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Allegato B
Seduta n. 177 del 26/6/2007
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SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata:
FERDINANDO BENITO PIGNATARO e VACCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 256 del 1991 ha modificato il percorso formativo per l'esercizio dell'attività di medico di medicina generale, introducendo al termine del conseguimento del diploma di laurea l'obbligo del corso di formazione in medicina generale;
tale norma ha modificato radicalmente la prospettiva professionale per tutti gli iscritti in medicina prima dell'entrata in vigore della citata legge (31 dicembre 1991);
l'attuale situazione si è venuta a creare a seguito delle direttive europee 86/457/CEE e 93/16/CEE che hanno istituito in Europa l'obbligo di certificazione della formazione specifica in medicina generale per poter esercitare nei servizi sanitari nazionali e hanno dettato regole unitarie per i titoli degli specialisti e poneva come termine ultimo per l'adeguamento il 10 gennaio 1995;
dal 31 dicembre 1994 i laureati in medicina e chirurgia non possono quindi più accedere direttamente alle graduatorie regionali per la medicina generale e l'ingiustizia che si chiede di sanare coinvolge oltre 15.000 medici in tutta Italia;
i medici laureati dopo il 1994 e iscritti all'università prima del 1991, oltre ad essere esclusi dalla graduatoria regionale in quanto privi del titolo di formazione, vengono anche penalizzati nell'accesso al corso di formazione in quanto, ormai, definiti «troppo anziani»;
l'assurda conseguenza di questa situazione, tuttavia, è che per «carenze del territorio» si utilizzano comunque medici laureati dopo il 1994 senza titolo di formazione specifica, per ricoprire temporaneamente
incarichi nell'ambito della medicina generale, del pronto soccorso e della continuità assistenziale;
queste attività rappresentano, in particolare, in tutto il Sud Italia, le uniche concrete possibilità di lavoro per i medici abilitati dopo il 1994, i quali, pur avendo conseguito una o più specializzazioni, si vedono di fatto esclusi dall'esercizio della professione nel loro settore specialistico per assenza di posti di lavoro;
né è possibile per la pubblica amministrazione procedere alla regolarizzazione di tali medici (precariamente impiegati), mediante loro assunzione a tempo indeterminato, in deroga al principio costituzionale di cui all'articolo 97 della Costituzione dell'assunzione su base concorsuale, poiché una siffatta deroga, per giurisprudenza costante, è consentita solo a fronte di una specifica normativa di rango primario (allo stato non emanata), fondata su situazioni eccezionali, pur nel concreto, come visto, sicuramente sussistenti;
non è ammissibile l'ipocrisia di un sistema che da un lato richiede per esercitare la professione nei suddetti ambiti, il possesso del titolo specifico di formazione in medicina generale e dall'altro, adducendo «carenza del territorio» e «stati di emergenza», impiega indistintamente i medici in forme di occupazione sottopagate, precarie e sul filo dell'illegittimità -:
se non ritenga necessario per la soluzione del problema adottare iniziative volte all'integrazione dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 368 del 1999 con il recepimento dell'articolo 35 della direttiva del Consiglio dell'Unione europea n. 93/16/CEE, limitandone l'applicazione ai medici laureati/abilitati dopo il 1994 e iscritti al corso di laurea prima del 1991, e, in ogni caso, quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato, al fine di garantire che i medici iscritti al corso universitario in medicina e chirurgia prima del 31 dicembre 1991 e abilitati all'esercizio professionale dopo il 31 dicembre 1994 possano accedere direttamente alle graduatorie regionali per la medicina generale, per fare uscire dal limbo i medici che da oltre 10 anni sono vittime di una ingiusta discriminazione ed oggi subiscono una progressiva esclusione dal mondo del lavoro.
(3-01026)
D'ELIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in un'intervista trasmessa durante la trasmissione Report del 1o ottobre 2006, il presidente di Federfarma Giorgio Siri, alla domanda «finanziate sia forze politiche che singoli deputati?», ha risposto: «certo, certo... noi abbiamo rapporti sia con la maggioranza sia con l'opposizione»;
alla domanda «siete una lobby?», il presidente di Federfarma ha risposto: «noi, diciamo, interveniamo nei confronti di forze politiche, di parlamentari singoli, in modo particolare Commissione sanità, Camera e Senato»;
alla domanda reiterata «cioè finanziate?», Giorgio Siri ha risposto: «finanziamo, finanziamo con cifre che singolarmente vanno da un minimo di alcune migliaia di euro a un massimo di diecimila euro per singolo parlamentare»;
alla domanda «con questi finanziamenti che cosa sperate?», Siri ha risposto: «noi con questi finanziamenti speriamo di rendere edotti i parlamentari, di spiegare le perplessità che alcuni provvedimenti possono crearci, essendo farmacisti facciamo proprio le cose con il bilancino. I due schieramenti prendono esattamente la stessa cifra... Siamo andati sull'ordine di 250 mila euro complessivi, quindi 125 mila uno, 125 mila l'altro, che sono la somma di tanti 5 mila, 10 mila, 7 mila, 3 mila, 8 mila dei vari parlamentari»;
alla domanda «come funziona? Questi 250 mila euro che voi date ai partiti sono soldi di chi?», Siri ha risposto: «dei farmacisti»;
alla domanda «li sceglie lei, le persone le sceglie lei?», Siri ha risposto: «e certo... mah li scegliamo a livello di incontri
