con una forte presenza, di piccole e medie imprese;
la presenza dell'Arma in tale area ha preservato questa parte dell'area metropolitana fiorentina dalla infiltrazione di fenomeni di criminalità oggi tristemente protagonista nel resto del Valdarno fiorentino ed aretino;
si apprende la notizia della eliminazione improvvisa della sede dell'Arma in Tosi, suscitando profonda ed enorme preoccupazione nella popolazione e nella stessa Amministrazione comunale di Reggello -:
quali iniziative immediate si intendano assumere per garantire la tradizionale e doverosa presenza dell'Arma dei Carabinieri in Tosi.
(4-01683)
Risposta. - La scelta di procedere alla soppressione della Stazione dell'Arma dei Carabinieri di Tosi (Firenze) condivisa dal Prefetto di Firenze e sulla quale il Ministero della Difesa ha espresso il suo assenso, è da ricondursi sia alla soddisfacente situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica in quella località, sia alle inadeguate condizioni dell'immobile adibito a sede del reparto.
Per i cinque militari in servizio presso la Stazione di Tosi è previsto un immediato reimpiego per il potenziamento degli organici della Stazione dell'Arma sita nel Comune di Reggello, di quelli della limitrofa Stazione di Figline Valdarno e, infine, del Reparto operativo del Comando provinciale di Firenze.
Ciò consentirà, infatti, un migliore utilizzo del dispositivo dell'Arma nell'area in parola, finalizzato ad una strategia volta a privilegiare una più efficace «presenza dinamica» delle risorse destinate al controllo del territorio.
Si precisa, infine, che quanto sopra risulta pienamente in linea con la previsione contenuta nell'articolo 1, comma 435, della legge finanziaria per l'anno 2007, che
prevede la predisposizione di appositi piani pluriennali, di carattere interforze, di riarticolazione e di ridislocazione dei presidii territoriali delle Forze di polizia.
Ciò con la finalità, da un lato, di contenere le spese di gestione, dall'altro di raggiungere un più razionale impiego delle risorse umane disponibili nell'espletamento dei compiti di ordine e di sicurezza pubblica sul territorio.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è in atto nella zona di Rio Fontanamaggio a Barga (Lucca) un imponente movimento franoso prospiciente parcheggi ed abitazioni con evidente pericolo per i cittadini;
trattasi di una vera e propria emergenza idrogeologica che necessita di immediati interventi di contenimento e messa in sicurezza del relativo territorio tramite anche l'intervento del sistema nazionale della protezione civile -:
quali iniziative progettuali e finanziarie urgenti si intendano assumere in merito.
(4-01928)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il movimento franoso prospiciente parcheggi ed abitazioni nella zona di Rio Fontanamaggio nel Comune di Barga, si rappresenta quanto segue.
Come riferito dalla competente Direzione della difesa del suolo: «il territorio di cui trattasi ricade nell'Ambito dell'Autorità di Bacino pilota Serchio, che ha approvato il Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico con D.C.R. Toscana n. 20 del 1o febbraio 2005.
Il Piano individua sul territorio comunale diverse aree perimetrate a rischio o pericolosità idrogeologica in prossimità della zona di Rio Fontanamaggio.
Il Comune rientra anche tra duelli gravemente danneggiati dagli eventi calamitosi dell'ottobre e del novembre 2000 (attuazione dell'articolo 5-bis, comma 1, della legge 365 del 2000).
Con Decreto Ministeriale DDS/DEC/2006/0632 del 3 novembre 2006, per la zona in questione, è stato finanziato un intervento di consolidamento per un importo di 505.000 euro.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MINARDO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Ragusa, è da qualche tempo travagliata da un'intensificazione particolare della recrudescenza criminale, fatto che ha determinato molta paura tra la popolazione;
in pochissime notti sono state incendiate automobili a Ragusa, Vittoria e Pozzallo e in una sola notte a Scicli sono stati incendiati 12 cassonetti dei rifiuti: episodi inquietanti che stanno creando allarme e preoccupazione tra la gente e paura alle vittime delle intimidazioni;
ho più volte interessato codesto ministero delle problematiche che interessano in generale la provincia iblea in merito al frequente verificarsi di episodi e di criminalità;
dopo i gravi fatti verificatisi in questi giorni cresce da più parti la necessità di maggiore sicurezza e di uno sforzo più incisivo affinché si possano attuare tutte quelle misure atte ad arginare questi fenomeni che possono «incancrenirsi», danneggiando la crescita sociale e l'immagine di una realtà altamente produttiva -:
se il Governo intenda intervenire sulla preoccupante questione e con quali misure intenda porre le opportune attenzioni per la pesante situazione che si è venuta a creare in provincia di Ragusa;
se il Governo, intenda inoltre, potenziare l'organico delle forze dell'ordine, carente in provincia di Ragusa, per ottenere un migliore ed efficace controllo dei territori, e maggiori servizi di prevenzione dei reati e tutela della sicurezza;
se intenda, infine, fare in modo di concretizzare l'iter relativo all'elevazione a tendenza della caserma dei carabinieri di Scicli affinché si possa avere un maggiore potenziamento dell'organico che garantisce interventi immediati in caso di necessità, una più efficiente tutela dell'ordine pubblico, prevenzione e sicurezza per tutta la collettività.
(4-01222)
MINARDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Ragusa, è da qualche tempo travagliata da un'intensificazione particolare della recrudescenza criminale, fatto che ha determinato molta paura tra la popolazione;
in pochissimi giorni, in modo particolare della città di Vittoria, si sono registrate rapine ai danni di commercianti e a Modica sono sempre più intensi i furti in abitazioni, soprattutto nelle zone di campagna; episodi inquietanti che stanno creando allarme e preoccupazione tra la gente e paura alle vittime della intimidazione;
l'interrogante ha più volte interessato codesto ministero delle problematiche che interessano in generale la provincia iblea in merito al frequente verificarsi di episodi di criminalità;
inoltre, dopo i gravi fatti verificatisi in questi giorni cresce da più parti la necessità di maggiore sicurezza e di uno sforzo più incisivo affinché si possano attuare tutte quelle misure atte ad arginare questi fenomeni che possono «incancrenirsi», danneggiando la crescita sociale e l'immagine di una realtà altamente produttiva;
il potenziamento dell'organico delle forze dell'ordine e quindi una più concreta protezione sono quanto mai indispensabili per il nostro territorio considerato che oramai la malavita colpisce anche in pieno centro ed in orari di punta -:
se il Governo intenda intervenire sulla preoccupante questione e con quali misure intenda porre la dovuta attenzione per la pesante situazione che si è venuta a creare in provincia di Ragusa;
se il Governo, intenda inoltre, potenziare l'organico delle forze dell'ordine, carente in provincia di Ragusa, per ottenere un migliore ed efficace controllo dei territori, e maggiori servizi di prevenzione dei reati e di tutela della sicurezza.
(4-02132)
Risposta. - Nella provincia di Ragusa, la situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico risente, da un lato, della presenza della criminalità organizzata, dedita prevalentemente a pratiche estorsive ed usurarie, al traffico di sostanze stupefacenti e ad illecite ingerenze nel locale mercato ortofrutticolo, dall'altro, soprattutto nelle campagne, di fenomeni riconducibili alla cosiddetta «criminalità rurale», quali furti di animali e di attrezzature agricole, con conseguente attività di ricettazione.
Per contrastare efficacemente tali fenomeni, le Forze di polizia, in sede di Coordinamento tecnico interforze, definiscono e rivedono periodicamente le strategie per l'ottimale impiego degli operatori nei servizi di prevenzione generale sull'intera area e dispongono, anche al fine di dare una più incisiva risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini, l'intensificazione sia dei servizi di controllo del territorio, sia di quelli investigativi.
A tale scopo, vengono utilizzate, oltre alle unità in servizio preso i presidi territoriali di Polizia, anche quelle appartenenti agli appositi Reparti specializzati, quali il Reparto prevenzione crimine Sicilia della Polizia di Stato che, nel corso del 2006, ha impiegato nella provincia ragusana 32 pattuglie con 96 operatori di pubblica sicurezza.
In tal modo, la Questura di Ragusa ha potuto incrementare, sempre nel citato periodo,
il numero degli equipaggi adibiti nell'attività di prevenzione generale, aumentati dai 760 del mese di agosto, ai 789 del mese di settembre, fino ad arrivare ai 901 nel mese di ottobre.
Tale azione congiunta di prevenzione e di contrasto della criminalità, effettuata secondo una strategia volta a privilegiare una più efficace «presenza dinamica» sul territorio delle Forze dell'ordine, ha consentito di deferire all'Autorità giudiziaria 986 persone e di trarne in arresto altre 282. In particolare, nel corso dell'operazione «Abigeatus», sono state tratte in arresto 6 persone e denunciate altre 13, in quanto ritenute appartenenti ad una associazione a delinquere specializzata nel furto di bestiame a danno di aziende zootecniche locali.
Per quanto concerne gli incendi notturni di autovetture e di cassonetti della spazzatura, menzionati nell'atto di sindacato ispettivo, detti episodi sono oggetto di indagine giudiziaria in corso. Tuttavia, da una prima disamina dei fatti, gli inquirenti non ravvisano un loro collegamento alla criminalità organizzata, né una matrice intimidatoria.
Comunque, le Autorità di pubblica sicurezza hanno impartito, a scopo preventivo, un'intensificazione delle attività di vigilanza sull'intero territorio provinciale mediante la predisposizione di mirati servizi di polizia, a cui partecipano nelle aree rurali anche le locali polizie municipali ed il Corpo forestale dello Stato.
Per quanto concerne la presenza delle Forze dell'ordine nella provincia di Ragusa, si precisa che presso la Questura ed i dipendenti commissariati di pubblica sicurezza prestano servizio, rispetto ad un organico di 369 unità, complessivamente 374 appartenenti ai ruoli operativi della Polizia di Stato. Ai predetti Uffici sono inoltre assegnati 16 appartenenti ai ruoli tecnici della pubblica sicurezza, per l'espletamento delle specifiche mansioni tecnico-scientifiche, nonché 34 dipendenti dell'Amministrazione civile dell'interno che, nell'espletamento di compiti amministrativi, concorrono alla funzionalità delle strutture.
Il Comando provinciale dei Carabinieri, da cui dipendono tre Compagnie e diciannove Stazioni, presenta, rispetto ad una previsione organica di 392 unità, una forza effettiva di 408 militari. Inoltre, negli ultimi anni sono stati rinforzati gli organici delle Stazioni dell'Arma site in Vittoria, Acate, Modica e Scicli.
In merito alla prospettata elevazione a Tenenza di quest'ultima Stazione, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha fatto presente che tale obiettivo è subordinato all'ultimazione della costruzione dell'immobile che l'Amministrazione di quel Municipio destinerà al nuovo reparto. Nell'attesa, comunque, l'organico è già stato potenziato di 4 unità.
Il Comando provinciale della Guardia di finanza, da cui dipendono il Nucleo di polizia tributaria, una Compagnia e tre Tenenze, ha un organico di 195 militari. Tale dispositivo è integrato, per il contrasto della criminalità organizzata, dal G.I.C.O. del Nucleo di polizia tributaria di Catania. Negli ultimi anni, gli organici sono stati complessivamente incrementati di 18 unità.
Relativamente alla richiesta dell'interrogante di potenziamento degli organici, pur assicurando che la richiesta verrà tenuta nella dovuta considerazione, si deve, tuttavia, evidenziare che detti incrementi potranno essere, di volta in volta, considerati compatibilmente, da un lato, con le esigenze di sicurezza e le priorità di altre aree distribuite su tutto il territorio nazionale e, dall'altro, nell'ambito della pianificazione delle risorse finanziarie disponibili.
Peraltro, va detto che le politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica tendono a conseguire un più razionale impiego delle attuali risorse disponibili, obiettivo finalizzato ad ottimizzare il rapporto delle stesse con i risultati conseguiti nell'azione di prevenzione e di contrasto alla criminalità.
In questa direzione si muovono non solo alcuni interventi legislativi volti ad alleggerire il personale di polizia da compiti che non richiedano necessariamente l'esercizio di pubbliche potestà (articoli 17 e 18 del decreto legge n. 144 del 2005 convertito con legge n. 155 del 2005), ma anche, più
recentemente, dal comma 435 della Legge Finanziaria per il 2007, le cui disposizioni sono, tra l'altro, finalizzate ad un più efficace utilizzo delle risorse umane nelle mansioni istituzionali di ordine e di sicurezza pubblica sul territorio.
Ad analoghi fini di buona amministrazione, si ispirano inoltre i provvedimenti assunti localmente dalle Autorità di polizia, come la citata rimodulazione delle strategie operative in sede di Coordinamento tecnico interforze, nonché il pieno coinvolgimento, nella comune azione di prevenzione e di repressione dei reati, di tutte le componenti istituzionali nei settori di specifica competenza.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
PELLEGRINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'isola di Punta Licosa, ha ricevuto negli ultimi anni diversi prestigiosi riconoscimenti per la sua sabbia dorata e il suo mare cristallino che presenta fondali rocciosi ricchi di flora e posidonie;
lo scorso 3 novembre 2006, presso l'isola di Punta Licosa, nel comune di Castellabate (Salerno), una imbarcazione si è arenata, provocando un serio rischio di dispersione di carburante in acque marine costiere;
tale imbarcazione è rappresentata da uno yacht di oltre 20 metri di lunghezza, battente bandiera inglese, bloccato tra gli scogli a sud dell'isola, nei cui serbatoi si stima la presenza di circa 8.000 litri di carburante;
in caso di condizioni avverse del mare, si potrebbe determinare la dispersione di carburante con gravi danni all'ambiente e alle forme di fruizione dello stesso, trattandosi tra l'altro di un'area marina protetta -:
se il Governo, intenda assumere provvedimenti per verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e se confermato, ritenga opportuno disporre quanto necessario alla risoluzione.
