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Allegato B
Seduta n. 178 del 27/6/2007
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GIUSTIZIA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per le politiche per la famiglia, il Ministro della pubblica istruzione, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
sempre più fatti di recente cronaca giudiziaria dimostrano come Giudici e pubblici Ministeri fanno sempre più affidamento alle opinioni, perizie e conclusioni di psicologi e psichiatri con l'assunto che grazie alla loro conoscenza sia possibile determinare la colpevolezza o l'innocenza di una persona (vedi casi Cogne, pedofilia a Brescia, pedofilia a Milano, Rignano Flaminio eccetera) senza che queste perizie secondo l'interpellante possano considerarsi prove concrete come dovrebbe essere in un giusto processo;
lo stesso sistema, cioè l'uso di perizie psicologiche e psichiatriche usate a quel che consta all'interpellante come uniche prove, determina le decisioni del Tribunale dei Minori nell'adottare il provvedimento con la formula «urgente e provvisorio» per l'allontanamento dei minori dalle famiglie, diventano gli unici riscontri in fase iniziale per cause di pedofilia: queste perizie si basano secondo l'interpellante non su riscontri oggettivi, come nel caso della criminologia, ma su opinioni degli psicologi e psichiatri;
mentre in Italia è chiaro a tutti che per opere d'ingegneria occorre l'ingegnere, non lo è, invece, per la criminologia; posto che ad occuparsi di crimini non è il criminologo clinico (figura specializzata con corso triennale post-laurea comprendente 22 esami più la tesi di specializzazione, oltre la laurea quadriennale del percorso vecchio ordinamento), ma lo psicologo, lo psichiatra, l'assistente sociale, eccetera. La laurea (in psicologia, medicina, giurisprudenza, lettere o filosofia) era la condizione necessaria per accedere allo studio di criminologia clinica ma insufficiente per potersi occupare di crimine. Abolendo tale specializzazione si è lasciato campo libero a professioni (psicologi e psichiatri) che hanno la pretesa di essere esperti, pretesa mai suffragata da fatti concreti -:
il numero di bambini sottratti alle famiglie e dati in affidamento alle comunità alloggio oscilla tra i 23.000 e i 28.000 con un costo per la comunità di miliardi di euro, senza contare l'indotto in termini di necessità di assistenti sociali, spazi protetti, psicologi e neuropsichiatri infantili;
molti genitori, se vogliono rivedere i loro figli, si devono sottoporre a trattamenti psicologici prolungati ed estenuanti con il ricatto morale di non rivedere più il loro figlio;
quale sia l'entità dei bambini sotto tutela dei servizi sociali e collocati in comunità alloggio o in affido;
quale sia il numero di comunità-alloggio distribuite sul territorio italiano e la loro capacità ricettiva;
quale sia l'entità dei soldi erogati dai Comuni, Province, Regioni e Stato per il mantenimento dei bambini nelle comunità alloggio;
quale sia il tempo medio del procedimento ablativo;
quale sia il numero di bambini che torna nelle famiglie di origine dopo essere stato allontanato;
perché si siano chiuse le scuole di specializzazione post-lauream in criminologia clinica presso le facoltà di medicina e se si intenda ripristinare;
come mai dietro le cattedre di criminologia in Italia, anziché criminologi clinici, siedano quasi tutti psichiatri;
perché anziché promuovere specialisti di criminologia di alto livello si favorisca la nascita di «corsi fast-food», senza rendersi conto che il crimine ed i criminali si aggiornano anche con le tecnologie, mentre le figure che si occupano del crimine in Italia (psicologi, psichiatri, assistenti sociali) non hanno conoscenze ermeneutiche, epistemologiche e scientifiche.
(2-00630)«Lucchese».