che abbiamo. Ovviamente i rapporti maggiori li abbiamo con le due Commissioni come ho detto prima, Camera e Senato della sanità. Abbiamo qualche rapporto ovviamente con organi istituzionali, ministero dell'economia, ministero della...»;
dopo la breve interruzione dell'intervistatore «cioè i politici che fanno riferimento...», Siri ha confermato: «esatto, che fanno riferimento ad alcuni ministeri che sono importanti per la nostra categoria... Possono soprattutto contrastare eventuali cose che potrebbero caderci sulla schiena, sulla testa senza che il politico si renda conto del danno prospettico che potrebbero fare queste cose»;
a seguito dell'approvazione alla Camera dei deputati dell'emendamento che liberalizza la vendita dei farmaci di fascia c, l'associazione dei titolari di farmacia presieduta da Giorgio Siri, Federfarma, in un comunicato ha annunciato «pesanti iniziative di protesta» e, l'8 giugno 2007, Federfarma ha pubblicato sul proprio sito un comunicato dal titolo «Farmacie private: il Ministro Turco rassicura ma continueremo a vigilare», nel quale, tra l'altro, è scritto che «per raggiungere la cancellazione dell'emendamento l'assemblea mi ha dato mandato - conclude Giorgio Siri - di attuare tutte le iniziative che nelle prossime settimane si rendessero necessarie»;
il Ministro interrogato, ha annunciato subito dopo che «intende impegnarsi perché il Senato elimini questa norma sbagliata e frettolosamente approvata», come pure hanno dichiarato altri parlamentari della maggioranza e della opposizione;
la presa di posizione del Ministro interrogato contro l'emendamento ha seguito di poco l'incontro urgente richiesto da Federfarma, organizzazione con la quale, il 28 luglio 2006, in occasione della prima liberalizzazione, il Ministro interrogato ha sottoscritto un protocollo di intesa con il quale si è impegnata a bloccarne di ulteriori e, in particolare, a «evitare che la presenza del farmacista negli esercizi commerciali possa rappresentare il presupposto per un ulteriore ampliamento delle tipologie di farmaci vendibili fuori farmacia»;
la legge 18 novembre 1981, n. 659, ha istituito l'obbligo di dichiarazione congiunta (a firma dell'erogante e del ricevente) relativa a finanziamenti a gruppi parlamentari o a singoli parlamentari, a partiti politici o loro articolazioni politico-organizzative, fissando il limite minimo per singoli versamenti e per il totale annuo in 5 milioni di lire (adeguato annualmente in base all'indice Istat), innalzato poi a 50.000 euro dalla legge 23 febbraio del 2006, n. 51 -:
se e in che misura si ritenga che le dichiarazioni del presidente di Federfarma possano influire o abbiano influito sulla politica del Governo in materia.
(3-01027)
AFFRONTI, FABRIS, ROCCO PIGNATARO, D'ELPIDIO, SATTA, DEL MESE, ROSSI GASPARRINI, CIOFFI, GIUDITTA, ADENTI, MORRONE, PICANO, CAPOTOSTI e LI CAUSI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
non passa settimana senza che si verifichino eventi gravi che coinvolgono direttamente la salute e la sicurezza del cittadino, mettendo in discussione il funzionamento delle strutture sanitarie del nostro Paese;
di tali eventi si chiede spesso conto direttamente alle istituzioni centrali;
le aziende sanitarie hanno il mandato dal ministero della salute e dalle regioni di determinare l'offerta sanitaria nazionale;
i direttori generali di dette aziende sono tenuti, oltre che a contenere le spese - cosa che spesso fanno in maniera esasperata -, anche a dare garanzie sia alle regioni sia al ministero competente della gestione del bene «salute» all'interno delle strutture sanitarie e della gestione delle
strutture sanitarie stesse, ma ciò purtroppo non avviene in modo costante a livello centrale;
i livelli essenziali di assistenza attualmente conosciuti non bastano perché devono sussistere, oltre agli «eventi sentinella», altri indicatori delle qualità delle prestazioni che devono diventare un flusso informativo sottoposto ad una valutazione sistematica da parte degli organi competenti del ministero della salute;
la sovente esternalizzazione di taluni servizi non espressamente sanitari (no core) non rappresenta il solo aspetto di esternalizzazione, poiché in situazioni di emergenza il personale di assistenza viene reclutato da agenzie esterne di lavoro temporaneo, mentre per il personale medico si ricorre ai contratti di consulenza;
meno personale interno ma più consulenze e ricorso a personale esterno temporaneo comportano sia una minore fidelizzazione, sia una minore conoscenza dei protocolli delle singole aziende ospedaliere;
i servizi esternalizzati hanno di fatto scarsi controlli perché la routine impone l'erogazione immediata dei servizi;
i controlli effettuati da parte dell'azienda sanitaria spesso si rivelano insufficienti, anche perché non esiste all'interno dell'azienda una struttura organizzata tale da controllare e monitorare quotidianamente la qualità delle prestazioni esternalizzate -:
se a livello regionale si sia posto il problema del controllo vero ed efficace della spesa sanitaria in termini di efficienza, economicità e qualità anche per i servizi esternalizzati o a convenzione e se il Governo non intenda avviare una azione di controllo intesa non come verifica contabile o invasione delle competenze regionali, ma come azione di governo del sistema, finalizzata a monitorare l'attività delle strutture e ad evitare l'adozione di interventi specifici ogniqualvolta il ministero della salute prima e il Parlamento poi sono chiamati rispondere del malfunzionamento delle strutture sanitarie nei confronti dei cittadini.
(3-01028)