(4-01713)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante l'imbarcazione da diporto denominata «Atlantic Tigress» che si è arenata il giorno 3 dicembre 2006 a Punta Licosa, anche sulla scorta di quanto comunica dall'Ufficio Locale Marittimo di S. Maria di Castellabate, si rappresenta quanto segue.
Le operazioni di recupero del carburante presente a bordo dell'unità sono state condotte dalla «Tecnonautica U'biondo di Aversano Giovanni Attilio § C. Sas»; le stesse, iniziate il 5 novembre 2006 a seguito del miglioramento delle condizioni meteomarine, si sono concluse positivamente senza danni per l'ambiente nel pomeriggio dell'8 novembre 2006.
Oltre ai mezzi e al personale della ditta incaricata e alle due unità navali disinquinanti succitate, sul luogo delle operazioni sono state presenti la Motovedetta CP855 e pattuglie terrestri di Locamare S. Maria di Castellabate, Circomare Acropoli, Protezione Civile, Polizia Municipale e Croce Rossa.
Inoltre, il 7 novembre 2006, il 2o Nucleo operatori subacquei della Guardia Costiera di Napoli ha effettuato un'ispezione dello scafo riscontrando, per la parte di carena non adagiata sugli scogli, uno squarcio in prossimità della prora.
In particolare, la «Tecnonautica U'biondo di Aversano G.A. § C. Sas», ha provveduto:
in data 6 novembre 2006, ad aspirare dall'interno della sala macchine del panfilo e caricare sulla nave «Armonia» circa 11.000 litri di liquami. Questi ultimi, trasportati nel porto di Acropoli, sono stati smaltiti il 9 novembre 2006 a mezzo di autobotte della «F.lli Tortora S.r.l.» di Castel San Giorgio (Salerno);
nei giorni 7 novembre 2006 e 8 novembre 2006, a recuperare tutto il gasolio presente a bordo, quantificato in 6800 litri. Tale carburante è stato prima trasbordato sul battello disinquinante «Juan» e poi
smaltito, in data 8 novembre 2006, a mezzo di autobotte della «F.lli Tortora S.r.l.», nel porto di S. Marco di Castellabate.
Per quanto concerne il disincaglio ed il conseguente «recupero» dell'unità in questione, si informa che la "Cantieri Schiavone Srl" ha ricevuto mandato dalla società armatrice dello Yacht per procedere ai lavori di disincaglio e trasferimento dello stesso presso il proprio cantiere ubicato nel porto di Acciaroli.
Dette operazioni, effettuate da apposita squadra di sommozzatori e da personale dipendente del cantiere con l'ausilio de Motopontone denominato «Donnanna», sono state intraprese e sospese il 25 novembre 2006; sul posto sono intervenute, con funzioni di monitoraggio e vigilanza, la M/V CP 855 e pattuglie terrestri di Locamare S.M. di Castellabate e dell'Ufficio Circondariale Marittimo di Agropoli.
Vista l'impossibilità del recupero integrale dell'imbarcazione, in data 29 gennaio 2007 la S.r.l. Cantieri Schiavone ha dato inizio ai lavori di rimozione, demolizione e smaltimento della stessa, sotto attenta sorveglianza delle autorità marittime preposte a tali compiti.
La Direzione competente di questo Ministero, a seguito dell'incaglio della nave di cui è discorso, ha disposto l'intervento di due unità navali in convenzione (US Armonia e B/D Juan), in moto operativo come da programma, in assistenza e prevenzione inquinamento, allibo del prodotto presente nel locale macchine e nelle casse bunker del M/Y.
L'intervento in questione ha avuto inizio nella giornata del 3 novembre 2006 e si è protratto sino al 9 novembre 2006 ed ha riguardato lo specchio d'acqua a circa 50 m ad ovest dell'isolotto di P.ta Licosa. Al termine delle operazioni sono stati recuperati circa 11 mc. di miscele oleose e circa 6,3 mc. di miscela acqua-gasolio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
tra il 1994 e il 2001 l'Amministrazione comunale di Moglia (Mantova), in ottemperanza alla legge n. 113 del 1992 («Obbligo per il Comune di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica»), nelle aree destinate a verde pubblico, ha piantato oltre 200 piante corrispondenti ad altrettanti nuovi nati nel Comune;
risulta all'interrogante che l'attuale amministrazione comunale, in carica dal 2002, oltre a non aver piantato nemmeno un albero per i nati dal 2002 ad oggi, nel 2005 ha trasformato quell'area in edificabile e ne ha avviato l'alienazione, dando inizio all'abbattimento di parte di quegli alberi per fare spazio alla costruzione di nuove case;
in difesa delle aree verdi e dei bambini, nel 2005 si è costituito il Comitato «Salviamo il parco», che ha come obiettivi di promuovere iniziative ed attività a favore del mantenimento dei parchi dei bambini e di sensibilizzare i comuni ad applicare la legge n. 113 del 1992 lamentandone il mancato rispetto;
il comitato insieme alla cittadinanza, hanno cercato in tutti i modi di opporsi allo scempio lamentato;
la notizia, diffusa poi dai diversi mezzi di comunicazione, giornali e televisioni locali e nazionali, ha suscitato molto clamore, e numerose sono state le attestazioni di solidarietà e gli appelli alla mobilitazione civile da parte di associazioni ambientaliste, rappresentanti istituzionali e cittadini;
è stato chiesto di incontrare il Sindaco, sono state presentate due petizioni con oltre 300 firme di cittadini (dove si faceva riferimento allo Statuto comunale che prevede, a tale proposito, la risposta entro 30 giorni), il gruppo di minoranza consiliare ha presentato un'interpellanza
nell'ultimo consiglio comunale chiedendo conto di ciò al Sindaco il quale non ha dato risposta a tale atto -:
se il Governo non intenda dare piena attuazione alla citata legge n. 113 del 1992 emanando le disposizioni previste all'articolo 1 della legge medesima;
se il Governo abbia avviato o intenda avviare il monitoraggio sull'applicazione della legge n. 113 del 1992, suddiviso nelle diverse regioni d'Italia.
(4-00514)
Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo, riguardante la richiesta dell'avvio del monitoraggio sull'applicazione della legge n. 113 del 1992 «Obbligo per il Comune di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica», nelle aree destinate a verde pubblico, si comunica quanto segue.
Si premette che nella citata legge non è previsto alcun tipo di monitoraggio in capo al Ministero dell'ambiente in quanto le competenze sono esclusivamente comunali e regionali come si evince dagli articoli 1-2 della predetta legge.
In merito alla situazione lamentata dall'Interrogante, circa la situazione relativa al Comune di Moglia, sulla base delle notizie pervenute, si riferisce che l'Amministrazione comunale negli anni tra il 1994 e il 2001 in applicazione della legge n. 113 del 1992, ha provveduto a piantare in una vasta area destinata a verde pubblico, oltre 200 piante corrispondenti ad altrettanti nuovi nati nel Comune medesimo.
La successiva Amministrazione, insediatasi nel 2002, ha deliberato la trasformazione dell'area in urbanistica rendendola in tal modo edificabile, ponendola in vendita ai privati e destinando il ricavato ad opere di pubblica utilità; conseguentemente ha disposto di trapiantare 20 alberi esistenti sulle aree interessate in un'area adiacente al centro sportivo, in prossimità del quale è stata prevista l'estensione delle parti verdi del paese e l'abbattimento di altre piante per consentire la costruzione di nuove abitazioni.
Contro l'abbattimento degli alberi e la trasformazione urbanistica è nato un comitato di cittadini denominato «Salviamo il Parco» che ha investito del problema oltre che la Prefettura di Mantova anche il Segretariato della Presidenza della Repubblica.
Il Sindaco di Moglia, interpellato in proposito, ha precisato che l'area oggetto di vendita è situata nella periferia del centro abitato, in un quartiere dove sono già presenti un parco giochi attrezzato ed un'altra area alberata, e che il ricavato della vendita sarà destinato all'ampliamento della scuola elementare.
Per quanto riguarda la richiesta avanzata dall'interrogante in merito all'attuazione della legge n. 113 del 1992, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, intende aprire un nuovo percorso che leghi i cosiddetti interventi di riforestazione urbana al contenimento dei gas serra e, più in generale, al miglioramento della qualità ambientale delle città e delle aree metropolitane.
In tal senso, sono in corso contatti con alcuni Enti Locali, in particolare con la Provincia di Milano, ma su tale tema si intende avviare un rapporto organico sia con l'ANCI che con l'UPI.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con provvedimento del Consiglio Regionale della Liguria n. 84 dell'8 luglio 1992 veniva costituita una Commissione Speciale d'Inchiesta in merito alla verifica delle attività di cava in Liguria;
i lavori della Commissione constatavano, attraverso le ispezioni in situ sui 215 impianti regolarmente autorizzati, il rilevante impatto paesistico-ambientale e la possibilità che i siti di ex cave mai autorizzate o pseudo-cave, siano in numero
assai consistente e forse anche maggiore di quello delle cave in attività regolarmente autorizzate;
in base ai lavori della Commissione di Inchiesta si accertava che molti siti abbandonati erano stati trasformati in zone industriali per frantumazione, lavaggio, betonaggio e commercio dei prodotti, anche potenzialmente pericolosi per la salute pubblica in quanto contenenti fibre di amianto, scavati nelle cave di monte, e la tipologia di cave di monte a cielo aperto ponevano rilevanti problemi sotto il profilo idrogeologico, ma altrettanto rilevanti sotto quello geologico e paesistico;
i controlli esercitati sulle cave oggi presenti sono in numero del tutto insoddisfacenti e tali da non garantire che i piani di coltivazione e le metodiche di estrazione siano rispettose dell'ambiente e della sicurezza, dove la carenza dei controlli è dovuta prioritariamente alla carente dotazione organica di personale dell'A.R.P.A.L. addetto a tale attività di controllo;
il problema dei controlli è essenziale e dovrà essere affrontato organicamente evitando delle forme di irresponsabile sottovalutazione in quanto, trattandosi di un'attività a forte impatto sul territorio e a rischio per l'ambiente, risulterebbe essenziale un atto di programmazione-pianificazione volto a cercare le soluzioni di minore danno e di migliore compatibilizzazione tra le varie esigenze -:
se il Ministro competente non ritenga opportuno avviare un'inchiesta ministeriale su tutto il territorio nazionale al fine di accertare:
1) il numero delle cave dismesse a cielo aperto che abbiano attuato il piano di coltivazione;
2) il numero delle cave dismesse che, rispetto al piano di coltivazione, abbiano avviato un'attività industriale per frantumazione, lavaggio, betonaggio e commercio dei prodotti scavati nelle cave di monte;
3) il censimento delle cave interessate da potenziale rischio amianto e il monitoraggio dello smaltimento del cosiddetto «serpentino» e dei fanghi residuali, al fine di prevenire rischi per la salute umana e per l'ambiente;
4) eventuali discariche abusive di rifiuti all'interno di areali di cava.
(4-02280)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame concernente la verifica delle attività di cava in Liguria e su tutto il territorio Nazionale si riferisce quanto segue.
La Direzione per difesa del suolo del Ministero che rappresento svolge le funzioni previste dal combinato disposto di cui agli articoli 16 e 26 del decreto legislativo n. 157 del 2006 e articolo 2, punto 1, lettera D della legge n. 349 del 1986, concernenti il solo controllo di legittimità delle autorizzazioni concesse dalle Regioni o enti subdelegati, per le attività di cava in zone sottoposte a vincolo paesaggistico.
Alle Regioni infatti afferiscono tutte le altre competenze relative all'esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela delle bellezze naturali (materia delegata ai sensi dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977) nonché la competenza esclusiva all'esercizio delle funzioni amministrative in materia di attività di cave e torbiere (materia trasferita ai sensi dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977).
In merito la Regione Liguria ha fatto presente che nell'ambito del territorio regionale, insistono circa 140 cave, di cui la maggior parte sono attività di sotterraneo (cave di ardesia) ed ubicate nella zona della Val Fontanabuona in Provincia di Genova e nella Valle Argentina in provincia di Imperia.
Le cave a cielo aperto, che sono in effetti le realtà che hanno un più incisivo impatto sul territorio, risultano essere circa 80, tutte regolarmente autorizzate in conformità alla Pianificazione di settore di cui al Piano Territoriale Regionale delle Attività di cava,
di cui circa la metà risultano attualmente sospese.
Le rispettive autorizzazioni, contemplano, anche un piano di chiusura delle attività, prevedendo all'uopo anche la contestuale messa in pristino dei siti di reinserimento nell'ambiente circostante da realizzarsi in conformità a quanto approvato.
Per la loro cessazione, viene attivato specifico procedimento amministrativo, teso a verificare la conformità delle opere realizzate in conformità con quanto autorizzato.
Si evidenzia al riguardo che, le aree interessate da cave sospese temporaneamente, non possono essere occupate da altre attività.
Attualmente, le cave dismesse che hanno completato il programma di coltivazione e conseguente ripristino ambientale, risultano essere circa 15.