Interrogazione a risposta scritta:
PISCITELLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la normativa sulle indennità da corrispondere in favore dei giudici di pace ha subito numerose modifiche normative nel corso degli ultimi anni e l'attuale assetto normativo, frutto di ripetuti aggiustamenti, è regolato dall'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374;
in particolare, in base all'articolo 11, comma 3, legge n. 374 del 1991, «è dovuta un'indennità di euro 258,30 per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di rimborso spese per l'attività di formazione, aggiornamento e per l'espletamento dei servizi generali di istituto»;
con riferimento all'indennità fissa mensile spettante ai giudici di pace, la Circolare del Capo Dipartimento Affari Giustizia del 15 marzo 2006 (Razionalizzazione e contenimento delle spese di giustizia), correttamente precisa che «La legge riconosce tale indennità sul presupposto che i giudici di pace, al pari di quanto avviene per i magistrati ordinari, svolgono il loro lavoro non esclusivamente in udienza o attraverso l'emissione di provvedimenti, ma anche attraverso il compimento delle predette attività, che al concreto esercizio delle funzioni giudiziarie sono prodromiche o comunque funzionali»; inoltre, la stessa circolare afferma che «anche quando il giudice di pace non celebri udienza o non emetta provvedimenti o non si trovi presente nei locali dell'ufficio giudiziario cui è assegnato, ma sia formalmente in servizio, l'indennità mensile deve essere a lui corrisposta. I giudici di pace sono infatti in servizio non soltanto quando svolgono le attività da ultimo descritte, ma in ogni momento, dovendo essi, al pari dei magistrati ordinari, assicurare la loro immediata reperibilità anche quando non si trovano presso i locali dell'ufficio»;
in coerenza con le citate indicazioni e in conformità al trattamento economico previsto per i giudici tributari ai quali analogo compenso fisso viene assicurato per tutti i mesi dell'anno, ai giudici di pace anche durante l'ultimo periodo feriale (1o agosto-15 settembre) è stata regolarmente corrisposta la citata indennità fissa mensile;
successivamente, tuttavia, in una nota ministeriale emessa il 13 dicembre 2006 dal Direttore generale della giustizia civile, Ufficio I (organo gerarchicamente subordinato al Capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia), si afferma che l'indennità «deve essere decurtata dei giorni in cui il giudice di pace, nel periodo feriale, fruisca di un periodo di esenzione
dal lavoro secondo un ordine di turnazione...»; quest'ultima circolare nonostante intervenga «al fine di risolvere presunte divergenze» in sede di interpretazione della circolare del 15 marzo 2006, rischia, paradossalmente, di creare ulteriori confusioni, in quanto escludendo che l'indennità sia corrisposta per tutti i dodici mesi, come finora regolarmente avvenuto, pone, sia pure implicitamente, la questione del recupero di quanto «indebitamente» già corrisposto;
l'interpretazione restrittiva della circolare del 13 dicembre 2006 preannuncia un peggioramento delle già fragili condizioni dei giudici di pace, i quali vengono retribuiti con un sistema di compensi non sempre adeguati alle funzioni giurisdizionali da essi esercitate. I giudici di pace sono tenuti, per espressa disposizione di legge, all'osservanza degli stessi doveri previsti per i magistrati professionali (articolo 10 legge legge n. 374 del 1991) e tale configurazione rende difficilmente giustificabile la condizione di precarietà in cui attualmente si trovano ad operare e il mancato riconoscimento dei più elementari diritti riconosciuti ai magistrati professionali (indennità giudiziaria, partecipazione agli Organi di governo della Magistratura) -:
se non ritenga di dover intervenire per fornire chiarimenti circa le disposizioni vigenti e le ultime circolari emesse in tema di corresponsione dell'indennità fissa mensile, al fine di evitare un'ingiustificata disparità di trattamento tra giudici di pace e giudici tributari e scongiurare, conseguentemente, l'insorgere di contenziosi in materia;
se non ritenga di dover confermare le indicazioni contenute nella Circolare del Capo Dipartimento Affari Giustizia del 15 marzo 2006 (Razionalizzazione e contenimento delle spese di giustizia), in base alle quali l'indennità fissa mensile deve essere corrisposta ai giudici di pace per tutti i mesi dell'anno.
(4-04186)