Per quanto concerne le cave che, sfruttate in epoche passate, non sono mai state sottoposte a regime autorizzatorio della Regione va rilevato che esse sono sotto il controllo della Regione essendo ricomprese nell'ambito degli strumenti pianificatori locali; al fine di perseguire l'obiettivo di un ripristino di tale zone, il «Piano Cave» si è dato carico, con specifiche norme, di promuovere una trasformazione della situazione per un corretto inserimento delle aree nell'ambiente.
Per quanto agli ambiti interessati da ex cave - che si tratti di quelle mai autorizzate dalla Regione, sia di quelle regolarmente autorizzate dismesse dalla Regione - si evidenzia che non si è in grado di conoscere se all'interno del loro ambito sono state autorizzate altre attività in quanto non soggette a giurisdizione regionale, essendo le stesse autorizzate e dimesse dalla Regione - si evidenzia che non si è in grado di conoscere se all'interno del loro ambito sono state autorizzate altre attività in quanto non soggette a giurisdizione regionale, essendo le stesse autorizzate in ambito locale.
Per quanto attiene i controlli operati dalla Regione, si evidenzia che a seguito di apposita convenzione stipulata con 1'ARPAL, la stessa Agenzia fornisce supporto tecnico per lo svolgimento delle attività di verifica, controllo e analisi per quelle attività dove viene estratto materiale e potenziale rischio amianto, fornendo al riguardo apposite relazioni tecniche-illustrative sui prelievi e gli esiti dei controlli e delle analisi di laboratorio svolti in maniera tale di avere sempre una situazione monitorata.
La regione ha riferito che le cave sottoposte al monitoraggio sopraindicato, risultano essere in numero di 31 così suddivise a livello provinciale:
N. 5 in provincia di Savona di cui 3 che hanno già smesso l'attività;
N. 14 in Provincia di Genova, di cui 6 che hanno già smesso l'attività;
N. 12 in Provincia di La Spezia, di cui 3 che hanno già smesso l'attività.
Il Materiale estratto nelle cave in attività presentano comunque il livello dell'indice di rilascio di fibre d'amianto che si attesta nei limiti consentiti dalla normativa vigente.
Le attività che coltivano materiale con indici di rilascio non consentito dalle normative vigenti, hanno cessato la propria attività e sono in fase di predisposizio negli appositi programmi di recupero delle rispettive zone.
La stessa Regione ha, infine, comunicato che non risultano discariche abusive all'interno di cave regolarmente autorizzate.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
PICCHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Henry Carty, cittadino britannico, sposato con la cittadina italiana Anna Carty, residente a Cesena, provvisto di permesso di soggiorno valido fino al 2011, è attualmente in cura presso la ASL di Cesena a causa della gravità delle sue condizioni di salute;
la ASL di Cesena sostiene di non poter continuare ad assistere il signor Carty in assenza del modello E 121;
la richiesta da parte della ASL del modello E121 al NHS Camden Primary Care Trust - Regno Unito - nel quale era precedentemente in cura il sig. Carty, è difficoltosa, se non impossibile, in quanto i sig. Carty sono già in Italia e non possono viaggiare e, inoltre, la scarsa qualità dei trattamenti ricevuti dal NHS è stato il principale motivo per venire in Italia;
i medici della ASL di Cesena, dott. Biondini e dott. Canotti, chiedono che i coniugi Carty producano una autorizzazione da parte del Ministero della Salute alla ASL di Cesena per fornire l'assistenza richiesta anche in assenza del modello E 121;
il sig. Carty ha già prodotto alla ASL di Cesena documentazione comprovante la rinuncia al servizio sanitario inglese NHS;
i sig.ri Carty non possono permettersi trattamenti privati considerando le loro condizioni economiche;
il sig. Carty ha già iniziato la procedura per diventare cittadino italiano;
la ASL di Cesena, in una lettera inviata ai Sig.ri Carty, si dichiara in attesa di istruzioni dal Ministero della Salute -:
se quali atti siano stati fino ad oggi intrapresi da codesto ministero o/e dalla ASL di Cesena per risolvere il problema burocratico del modulo E121;
se e quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire la continuità del trattamento sanitario al sig. Carty e salvaguardarne la salute;
quali istruzioni intendi dare alla ASL di Cesena.
(4-02699)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, questo Ministero ha acquisito le necessarie informazioni dalla ASL di Cesena.
In data 13 ottobre 2006, il cittadino britannico, appena giunto a Cesena insieme alla moglie, cittadina italiana, è stato ricoverato presso l'Ospedale Maurizio Bufalini, per alcuni giorni. Il paziente è tracheotomizzato e non deambulante.
Poiché lo stesso si trovava a Cesena in temporaneo soggiorno e disponeva di una Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM), valida fino al 21 agosto 2011, sono state avviate le procedure per l'addebito della spesa di ricovero alla Istituzione estera di appartenenza, in quanto, a seguito della entrata in vigore del Regolamento CE n. 631 del 2004 del Parlamento europeo, dal 1o giugno 2004 tutti i comunitari, nel corso di un temporaneo soggiorno nel territorio di un altro Stato membro, hanno diritto alle prestazioni sanitarie che si rendono necessarie sotto il profilo medico, tenuto conto, tuttavia, della natura delle prestazioni e della durata prevista del soggiorno.
Questo implica che al cittadino comunitario non possono essere assicurate indistintamente tutte le prestazioni, ma solo quelle necessarie, che per loro natura sono riconducibili ad un temporaneo soggiorno (vi rientrano i ricoveri ospedalieri, gli accessi al pronto soccorso, le cure del medico di medicina generale o le ulteriori prestazioni che questi considera necessarie nel contesto indicato).
Al momento della dimissione dall'Ospedale avvenuta il 17 ottobre 2004, è stata richiesta, peraltro, la fornitura di dispositivi protesici (letto e materasso ortopedici, ventilatori polmonari, ausili per l'incontinenza, eccetera), non riconducibili ad un livello di assistenza previsto per un cittadino «in temporaneo soggiorno».
A questo proposito l'Azienda ha precisato che:
1) l'assistenza protesica configura un livello di assistenza che per sua natura non può essere meramente occasionale, ma al contrario richiede che l'assistito venga preso in carico per un periodo di tempo relativamente lungo, non riconducibile all'assistenza da riconoscere ad un cittadino in temporaneo soggiorno;
2) La normativa italiana, ai sensi del decreto ministeriale 27 agosto 1999 n. 332,
«Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale; modalità di erogazione e tariffe»; autorizza la fornitura dei dispositivi protesici solo per i cittadini residenti presso l'ambito dell'Azienda unità sanitaria locale, non essendo sufficiente il semplice domicilio.
Sono state richieste anche prestazioni di assistenza domiciliare infermieristica e prestazioni di riabilitazione domiciliare; anche queste prestazioni non sono riconducibili all'assistenza di chi si trova in temporaneo soggiorno, al pari delle prestazioni di assistenza protesica.
Tuttavia, il Dipartimento cure primarie, quale struttura competente dei livelli di assistenza indicati, tenuto conto delle precarie condizioni del paziente e della volontà della coppia di chiedere la residenza a Cesena, ha fornito le seguenti prestazioni assistenziali:
1. gli accessi all'abitazione dell'interessato da parte del medico di medicina generale, che sono stati i seguenti:
ottobre 2006 n. 2;
novembre 2006 n. 7;
dicembre 2006 n. 4;
gennaio 2007 n. 2.
Non sono pervenute ancora le comunicazioni relative agli accessi di febbraio e marzo;
2. il paziente è stato preso in carico dal Servizio infermieristico domiciliare sin dal momento del suo arrivo alla Stazione ferroviaria di Cesena (13 ottobre 2006); gli sono state prestate le prime cure sul posto, e successivamente è stato disposto il ricovero in ospedale.
La presa in carico perdura tuttora, anche se il paziente non dispone di una iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
Il personale infermieristico si è reso da subito conto della problematicità del caso e della difficoltà di gestione del paziente dovuta alla mancanza di presidi quali il letto e le superfici antidecubito. Il paziente era immobilizzato sul divano e quindi anche semplici manovre per il controllo dello stato cutaneo lo avrebbero messo a rischio di caduta.
L'ASL ha provveduto, nonostante il paziente non fosse residente e non disponesse di certificato di invalidità, come richiesto ai cittadini italiani, a dotare la famiglia di tali attrezzature per un'idonea assistenza.
Il paziente viene periodicamente rifornito del materiale occorrente per la gestione della tracheotomia e del ventilatore polmonare, mediante accessi domiciliare da parte del personale infermieristico, ed anche, per l'aspirazione, di un particolare dispositivo utilizzato esclusivamente nelle terapie intensive (non in uso presso il territorio per tutti gli altri pazienti con la stessa problematica), in quanto la moglie, che si occupa dell'assistenza, era stata già addestrata all'uso dello stesso nel Paese d'origine.
Mentre il pneumologo si è occupato dello stato respiratorio in quanto il paziente è in ventilazione invasiva (tracheotomia), l'otorino si è occupato della valutazione sullo stato della cannula tracheostomica. In seguito a ciò ha disposto perché questa venisse sostituita in regime ospedaliero, come di fatto è avvenuto.
Alla luce di quanto precisato, la competente Coordinatrice del Servizio infermieristico domiciliare ritiene di aver fornito e di continuare a fornire il livello di assistenza massima possibile richiesto dalla situazione del paziente in un contesto domiciliare;
3. a seguito di prescrizione effettuata dal medico di medicina generale, al paziente sono stati forniti i seguenti dispositivi:
n. 1 letto ortopedico;
n. 1 compressore e relativo materasso;
n. 1 sollevatore manuale.
La consegna è avvenuta il 24 ottobre 2006.
Non è stato fornito il ventilatore polmonare in quanto il paziente era già in possesso di due ventilatori sin dal momento del suo arrivo a Cesena;
4. il 24 ottobre 2006 il medico di medicina generale ha prescritto una fornitura di ausili per l'incontinenza urinaria (60 pannoloni al mese), che sono stati messi subito a disposizione, in quanto già disponibili in magazzino.
Dopo la prima fornitura la moglie non ha provveduto al ritiro delle successive forniture;
5. in data 23 gennaio 2007 il paziente ha ricevuto la visita domiciliare del medico fisiatra, il quale ha prescritto taluni dispositivi riguardanti «la gestione e la postura del seduto», i quali non sono stati forniti in attesa di alcuni chiarimenti;
6. si è provveduto a chiedere al comune di Cesena quali livelli di assistenza socio-assistenziale vengono garantiti al paziente. La risposta pervenuta dall'assistente sociale competente, con e-mail del 14 marzo 2007, precisa che l'interessato:
«È seguito gratuitamente dal servizio di assistenza domiciliare comunale dal 24 ottobre 2006, per 9 ore settimanali (1 ora e 30 minuti per 6 giorni). In data 30 novembre 2006 l'Unità di valutazione geriatria ha visitato l'anziano a domicilio e ha riconosciuto la non autosufficienza (punteggio BINA 480). Nel prossimo mese di aprile, quando uscirà il bando del Fondo sociale per l'affitto, la famiglia presenterà domanda per ottenere un contributo e, sulla base della dichiarazione ISE prodotta (valore ISEE:0), otterrà a fine 2007 il massimo contributo concedibile (in questo momento non è possibile quantificarlo in quanto dipende dall'importo del Fondo e dal numero di domande che verranno presentate)».
In data 21 ottobre 2006 il cittadino britannico ha presentato al comune di Cesena la domanda di residenza anagrafica e al Commissariato di pubblica sicurezza la domanda di Carta CEE. Questi due documenti, congiuntamente al codice fiscale e ad una dichiarazione, sostitutiva dell'atto di notorietà, che il cittadino comunitario non ha titolo all'iscrizione a carico della istituzione competente di uno Stato membro, ai sensi dei regolamenti CEE n. 1408 del 1971 e n. 574 del 1972 e successive modifiche, consentono la iscrizione gratuita (obbligatoria) al Servizio sanitario nazionale, con la conseguente possibilità di effettuare la scelta del medico di medicina generale.
Di tali possibilità e delle indicazioni necessarie per gli aspetti amministrativi della procedura, è stata fornita conoscenza alla famiglia con lettera del Direttore del Dipartimento cure primarie del 13 novembre 2006.
Poiché la moglie del paziente ha dichiarato, al funzionario amministrativo Responsabile dello Sportello unico del Dipartimento cure primarie dell'Azienda USL che il marito in Inghilterra è titolare di una pensione inglese, lo stesso non può sottoscrivere la dichiarazione, sostitutiva dell'atto di notorietà, che in Inghilterra non ha titolo all'iscrizione sanitaria a carico dell'Istituzione competente di quel Paese, in quanto l'Ente che eroga la pensione è proprio l'istituzione debitrice che deve versare all'Italia le quote forfettarie mensili relative all'iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
A questo riguardo va ricordato il decreto del Ministro della sanità 18 marzo 1999, concernente l'assicurazione obbligatoria al Servizio sanitario nazionale dei cittadini comunitari residenti in Italia; tale decreto prende in considerazione la possibilità di iscrivere obbligatoriamente (gratuitamente) al Servizio sanitario nazionale solo quei cittadini comunitari che hanno ottenuto la residenza in Italia e che nel Paese di provenienza sono privi di ogni copertura sanitaria o di una pensione o rendita.
Poiché il paziente non ha in Italia alcuna pensione e non è a carico della moglie (cittadina italiana) l'unica possibilità di iscrizione gratuita al Servizio sanitario nazionale rimane pertanto quella della presentazione del formulario E121 (Attestato per l'iscrizione dei titolari di pensione o rendita...), rilasciato dalla propria istituzione pensionistica.
Questo Ministero con una propria circolare ha indicato le circostanze nelle quali il formulario deve essere rilasciato e le modalità di compilazione e di scambio fra
chi lo emette (l'istituzione debitrice della pensione) e l'istituzione di assicurazione malattia del luogo di residenza all'atto della iscrizione per la concessione delle prestazioni in natura (l'Azienda USL).
Più in particolare il documento precisa che: «il modulo serve ad attestare il diritto alle prestazioni sanitarie del titolare di pensione e suoi familiari in caso di trasferimento di residenza in altro Stato membro».
Tale operazione non comporta alcun onere per il paziente. L'istituzione competente inglese versa al Servizio sanitario nazionale le quote forfettarie mensili stabilite fra i due Stati, attribuendo così il diritto alla copertura sanitaria per tutta la durata della permanenza in Italia, senza alcun limite nella fornitura di servizi e prestazioni.
Pertanto, il competente Ufficio dall'Azienda USL di Cesena non solo ha chiesto al paziente di produrre il Mod. E121, ma si è reso disponibile a richiedere d'ufficio tale documento, trattandosi di una formalità burocratica da poter assolvere anche via fax.
Di fronte a tale disponibilità, tuttavia, il paziente ha diffidato formalmente l'Azienda USL dal prendere contatti con la istituzione estera, ribadendo il diritto alla riservatezza al trattamento dei dati personali e il diritto ad avere la copertura sanitaria gratuita ai sensi del decreto ministeriale 18 marzo 1999, il quale, come già ribadito, prende in considerazione tale possibilità solo per i comunitari privi di qualunque copertura o pensione.
Peraltro, la disponibilità dell'Azienda a richiedere direttamente in Inghilterra il Mod. E121 è stata manifestata alla famiglia in numerosi incontri ed è stata anche formalizzata con una lettera del Direttore del Dipartimento cure primarie del 9 febbraio 2007.
L'ASL di Cesena, pertanto, ha precisato che «In tale contesto non si comprendono le ragioni per le quali la famiglia non si rende disponibile a richiedere il formulario e anzi a diffidare l'Azienda dall'assumere lei l'iniziativa per acquisirlo».
Per maggiore chiarezza, si riporta di seguito un breve quadro sintetico della problematica segnalata con l'atto parlamentare:
il cittadino britannico può essere iscritto al servizio sanitario nazionale, previa la presentazione del Mod. E121, che può acquisire in Inghilterra, anche tramite l'Azienda USL;
il Mod. E121 consente l'iscrizione gratuita al Servizio sanitario nazionale senza alcun addebito di spesa;
il paziente, comunque, ha diffidato l'Azienda dal richiedere in Inghilterra il formulario;
anche nel caso in cui potesse emergere che non vi è alcuna titolarità di pensione, lo stesso verrebbe iscritto ugualmente e gratuitamente al Servizio sanitario nazionale, ai sensi del decreto ministeriale già citato;
nonostante il paziente non avesse diritto alla fornitura gratuita delle prestazioni e dei dispositivi erogati (né come domiciliato e né come residente), l'Azienda sanitaria gli ha fornito i livelli di assistenza già descritti, intendendo in tal modo corrispondere soprattutto a motivazioni di natura umanitaria;
dal momento che il comune di Cesena ha concesso la residenza sin dalla data di presentazione della domanda (21 ottobre 2006), le spese sostenute da allora rimangono a carico dell'Azienda Sanitaria in quanto, ai sensi della Circolare del Ministero della salute 11 maggio 1984 e nel rispetto di un criterio di reciprocità «Sono cancellati dall'anagrafe e dagli elenchi dell'USL coloro che si trasferiscono all'estero in via definitiva (emigrazione definitiva) o per lunghi periodi (emigrazione non temporanea)».
L'Azienda ASL di Cesena ha precisato, inoltre, che «il permanere di tale situazione provoca un danno all'erario che si manifesta nel mancato addebito alla cassa estera delle spese sopra indicate».
Si ritiene opportuno, infine, segnalare che la competente Direzione di questo Ministero, ha suggerito, a suo tempo, alla suddetta Azienda di richiedere il mod. E121 e, in alternativa, in caso d'impossibilità a riceverlo, di applicare in presenza dei requisiti richiesti quanto previsto dal decreto ministeriale 18 marzo 1999.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
POTTINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sono in stato di valutazione due progetti di impianti di rigassificazione da insediare nel Golfo di Trieste;
nonostante l'Italia abbia un'evidente necessità di aumentare la propria indipendenza energetica, e la strada dei rigassificatori è senza dubbio una di quelle percorribili, ciò deve avvenire in contesti idonei, che tengano sempre in prioritaria considerazione la salvaguardia dell'ambiente, della salute, della sicurezza dei cittadini e del turismo e siano compatibili con l'economia locale;
i sopraccitati progetti sono stati presentati da due società spagnole, rispettivamente la Gas Natural e l'Endesa, quest'ultima già proprietaria della centrale elettrica di Monfalcone;
a quanto risulta all'interrogante tra i due progetti in itinere, sembra avanzare più celermente quella di Endesa, il cui presidente si è incontrato di recente con il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, e si è detto poi convinto di ottenere l'autorizzazione del progetto entro nove mesi;
tale ottimismo può essere alimentato dal fatto che i vertici di Friulia, nominati proprio dal presidente Illy, hanno annunciato l'ingresso (con il 10 per cento) della società finanziaria regionale nella società per la realizzazione dell'impianto ed il presidente stesso ha più volte rilasciato dichiarazioni che, limitandosi al mero aspetto economico-finanziario e al generico richiamo al bisogno di energia e senza entrare nel merito, sembravano favorevoli al terminal Endesa;
l'impianto di Endesa, una sorta di ecomostro alto oltre 30 metri e lungo più di 200 metri, dovrebbe sorgere non in posizione defilata ma in mezzo ad un golfo chiuso e stretto, come quello di Trieste, creando un impatto visivo, ambientale e turistico, che è facilmente immaginabile, tanto che, a quanto risulta all'interrogante, persino le popolazioni di Monfalcone, Grado e Duino e di località balneari come Lignano stanno esprimendo tutta la loro preoccupazione ed indignazione e così anche la vicina Slovenia che ha espresso timori per il futuro del suo turismo;
a ciò si aggiungono le preoccupazioni, più che giustificate, legate ai danni che il traffico di navi gasiere in arrivo e in partenza provocherebbe alle attività portuali e, soprattutto, a quel settore della nautica da diporto che è in forte espansione e sta diventando importante realtà economica in Friuli Venezia Giulia;
a giudizio dell'interrogante, tale situazione denota una posizione contraddittoria della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia che da un lato dichiara di voler incentivare il turismo e dall'altro sembra invece voler compromettere ogni vocazione di sviluppo del settore con scelte che rischierebbero di trasformare il Friuli Venezia Giulia in polo energetico -:
quale sia la posizione del Ministro in merito al progetto del rigassificatore che la società Endesa chiede di realizzare che, peraltro, si troverebbe ad appena una decina di chilometri dal parco naturale dell'Isola della Cona.
(4-01272)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante il procedimento di Valutazione di impatto ambientale per due progetti di impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto da realizzarsi nel porto, località Zaule, e nel golfo di Trieste (offshore), presentati, rispettivamente, dalla società
Gas Natural Internacional e dalla società Endesa Italia, alla quale è subentrata la società Alpi Adriatico S.r.l., controllata al 100 per cento dalla società Endesa Europa SL, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, occorre precisare che le due iniziative in questione non sono correlate, ma si tratta di due distinte proposte presentate indipendentemente da due diversi soggetti economici. In assenza di una specifica pianificazione energetica, a livello nazionale e regionale, e quindi in mancanza di qualsiasi vincolo predeterminato, in base al principio della libera concorrenza nel mercato dell'energia, tutti i soggetti privati possono presentare le istanze mentre le amministrazioni e, nella fattispecie, anche il Ministero, hanno l'obbligo di avviare, istruire e concludere i relativi procedimenti di propria competenza.
Inoltre, al fine di un migliore inquadramento della problematica, si ritiene opportuno precisare che per i due impianti e le relative opere connesse, i relativi procedimenti di VIA sono di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e sono dovuti in forza alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 60, della legge n. 239 del 2004, che richiama quanto già regolamentato dall'articolo 8 della legge n. 340 del 2000.
Con riferimento, invece, al provvedimento finale di autorizzazione di cui al comma 5 del citato articolo 8 della legge n. 340 del 2000, va precisato che, per quanto riguarda il progetto offshore, localizzato nel Golfo di Trieste, presentato dalla società Terminal Alpi Adriatico s.r.l., sarà il Ministero dello sviluppo economico che dovrà provvedere a definire e coordinare il relativo procedimento di autorizzazione, mentre, per quanto riguarda, invece, l'impianto localizzato nel porto di Trieste, località Zaule, presentato dalla Gas Natural Internacional «SDG SA, alla definizione e coordinamento del relativo procedimento di autorizzazione dovrà provvedere direttamente la regione Friuli-Venezia Giulia e ciò a seguito degli accordi raggiunti con Ministero dello sviluppo economico, formalizzati dallo stesso con nota del 21 dicembre 2004, in considerazione del trasferimento delle funzioni amministrative in materiali energia, di cui al decreto legislativo n. 110 del 2002 e legge regionale n. 30 del 2002.
Riguardo al progetto relativo alla realizzazione di un terminale offshore di rigassificazione GNL, dimensionato per una capacità annua di rigassificazione pari a circa 8 miliardi S/mc, localizzato nel golfo di Trieste a circa 10 km dalla costa, e del relativo gasdotto, in parte sottomarino in parte terrestre, di collegamento tra il terminale e la rete di trasporto nazionale, la domanda di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi dall'articolo 6 della legge n. 349 del 1986, è stata presentata a questo Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dalla società Terminal Alpi Adriatico S.r.l., in data 2 febbraio 2006.
Contestualmente alla presentazione della istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, il proponente ha provveduto a consegnare tutta la documentazione tecnica (lo studio di impatto ambientale e del progetto preliminare, la sintesi non tecnica, nonché, per quanto utile ai fini della VIA, il rapporto preliminare di sicurezza di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999) ed amministrativa necessaria e, al fine della consultazione e formulazione di eventuali osservazioni, ha provveduto ad avvisare il pubblico, con annunci pubblicati il giorno 2 febbraio 2006 sui quotidiani La Repubblica e Il Piccolo, circa il deposito della documentazione presso i preposti uffici della regione Friuli-Venezia Giulia.
Poiché la predetta regione, con nota del 6 febbraio 2006, evidenziava che la documentazione non gli risultava pervenuta il giorno 2 febbraio, data di pubblicazione degli annunci, la società Terminal Alpi Adriatico s.r.l. ha provveduto, in data 10 febbraio 2006, ad una nuova pubblicazione sui medesimi quotidiani.
Accertata l'effettuazione, da parte del proponente, di tutti gli adempimenti necessari è stato, quindi, dato avvio all'istruttoria tecnica da parte della Commissione per le valutazioni dell'impatto ambientale che, allo stato, sta procedendo con detta istruttoria.
Per quanto riguarda il secondo progetto, quello relativo alla realizzazione di un terminale di ricezione e rigassificazione GNL, localizzato nel porto industriale del comune di Trieste, località Zaule, in un'area complessiva di 9 ha, destinata ad uso industriale, per una capacità complessiva di rigassificazione pari a otto miliardi di metri cubi di gas e comprendente anche la realizzazione di infrastrutture marine a servizio dell'impianto, costituite da un pontile su pali di lunghezza pari a 400 metri e relativa piattaforma di scarico, l'istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 349 del 1986, è stata presentata dalla la società Gas Natural Internacional in data 15 febbraio 2006.
Contestualmente alla presentazione dell'istanza di VIA, il proponente ha provveduto a consegnare copia della documentazione tecnica (studio di impatto ambientale, progetto preliminare, sintesi non tecnica, nonché il rapporto preliminare di sicurezza di cui alla direttiva Seveso, recepita con il decreto legislativo n. 334 del 1999).
In data 3 marzo 2006 la società ha inoltre provveduto, con annunci sui quotidiani La Repubblica, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo, ad avvisare il pubblico del deposito della documentazione presso i preposti uffici della regione, al fine della consultazione ed espressione di eventuali osservazioni.
Per quanto riguarda le istruttorie relative ai due rigassificatori si precisa che, a seguito dell'esame della documentazione, nonché dei sopralluoghi effettuati dalla Commissione per le valutazione dell'impatto ambientale, la documentazione presentata per i due progetti dalle relative società proponenti è stata giudicata carente in relazione ad alcuni aspetti ritenuti indispensabili per una completa ed esauriente trattazione delle problematiche connesse, pertanto con due distinte note in data 2 ottobre 2006 sono state richiesti i chiarimenti e le integrazioni necessarie. Anche la regione Friuli-Venezia Giulia, con delibere n. 1996 e n. 1997 del 25 agosto 2006, relative, rispettivamente, all'impianto localizzato nel porto di Trieste - località Zaule e a quello offshore nel golfo di Trieste, ha evidenziato quelle che a suo giudizio sono le carenze alla documentazione presentata dai due proponenti e ha provveduto a definire i chiarimenti e le integrazioni da fornire rispetto agli studi di impatto ambientale allegati alle rispettive istanze di VIA.
In relazione a quanto sopra in data 30 dicembre 2006 la società Terminal Alpi Adriatico s.r.l. ed in data 11 dicembre 2006 la società Gas Natural Internacional SDG SA hanno provveduto per i rispettivi progetti a trasmettere la documentazione integrativa richiesta. Le due dette società hanno inoltre provveduto con nuovi annunci a mezzo stampa a dare comunicazione dell'avvenuto deposito presso i preposti uffici regionali della documentazione integrativa in questione e della possibilità di consultare la stessa e presentare eventuali osservazioni da far pervenire al Ministero nell'ambito dei rispettivi procedimenti di VIA. In particolare la società Terminal Alpi Adriatico s.r.l. ha provveduto a pubblicare tali annunci in data 1o dicembre 2006 sui quotidiani Il Sole 24 ore e Il Messaggero Veneto, la società Gas Natural Internacional SDG SA ha provveduto in data 20 dicembre 2006 sui quotidiani La Repubblica, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo.
Riguardo, poi, a quanto evidenziato dall'interrogante in merito alle preoccupazioni espresse dalla Repubblica di Slovenia, si informa che in relazione ai due progetti in questione la competente Direzione del Ministero che rappresento, in ottemperanza a quanto previsto dalla convenzione di Espoo - nonché dall'articolo 7 della direttiva 85/337/CEE come modificata dalla 97/11/CE in merito alla valutazione dell'impatto ambientale in contesto transfrontaliero, ha provveduto a notificare al Ministero dell'ambiente e al Ministero degli affari esteri della Repubblica di Slovenia l'avvio della procedura di VIA.
Ai sensi dell'articolo 3 della medesima convenzione di Espoo, la medesima Direzione, ha poi provveduto ad inviare al Ministero dell'Ambiente sloveno, per il tramite dell'Ambasciata Slovena in Roma, sin dallo scorso mese di aprile 2006, copia di
tutta la documentazione tecnica presentata dalle due Società predette in relazione alle rispettive istanze di compatibilità ambientale (studio di impatto ambientale, progetto preliminare e Rapporto preliminare di sicurezza) ed ha richiesto di comunicare tutte le proprie considerazioni e/o osservazioni in merito alle relative procedure di VIA in corso di istruttoria.
Inoltre in data 19 dicembre 2006, così come ci si era impegnati a fare, è stata trasmessa anche tutta la documentazione integrativa che come detto era stata richiesta alle due società in questione di fornire.
Si precisa che in relazione alle medesime sopra richiamate normative, a seguito di richiesta avanzata dal Ministero dell'ambiente della Repubblica di Croazia di partecipare al procedimento relativo al progetto di terminale offshore della società Alpi Adriatico s.r.l. in data 19 dicembre 2006 è stata inoltrata al detto Ministero croato tutta la documentazione disponibile (studio di impatto ambientale, progetto preliminare, sintesi non tecnica, integrazioni allo studio e rapporto di sicurezza con relative integrazioni) proponendo anche una data per una riunione.
Il giorno 29 gennaio 2006, le delegazioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare della Repubblica italiana e Ministero dell'ambiente della Repubblica di Slovenia nonché una rappresentanza della regione Friuli-Venezia Giulia si sono riunite a Trieste presso la sede della regione per discutere delle problematiche connesse alla valutazione dell'impatto ambientale in contesto transfrontaliero dei due terminali GNL in questione.
Le due delegazioni hanno analizzato sotto un profilo elusivamente tecnico-procedurale le problematiche attinenti i due progetti di terminali GNL. In particolare dopo aver esaminato in prima battuta le osservazioni già formulate nel gennaio corrente anno considerata la natura e la specificità e complessità di tali osservazioni, che attengono sia aspetti sulla sicurezza che di natura più prettamente ambientale, le due delegazioni hanno deciso di farne oggetto di una più adeguata puntuale considerazione stabilendo a tal fine:
di prevedere incontri a livello esclusivamente tecnico per approfondire sia gli aspetti connessi al rischio industriale sia gli aspetti connessi alla valutazione più squisitamente ambientale dei due progetti;
di stabilire in via prioritaria una metodologia e dei criteri univoci di riferimento per la definizione dei livelli di sicurezza ed entità degli impatti ambientali in contesto transfrontaliero.
Considerate le necessità organizzative di entrambe le delegazioni si è deciso di tenere la prima riunione tecnica a Roma a valle di un più approfondito esame dell'esame della documentazione tecnica allo stato disponibile.
Per quanto riguarda gli adempimenti connessi all'impatto transfrontaliero nei confronti della Repubblica di Croazia si precisa che, considerati che le tematiche in esame sono le stesse di quelle trattate con gli sloveni si è loro proposto di tenere una unica congiunta riunione. Al riguardo siamo in attesa di un riscontro.
Per quanto utile si precisa infine che in data 30 agosto 2006 si è riunita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la cabina di regia sul problema dei rigassificatori GNL dove, pur essendo stata evidenziata la necessità per il Paese di disporre di impianti di rigassificazione di GNL, si è precisato che per quanto concerne la loro autorizzazione non si potrà prescindere dall'esito favorevole della procedura di VIA, già in corso di espletamento con la piena partecipazione delle regioni e del Ministero per i beni e le attività culturali, nonché dal consenso delle istituzioni locali e regionali interessate.
Si segnala, altresì, che sono in corso degli approfondimenti atti a verificare con il Ministero degli interni - Dipartimento vigili del fuoco - Direzione centrale per la prevenzione area rischio industriale, la piena coerenza tra le due normative, ossia quella sulla VIA e quella sul rischio di incidenti rilevanti, che, come noto, sono alla base delle risultanze conclusive dei procedimenti di autorizzazione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
RAMPELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso della gravissima situazione occupazionale che sta per determinarsi nel territorio di Anzio alla luce della decisione della direzione europea della Colgate Palmolive di avviare un piano di ristrutturazione nel reparto «Body Care»;
sembrerebbe che l'azienda, che in passato ha usufruito dei fondi per il Mezzogiorno, intenda aprire uno o più stabilimenti nell'Europa dell'est;
il piano prevede lo smantellamento dello stabilimento di Anzio (Roma) e, qualora attuato, metterebbe a rischio circa un migliaio di posti di lavoro, considerando anche l'indotto;
il territorio interessato subirebbe pesanti ricadute non solo sul piano sociale ma anche su quello economico;
il consiglio comunale di Anzio, riunitosi il 25 gennaio 2007, si è schierato all'unanimità a fianco dei lavoratori e contro il trasferimento all'estero dell'azienda invitando il Governo ad intervenire con urgenza per evitare la delocalizzazione dello stabilimento;
nella giornata del 29 gennaio, le rappresentanze sindacali ed il comune hanno proclamato otto ore di agitazione - articolate fino a venerdì - e uno sciopero generale cittadino per giovedì 8 febbraio, con una manifestazione pubblica nella mattinata -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per evitare la chiusura dello stabilimento della Palmolive di Anzio e per garantire la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali;
se non ritenga opportuno, in particolare, costituire un tavolo di concertazione con i sindacati, gli enti locali interessati e la proprietà, al fine di giungere ad una soluzione condivisa;
quali misure di tutela sociale o di mobilità intenda adottare, in via alternativa, a favore dei lavoratori, qualora sia impossibile la prosecuzione delle attività dello stabilimento.
(4-02423)
Risposta. - Sulla base delle risultanze degli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma si comunica quanto segue.
La Colgate Palmolive S.r.l. fa parte del gruppo Colgate composto da Colgate Palmolive SPA, holding e Colgate Palmolive Commerciale avente per scopo sociale il marketing.
Nello stabilimento di Anzio vengono prodotti articoli di vasto consumo: prodotti per la cura della persona oltre che saponi e detersivi.
La società che occupa 598 dipendenti (dei complessivi 788) ripartiti in 14 dirigenti, 116 impiegati e 468 operai, al momento è interessata ad un programma di riorganizzazione che prevede un ridimensionamento della produzione in conseguenza della decisione della Colgate Palmolive Company, di spostare nell'erigendo stabilimento in Polonia, la produzione del settore «oral care (dentifrici e prodotti per l'igiene della bocca) sopprimendo l'attuale produzione presso lo stabilimento di Anzio cui sono adibite 6 linee con 100 addetti.
Il ridimensionamento della produzione ad Anzio è inserito nel più ampio piano quadriennale di ristrutturazione (2005-2008) in corso in tutto il gruppo e che, al momento del suo annuncio prevedeva il ridimensionamento di un terzo dei 78 stabilimenti nel mondo, e la soppressione di 4.000 posti di lavoro.
Tale piano, mai ufficialmente notificato alle Organizzazioni sindacali interessate ai riflessi sul piano occupazionale, aveva allarmato gli stessi sindacati e le autorità locali preoccupate da generici e contrastati annunci unilaterali da parte aziendale.
Nel dicembre 2005 presso lo stabilimento di Anzio, la società, interessata da una temporanea crisi di mercato, aveva licenziato 40 lavoratori.
In data 31 gennaio 2007 la direzione aziendale ha annunciato la prosecuzione
della produzione - ad Anzio - dei prodotti body care, dei saponi in barra e di quelli per la pulizia della casa, ribadendo l'intenzione di sopprimere la produzione dei dentifrici e ha invitato le Organizzazioni sindacali a discutere i riflessi del piano di ristrutturazione.
Al fine di cui sopra, il 13 febbraio 2007 presso la sede dell'Unione Industriali di Roma tra le società del Gruppo Colgate e le Organizzazioni sindacali territoriali di categoria è stato raggiunto un accordo preliminare che, preso atto della decisione aziendale di spostare in Polonia la produzione oral care, individua nella mobilità «lunga» finalizzata al pensionamento lo strumento per gestire gli esuberi occupazionali quantificati in 85 unità.
I contenuti del succitato incontro sono stati ribaditi in occasione della sottoscrizione, il 23 febbraio 2007, presso il Ministero del lavoro, del verbale di accordo tra le Società del Gruppo Colgate Palmolive e le Organizzazioni sindacali, finalizzato al completamento della procedura di richiesta di messa in mobilità lunga per 85 lavoratori con i benefici di cui all'articolo 1, comma 1189 della legge 296 del 2006 (finanziaria 2007), da inviduare in base all'età anagrafica ed alla situazione contributiva.
La collocazione in mobilità sarà esercitata, entro il 31 dicembre 2007, nel limite numerico di 20 unità, come assegnato con il Decreto di riparto delle unità in mobilità lunga del 2 maggio 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2007.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
ROSSI GASPARRINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Giulio Gargano è stato arrestato il 7 luglio 2006 in esecuzione del provvedimento emesso dal GIP di Roma su richiesta della procura della Repubblica nell'ambito dell'indagine relativa alle dichiarazioni della cosiddetta «lady ASL»;
tra i reati contestati al consigliere Gargano figurano un'ipotetica associazione a delinquere, unitamente ad altri funzionari regionali e direttori di Asl, e in particolare tre episodi di corruzione connessi ad una delibera adottata dall'ente di assistenza ex Ipab San Michele di Roma, alla quale il consigliere Gargano risulta estraneo, e due delibere adottate dalla giunta regionale del Lazio in materia sanitaria per convenzioni in ordine a prestazioni assistenziali;
dopo un periodo di custodia cautelare, gli altri indagati nell'ambito di questa inchiesta sono stati rimessi in libertà o posti agli arresti domiciliari, mentre il consigliere Gargano, che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti addebitatigli e ha sempre negato di aver percepito somme di denaro, è ancora detenuto nonostante, a distanza di ormai 5 mesi dall'arresto, non risulti essere oggetto di ulteriori indagini, tali da richiedere la detenzione in carcere;
secondo l'interrogante la scarcerazione del consigliere Gargano non comporterebbe alcun rischio di reiterazione dei reati, dal momento che egli non fa più parte né dello schieramento di maggioranza nel Consiglio regionale del Lazio né della giunta di governo, e pertanto non potrebbe incidere, neppure indirettamente, su alcuna attività amministrativa;
sulla delicata questione è intervenuto anche il Garante dei Detenuti, il quale ribadendo la gravità delle condizioni di salute dell'ex assessore regionale Gargano, assolutamente incompatibili con il regime carcerario cui è attualmente sottoposto, si è dichiarato impressionato dalle condizioni in cui si trova l'ex Consigliere Giulio Gargano;
l'interrogante, si è recata nei giorni scorsi all'ospedale Sandro Pertini dove era stato ricoverato Giulio Gargano - oggi di nuovo incarcerato a Regina Coeli - e ha constatato che le sue condizioni fisiche e psichiche sono realmente molto gravi, anzi
drammatiche. Era seduto su una sedia a rotelle, notevolmente dimagrito, con seri problemi cardiaci e in uno stato di prostrazione totale;
risulta all'interrogante che debba essere sottoposto ad adeguati e impellenti interventi medici e chirurgici che provvedano a ristabilire le sue ormai precarie condizioni di salute, che destano grande preoccupazione, anche in considerazione di precedenti seri problemi cardiaci;
l'interrogante, stante la realtà dei fatti precedentemente delineati, ritiene che nei confronti del consigliere Gargano possa intravedersi un accanimento giudiziario indegno di un paese civile e democratico;
sempre secondo l'interrogante, la magistratura non può superare certi limiti, né, per assolvere al suo dovere di accertare la verità, ricorrere a provvedimenti di inflessibile carcerazione preventiva di una persona, per di più, come nel caso in questione, in evidenti precarie condizioni di salute, al solo scopo di ottenere da questa una piena confessione;
l'interrogante ritiene necessario un atto di attenzione umana verso una persona in grave stato di salute e che non ha subito alcuna condanna;
l'indulto ha permesso la scarcerazione di persone condannate; teniamo in carcere le persone sottoposte esclusivamente a custodia cautelare oltre 5 mesi? -:
quali provvedimenti, per quanto di sua competenza, intenda adottare allo scopo di verificare la sussistenza di eventuali illeciti disciplinari nell'operato dei magistrati nei confronti del consigliere Gargano, attraverso l'uso che viene fatto della carcerazione preventiva.
(4-01900)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, relativa alla vicenda giudiziaria riguardante Giulio Gargano, appare in primo luogo necessario sintetizzare i passaggi fondamentali del procedimento penale instaurato a suo carico, riferiti nell'informativa trasmessa dal Procuratore della Repubblica di Roma.
I reati contestati al Gargano nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Roma in data 6 luglio 2006 erano quelli di associazione a delinquere e di concorso in più fatti di corruzione. Detta associazione, sulla base della ricostruzione fornita dal Giudice per le indagini preliminari di Roma, consentiva la permanente spoliazione delle casse della sanità regionale per centinaia di milioni di euro, attraverso la realizzazione sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di altre condotte illecite.
Nell'informativa il Procuratore ha precisato che il quadro accusatorio relativo a Giulio Gargano non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della coindagata Anna Giuseppina Iannuzzi, ma anche su riscontri e conferme indiziarie in ordine alla natura dei rapporti intercorsi tra il predetto e la Iannuzzi medesima.
Attesa la delicatezza delle questioni evidenziate nell'interrogazione, come si è già avuto modo di sottolineare in occasione della risposta all'interpellanza n. 2-00258 dell'onorevole Carlucci, nell'immediatezza, si è delegata alla Direzione generale magistrati l'acquisizione di notizie presso la Procura della Repubblica di Roma, al fine di verificare la fondatezza delle censure mosse dall'interrogante in merito all'operato dei magistrati che si sono occupati del procedimento penale a carico di Giulio Gargano.
In proposito, come si evince dagli atti trasmessi dal Procuratore della Repubblica di Roma, il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dalla magistratura romana per una serie di gravi reati nei confronti del consigliere regionale del Lazio Giulio Gargano, ha ricevuto l'avallo della Suprema Corte che, con sentenza n. 34189/2006, depositata il 12 ottobre 2006, ha rigettato il ricorso presentato dal Gargano, ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i gravi indizi di colpevolezza di cui all'articolo 273 del codice di procedura penale, sia le esigenze cautelari richieste dall'articolo successivo, in particolare argomentando in
ordine alla «inadeguatezza di ogni altra misura cautelare personale diversa dalla custodia in carcere».
Quanto alla asserita incompatibilità della misura custodiale con le precarie condizioni di salute del Gargano, dalla disamina degli atti sopraindicati si desume che al medesimo sono state consentite tutte «le visite mediche specialistiche da parte di sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti disposti dal Giudice per le indagini preliminari competente non hanno evidenziato alcuna situazione di incompatibilità con la custodia in carcere che, comunque, come per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione». Come specificato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, fin dal suo ingresso in carcere il Gargano è stato sempre ristretto presso la casa circondariale di Roma Regina Coeli, istituto dotato di centro diagnostico terapeutico, dove ha ricevuto la assistenza medica necessaria per le patologie cardiologiche di cui è affetto. Il Gargano è stato ricoverato presso l'ospedale San Camillo di Roma dal 25 ottobre al 6 novembre 2006 e, successivamente, dall'8 novembre al 16 novembre 2006 presso l'ospedale Sandro Pertini di Roma, e dimesso con indicazione di impianto di pacemaker da realizzare con intervento chirurgico rifiutato dal paziente. Per tale motivo, il Gargano veniva ubicato nel centro clinico dell'Istituto Regina Coeli, dove veniva disposto, nei suoi confronti, un assiduo controllo medico, con utilizzo di monitor cardiologico per la costante rilevazione della frequenza cardiaca.
In data 10 dicembre 2006 il Gargano è stato di nuovo ricoverato presso l'ospedale S. Spirito in Roma, per un ulteriore controllo cardiologico.
Da quanto sin qui esposto risulta chiaramente come le censure prospettate dall'interrogante risultano aver già avuto, nella naturale sede procedimentale, un'approfondita e rituale occasione di verifica, sia presso il Giudice per le indagini preliminari sia, soprattutto, presso la Corte suprema, onde non si ritiene che sussistano profili costituenti il presupposto di un'azione disciplinare.
Il Procuratore della Repubblica di Roma ha, inoltre, comunicato che le imputazioni contestate al Gargano con l'ordinanza cautelare sono state definite - nel procedimento n. 46614 del 2006 Registro generale delle notizie di reato, costituente stralcio dal procedimento n. 26284 del 2006 - con sentenza del Gup del 28 dicembre 2006, che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ha inflitto all'imputato la pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione.
È stato, infine, riferito che il Gargano è stato rimesso in libertà.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
SGOBIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 21 giugno scorso, il quotidiano Libero ha pubblicato un articolo sul problema delle intercettazioni telefoniche, in cui si legge testualmente che «nell'impero industriale di Berlusconi rientra anche la Sio Spa, società leader nel mercato delle intercettazioni, specializzata nei sistemi di registrazione telefonica, ascolto ambientale, localizzazione satellitare e monitoraggio video, di cui l'ex premier è socio di minoranza tramite il fondo Convergenza»;
sempre riportando fedelmente ciò che h scritto il quotidiano, «chi detiene il pacchetto di maggioranza della società è Ubaldo Livolsi, mente finanziaria di Berlusconi nel 2004, (...) che ha sbaragliato la concorrenza, creando un polo tecnologico di spionaggio che vanta tra i suoi clienti le procure, i carabinieri, la polizia ed i servizi speciali. In pratica lo Stato, che ha visto quadruplicare i costi da quando le intercettazioni non sono più appannaggio delle forze dell'ordine, ma di società private. Un giro di affari stimato sopra i 300 milioni di euro»;
a parere dell'interrogante, anche dalla lettura dell'articolo in oggetto, è scandaloso il fatto che lo Stato affidi a
società private il così delicato lavoro delle intercettazioni telefoniche, lavoro che andrebbe, invece, esercitato in prima persona solo ed unicamente sotto la responsabilità delle forze dell'ordine -:
se non ritengano opportuno adoperarsi, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, nell'intento di assicurare che tutto il sistema della disciplina delle intercettazioni telefoniche torni sotto il diretto controllo delle forze dell'ordine, impedendo quindi ai privati di operare in un settore così delicato.
(4-00335)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si ricorda che le attività di intercettazione telefonica e ambientale sono disposte, con l'eccezione delle ipotesi di urgenza, dal Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico ministero.
La loro esecuzione comporta l'utilizzo di tecnologie sofisticate, non sempre disponibili per tutte le richieste in corso, con la conseguente necessità, da parte dell'Autorità giudiziaria, di dover ricorrere al noleggio delle attrezzature presso operatori privati.
In quest'ambito il Servizio polizia scientifica della Polizia di Stato coadiuva sempre gli uffici investigativi con particolari tecnologie avanzate, anche intervenendo per l'installazione.
In ogni caso, l'Autorità giudiziaria si avvale, ove ritenuto necessario, del supporto tecnico di società private soltanto nella preparazione dell'attività, con esclusione di ogni forma di collaborazione durante le fasi operative dell'ascolto e della trascrizione delle conversazioni intercettate.
Infatti, indipendentemente dal ricorso ad apparati delle ditte private appaltatrici, le attività di captazione e di ascolto vengono svolte esclusivamente da personale della polizia giudiziaria e sono sottoposte a rigorosi vincoli normativi mentre, per quanto riguarda l'installazione degli apparati periferici di intercettazione, si può ricorrere, in alcune specifiche circostanze, al personale di tali ditte, nominate formalmente «ausiliario» di polizia giudiziaria.
In ogni caso il problema della cosiddetta «esternalizzazione» delle operazioni di intercettazione, sia per quanto concerne il costo, sia per quanto concerne l'opportunità di avvalersi di privati, è stato tenuto presente nel disegno di legge governativo n. 1638, approvato dalla Camera dei deputati ed attualmente all'esame del Senato.
Il disegno di legge, in particolare, pur non vietando ai privati di operare nel settore in questione, prevede la realizzazione di centri distrettuali di intercettazione telefonica, dove verranno concentrate tutte le operazioni di intercettazione, in modo tale da consentire agli organi dello Stato (magistratura e forze dell'ordine) di tenere sotto controllo le relative operazioni, con il conseguimento di un risparmio di spesa stimato, complessivamente, in 190.000.000 di euro annui circa.
Si deve, inoltre, ricordare che il Governo ha emanato il decreto legge 22 settembre 2006, n. 259, recante «Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche», convertito con modificazioni in legge 20 novembre 2006 n. 281, al fine di rafforzare le misure di contrasto alla detenzione illegale di contenuti e dati relativi ad intercettazioni effettuate illecitamente, nonché ad informazioni illegalmente raccolte e per apprestare misure più incisive, atte ad evitare l'indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti conversazioni telefoniche o telematiche illecitamente intercettate o acquisite, nonché di informazioni illegalmente raccolte e, nel contempo, garantire adeguate forme di indennizzo alle vittime di tale tipo di fatti illeciti.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 22 settembre scorso, all'ingresso della fabbrica dell'Iveco-Sofim di Foggia, si è svolta una manifestazione contro la decisone dell'azienda di mettere in cassa integrazione a zero ore 150 operai per il mese di ottobre ed il restante personale in
cassa integrazione a rotazione per 2-3 giorni alla settimana;
l'azienda, acquistata con la legge 488 dalla Sofim, produce i motori F1A e F1C e solo poche settimane fa ha ricevuto finanziamenti per più di 300 milioni di euro per ammodernare i proprio impianti per la produzione dei nuovi motori;
la rottura si è avuta dopo che la società ha respinto qualsiasi possibile accordo su una cassa integrazione a rotazione, che colpiva tutti i dipendenti nei diversi settori di mansioni;
le organizzazioni sindacali di categoria si sono definiti «stupiti dalla chiusura dell'azienda a qualsiasi trattativa e da come sono stati scelti, senza nessuno logica, i 150 dipendenti che si vedranno ridotto il salario mensile di 500 euro, con ricadute insostenibili per dei capi famiglia» -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, nell'intento di convocare un tavolo di trattativa tra le parti, utile a scongiurare quanto deciso dall'azienda e capace di garantire gli attuali livelli occupazionali.
(4-01086)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Foggia è emerso quanto segue.
Il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria nello stabilimento Fiat Powertrain Technologies di Foggia, in cui vengono prodotti motori per veicoli industriali leggeri, è collegato al calo di commesse che ha determinato l'esigenza di ridurre i volumi produttivi.
La Cassa integrazione guadagni ordinaria è stata concessa, una prima volta per il periodo dal 2 ottobre 2006 al 31 ottobre 2006, poi prorogata fino al 31 dicembre 2006.
Successivamente la società ha chiesto una ulteriore proroga, con le medesime motivazioni e modalità, a tutto il 25 febbraio 2007 per circa 150 unità tra operai ed impiegati ed i lavoratori che hanno beneficiato di una rotazione sono stati circa sessanta.
Per quanto attiene ai finanziamenti della legge 488, si fa presente che l'azienda, in data 9 dicembre 2002, ha sottoscritto un «contratto di programma», per un ammontare complessivo di investimenti pari a 265 milioni di euro, interamente finalizzato alla realizzazione di un piano di potenziamento e ammodernamento per la produzione di alberi motore e motori diesel per veicoli industriali, nonché alla costruzione di un laboratorio avanzato di ricerca sui motori.
La realizzazione di tutto quanto previsto dal «contratto di programma», secondo quanto dichiarato dalla locale dirigenza, ammodernando la produzione, ha scongiurato una grave crisi occupazionale.
Difatti, grazie ai finanziamenti in questione, lo stabilimento è ora finalmente in grado di produrre i nuovi motori «euro 4», gli unici che il mercato attualmente richiede.
Si comunica, infine, che la Società Fiat Powertrain Technologies ha ripreso la piena attività produttiva a decorrere dal 26 febbraio 2007.
Da tale data, pertanto, tutti i dipendenti posti in Cassa integrazione a zero ore, circa 150 come innanzi detto, sono stati riammessi al lavoro.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in pressoché tutte le carceri italiane sono attive le mense per il personale, ma ad esse sembra poter accedere solo il personale in turno di servizio escludendo quanti - per gli orari applicati - cambiano turno proprio nel momento in cui normalmente si pranza o cena e che quindi sono tenuti al pagamento del pasto;
secondo quanto risulta all'interrogante, in molti casi (e la segnalazione vale
soprattutto per il Piemonte e la Valle d'Aosta) vengono segnalate comunque situazioni incresciose nello stato delle mense di servizio accolte in locali spesso molto disadorni o inadeguati;
anche la qualità del cibo è spesso molto modesta, tenuto anche conto che l'Amministrazione paga per questi pranzi la somma di 3 (tre) euro a persona, somma con la quale in un bar non si acquista neppure un panino;
il ticket-restaurant che viene poi comunque generalmente considerato per i dipendenti statali ad un valore di 7,65 euro, ma alla Polizia Penitenziaria - quando si concede l'utilizzo del ticket - per esso viene considerato un valore di soli 4,65 euro con una evidente discriminazione nei confronti di altri dipendenti pubblici -:
se l'Amministrazione non ritenga di dover effettuare una accurata ispezione per verificare la condizione di tutte le mense esistenti negli istituti di detenzione e pena del Piemonte e Valle d'Aosta al fine di verificarne le condizioni igienico-sanitarie;
se non si ritenga corretto permettere comunque il consumo di un pasto gratuito giornaliero a tutto il personale che svolga un normale turno di lavoro;
se non si ritenga doveroso quantificare tale buono-pasto con un ticket economicamente valutato come tutti gli altri dipendenti pubblici, dando facoltà poi al personale di Polizia Penitenziaria di poter optare - tenuto anche conto delle esigenze di servizio - tra l'utilizzo di un ticket e di conseguenti servizi esterni o il consumo all'interno del posto di lavoro;
se più in generale non si ritenga necessario considerare queste primarie necessità ottenendo nella prossima legge finanziaria 2007 maggiori dotazioni finanziarie a vantaggio del Corpo della Polizia Penitenziaria che svolge un delicato ed indispensabile lavoro prezioso per l'intera comunità nazionale.
(4-00997)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si fa presente che la competente Direzione generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con lettera circolare n. 144536/4.5 del 5 novembre 1997, ha disciplinato, ai sensi della legge n. 203 del 1989, la fruizione della mensa obbligatoria di servizio per il personale di Polizia penitenziaria che opera negli istituti penitenziari e nelle scuole.
La lettera circolare prevede non già una applicazione restrittiva della suddetta norma, ma disciplina i criteri per la fruizione del servizio, in modo da contemperare l'interesse pubblico della permanenza in servizio e della disponibilità all'impiego con quello individuale del ristoro psicofisico, attraverso la previsione del diritto alla fruizione della mensa, quando condizioni obiettive di servizio lo richiedono.
Alla luce di quanto sopra, è stato stabilito che la partecipazione alla mensa obbligatoria di servizio, in relazione all'articolazione dell'orario di lavoro previsto dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995, e consentita in quelle situazioni nelle quali il dipendente, non potendosi allontanare dal luogo di lavoro, si trovi nella oggettiva necessità di consumare il pasto presso la stessa sede operativa; in particolare, per i servizi articolati su quattro quadranti orari:
al personale il cui turno di servizio ha inizio nella fascia oraria compresa tra le ore 11,30 e le ore 13,30, limitatamente al pranzo;
al personale il cui turno di servizio inizia tra le ore 17,30 e le ore 19,30, limitatamente alla cena;
per i servizi articolati su tre quadranti orari:
al personale del turno 8-16, limitatamente al pranzo;
al personale del turno 16-24, limitatamente alla cena;
per i servizi articolati su turni unici fissi:
al personale il cui turno di servizio si protrae oltre le ore 14,30.
Al personale di Polizia penitenziaria impiegato in compiti amministrativi, con articolazione dell'orario di lavoro su cinque o su sei giorni lavorativi, la mensa obbligatoria di servizio compete, esclusivamente, quando il turno di servizio si protrae oltre le ore 14,30.
La partecipazione alla mensa obbligatoria di servizio deve essere assicurata durante lo svolgimento del turno di servizio ed il tempo impiegato per la consumazione del pasto rientra nel periodo temporale del turno ordinario.
Le problematiche evidenziate nella interrogazione in oggetto (relative al valore del singolo buono pasto, all'estensione del diritto alla fruizione del pasto ed alla possibilità di sostituire il godimento dello stesso presso la mensa ordinaria di servizio con un ticket) richiedono un intervento normativo, anche attraverso la contrattazione collettiva nazionale.
Infine, non può considerarsi realizzabile la proposta di chiusura delle mense di servizio, in quanto atte ad assicurare necessità del personale, specie in quelle località ove non sono facilmente reperibili esercizi commerciali.
L'attuale contesto, inoltre, non consente di riconoscere al personale la facoltà di scelta tra la possibilità di usufruire della mensa e quella di chiedere, in alternativa, un buono da spendere presso esercizi esterni. In tal caso, infatti, si determinerebbe un aggravio di spesa per lo Stato, già impegnato a sostenere i costi necessari per garantire il funzionamento del servizio mensa.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 13 maggio 2006 il dottor Giovanni Brumana, pensionato, già direttore generale della Banca Popolare di Intra è stato arrestato con ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Milano dottor Piero Gamacchio e rinchiuso nel carcere di San Vittore;
alla data odierna risulta che non sia mai stato interrogato dagli inquirenti fatto salvo il colloquio di garanzia del 17 maggio 2006, così come non lo era stato precedentemente all'arresto;
tutti gli altri imputati coinvolti nei rapporti banca Popolare di Intra-Fin.Part risultano essere stati rimessi in libertà o comunque non più detenuti in carcere;
le condizioni di salute del dottor Giovanni Brumana non risultano ottimali, stante anche il duro regime carcerario (piccola cella condivisa con 6 altri detenuti, rimasta diverse settimane perfino senza acqua corrente) cui è sottoposto;
con ogni probabilità i reati ipotizzati a carico del dottor Brumana, ad oggi incensurato, in virtù dell'intervenuto indulto non saranno comunque portatori, anche in caso di condanna, di lunghe pene detentive -:
se non ritenga di adottare le iniziative ispettive di competenza in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-01043)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente che il detenuto Giovanni Brumana, nato a Como il 22 agosto 1946, è stato tratto in arresto in data 13 maggio 2006 a seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in pari data dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano ed è stato associato alla Casa circondariale di San Vittore a Milano.
Sin dal suo ingresso in carcere è stata riservata massima cura alla sua allocazione: gli sono state applicate, infatti, tutte le più idonee ed opportune misure di sicurezza e di vigilanza e si è posta particolare attenzione alla tutela della sua incolumità fisica.
Nel periodo di detenzione il Brumana è stato ristretto al 6o raggio della Casa circondariale
San Vittore ed ha diviso con 9 detenuti una cella di grandi dimensioni.
Risulta, peraltro che, a causa di un guasto verificatosi ad una tubatura dell'istituto milanese nel periodo della sua detenzione, l'acqua è stata scarsamente erogata al lato destro della Casa circondariale. Il guasto, che non permetteva durante il giorno l'erogazione continua dell'acqua sul piano del carcere ove era ubicata anche la cella del Brumana, è stato prontamente riparato nei primi giorni del mese di giugno 2006.
In ogni caso, non è mai accaduto che il piano detentivo della Casa circondariale e, con esso, anche la cella del Brumana siano rimasti senza acqua corrente.
Per quanto concerne l'aspetto più prettamente sanitario, è stato riferito che il Brumana è giunto presso l'istituto di San Vittore in buone condizioni generali: dopo essere stato posto in terapia per le patologie riscontrate e riferite, è stato sottoposto anche a controllo dei valori ematochimici, che, sotto terapia, sono risultati nella norma; inoltre, gli è stata prescritta una terapia serale per insonnia.
Dal punto di vista psicologico, il Brumana ha sempre mostrato buone capacità relazionali: il tono dell'umore è stato quasi subito buono, pur se trattenuto dall'emotività, tanto da far ritenere inutile sin dal 29 maggio 2006 l'attenta sorveglianza.
Per quanto riguarda, poi, la richiesta ispezione sull'operato della magistratura milanese con specifico riguardo al caso che qui occupa, il Procuratore della Repubblica di Milano ha riferito che Giovanni Brumana, - indagato nell'ambito del procedimento penale n. 46112 del 2005 Modello 21, quale Direttore Generale pro-tempore della Banca Popolare di Intra, di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta ai sensi degli articoli 216, 223 legge fallimentare in relazione al fallimento della Finpart Spa, cliente della Banca Intra, e del reato di ostacolo alla vigilanza bancaria ex articolo 2638 del codice civile, per avere fraudolentemente occultato alla Banca d'Italia l'esposizione debitoria della Finpart Spa - è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari milanese su richiesta della Procura. L'ordinanza custodiale è stata motivata, quanto ai gravi indizi, sulla base di fonti di prova sia documentale sia dichiarativa e, quanto alle esigenze cautelari, con riferimento all'ipotesi di cui all'articolo 274 lettera c) Codice di procedura penale, atteso che dalle intercettazioni telefoniche è emerso che l'indagato - pur dopo essere cessato dalla carica dall'aprile 2003 - aveva continuato, sino al maggio precedente al suo arresto, ad esercitare una influenza sulla gestione della predetta banca, condizionando e manipolandone l'attività.
L'ordinanza applicativa della custodia in carcere è stata confermata dal Tribunale del Riesame, che ha rigettato il ricorso dell'indagato; solo successivamente e su rinnovato ricorso della parte, il Tribunale del Riesame, con provvedimento del 28 settembre 2006, ha modificato lo stato custodiale ed ha applicato al Brumana gli arresti domiciliari argomentandoli esclusivamente con riferimento all'intervenuto indulto.
Alla luce di quanto comunicato ed in assenza di ulteriori o diversi indici rivelatori di negligenza o di mancato rispetto della dignità della persona nell'esercizio delle funzioni da parte dei magistrati della Procura e dell'ufficio del Giudice per le indagini preliminari di Milano (articolo 1 decreto legislativo n. 109 del 2006 e successive modifiche di cui alla legge n. 269 del 2006) ovvero di condotte riconducibili a talune delle ipotesi tipiche di cui all'articolo 2 del citato decreto (in particolare all'illecito consistente nell'«emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile» previsto alla lettera gg) del predetto articolo), si fa presente che non ricorrono, nel caso di specie, i presupposti per l'attivazione delle iniziative invocate dall'onorevole interrogante.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nel 2002 il Comune di Roma per il tramite della propria azienda AMA decise - tramite AMA International e la costituita AMA Senegal - di acquisire un appalto venticinquennale per il recupero e smaltimento dei rifiuti di Dakar, capitale del Senegal;
l'iniziativa si è recentemente conclusa con un clamoroso «buco» che dovrebbe superare i 10 milioni di euro, anche se in data 17 gennaio 2007 il consiglio di amministrazione di AMA International lo stimava in 4.523.876 euro «salvo maggiori oneri per la definizione di un atto di transazione in corso» e nel frattempo i 1.600 dipendenti senegalesi della società sono stati licenziati;
dopo un primo periodo di operatività peraltro con una grande massa di assunzioni di dipendenti con mansioni manuali ma pochissimi mezzi tecnici (molti mezzi meccanici che risultavano arrivare «nuovi» in Senegal per capitolato dall'Italia, avevano già in realtà operato per anche 20 anni sulle strade romane) la società si avviava allo sfascio anche per l'arrivo di faccendieri e strane persone locali che intrecciavano affari in proprio. In particolare la responsabilità dell'appalto era affidato a tale Alvaro Moretti nella sua veste di direttore generale e poi presidente di AMA Senegal e direttore generale di AMA International;
in una incredibile serie di vicende venivano addirittura acquistati (da una società olandese rappresentata dal fratello di Samba Saar) 25 automezzi per la raccolta dei rifiuti del tutto inadatti alla bisogna, visto che la nettezza urbana era raccolta a mezzo cassonetti e questi veicoli non avevano l'attrezzatura per scaricarli. Una parte di essi non è mai stata utilizzata;
immagini televisive (ed anche del TG 2 Rai dell'inverno scorso) mostravano dipendenti AMA che - immersi con le gambe coperte dall'immondizia fino alla coscia, in una Dakar traboccante di maleodoranti rifiuti accumulati per le strade - raccoglievano con le mani l'immondizia dai marciapiedi!;
tutto ciò portava il governo senegalese nell'ottobre 2005 a disdettare il contratto con AMA Senegal per gravi inadempienze contrattuali e ad iniziare una lunga trattativa poiché l'AMA aveva assicurato il contratto con la Banca Mondiale che minacciava quindi di rivalersi comunque sul governo senegalese diminuendo dell'importo assicurato gli aiuti internazionali previsti per quel paese;
il contratto è stato definitivamente disdetto nel settembre 2006 anche a seguito di indagini svolte presso la sede di AMA Senegal dalla D.I.C. (Divisione Investigativa Criminale) senegalese (vedi il giornale Sud Quotidien di Dakar del 20 settembre 2006);
nel frattempo l'AMA spa aveva licenziato l'architetto Fabio Massimo Fumelli che - distaccato a Dakar nel 2002 - più volte aveva invano documentato ai vertici dell'azienda le incredibili e reiterate vicende cui ci si stava esponendo;
a seguito di indagini svolte dalla polizia senegalese sarebbe emersa una voragine finanziaria che vede coinvolto il già citato Alvaro Moretti che - dopo essere stato più volte interrogato dalla polizia ed aver parzialmente coperto una emissione di assegni a vuoto - sarebbe fuggito dal paese;
il clima e le relazioni internazionali del Senegal nei confronti dell'Italia sono state conseguentemente molto compromesse perché la catastrofica situazione ambientale venutasi a creare (la città di Dakar è stata per lungo periodo coperta dai rifiuti che hanno anche favorito una epidemia di colera) è stata presentata dai media locali come colpa degli italiani -:
se e come la nostra ambasciata a Dakar abbia compiutamente informato il nostro Ministero degli Esteri di cosa stava
avvenendo in Senegal relativamente alla presenza di AMA International e quali disposizioni siano eventualmente state impartite;
se - in conseguenza di questa situazione - vi siano stati passi ufficiali delle autorità senegalesi nei nostri confronti e di conseguenza quali risposte siano giunte da parte italiana;
in ogni caso se il MAE abbia contattato in Italia il Comune di Roma e l'AMA in merito a questa vicenda, se vi siano state risposte conseguenti o interventi concreti;
se risulti alla nostra rappresentanza diplomatica in Senegal che effettivamente diverse centinaia di ex dipendenti AMA siano tuttora senza lavoro perché non riassorbiti dalla nuova società francese cui è stata affidata la gestione dell'emergenza rifiuti a Dakar;
come questa vicenda, che l'interrogante ritiene pessima, venga giudicata nel suo complesso dal Governo ai fini dei riflessi sulle iniziative di cooperazione svolte dall'Italia;
se sia stato avviato dalle nostre autorità doganali, dalla Guardia di finanza o dai preposti uffici finanziari un controllo contabile circa le valutazioni dei mezzi ceduti da AMA alle sue società consociate e inviati all'estero, ed in particolare se queste cessioni abbiano generato plusvalenze o minusvalenze utilizzabili a fini di bilancio o di vantaggio fiscale, anche al fine di accertare eventuali violazioni della normativa doganale;
nel caso ciò sia stato fatto, a quali conseguenze questo controllo abbia portato e - se invece questa azione di controllo non sia stata effettuata - se non ritenga di doverla immediatamente avviare;
quali siano i motivi dell'avvenuto licenziamento dell'architetto Fabio Massimo Fumelli.
(4-03082)
Risposta. - Il 16 settembre 2005 il Ministro delle collettività locali del Governo senegalese ha notificato la messa in mora ad Ama International, in relazione a presunti inadempimenti nell'esecuzione del contratto di concessione del servizio di gestione dei rifiuti urbani nella regione di Dakar, comunicando poi la rescissione del contratto con Nota del 5 ottobre 2005.
Tali atti sono stati poi revocati e annullati dal predetto Ministro con una lettera inviata ad Ama il 2 novembre 2005, in cui veniva comunicata la decisione del Governo senegalese di rinunciare alla rottura del contratto, con l'indicazione che l'associazione intercomunale Cadak/Car era incaricata dalla controparte senegalese di condurre nuovi negoziati con Ama, a fronte della disponibilità di quest'ultima a trovare una soluzione al problema dei rifiuti a Dakar nell'interesse di tutte le parti.
Sono stati quindi tenuti vari incontri, finalizzati ad una nuova regolamentazione del rapporto, tra Ama e il sindaco di Dakar, in qualità di Presidente dell'Ente Cadak/Car, a cui nel frattempo erano state trasferite le competenze in materia di raccolta dei rifiuti.
Il relativo accordo raggiunto in data 13 giugno 2006 non è stato tuttavia ratificato dal Presidente senegalese, che ha ribadito la propria decisione di rescindere il contratto, pur cercando una soluzione in via amichevole.
A seguito di tale decisione, il Governo senegalese ha designato il Ministro dell'ambiente quale referente temporaneo in materia di raccolta e gestione dei rifiuti a Dakar e, in tale veste, questi ha proposto ad Ama di espletare per la durata di quattro mesi il servizio di raccolta dei rifiuti nei quartieri di Plateau e Medina, nelle more della definizione delle modalità di rescissione del contratto.
Secondo quanto qui riferito dalla nostra Ambasciata a Dakar, prima delle contestazioni di settembre 2005 da parte senegalese il servizio svolto da Ama non aveva dato luogo a rilievi di sorta. Anche successivamente Ama non ha richiesto specifici interventi dell'Ambasciata, pur tenendola al corrente degli sviluppi delle trattative per la stipula del nuovo avenant, poi effettivamente sottoscritto da Ama e dal sindaco di Dakar nel mese di giugno 2006.
Il nostro Ambasciatore ancorché non espressamente richiesto, si è tuttavia premurato di far rilevare ai suoi interlocutori senegalesi, nei contatti istituzionali con la Presidenza e il sindaco, che egli era al corrente delle trattative in corso con l'Ama e che le seguiva con grande attenzione data la rilevanza degli interessi italiani che tale società rappresentava.
Negli articoli di stampa pubblicati in loco non si sono rilevati riferimenti negativi sull'Italia, limitandosi soltanto a denunciare l'operato di alcuni dipendenti di Ama Senegal e dimostrando scarsa conoscenza del fatto che si trattasse di una società italiana.
La decisione di giungere ad una risoluzione del contratto si può sostanzialmente ricondurre a motivazioni di politica interna senegalese, in un conflitto di interessi e di competenze, nonché di attribuzioni tra le istituzioni del Paese.
In merito alla situazione, riferita nella suddetta interrogazione, di centinaia di ex-dipendenti Ama in Senegal che sarebbero tuttora senza lavoro in quanto non riassorbiti dalla società incaricata dal Governo senegalese della gestione dei rifiuti dopo la risoluzione del contratto con Ama, nulla risulta alla nostra Ambasciata a Dakar, trattandosi peraltro di rapporti tra privati regolati dalla legge senegalese.
Per quanto riguarda poi l'epidemia di colera in Senegal, essa è iniziata nell'ottobre 2004; nel 2005 decine di migliaia di casi di colera sono stati segnalati dall'Organizzazione mondiale della sanità in diversi Paesi dell'Africa occidentale (in particolare in Benin, Burkina Faso, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger e Senegal).
Si conferma infine che il Ministero degli affari esteri ha contattato il comune di Roma in merito all'attività dell'Ama in Senegal in ottobre dell'anno scorso in occasione di un'analoga interrogazione presentata dal senatore Andrea Augello (AN), ricevendone elementi dettagliati sugli sviluppi della predetta vicenda.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
alcuni anni fa è stata chiusa la nostra ambasciata in Madagascar, chiusura motivata con esigenze di bilancio;
in questi anni è aumentata la presenza italiana in questa nazione sia in campo turistico che imprenditoriale ed attualmente vivo è il disappunto nella nostra comunità nella Repubblica malgascia per non poter disporre di una adeguata copertura diplomatica, tenuto anche conto dei problemi esistenti in questo grande paese;
il problema è complicato dal fatto che l'ambasciata di riferimento è quella del Sudafrica, ma non esistono collegamenti diretti tra Madagascar e Pretoria e quindi complicati sono i rapporti tra comunità ed ambasciata anche dal punto di vista dei versamenti economici;
sull'ambasciata in Sudafrica «pesano» diverse nazioni oltre alla repubblica Sudafricana con problematiche conseguenti -:
se il Ministero degli Affari Esteri non ritenga di prendere nuovamente in considerazione l'opportunità di riaprire un'ambasciata in Madagascar.
(4-03255)
Risposta. - Nel giugno del 2000 si decise di chiudere la nostra Ambasciata in Madagascar nell'ambito di una ampia ristrutturazione della rete diplomatico-consolare italiana per adeguarla alla mutata situazione internazionale.
Proprio nell'intento di assicurare la massima efficienza possibile alla nostra azione diplomatica nel Paese, il Madagascar venne affidato alla nostra Ambasciata a Pretoria, la sede meglio collegata ad Antananarivo e la più solidamente strutturata in termini di risorse umane e strumentali di tutta la nostra rete in Africa sub sahariana.
Tali risorse le permettono di seguire in modo efficace, pur se, ovviamente, non alla pari di una rappresentanza diplomatica
residente in Madagascar, le vicende malgasce e gli interessi dei nostri connazionali.
L'Ambasciata a Pretoria è infatti in grado di effettuare, quando necessario e compatibilmente con le disponibilità di bilancio, missioni nel Paese che le consentono di intrattenere contatti diretti con le autorità locali e con i nostri connazionali.
L'Ambasciata a Pretoria può inoltre agire tramite la rete consolare onoraria che consta attualmente di tre corrispondenti consolari (a Nosy Be, Fianarantsoa e Majunga). In proposito, si sta procedendo all'elevazione dell'ufficio di Nosy Be, località dove si concentra il flusso turistico italiano, al rango di una Agenzia consolare onoraria che sarà operativa non appena ottenuto l'assenso malgascio.
Per quanto riguarda il vuoto determinato dall'improvvisa decisione malgascia di revocare l'assenso alla nomina del Sign Kaimane quale Console generale onorario ad Antananarivo, intervenuta solo due mesi dopo la sua concessione, l'Ambasciata a Pretoria ha manifestato alle autorità malgasce le nostre perplessità e sta verificando se non vi siano margini perché essa venga riesaminata.
Qualora le autorità malgasce dovessero confermarla, si dovrà avviare la procedura per individuare un nuovo candidato alla carica.
Per quanto riguarda infine l'ipotesi di riaprire l'Ambasciata ad Antananarivo, si rileva che al momento la rete diplomatica in Africa sub sahariana è composta da 20 Ambasciate a fronte di 48 Paesi.
La riapertura di una Rappresentanza diplomatica in Madagascar, pur condivisibile in via di principio, non è nell'immediato all'ordine del giorno del Ministero degli affari esteri, per evidenti ragioni di bilancio. Nel piano di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, la riapertura della nostra Ambasciata in Madagascar potrebbe essere presa in considerazione solo nel caso venissero liberate nuove risorse con la chiusura di altri uffici della rete diplomatico-consolare.
In ogni caso, qualora si ravvisi l'opportunità di riaprire l'Ambasciata d'Italia in Madagascar, occorre tener conto del fatto che l'immobile, sede dell'Ambasciata d'Italia, è stato ripetutamente giudicato non idoneo alla funzione di sede di una Rappresentanza diplomatica a causa delle carenze che presenta sotto il profilo della sicurezza in considerazione delle caratteristiche dell'edificio che fu a suo tempo progettato ad uso residenziale.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
ZANOTTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 104 del 1992, Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e diritti delle persone handicappate, all'articolo 33, comma 5, stabilisce che «Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede»;
come però segnalato da numerosi cittadini che vi hanno fatto ricorso, molto spesso le aziende non riconoscono tale diritto ai lavoratori se non per la prima sede di lavoro;
tale atteggiamento causa ogni anno molti casi di contenzioso, che approdano in Tribunale con ingenti costi e attese per il dipendente che necessita del trasferimento;
in caso di ricorso alla giustizia, i giudici, sia ordinari che della Corte di Cassazione, danno di tale legge almeno due diverse interpretazioni, una più estensiva e una più restrittiva: quella più estensiva interpreta il «diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio» nel senso del riconoscimento del beneficio di avvicinamento per chiunque assista un parente con handicap, e definisce immotivata la negazione a tale trasferimento
da parte del datore di lavoro; al contrario, quella più restrittiva, che riguarda una minoranza di casi, vede nel dispositivo di cui al comma 5 la possibilità di scegliere la sede più vicina al proprio domicilio solo al momento della prima assunzione in servizio, negando di fatto il diritto al trasferimento;
l'interpretazione più estensiva trova peraltro riscontro nella Circolare n. 14 della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento Funzione Pubblica, del 16 novembre 2000, che, al punto 9.5, scioglie ogni dubbio in merito, parlando direttamente di «trasferimento»;
inoltre, tenendo conto del fatto che un problema di disabilità può intervenire successivamente alla prima assunzione, è chiaro come il «trasferimento» rappresenti l'unico strumento atto a garantire universalmente un diritto sancito per legge;
è altresì evidente che lo spirito che ha portato alla stesura e all'approvazione della legge n. 104 del 1992, era quello di fornire uno strumento d'aiuto al lavoratore che assiste nella propria casa un familiare disabile; tale spirito è peraltro riconfermato da quanto disposto dalla successiva legge n. 53 del 2000 -:
come vada interpretato quanto disposto dall'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992;
cosa intenda fare per porre fine a contenziosi che portano via solo tempo e denaro a quanti effettivamente necessitano di trovare una sede di lavoro che consenta loro di conciliare la propria vita lavorativa e l'assistenza ad un congiunto non autosufficiente.
(4-01157)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si fa presente quanto segue.
L'articolo 33 comma 5, della legge n. 104 del 1992 (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), come modificato dall'articolo 19 della legge n. 53 del 2000, sancisce quanto segue: «.....il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico e privato, che assista con continuità un parente ... entro il terzo grado handicappato..... ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede».
Come è noto la norma pone una distinzione fra il caso in cui il disabile già riceva assistenza e quello - altrettanto meritevole di tutela - in cui l'esigenza sorga quando il lavoratore non è convivente e si renda, quindi, necessario il suo trasferimento per attendere alle cure del congiunto.
I datori di lavoro sul punto adottano comportamenti discordanti.
Questo atteggiamento tenuto dai datori di lavoro ha dato origine ad un vasto contenzioso ma la giurisprudenza sul punto non dà un'interpretazione univoca della norma.
Infatti in alcune sentenze è stato riconosciuto il diritto al trasferimento del lavoratore per attendere alle cure del congiunto, in altri casi, invece, il diritto de quo è stato negato (in senso favorevole si veda la sentenza Corte cassazione sezione lavoro n. 23526 del 2006 e, per il solo pubblico impiego, si veda la Circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica del 16 novembre 2000, n. 14).
La Suprema Corte di cassazione nella recentissima sentenza n. 23526 del 2006 ha affermato infatti che: «non è giustificabile porre distinzioni fra il caso in cui il disabile già riceva l'assistenza da parte del familiare e quello in cui l'esigenza sorga successivamente, in seguito ad una malattia del congiunto e il lavoratore chieda il trasferimento per attendere alle sue cure».
Sulla questione si era precedentemente pronunciata la Corte costituzionale con sentenza del 1996 n. 325.
La Corte aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992 n. 104, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.
La stessa però non aveva escluso la possibilità di un intervento del legislatore che,
nell'esercizio della sua discrezionalità, potesse in futuro rivedere ed eventualmente ampliare l'articolo 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992.
Pertanto, in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale e nel rispetto dei princìpi di eguaglianza (articolo 3 Costituzione) e solidarietà sociale (articolo 2 Costituzione) ed anche alla luce della recentissima sentenza della Corte di cassazione, questo Ministero ritiene opportuno addivenire, di concerto con i Dicasteri della famiglia e della solidarietà sociale, alla definizione di una modifica legislativa del testo.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.